'Round the hangin' tree

x il cugino fake

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    Carrie Krueger ( ) - 16 - Serpeverde - neutrale - zombie
    « Swaying in the breeze »
    Continuava a chiudere le palpebre insistentemente, calcolando quel movimento ogni volta con lentezza unica, come se quelle due piccole serrande fossero iniziate a pesarle più del dovuto, poi rimaneva immobile per qualche istante, faceva un respiro, difficile, ormai era diventato arduo persino respirare, pensando che forse era arrivato il momento giusto. Cercava di crederci, perché a convincersi che lo fosse aveva passato una vita intera, continuava a pensare che se solo avesse voluto, probabilmente ce l'avrebbe fatta anche così semplicemente, eppure, contava fino a tre, alcune volte anche fino a dieci, certe notti era riuscita a contare persino fino ad un milione tenendo gli occhi sbarrati verso il soffitto fino a che i numeri non le avessero steso del tutto le sinapsi, ma il risultato era sempre lo stesso.
    Poteva percepire il buio dei suoi pensieri, aveva letto qualcosa a proposito, alcuni dicevano che non era del tutto normale, qualcuno nelle sue stesse condizioni avrebbe pensato ad altro, di solito si veniva colti da più sentimenti che talvolta finivano per sprofondare l'individuo in una presa di coscienza, rimorso, ripensamento, senso del peccato, ma tutte quelle cose non la sfioravano nemmeno lontanamente, Carrie era già arrivata alla conclusione che probabilmente lei non era normale ma continuava a pensare al nulla, perché ormai si era abituata così ed era già troppo tardi adesso, come ogni volta aveva già deciso.
    Di solito non decideva proprio lei, forse avrebbe preferito chiamarlo un naturale istinto incontrollabile, senza dubbio follia, il fatto è che come sempre, chiudeva gli occhi e pensava che almeno quella volta ce l'avrebbe fatta, si concentrava girando assieme a quella torpedine di nulla, poi di nuovo li riapriva e nessuna piovra gigante l'aveva inghiottita dentro le dense acque del lago, nessuno spirito maligno era arrivato a rubarle via l'anima o a spaventarla, niente di niente aveva deciso di portarla via e allora rifletteva sul fatto che sarebbe stato meglio muoversi e che se avesse agito lei probabilmente sarebbe stato anche più soddisfacente.
    Quella volta i presupposti non erano niente male, schiuse le palpebre di nuovo, riportando le sue pupille prive di luce ad una visione cinica della realtà, ovviamente e con delusione non era ancora morta, aveva dato una possibilità persino a quell'evento così strano, girò gli occhi attorno a sé con un velo di malinconia per inquadrare cosa aveva deciso fosse la sua ultima visione. Il quadretto non era niente male, decisamente un gran bel giorno per farlo, doveva ammetterlo, se solo ne avesse avuto la forza avrebbe allargato le sue guance ed inarcato le sua labbra in una sottospecie di ciò che gli altri chiamavano sorriso, che poi sarebbe apparso come al solito come una stramba smorfia che si incollava al suo volto nella debole speranza di renderlo più gioioso ma che non faceva nient'altro che renderlo ancora più tetro, per una volta voleva sentirsi soddisfatta di sé stessa eppure qualcosa glielo impediva, l'assenza di vere emozioni ad esempio.
    Le acque del lago erano gelide, poteva percepirlo anche se aveva preso posto a molti passi dalla riva valutando in silenzio che quello era il luogo ideale dove riflettere, quella massa stracolma e scura emanava una sorta di fetore impercettibile e la privazione di qualsiasi riflesso rendeva l'ambiente circostante ancora più opprimente ed il già triste cielo ancora più immobile ed impietoso nei suoi confronti, in quel giorno poi, le acque del lago avevano deciso di rimanere in tacito silenzio come già in oscura previsione di ciò che sarebbe accaduto, come rispettando una sorta di desiderio che Carrie aveva avuto sino ad allora, le sue ultime volontà.
    Carrie era seduta a terra di fronte a quella massa, provando a concentrarsi ed a realizzare senza tuttavia riuscirci la sua decisione finale, il terreno sotto di sé era molliccio ed appiccicosa, colpa dell'aria stranamente presente ed umida, materializzata come nel migliore degli incubi in una leggera nebbiolina che rendeva il tutto più lucido e più antiquato, i sui capelli avevano appena iniziato ad incresparsi e a gonfiarsi sempre più ruvidi, sulle sue vesti di pelle nere si erano andate a formare delle piccole goccioline che nonostante tutto faticavano a colare giù come lacrime, d'altronde era come se recepissero l'impossibilità che Carrie provava verso quel gesto così terrificante. Non era stata una grande idea indossare i tacchi per scendere dal castello fino alla riva del lago, si era incastrata molte volte nel tentativo di raggiungere la riva e le sue suole erano ricoperte ormai dalla terra, tuttavia il rischio di incombere un incidente era davvero gradito dunque aveva voluto provare quel brivido, ad ogni modo non c'era stato altro tempo per cambiarsi. Quel giorno aveva fatto una gita fuori porta, aveva comprato un piccolo topolino bianco e per tutto il tragitto di ritorno al castello si era anche affezionata in un modo alquanto strambo ad esso, lo guardava provando a sorridere ed egli corrispondeva con uno sguardo vacuo, lo aveva chiamato Freddy e lo teneva stretto nella sua piccola scatolina percependo l'innocuo animaletto che ciecamente vagava in essa tentando di scorticarla.
    Lo portò nel dormitorio dove lo fece scorrazzare felicemente per qualche minuto sul suo letto, tanto lei neanche lo usava quello, si era persino divertita a guardarlo per un po', poi lo aveva stretto con due dita per la coda, aveva aperto la teca del suo animale da compagnia, ed aveva rovesciato il suo nuovo animaletto al suo interno, guardò il piccolo roditore provocare un suono secco una volta caduto -Addio, Freddy- pronunciò con voce atona, breve ma intenso e Slime avrebbe apprezzato il pasto del giorno. In quel momento Carrie decise di agire quasi ispirata da quel gesto, la mente per qualche strano motivo la portò a quel pensiero, le sue gambe si mossero ancore prive di un controllo preciso, afferrò la corda che ormai era entrata a far parte del suo inventario, una robusta corda di canapa adatta al suo ruolo futuro e si diresse senza perdere altro tempo al lago nero dove aveva trovato il posto perfetto.
    Per tutto il tempo in cui rimase immobile, ondeggiando in simbiosi con la natura circostante, aveva collezionato al suo fianco un cimitero di sigarette che ormai si stagliava in un'alta montagnetta, ne accendeva una dietro l'altra ininterrottamente, interrompendo il nulla dei suoi pensieri e dei movimenti con quel gesto, di alcune faceva solamente due tiri, poi calcolava il suo respiro ancora vivo e le spegneva, l'amaro puzzo di tabacco ancora fumante era diventato parte di quel cinico e lugubre quadretto. D'altronde non voleva che niente venisse sprecato, quelle cose costavano parecchio per le sue finanze e nessuna di loro aveva avuto l'effetto sperato, una volta era andata persino a lamentarsi con un venditore sventagliandogli in faccia la scritta che avevano sul pacchetto e quello l'aveva mandata al diavolo, Carrie rispose che le sarebbe piaciuto e lui non aveva fatto nient'altro che ammutolirsi e probabilmente pensare che quella non fosse una persona giusta con la quale conversare. Mancava poco secondo l'orologio rotto che portava sempre legato alla sua testa e sarebbe scoccata la fatidica ora nella quale Carrie Krueger sarebbe diventata: "Carrie, lo spettro del lago" ed il nome che era tutto un programma era iniziato persino a piacerle.
    Alle sue spalle vi era l'albero che lei aveva designato come giusto, era alto e forte ed aveva un ramo sporgente e robusto che pendeva verso terra, da quella posizione, quasi alla punta di quel ramo, un corpo sarebbe dondolato mentre sullo sfondo avrebbe avuto con sé la monocromatica tavolozza dell'acqua che lo avrebbe fatto brillare mentre la leggera nebbiolina avrebbe colorato il tutto sfocandolo come in un incubo, suggestivo, lo aveva definito in quel modo, persino con un fondo di poetico che sarebbe scaduto ben presto in un racconto dell'orrore.
    Carrie si era già preoccupata di preparare il tutto, proprio sotto il ramo aveva posto un pezzo di un tronco abbastanza largo che sarebbe servito da primo appoggio ai suoi piedi, non doveva fare nient'altro che preparare la corda e legarla attorno al ramo del grande albero ma quello non era un problema, si era esercitata un giorno intero a fare nodi assieme a Stilinski per non incorrere nell'errore che aveva fatto con la cravatta, Stiles probabilmente non aveva ancora compreso che si trattava per quello scopo e lei era diventata così brava che quella corda sarebbe stata capace di sorreggere una legione.
    Smise di aprire e chiudere gli occhi, riportandosi del tutto allo scenario previsto, poi si passò la lingua ormai asciutta sui denti e si alzò mentre le ossa provocavano rumore già stanche del movimento, poi, con passi che sprofondavano nella terra bagnata si diresse sotto l'albero che finalmente l'avrebbe accolta.
    Strinse nelle sue mani la corda e con accurata perizia ricamò il nodo che l'avrebbe retta, poi prese a strattonarla assicurandosi che non ci fossero altre sorprese, andava sempre male qualcosa quando ci provava, questa volta sembrava tutto perfetto, tutto pronto, Carrie Krueger sarebbe divenuta un pallido ricordo o finalmente un fantasma capace di spaventare a dovere qualche ignaro studente.
    Si sistemò sul tronco ed iniziò a vacillare, già in bilico, avvertendo la necessità di perdere l'equilibrio,portare i tacchi non era stata definitivamente una buona idea ma almeno avrebbe reso il tutto anche più veloce. Legò la corda al ramo e fece penzolare il cappio proprio di fronte ai suoi occhi, lo vide dondolare sospinto dalla leggera brezza, dal vento appiccicoso mentre la nebbia inghiottiva ed umidificava avida anche quello. Allungò il collo quando all'improvviso tutto si fermò, anche lei, un pensiero sopraggiunse nella sua testa, dopo tanto, aveva atteso per una vita quel momento, eppure adesso si sentiva in dovere di attendere, in fondo sarebbe durato poco, forse un minuto.
    Portò gli occhi al cielo come se fosse un impegno inderogabile che doveva essere sciolto prima di passare al divertimento, sbuffò facendo uscire una densa nuvola di fumo, poi schiarì la voce ormai corrotta dall'impensabile numero di sigarette che aveva soffocato in così poco tempo, inumidì le labbra ed iniziò il suo discorso, il pubblico era indesiderato ed inatteso, l'unica spettatrice così come l'unica attrice in scena era proprio lei, la sua voce era priva di sentimenti, un tono adatto ad un funerale:-Mi chiamo Carrie Krueger, anzi...-, schioccò la lingua provocando un suono secco e sordo:-così mi chiamavo, o almeno questo è stato il mio nome prima di tutto quello che mi è capitato. Sì perché la mia vita è stata un bla, bla, bla...-,- sbuffò ancora, questa volta annoiata dalle sue stesse parole, smorzando il discorso in fremente attesa di ciò che aveva programmato, non voleva ripercorrere la sua vita da vittima, non serviva in quel momento peccare anche in quel senso.
    Fece vari respiri tentando di colmare il vuoto delle parole che faticavano a giungere, ogni volta che apriva bocca infatti sembrava tutto così futile, cercava qualcosa di consono, ma nulla le arrivava in soccorso, dunque respirò ancora più profondamente, ingoiando quel groppone che le si era formato, chiuse ancora gli occhi, un'ultima volta spontaneamente, poi continuò:-Non credo che si avvertirà la mia mancanza, non mi ritengo adeguata per tutto ciò che devo accadere e probabilmente è meglio così... E poi penso che sedici lunghi anni siano stati sufficienti.-, sospirò come se si fosse tolta un grande peso, preoccupandosi che attorno non ci fosse nessuno, poi ripetendosi in quella triste voce:-Direi che ci siamo... Niente ripensamenti proprio adesso Carrie.-.
    Strinse tra le mani il cappio, mentre sentiva che tutto il suo pesante trucco aveva iniziato ad impregnarsi e probabilmente anche a colare, ma ormai non serviva nient'altro, la sua carne all'interno di quel marchingegno e Carrie Krueger felice.
    the heart is deceitful above all things,


    Edited by mephobia/ - 14/1/2018, 17:01
     
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    jeremy milkobitch

    «Credo possa bastare» Il sussurro si ripercosse nella stanza buia e umida, tuonando pacato e minaccioso, ma gli occhi celesti di Jeremy Milkobitch non si premurarono di voltarsi laddove il suono ebbe origine. Non ne ebbero alcun bisogno, tant’era diventato avvezzo ad udire la voce del cugino –che ciò avvenisse ad Hogwarts, o dai Milkobitch, o sotto qualche ponte era indifferente-, preferendo anzi restare piantati sulla figura della torturatrice, sfidandola sottilmente, caricando il freddo sguardo di provocazioni che si sarebbe risparmiato se solo, effettivamente, William Barrow non fosse entrato in quella Sala. Sapeva, il tassorosso, di avere il culo parato dall’esatto momento in cui le parole dell’assistente di strategia avevano interrotto quel sudicio ed appiccicoso silenzio tra aguzzino e vittima, sebbene la bacchetta della Chadwick continuava a premere contro la sua giugulare in fremente attesa di essere usata, di nuovo. Un sorriso beffardo si aprì sul volto del sedicenne quando avvicinandosi il suo soccorritore si premurò di abbassare il catalizzatore magico della donna, visibilmente –e con ragione d’esserlo- incazzata, sancendo con tale gesto la fine di quella sessione di torture. «Non sei tu a deciderlo, Barrow» asserì, poco convinta, desiderosa solo di sfogare ulteriormente le sue indiscutibili frustrazioni sul primo mezzosangue che era capitato ad infrangere le leggi, ma il fatto era che proprio lui era in grado di deciderlo, più o meno, ed il più giovane si risparmiò dal sottolineare l’ovvio solo perché ne aveva già avute abbastanza per quel giorno e non desiderava inaspettate e repentine ripercussioni. «Ordini dall’alto» disse egli semplicemente, chiudendo definitivamente il discorso. Trionfante, come se fosse stato merito suo, Jeremy si allontanò dalla ragazza senza mai scollarle gli occhi di dosso: probabilmente avrebbe potuto dimostrarsi il minimo indispensabile più riconoscente nei confronti del biondo che era accorso in suo sostegno, magari evitando di aizzare il cocente fuoco che divorava l’anima della mora abitatrice di quelle segrete camminando all’indietro, senza distogliere lo sguardo, e salutandola con un morbido sventolio delle dita doloranti. Poteva risparmiarselo, anche perché gli faceva male qualsiasi muscolo, limitandosi a ringraziare Will per essere arrivato appena in tempo, ma non lo fece, mantenendo invece lo sprezzante sorriso sulle labbra finché non fu uscito. E non lo ringraziò, effettivamente, nemmeno quando furono soli nel corridoio per quanto gli fosse davvero riconoscente. Gli pesava farlo, al Milkobitch: nonostante gli facesse piacere l’interesse altrui nei propri confronti, era sempre convinto di non averne bisogno così come non ne aveva avuto per molti anni, di potersela cavare da solo in ogni caso. Non riusciva veramente ad apprezzare, ad accettare, il fatto che il Barrow, il quale non gli doveva nulla, ci fosse quando ne aveva bisogno, ed allo stesso modo mal tollerava le premure di Ian, per il medesimo, futile, motivo. Non gli dovevano niente, non erano tenuti ad essere così gentili verso di lui, anzi era proprio questo che continuava ad accumulare debiti su debiti e per pagarli non faceva alcunché. Non era per Jeremy plausibile la semplicistica spiegazione di Todd, quella per la quale erano una famiglia, che in virtù di ciò era normale che fosse così, che le cose andassero in quella maniera. Non gli bastava, essere una famiglia. Non gli andava bene, per l’egoistico principio che loro erano la famiglia di suo padre prima che la propria. «C’erano davvero ordini dall’alto?» chiese, innocente, tastandosi lo zigomo pulsante di dolore e contuso da un non proprio delicato pugno ricevuto verso la fine della seduta. Nel suo piccolo sapeva che era un mero pretesto per recuperarlo, tuttavia c’era anche la fantomatica possibilità, timore radicato nell’animo del tassorosso, che davvero qualcuno lo avesse mandato a cercare: non sarebbe stata la prima volta che alle torture venivano delegate a qualcuno di più competente –vedi: la Queen, la Hamilton, il Preside-, e mandare suo cugino a fare da portavoce aggiungeva la beffa al danno. «Non eri a lezione, ho dedotto che eri in punizione, o a dormire» E poteva quasi sentirla, in quella scrollata di spalle, l’inespresso ripetersi della stessa litania. Siamo una famiglia, è normale. Naturale che ovviamente l’assistente di Strategia si precipitasse a dare una mano, perché era quello che aveva fatto. Non ci riusciva, non ancora. E avrebbe voluto dirgli grazie, per quello e per molto altro. Voleva dire grazie al rosso Milkobitch, per non averlo respinto dal principio. Voleva dire grazie ad Heidrun, per essere tornata. Voleva dire grazie ai Catafratti, per esserci sempre nel bene e nell’alcool. Però, non gli piaceva il suono di quella parola, rimaneva sempre incastrata in gola nella perenne lotta tra l’indole che lo spingeva a sputarla fuori e l’orgoglio, bastardo, che la teneva per sé. «Le ho sputato in faccia» Ecco, su quella lunghezza d’onda potevano parlare. Terreno stabile quello degli sfottò, sul quale riusciva a camminare senza rischiare di sprofondare troppo; non v’era il rischio, finché si teneva il discorso ancorato a cazzate e piccolezze, che vi fosse da dire grazie, da porgere delle scuse. «Bravo coglione, la prossima volta non vengo a pararti il culo» Alzò gli occhi sottili, cristallini come quelli di lui, verso il volto del cugino e tacendo, in quello sguardo, la voglia di dire che non ce ne sarebbe stato bisogno. E non perché non sarebbe più finito in sala torture, quello lo riteneva alquanto improbabile –vuoi per prendere le difese di un primino o per aver spacciato dentro le mura di Hogwarts, sapeva ci sarebbe finito diverse volte da lì fino alla fine del suo corso di studi. Non parlò, consapevole del fatto che una mano in occasioni del genere sarebbe sempre stata ben gradita, tenendosi per sé quel “non voglio che mi pari il culo, so cavarmela” perché sapeva che non era vero. «L’hai almeno presa negli occhi?» Rise, riportando lo sguardo davanti a sé. «Sarei uscito da lì molto prima, se non l’avessi presa negli occhi»
    Ignorò il suggerimento di lui di dirigersi subito in infermeria, limitandosi a rubargli una sigaretta e dicendo che in seguito ci sarebbe andato, cosa che in realtà avrebbe preferito non fare affatto. Non gli piaceva, quel luogo, ma non poteva non ammettere che forse una controllatina non avrebbe fatto male a nessuno. Al momento, però, voleva soltanto prendere una boccata d’aria, lontano da tutto e tutti. L’angusto spazio della sala delle torture l’aveva soffocato più di quanto non lo avevano effettivamente leso le vere e proprie sofferenze inferte. Avrebbe potuto, magari, chiamare uno qualsiasi dei suoi compagni e sfruttarlo per una passeggiata di salute, priva di qualsivoglia dialogo come piaceva a lui, amante dei lunghi silenzi e delle mille parole non dette; forse avrebbe potuto sentire Tiffany, chiederle di recuperare qualche dolce da mangiare sulla riva del lago, ma non aveva voglia di sorbirsi le molteplici domande che sarebbero uscite dalla bocca di lei a vedere i lividi. Quando raggiunse le sponde del Lago Nero era ancora da solo, la sigaretta ancora spenta stretta tra le labbra, e così avrebbe desiderato restasse: aveva solo voglia di stare in solitudine, di godersi qualche minuto, un’ora magari, di pace, con la scusa pronta per aver saltato le lezioni fornitagli dalla semplice presenza del Barrow. E invece. La voce atona lo raggiunse prima ancora delle immagini, mentre con un tocco di bacchetta si premurava di accendere il cilindro di tabacco, ma non seppe riconoscere subito il proprietario di questa. Si impantanò qualche volta nelle pozze di fango sul tragitto prima di raggiungere il grande albero dal quale proveniva il suono, e le iridi cerulee subitamente si soffermarono sulla figura di spalle, sui lunghi capelli biondi. «Io direi che non ci siamo proprio» Stizzito, con un movimento di polso recise la fune appesa all’albero grazie ad un Diffindo non verbale. Carrie Krueger era l’unica che per molti anni aveva reputato veramente la sua famiglia, quella ragazza dagli occhi sempre vacui che si divertiva a seppellirsi vivi per gioco; la prima che al di fuori di sua madre aveva imparato ad amare, sorvolando le particolarità sue e dei genitori; la bambina di sei anni per la quale aveva tanto stressato la madre affinché andasse a vivere con loro, la cugina che non voleva perdere. Ed era lì, la ragazza che per sei anni aveva sempre guardato con sospetto nella tavolata dei serpeverde senza davvero sapere fosse lei, su un marcescente pezzo di tronco, un cappio ormai inutile stretto tra le dita. «Che ci fai qui?» domandò, stupidamente e leggermente irritato, ma anche abbastanza confuso: per quello che aveva sentito dire da sua madre, aveva visto i propri genitori morire suicidi, quanto poteva essere stupido fare un’azione del genere? Agli del tassorosso, molto stupido. Non era forse vero però che ella era colei che si dilettava nell’uccidere gli insetti per passatempo contro la monotonia, o che passava la stragrande maggioranza del proprio tempo nella cantina super buia? Magari era anche quello un gioco, magari si annoiava. Avanzò, il Milkobitch, fino ad esserle di fronte, guardandola in faccia ed osservando sul volto di lei il trucco colato. Ciononostante, non riuscì a trattenere un sorriso, porgendole una mano per farla scendere. Poteva risultare vagamente inquietante, magari un po’ anormale, ma per tanto tempo erano stati anormali insieme, giocando nel cimitero di famiglia a trovarsi dietro le lapidi –cosa che senza dubbio lo turbò, ma questa è un’altra storia. Le era mancata, e le circostanze della rimpatriata non erano poi importanti al momento. «Come sta la mia cuginetta preferita?»Una favola, un cappio tra le mani e la voglia di vivere pari a quella di un criceto morto un secolo fa. Sicuramente una favola, Jeremy.
    - sorry dear, i'm allergic to bullsh*t - code yb ms. atelophobia


    Edited by (un)lucky - 1/8/2017, 03:02
     
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    Carrie Krueger ( ) - 16 - Serpeverde - neutrale - zombie
    « Swaying in the breeze »
    Il lago era ghiacciato, quello fu l'unico pensiero che cancellò quella pessima capacità di Carrie Krueger di parlare, di raccontare persino sé stessa, di confessarsi l'inadeguata capacità persino di essere sé stessa. Carrie Krueger non era mai stata nulla in fondo, si era macchiata sin da piccola di una indiscutibile colpa e come appestata, marchiata da questa, si trascinava in giro, morente, con il solo intento di scansare ed essere scansata. Però Carrie Krueger non odiava, oh no, sarebbe stato troppo persino per lei incolparsi di questo, lei semplicemente schivava ma probabilmente non desiderava ricevere lo stesso trattamento, il suo più recondito e dolce quanto amaro pensiero era quello di essere compresa, non chiedeva così tanto in fondo no? e la vita era un bel po' in debito con lei, insomma una giornaliera suicida dovrebbe esserlo.
    Carrie dopotutto non faceva molto per farsi capire ed ormai vi aveva perso le speranza, continuava ad aspettarsi il nulla, così, sempre, impassibile come uno scoglio in mezzo al mare, incapace di agire persino quando le onde le sbattevano contro, oscillava a volte, ma non voleva contrastare quella brutale forza che le si schiantava contro, lei voleva essere erosa totalmente e presto, pezzo dopo pezzo, avrebbe inacidito ogni briciolo della sua anima, ogni brandello della sua debole carne, il tutto avrebbe perso la cognizione dell'essere e sarebbe diventato nulla, il lago era gelido.
    Iniziò a respirare faticosamente, quelle acque erano riflesse nelle sue iridi specchiate, instaurando una competizione per quali fossero le più profonde delle due, ma di lì a poco quella gara sarebbe stata vinta dall'unica cosa ancora in vita e fortunatamente, l'unica che avrebbe gettato bandiera bianca sarebbe stata lei, quale sollievo, un leggero e dolce sorriso innocente e sincero ma consapevole si schiarì sul suo volto.
    Si trovava in piedi, sorretta da un fragile ceppo marcio, una corda che le accarezzava il collo, solleticandolo ogni volta che questa veniva sospinta più in là dal vento, mai piacevole ma fastidioso, le sue braccia, quei delicati stecchini che aveva incollate sul suo corpo, così come il suo intero volto, erano diventate un tutt'uno con ciò che la circondava, freddo marmo che da lì a poco avrebbe trovato una condizione più materiale che viva, eppure... eppure Carrie Krueger stava sorridendo, stupida follia incontrollabile che giungeva proprio nei momenti meno opportuni, si sarebbe tirata uno schiaffo da sola per riprendersi da quella scemenza eppure aveva il timore di potersi risvegliare da quel sogno, sorrideva, e quel sorriso poteva percepirlo, pesante, stampato sul suo volto come un ferita. Non lo aveva mai fatto, probabilmente non aveva mai sorriso così apertamente in tutta la sua vita e dentro di sé era guerra che si stagnava sul suo corpo, i suoi occhi avrebbero voluto piangere, copiosamente, affinché le lacrime cancellassero quella dannata espressione che era comparsa chissà da dove, chissà da quale parte della sua mente a rovinare quel momento così perfetto, ma le lacrime non avrebbero fatto altro che peggiorare la situazione, il suo pesante trucco, quello di ogni giorno, era l'unica cosa decisa a colare lungo quel volto, almeno lui poteva ed il solo sentirlo scendere giù e macchiarla, la faceva stare meglio.
    Ma le contraddizioni erano semplicemente un lieve ostacolo e le sue mani tremanti ormai avevano deciso di saldare quella corda a loro in una morsa feroce e crudele, l'ultimo sprazzo di vita, il suo scatto finale per tagliare il traguardo, c'era vicina, c'era così vicina che titubò ancora per un istante.
    Chiuse gli occhi di nuovo, prendendo ad accarezzare la sua arma mortale, quella semplice fibra che l'avrebbe liberata per sempre, niente più incubi Carrie Krueger, niente più falsità, niente più rimpianti, niente più dubbi o domande che pretendevano una risposta che lei non era capace di dare, niente più notti insonni ma un lungo ed eterno sonno, era ciò che desiderava maggiormente nella vita, la sua aspirazione e quel momento era così bello che allungarlo ancora sarebbe stato un peccato.
    Aprì gli occhi di scatto, sforzando addirittura le palpebre che provarono dolore, probabilmente anche a causa del trucco malamente colato, eccolo, il suo momento e la sua ultima immagine era quella, una distesa d'acqua immensa e sconsiderata, grande per lei, forse anche troppo, una leggera brezza, un alito di nebbia appena accennato e gli alberi secolari dei quali poteva sentire i lamenti delle foglie, forse anche loro troppo stufi di essere presenti in quel mondo da così tanto tempo, probabilmente in quel momento avevano persino preso ad invidiare Carrie Krueger e le stava bene così, una delle poche rivincite della sua vita.
    Un salto, semplicemente quello le serviva, un secondo, un solo istante che la separava dalla sua gioia, una semplice fune a distanziare la sua vita dalla morte, le sue vene palpitavano frementi, il suo sguardo era ormai assente ed accecato dalla folle gioia che la stava inghiottendo, allungò il collo, c'era quasi, un ultimo sforzo Carrie Krueger, un ultimo fottuto sforzo... Ma poi...
    Un minimo fruscio tentò di distrarla, c'era qualcun altro come lei, ma come poteva essere? No, impossibile si era assicurata di essere sola e nessun altro essere umano sano di mente si sarebbe inoltrato verso il Lago Nero in una simile giornata, probabilmente era solo uno di quegli animali che popolavano l'aria circostante, forse arrivato per godersi quello spettacolo impietoso, non c'era niente, niente. Chiuse gli occhi ancora per eliminare qualsiasi possibilità, il suo collo ancora più vicino ma poi, un alito di vento, più veloce, poteva percepirlo con le sue orecchie che c'era qualcosa di strano, come un colpo di frusta ed il rumore che soggiunse dopo non fu del suo collo che si rompeva ma quello di una corda, una corda spezzata.
    Riaprì gli occhi, le labbra leggermente aperte dallo stupore, c'era qualcuno quello era sicuro ormai e quel qualcuno l'aveva salvata o forse era meglio dire che l'aveva condannata a morte più di quanto lei non avesse fatto un attimo prima, ma non decise di scoprire chi fosse, i suoi occhi si bloccarono sulle sue mani, che ormai deboli stringevano quello che era rimasto del cappio che lei accuratamente aveva preparato.
    Poi alzò lo sguardo e lo vide, conosceva quel volto, eccome se lo conosceva, quell'idiota di suo cugino, Jeremy, aveva preso a fare l'eroe adesso ma Carrie non era a conoscenza di questo fatto, pronunciò qualche parola ma non ascoltò, gli occhi ancora fissi sulla corda, poi si avvicinò, solo a quel punto prese a guardarlo anche lei, sentendosi anche un po' stupida a rimanere su quel trucco ma ancora traumatizzata da quella ancor più stupida azione che egli aveva compiuto.
    -Che ci fai qui?-, Carrie strizzò il collo, strizzando gli occhi e tentando di scusarsi, con voce colpevole:-Era, era solo..-,ma non terminò, non vi riuscì, era solo quello che desidero di più nella vita, era solo il mio momento di gloria, era solo una questione nella quale tu non dovevi immischiarti cugino, tante le risposte ma niente riusciva ad uscire dalla sua bocca.
    Strinse di nuovo la sua arma ormai defunta ed accettò l'invito a scendere, sostare su quel pezzo di tronco marcio era ormai era diventato persino più strano di quanto non lo fosse precedentemente, subito dunque, scese, portando i piedi solitamente a terra, quale brutta sensazione, aveva giurato, una volta arrivata lì, che quella fosse stata la sua ultima volta ed invece si trovava di nuovo con i tacchi infilzati nello squallido terreno pantanoso che la circondava.
    Non ce la faceva a sorreggersi con le sue gambe, dunque precipitò al suolo con un movimento brusco ma aggraziato, abbandonando la mano di Jeremy e facendo scivolare il cappio lungo i suoi fianchi, si sedette, incurante.
    Poi la sua mano si mosse incontrollabile a frugare nella tasca del suo suo pantalone, trovando il pacchetto di sigarette. Ne estrasse una e lentamente se la portò tra le labbra inumidendola leggermente, poi ne estrasse un'altra ed anche quella la portò tra le sua labbra, questa volta verso l'angolo di questa, tenendola stretta per quanto possibile, ne estrasse una terza, non contenta, con gli occhi fissi nel vuoto e la bocca stretta in quegli oggetti che teneva salda, anche questa terminò al fianco delle sue compagne, stringendosi assieme nella poca umidità delle labbra di Carrie.
    Un piccolo colpo e la fiamma passò le tre fortunate accendendole, poi un'aspirata contemporanea, un lieve colpo di tosse, dovuto ma l'unico, mentre i suoi occhi ormai persi vagavano inutilmente alla ricerca di una spiegazione, non poteva essere andata così, non poteva, e con la mano prese ad estrarre le tre sigarette simultaneamente per poi riprenderle per aspirare di nuovo. Era forte quel sapore ma non dolce quanto la morte, dunque procurarsela in altri modi al momento sembrava la cosa migliore da fare.
    -Come sta la mia cuginetta preferita?-, lo fissò quasi stupita, le palpebre poco aperte, lo sguardo spettrale quasi tentandolo di ammonire, -Bene-, rispose fredda e secca, -Stavo meglio prima che tu arrivassi-, non pronunciò quella frase con cattiveria, né con toni acerbi, Carrie si limitò a dire la verità il più semplicemente possibile, come era solita fare, con il suo solito tono atono, spento ed indecifrabile.
    Allungò le gambe, già stanca di quella lunga giornata e facendo un altro tiro delle sue tre sigarette, poi tornò a guardarlo, consapevole del trucco colato, consapevole di ciò che aveva appena tentato di fare :-Credo sia inutile rivolgerti la stessa domanda-, scostò la testa, lasciando adesso il giovane guardare solo i suoi lunghi e biondissimi capelli che le scivolavano sulla guancia:-Per te va tutto a gonfie vele... wow... mio cugino Jeremy, pieno di amici, pieno di simpatie, nessun problema a tormentarlo, a rovinare la sua continua festa... patetico.-, quell'ultima parola fu pronunciata in silenzio, Carrie mosse solamente le labbra, quasi bisbigliando, affinché fosse rimasta solo per lei, forse semplice espressione d'ira.
    Un lieve sorriso le increspò il volto quando questo tornò a fissare di fronte a sé, le sponde del lago, quelle acqua gelide :-Sai, prima non sono riuscita nemmeno a presentarmi..-, voleva ridere ma al posto di un'ironica espressione, una più seria, severa e frustrata coronò il tutto:-Che follia-.
    Scosse il capo come per volersi dimenticare di tutto quello, però era vero, non era riuscita a parlare di sé, non ce l'aveva fatta o lo aveva fatto così male che il tutto risultò nullo, fissò per il suo falso cugino quando si accorse di un piccolo bruciore che la tormentava, alzò la sua mano per fissare l'indice destro, una piccola ferita, probabilmente causata dalla pressione sulla corda era comparsa, -Oh, questo sì che è un problema-, sangue.
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    jeremy milkobitch

    Non era stato mai in grado di capire gli altri, Jeremy Milkobitch. Ci provava, ci provava sempre e ci provava un po’ di più, anche lavorando come assistente nello studio di Stiles ad Hogwarts. Per lui, per gli altri: non faceva alcuna differenza, e nemmeno era capace di dire se una differenza, alla fine, potesse esserci davvero. Voleva capire perché, di tanto in tanto, suo fratello si comportava in modo un po’ troppo strano, più di quanto Ian già non fosse di consueto, o cosa lo spingeva a provarci ad essere una famiglia quando al tassorosso quell’idea non faceva che terrorizzarlo; voleva capire cosa aveva spinto Run a scappare, non farsi viva per tre fottutissimi anni senza nemmeno lasciare una lettera, una foto, un dannato sentiero di molliche di pane per permettere ai Milkobitch di ritrovarla e riportarla a casa da loro; voleva capire, il mago, da cosa dipendessero tutti quegli sguardi un po’ tristi, quei sorrisi sempre sinceri e spezzati dipinti sui volti dei suoi migliori amici - e voleva sapere perché avessero scelto lui, i Catafratti, cos’avessero visto di speciale nelle iridi azzurre.
    Più si sforzava, e meno capiva. In fondo, però, si ripeteva che non era davvero importante lo facesse: andava bene così, andava sempre bene così, e talvolta gli piaceva crogiolarsi nella speranza che anche qualcosa fosse precipitato, si sarebbe risanato, prima o poi. Ma non lo faceva, non lo faceva mai: Todd non migliorava con il passare del tempo, Run se n’era comunque andata e ancora non sapevano il perché, e più che portare la droga alla Stamberga Strillante, non sapeva cos’altro fare per rendere tutto un po’ migliore per Arci, Bells, Oscar e Jack. E Jeremy continuava a non capire – gli altri, sé stesso, un po’ tutto e un po’ niente.
    Carrie Krueger era una di quelle persone che sapeva, il Milkobitch, non avrebbe mai compreso. Nemmeno ci si impegnava più, ormai: non perché non volesse farlo, bensì perché non aveva mai trovato nella cugina qualcosa che andasse capito. Era semplicemente lei, erano semplicemente loro; due bambini cresciuti in ambienti inadatti, con genitori particolari e dalle attitudini strane, che li avevano lasciati crescere tra le lapidi di un cimitero senza preoccuparsi di quanto, una cosa del genere, potesse essere anormale. Era normale per loro, era normale per Jeremy: credeva non avrebbe mai compreso la bionda, perché da una parte pensava di conoscere già ciascuna delle sfaccettature della serpeverde. Le sorrise dolcemente, una morbida piega delle labbra che aveva sempre riservato a pochissime persone, nel goffo tentativo di lei di dare una vaga spiegazione di quanto aveva visto. Aveva voluto passarci sopra, fingere di non dover dare una spiegazione a quel cappio ch’ella aveva creato con un unico fine, di non dover capire: poteva essere uno dei suoi soliti ed inquietanti giochi, perché no?
    Non doveva necessariamente volersi togliere la vita, Carrie.
    E Jeremy, non voleva lasciare che questo accadesse, nemmeno per errore - quando evidentemente di errore non si trattava. Si lasciò cadere a terra con la stessa grazia di sua cugina, osservandola confuso portarsi non una, ma ben tre sigarette alla bocca. “Non vuole farsi prendere un cancro alla gola o ai polmoni”, pensò, mordendosi le labbra, “vuole solo fumare tanto”. Meh, Jeremy. «ma smettila» le rispose, allungando una mano verso la bocca di lei e rubandole senza troppe storie uno dei tre cilindri di tabacco. «ammettilo che ti mancavo» continuò sardonico, avvicinando il filtro a quello già penzoloni tra le labbra. Ammettilo che non stavi bene, non ti costa nulla. Aspirò una boccata di fumo da entrambe le sigarette, la gola a chiedere pietà e compassione, riportando lo sguardo sulla superficie congelata del Lago Nero. Quando espirò, una nuvola di fumo accompagnò un colpo di tosse dal sapore aspro sul palato, annebbiando la visuale fino a quando il vento non l’ebbe trascinata via. «Credo sia inutile rivolgerti la stessa domanda. Per te va tutto a gonfie vele... wow... mio cugino Jeremy, pieno di amici, pieno di simpatie, nessun problema a tormentarlo, a rovinare la sua continua festa... patetico» e di quella stessa amarezza si dipinse il sorriso sulle labbra del ragazzo, tacendo qualsiasi possibile risposta. Era in quel modo che voleva passare: quello senza problemi, spensierato come ogni altro sedicenne avrebbe dovuto essere. Non era mai andato tutto a gonfie vele, nemmeno quando egli stesso si convinceva del contrario, e si accontentava del fatto che, superficialmente, gli altri credessero quello di lui. In altre circostanze, con altre persone, avrebbe tranquillamente fatto notare che non era così, sempre pronto a far valere le proprie turbe al di sopra di quelle altrui, amando il fatto che gli altri lo compatissero almeno un po’, e che magari lo capissero. Non l’avrebbe fatto con la Krueger, e soprattutto non in quel momento: conosceva il passato di lei, sapeva quanto peggiore fosse rispetto al proprio, e agire da insensibile in quel momento, dopo averle impedito di suicidarsi, non lo riteneva un atto saggio. «sono convinto che molte più persone di quante non credi, provino simpatia nei tuoi confronti» elargì soltanto, senza premurarsi troppo di aver, magari, mal interpretato le parole della ragazza. Forse non era la stessa simpatia che veniva provata nei confronti di altri tipi di persone, magari non aveva amicizie normali; sapeva poco sul conto di Carrie, in fin dei conti, ma reputava abbastanza assurdo ch’ella potesse compatirlo, o invidiarlo, su quelle semplici basi. Così come lui le voleva bene, travalicando ogni sua stranezza, non dubitava che altri nutrissero lo stesso affetto verso di lei: come si poteva non volerle bene? Se poi non capivano che vivisezionare animali insieme, o fare a gara per chi riusciva a trattenere per più tempo il respiro – e chi moriva per primo, ovviamente, vinceva -, erano i modi della bionda di instaurare legami, il problema era di quegli altri.
    «sai, prima non sono nemmeno riuscita a presentarmi… che follia» stavolta, Jeremy rilassò i muscoli del volto, sentendo la contusione sullo zigomo tirare ogni volta che l’espressione cambiava. Puntò gli occhi celesti, un cipiglio un po’ più serio, sul profilo di Carrie, lasciando le sigarette a pendere mollemente dalle labbra, e prese da una tasca dei pantaloni un fazzoletto. Ne strappò un lembo e, senza chiedere nuovamente il permesso lo strinse attorno all’indice ferito, fermando la fuoruscita di sangue. «non è una follia» constatò, aspirando un nuovo tiro dai cilindri di tabacco. «probabilmente…» probabilmente non avevi il tuo pubblico, e desideravi ci fosse qualcuno ad ascoltarti; probabilmente ti sembrava un’idea sciocca, farlo; probabilmente, credevi che nessuno sarebbe stato meritevole di ascoltare le tue parole. «probabilmente, non volevi farlo» alzò lo sguardo ceruleo sulla Krueger. «intendo, tutto. magari non volevi nemmeno legare quel cappio» disse, spostando ora l’attenzione davanti a sé, una risata tenue a scuotere le spalle. Perché in realtà, Jeremy Milkobitch non l’aveva mai capita, e non l’avrebbe mai realmente fatto: magari voleva farlo davvero, magari non avrebbe dovuto impedirglielo, perché ci avrebbe riprovato. «perché lo fai?» chiese, semplicemente, spegnendo le sigarette ormai consumatesi sotto le suole, estraendone una nuova.
    - sorry dear, i'm allergic to bullsh*t - code yb ms. atelophobia


    Edited by (un)lucky - 1/8/2017, 03:02
     
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    Carrie Krueger ( ) - 16 - Serpeverde - neutrale - zombie
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    Carrie Krueger non avrebbe mai immaginato che la giornata perfetta si sarebbe trasformata in uno strambo e disastroso giorno ed era ancora più strano per lei, che persino nelle giornata più vuote cercava di farle succedere una tragedia dal punto di vista altrui.
    Aveva provato come sempre, il brivido della morte, come una droga dalla quale era dipendente o più cinicamente una mera condizione sociale della quale era da sempre stata schiava e ci era andata vicina un soffio. Questa volta anche più di quanto non fosse capitato negli ultimi anni, avrebbe giurato di aver percepito un sorriso sul suo volto, per qualche istante, uno di quelli che poche volte nella sua vita aveva provato, ed adesso?.
    Dal danzare dolcemente assieme al vento, dondolando cautamente tra le mani di sua madre, la morte, che non si sarebbe fatta riserve a trascinarla in un dolce sonno, si era ritrovata con il sedere a terra, discutendo inutilmente con suo cugino Jeremy.
    Non avrebbe ottenuto nulla da lui e lui ugualmente non lo avrebbe fatto da lei, semplicemente, Carrie Krueger avrebbe cercato il modo affinchè lui la lasciasse in pace, perché forse c'era ancora tempo, c'era del tempo per ricostruire il suo cappio ormai spezzato, per legare quella corda in maniera ancora più salda, con un nodo che avrebbe retto, perché mai si potesse sciogliere, perché nessuno potesse intervenire, da quanto tempo ormai provava una cosa del genere?. Mesi, anni, una vita, una vita breve per allora, certo, vuota, priva di una qualsiasi cosa che l'avesse potuto accomunare ad un'altra, aveva passato una vita a togliersi una vita, tanto che ormai conosceva troppo bene i meccanismi del fallimento.
    Reagì con una smorfia scocciata, chinando la testa dal lato opposto a quella del cugino e sbuffando quando questo gli tolse un paio di quelle sigarette che Carrie Krueger aveva acceso e ficcato tra le labbra per la disperazione.
    - «ammettilo che ti mancavo»-, sorrise brevemente, Carrie Krueger, cercando di comprendere se quella fosse una battuta o un vano tentativo di rendere quella visita leggermente più piacevole, per trovare una scusa a quello che le aveva appena fatto.
    Sospirò, sconsolata, cercando di trovare delle parole adatte per rispondergli, cominciò sillabando debolmente un :-Tu..-, lo guardò per un istante per poi ritornare con lo sguardo sulla sua sigaretta... no, non gli mancava in effetti.
    Eppure, per quanto era sempre stata "scontrosa" con tutti gli altri, o almeno, non aveva mai dimostrato un particolare affetto per nessuno, le dispiaceva confessargli quello che avrebbe voluto dirgli davvero, che non le mancava un'altra strigliata, altri occhi puntati e fiato sul suo collo, quella falsa attenzione per capirla, a quello ci stava già pensando lei, o almeno ci provava tra un suicidio ed un altro.
    Le dispiaceva in effetti dargli dello stupido, probabilmente lo dispiaceva ogni volta che glielo diceva o che lo penava, non lo pensava veramente, eppure era il suo modo di proteggersi, per tenerlo alla larga, Carrie Krueger non era la sola al modo ad aver avuto una vita difficile e Jeremy ne era un esempio, avrebbe potuto piangere sulla sua spalla, lamentandosi di quanto facesse schifo la vita, da quando non era più Zack Efron(?) le ispirava più fiducia, eppure sarebbe stato così poco consono.
    Lui almeno reagiva facendosi una vita, non pensandoci, beh, chiaramente Carrie l'aveva presa con una filosofia totalmente differente, lei quella stessa vita, aveva deciso semplicemente di togliersela.
    Cercò di continuare il silenzio, quel silenzio imbarazzante che faceva accapponare la pelle, lo stesso di quella sua sillaba continuata e mai ripresa, si nutriva di quello con le persone con la quale non si sentiva a suo agio, se ne cibava affinché loro la lasciassero al proprio destino :- «sono convinto che molte più persone di quante non credi, provino simpatia nei tuoi confronti-.
    -Mh, questa è bella.-, commentò, passandosi il pollice sulla lacrima di mascara che scendeva lungo il suo volto e che le solleticava la guancia, non c'era ironia nella sua frase, il suo tono era privo di emozioni, fin troppo serio.
    -Carrie Krueger non esiste, non vedo come qualcuno possa provare simpatia nei miei confronti, capirei se mi compatissero, se mi ritenessero una povera stronza..-, ovviamente non era mai stata gentile nei suoi stessi confronti, Carrie Krueger si odiava, da quando al mattino cercava di coprire con le sue mani scheletriche l'immagine allo specchio, sino al tramonto, dentro al suo letto, quando la brama di levarsi la vita la faceva ridere in modo bizzarro durante la notte. Magari qualcuno si divertiva guardando la sua insana vita, vedendola annaspare sempre più a fondo, senza alcuna speranza di poter vincere paure o sensazioni, ma nulla di più.
    Riprese la sua sigaretta ormai consunta, stringendola solamente tra le labbra e muovendola freneticamente con i denti dal basso verso l'alto mentre lui non reputava una follia il fatto di riconoscere a malapena il proprio nome in punto di morte, non riuscendo nemmeno a guardarlo in faccia, quando quello si era premurato di avvolgere un fazzoletto sul dito della cugina.
    -«perché lo fai?» -, la domanda arrivò spontanea, quasi come un bambino che chiedeva al proprio genitore una qualsiasi cosa della quale egli non ne era a conoscenza.
    Fu solo allora che Carrie Krueger riuscì a guardarlo in volto, era stupido, più stupido di quanto pensava :-Blue whale challenge.-,rispose secca :-Solo che la mia sta durando più del previsto, alcuni addirittura mi fanno persino i complimenti sai...
    Scosse la testa, cancellando con quel gesto l'ironia di prima:- Per tutti i demoni Jeremy, certo che sei davvero stupido!! Lo faccio perché sono io, perché sono Carrie Krueger e Carrie Krueger è fatta così, ti sembra così difficile da capire?-, fece una breve pausa, respirando avidamente qualche tiro veloce di sigaretta per poi scagliarla lontano, quasi rabbiosa :-Carrie Krueger non ha amici, Carrie Krueger non ha una famiglia e Carrie Krueger ha deciso che la sua vita in realtà non è una vita...-, si era presentata, suo malgrado, non accorgendosi neppure di quello che aveva fatto, non si aspettava una presentazione diversa, non una più allegra, ma non si aspettava di vomitarla a suo cugino Jeremy.
    Tu perché ti droghi? Perché monti ogni mattina quello stupido sorriso e ti circondi di amici che prima o poi ti volteranno le spalle? Sei stupido Jeremy e se credi che tutto questo possa migliorare la tua vita ti sbagli di grosso.-, forse ci era andata troppo pesante, in fondo non gli serviva che una certa Carrie Krueger che di come si viveva non ne capiva nulla, gli sputasse quelle sentenza, non serviva a nessuno, Carrie Krueger non serviva a nessuno.
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