It's our time to break the rules. Let's begin...

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  1. Alphard Blackthorn
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    Grifondoro | fine quarto anno | neutrale | altra info di vitale importanza
    « NON CI VUOLE NIENTE, SA, SIGNORA MIA, NON S’ALLARMI! NIENTE CI VUOLE A FAR LA PAZZA, CREDA A ME! GLIEL’INSEGNO IO COME SI FA. BASTA CHE LEI SI METTA A GRIDARE IN FACCIA A TUTTI LA VERITÀ. NESSUNO CI CREDE, E TUTTI LA PRENDONO PER PAZZA! »
    SaiphBOHMitchell
    Seduta sul davanzale della finestra del suo dormitorio, pensava. Un posto insolito, ma lei lo amava: lì, in alto, si sentiva bene, adorava quella sensazione di paura di cadere che si depositava sullo stomaco, guardare in alto e notare quanto fosse vicina al cielo, sentirsi distante dall'essere umano e diversa da essa. Spesso l'avevano rimproverata per questa sua mania, fin da quando era una bambina. Ma se c'è chi che quando è nervoso si mangia le unghie, perché non può esistere chi che quando è nervoso va in posti sopraelevati?
    Stava guardando le proprietà del castello illuminate dalla luce del Sole che a breve sarebbe tramontato, Saiph, godendo di quegli attimi di pace.
    La scuola stava per finire e non sarebbe tornata ad Hogwarts non prima di tre mesi dopo. Da una parte, era felice di questo, ma dall'altra desiderava che quegli ultimi giorni durassero in eterno. Aveva la sensazione che dall'anno prossimo sarebbe cambiato tutto: sentiva come se ritornati a scuola sarebbero maturati tutti, sarebbero cresciuti. Gli insegnanti, già esigenti, avrebbero preteso ancora di più in vista dei GUFO.
    Un sorriso comparve sul volto della ragazzina.
    Quelli erano gli ultimi giorni per compiere le cose da fare della sua Lista.

    ***



    Imprecò sottovoce, rimettendosi in piedi.
    << Da dove è uscita questa stupida radice?!>>
    Si osservò la mano destra, sulla quale si era appoggiata quando era caduta: un taglio sanguinante ne deturpava il palmo.
    << Pure la pietra dovevo prendere?!>>
    Anche le sue ginocchia avevano avuto la stessa infausta sorte della mano ed ora erano sbucciate e con il sangue che iniziava ad uscire dal frutto di quell'"incidente di percorso".
    Maledicendo le radici degli alberi, riprese a camminare.
    Da quando era entrata ad Hogwarts sognava di esplorare la Foresta Proibita ed ora era lì. Quasi non ci credeva. E poi, non sembrava così pericolosa: era sì un posto tetro, poco curato e si sentivano rumori inquietanti, ma finiva lì. Perché dunque proibire l'accesso agli studenti? Non che agli insegnanti stesse tanto a cuore l'incolumità degli studenti, dato che vengono torturati ogni due per tre.
    "Allora, forse, c'è un altro motivo per cui è Proibita, oltre che Foresta!"

    Stava già iniziando a pensare a possibili complotti, misteri racchiusi in quella foresta e cose del genere e dovette trattenersi dall'iniziare a cercare possibili indizi tralasciando quindi il suo obiettivo primario.
    Portò la mano dietro la schiena, fino a toccare il vecchio zaino che aveva portato con sé. All'interno, dei fuochi d'artificio babbani portati da casa al ritorno dalle vacanze di Natale.
    Già, quella gitarella nella Foresta Proibita aveva uno scopo oltre la mera esplorazione: doveva far esplodere dei fuochi d'artificio. Non ricordava precisamente come le fosse venuta in mente quell'idea assurda: sapeva solo che durante il suo secondo anno aveva redatto quella Lista -durante una lezione, tra l'altro- che oltre l'"accendere fuochi d'artificio nella Foresta Proibita", contava altre voci come "fare il bagno nel Lago Nero" e "convincere più maghi possibili a vedere un bel film". Ed ora voleva fare tutte quelle cose che due anni fa aveva scritto. E quale momento migliore di quel momento, qualunque esso fosse? Sperava solo di essere fortunata almeno quel poco necessario per non incontrare creature altamente pericolose e non essere beccata dai professori prima che potesse completare la sua "missione". Ormai la cena doveva essere finita, doveva agire in fretta. Il suo piano, se si poteva chiamare tale, aveva molte falle: come poteva tornare nel dormitorio senza farsi notare? L'avrebbero vista appena uscita dalla foresta. Che scusa avrebbe usato? Ma, soprattutto, come poteva accedere i fuochi d'artificio senza dare fuoco a tutta la foresta?
    Sospirò sonoramente. Quella volta, non l'avrebbe passata liscia.
    - sorry dear, i'm allergic to bullsh*t - code yb ms. atelophobia

    CITAZIONE
    <<parlato Saiph>>
    "pensato Saiph"


    Edited by portavoce del karma‚ ossequi - 8/12/2016, 19:32
     
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  2. #bulstrode
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    Emily Bulstrode ( ) - 52yo - ex-Ravenclaw Death Eater-
    the Old Guard - Head of Censorship - HoM Teacher
    « Elegance is seduction, charme, mystery. It is not pure appearance »
    Si guardò allo specchio, sollevando il mento, altera come sempre. Le sue narici fremettero alla vista di ciò che vedeva sullo specchio. Un volto da trentenne senza alcun segno di tempo, senza ruga alcuna e senza cicatrici o ferite. Un volto intatto e per sempre rinchiuso nel guscio della bellezza. La pelle era perennemente fresca, liscia e levigata. Quasi due decadi fa il rito dell'Oblivion l'aveva dannata, strappandole l'anima dal corpo. L'aveva dannata, strappandole la bruttezza del corpo. L'aveva dannata, strappandole la tranquillità della vita. Era solo un corpo con una mente calcolatrice e brillante, un corpo senza anima, ma con un cuore caldo e pulsante, rivestito di dura pietra. E tormentato dalle anime di ottanta vittime sacrificali. E, da quando erano morte, anche delle altre due donne sopravvissute al rituale.
    Izra Greyson era stata la seconda a morire: era caduta giù dal proprio letto, i capelli ridotti a corti fili penzolanti e la cute segnata da graffi e cicatrici. Aveva conficcato le unghie nel pavimento di legno, spezzando le unghie, lasciando dietro di sé dieci scie di sangue tante quanto erano le sue dita. Il suo sguardo era pieno di follia e odio. Le stesse anime che tormentavano Emily tormentavano anche lei ed avevano preso possesso del suo corpo. Si era seduta sul davanzale della finestra e aveva lanciato urla agghiaccianti, scoprendo alla luna il proprio volto rugoso e gli occhi gialli dall'iride sbiadita. Si era messa a urlare, a ridere, a inveire e a bestemmiare. E infine si era buttata giù. Essendo al piano terra, cadde sulla soffice erba senza farsi nulla. Aveva corso verso la strada. E fu investita da un motore. Il suo corpo minuto e ingobbito sopravvisse e si gettò sul ragazzo che guidava il motore, strangolandolo con le mani ossute e insanguinate. Corse poi per ore ed ore solo per ritornare nuovamente alla propria villa. E lì lanciò un ultimo urlo agghiacciante, levò il alto la propria bacchetta che esplose in un lampo verde. E cadde a terra, sfinita. E morta.
    Prima di lei era morta Edith Lagrange. Entrambe, insieme ad Emily e a Jerome Mandilyion, erano gli unici sopravvissuti al rituale dell'Oblivion. Jerome ed Emily continuavano a vivere, ma Jerome stava mostrando i primi segni di cedimento. Edith morì per aver cercato di salvare un ragazzo, un ragazzo brillante che Emily stimava molto, Shane Howe. Aveva consumato le ultime energie della propria vita. Il suo corpo divenne rinsecchito e i capelli bianchi. Edith era la Vecchiaia, Izra era la Follia. C'era un quinto partecipante al rituale che sarebbe dovuto sopravvivere, ma che morì subito in seguito al rituale. L'unico morto tra coloro che erano destinati a sopravvivere. Lui era la Morte. Solo in seguito Emily aveva capito che i cinque destinati a sopravvivere rappresentavano cinque elementi, i cinque elementi che portano al deterioramento del corpo: Morte, Vecchiaia, Follia, Malattia e... non lo sapeva. Morte per colui il cui filo della vita fu tagliato per primo; Follia per Izra, la cui mente fu sconquassata da quel veleno; Vecchiaia per Edith, che dimostrò un veloce invecchiamento del proprio corpo, rallentato dal Sangue d'Unicorno e che aveva raggiunto l'apice nella sua morte; Malattia per Jerome, che aveva le punta Dell dita tinta di nero e la lingua violacea. I Medimaghi gli davano pochi anni di vita. Si suiciderà, fu il suo pensiero.
    Ed Emily? Ad Emily quale degli elementi toccava? Non lo sapeva. Non l'Odio, poiché lei sapeva provare amore. Non Freddezza, perché lei sapeva elargire calore umano. Non Malattia, non Vecchiaia, non Morte, non Follia. E allora cosa? La Giovinezza, opposto della Vecchiaia? Non era plausibile: era più plausibile la Bellezza. Decantata da tutti, amata da tutti e conosciuta da tutti. Era però il mostro più orribile di tutti, più orribile di sora Morte, più spregevole di madre Vecchiaia, più sconquassante della dea Follia, più atroce della maledetta Malattia.

    «Vieni dal ciel profondo o l'abisso t'esprime,
    Bellezza? Dal tuo sguardo infernale e divino
    piovono senza scelta il beneficio e il crimine,
    e in questo ti si può apparentare al vino
    »
    .

    Passò le dita sulle palpebre, costellate di pustole bianche.

    «Hai dentro gli occhi l'alba e l'occaso, ed esali
    profumi come a sera un nembo repentino;
    sono un filtro i tuoi baci, e la tua bocca è un calice
    che disanima il prode e rincuora il bambino
    »
    .

    Con le dita seguì il contorno degli occhi, evocando l'incantesimo non verbale.

    «Sorgi dal nero baratro o discendi dagli astri?
    Segue il Destino, docile come un cane, i tuoi panni;
    tu semini a casaccio le fortune e i disastri;
    e governi su tutto, e di nulla t'affanni
    »
    .

    Piano a piano le pustole sparirono e gli occhi, completamente bianchi, mostrarono iride e pupilla.

    «Bellezza, tu cammini sui morti che deridi;
    leggiadro fra i tuoi vezzi spicca l'Orrore, mentre,
    pendulo fra i più cari ciondoli, l'Omicidio
    ti ballonzola allegro sull'orgoglioso ventre
    »
    .

    L'Inno alla Bellezza di Baudelaire l'aiutava a concentrarsi quando lanciava l'incantesimo.

    «Torcia, vola al tuo lume la falena accecata,
    crepita, arde e loda il fuoco onde soccombe!
    Quando si china e spasima l'amante sull'amata,
    pare un morente che carezzi la sua tomba
    »
    .

    Quell'incantesimo serviva per nascondere le pustole attorno agli occhi e per togliere il velo bianco dagli occhi stessi.

    «Venga tu dall'inferno o dal cielo, che importa,
    Bellezza, mostro immane, mostro candido e fosco,
    se il tuo piede, il tuo sguardo, il tuo riso la porta
    m'aprono a un Infinito che amo e non conosco?
    »
    .

    Con la morte di tre persone, una strana malattia aveva colpito i suoi occhi. Con la morte di Jerome, sarebbe stato peggio.

    «Arcangelo o Sirena, da Satana o da Dio,
    che importa, se tu, o fata dagli occhi di velluto,
    luce, profumo, musica, unico bene mio,
    rendi più dolce il mondo, meno triste il minuto?
    »
    .

    Recitò l'ultimo verso con una lentezza nostalgica.
    Non avrebbe più sofferto, un giorno. Quel giorno era lontano. Doveva attendere pazientemente il momento cruciale della sua vita, ciò che avrebbe posto fine ad essa e ciò che avrebbe dato un senso ad essa. Perché non c'era vita senza morte: senza essa, cos'è la vita, se non un semplice e perenne succedersi di giorni? Ecco, lì anche le sofferenze e i tormenti avrebbe avuto fine.
    Quando la Moira Atropo avrebbe reciso il filo della sua vita.

    Aveva abbandonato il proprio ufficio abbandonando le pergamene delle pagelle G.U.F.O.. Si era occupata anche delle pagelle di ammissione a G.U.F.O. e M.A.G.O. e di quelle di passaggio anno, tra VI e VII. Le varie assenze avevano portato alla bocciatura molti studenti. Suo pensiero fisso era Jack Hades. Si fermò sulle sponde del Lago Nero, congiungendo le mani dietro la schiena. Aveva una veste bianca addosso: dei pantaloni bianchi lunghi fino alle caviglia e un tailleur bianco. Portava gli occhiali da vista squadrati neri. Osservò il Lago, pensando e rimuginando sul Ravenclaw. «Hades...», sibilò. Uno smacco per la casa di Ravenclaw, un'utilissima opportunità sprecata per Jack. Sarebbe bastato inviare un solo dannato recupero, ma Jack non ne ebbe l'intenzione. La sua bocciatura. Emily non era arrabbiata, solo delusa. Uno studente promettente... ma passava la vita a bere e a ignorare compiti e lezioni.
    Sentì un fruscio che la distolse dai suoi pensieri.
    Si voltò verso la Foresta Proibita. La sua espressione frustata divenne allora rigida e fredda. Con lenti passi, si avvicinò al limitare della Foresta, cercando di captare il minimo rumore. Avrebbe dovuto rimandare a più tardi lo spuntino notturno (aveva saltato la cena, quella sera): uno studente era sicuramente dentro la Foresta. Che era Proibita. Il corpo di Emily divenne all'improvviso un ammasso di luce bianca che fluttuò in mezzo ai rami e alle fronde, frusciando. Seguì le erbe calpestate, per poi fermarsi dietro una figura poco riconoscibile a causa del buio. Ritornando nella forma umana, Emily sollevò la bacchetta a mezz'aria. Lumos. Una luce bianca soffusa illuminò l'area circostante. Davanti a sé Emily vedeva uno studente, o una studentessa, di spalle, con uno zaino. Studentessa sicuramente, aveva i capelli lunghi. «Signorina, non ci vuole il Regolamento di Hogwarts per capire che questa Foresta è Proibita, letteralmente», disse. «Si volti e mi mostri il contenuto dello zaino. Subito», aggiunse, con fare imperatorio, l'espressione severa. Si chiese perché agli studenti piacesse infrangere le regole. Per poter perdere punti più facilmente?
    the heart is deceitful above all things,


    Il modo in cui Emily entra nella Foresta (l'ammasso di luce bianca) è riferito al modo in cui i Mangiamorte si spostano (es. Severus Piton che vola sotto forma di un ammasso di luce nera (?) verso Villa Malfoy). Se non è consentito ditemelo e modifico!
     
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  3. Alphard Blackthorn
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    Grifondoro | fine quarto anno | neutrale | altra info di vitale importanza
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    SaiphBOHMitchell
    Guardandosi intorno, cercava disperatamente un posto da cui far esplodere i fuochi d'artificio. Si sentiva irrimediabilmente stupida: va bene che sarebbe stato epico, lanciare fuochi d'artificio nella Foresta Proibita, ma era altrettanto impossibile. Come aveva fatto a non pensarci prima? Spinta dall'entusiasmo, aveva tralasciato alcuni importanti dettagli come l'incendiabilità di una qualsivoglia foresta.
    << Stupida>>, si disse.
    Fortunatamente, non aveva ancora incontrato una di quelle creature che dicevano abitassero la Foresta. Appena quel pensiero prese forma nella sua mente, dovette ricredersi immediatamente: un fruscio, che sembrava dirigersi verso di lei, risuonò nella Foresta.
    "Un'Acromantula, forse?"
    Mise mano alla bacchetta, che teneva in una tasca dei pantaloncini di jeans che aveva indossato prima di entrare nella Foresta, pronta a sfoderarla per difendersi.
    A quel punto, se si fosse trovata in un film, la classica musica che si usa nei momenti di tensione, sarebbe aumentata di volume, per poi finire. Ma, forse purtroppo forse per fortuna, Saiph non si trovava in un film. Niente musica, solo il battito del suo cuore che le risuonava nelle orecchie. Trattenne il respiro, pronta a difendersi dalla creatura.
    << Signorina, non ci vuole il Regolamento di Hogwarts per capire che questa Foresta è Proibita, letteralmente.>>
    Nel sentire quella voce, si rese conto che avrebbe di gran lunga preferito l'Acromantula. Almeno quella la poteva Schiantare. La professoressa no. A meno che non avesse voluto incorrere in provvedimenti peggiori delle solite visite nella Sala delle Torture. E, sinceramente, non rientrava nelle sue priorità.
    << Mi piacerebbe sapere come mai sia proibita.>>
    Stava rischiando? Si, probabilmente. Ma al momento, non era la cosa che più le importava.
    << Si volti e mi mostri il contenuto dello zaino. Subito.>>
    Sospirando, si girò verso la professoressa.
    Non voleva mostrarle i fuochi d'artificio. Sicuramente, glieli avrebbe sequestrati e lei non lo voleva.
    << Sa, professoressa, ci sono talmente cose da vedere, qui, che perquisire il mio zaino mi sembra una perdita di tempo così superflua. Non vorrà perdersi meraviglie come... Uhm... Questo albero. Con questo tronco così... Particolare? E le foglie... Okay, ecco qui.>>
    Dopo aver provato a distogliere l'attenzione della professoressa dal suo zaino, tentando in modo totalmente ridicolo di portarla sull'albero accanto a lei, Saiph si rassegnò, togliendosi lo zaino dalle spalle ed aprendolo, mostrando il suo contenuto.
    Prese dalla tasca dei pantaloni la scatola dei fiammiferi, facendola roteare tra le dita della mano. Forse non avrebbe fatto ciò che aveva progettato di fare, però si stava divertendo da pazzi. Peccato solo per quello che avrebbe comportato il suo divertimento.
    << Per caso mi vuole aiutare a farli esplodere? Sarà un bellissimo spettacolo.>>
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  4. #bulstrode
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    Emily Bulstrode ( ) - 52yo - ex-Ravenclaw Death Eater-
    the Old Guard - Head of Censorship - HoM Teacher
    « Elegance is seduction, charme, mystery. It is not pure appearance »
    Emily Bulstrode non era una stupida. Sapeva la differenza sottile che c'era fra ironia e sarcasmo, sapeva la differenza che separava entrambe dall'impertinenza e dall'insolenza. La donna capì subito che “Mi piacerebbe sapere come mai sia proibita” non era una battuta velata di sarcasmo, ma una vera e propria battuta piena di sfrontataggine. Non riuscì a reprimere una smorfia indispettita e neanche ci provò. Più che una smorfia indispettita, era una smorfia fatta da una donna che si chiedeva in continuazione cosa ci trovassero gli altri di bello nel non rispettare le regole. Una smorfia di delusione e irritazione insieme. La stessa sensazione che aveva provato nel sapere che Jack non si era impegnato per meritarsi la promozione.
    Non si era impegnato e basta. Se fosse stato un non si era impegnato abbastanza sarebbe stato meglio: avrebbe significato che almeno ci aveva provato. Ma Jack non l'aveva fatto: se n'era infischiato altamente. Si chiese se quel ragazzino (che non sarebbe mai diventato un vero e proprio mago senza aver dato gli omonimi esami) sapesse (o solo intuisse) la profonda delusione e vergogna che aveva attanagliato l'animo di Maeve Winston, la Responsabile della casa di Hades. Alle riunioni del Collegio Docenti la Winston cercava di non esserci mai, quando veniva fatto il nome di Jack.
    Sir Viktor invece era rimasto piuttosto soddisfatto dei suoi Tassi, i quali erano risultati essere la Casa migliore di tutte, superando addirittura i Corvi, che miravano alla massima intelligenza. Alla fine però erano stati quest'ultimi a stravincere la Coppa delle Case, superando la soglia del doppio migliaio di punti, soglia non raggiunta nemmeno lontanamente dai secondi in classifica, gli Hufflepuff. Per quanto riguardava invece la professoressa Hamilton, responsabile dei Gryffindor, poteva benissimo andare fiera dei suoi Grifi. Però non lo faceva, semplicemente perché era una ragazza molto chiusa. Anjelika Queen, infine, non aveva esternato la sia rabbia di fronte a tutta la scuola, ma la Bulstrode immaginò che l'aveva fatto in Sala Comune, sgridando le Serpi per non aver riuscito a raggiungere nemmeno il migliaio di punti, finendo vergognosamente ultimi in classifica.
    Lentamente, la ragazzina si voltò. Lo fece con la stessa lentezza con cui un condannato a morte saliva i tre gradini che lo separavano dall'ultimo bacio della sua vita, il Bacio del Dissennatore. Emily alzò leggermente la bacchetta con la quale aveva attivato il Lumos per meglio illuminare il volto della ragazza. La sua espressione rapidamente passò dall'irritazione delusa all'irritazione pura: Saiph non avrebbe mai smesso di deluderla. “Sa, professoressa, ci sono talmente cose da vedere, qui, che perquisire il mio zaino mi sembra una perdita di tempo così superflua”, iniziò lei. La Bulstrode inarcò il sopracciglio, mentre la sua bocca assumeva una linea dura. “Non vorrà perdersi meraviglie come... Uhm... Questo albero. Con questo tronco così... Particolare? E le foglie...”. Emily non rispose e nemmeno volse lo sguardo altrove. Si limitò a fissarla con occhi gelidi, in attesa che cedesse. Era una donna paziente, sapeva aspettare. “Okay, ecco qui”, si arrese infine.
    Si tolse lo zaino di spalla, mostrando al Capo della Censura cosa ci fosse dentro. Petardi. Fuochi d'artificio. Dalla tasca estrasse una scatola di fiammiferi. E dalla sua bocca uscì una battuta insolente. “Per caso mi vuole aiutare a farli esplodere? Sarà un bellissimo spettacolo”. Emily sorrise. Emily sorrideva spesso, ma rare volte il suo era un sorriso genuino e gli studenti lo sapevano bene. Il suo sorriso poteva essere paragonato al Bacio di un Dissennatore: falso come lo è quel Bacio, capace di spegnere ogni sentimento dentro di te, capace di atterrirti, di spegnerti un po' l'anima. «Ma certo», rispose, serafica. Il suo sorriso non la abbandonò per tutta la durata del discorsetto. «Ovviamente sì: la aiuterò a incendiare la Foresta Proibita. A mandare a fuoco la capanna in cui vive il professor Berqgvist. E anche le stalle dei suoi draghi. La aiuterò a uccidere uccelli e scoiattoli fra le fiamme. Perché noi a Hogwarts insegniamo come bruciare le foreste, giusto? Perché noi non vi insegniamo quanto sia pericoloso fare cose avventate, o sbaglio?».
    Con la massima calma, sicura che la ragazza non si sarebbe opposta, prese la scatola di fiammiferi con la mano libera dalla bacchetta. La aprì spingendo con due dita la scatolina che stava dentro, facendo rovesciare tutti i fiammiferi sull'erba. Infine, un agile movimento di bacchetta, trasformò quei fiammiferi in sottili e lunghi steli d'erba, mentre infilò la scatola dentro lo zaino ancora aperto. Continuava a sorridere e quella era la cosa peggiore. Il suo sorriso era freddo, freddo quanto il Bacio di un Dissennatore. Il suo sguardo si posò con angelica calma sul viso della Mitchell. «Suppongo che 15 punti in meno a Gryffindor siano abbastanza per farle capire che non è bene fare cose che potrebbero attentare all'incolumità della Foresta e dei suoi abitanti. E che altri 15 punti in meno le faranno capire anche che l'insolenza non è tollerata», le disse, «E sono in totale trenta punti in meno alla sua casa, signorina Mitchell. Fortunatamente non la fa scalare di classifica».
    Poi indicò i petardi che c'erano dentro lo zaino che la studentessa ancora teneva in mano. «E quelli?», sorrise. Un sorriso quasi materno, ma completamente ed evidentemente finto. «Saiph, dove li hai presi?». Emily già conosceva la risposta: ai Tiri Vispi Weasley o all'Emporio di Zonko, quindi in realtà le importava di più la risposta alla seconda domanda: «Perché volevi farlo? E, soprattutto, eri conscia del rischio, di cui te stessa e l'intera Foresta avreste risentito?». Emily Bulstrode era considerata una stronza e non per niente era stato coniato il soprannome BubuStronza, ma tutti sapevano che era giusta. Severissima ed estremamente puntigliosa, ma giusta: quasi mai mandava i ragazzini in Sala Torture poiché la riteneva una cosa barbarica e le sue punizioni dipendevano sempre dalle giustificazioni e motivazioni date per il gesto fatto e per la gravità di quest'ultimo.
    Sorrise gelidamente, in attesa di una risposta, poggiando le due mani in grembo, paziente, lasciando che il Lumos della bacchetta illuminasse i loro volti dal basso.
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  5. Alphard Blackthorn
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    Grifondoro | fine quarto anno | neutrale | altra info di vitale importanza
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    SaiphBOHMitchell
    Molto spesso, guardando il suo interlocutore, Saiph si chiedeva cosa stesse pensando. Era un’abitudine che aveva da quando era una bambina, quella di cercare di capire i pensieri di colui che aveva davanti, quasi sempre senza successo. Esattamente come quel giorno: osservando attentamente l’espressione che trasudava irritazione della professoressa, si chiese cosa la stesse provocando. La sua presenza nella foresta, di sicuro. Ma che altro? Quella donna, senza ombra di dubbio, la odiava. E forse, il sentimento era ricambiato. Saiph non sopportava odiare chi la circondava, ma raramente riusciva ad evitarlo. Era troppo umana per non provare sentimenti quali l’odio. Era fermamente convinta che dietro tutti quei comportamenti che con tutta sé stessa non tollerava ci fossero delle motivazioni più che valide. E se non erano valide per lei, di sicuro lo erano per chi aveva quel comportamento. Odiava odiare perché odiava essere odiata. Ma come poteva cercare di capire e giustificare alcuni dei comportamenti dei membri del mondo magico? Come poteva anche solo cercare di “scusare” quegli adulti che torturavano dei ragazzini per motivi così futili?
    << Ma certo. Ovviamente sì: la aiuterò a incendiare la Foresta Proibita. A mandare a fuoco la capanna in cui vive il professor Berqgvist. E anche le stalle dei suoi draghi. La aiuterò a uccidere uccelli e scoiattoli fra le fiamme. Perché noi a Hogwarts insegniamo come bruciare le foreste, giusto? Perché noi non vi insegniamo quanto sia pericoloso fare cose avventate, o sbaglio?>>
    Si costrinse a mantenere il suo sguardo puntato negli occhi della donna, che mentre pronunciava quelle parole sorrideva in un modo inquietante.
    Visto da quel punto di vista, era Saiph ad essere nel torto. Stupidamente, non aveva proprio pensato a tutte le conseguenze che il suo gesto avventato avrebbe portato. Si sentiva in colpa. Ma non lo diede a vedere, continuando a guardare negli occhi la professoressa. E cosa avrebbe potuto dire, per difendersi?
    Non si oppose quando l’insegnante le prese i suoi fiammiferi, buttandoli a terra e trasfigurandoli in steli d’erba, per poi rimettere la scatola vuota nello zaino. Strinse le labbra, per impedirsi di rispondere alla donna.
    << Suppongo che 15 punti in meno a Gryffindor siano abbastanza per farle capire che non è bene fare cose che potrebbero attentare all'incolumità della Foresta e dei suoi abitanti. E che altri 15 punti in meno le faranno capire anche che l'insolenza non è tollerata. E sono in totale trenta punti in meno alla sua casa, signorina Mitchell. Fortunatamente non la fa scalare di classifica>>
    Era un talento nel farsi sottrarre punti, senza alcuna ombra di dubbio.
    << E quelli? Saiph, dove li hai presi?>>
    << Un negozio babbano>>, rispose, osservando con celata preoccupazione quel sorriso, così palesemente falso. Per un breve, brevissimo istante, si chiese se la sua insegnante di Storia della Magia avesse avuto una paralisi facciale. Per la durata di quel breve pensiero, non riuscì ad impedire la genuina formazione di un sorriso sul suo volto, per ritornare immediatamente dopo seria come prima.
    << Perché volevi farlo? E, soprattutto, eri conscia del rischio, di cui te stessa e l'intera Foresta avreste risentito?>>
    Era sempre stata una persona estremamente sincera, Saiph. Non perché trovasse difficile mentire, ma perché non ne vedeva l’utilità. Tanto, alla fine, prendevano sempre tutti le sue parole come frutto di quell’insolenza che a dirla tutto la caratterizzava, anche quando non erano state pronunciate con quell’intento. Magari un’altra persona avrebbe iniziato a mettere su scuse di ogni sorta, ma lei non era “un’altra persona”.
    << Ha mai sentito la Fine? Quella sensazione che stia cambiando tutto, senza darle la possibilità di fare nulla per impedirlo. Un po’ come l’autunno, il gran finale, l’ultima scintilla prima dell’inverno. Ecco, professoressa, l’anno prossimo sono certa che cambierà tutto. Cambierò anch’io, probabilmente. Volevo essere io quella scintilla, dare vita al gran finale di quest’anno che sta finendo. Non credo mi capisca. Non avevo pensato alle conseguenze, non intendevo appiccare un incendio alla foresta. Perché avrei dovuto, poi?>> disse. Ci credeva davvero a quello che aveva detto, sentiva sul serio che la Fine si stesse avvicinando. La fine di che cosa, poi? Non c’era nulla che lasciasse presagire un cambiamento drastico alla sua esistenza. Probabilmente, era tutta una creazione della sua mente, che non ce la faceva più a rimanere in quella condizione di stallo. O magari, no.
    << Dunque, professoressa, che punizione intende darmi?>>
    - sorry dear, i'm allergic to bullsh*t - code yb ms. atelophobia
     
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