Hogwarts will always be there to welcome you back home.

Banchetto di inizio anno (x gente)

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  1. Surprise‚ Beech
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    Post imbarazzante, ma per una settimana al mese mi dimentico come si scrive (giuro) e se non avessi partecipato me ne sarei pentita u.u
    Chiedo scusa per il disagio e l'analfabetismo incipiente (?)♥


    Sean Beech
    «stop telling everybody that I'm an asshole. I love to see the surprise on their faces when they figure it out by themselves lol.»


    DRRRRRRRRRINN,
    La sveglia suonò gracchiante alle sei e quarantadue. L'aveva impostata sul telefono di sua madre perché la sua era molto trasgressiva a volte si dimenticava di suonare.
    Ogni cosa in casa Beech è molto sassy.
    Per essere più precisi, la madre di Sean aveva uno di quei vecchi nokia con i tasti spessi e la piccola antennina, di quelli su cui si può giocare solo a Snake, e Sean aveva sempre pensato che una suoneria del genere fosse da pena di morte, o perlomeno, da ergastolo.
    Il risveglio più ansiogeno della sua vita.
    Probabilmente il suo cervello non era ancora pronto per elaborare immagini concrete, ma quando spalancò l'occhio destro e buttò lo sguardo alla finestra gli sembrò notte fonda. O forse la tapparella era semplicemente abbassata. Chi l'aveva abbassata? Mamma? Papà? Mr President? Perché esistono le tapparelle? COS'E' UNA TAPPARELLA E PERCHE ALCUNI LA CHIAMANO GELOSIA?!
    «sgngns» mormorò slittando rapidamente lo sguardo dalla finestra all'orologio. Erano davvero le sei e quarantadue, ed era davvero il primo settembre. Il suo primo giorno di scuola. Ma non nella scuola dei poveri. NOT THIS TIME.
    Sbattè svogliato un piede fuori dal letto e si convinse che prima o poi sarebbe riuscito a tenere gli occhi aperti per più di tre secondi di fila senza collassare di nuovo. In quel momento anche il suo telefono si fece sentire con una timida vibrazione.
    «...cos-» mugugnò lanciando un'occhiata truce al comodino. «P-plebei», riuscì ad articolare, maledicendo chiunque avesse deciso di cercare un contatto con lui.
    Caso strano - era Jade con un prevedibile messaggio di buongiorno; più tardi sarebbe arrivato anche quello di Lienne, un po' più sobrio e con meno emoticon, ma il senso era lo stesso. Era un peccato che non fossero lì con lui quel giorno, pronte a riempirgli le orecchie di cazzate noiose (love u sis *^*), ma in fondo non era più un poppante, e ormai si era rassegnato all'idea che i suoi genitori non avrebbero rivisto i loro tre figli tutti insieme in quella casa facilmente.
    Buongiorno un cazzo, pensò spalmandosi una mano sulla faccia.
    Si diede una pacca sulla spalla per incentivarsi e liberò anche l'altro piede dal lenzuolo, finché non trovò la forza necessaria per rotolare fuori dal letto trascinando con sé il cuscino e la coperta in cui era avviluppato.
    Perché aveva deciso di svegliarsi così presto se il treno era alle undici? La risposta è piuttosto semplice, marrani:
    Perché sono un piccolo, inutile pezzo di merda, pensò spalmandosi una mano sulla faccia. Il suo piano era quello di alzarsi e fingere di fare cose utili fino a quando FINALMENTE avrebbe preso il treno e sarebbe arrivato a Hogwarts in tempo per il banchetto di inizio anno. E anche se a quell'ora del mattino sembrava dimenticarsene, era stato in febbricitante attesa di vivere quel giorno, motivo per cui la sera prima aveva coscientemente deciso che se si fosse svegliato troppo tardi se ne sarebbe pentito, o comunque per qualche ragione si sarebbe trovato nella merda.
    Quel pensiero lo convinse anche solo in minima parte che alzarsi sarebbe stata la cosa più giusta da fare. Sospirò profondamente dando spazio alle narici oltre le dita della mano che ancora non aveva avuto la forza di togliersi dalla faccia, e si tirò in piedi, liberandosi con forza dalle coperte, che lasciò abbandonate per terra.
    Il resto della mattinata, beh, fu un po' com'era stato scendere le scale a chiocciola: una sorta di esperienza estrema di sopravvivenza, ma senza premio in denaro a giochi fatti. Si sentiva uno zombie, ma dopo un paio di caffè riuscì persino ad allacciarsi le scarpe con doppio nodo e a sfoderare un sorriso a sua madre che continuava a parlare a raffica. Aveva finito le raccomandazioni ed ora era evidente che non sapesse più cosa dire. Sembrava più emozionata di un bambino davanti a un negozio di caramelle, il che era carino, perché quella donna non si impegnava molto a fingere di essere felice da quando pensava che Jade fosse morta.
    Vederla appassire lentamente e non poter dire la verità era stata forse la cosa più brutta che Sean avesse mai subito, e anche se sapeva di essere uno stronzo per questo, era felice di scappare da quella situazione. Ma, beh, il pensiero di lasciarla ancora più sola gli faceva venire qualcosa che perlomeno si avvicinava molto ad un senso di colpa. A volte aveva quasi la sensazione che i suoi genitori sapessero in qualche modo che Jade non era morta davvero, che avessero ancora speranza e che aspettassero da lui qualche segnale per scoprire se stesse bene e dove si nascondesse.
    Ma appunto, era solo una stupida sensazione, quindi nobodycares proprio.
    «E poi voglio che mi chiami, dopo il banchetto. E che mi telefoni ogni tanto, prima del weekend», disse d'un tratto alzando la testa dai fornelli. Teneva alzata la paletta con cui aveva appena rigirato un omelette e aveva un sorriso offuscato da un velo di malinconia. «Anche solo un messaggio ogni tanto va più che bene, e...» aggiunse per evitare che il suo bambino la vedesse come una madre troppo oppressiva.
    «Te l'ho già detto, devi stare tranquilla, ma'! Sto solo andando a scuola!» La interruppe Sean alzandosi e stringendole affettuosamente una spalla. Le manifestazioni di affetto erano uno spiacevole sforzo, ma quel giorno decise di fare un eccezione, e visto che sua madre ADORAVA approfittare dei suoi momenti di tenerezza, le permise addirittura di abbracciarlo.
    «Non sto andando in guerra! Mi farò sentire e ci vedremo nel weekend, lo sai. Se ti manco potrei mandarti i miei selfie migliori, così potrai adorarli come santini. Stai molto calma, la tecnologia permette anche questo.» Le battè due colpetti sulla schiena, aspettando che la donna mollasse l'osso. Lei sorrise, e gli rifilò ancora un bacio sulla guancia.
    Erano stati insieme così poco da dopo i laboratori...
    Fece scivolare l'omelette nel suo piatto e Sean la trangugiò in un istante. Poi comparve suo padre, e il cerimoniale si ripeté; il modo in cui lo guardavano mentre mangiava, tenendo l'uno la mano appoggiata alla spalla dell'altra, era terribilmente inquietante.
    Nonostante la sonnolenza riuscì a lavarsi approssimativamente, a buttarsi qualcosa addosso e a prepararsi lo zaino buttando dentro praticamente tutto quello che aveva, compresa la collezione di carte di Magic, il tutto in tempo record. Il tempo rimasto lo impiegò a trangugiarsi di panini, a preparare la cuccetta per Mr President e a pettinare i capelli biondi in un ciuffo ribelle.
    Alla giusta ora i suoi genitori lo fecero montare in macchina e lo accompagnarono alla stazione ripetendo in continuazione frasi imbarazzanti come: "l'avresti mai detto che sarebbe finita così?Ah!" oppure "resti sempre il nostro bimbo speciale!" o ancora "cerca di comportanti bene, non sei un tipo che sopporta di essere punito!" e bla bla bla, fino a che finalmente l'auto posteggiò alla stazione.
    Afferrò la gabbietta, incontrando lo sguardo spazientito di Mr President, che non gradiva particolarmente i viaggi in macchina; infilò le cuffiette del suo mp3 nelle orecchie, fece partire la playlist "colonne sonore epiche per ogni momento di vita" e salutò ancora i suoi genitori con una sventolata di mano, urlando le classiche parole d'addio, perché se proprio bisogna fare una scenata in pubblico, almeno dev'essere teatrale e ben fatta.
    «Addio, miei coraggiosi Hobbit. La mia opera è terminata; qui, infine, sulle rive del mare, si scioglie la nostra compagnia. Non vi dirò "Non piangete"... perché non tutte le lacrime sono un male!...»

    Mentre una fiumara di ragazzi varcava il portone della scuola, Sean rimase qualche istante piantato a gambe larghe ad osservarla da lontano, e un sorriso sghembo colorò la sua faccia. Aveva a spalle quell'enorme zaino verde che usava quando era un boy scout, e anche se il caldo dell'estate era ormai solo un piacevole ricordo insisteva nel voler stare a maniche corte, sfoggiando una maglietta grigia un po' sformata con la scritta "sotto sono anche meglio".
    Preso da un brivido di freddo si tirò il cappellino a coprirgli le orecchie, ma decise di non demordere e di lasciare quella felpa che aveva legata a vita esattamente dov'era.
    Aveva diciassette anni, ma era il suo primo giorno ad Hogwarts. Ed era come nelle foto delle sue sorelle, così potente e misteriosa, come una donna apparentemente docile e innocua ma che appena ti giri ti esce le lame #tuttecagne. Quel lato della scuola lo affascinava, anche se a Jade non piaceva parlarne, ma d'altronde, da anni non si parlava molto di Hogwarts, o di cose magiche in generale, perché "il povero e piccolo Sean avrebbe potuto soffrirne". Dal suo punto di vista, Hogwarts era solo qualcosa di meraviglioso affidato nelle mani di persone che per Jade tanto meravigliose non erano. Sean si era chiesto spesso perché fosse sempre contro tutto e contro tutti, mentre per Lienne ogni cosa era perfettamente normale. Le cose erano diventate più chiare quando il fatto che Sean fosse diverso dalle sue sorelle divenne definitivo, quando ormai fu chiaro per tutti che era un babbano. Fu chiaro per Jade e fu chiaro per Lienne, e quando fu chiaro anche per lui, allora capì che cosa Jade intendeva quando diceva che nella scuola qualcosa non andava. E c'entrava anche lui. Lui era uno di quelli che non volevano e non avrebbero mai voluto. Anche Lienne, forse.
    Strabuzzò gli occhi, distraendosi da quei pensieri. Comunque, le cose erano cambiate. Tra poco avrebbe varcato la sorta di quella porta come avevano fatto Lienne e poi Jade. L'avrebbe fatto da babbano, ma insomma, who cares, l'importante era avere i poteri, e ora li aveva. Questo era sufficiente, anzi, era veramente un sollievo: forse non era un mago, ma da quando manipolava le ombre si sentiva meno diverso, meno emarginato. Ora i suoi genitori non avrebbero più dovuto far attenzione a non nominare la parola "magia" in sua presenza, non l'avrebbero più guardato con dispiacere, come si guarda un cane ferito, non gli avrebbero più detto "per me sei speciale lo stesso", come se avessero partorito un giocattolo difettoso. E okay, forse Hogwarts non era il posto idilliaco che tutti si aspettavano,sia pure, e sia pure che nel sistema gerarchico della scuola un babbano speciale come lui sarebbe stato forse nel gradino della piramide subito sopra alle cimici e alle blatte: beh, era comunque più a contatto con quel mondo magico di cui si era sempre meritato di far parte più di quanto avrebbe mai potuto sperare, e soprattutto, non era più solo.
    Avrebbe imparato a usare i suoi poteri e avrebbe dimostrato quanto valeva, esattamente come avevano fatto le sue sorelle. Avrebbe dimostrato che non valeva meno di loro, perché mago o babbano che fosse era pur sempre un Beech.
    Fu distratto solo quando una voce gli intimò di seguirlo verso quello che sarebbe diventato il suo dormitorio: non era dentro il castello, ma non era neanche la fatiscente catapecchia per derelitti che si era immaginato, e la vicinanza del platano picchiatore lo rassicurava, perché Sean amava quella dannata pianta. Aveva un fetish per gli alberi malvagi. I compagni di dormitorio erano praticamente degli sconosciuti, ma chi non lo era in quel posto? Aveva avuto giusto il tempo di scambiare la parola con due ragazzi sul treno, ma poi Jade l'aveva videochiamato, e aveva passato non so quanto tempo a parlare delle sue occhiaie e di come avrebbe avuto bisogno di un "correttore", che doveva essere uno di quei magici oggetti con cui le donne si modificano la faccia o qualcosa del genere; il tempo era volato, ed ora era lì, a girare senza meta e a fare foto col cellulare a qualunque minima cazzata che gli si presentasse davanti, perché tutto gli sembrava diverso e fottutamente favoloso.
    Quando finalmente fu il momento, si infilò finalmente la felpa verde che aveva legata a vita e varcò la soglia della sale grande.
    Era grande davvero, pensò sgranando gli occhi. Ed era meravigliosa. Ora poteva finalmente capire la distanza incolmabile tra il mondo dei maghi e quello dei babbani: ripensava alla sua scuola nella periferia di Londra, all'odore di minestra nei corridoi e all'aula magna con quella fila di sedie sghembe e un modesto tavolo rigato da segni di forbici e matita.
    I quattro lunghi tavoli delle case erano già gremiti di studenti che parlavano delle loro estati e si scambiavano pettegolezzi su una cosa o l'altra; erano abituati a quel mondo, e per un momento fu trafitto da una lieve malinconia, perché anche lui avrebbe potuto essere lì, con la sua divisa da serpeverde, a parlare con i suoi compagni dell'ultimo anno sfoggiando con orgoglio la sua bacchetta #mlml. Avrebbe dovuto essere lì.
    Scrollò le spalle, guardando ancora per un attimo quell'ambiente a lui così estraneo, smarrendo lo sguardo tra le candele e la loro pungente luce arancione
    Non gli ci volle molto a capire quale fosse il suo tavolo: anche quello era già pieno dei ragazzi con cui avrebbe frequentato le lezioni di controllo dei poteri; aveva già visto molti di loro in dormitorio, altri erano facce nuove, poco importava. Slittò sulla panca proprio mentre un uomo - che doveva essere il nuovo preside, faceva il suo ingresso trionfale nella sala, e Sean non fece tempo a sedersi che sentì un silenzio surreale calare attorno a lui. Doveva essere qualche strana stregoneria, pensò rivolgendo uno sguardo di sfida all'uomo che li aveva appena ammutoliti tutti quanti.
    Cominciamo male, ragazzone, meditò: non aveva mai avuto un buon rapporto con i presidi delle scuole precedenti.
    Beh, neanche con gli insegnanti in effetti.
    Beh, neanche con gli alunni.
    Si sistemò accigliato sul suo posto, vicino ad un ragazzino biondiccio con piccoli occhi color nocciola. Doveva avere più o meno la sua età, anche se sembrava davvero minuscolo; cosa che lo fece sentire meglio, visto che di solito era lui il ragazzino infantile della situazione. Era abbastanza sicuro che il suo nome fosse Oliver, ma non riusciva a ricordare se gli avesse rivolto la parola sul treno, o se l'avesse visto ai dormitori, o se semplicemente avesse letto il suo nome da qualche parte.
    Lo salutò con un'alzata di capo, pensando che avrebbe potuto fare di più, se solo quello stronzo non li avesse zittiti tutti quanti.
    Aspettò che finisse il suo discorso, tamburellando sul tavolo e ispezionando faccia a faccia i suoi simili. Esattamente davanti a lui c'era una ragazza di nome Ashley, e stavolta era sicuro che il suo nome fosse proprio quello; aveva sbattuto la spalla contro la sua sulla porta del dormitorio. Lei usciva, lui entrava. Non avevano avuto un dialogo appassionante, uno "scusa" distratto e un'alzata di mano in cenno di perdono, ma la sua faccia le era rimasta ben impressa, perché aveva due occhi azzurri davvero enormi e dei lunghi capelli neri, ed era raro vedere una ragazza così "graziosa" nel quartiere della sua vecchia scuola, dove avevano l'esclusiva stronzette massacrate dal trucco pesante o cessi a pedali circondate da un'aurea negativa. Ashley non le aveva propriamente detto il suo nome, ma avrebbero condiviso lo stesso alloggio, e per un piccolo stalker come Sean indagare non era stato difficile.
    La salutò con un sorrisetto innocuo, un po' storto - ma in fondo non era mai stato in grado di sorridere normalmente, Sean. Lei, come tutti gli altri, era molto attenta al discorso del Preside. Continuò a tamburellare le gambe innervosito finché l'uomo non ebbe finito. Non che non ascoltasse, ma aveva già capito come sarebbero stati i suoi sentimenti nei suoi confronti quando il vecchio aveva pronunciato le fatidiche parole: «Sono lieto di dare a voi tutti il bentornato in questo castello per il nuovo anno scolastico. A dir la verità, non esattamente a voi tutti, ma purtroppo abbiamo l’obbligo di accettare chiunque qui»
    Stava chiaramente parlando di loro, e la cosa non gli andava giù. Lo capì dall' occhiata sfuggente che lanciò al lato dove si erano sistemati. Sean era così infastidito che la parte del discorso in cui parlò di "torture" quasi passò in secondo piano (o comunque per qualche ragione decise di non prenderla seriamente).
    «Tse, ma chi si crede di essere?» Bofonchiò girando la testa verso il ragazzo seduto accanto a lui quando si scoprì di nuovo in grado di usare la propria voce. Scosse lievemente la testa, pensando che forse Jade non aveva tutti i torti, anche se non era il caso di farsi scoraggiare per un preside un po' stronzo: aveva passato tutta la vita ad essere un po' acab contro le autorità, non sarebbe stato un problema continuare ad esserlo, pensò sorridendo distratto.
    Nel bene o nel male, sarebbe stato un anno memorabile.


    Scheda ▴17 ▴ NEUTRALE ▴ Pensieve code role by #epicwin for obliviongdr

     
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  2. #bulstrode
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    Emily Bulstrode ( ) – 52yo - ex-Ravenclaw – Death Eater-
    the Old Guard - Head of Censorship - HoM Teacher
    « Elegance is seduction, charme, mystery. It is not pure appearance »
    Emily alzò lo sguardo. In realtà non aveva minimamente notato Arthur, suo figlio, quello biondo. Non gli aveva nemmeno chiesto di venire a Hogwarts poiché temeva di sembrare troppo costrittiva. Non volevo farlo sentire obbligato a venire in un banchetto di una scuola della quale non faceva più parte. Ma se n’era pentita, avrebbe fatto meglio anche solo ad accennare al banchetto, Arthur era un ragazzo molto sensibile, magari gli sarebbe piaciuto ritornare a scuola. Arthur, nonostante ciò, era venuto di sua spontanea iniziativa. Quando Emily lo vide, seduto in uno dei tavoli circolari, sorrise, un po’ amareggiata dal non averlo invitato. Di sicuro non l’aveva fatto Michael, essendosi i due allontanati l’un l’altro a causa del carattere chiuso di Michael.
    Emily si scusò prendendo un tovagliolo di lino e passandoselo delicatamente sulle labbra, tamponando leggermente la pelle. Senza strofinare il tovagliolo sulle labbra, sì: era un comportamento da rozzi incivili. Per non parlare dell’avventarsi come bestie affamate sul cibo presente sulle quattro tavolate di Hogwarts. «Vado a salutare alcune persone, torno subito», disse ai suoi commensali, spostando indietro la sua sedia senza fare il minimo rumore, per poi alzarsi elegantemente.
    L’arrivo del nuovo professore di Trasfigurazioni era stato estremamente inatteso. Una vera e propria sorpresa, nonché un grande mistero. Si trovava poco su di lui, e Emily si aspettava varie notizie, fasulle e non, sulla sua persona circolare tra i corridoio della Censura. I giornalisti si sarebbero gettati sulla sua vita come avvoltoio, chiedendosi chi fosse quel nuovo e misterioso nuovo acquisto del corpo docenti hogwartsiano. Era estremamente giovane, Lucien Doyle, per essere un professore, come lo era Maeve Winston. La Bulstrode sapeva che sarebbe stato all’altezza del suo compito, del resto i colloqui di Hogwarts puntavano ad assumere solo personale d’élite per formare le più eccellenti menti di Gran Bretagna e sfornare i più competenti cervelloni e i meglio addestrati soldati, tutti al servizio di un regime supremo, tutti sottomessi e servitori dello stesso ideale.
    Scese i pochi gradini che separavano il tavolo dei professori al resto della Sala. Erano i professori a dominare la Sala Grande, neppure i più alti rappresentati della politica magica erano al loro stesso tavolo, ma più in basso. Si fermò a salutare alcuni suoi colleghi venuti apposta dal Ministero, scambiando veloci ma cordiali saluti. Si attardò molto a causa dei saluti prima di poter raggiungere Michael, l’altro suo figlio. Seduto insieme ad alti rappresentati del Ministero. Avvicinatosi ad egli, gli posò una mano sulla spalla, mentre lui si affrettò ad alzarsi per salutarla. «Oggi non sei passato a salutarmi in ufficio», gli disse, un po’ risentita, ma a voce bassa, affinché nessun altro sentisse. Lui arrossì bofonchiando che aveva tanto lavoro, ma Emily lo zittì. «Almeno qualche volta passa a salutarmi, mi fa piacere. Domani sera vieni a casa mia, ceniamo insieme». Pi si congedò la lui salutando gli altri commensali. «Vi auguro un buon proseguimento di serata», disse loro. Poi, rivolgendosi a Michael,, aggiunse: «Mangia bene, e ricordati di salutare almeno Arthur». Detto questo, si allontanò, stavolta alla ricerca dell’altro figlio.
    Alzò la mano o toccò delicatamente la spalla per salutare altri suoi colleghi, come la Bibliotecaria o gli assistenti. In particolare si avvicinò a Leanan posandogli una mano sulla spalla. «Buonasera, Leanan. Mi raccomando, ci vediamo domani», lo salutò affettuosamente. «Buona cena, anche a voialtri», concluse poi rivolgendo un caloroso sorriso al resto dei commensali di quel tavolo.
    Finalmente arrivò al tavolo di Arthur. Avvicinatosi a lui, lo abbracciò. «Scusami se non ti ho invitato», si scusò con sincerità una volta che si fu staccato da lui. Con il polpastrello del pollice della mano destra pulì la punta del suo naso, leggermente sporca di salsa, dicendo semplicemente «Sei sporco». Poi gli strinse la mano. «Stai mangiando bene, Arthie?», gli chiese affettuosamente. Aveva sempre riempito di attenzioni sia Arthur che Michael, li aveva cresciuti nello stesso modo, affinché fossero degni di vivere e di portare il cognome dei De LaMort, il cognome suo e di suo padre. Arthur era sempre stato, nonostante la simile educazione, quello più tenero ed estroverso, sensibile e dolce. Una grande qualità che Michael non aveva. In compenso Michael aveva la capacità oratoria, come sua madre, e la sicurezza, come sua madre e suo padre. Arthur era diverso, e per questo Emily lo adorava molto. Era suo figlio, e l’avrebbe sempre accudito, nonostante la sua fama di donna inflessibile renda ciò incredibile. «Domani sera vieni a casa nostra, va bene?», lo invitò. Arthur abitava fuori villa Bulstrode a causa del lavoro. «Volevo fare una cena tutti insieme, mi manca avervi sempre con me». Gli fece cenno di sedersi, congedandolo per il momento: «Devo tornare lì, ma appena il banchetto finisce salutami prima di andartene». Detto ciò, si allontanò da lui, dirigendosi al tavolo dei professori.
    Saliti i gradini, si accomodò nuovamente nel posto riservato a lei, in mezzo alla Queen e a Campbell. Sorridendo alla Queen, le chiese come andasse il suo lavoro al Ministero, prendendo il suo calice di vino.
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    xavier stevens ( ) - 18 y.o. - muggle - team hamilton - too xav for your shit
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    Più ci pensava e più non riusciva ad arrivarci, forse era solo limitato o semplicemente non aveva mai avuto molte esperienze di quel tipo, eppure rimaneva un chiodo fisso, persino quando si trovava in presenza del fremello #2 –sì, ormai erano fremello #1 (Stiles) e fremello #2 (Jay), come le Chanel- o a dover fare qualche lavoretto per Rea (non era ancora così ridotto male da dar retta a Ge(r)mes), non riusciva a smettere di pensarci. Stava diventando una malattia, sperava solo di poter trovare una cura. Il fatto era, signore e signori, che Hope aveva passato anche più tempo del previsto ad Hogwarts, e il fremello di fuoco pensava di averle fatto intendere qualcosa, qualcosa che però non esisteva. Morgan, l’ aveva baciata, e questo avrebbe dovuto significare qualcosa? Nella mente della Mills doveva essere così, e questa era uno di tanti motivi per cui odiava le ragazzine, e nello specifico quelle appartenenti a Tassorosso. Non aveva avuto modo di chiarire con lei, così era tornata a casa con chissà quali convinzioni. Sicuramente avrebbe dimenticato l’ accaduto, aveva un’ estate davanti, spiagge di sabbia bianca, Shane, altri ragazzi, Shane, dei problemi, Shane. Che cosa offriva a lui l’ estate? Un fremello, un allegro circo e il team Hamilton, che estate di merda.

    Se fosse stato un po’ più come Stiles, e non intendeva solo nello spirito, probabilmente avrebbe anche apprezzato quella giornata. E invece non lo era, quindi la considerava solo uno dei tanti giorni di merda che era costretto a sorbirsi, certo, non fingeva neanche che tutto quello gli piacesse, ma alla fine sapeva che ci sarebbe invecchiato in quel modo. Che incubo, avrebbe dovuto sorbirsi Jayson per i prossimi anni, Morgan save the Queen. Per superare il trauma avrebbe dovuto incominciare ad assumere ingenti quantità di farmaci, così che non sarebbe durato neanche cinque anni e solo a quel punto avrebbe potuto morire e dopo tre giorni resuscitare, o almeno così avrebbe fatto credere alla plebe, sennò a cosa servivano i fremelli? Temeva che sarebbe morto in ogni caso, Stilinski sembrava essere uno degli studenti più ambiti della scuola. Sì, da sculacciare #stilesteele (io non faccio l’ amore, io scopo. Forte.). Per non parlare di Jay, si ricordava perfettamente di come nell’ anno passato l’ avessero fermato nei corridoi facendogli le condoglianze, oh sì, il fremello era così solare e pieno di vita, non aveva certo la faccia di uno in un costante lutto. Era davvero commosso da tutto quell’ interesse, niente con cui avesse a che fare la figura del fremello di fuoco, che amarezza. E sarebbe anche andato avanti con l’ elenco delle cose che non potevano che peggiorare, se solo quel maledetto braccialetto (che poi, lo stava indossando davvero?) avrebbe smetto di dargli fastidio, e non era neanche la prima volta che le ali del boccino incominciavano a sbattere violentemente, doveva essere nei pensieri di Hope frequentemente, capiva che non doveva essere facile smettere di pensare a lui ma per Morgan, la ragazza era davvero troppo antisgamo. Probabilmente l’ avrebbe rotto entro cinque minuti, se solo, alzando lo sguardo verso l’ orologio appeso alla parete, non si fosse accorto di essere in ritardo. Quella vita era troppo faticosa per lui, avrebbe preferito lasciarsi morire sul letto che affrontare il Banchetto. Perché non poteva farlo? Ah giusto per colpa di Rea Hamilton, che amava schiavizzarlo e utilizzarlo per i propri scopri, ad esempio per scaldarle il cibo, non che Ge(r)mes fosse meno schiavista, comunque. Unica consolazione della serata era che non ci sarebbe stato nessuno dei due (AHAHA illusoh) e di conseguenza non gli avrebbe fatto da schiavo, contrariamente a come aveva dovuto fare d’ estate, nonostante ciò nessuna gioia all’ orizzonte per Xavier Stevens, strano.

    Nuovo preside, stessa scuola. Insomma, per loro non era cambiato assolutamente niente, come se non essere visti di buon occhio fosse una grande novità e francamente, a Xavier non poteva fregare di meno di quello che pensava il Sicla. Suvvia, la sua giornata non sarebbe peggiorata perché un mangiamorte un po’ troppo biondo gli aveva fatto capire che erano indesiderati, anche se certamente, Colov non era paragonabile a Leroy, che era scomparso nel nulla, ma questa era un’ altra storia. «Giampiero, giusto?» Giampiero, questa volta era caduta in basso. Xavier era a conoscenza dei suoi piccoli problemi di memoria ma non era mai arrivata a chiamarlo Giampiero, fino a quel momento il nome peggiore che aveva sentito era Piergiancarlo e già lì aveva tentato di tapparle la bocca prima che potesse dire qualcosa di imbarazzante. Capitelo, Xav era affezionato a Charlie, sì, perché “volere bene” era un termine troppo terrificante, ma certe volte riusciva a metterlo a disagio, principalmente perché non si ricordava neanche dove abitava. «È Xavier Charlie, è Xavier e sì, siediti se vuoi» l’ apparizione di Charlotte aveva contribuito a rovinargli l’ appetito, la quale anche se sua amica, non era certo autorizzata a molestarlo durante la cena. Specifichiamo, le molestie andavano bene, anche perché non voleva proprio diventare un eremita, ma le richieste a tavola no, un po’ di pietà. Si girò verso il ragazzo che le aveva indicato, chiedendosi che cosa volesse un tipo come lui da Rea, Morgan, non conosceva quel quindicenne ma gli stava già sul culo, la Hamilton non gestiva un asilo e di conseguenza non aveva niente da dirgli, ma, ovviamente, non riuscì a resistere allo sguardo quasi tenero della ragazza, bagasha, perché anche lui non aveva quelle armi? «va bene, ma non farmi fare più da segretario mentre mangio» le lanciò uno sguardo eloquente, alzandosi per raggiungere il ragazzino, che, tra parentesi, da vicino sembrava ancora più ritardato «senti ragazzino, mi hanno detto che stai cercando Rea, sia chiaro, ha cose più importanti da fare che incontrarti» si sedette accanto a lui, senza lasciargli il tempo di controbattere, doveva essere una cosa veloce, in modo tale che tutti e due sarebbero tornati a farsi gli affari propri in meno di due minuti. Era tentato di negargli il suo aiuto, ma poi si ricordò di Charlie e di come assomigliasse a Rea, e deludere la gemella non rientrava nei suoi desideri, anche perché chissà cosa si dicevano quelle due e di certo non ci teneva ad attirare l’ odio di Rea, quindi per una volta evitò di fare la bagasha e di trollare il prossimo «ma puoi trovarla qui» scrisse l’ indirizzo su un tovagliolo, maledicendosi per essersi lasciato corrompere da Charlie.

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    il banchetto si è ufficialmente concluso!
    bentornati ad hogwarts!


    Grazie a tutti per aver preso parte all'evento celebrativo di inizio anno, il preside è molto felice di sapere che già dieci decimi del castello lo odia a morte! (era anche l'obiettivo che tutti meno lele speravamo di raggiungere, quindi hip hip.. niente.) Come promesso verrà dato a ognuno di voi un bonus in PE per la partecipazione, ricordando quanto scritto nel primo post dall'amato e garbato nazipreside:
    CITAZIONE
    QUANDO CHIUDE L'EVENTO?
    Il banchetto chiuderà il 30 Novembre 2015, fino ad allora potrete scrivere tutte le volte che volete, o potrete anche non farlo: non è affatto obbligatorio! Ma, nel caso voi partecipaste per ogni post guadagnereste 2 PE che andranno al gruppo del personaggio postante!

    Qui di seguito la lista di ogni PG postante con attribuiti i PE per ogni post:

    Cole Solv Sicla: 2PE
    Edith Lagrange: 2PE
    Viktor Berqgvist: 2PE
    Anjelika Queen: 2PE
    Erin Silver Sicla: 2PE
    Leanan Murray: 2PE
    Nathaniel Henderson: 2PE
    Balthazar Wyvern: 2PE
    Roxenne Boyer: 2PE
    Damian Icesprite: 2PE
    Lucy Neverajoy: 2PE
    Idem Withpotatoes: 2PE
    Jericho Lowell: 2PE
    Oscar Fraser: 2PE
    Lien Thorne: 2PE
    Raiden Norrey: 2PE
    Liam Callaway: 2PE
    Arabells Dallaire: 2PE
    Dakota Wayne: 2PE
    Augustus Tibaldi: 2PE
    Aveline Jodene: 2PE
    Emily Bulstrode: 4PE
    Russell Cooper: 2PE
    Phobos Campbell: 2PE
    Lucas Italie: 2PE
    Belladonna Cavendish: 4PE
    Nicole Cooper: 2PE
    Tyreek Baptist: 2PE
    Nobuo Serizawa: 2PE
    Isaac Lovecraft: 2PE
    Rea Hamilton: 2PE
    James Larrington: 2PE
    Ian Todd Mikobitch: 2PE
    Niamh Lynch: 2PE
    Hope Mills: 2PE
    Mackenzie Targaryen: 2PE
    Kaylyn Lewis: 2PE
    Lydia Hadaway: 2PE
    Karma Montgomery: 2PE
    Arthur DeLamort: 2PE
    Oliver Abrasax: 2PE
    Archibald Leroy: 2PE
    Amos Hamilton: 2PE
    Joen Thane Doe: 2PE
    Sean Beech: 2PE
    Xavier Stevens: 2PE

    Ricordate di richiedere i vosti PE nelle apposite schede livello seguendo il modulo prestabilito - lo trovate nei regolamenti della sezione - e lo staff provvederà ad inserirlo nella somma totale dei vostri PE già accreditati! *tecniche per aumentare i messaggi del forum* *ops*
    Grazie ancora per aver partecipato, buoni Hunger Games a voi tutti!
    May the (hot)d-oggs be never in your flavour. #wat
    ciao, buon naziterrore a tutti voi, smak
     
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48 replies since 7/11/2015, 02:50   3201 views
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