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@ufficio del preside | x Ty

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    Cole Sicla ( ) - 25 y.o. - Slitheryn - death eater - hogwart's headmaster
    « wanna wrestle with me baby, here's a sneak little peak »
    «Non urlare» Un sibilo, il suo, ma in quella stanza non sarebbe servito molto più di quello. Sotto quelle lenzuola, le labbra del Sicla, cotanto vicine al lobo di quel locandiere, non avevano bisogno di elargire più di un sussurro, sarebbe stato superfluo ed inutile sprecare più di quel fiato, l’unico che, durante tutta la durata dell’amplesso -o meglio, degli amplessi-, si era preoccupato di donare a... quel giovane. Poteva avere alcuna rilevanza il nome di colui che, tanto facilmente, aveva ceduto alle avance del Preside? Ovviamente no, ovviamente non in luogo come quello, lontano da Hogwarts e da Hogsmeade, in un sobborgo magico non molto lontano da Londra. Probabilmente gliel’aveva anche sillabato, la sera precedente, in quello scadente locale nel quale Cole si era recato quasi per abitudine, di nascosto. Era avvezzo, in realtà, ad agire senza che nessuno sapesse dove si stava dirigendo o quali erano le sue intenzioni, ma a Berlino era semplicemente la sua repulsione rispetto alle chiacchiere a portarlo ad ignorare quei tipi di convenevoli, ed era facile per lui sgattaiolare nei vicoli bui della capitale tedesca alla ricerca di qualcuno con il quale passare la notte, usando anche la scusa di quella fantomatica relazione stabile che si era costruito con la Holden. Da quando era in pianta stabile in Inghilterra, tuttavia, la situazione per il Sicla si era fatta non complicata, quanto avversa in un certo qual modo: prima ligio al dovere rispetto alla famiglia e alla menzogna che davanti ad essa portava avanti, poi agli orari e agli impieghi della Scuola, non aveva più il tempo necessario da impiegare nell’unica cosa che lo appagasse, oltre al denaro e al potere che questo era in grado di dargli. Né il tempo, né gli spazi: si sentiva pressato, continuamente; osservato da tutti, com’era prevedibile che fosse. Vitani aveva accolto il suo ritorno a casa come quello del figliol prodigo e nessuno si aspettava una mossa diversa da lei, non che a Cole fosse dispiaciuto, avendogli portato molti vantaggi. Aveva sentito che c’era qualcosa dalla quale era all’oscuro, che in tutto quel tempo passato oltre la Manica gli era sfuggito e continuava a scivolargli di mano, un qualcosa che pochi mesi addietro la sorella aveva con una semplice domanda aveva messo in evidenza -non il fatto che il padre potesse essere in qualche modo all’oscuro di quello che stava succedendo in quella famiglia, o il fatto che esso venisse denigrato dalla moglie e messo in disparte nei giochi di potere della donna considerando che era soprattutto colpa sua e della sua inettitudine che si era venuta a creare quella spiacevole situazione, quanto piuttosto il fatto che Erin stessa sembrava sorpresa da quella novità, dal posto preso dal suo fratello maggiore. Nonostante ciò si era accontentato di quello che aveva ricevuto al suo rientro, non si era voluto porre molti interrogativi confidando nella madre e nei suoi propositi così come era sempre stato educato a fare, però. C’era quel “però” che lo vincolava, che lo faceva sentire meno libero di quanto non volesse essere in realtà, di come si sentiva camminando solo un anno addietro, nelle strade trafficate e piene di odiosi esseri umani nei sobborghi di Berlino. C’era quel “però” che, di fatto, lo portava a cercare il soddisfacimento del quale aveva bisogno nelle bettole fuori porta, in quei locali nei quali mai si sarebbe azzardato, prima, di mettere piede.
    Fece scivolare il suo corpo contro quello dell’uomo un’ultima volta, il tempo di un gemito da parte di esso, il tempo di portare il volto nell’incavo tra il collo e la spalla del moro, prima di buttarsi sull’altra parte del letto matrimoniale, facendo cadere lo sguardo chiaro sulla sveglia posata lì vicino. Era tardi, doveva essere al castello ma dopotutto era il fottutissimo preside, figurarsi se qualcuno avesse anche solo osato dire qualcosa. A tastoni trovò il pacchetto di sigarette babbane possedute dall’altro, accendendosene una ancora disteso sotto le coperte. Sentì lo sguardo del tizio, sentì la sua mano, ancora vogliosa, massaggiargli il petto, ma il Sicla non lo degnò di uno sguardo: poteva, voleva, farlo, considerando che aveva soddisfatto almeno in parte le sue aspettative, ma non era quello il momento. Ond’evitare di cedere a quel lusso, si districò dalle candide lenzuola, rivestendosi in fretta senza rivolgere la minima parola a questo che, nel frattempo, aveva volto la testa contro il cuscino, tentando, probabilmente, di prendere sonno. Cole, nel mentre, posò lo sguardo su diversi oggetti in quella stanza, passando silenziosamente in rassegna ciascuno di essi e restando colpito da alcuni in particolare. Niente di valore, in effetti, niente che potesse attrarre realmente l’interesse del biondo, eppure quando le sue dita passarono in rassegna i simboli su quel galeone solitario e in bella vista, un po’ troppo sospetto per i suoi gusti, non poté non accorgersi di un documento d’identità dell’uomo, anch’esso abbandonato su di un mobile. «Ryan» Un sibilo, anch’esso, eppure non poteva non essere giunto all’orecchie del Mikaelson, così recitava il campo relativo al cognome del suo occasionale amante. Lo sentì muoversi, allarmato quando ebbe preso visione della posizione del Preside, la bacchetta in una mano ed il galeone nell’altra. «Ribelli. Così... stupidi» Non gli interessava molto di quella fazione, della Resistenza: feccia, non meritavano nemmeno i suoi pensieri. Ma in quanto tale, ogni qualvolta nutriva il sospetto di ritrovarsi dinnanzi ad uno di essi, il Sicla non poteva che provare un moto di disgusto. Cielo, ci aveva anche diviso il letto. Lo sguardo freddo, puntato nelle iridi castane di... Raul? Ah, che importava?, non lasciarono presagire nulla di buono, come tantomeno fece la bacchetta che lentamente veniva puntata contro il petto nudo di lui. Un lampo di luce verde prim’ancora che questo potesse provare a dissuaderlo o qualsiasi altra cosa ed i suoi occhi, ora vacui e privi della vita che gli avevano riservato per tutta la sua permanenza, si ritrovarono a fissare il soffitto. Gli lanciò la moneta, sentendola mentre colpiva lo sterno e lì si fermava: non era compito suo toglierlo di lì, né era compito suo o suo volere preoccuparsi di far giungere a qualcuno la voce che un ribelle era stato eliminato. Affari altrui, non era la sua battaglia nonostante talvolta gli facesse piacere prenderne parte.
    Percorse ogni centimetro dell’abitazione, fin quando non trovò quello di cui necessitava: camino e metropolvere. Un Incendio non verbale e la legna lì sistemata prese ad ardere, dopodiché gettò tra le fiamme la polvere e quando furono verdi, come di consueto, Cole chinò il capo per entrare nel camino, sillabando semplicemente «Ufficio del Preside, Hogwarts»
    Passarono forse una decina di minuti prima che il Sicla sentisse il tanto atteso bussare alla massiccia porta in legno. Lasciò passare qualche istante, il tempo di prendere il proprio posto dietro la scrivania, pronto ad accogliere il prefetto Serpeverde. «Avanti» Non era stato lui a nominarlo tale, ma aveva scorto il nome di Tyreek Baptist in uno dei vari fascicoli che non molto tempo addietro aveva preso in esame e così come aveva “interrogato” ciascuno dei prefetti e capiscuola delle altre casate sul loro operato per assicurarsi che effettivamente meritassero quel ruolo, così ora toccava al giovane amico di suo cugino. Semplicemente lavoro, niente più, e al riguardo Cole Sicla sapeva essere molto severo e puntiglioso.
    the heart is deceitful above all things,


    Edited by .Hydra - 8/1/2016, 22:14
     
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