#IIcdcm Gruppo Fiamma

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.     +3    
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Member
    Posts
    108
    Spolliciometro
    +82
    Location
    between wrong and right

    Status
    Offline
    Siria Lilian Black
    «DON'T LET THEM TEACH YOU HOW TO HATE, FIGHT FOR FREEDOM. YOUR FATHER AND I WILL WATCH OVER YOU. BELIEVE IN FREEDOM, MY DEAR.»
    15 y.o. | Ravenclaw | Bisexual | Resistenza | Dreamer
    Erano poche le lezioni che Siria poteva seguire senza dover fasciare l'anima per evitare di ferirsi con le crudeltà che accadevano in quella scuola. Cura delle Creature Magiche era una di queste, anche se la maggior parte delle volte si ritrovavano a fare esperimenti su creature la cui unica colpa era quella di essere venute al mondo. Dormiva poco, a Hogwarts, tormentata dai demoni che era costretta ad affrontare ogni giorno. Quella mattina non dovette nemmeno attendere la sveglia, si alzò con mezz'ora d'anticipo e rimase sotto la doccia fino a non sentire più la differenza tra l'acqua che le scorreva addosso e l'aria che riusciva a infiltrarsi tra una goccia e l'altra. Tenne gli occhi chiusi, lasciando che fosse l'acqua, come sempre, a cancellare i dubbi e a risanare la pelle ferita. Mezz'ora dopo scese in Sala Grande indossando la sua solita maschera noncurante. Mentre si strafogava di tramezzini al prosciutto, alzò lo sguardo verso il suo professore. Chissà cosa si sarà inventato 'sta volta. Pensò, osservandolo con curiosità.
    Un'ora più tardi, alle otto e ventinove, si fece trovare al limitare della Foresta Proibita, così come le era stato chiesto di fare. Indossava la divisa da combattimento, unica nota positiva della giornata. Sembrava strano che proprio una come lei apprezzasse quella strana divisa, simbolo di ciò che era permesso fare all'interno delle mura di Hogwarts. Simbolo di ciò che era costretta a fare.
    Ma la divisa che indossava rappresentava molto di più ai suoi occhi. Conosci gli amici e ancor meglio i nemici, continuava a ripetersi ogni giorno. Quella divisa era il mezzo per apprendere ogni cosa riguardo quelli che in futuro sarebbero stati i suoi nemici, ma non era solamente quello. Siria se n'era resa conto all'alba del suo secondo anno, osservandosi allo specchio, con la divisa da combattimento addosso. Il fatto stesso di indossare una divisa la faceva sentire bene, la faceva sentire quasi a casa. L'idea di appartenere a un qualcosa di più grande di lei la faceva stare bene. Hogwarts, per quanto oscura e crudele, per lei rappresentava la casa che aveva perso. Andava orgogliosa di quella divisa, faceva di lei un soldato, uno degli ingranaggi di un gigantesco sistema, nonostante odiasse ciò che quella divisa la costringeva a fare.
    Indosserò un'altra divisa, un giorno, e allora sarò finalmente a casa. Pensò, notando la figura del professore comparire di fronte a loro.
    Lasciò che quel pensiero svanisse, sostituito da mille altri più importanti e si concentrò sulla lezione. Il professore presentò loro una creatura che non avevano mai visto e cercò di far loro capire quale fosse la giusta procedura per approcciare e analizzare una creatura della quale non sapevano niente. Siria ascoltò con attenzione e, con i compagni di gruppo, in seguito, mise in pratica gli insegnamenti del Professore, trovando ironico, assurdo e al tempo stesso appropriato il nome che scelsero di dare a quelle creature fiammeggianti. Mozilla Firefox. Per un pelo aveva rischiato di perder capelli e sopracciglia, a causa di quelle loro meravigliose code fiammeggianti.
    Una volta superata l'analisi e presentata la loro relazione, vennero raggiunti da un gruppo di Ricercatori, responsabili di controllare il loro operato. Uno di essi li condusse attraverso decine di corridoi, fino a giungere in una piccola stanza rettangolare di un bianco sgargiante. Avevano attraversato un labirinto e anche se avesse voluto, Siria non sarebbe mai riuscita a ricordarsi la strada che aveva percorso. Il bianco delle pareti feriva gli occhi e più tempo passavano al suo interno, più Siria doveva combattere con l'impulso di prendere a calci il loro responsabile e tornare alla calda luce del sole. L'unica cosa che la rallegrava era l'ironico contrasto tra le divise scure che indossavano e le pareti accecanti. Non erano altro che macchie nere d'inchiostro sulle pagine della storia di Hogwarts.
    La voce del loro responsabile interruppe il flusso dei suoi pensieri. Mise tra le mani di ognuno di loro un foglio, scritto con una grafia fitta ed elegante. Su di esso vi era la classificazione e la descrizione delle creature che avrebbero trovato al di là della porta. Una di esse sarebbe stata evoluta, adulta, pronta ad aggredirli; quanto all'altra, sarebbe stato compito loro aiutarla a uscire dall'uovo. Siria lesse e assimilò le parole scritte sul foglio, ma per evitare di dimenticare qualcosa, lo mise nella taschina interna della divisa e solamente allora riportò la sua attenzione alle parole del loro responsabile.
    «Non dovete necessariamente uccidere la creatura a voi assegnata, sia chiaro, ma potete farlo»
    Il Ghigno che vide comparire sul volto dell'uomo, mentre illustrava loro quali porte appartenessero ad ognuno di loro, le fece venire il voltastomaco. Aggiunse anche quel volto alla sua lista mentale delle persone che avrebbe voluto eliminare volentieri.
    L'uomo disse loro di attendere di fronte alla porta, queste ultime si sarebbero aperte nello stesso momento e, da quel momento in poi, sarebbero stati soli. Un team di scienziati si sarebbe occupato di tenere d'occhio la loro prova e, nel caso in cui le cose si fossero messe male, sarebbero intervenuti per salvar loro le chiappe.
    Rassicurante... pensò, Siria, abbassando lo sguardo sull'avambraccio destro. Poco lontano dal polso, una fiamma, le colorava la pelle. Rossa e fiammeggiante, il disegno risaltava a meraviglia sulla pelle costellata da mille cicatrici della Black. Nei brevi istanti che precedettero l'apertura della porta, Siria contemplò l'idea di farsi un tatuaggio per coprire almeno alcune di quelle cicatrici. Non che le detestasse, anzi, ne andava fiera, rappresentavano le battaglie che aveva combattuto, ma era anche convinta che allontanandole dallo sguardo, probabilmente avrebbe smesso di pensare alla sua infanzia distrutta.
    L'apertura della porta la strappò a quei tristi pensieri.
    Siria prese un bel respiro, liberando la sua mente, e mosse un passo verso la stanza che aveva di fronte. Il piede non trovò un appiglio e lei cadde. Pregò con tutta sé stessa di non trovare un pavimento ad attenderla. Reggeva la bacchetta tra le dita, ma la caduta le aveva strappato ogni molecola di ossigeno dai polmoni e non era certa di avere la forza di pronunciare un incantesimo, non fino a quando non fosse riuscita a respirare, almeno. Cadde per appena due secondi, ma agli occhi della Black, sembrò un'eternità, il tempo che trascorse tra quel passo e il tuffo in acqua che ne seguì.
    L'acqua era fredda, gelata, come piaceva a lei. Mentre registrava quel dettaglio, si accorse di riuscire a respirare sott'acqua. Alzò la mano sinistra verso il collo, avvertendo una strana sensazione sulla pelle e si accorse delle branchie che vi erano spuntate.
    «Algabranchia» Mormorò, sorridendo sotto la superficie dell'acqua.
    Ringraziò il cielo per le nuove tecnologiche che i ricercatori stavano sviluppando. Non aveva bevuto o mangiato nulla nelle ultime ore, perciò devano per forza aver trovato il modo di somministrar loro il principio attivo dell'Algabranchia per via aerea. Tanto di guadagnato, pensò godendosi finalmente l'immersione. Una voce nella sua mente continuava a ripeterle di recarsi verso la riva immediatamente, ma c'era qualcosa in quell'acqua che le dava da pensare che fosse meglio analizzare anche quella parte dell'ambiente. Altrimenti, per quale motivo si sarebbero curati di dar loro dell'Algabranchia?
    Nuotò a lungo, osservando le particolarità del fondale e delle strane ombre che vi giacevano, nascoste in mezzo alle alghe. Non riuscì a distinguerne le forme o i colori, ma capì che probabilmente si trattava dei parenti delle creature delle quali si sarebbe dovuta occupare.
    Una volta esplorato il fondale, si diresse verso la riva, mentre gli effetti dell'Algabranchia svanivano. Si era goduta la nuotata, nonostante la temperatura dell'acqua fosse paragonabile a quella del Lago Nero in quella stagione. Si asciugò i vestiti con un incantesimo, anche se a giudicare dal calore dell'aria non avrebbe avuto bisogno e si diresse verso il cumulo di oggetti che giaceva nel mezzo della riva.
    «Auch!»
    Aveva fatto appena tre passi sulla sabbia e si era chinata per sfiorare i granelli dorati, ma quest'ultima era rovente almeno quanto l'aria che la circondava. Passare dalle temperature quasi polari dell'acqua a quelle equatoriali della sabbia era stato uno shock.
    Andò a bagnarsi le mani per alleviare il dolore provocato dalla sabbia calda e in seguito tornò al mucchio di uova depositate a caso sulla sabbia.
    Erano grosse, le più grosse uova che avesse mai visto, nere e screziate di bianco. Contò sei uova, spuntare dalla sabbia a un passo dalla riva. Ne prese una tra le mani e notò che la sabbia sotto di essa era parecchio umida.
    Così non va bene, l'umidità le ucciderà, pensò, depositando nuovamente l'uovo al suo posto.
    «Wingardium Leviosa!»
    Con un movimento elegante della bacchetta, le sei uova si sollevarono da quella prigione di umidità e Siria le seguì.
    Fu allora che uno stormo di uccellacci si alzò dalla fila di alberi che circondavano la sabbia. Siria lasciò cadere le uova con delicatezza poco più avanti, e vi si pose di fronte.
    «Avis!» Un secondo stormo di uccelli apparve, evocato dalla bacchetta della Black.
    «Oppugno!» Quegli stessi uccelli si gettarono contro lo stormo che puntava alle uova e lo dispersero, allontanandolo da esse.
    Sospirò di sollievo vedendo lo stormo svanire nel folto della foresta e, solamente allora, tornò ad occuparsi delle uova. Le fece sollevare in aria ancora una volta e le depositò laddove la sabbia era così calda da far impedire all'umidità di depositarsi. Le lasciò al caldo e, con lo stesso incantesimo le ricoprì con uno strato di sabbia calda.
    Così dovrebbe bastare... e adesso, aspettiamo, pensò, con un sorriso.
    Avvertiva dei rumori provenire dalla foresta, accompagnati dal vento, e sapeva che entro la fine della giornata avrebbe dovuto scoprire ciò che vi si nascondeva all'interno, ma in quei brevi istanti non se ne preoccupò.
    Si sedette accanto al mucchio di uova, con le spalle rivolte alla foresta e si mise ad osservare gli strani riflessi della luce sulla superficie dell'acqua. Era un luogo pacifico, quello, se non fosse stato per il fatto che era stato creato appositamente per metterli alla prova. Era un mondo fittizio, ma, in quei tre lunghissimi minuti, Siria cercò di non pensarci, lasciandosi ammaliare dai colori freddi dell'acqua che tanto le ricordavano la sua infanzia.
    Un crack proruppe dal cumulo di sabbia, seguito da molti altri. Le sei uova si schiusero a pochi istanti l'una dall'altra, facendo scivolare via la sabbia che giaceva sulla superficie dei gusci. Siria si mise in ginocchio accanto alle piccole creature appena nate. Erano quanto di più strano avesse mai visto. Avevano la parte superiore del corpo somigliante a quella di un cavallo o di una zebra, erano completamente nere e al posto delle zampe posteriori avevano una lunga pinna.
    «Ciao piccoletti...» mormorò, con un lieve sorriso sul volto.
    Le sei creature voltarono il capo seguendo il suono uscito dalle labbra della Corvonero. Ella ricambiò il loro sguardo e per qualche breve istante sentì di aver finalmente fatto qualcosa di buono.
    Spero davvero che non vi ammazzino... pensò, osservando una delle creature strisciare verso di lei.
    Si avvicinò lentamente, osservandola con quella che Siria poté definire curiosità. Solo quando fu arrivata, salendo con gli zoccoli sulla sua mano, sentì la sua voce. Un suono chiaro e delicato proruppe dalla piccola bocca della creatura e ad essa si unirono le voci delle creature sorelle. Siria iniziò ad avvertire i pensieri sfuggirle dalla mente. Non capiva perché non riuscisse a fare un pensiero coerente. Osservava le creature e iniziava a dimenticare la ragione per la quale era lì, poi, ricordò le parole che aveva letto sul foglio che le era stato consegnato.
    Il suo verso porta confusione
    Con quel pensiero giunse anche la soluzione: puntò la bacchetta contro di sé e pronunciò «Muffiliato!»
    I suoni prodotti dalle creature si fecero più delicati e confusi e in pochi istanti l'effetto magico del loro canto iniziò a svanire. Siria si scosse di dosso la confusione, alzandosi dalla sabbia di scatto.
    Alla faccia delle piccole creature! Si disse, osservandole. Conscia del fatto che le creature preferissero il mare e certa che non vedessero l'ora di riunirsi alla loro famiglia, la Black iniziò a cantare un'antica melodia Celta. Cantò loro della vita e della bellezza della morte. Raccontò loro della sua terra e di ciò che di essa amava e le creature la seguirono, avanzando lentamente verso lo specchio d'acqua. Siria si immerse pian piano nell'acqua gelida, portando con sé le creature che aveva aiutato a nascere.
    Non si era resa conto di aver iniziato a sudare copiosamente, concentrata com'era sul compito che le avevano chiesto di svolgere. Avvertì in quel momento il cambio di temperatura e il mal di testa che aveva iniziato da qualche minuto a farla soffrire. Si immerse nell'acqua fino alla punta dei capelli, trattenendo il respiro, sperando di schiarirsi così la mente. Una voce prese a parlare nella sua mente, ordinandole di avvicinarsi alla fila di alberi che circondavano la sabbia. La Black riemerse, notando le sei creature nuotare piuttosto velocemente attorno a lei. Sorrise appena, sfiorando il muso e il dorso di una di esse. Decise di tornare fuori dall'acqua e proseguire con l'esercitazione qualche istante più tardi, stanca di ascoltare gli inviti della voce che parlava nella sua mente.
    Uscita dall'acqua, puntò la bacchetta contro di sé e disse: «Finite Incantatem», annullando l'effetto del Muffiliato evocato qualche minuto prima.
    Con la tuta da combattimento ancora zuppa d'acqua, Siria seguì le indicazioni della voce che rimbombava nelle sue orecchie. Si avvicinò con cautela alla fila di alberi, tenendo la bacchetta pronta, per ogni evenienza.
    Vide una creatura prevalentemente arancione emergere dalla boscaglia. Varie sfumature di marrone, beige e arancione si inseguivano sul suo corto pelo, dandole le sembianze di una fiamma a quattro zampe. Il calore che emergeva dalla sabbia faceva apparire tremolante la creatura - fiamma, così come l'aveva soprannominata Siria - che sembrava osservarla con astio.
    Qualche attimo dopo, senza nemmeno lasciarle la possibilità di capire se si trattasse di un esemplare femmina o maschio, le saltò addosso, puntando contro di lei dei lunghissimi artigli piuttosto robusti. Siria si gettò di lato, dimenticando di essere una strega. Atterrò con una capriola sulla sabbia, facendo leva sul braccio che non teneva la bacchetta, memore delle giornate passate a fare la lotta con i suoi genitori, durante l'infanzia. L'aveva mancata per un pelo, ma non sarebbe stata fortunata ancora per molto, doveva trovare una soluzione. Essa giunse lampante, grazie a un riflesso.
    Ma sì! L'acqua!
    Quelle creature odiavano gli ambienti freddi e adoravano, invece, gli ambienti caldi e umidi. Decise in quell'istante, mentre la creatura tornava a saltare verso di lei, di costringerla a fare un tuffo in acqua. Tuttavia, impiegò qualche istante di troppo a realizzare quale fosse l'incantesimo da utilizzare. La creatura la prese di striscio, affondando uno degli artigli nel braccio della Corvonero. Oltre al dolore fisico, Siria avvertì distintamente le forze abbandonarla, poco a poco, mentre la creatura saldava la presa su di lei.
    «Merda...» Mormorò, mentre scivolava verso la sabbia poggiando un ginocchio a terra. Sentiva le forze abbandonarla, ma se c'era una che non avrebbe lasciato accadere era farsi salvare da un manipolo di sciocchi ricercatori. Alzò la bacchetta, respirando velocemente a causa della temperatura che si era alzata di qualche grado ancora, e con un movimento secco e deciso, esclamò: «Stupeficium!»
    Un lampo spedì la creatura incandescente a qualche metro di distanza.
    Siria riprese a respirare, abbassando lo sguardo sulla sabbia per un istante soltanto. È ora di combattere, si disse, rialzandosi in piedi.
    Il suo sguardo mutò all'istante. Odiava ciò che era costretta a fare entro le quattro mura di Hogwarts, ma aveva giurato a sé stessa, quando aveva visto i suoi genitori morire e sparire sotto i suoi occhi, che avrebbe lottato con tutta sé stessa in ogni situazione. Quella era una di quelle situazioni. Certo, era in un ambiente controllato, sicuro per gli standard di Hogwarts, ma nella sua mente, quella creatura costituiva una questione di vita e di morte. Non si sarebbe lasciata ferire ancora una volta.
    Avvertì ancora il corpo tremare e sentì distintamente il sangue scivolarle lungo il braccio ferito. Puntò la bacchetta contro il braccio sinistro ed eseguì un Incanto Fasciante, per evitare di aggiungere la perdita di sangue al caldo insopportabile e agli effetti provocati dal contatto con la creatura. Una stretta benda dello stesso colore della sua divisa si avvolse velocemente attorno al suo braccio e arrestò l'emorragia. Il dolore le avrebbe fatto compagnia, ma a quello era abituata, ciò che non riusciva a sopportare era il caldo che la avvolgeva. Doveva sbrigarsi e sbarazzarsi di quella creatura al più presto se non voleva svenire per il caldo.
    La vide rialzarsi e osservarla con gli occhi neri, accesi dalla ferocia. Doveva sicuramente essere un esemplare femmina, quello che la stava fronteggiando, col volto quasi triangolare e le orecchie ritte sul capo, perennemente voltato verso di lei. La tenne d'occhio per qualche istante, poi, senza darle il tempo di provare ad attaccarla, puntò la bacchetta contro un mucchio di sabbia che si trovava accanto alla creatura e lo sollevò con un «Wingardium Leviosa!», poi, muovendo velocemente il polso a mo' di frusta, gliela gettò contro, sferzandogli il volto più volte.
    Non ottenne molto, se non di far indietreggiare la creatura ancora di un metro. Ancora qualche passo e si sarebbe trovata a contatto con l'acqua.
    Il battito del cuore ormai accelerato e la vista annebbiata, le fece capire che era il caso di concludere l'esperimento il prima possibile; era tempo di passare alle maniere forti.
    Puntò ancora la bacchetta contro la creatura e si concentrò sulla magia che sentiva dentro di sé. La concentrò sulla mano, attorno alla bacchetta e, con uno sguardo che l'avrebbe disgustata se si fosse guardata allo specchio, pronunciò: «Stupeficium!».
    La creatura volò direttamente nell'acqua e iniziò a guaire. E che nessuno mi venga a dire che non provo pietà... no, non ucciderò una povera creatura, nemmeno se è ciò che essi sperano con tutti loro stessi. Sarebbe stato diverso se le avessero espressamente chiesto di farlo, ma, visto che le avevano lasciato una scelta, aveva preferito optare per l'incantesimo meno violento.
    Con la mente persa nei suoi pensieri, osservò la creatura nuotare disperatamente fino a giungere in riva e, una volta toccata la sabbia, la vide fuggire nel bosco, abbandonando il campo di battaglia. Con un sospiro, Siria si immerse nuovamente in acqua, alleviando il calore che la tormentava. Con la sparizione della creatura, la temperatura si era notevolmente abbassata. Solo quando la temperatura interna tornò nella norma e il mal di testa, provocato dal caldo, venne alleviato dall'acqua fredda, Siria tornò a nuoto verso la porta dalla quale era entrata e si ricongiunse con i suoi compagni di classe.

    role code made by effe don't steal, ask



    Chiedo venia per il poema e spero di non aver scritto un mare di c****te
    Ovviamente, la mia PG ha fatto schiudere le uova e ha affrontato le creature.
    La zebra sirena è stata soprannominata: Sibra vedi che le ship servono a qualcosa, Siria?
    La creatura terrestre, invece: Lasairean (ovvero Fiamme in gaelico, se i traduttori non sparano cavolate.)
     
    .
  2. #raiden
        +1    
     
    .

    User deleted


    Raiden Norrey ( ) - V anno - Ravenclaw - neutrale - 16 anni
    « wit beyond measure is man's greatest treasure »
    Cose davvero magiche, davvero. Raiden non co credeva ancora, quando salì sull'Adamans. Guardò Tiffany. Negli occhi del Corvonero si vedevano eccitazione ma anche dubbio. Come poteva esistere? Esisteva solo nella sua testa..! E invece no. Era viva. La poteva toccare. Il professore lanciò un incantesimo che li racchiuse in una bolla. E s'immersero, dopo l'ARI ARI della creatura. Proprio come l'avevo inventata io, pensò in un fremito d'emozione.
    Attraversarono i fondali marini, vedendo gli abissi del Lago Nero. Come gli acquari che aveva visto con papone. Con un pizzico di nostalgia e un sorriso ricordò quando papà Rick aveva gettato un urlo terrorizzato quando uno squalo s'era avvicinato a lui con le fauci spalancate, oltre i vetri del gigantesco acquario. Raiden non riuscì a smettere di ridere mentre la gente si affollava per assicurarsi che “il signor Norrey, Richard Norrey” stesse bene, nonostante lo spavento. Là però non c'erano squali. C'erano tritoni e sirene, avvincini e pesci grigi o neri. Un avvicino si avvicinò alla bolla, guardando Raiden con i suoi occhi malevoli. Raiden distolse subito lo sguardo, deglutendo. Creatura devota a Satana.
    Tutto divenne improvvisamente buio. Un cunicolo sottomarino? «Che figata!» si lasciò sfuggire, lasciando che un sorriso allegro e divertito gli colorasse il volto. Con quel professore poteva permetterselo, ma non con certi altri. Tipo la Queen, per intenderci. Dopo qualche minuto spuntarono fuori dal passaggio sottoterramarino #wat e si ritrovarono in mezzo al nulla, in un oceano di acqua sconfinato. Il professore diede loro della Passaporte. Quando tutti le ebbero in mano, queste si illuminarono di una tenue luce bluastra.
    Ciao treno Adamans.
    Un gancio immaginario gli afferrò l'ombelico. Sentì un dolore lancinante alla pancia. Immediatamente sentì tutto girare attorno a sé. Sentì la terra sotto i suoi piedi abbassarsi. Tutto si fuse in un unico, pazzo e travolgente movimento vorticante che deformava tutto, rendendo tutto irriconoscibile. Poi il dolore alla pancia cessò, mentre Raiden sentiva i biscotti salire su per la gola dallo stomaco. Stava per vomitare; tutto finì definitivamente e si ritrovò in mezzo al deserto. Ma lui si sentiva ancora male.
    Strinse il braccio di Eleanor, piegandosi on due e portandosi una mano sul pancino con l'espressione di un cucciolo ferito e preso a bastone a morte. Sentiva lo schifo risalirgli lo stomaco, raggiungendogli la gola. Stava per aprire la bocca e vomitare quando, magia delle magie, gli passò tutto (meno il forte mal di testa). Eleanor gli faceva pat pat sulle spalle. Lui per sicurezza restò attaccato come una cozza alla sua concasata, mentre il prof Vik faceva discorsi filosifici fighi.
    Poi apparve un uomo-cammello.
    «Oh mio santissimo Merlino di tutti i biscotti cos'è quel coso» disse tutto d'un fiato, lasciando andare il braccio di Eleanor. Era una figata, quella creatura. Mai vista. E il prof spiegò pure il perché: era stata ricreata, come l'Adamans. Ma il Raiu Giamal (o come si diceva, maledetti nomi arabi) era stato creato da Dakota. Raiden vide sulla faccia del suo amico rosso lo stesso stupore che aveva colorato la faccia di Rai stesso alla vista dell'Adamans Canterina.
    Seguirono la creatura dal nome strano.
    Terremoto. Omg moriamo.
    Luce. Omg il paradiso.
    Laboratori. ... Ora ho davvero paura.

    La prima parte della lezione andò a gonfie vele. Tranne che per un piccolo insignificante dettaglio (insignificante, sì... non per Jeremy): MIO FIGLIO JEREMY POTEVA MORIRE! A Raiden già si erano attorcigliate le budella quando aveva visto Jeremy togliersi il mantello dell'invisibilità e avvicinarsi a quelle creature di fuoco. E beh, un cucciolino si fece accarezzare da lui... facendo sì che Jeremy attirasse l'astio di tutto il branco, che gli saltò addosso.
    Raiden rimase paralizzato in quel momento, il volto divenuto una maschera di puro terrore, gli occhi spalancati e la bocca aperta. Vide della bava colare sulla mano di Jeremy, che tremò. Capì che quella bava aveva poteri magici, okay (si poteva già capire dagli scoiattoli), MA IDDIO SANTO NON JEREMY, quella era una maledetta lezione. Okay, sapeva che la colpa non era del professore, dato che la lezione era stata organizzata dalla maledetta Confederazione Internazionale. La colpa era dei Mangiamorte, che volevano... testare le loro abilità?, capire quanto a lungo sarebbero sopravvissuti?
    E proprio in quel momento si udì un imperioso e irato “ARRESTO MOMENTUM!”. Raiden l'aveva già sentito, quel tono deciso velato da un profondo istinto di protezione. Viktor ci teneva ai suoi studenti, forse in particolar modo agli Hufflepuff, di cui era il direttore. Guarì la mano di Jeremy, avendo bloccato le volpi di fuoco. Solo in quel momento Raiden si ricordò che, beh, era rimasto imbambolato. Si affrettò a togliersi il mantello, avvicinandosi a Jeremy, il volto segnato da una profonda preoccupazione. Lo guardò, mordendosi il labbro. Il suo sguardo passò al professore, il cui volto era sereno. «Tutto a posto... vero?» chiese con una leggera nota d'ansia nella voce, guardando le volpi con le fauci spalancate, immobilizzate.
    Vide ciuffi di pelo di scoiattolo fra i denti. Che schifo.

    Jeremy scrisse la relazione, da bravo bambino qual era. Dettarono Siria, Raiden e Eleanor, perché erano loro i Corvonero e volevano vincere tanti punti. Se avesse scritto Jeremy, avrebbero guadagnato il minimo, se non di meno. Cioè, dai. Jeremy. Il fatto che sia fratello in Lele di Isaac #wat ci fa capire quanto sia inaffidabile fidarsi di lui.
    Ok, ritorniamo a cose serie.
    All'una pranzarono e Raiden stranamente si chiuse in un guscio, mangiando solo un po' di biscotti pane e una cotoletta. Per il resto fu piuttosto schivo: parlò solo con Jeremy e Eleanor, chiedendo se fosse tutto a posto. Non era schivo di per sé, stava solo riflettendo su quei laboratori. Perché avevano creato quelle creature? Perché li stavano facendo esercitare su di esse? Era giusto fare quel tipo di sperimentazioni? Quasi non si accorse del professore che gli chiedeva se fosse tutto a posto, ma la sua attenzione fu completamente risvegliata da quattro scienziati. Tutti mutilati in modo orribile.
    Quello che accompagnava i fiamma era un nano dagli occhi azzurri e freddi. Un nano, era già di per sé qualcosa di anormale. Ma c'era pure un naso orribile: questo rendeva quell'essere qualcosa di disumano, quasi mostruoso. Un naso grandissimo con una ferita richiusa su se stessa che tuttavia faceva venire il voltastomaco. E poi, i capelli se li lavava? Erano color fieno sporco, tutti spettinati e disordinati. Orrore.
    Un altro percorso labirintico. Corridoi bianchi, corridoi di vetro, aule, laboratori, scienziati in camicia bianca, cose. Tutto pulito e ordinato. Forse fin troppo. Infine arrivarono in una stanza bianca, abbagliante. Tutto completamente bianco; a stento si distinguevano le porte, anch'esse bianche, dai muri bianchi. Bianco il pomello e bianca la serratura. Bianco il pavimento. Bianco tutto, anche il camice del dottore. Solo le loro divise erano scure. Raiden si sentì a disagio. Cosa li aspettava? Lo scienziato nano consegnò loro delle tabelle e disse che bla bla, cose proprio interessanti. Raiden lesse la tabella, memorizzandole meglio che poté, poi la infilò in tasca.
    “Non dovete necessariamente uccidere la creatura a voi assegnata, sia chiaro, ma potete farlo”. Fu l'ultima cosa che sentì. Non vide il ghigno, ma ne rimase profondamente schifato. Che essere immondo. Aprì la porta e varcò la soglia, mettendo piede nel nuovo micromondo.
    Sempre se mettere piede vada bene per indicare un tuffo.

    «PER IL BIKINI DI MORGANA».
    SPLASH.
    Sì insomma, divertente, ah ah ah. Sta ridendo, non si vede? Non appena fosse salito avrebbe ammazzato a suon di botte quel nano della malora. Fece di tutto pur di ritornare immediatamente a galla. Mosse subito le gambe, portando lo sguardo all'insù, verso la superficie cristallina del mare. La sia testa uscì dall'acqua. Quell'acqua era maledettamente gelida. Decise di muoversi - fortuna che sapeva nuotare - per riscaldarsi un po'. Poi si chiese perché fosse in quel maledetto mare.
    Sentì che respirare gli dava fastidio.
    Wtf.
    Sentì l'impulso di tuffare la testa sott'acqua.
    E doppio wtf.
    Riusciva a respirare. Si portò due mani al collo. Cose ruvide, delle fessure, gli spuntavano ai lati del collo. Sono un pesce. Fece i versacci sott'acqua facendo poi uscire bolle dalla sua bocca: glub glub glub. Poi si ricordò che no, quell'Algabranchia gli avevano data per un motivo, non per gioco. Forse era meglio continuare, mh? A fare cosa?
    Yuk, bella domanda.
    Decise di esplorare il finale marino. Così, per cazzeggio in realtà. Non aveva idea di cosa dovesse fare. Doveva aiutare delle uova a schiudersi, okay. Ma quali? Dov'erano? Dovevano essere nere, screziate di bianco. Così diceva la tabella che gli avevano dato (ora probabilmente quel foglio nella sua tasca era ridotto a poltiglia, bagnato e illeggibile). Non trovò nulla nei fondali (nemmeno la creatura dell'uovo, né cucciola né adulta): non c'erano pesci. L'acqua in effetti non era così profonda. E Raiden sapeva che il suo compito era far schiudere le uova, non studiare il mare.
    “Vai sulla spiaggia”. Omg da dove veniva quella voce? Da dentro le sue orecchie! Prima il tatuaggio sul braccio che gli avevano fatto chissà come, poi l'Algabranchia che aveva assunto chissà come, ora la voce che gli ronzava dentro le orecchie chissà come. Cominciava ad inquietarsi sul serio. Nuotò fino alla riva, mettendosi in piedi in prossimità di essa, con l'acqua che gli arrivava alle caviglie. Faceva piuttosto caldo ma si poteva stare lì fuori. Era bagnato come un pulcino, però se ne interesso poco. Si volse a guardare il mare. Era di colore verde acqua, trasparente e senza schiuma. Dovevano essere così i mari, duemila anni fa.
    La sua attenzione fu poi attirata da sei uova nere. Si inginocchiò verso esse, prendendone una in mano. O almeno ci provò: la sfiorò per poi ritrarre la mano. Era un tizzone ardente! S'inginocchiò sulla sabbia e sentì il ginocchio andare a fuoco. Quella sabbia era rovente. Prima non se n'era accorto, dato che aveva solo camminato calzando le scarpe. «Per le mutande miracolose di Morgana» inveì, ricordando le parole di Oscar a Storia della Magia. «Va tutto bene, okay». No. Tutto bene no. Quelle uova non stavano bene.
    Raiden le osservò meglio. Erano lucide, molto lucide. E nere. Di un nero profondo, di quelli che si vedono solo nel cosmo, guardando verso l'infinito #wat. Tutto quel nero profondo e perfetto era rovinato da quale screziatura di bianco. Tanto petrolio mischiato con del latte. Petrolio con latte. Pura poesia. #wat Mi sto rendendo conto di stare scrivendo più #wat che frasi di senso compitamente compiuto #wat. Ecco, appunto. Voi fate finta di niente, grazie, ciao, smak.
    Raiden si ricordava che quell'animale preferisce il caldo asciutto in superficie, adora il freddo nei fondali del mare. Decise che il posto migliore per schiuderlo era sotto l'acqua. Pertanto puntò la bacchetta sulle uova, dopo essersi rimesso in piedi. Non si voleva scottare le mani solo per tenere quelle uova. Faceva meno male mettere le mani direttamente sopra il barbecue acceso. Ma quanto caldo faceva? Era appiccicoso. Disegnò un cerchio a mezz'aria che racchiudesse le sei uova, poi sollevò la bacchetta in un movimento fluido, il polso rivolto verso l'alto, immaginando di stare sollevando una piuma, immaginando di essere alla sua prima lezione di incantesimi: «Wigardium Leviosa». Le uova fluttuarono in aria, a pochi centimetri dalla sabbia.
    Raiden mosse la bacchetta più in alto, voltandosi. Sentiva gli uccelli. Li aveva visti, e ora guardavano con interesse le uova. Non ci aveva pensato prima, maledizione. Potevano papparsele, quelle uova. Per questo il nascondiglio più sicuro era sott'acqua. Ma mentre erano sollevate? Erano un bersaglio facile! E infatti gli uccelli volarono in picchiata verso di lui, ringraziandolo di aver sollevato le uova, pronte ad essere mangiate per benino. Raiden abbassò fluidamente la bacchetta, interrompendo l'incantesimo in modo che le uova fluttuassero senza cadere bruscamente e rompersi.
    Spostò poi la mira della bacchetta verso la direzione da cui stavano arrivando gli uccelli. Immaginò un sacco di farfalle sdoppiarsi, diventando sempre di più, luminose e fastidiose. Sempre più brillanti, accecanti, esplosive. #wat «Farfallus Explodit!» scandì con un'espressione concentrata e un tono di voce deciso. In un pop sonoro (che già di per sé spaventò gli uccelli) apparvero varie farfalle di diversi colori, tutte luminose ed accecanti. Serviva solo a stordire e confondere gli uccelli. Raiden puntò la bacchetta contro un gabbiano grosso. «Depulso», disse, quasi in un sussurro, temendo di fargli del male. Voleva solo spaventarli, cogliendoli di sorpresa. Un raggio rosso colpì l'uccello, che finì a terra. Mentre cercava di rialzarsi, gli altri uccelli fuggirono, spaventati, mentre le farfalle luminose volavano via. Alla fine il gabbiano si riprese e seguì i suoi compagni. Forse aveva un'ala ferita (o almeno così sembrava, vedendo il suo modo di volare).
    Ritornò presso l'acqua, inoltrandosi in essa. Non poteva più tuffarsi e stare sott'acqua per tanto tempo, dato che l'effetto dell'Algabranchia era svanito. Scavò con un «Defodio» sussurrato (voleva creare solo una piccola buca, non un fossato gigantesco) scavò una piccola tana per le uova, proprio nella parte di riva bagnata dall'acqua che andava e veniva, spinta dalle leggere onde. Con la punta della bacchetta fece rotolare le uova dentro la buca. Quando le mise tutt'e sei nella buca, stette ad aspettare.
    Ma poi ricordò. Adora la musica (specialmente il canto). Mh. Si sedette vicino alla buca, la bacchetta ancora in mano. Non guardò le uova, che di tanto in tanto venivano bagnate dall'acqua fredda (a loro deriva il freddo umido, non il caldo umido, quindi era perfetto). Guardò piuttosto il sole che si avviava al tramonto. Gli venne da cantare, spontaneamente, una canzone struggente. All'inizio era molto incerto, poi fu più sicuro di sé. Tanto era solo con quelle uova. Si era pure dimenticato degli scienziati, del professore, del fatto che quella fosse una lezione. La sua voce era triste e malinconica.
    Quando già il sole era diviso in due, già adagiato all'orizzonte, riflesso per metà sullo specchio d'acqua, sentì dei continui crack interrompere il suo canto. Si voltò a vedere. Non capiva dove fossero le crepe, in tutto quel nero, ma capiva che stavano per schiudersi. Die non si schiusero completamente. Si morse il labbro: forse avevano subito traumi quando li aveva lasciati andare, interrompendo il Wingardium Leviosa. Le altre quattro, invece, si schiusero tutte assieme. Ne uscirono piccoli esseri teneri, delle piccole zebre a forma di cavalluccio marino. Erano completamente nere, ma avevano un musetto coccoloso.
    Raiden avvicinò la propria mano a uno di quei musetti, senza smettere i cantare. Uno di quei pesci-zebra gli si avvicinò, strofinando il musetto sulle sue dita. Adorava sicuramente la canzone. Raiden si fermò. Calò il silenzio. La creatura alzò gli occhi, guardando quelli di Raiden. Raiden pensò ci fosse rimasta male, dato che aveva interrotto la canzone. Tossì, portandosi l'altra mano in bocca. Aveva la bacchetta stretta in pugno, quindi la cosa risultò particolarmente equivoca. Lui arrossì.
    Come puoi imbarazzarti di fronte a un cavalluccio zebra?
    Aveva un modo inquietanti di guardarlo. E all'improvviso riprodusse la canzone che Raiden aveva cantato. Lui ne rimase estasiato, spalancando la bocca. Sentì come se venisse sollevato da qualcosa, come se la sua anima si sollevasse da quel corpo. E sentì anche una confusione bestiale in testa. Le parole di quella struggente e malinconica canzone si mischiarono fra loro, creando un miscuglio di parole indefinite e più incapibili di un tedesco parlato da un arabo con accento siciliano. #wat
    Il suo verso porta alla confusione.
    Se n'era dimenticato.
    Merda.
    Ma riusciva a pensare, era buon segno.
    Provò a muovere la mano con cui teneva la bacchetta. «Silenzio...», disse debolmente, mentre quelle parole si trasformavano in grida e urla, lamenti e gemiti. Tutti provenienti dalla sala torture. Senza volerlo e senza accorgersene, scoppiò a piangere. I suoi singhiozzi si aggiungere a quel mare di suoni. Lui li sentiva, ma non collegava che fossero i suoi. Con la mano poggiata sulla sabbia bagnata, cercò di mirare contro la creatura. «S... Silenc... Silensciò...». Fu pronunciato con poca voglia, poca convinzione, poca lucidità. Un raggio rosa colpì la creatura, che si interruppe solo per un secondo. A quel punto la confusione non aumentò più, ma rimase la stessa. Non diminuì.
    «Silencio, Silencio, Silencio», ripeté più e più volte con voce flebile. Non riusciva a svegliarsi del tutto, si sentiva completamente intontito, fisicamente e psicologicamente. La sua testa e il suo corpo dondolavano. La creatura riprese a cantare. Raiden lo capì solo perché sentiva la confusione aumentare. Il suo corpo dondolò ancora di più, trascinato da quel delirio...
    Dondolava... dondolava...
    A pochi passi da lui, il mare.
    Freddo.
    Gli serviva acqua fredda per risanvire...
    Sotto l'acqua non avrebbe potuto sentire i rumori.
    La priorità fu cadere in acqua, a due passi da lì. Si diede una spinta leggera e il suo corpo era così spossato che cadde subito in avanti, la guancia appoggiata sulla sabbia bagnata e fredda. Arrivò un po' d'acqua che gli bagnò il viso. Grazie a quel fresco, credette che la confusione fosse diminiuta. E invece no, era perché aveva un orecchio tappato, appoggiato sulla sabbia.
    Faticosamente, cercando di non farsi vincere dalla spossatezza, si trascinò sulla sabbia, aiutandosi con le mani, finché la sua testa non arrivò proprio in acqua. Si spostò un po' diagonalmente, in modo da mettersi parallelo alla riva, non perpendicolare rispetto ad essa. E con un sorriso alla bye bitch si diede una spinta con un gomito e rotolò sulla sabbia, finendo in acqua.
    La confusione cessò subito del tutto. Non sentiva più il canto e l'acqua fredda aveva risvegliato tutto il suo corpo. Non aveva la bacchetta in mano, ed era un problema. Leggero. Risolvibile. Si tappò le orecchie prima di uscire dall'acqua, in modo da non sentire il canto di quel pesce del demonio. Notò che gli altri tre intanto già se n'erano andati. Due nuotavano velocemente verso dove l'acqua era più profonda, un altro si era perso a guardare il tramonto, i suoi ultimi istanti. Raiden rivolse la propria attenzione a quello che cantava. Camminò, sempre con le orecchie tappate, verso la riva. Toccò con la punta del piede il pesce, senza dargli calci (non voleva fargli del male!), in modo che smettesse di cantare.
    Proprio in quell'istante che smise, tolse le mani dalle orecchie e si abbassò, recuperando la propria bacchetta in un scatto fulmineo. La puntò contro l'animale e, senza pensarci molto, urlò «SILENCIO!».
    E si sentì una merda.
    L'incantesimo fu forte per quell'animale che rimase, sì, muto, ma fu anche sbalzato via, qualche metro più in là, ancor più lontano dal mare. Ed era coricato per terra. «Non morire, dai», supplicò. Si avvicinò all'animale, inginocchiandosi vicino a lui. Puntò la bacchetta sul suo ventre. «Reinnerva», pronunciò in un sussurro, non sapendo cos'altro,fare. Sarebbe stato più intelligente un Muffliato, così che l'animale non potesse rischiare la vita, ma in quel momento Raiden si sentiva troppo preso da tutto per poter pensare a non fare del male a quella creatura!
    La creatura si rianimò. «Grazie a Merlino!» esclamò sollevato. L'animale, terrorizzato da un altro eventuale attacco, fuggì strisciando più veloce che poteva sulla sabbia e tuffandosi nell'acqua. Raiden alzò le spalle «In effetti un grazie non me l'aspettavo. Scusa piccola, so che non cantavi apposta per confondermi». Sorrise, sedendosi sulla sabbia bagnata, più fredda di quella rovente in prossimità del bosco, e osservò il tramonto, stringendo a sé le gambe piegate, la bacchetta poggiata accanto a sé. Magari quel micromondo era fittizio, ma a lui piaceva.
    Se ne sarebbe andato quando il sole sarebbe scomparso del tutto. Aveva sempre amato i tramonti visti dal mare, che coloravano il cielo e l'acqua di mille colori. Una fine che si annunciava spettacolare, un sole che salutava promettendo di ritornare, più splendente e più raggiante.
    Si levò una leggera brezza fredda. Raiden si strinse ancor di più, strofinando le mani sulle braccia per riscaldarsi. Quando la magia del momento finì, si rialzò a raggiunse la porta a nuoto. Arrampicatosi dmsu di essa, la aprì e rientrò nella stanza bianca, sentendo la stanchezza di quella giornata. Non vedeva l'ora di ritornare, finalmente, a Hogwarts.
    the heart is deceitful above all things,


    Allevo e fronteggio la creatura.
    Piccola modifica: fronteggio e allevo sempre il cavalluccio zebra #wat. Questo perché in realtà so come si fronteggia la seconda creatura (essendo il professore) e non voglio partire avvantaggiata, sarebbe scorretto, mentre neanch'io so come si dovrebbe fronteggiare o allevare un cavalluccio zebra (anch'io, dunque, ho inevtato come avete fatto voi).

    Nome: Seazebra (mentre il cavalluccio marino è Seahorse).

    E basta, è lunghissimo, muoio, ciao.
     
    .
  3. #berqgvist
         
     
    .

    User deleted


    Gruppo Fiamma,
    nella I parte avete studiato

    la SIONTEÁIN

    di Mildred Jean Lamorak
    (Ravenclaw, V anno)


    nella II parte avete allevato

    la SIBRA

    di Hope Mills
    (Hufflepuff, VII anno)


    nella II parte avete fronteggiato

    il DUNTHOS

    di Sharyn Eloise Howl
    (Ravenclaw, VII anno)



    Grazie per aver partecipato, spero vi siate divertiti. Prossimamente pubblicherò i risultati finali e completi sia della lezione sia del concorso. Intanto suggerirei a chi non ha fatto la prima o la seconda parte di fare il compito, che è comunque facoltativo, per recuperare. Maggiori informazioni nell'ultimo post della lezione.
     
    .
17 replies since 9/4/2016, 19:20   539 views
  Share  
.
Top