«did you lose what won't return?»

for blaze/betta ^O^

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  1. roselilian*
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    ROSELILIAN M. EVANS O'BRAN ( ) - 15 - Grifondoro - neutrale (buono) - sensibile e altruista
    «did you lose what won't return? did you love but never learn? no one cares, there's no one there »
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    E' questo che si prova quando si muore quindi pensò Rose mentre si stringeva la coperta di lana al petto e si guardava intorno nella sala comune. Non riusciva a dormire sopra nel suo letto e quindi era scesa lì in sala comune, aveva ravvivato il fuoco del camino e si era sdraiata sul divano, accoccolandosi su un bracciolo e stringendosi le gambe con le braccia. Così forse sarebbe riuscita a dormire, ma appena chiudeva gli occhi riprendeva a vivere quei momenti.
    Sarebbe rimasta volentieri sveglia tutta la notte piuttosto di rivivere quella giornata, ma purtroppo il suo corpo non era d'accordo. Lo stress fisico e psicologico di quella mattina l'avevano spossata ogni oltre immaginazione, dopo la lezione aveva quasi vomitato l'intero pranzo, se non fosse che era riuscita a calmarsi e tranquillizzarsi e conservare un po' della colazione. E ora praticamente gli occhi le si chiudevano da soli, contro la sua volontà facendole rivivere tutto.

    ***


    Non sapeva neanche lei cosa stesse succedendo. Sdraiata per terra provò a rialzarsi, ma si paralizzò per una improvvisa e lancinante fitta alle spalle, chiuse gli occhi respirando a fondo per superare il dolore, si sollevò e messa a sedere, provò a toccare la sua schiena con le braccia, come sospettava sulle spalle la maglia era slabbrata e quando una mano toccò una delle piaghe causata dalla frusta, una fitta lancinante la colpì mozzandole il fiato.
    Dovette evitare di urlare per il dolore, ma non poté evitare di farlo dopo per quello che vide.
    Si guardò attorno pregando che quel che vedeva fosse falso. No, era falso sicuro. Quei corpi a terra non potevano essere veri.
    No no mormorò mentre allungava una mano, che quasi ritrasse tanto era irriconoscibile tutta sporca e coperta di sangue. Si accovacciò accanto al corpo in fin vita del fratello minore. Reg...Reg svegliati...Reg....su su vieni....sv..sveglia...a-andiamo a g-giocare...t-ti faccio tagliare i ca-capelli a P-pinky...SVEGLIATI balbettò,pregò, urlò...fece tutto ciò ma il corpo del dodicenne era davanti a lei, inerme tra le sue braccia, mentre singhiozzava sul suo collo. Il dolore che sentiva era indescrivibile ma ciò non le impedì di agitarsi in preda alla disperazione mentre stringeva il corpo mal ridotto del fratello.Il suo incubo maggiore si stava realizzando. Poi un rantolo le giunse alle orecchie, allora senza sciogliere quell'abbraccio di morte sollevò lo sguardo e fissò il punto da dove era giunto, lì stretti e con le mani giunte c'erano i suoi genitori. I ventri orribilmente squarciati, le braccia piene di tagli. NOOOO urlò il suo dolore, alzandosi e trascinando il corpo del fratello. Non aveva detto addio a lui. Non poteva non salutare anche loro, ma per quanto si sforzasse, i suoi piedi sembravano affondare nel pavimento sempre di più. Quando giunse da loro si accovacciò e strinse le mani fredde dei suoi genitori. Non sapeva come sua madre avesse ancora fiato, ma la sua voce la udì comunque. Rose...va via...porta via tuo fratello. Salvati.
    No no mamma...non me ne vado, non vi lascio qui a morire...no non vi lascio soli...e poi a cosa servirebbe...sarei da sola...no per me non c'è vitabalbettò stringendo il fratello, mentre le si offuscava la vista e sentiva una morsa stringerle il cuore. Sono sola...sola in un mondo che non mi ama, è un mondo malvagio, mamma. Non ci sono portata, non posso sopravvivere...meglio farla finita ora...è tutto inutile. Non sopravviverò è tutto inutile
    Non era in lei, le labbra tremavano per l'ansia e la preoccupazione, aveva i nervi a fior di pelle mentre ogni minimo rumore, ogni cigolio la faceva sussultare.
    Strinse la mano della madre fino alla fine, vide la vita sparire dai loro occhi, i volti stravolti dal dolore e le labbra contratte, ma eppure sembravano sereni. Una lacrima tardiva scorse lungo la guancia della madre, Rose si sporse e la raccolse con la mano tremante.
    Era una semplice goccia, un po' di acqua salata, l'ultimo ricordo di sua madre. Ora erano tutti morti. Ciò che restava era una lacrima amara come la vita.
    Sua madre. Suo padre. Suo fratello, che stringeva convulsamente tra le braccia non sarebbe sopravvissuto. Che senso aveva continuare a vivere, che senso aveva respirare, sentire l'aria tra i capelli, ridere, piangere, giocare, innamorarsi e amare. Nessuno era rimasto al suo fianco, era sola, poteva solo soffrire, di quel dolore patito dai suoi cari, mentre il senso della perdita l'attanagliava nella sua morsa maligna e inesorabile, Rose seppellì le sue lacrime nel collo del fratello, poi con un ultimo sguardo ai suoi genitori guardò l'unica finestra di quella stanza delle torture e portando il fratello con sé si lanciò contro il vetro, cadendo nel vuoto. Era inutile combattere. Era inutile vivere. Era inutile anche solo sperare di vivere una vita normale, sola, senza nessuno che la amasse.
    Era tutto finito. Era meglio così. Sentì il vetro rompersi e le schegge infilarsi nella sua carne. Mille schegge di dolore che la perforarono, l'aria che con la sua gelida carezza le presagiva la sorella morte e poi lo schianto con il suolo. Infine il buio, mentre una sola parola le usciva dalle labbra. Addio

    ***


    Nel sonno Rose si era mossa, raggomitolandosi e stringendo il cuscino, il volto rigato dalle lacrime silenziose e amare di chi sta vivendo un incubo. Era un sonno agitato il suo, pieno di parole sussurrate o urlate mentre dormiva lì nella sala comune.

    ***


    Si era rifugiata sotto un albero, quello che nella sua mente aveva indicato come il loro albero. Sotto il quale lei si era immaginata il ragazzo che le chiedeva di uscire o che le dava un bacio. Aveva sognato ad occhi aperti e ora soffriva. Una sofferenza forse più atroce della tortura. Lì sotto l'albero dove aveva inciso le iniziali della persona che amava, e ora le aveva cancellate con le unghie graffiandosi fino a sanguinare. Non aveva senso tutto ciò. Vivere in un modo che la stava divorando, dove aveva paura di sé stessa, dove non poteva fare affidamento su nessuno e l'unica persona su cui voleva fare affidamento non era disponibile.
    Si strinse le gambe raccogliendole al petto e abbracciandole con le braccia esili. Il corpo era magro, sfinito da quella depressione che l'aveva colta, non ce l'avrebbe fatta comunque, forse sarebbe morta per quello. Non mi ama...non mi amerà mai. si disse tremando come una foglia, scossa da un pianto irrefrenabile. Lì fuori nel buio non c'è nessuno per me...e io sono troppo debole...è meglio...è meglio le costava dirlo ma era la verità. Anche se scomparissi non importerebbe a nessuno...se mi uccido sarà solo felice e dopo quell'affermazione, che prese quel poco di coraggio e di forza che le rimaneva, si alzò, incerta sulle gambe troppo magre e con un ultimo sforzo corse verso il lago. Tra le mani stringeva un oggetto in metallo, era una lama sottile e affilata, in argento che rifletteva la luce morente del sole.
    Alle sue spalle udì quella voce, la voce di quella persona...
    No via...vattene urlò mentre raggiunto il lago guardava quella superficie dorarsi alla luce del tramonto. Il mondo era ancora bello, ma non ai suoi occhi.
    Quando il ragazzo la raggiunse, Rose rimase di spalle ma parlò...nella sua voce gli ultimi briciole di determinazione, faceva finta di stare bene, ma qualcosa si stava spezzando dentro di lei. No...non dire niente...io...io non ce la faccio più...questo mondo mi sta divorando. E' tutto così buio, tutto così crudele. Non ho nessuno...no neppure te, non ce la farei. E' troppo...è troppo da chiedere ad un cuore divorato. si voltò un attimo per guardare negli occhi per l'ultima volta la persona che amava, e lo avrebbe amato così per sempre.
    Non rinunciare Rose...non farlo...non è tutto finito, non rinunciare. diceva il ragazzo...parole che non voleva sentire nulla.
    Io ho già rinunciato a te. urlò la ragazza mentre si piegava su sé stessa per il dolore. Non ho nessun motivo per continuare
    Rose...non rinunciare alla vita sapeva sempre cosa dire, era sempre stato bravo con le parole.
    Io ho già rinunciato a tutto...Niente può essere paragonato al rinunciare a te parlò a sforzo, ogni parola che le costava fiato, dolore e pianto.
    Con gli occhi non aveva mai distolto lo sguardo da lui, fissi nelle sue iridi, avrebbe impresso nella sua mente quell'immagine. Un ragazzo alto, bello, i capelli mossi dal vento, lo sguardo fiero e fiducioso che la guardava senza sapere veramente cosa fare...indeciso? Non credeva Rose...ma alla fine se non l'amava non era colpa sua. Era colpa di sua e solo di Rose. E' colpa mia...non tua, addio...spero che tu sia felice... E fuggì via.
    Quell'oggetto metallico tornò tra le sue mani. Un gesto preciso e netto e il sangue colò copioso. Non avrebbe dovuto attendere molto...la morte non era così lontana. Li starò bene si disse cercando di sorridere, poi tutto divenne così buio che Rose non riconosceva niente...le parve di sentire il suo nome...chiamato nell'oscurità.
    No mi sto sbagliando...non c'è nessuno per me.
    BUT WHEN I HEAR YOU CALL MY NAME I WHISPER THE WORD THAT I NEVER THOUGHT I'D EVER SAY

    ***


    Quando dormiva Rose poteva rivelare tante cose, quanto in realtà fosse debole e piccola e quanto in realtà la sua vita da un anno era diventata così difficile. Il castello la stava opprimendo, portava impresse nella carne le cicatrici di torture immeritate, avevano quasi spezzato la sua vita, il suo cuore e la sua anima, eppure quando dormiva riusciva ancora a somigliare ad una bambina. Il volto imbronciato dall'incubo era avvolto dai capelli rossi che cadevano scomposti sulle sue spalle e sul volto. Le guance erano rosse perché si era agitata, un piede solitario faceva capolino dalla coperta, a stento coperto dal calzino. Rose era sempre stata piccola di statura, ma mai come in quel momento quella caratteristica era evidente agli occhi di ci la fissava dall'esterno. Il suo sonno agitato, rischiava di farla cadere dal divano, ma anche se fosse successo forse non ci avrebbe fatto caso. Non c'era nessuno nella torre che poteva capirla o aiutarla. Le mani erano strette a pugno, le dita che si stringevano con forza, quasi come ad imprimere le unghie nella carne, sembrava quasi compiere gli stessi gesti disperati del suo incubo, nella vita reale.


    the heart is deceitful above all things,


    Let's go Puffolaro u.u
     
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  2. blaze¨
         
     
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    OSCAR "BLAZE" FRASER ( ) - 16 - GRYFFINDOR - CATAFRATTO - QUIDDITCH CAPTAIN
    « But no one, no nobody can give you the power to rise over love,
    over hate, through this iron sky that’s fast becoming our mind »

    Il vociferare profilero nella stanza condivisa di incantesimi e arti oscure aveva contribuito, se possibile, ad acuire il profondo mal di testa che il giovane Fraser ancora provava dopo l'incanto oscuro che gli era stato fatto. L'incantesimo curativo era stato utile per bloccare la maledizione, ma ne sentiva addosso ancora i postumi, sentiva sulla pelle il sudore freddo che gli aveva causato il dolore, aveva le mani sporche di sangue ed il cervello che sembrava essere stato posto in una pressa e schiacciato senza pietà. Sentiva la febbre, la stanchezza cronica pervadergli le membra. Non era solito sentirsi stanco, né ammalarsi, ma quando accadeva, anche solo un po', Oscar era in grado di farne un dramma divenendo un bambino lagnoso e bisognoso di cure e attenzioni. Ma non poteva certo lagnarsi con Bells, che era stata male come lui, ne poteva farlo con gli altri, che avevano avuto lo stesso trattamento. Ciò che voleva, più di ogni altra cosa, era di andare a sdraiarsi da qualche parte e morire. Ok forse morire non proprio, ma era stanco morto. Si era anche ripulito le mani sporche del suo sangue con un incantesimo gratta e netta, aveva salutato tutti e si era allontanato dall'aula con il proprio gruppo di amici. Avevano commentato varie cose ma risultava ovvio come tutti fossero ancora scossi da quella lezione. Poi un po alla volta si erano dispersi, ed erano rimasti solo lui e Bells. Stai bene? Glielo aveva domandato almeno dieci volte e lei aveva risposto sempre di "No", ma il povero Blaze era troppo stanco al momento per capire se stesse dicendo di no perché il suo corpo aveva bruciato tutto il veritaserum o se stesse male sul serio. Nel dubbio però, lei gli aveva fatto capire che preferiva stare sola ed era perfetto perché anche lui preferiva così: per quanto amasse essere accudito quando stava male, al tempo stesso preferiva non farsi vedere abbattuto, non voleva che lo vedessero cedere. L'aveva lasciata alla base della torre dei Corvonero e dopo essere uscito fuori dal castello per prendere aria e provare a riprendersi, si era reso conto che le braccia tremavano come mai era successo in vita sua. Nemmeno gli sforzi numerosi durante gli allenamenti lo avevano mai abbattuto così tanto, eppure conviveva con una maledizione ogni giorno, faceva parte di lui ed aveva assorbito ogni aspetto del suo essere. Infine, sconfitto, aveva optato per pranzare qualcosa molto velocemente e poi per la sua Sala comune. Se non altro avrebbe potuto provare a riposare. La parola d'ordine aveva dato accesso alla Sala dei Grifondoro che risultava in penombra nonostante fosse solo pomeriggio, il fuoco nel camino scoppiettava illuminando e riscaldando la stanza e per il resto c'era silenzio. Si sarebbe seduto sulle poltrone della Sala, giusto per riposarsi un po', contando di essere solo, ma qualcosa si mosse sul divano facendogli comprendere che così non era, ed in effetti avvicinandosi alla spalliera della poltrona e mandando oltre lo sguardo riuscì a riconoscere un batuffolo sul divano. Roselilian, probabilmente sfatta dalla lezione, si era appisolata sul divano con tanto di coperta. Sorrise tra sè, mentre lei iniziava a parlare e decise che, alla fine, farsi i fatti suoi non era un crimine. Forse era anche questo che significava "fare salotto" (?) Si posizionò su una poltrona non troppo distante dal divano, poggiando la schiena contro la spalliera morbida e color rubino, non senza una smorfia di dolore. Chiuse per un attimo gli occhi, senza evitare di ascoltare le sue conversazioni tragiche. Morte, abbandoni, tutto ciò di cui una persona può avere il terrore, l'aveva visto materializzare dinnanzi ai suoi occhi. Si era convinta di essere sola, ma era ovvio che si sbagliava...dai, era Rose! Era carina e simpatica con tutti - o quasi - forse con lui faceva eccezione alle volte, ma era comprensibile. Alla fine, forse per pietà perchè gli dispiaceva che stesse rivivendo quelle visioni in un incubo, o perchè avrebbe preferito riposare senza le sue tragiche rivelazioni si sporse in avanti e con la mano andò a picchiettarle leggermente la guancia, ma parve più una carezza, non sapendo bene come svegliarla. Lilian...L..Lily? Dai sveglia...Alla fine la ragazza riaprì gli occhi ed Oscar si ritirò su, ripoggiandosi contro la poltrona dinnanzi a lei. Sorrise vedendola spaesata. L'ultima volta che mi sono addormentato così sul divano della Sala comune mi sono risvegliato con i baffi. Rise, e no, non erano disegnati, erano baffi veri, i suoi amici erano davvero parecchio simpatici, ma la piccola Rosie poteva stare al sicuro, nessuno l'avrebbe toccata probabilmente. Si chinò in avanti per levarsi gli anfibi e tirò su le gambe, per metterle incrociate sopra quelle rannicchiate di Rose. Questa lezione ti ha distrutta, constatò guardando verso il fuoco appena distante da loro, desiderando ardentemente una sigaretta che non poteva avere. Non le domandò scusa per quell'invadenza, mentre con un piede molesto le picchiettava la coscia da sopra la coperta. Dai, aveva confidenza con lei, non doveva mica chiedere! Ma stanno tutti bene... Ricercò il suo sguardo assonnato mentre provava a riportarla alla realtà, ricordandole che il fratello stava bene, che tutti stavano bene, perchè sapeva che lei ci teneva. Con la mano cercò il proprio pacchetto di sigarette dalla tasca del pantalone ma non poteva fumare, non davanti a lei nello specifico... Infine, ricordò le sue parole e corrugò le sopracciglia. Chi stavi lasciando per l'esattezza? Un sorrisetto divertito appariva sulle sue labbra, era curioso di sapere un po' di fatti suoi, non ricordava che lei avesse un ragazzo, ma magari era solo molto riservata a riguardo...chissà chi portava nei boschi la piccola Rose #wat. "Io ho già rinunciato a te!" Ripetè, allora tentando di nascondere l'aria divertita che portava con sè. #stronzo In fondo...lo faceva per lei, era convinto che quel ricordo potesse essere meno doloroso degli altri, sicuramente meno della morte del fratello, ma non era nessuno per dirlo con certezza. Comunque delle sue parole aveva sicuramente capito poco e niente...#stupid
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  3. roselilian*
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    Sentiva di star cadendo, come se quello che era in realtà un sogno si stesse trasformando in realtà. Quello che sentiva sul viso era veramente il vento, e i brividi che le scorrevano sulla schiena era davvero freddo? Non era un sogno? Davvero stava precipitando giù dalla torre, o stava morendo dissanguata sulle rive del Lago Nero.
    Anche se nel sogno, Rose riusciva a distinguere la sé stessa della visione da quella reale, sapeva di non voler morire, ma il pensiero di essere capace di farlo, di essere in grado di togliersi la vita l'atterriva e forse la terrorizzava più dell'idea stessa. Dove era finito il suo istinto di sopravvivenza? Dove era andata a finire la sua joi de vivre?
    Le sembrava quasi che qualcuno la stesse chiamando per nome. Forse era ancora un sogno? Dopotutto lì sulla riva del lago non sperava che la persona per cui aveva compiuto quel gesto tanto disperato le corresse dietro e la salvasse?
    Eppure la voce che la chiamava non sembrava provenire dal suo sogno piuttosto dall'esterno, da un'altra dimensione.
    Percepì un leggerissimo tocco sulla sua guancia, un leggerissimo picchiettio, che sembrava quasi una carezza leggera.
    Lilian...L..Lily?
    Si qualcuno la stava chiamando.
    Dai sveglia...
    Quando con calma e ancora un po' spaesata, intontita dalle nebbie del sonno, la ragazza riaprì gli occhi vide Oscar "Blaze" Fraser leggermente chino su di lei, era lui che l'aveva svegliata.
    Si ritirò su, sistemandosi sulla poltrona, confusa dalla situazione a causa della sonnolenza che avrebbe impiegato qualche minuto a sparire, si massaggiò gli occhi, li chiuse qualche istante strizzando la fronte, forzandosi di reprimere uno sbadiglio. Mentre lei cercava di riconnettersi con la realtà, Blaze nvece blaterava qualcosa sul fatto che una volta si era svegliato con i baffi, non ancora completamente sicura di voler aprire bocca la ragazza represse a stento una risata, che parve quasi un colpo di tosse, poi però si concesse di ridere anche lei. Immaginare Blaze con i baffi era un ottimo modo per tornare a ridere.
    Lo vide sistemarsi per bene sulla sua poltrona, arrivando a incrociare le gambe distese sulle sue rannicchiate, un gesto abbastanza confidenziale, ma tenendo conto che si conoscevano da quando Blaze e il fratello erano ancora bambini, Rose non ci diede tanto peso. Questa lezione ti ha distrutta,
    La constatazione più ovvia che Oscar Fraser poteva fare. Roselilian per tutta risposta mugugnò qualcosa di incomprensibile, poi voltò il viso rivolgendolo al fuoco del camino, lasciando che il calore del fuoco mascherasse un po' il suo viso, le lacrime che sembravano tornare a fare a gara nei suoi occhi, come se la prima a scendere potesse ricevere un premio.
    Sperava vivamente che il ragazzo non notasse il suo naso leggermente spruzzato di lentigini arrossarsi a causa del pianto represso, o del viso che comunque appariva stanco e sfinito.
    Sperava che Blaze veramente lasciasse perdere tutto, ma andiamo stavamo parlando del ragazzino che da piccola la perseguitava chiedendole se era vero che le bambine avessero le tette o la vagina - era anche capace di chiederti posso vedere altrimenti non ci credo - e ora la stava picchiettando sulla gamba con il piede. C'era qualcosa da dire a vantaggio di Oscar, era una persona per lo più sincera e poi conosceva Roselilian da anni, conosceva la sua famiglia, conosceva suo fratello, sapeva quasi tutto visto che ad Inverness vivevano alla distanza di uno sputo, e non stava esagerando.
    Ma stanno tutti bene...
    La sua voce, quell'affermazione, la riportò alla realtà, come se sapesse che dentro la sua testa si stava combattendo una guerra apocalittica volta a stabilire la veridicità della sua visione. A quella piccola accortezza Rose sorrise al ragazzo, un sorriso quasi vero e che arrivava agli occhi, ma non era il suo classico sorriso, era più l'ombra, il fantasma di quello che soleva rivolgere alle persone a cui - alla fine, molto in fondo, dopo metri di occhiatacce e piccoli diverbi - voleva bene. Già, lo so...so che...che era f-finto affermò la ragazza, rassicurando forse il ragazzo che non era ancora uscita totalmente di senno e sapeva ancora riconoscere il reale dal non reale. Eppure era parso tutto così vero, che sentiva ancora sulla pelle la lama del coltello o il vento sulla pelle.
    Sperava che Oscar fosse arrivato in ritardo e non avesse in realtà veramente assistito a tutto o che al massimo fosse così gentile da non andare oltre, di non indagare oltre, ma come già detto prima era di Blaze Fraser di cui parlava e con cui stava parlando.
    Chi stavi lasciando per l'esattezza? "Io ho già rinunciato a te!" aveva chiesto mimando anche una delle frasi del sonno, che evidentemente aveva pronunciato ad alta voce.
    Era anche comparso un sorrisetto divertito sulle sue labbra totalmente all'oscuro di ciò che aveva appena chiesto o portato nuovamente all'attenzione della sua mente. La parte del suo incubo che meno comprendeva e di cui aveva più paura, forse.
    Improvvisamente avvampò, mentre nei recessi della sua mente, ricercava con una parvenza di logica una risposta da dare, ma il suo cervello ancora annuvolato dal sonno e dalla stanchezza non sembrava voler collaborare e si era limitata ad una serie di affermazione del tipo Ah...eh...ehm e che si erano concluse con lei che si grattava la testa.
    Sinceramente non lo so mormorò alla fine, stanca anche solo di dover cercare di dare una spiegazione. Non era di certo il suo migliore amico, anzi Rose non credeva di averne uno, e forse proprio per questo Oscar Blaze Fraser poteva essere considerato alla stregua del suo migliore amico #wat o era il fratello, a volte li confondeva, spesso temeva di star parlando con Chris e non accorgersene.
    Senza scherzare aggiunse la ragazza passandosi una mano tra i folti capelli ramati allontanandoli dagli occhi, ricordo solo la sensazione di abbandono...credo...credo che in quel sonno io fossi innamorata di qualcuno, non so chi, ma lui non mi ricambiava e forse ero caduta in depressione, o forse sono uscita di senno...so solo che si bloccò sollevando le braccia da sotto la coperta e guardando i polsi sottili ovviamente integri senza segni di violenza o tagli. So solo che mi sono sentita abbandonata, senza nessun motivo per andare avanti e ho fatto qualcosa di impensabile mormorò, forse più rivolgendosi a sé stessa che al ragazzo che aveva davanti.
    Non aveva neanche il coraggio di dire ad alta voce che si era tagliata le vene, che si era tolta la vita da sola lasciando che il sangue bagnasse le rive del lago.
    Da un lato temeva così tanto che quello che in realtà fosse una visione in realtà poi potesse realmente accadere. E se fosse stata veramente capace di farlo? Si conosceva abbastanza per dirlo? Per dare una risposta certa? Si o no?
    Con la punta delle dita, riscaldate dal tepore della stanza, sfiorò i punti in cui la lama doveva aver aggredito la carne, affondando in essa e dando vita a quella morte lenta ed inevitabile. Sentì il sangue pulsare sotto le dita, la pelle era liscia e intatta in quei punti. Le ritrasse poi quasi scottata, timorosa di ferirsi per sbaglio.
    Sapeva che Blaze per qualche motivo sembrava dire sempre e solo la verità, forse avrebbe potuto dare lui una domanda alla sua domanda, che come un trapano le feriva le tempie, distruggendo le sue sicurezze.
    Bla' sussurrò richiamando - non lo chiamava mai così ma in quel momento tornare bambina - e fissò le iridi smeraldine sul volto del compagno di casata. Secondo te...io...io sarei....in grado di to-togliermi la vita? domandò.

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  4. blaze¨
         
     
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    Poteva capire il suo stato d’animo, lo capiva, ma non era certo di comprenderlo a pieno. Era un tipo piuttosto individuale ed introverso per quanto riguardava i sentimenti, anche se forse non si sarebbe detto, vedendolo, eppure Oscar Fraser non era solito condividere con altri esperienze di vita toccanti, né era abituato a sentire qualcuno parlare delle proprie, se non per le persone più strette.
    Stanno tutti bene, lo hai detto tu, quindi tranquilla. Forse si era spinto un po’ troppo oltre con la curiosità, ma...nah, dai, la curiosità non era mai troppa, ed Oscar era la persona più curiosa su questo pianeta, ma sapeva avere anche tatto delle volte – più spesso di quanto pensasse di sé stesso, in verità - quindi decise di non scendere nei particolari della questione chiedendole se avesse da poco superato una perdita, per esempio. Solo questo avrebbe potuto giustificare il suo stato d’animo ed il suo lanciarsi in balia di pensieri tanto scuri, ma… non lo fece. Non era uno psicomago, era convinto di non essere nemmeno in grado di tirare su il morale di una persona con discorsi importanti, non era da lui. Poteva ascoltarla, questo sì, ed era questo che stava facendo in quel momento, seduto a poca distanza da lei, nella poltrona distrutta di Grifondoro. Il pensiero di Rose, così disperata, lo aveva punto sul vivo risvegliando quella parte di sé spesso assopita, - parte che il Cappello parlante sembrava aver visto in tutto il suo estremo splendore il giorno dello Smistamento - l’altruismo. Una dote rara, che aveva espresso solo quel giorno di settembre di tanti anni prima, giusto per fregare il Cappello e che poi si era premurato di reprimere per il resto dei suoi anni, o almeno così gli piaceva credere. Quella dote che poco si addiceva al moro, quel pomeriggio sembrò riuscire prepotente come un fiume in piena, mentre soffermava lo sguardo su Rose e lo lasciava ad osservarla, studiarla. Tutti possono suicidarsi, ciò che posso dirti è che devi rimanere in forze per proteggere chi ami. Se ti deprimi non riuscirai a proteggerli e se ti uccidi non fai del male a te stessa ma a chi rimane. E tu non vuoi fargli del male, no? Senza contare tutte quelle cazzate sul fatto che la vita va vissuta...sbuffò. Per me, se non si vuole vivere, il suicidio è la soluzione migliore, ma anche la più codarda. Il coraggio è di chi rimane. La vita fa schifo, questa è la verità. Sollevò le spalle, rimanendo ancora ad osservarla, assottigliando lo sguardo e pensando a qualcosa, qualcosa che non faceva mai per nessuno e che dimostrava davvero tutto l’altruismo che poteva provare. Sai cosa ti dico? Hai bisogno di una Catafrattata vera. Annuì tra sé e riportò le spalle dritte a contatto allo schienale della poltrona. Una serata con i miei amici, vedrai che la voglia di suicidarti passerà. Oppure lo farai subito, ma… almeno ti levi il dubbio! Non c’è niente di più brutto che vivere la vita con i dubbi, non credi? Avrebbe voluto concludere quel discorso con un “stavo scherzando, dai” Ma non stava scherzando, solamente credeva che Rose, dopo una serata in sua compagnia, avrebbe pensato a tutto meno che a suicidarsi. Ne era sicuro, come era troppo sicuro di tante cose, in quella vita. Ed intanto la sensazione di disagio cresceva, il non poter fumare quella sigaretta gli faceva pensare che gli si sarebbe sciolta in mano. La tentazione di uscirsene con “Parliamoci chiaro, Rose, ho una sigaretta in mano e non ho paura di usarla, me la fumerò e tu non farai la spia” era grande, ma non poteva farlo, non per la sua Casa, non per i suoi punti, non nella Sala comune, poi...si sapeva che il dormitorio maschile era un troiaio.
    Visto che siamo in confidenza...posso fumare una sigaretta?
    Aveva fallito.
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