Some nights I stay up cashing in my bad luck

Mephisto & Elia

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    C'era qualcosa, di quel mondo, che a Mephisto non andava giù.
    Per carità -diceva- bella la magia, bella l'erba che i ragazzini usavano nelle Serre ma che, se messa a rosolare, rilasciava un interessante profumo dai poteri rilassanti, bella anche l'architettura del castello- ma a Mephisto mancava molto della sua vecchia vita. Gli mancava il proprio corpo, perché questo nuovo richiedeva così tante cure che, a saperlo prima, avrebbe chiesto un risarcimento al governo per potersi operare e tornare uomo... e togli i peli perché non sono belli a vedersi in una signorina -questo glielo dicevano altri- tieni bene i capelli lunghi che altrimenti poi li devi tagliare e col tuo viso non ci sta bene una testa rasata... sì, insomma, tutte seccature con cui non era abituato a convivere.
    Per non parlare della sconveniente assenza di un fedele compagno e della comparsa, nemmeno così sgradevole, di altre due compagne, due morbide curve persino piccole per la media, ma nuove sul petto di quello che forse un tempo era stato Mephisto.
    Tuttavia, in mezzo a questa sfilza di problemi, Mephisto provava un'irritante nostalgia che nemmeno il potersi palpare quotidianamente il seno aveva avuto modo di scacciare, con piaceri apparentemente più soddisfacenti. No. A Mephisto mancavano molte cose, ma da quando viveva al castello solo un sacrificio sapeva renderlo particolarmente irritato, e non c'era da stupirsi se, vagando nei dintorni del castello, qualcuno lo avesse trovato a girovagare col naso all'aria, braccia tese sopra la testa a tenere saldo un oggetto nero, lucido, che risplendeva sotto i raggi lunari.
    Un computer. Quattro passioni- o meglio, quattro passioni e un computer, tanto per parafrasare con correttezza che al ragazzo queste cose piaceva farle bene.
    La totale assenza di impulsi elettronici stava lentamente logorando la povera mente di quello che in fondo era sempre vissuto da babbano, che col computer ci viveva, specialmente quando si trovava segregato in casa e con poche possibilità per uscire ed andare a divertirsi- un po' come negli ultimi tempi, dove il trovarsi circondato da ragazzini rendeva ancora più labile il confine fra 'mi ammazzo' e 'ammazzo tutti loro'.
    Eccolo quindi vagare per gli sconfinati -non proprio- territori vicino al castello, camminando guardando lo schermo con aria affranta, cercando il minimo segnale di wifi in quella landa dispersa. Come avrebbe fatto a vivere senza la sua quotidiana dose di melodramma e esaltamento che solo una serie come Troiolus sapeva gestire con tanto ardore? Per chi avrebbe pianto, Mephisto, dopo aver appena raccolto le lacrime per la morte -assolutamente sospettabile- di Suma, o di Vacco? Lui, che sapeva trovare una gioia e un dolore in ogni episodio di quella dannata serie... O peggio.
    Chi delle quattro Belle e Piccole Zoccolette avrebbe fatto nascere il sospetto che tutti potevano essere Z tranne la sorella, il poliziotto, la morta, la madre della morta, il prof gnocco e così via..? O quale Casalinga Indaffarata avrebbe svelato l'ennesimo cadavere nel proprio giardino? Sì insomma- se la vita di Mephisto era uno schifo, aveva modo di esaltarsi per quella degli altri, ma la magia era stata in grado di strappargli anche questo.
    E il ragazzo, fasciato in jeans stretti e con addosso una mantellina del colore della notte, coi capelli tirati indietro per non disturbare la vista, vagava irrequieto senza badare a dove gli stivaletti s'appoggiassero, ignorando quindi i vari dossi e buche che solo qualche dio meravigliato da strana creatura riusciva a fargli evitare con noncuranza. Andava a caccia di wifi come, millenni prima, l'uomo andava a caccia del fulmine che avrebbe acceso il ramo- meno utile alla società ma, del resto, potete immaginare quanto importasse a Mephisto di essere utile a qualcuno se non alla magnificenza di se stesso.
    Tuttavia il fato parve prendersi gioco di lui, e meno tracce di wifi trovava, più infastidito si faceva nel cipiglio contrariato e lentamente, passo dopo passo, furioso; fin quando, come fulmine a ciel sereno, non realizzò che tutto era piuttosto inutile. Doveva mettersi l'anima in pace, si diceva, e augurarsi di cuore che tutto ciò non dovesse durare ancora troppi mesi. Un po' di tempo, si era detto, lui li odiava i ragazzini ma aveva bisogno di soldi e Arwen era stata troppo gentile per offenderla con un rifiuto- ma Mephisto iniziava a trovare insopportabili i ragazzini, e ancora più insopportabile la totale assenza di “civiltà” con cui lui ormai era abituato a convivere da anni.
    Strinse gli occhi, chiuse il portatile e cercò di capire dove si fosse perso questa volta: a destra, la Foresta Oscura s'allungava poco raccomandabile, ma si era comunque allontanato di parecchio dal sentiero che scendeva lungo la collina del castello, e pur essendo il sole ancora alto Mephisto iniziò a preoccuparsi di non tornare in tempo.

    Va bene, forse stava leggermente esagerando: dietro un albero dai folti rami poteva già vendere una delle torri del castello levarsi maestosa ad indicare la via, e sbuffando il ragazzo si rimise in moto, seguendo quell'indizio a testa china -e riuscendo comunque a prendere più fossi di prima- fino a quando il castello non si manifestò completamente ai suoi occhi, un muro nascosto dal vecchio albero del Platano Picchiatore. Quella pianta lo aveva sempre inquietato, e neanche stavolta mancò di guardarlo con un certo disgusto prima di proseguire verso un cortile: si fermò a metà strada, distratto da un rumore o forse annoiato dal compiersi al rovescio dei passi fatti sinora.
    Virò completamente e all'improvviso, scivolando di lato al Platano abbastanza lontano da non risvegliare l'albero, e raggiunse la porta del dormitorio dei babbani minorenni che vivevano ad Hogwarts. Bussò ma non dovette attendere troppo perché il suo corpo agisse, aprendo da sé la porta: un ottimo risparmio di tempo, visto che il primo piano pareva deserto, non un'anima viva- la cosa non lo scoraggiò molto, perché alla fine era piuttosto sicuro che l'oggetto del suo interesse fosse chiuso nella propria cameretta a fumare chissà quale erba (no, Mephisto non aveva mai creduto alla teoria del 'cervello danneggiato'... era decisamente più divertente fingere di non essere l'unico attaccato ai vetri della Serra alla disperata ricerca di erba). Così chiuse la porta e proseguì, guardandosi attorno solo per qualche istante prima di girare lo sguardo completamente disinteressato: a differenza di quello che potevano credere molti professori, Mephisto -o Abigail- era molto più simile a coloro che se ne stavano rintanati lì, piuttosto che agli studenti o ai professori che si chiudevano ad Hogwarts o che con disprezzo guardavano a quegli alloggi di fortuna. Tuttavia esattamente come per tutti gli altri, Mephisto non nutriva alcun interesse a farsi degli amici, e quelli lì erano solo alcuni degli ennesimi ragazzini citrulli di cui il mondo era pieno.
    Aprì così con disinvoltura una porta alla destra, «ti disturbo? Beh, in ogni caso- buon non-compleanno a te» e senza nemmeno preoccuparsi di cosa Elia stesse facendo, o dove effettivamente fosse, si presentò occupando immediatamente un certo spazio in quello vitale degli altri. Che ci poteva fare, era così annoiato... «e se dovesse essere in realtà il tuo compleanno, cancella il non ma scordati il regalo.»
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    il post contiene nomi rivisitati perché mi credo simpy non sembrano troppo degli spoiler hihi


    Edited by m e p h o b i a - 5/1/2017, 03:11
     
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    Elia aveva un grosso problema con l'arrivo della sera, più il sole calava più la sua mente aveva il brutto vizio di risvegliarsi. Ecco perchè con il calare delle tenebre era più facile vedere la ragazza dai capelli bianchi assorta in un'aura nostalgica o palesemente confusa. Malgrado quello che si poteva pensare, mantenere l'anestesia al mondo esterno era più faticoso di quanto appariva. Insomma, in una normale giornata di routine Elia poteva benissimo andarsene in giro trasformando elaborati incantesimi in azioni quotidiane del mondo babbano e un'enorme scuola di magia in un museo di storia medievale con riproduzioni al suo interno, ma nemmeno lei si rendeva effettivamente conto di quanta energia le servisse per fingere. Verso le sette del pomeriggio, però, l'anestesia e il bel sogno cominciavano a svanire, le torri del castello apparivano troppo alte e troppo abitate, l'aria fresca e uggiosa di Settembre se ne andava, lasciando spazio ad un clima ben più primaverile e tutto ciò che le rimaneva era la rassegnazione di essere irrimediabilmente lontana da casa. Lontana e circondata da sconosciuti.
    A quel punto alla ragazza non rimaneva che una sola opzione per evitare il contatto con ogni forma di stranezza che respirava dentro quelle mura: rinchiudersi nella sua camera nel Different Lodge e attendere che fosse mattina. La mattina portava sempre belle notizie, l'importante era non dormire troppo o il rischio di incubi cresceva esponenzialmente. Che poi più che incubi erano flashback, ma questo non era certo importante. In quei momenti ad Elia veniva voglia di tirare fuori tutti i suoi più vecchi hobby. Si ricordava del suo tatuaggio sulla schiena e delle serate passate a osservare le stelle con suo padre, su nella veranda del suo piccolo appartamento londinese. Quanto le piaceva osservare le stelle! Così tante, così infinite... Quando si era fatta tatuare il suo tema natale dietro la schiena, l'aveva giustificato alle sue amiche e alla sua famiglia con le seguenti parole: - E' qualcosa di molto personale... Secondo l'astrologia in questi disegni c'è racchiusa tutta la mia vita, tutta la mia personalità, tutto il mio passato e tutto il mio futuro - E ci credeva davvero, o meglio, non all'astrologia in sè per sè ( anche se la affascinava tantissimo ) quanto più ad un disegno di destino incognito e prestabilito. Forse era per questo che le risultava tanto difficile accettare che lei dovesse vivere quella vita che non le apparteneva più. Era stata del segno della Bilancia, ascendente acquario e ora si trovava come Elia, la ragazza " un po' fuori di testa", ma ovviamente lei non lo sapeva. Insomma, non si è mai visto uno "un po' fuori di testa " rendersi conto di essere tale ed Elia non faceva eccezione.
    Le lezioni le viveva in un mondo che aveva un che di onirico, come se tutti quegli scenari assurdi li stesse solamente sognando. Una volta le avevano detto che aveva un potere e che doveva imparare a controllarlo. Okay, in realtà glielo avevano detto ben più di una volta, ma Elia aveva prontamente rimosso. Tutto quel che le era arrivato era un discorso motivazionale della serie " devi imparare a sfruttare le tua capacità, abbi fiducia in te stessa ". A quel punto se la sua compagna di corso non avesse alzato davanti a tutti i presenti un muro di fuoco, probabilmente lei si sarebbe messa a cantare. Aveva una bella voce, Elia, dolce e gentile e il canto era una delle sue doti naturali. Non si doveva sforzare per azzeccare qualche nota e addolcire gli animi. Poi c'erano le lezioni di scherma che lei davvero non riusciva a capire... perchè mai si ritrovava con una spada in mano? Che se ne faceva? Lei non si era mai iscritta a nessun corso del genere. Eppure insistevano che partecipasse e lei non avrebbe mai osato contraddire nessuno così si era fatta forza e aveva affrontato l'avversario. Non andava mai troppo bene, in realtà. La forza fisica mancava spesso ad Elia e il suo buon cuore aveva paura di ferire chiunque, anche per sola finzione. In quei momenti la sua testa si riempiva di voci che la offendevano, che la ridicolizzavano. "I demoni neri", così li chiamava lei. Tutte le volte che lei cercava di fare del bene, questi venivano a farle visita. Capiva che c'era una differenza sostanziale fra lei e gli altri ragazzi, ma non capiva quale. Perdeva sempre, in ogni caso. Così aveva conosciuto Abigail, le dava ripetizioni di scherma. Elia non era sicura di volerle, non si sentiva a suo agio con la spada in mano, però era fin troppo sola ad Hogwarts per rifiutare la compagnia di chiunque e alla fine era capitato che i due legassero in un qualche strano contorto modo. Difficile da definire un legame del genere, non era amicizia, questo era chiaro. Forse era una questione un po' unilaterale, Elia si era affezionata all'altra giovane, non importava come si comportasse, lei pendeva dalle sue labbra.
    Se ne stava stesa sul letto quando sentì entrare qualcuno, forse Jericho una delle altre ragazze che vivevano in quel posto. Elia la ignorò, non sapeva mai cosa dire agli altri ragazzi che vivevano in quel posto, anche solo rivolgere loro un sorriso le risultava difficile e lei aveva una naturale predisposizione nei confronti del buon vicinato e dei rapporti gentili con gli altri. Si cambiò velocemente la maglietta, indossandone una blu sgualcita e rovinata in più punti. Non aveva dei bei vestiti Elia, tutti quelli presenti degli armadi del Different Lodge venivano dalla scuola, abiti smessi dagli altri studenti immaginava lei. Quando riprendeva lucidità spesso si chiedeva quale fosse la reale differenza tra lei e i ragazzi che abitavano nel bel castello, aveva intuito che si trattava di una specie di college, ma non si ricordava di aver mai fatto richiesta di entrare. E poi non era un po' giovane per il college? Nell suo bel sogno Elia immaginava di essere riuscita a superare gli esami di ammissione con il minimo e quindi, per questo a lei toccavano gli alloggi più brutti.
    «ti disturbo? Beh, in ogni caso- buon non-compleanno a te» Elia si voltò velocemente al suono di quelle parole, ritrovandosi di fronte Abbi. Sorrise radiosa come al solito, era sempre contenta di vederla se aveva voglia di farle visita. «e se dovesse essere in realtà il tuo compleanno, cancella il non ma scordati il regalo.» Solo in quel momento captò il vero significato delle parole della giovane donna. " Che giorno è? " Si chiese realizzando solo in quel momento che non lo sapeva. C'erano mattine in cui si svegliava convinta che fosse il 25 Settembre 2014, il giorno in cui era stata rapita e portata nei laboratori. Fortunatamente Elia era abbastanza razionale al momento, altrimenti avrebbe accettato felice gli auguri di Abbi, considerando che il 25 Settembre era anche il giorno del suo compleanno.
    << Il mio compleanno è il 25 Settembre... >> Bofonchiò leggermente confusa assottigliando il tono della voce. Quelle parole non erano altro che un'ulteriore conferma che il tempo passava e lei se lo stava perdendo. << Ma grazie mille ugualmente! >> Esclamò con il suo solito tono gentile e radioso, come se non avesse ascoltato il tono di puro menefreghismo che accompagnava le parole di Abbi, un semplice modo per introdursi nei suoi spazi. << Oh, siediti pure dove vuoi! Sono contenta che tu sia venuta a farmi visita >> Disse con l'innocenza di una bambina. Elia dopo i laboratori aveva preso il vizio di esternare tutti i suoi sentimenti più felici senza alcun imbarazzo. Il punto era che "il dove vuoi" comprendeva la vasta scelta di una piccola sedia in legno e il letto di Elia, nient'altro. << Devo venire a fare altre ripetizioni?>> Chiese senza lasciar trapelare il disagio che provava durante le ore di scherma, se c'era Abbi si poteva anche fare. << Va tutto bene? Posso fare qualcosa per te? >> Elia ci teneva per fare il possibile per le poche persone con cui passava il tempo. Che fossero Thea o Eleanor o Abbi, a meno che Elia non fosse sotto minaccia avrebbe fatto qualunque cosa per aiutarle come più poteva.

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    Ancora lo confondeva la gentilezza di certe persone. Non sapeva mai cosa aspettarsi da chi aveva di fronte, ma spesso la dolcezza degli animi lasciava un gran vuoto nel suo, portandolo a fermarsi, guardare di fronte a sé riflessivo- e probabilmente uscirsene con una qualche pessima battuta sulla sciocchezza. Aveva conosciuto così tante persone gentili con lui, che iniziava a credere di essere finito in un mondo a parte: e poteva essere quella solita dei suoi cugini, così come quella spontanea della Hepburn...
    Ricordava bene il loro incontro, sebbene dentro di sé non facesse altro che ripetersi quanto inutile fosse stato- un po' come la sua vita negli ultimi anni, completamente priva di uno scopo privo di nota. Eppure ci ripensava, abbastanza assiduamente quando la sera si lasciava cullare dai tormenti di una mente sveglia, attiva, incapace di 'staccarsi' come qualcuno gli raccomandava di fare. Lui il proprio cervello non riusciva a spegnerlo, perché questi aveva sempre qualcosa da ribadirgli o -peggio- rinfacciargli. Tipo la sua cattiveria: quella con cui rispondeva ad ogni gentilezza, nella migliore delle ipotesi era solo un freddo distacco ma spesso si lasciava andare a vere e proprie scenate di crudeltà tipica della sua lingua.
    Mephisto non poteva crederci, ecco tutto. Semplicemente, trovava impossibile l'aver vissuto in un mondo a parte nell'infanzia, perché per lui quella era vita, quella era la dura ma sincera realtà in cui l'uomo viveva- e c'era chi poteva essere più fortunato. Lui si era sempre ritenuto piuttosto fortunato rispetto alle altre persone, nonostante tutto doveva dire di essere vivo, di essere cresciuto in una famiglia che a modo proprio lo aveva amato. Lo sporco attorno a loro non la rendeva la famiglia perfetta e l'astio dei tre fratelli aveva reso sempre più difficile la loro convivenza sotto uno stesso tetto... ma in fondo era vivo, ed era diventato quello che era grazie a loro, che voleva di più dalla vita?
    Per questo ancora una volta Elia seppe lasciarlo contrariato- sembrava perennemente circondata da unicorni e pensieri felici, specialmente quando lui si imponeva col proprio freddo cinismo a ricordare che erano solo dei fottuti babbani in un fottuto posto sbagliato. Niente.
    La dura criticità del ragazzo veniva facilmente ignorata o ammorbidita da due occhi cristallini e limpidi, persino quando Mephisto diceva qualcosa di inopportuno o cafone, Elia non ci badava. Umile. Dolce. Creava il diabete solo a vederla, eppure ogni volta che si sentiva solo in qualche modo finiva sempre a rompere da lei, a riempirla delle sue paranoie - e sebbene il suo buonumore non fosse mai contagioso in una persona come Mephisto, riusciva quasi a smettere di preoccuparsi per un problema. Adesso aveva un problema, e anche grave.
    Entrò senza troppi complimenti e la trovò sul letto, una cosa che in fondo non lo stupì nemmeno troppo: restò in piedi davanti alla porta iniziando a guardarsi attorno, sempre più critico man mano che notava i particolari della stanza. « Il mio compleanno è il 25 Settembre » non avrebbe avuto cuore di farle osservare che era potenzialmente illusorio credere che se ne sarebbe ricordato perché... suvvia, capitelo, aveva voluto dimenticare quelli dei suoi fratelli e dei suoi genitori per non trovarsi, nei giorni, a riflettere sul senso della loro vita... E il proprio non l'aveva mai festeggiato, se non come occasione ( scusa ) per le ennesime feste orgiastiche dei genitori. Ecco, si poteva tranquillamente ammettere che Mephisto facesse di tutto per distanziarsi dai compleanni, «mh, vicino» commentò solamente tenendo lo sguardo sul suo viso senza cambiare di una sola virgola la propria espressione particolarmente ferina.
    « Ma grazie mille ugualmente! » roteò gli occhi di fronte alla gioia della ragazzina, chiudendo distrattamente la porta per farsi avanti alla ricerca di un buco libero dove andare a lasciarsi morire aspettando che la dolcezza della ragazza gli riempisse le vene di zucchero facendolo morire. Anche quella dolcezza gli era sconosciuta, poteva ricordare qualcosa di simile in sua cugina Bells, e in suo fratello Elijah... ma per il resto, non c'era mai stato vero amore nella sua famiglia, o vera dolcezza. C'era la serietà di un uomo e di una donna dalle passioni sfrenate, l'invidia di tre fratelli che prima di sopravvivere a quel mondo aveva imparato a sopravvivere a se stessi.
    « Oh, siediti pure dove vuoi! Sono contenta che tu sia venuta a farmi visita » cosa che il ragazzo nelle vesti dell'assistente di scherma non si fece ripetere, facendosi avanti nella piccola stanza per poi optare alla sedia, su cui si stravaccò con ben poca eleganza, abbandonando a terra il portatile. Sospirò pesantemente, chiudendo gli occhi e massaggiandosi le tempie «ho girato per un'ora e mezza nei dintorni e lontano al castello... passavo di qui per caso» lo ammise mentre tornava a guardare di fronte a sé imbronciato: ancora pativa l'assenza di wifi, e i suoi piedi lamentavano delle sgradevoli vesciche dovute al suo marciare insistentemente e senza sosta.
    Sospirò di nuovo, « Devo venire a fare altre ripetizioni? » e la guardò realmente stupito, un po' preso in contropiede, doveva ammetterlo... tuttavia era una domanda lecita, e ne avrebbe approfittato anche per tirare un po' di scherma, se solo i suoi piedi non lo stessero implorando pietà e una scarpa più comoda. «Nah, per adesso fammi godere un po' le vacanze...» dichiarò lasciandosi scivolare maggiormente lungo lo schienale della sedia, fin quasi a finire per terra- era parecchio sgraziata come fanciulla, doveva ammetterlo, ma era stanco morto e... 'fanculo la femminilità' per una volta, e con Elia, poteva concederselo.
    Tuttavia la sua stanchezza dovette risaltare agli occhi della ragazzina, perché gli porse una domanda alquanto particolare, lo lasciò letteralmente senza fiato per alcuni istanti « Va tutto bene? Posso fare qualcosa per te? » cosa avrebbe dovuto dirle? Stava bene? No, ma Mephisto non stava mai bene- era nato per soffrire e nel suo piccolo soffriva con una certa eleganza, gli piaceva il tipo di dolore che la vita gli riservava, come un masochista lasciava che questa lasciasse le sue piccole cicatrici... Tuttavia gli piaceva soddisfarsi, e la prima cosa di cui pensò di lamentarsi fu «matrimonio» spiccio, senza troppi peli sulla lingua «c'è un dannato matrimonio e ho un invito... ho anche un vestito -rubato- e l'intenzione di andarci. Fino ad oggi, per lo meno» era sempre meno sicuro del da farsi, sempre più incerto, persino nel parlare: strinse i pugni lasciandosi ad andare all'ennesimo sospiro pesante. Non era un'occasione come le altre, era rischiosa - tuttavia se c'era una cosa che la sua famiglia gli aveva insegnato con una certa insistenza, questa era l'educazione. Che poi non la mettesse, spesso e volentieri, in pratica era un'altra storia. Una vocina gli gridava di approfittarne, ora che non possedeva più il vecchio aspetto, che poteva confondersi facilmente... gli gridava lo stesso vai che faceva nascere strani brividi di eccitazione. Il rischio. L'essere in mezzo ai lupi. Ma soprattutto - il bere gratis... tutte cose che allettavano il suo umore.
    Tornò a guardare Elia, alzando un sopracciglio e osservandola a lungo, come se stesse meditando chissà quale piano malefico- «accompagnami. Mal che vada troverai facilmente qualcuno che ti riaccompagni.» Era rischioso, ma non ci pensò troppo -se non gettando quella soluzione ad un problema- una volta elaborata quell'idea. Sorrise, lentamente gli angoli della bocca si alzarono tracciando un ghigno quasi malefico sul viso dalla pelle chiara, liscia.
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    Un tempo Elia avrebbe risposto alla rudezza di Abigail con qualche frase ad effetto e un po' di sano scherzo. Non aveva mai avuto problemi a rapportarsi con chiunque, in realtà le era sempre riuscito parecchio bene essere una ragazza che piace alla gente. Sapeva stare al gioco e non disprezzava nessuno che non fosse un qualche strano psicopatico pluriomicida, era gentile quando occorreva, ma non era la sua principale caratteristica. Un tempo. Era l'altruismo che la differenziava e non la gentilezza, anche se non sembra sono due cose molto diverse. La gentilezza è una pura formalità, rappresenta le classiche buone maniere apprese nel corso della vita. L'altruismo esula dalle buone maniere e tutte queste sciocchezze... l'altruismo è effettivo interesse per l'altro a prescindere dal come ci si rapporta e l'esperienza nei laboratori ha fatto si che Elia perdesse gran parte di questo altruismo che la caratterizzava. Non era svanito del tutto, semplicemente lo riservava a poche persone. Per quanto riguarda gli altri si rapportava sempre in modo gentile, ma a conti fatti non le importava poi molto di quello che facevano o succedeva loro. Elia non si stupiva dei modi rudi e ben poco femminili o aggraziati di Abbi, forse per abitudine, forse per indole, Elia li aveva accettati nel momento in cui aveva deciso che Abbi le piaceva, che pensava fosse una persona che avrebbe rivisto volentieri. Non si sentiva offesa da questi, anzi, a volte capitava che si risvegliasse ammirata e incuriosita. La giovane Skeoch non si ricordava di quello che le era accaduto nei laboratori, non era cosciente del cambiamento che le era stato apportato eppure sentiva che c'era qualcosa di assolutamente sbagliato nel cercare di modificare i modi e gli atteggiamenti altrui. Guardava sempre il bicchiere mezzo pieno, concentrandosi sui pregi e talvolta ( erroneamente ) ignorando i difetti. Forse si comportava in quel modo perchè sperava di essere amata in un mondo di sconosciuti, ma sicuramente c'era qualcosa di più vero e genuino che un semplice tornaconto.
    Ad Elia non interessava che Abbi avesse girato a vuoto prima di venire da lei, nè che ci fosse giunta per caso senza una valida motivazione. Non la faceva sentire sconfitta o meno voluta, per lei il semplice fatto che Abbi, in quel preciso momento, fosse lì con lei era una vittoria. Elia si mise a sedere su quel letto più simile ad una brandina appoggiando la schiena al muro e portando le ginocchia al petto. "Tra poco" aveva detto, quindi tra poco avrebbe effettivamente compiuto gli anni. Quella notizia la stupì un attimo, cercando di pensare a quanti anni effettivamente compiva. Sedici? Diciassette? Non di più. Quanto tempo era stata lontana da casa? Aveva dei vuoti di memoria piuttosto lunghi in realtà, punteggiati da piccoli flashback che sembravano più sogni a malapena ricordati che altro. Ora che ci pensava non riusciva nemmeno a ricordare come ci fosse finita in quel posto, in quello strano college. Tutti i dubbi e le domande più lecite svanirono quando Abbi riprese a parlare. «matrimonio. C'è un dannato matrimonio e ho un invito... ho anche un vestito -rubato- e l'intenzione di andarci. Fino ad oggi, per lo meno» Elia si sentì subito immensamente contenta per lui, i matrimoni le piacevano da sempre. Non sono per tutta quella storia dell'amore eterno e la celebrazione dei sentimenti ( anche se in parte si sentiva affascinata anche da tutto ciò), fondamentalmente si trattava di feste eleganti e Elia amava le feste. Cibo e bevande gratis, tante persone... tutto ciò esulava di certo dalla noia del quotidiano ed Elia non poteva fare altro se non apprezzare. «accompagnami. Mal che vada troverai facilmente qualcuno che ti riaccompagni.»
    E a quel punto Elia fu veramente felice. Era una fortuna che Abbi l'avesse trovata in uno stato di lucidità mentale che durante il pieno giorno le mancava. Perchè era come per la festa in piscina de Ilvermony, si risvegliava quella vecchia parte di Elia che amava socializzare e amava le feste senza che però prendessero il sopravvento tutte le sofferenze passate nei laboratori. Le faceva bene, era come una medicina dal potentissimo effetto, più potente di qualsiasi magia. Allora Elia prendeva lentamente coscienza del mondo senza esserne spaventata. Gli occhi già le brillavano per la gioia e in più il fatto che Abbi lo avesse chiesto a lei, proprio a lei, la rendeva come una bambina felice che scartava piena di curiosità tutti i suoi regali natalizi. Un fantastico, improvvisato Natale. << Si volentieri!>> Disse con la voce piena di entusiasmo. Non sapeva chi si sposava, non sapeva dove e non sapeva chi avrebbe partecipato, ma tanto non aveva importanza: non conosceva poi tanta gente. Elia si guardò attorno analizzando la sua piccola stanzetta buia illuminata solo da una piccola finestrella che dava sull'oscurità della foresta proibita. Dire che era ammobiliata sarebbe stata una bugia. Oltre alla sua brandina si poteva contare la sedia in legno su cui era seduta Abbi, un piccolo tavolino un po' mangiucchiato dalle tarme e una cassettiera contente qualche maglietta e due paia di Jeans smessi. Magliette e Jeans, ecco il suo intero guardaroba, con l'extra di maglioni extra-large per l'inverno. Quando si dice il disagio. << Però non credo di avere un vestito adatto >> Disse in riferimento al pessimo guardaroba che veniva riservato ai babbani che vivevano dentro le mura di Hogwarts.
    Il giorno in cui era sparita, Elia era vestita a festa. Era il suo compleanno, il 25 Settembre 2014 e indossava una morbida camicetta nera che scivolava dentro una gonna a ruota dalla fantasia color porpora a vita alta, sotto calze nere e calzettoni di lana che uscivano dagli stivaletti e arrivavano fino al ginocchio e sopra la camicetta una leggera giacchetta dai colori neutri per prevenire il freddo delle sere autunnali, per completare il tutto indossava una collana in argento con un disegno molto fine. Se li avesse avuti avrebbe potuto ricavare qualcosa di decente con quei suoi vecchi vestiti, ma quando le avevano assegnato la "divisa" da paziente dei laboratori, le avevano tolto tutto e Elia non aveva più rivisto i suoi effetti. Le rimanevano solamente i vecchi stivaletti. Una volta erano di un bel verde bosco, ora apparivano scoloriti e rovinati. << Sai non credo che ci passino gli abiti da festa qui...>> Asserì in riferimento a quanto il resto del mondo sembrava disprezzarla. In realtà alcuni degli abitanti del Different Lodge sembravano essere messi decisamente meglio di lei, forse avevano parenti che se ne preoccupassero o forse avevano conosciuto qualcuno o ancora, forse non erano esattamente come Elia. Si sentiva molto sola in realtà, anche in quel posto. << Chi si sposa?>> Chiese improvvisamente cambiando argomento. Dopotutto sarebbe stato scortese presentarsi ad un matrimonio senza sapere chi fossero i festeggiati. Elia non aveva una grande cultura di quel posto, però aveva capito che c'erano persone più importanti di altre e lei non voleva assolutamente infastidire nessuno, ci teneva a non peggiorare la sua condizione. In verità non vedeva l'ora di andarsene e riacquistare la sua libertà. Ma come fare? Non poteva contare su nessuno, se anche avesse provato a scappare l'avrebbero presa in poco tempo e Elia aveva sentito brutte storie. Se solo qualcuno l'avesse realmente supportata, lei se ne sarebbe già andata.

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