Ogni volta che mi sentivo felice e ispirata era difficile per me contenere la mia gioia. Oltre ad aver bisogno di parlarne con qualcuno non riuscivo a stare nemmeno più ferma. Ritornavo ad essere come una bambina che dopo tanto tempo ha finalmente ricevuto il suo tanto atteso giocattolo. Mi caricavo di adrenalina anche per poco ed il buon umore mi durava per giorni, o perlomeno fino a quando la cosa desiderata non arrivava nelle mie mani. L’attesa.. Era questa che assaporavi per tutto il tempo. E più cercavo di tenere la cosa per me più me ne andavo girando con un sorriso da ebete sulla faccia. E credetemi, il sorriso che ho quando sono felice è sul serio da imbecilli. Gli occhi si rimpiccioliscono e si allungano appena, ma non tanto perché altrimenti starei ridendo a crepapelle, mentre le labbra assumono quella forma ad U che non se ne va più. Mi sono sempre chiesta cosa pensavano le persone quando mi vedevano girare con quella faccia. Io di solito sono una persona vivace ed allegra, e la mia faccia, normalmente, assume un’espressione rilassata, niente di più. Avrei perso ogni credibilità se anche solo una delle persone che avevo torturato mi avesse visto ora con quella faccia. Ad ogni modo.. Quella mattina mi ero svegliata di buon umore. Non sapevo cosa la giornata mi avrebbe riservato ma ero sicura che sarebbe andata bene, soprattutto nelle questioni di affari, cosa che mi interessava particolarmente. Ora che finalmente avevo trovato un lavoro al ministero mi mancava solo una casa nei paraggi. Tra tutte le opzioni avevo per un po’ considerato quella di rimanere a Lione e materializzarmi e smaterializzarmi ogni volta a Londra ma alla fine a cosa sarebbe servito? In fondo Cassie era un sicario e per lei era indifferente il luogo in cui vivere. Per questo optammo insieme per la possibilità di trasferirci lì, o comunque nei paraggi. Magari avrei fatto anche una capatina a Hogsmeade. Mi presi la responsabilità di cercare un bel posticino mentre lei era a lavoro e così mi alzai di buon ora. Mi preparai a lungo, e dopo una serie di ricerche fatte con il computer babbano mi materializzai a Londra, nei pressi di Buckingham Palace, il posto che meglio di tutti ricordavo. Effettivamente quella era una città un po’ caotica e certamente non decisi di venirmene via dalla Francia per il bel clima caldo e secco che invade 365 giorni l’anno la grande capitale.
Tutta la mia vita l’avevo passata in Francia, seguendo da lontano le notizie del mondo magico che partivano proprio da qui. Io poi adoravo la storia, e quella città, nei suoi angoli più bui, nascondeva ancora i segni della epica battaglia avvenuta decine di anni prima, ed ero sicura, che un giorno, li avrei scovati. Sembravo tipo un archeomago che aveva finalmente trovato i reperti del primo esempio di thestral apparso sulla terra. Conoscevo ben poco quei luoghi, solo qualche volta, verso i 16 anni, la scuola di Beauxbatons ci fece fare dei gemellaggi con Hogwarts. Fu in quel periodo che conobbi Hogsmeade e Diagon Alley e se sapevo muovermi fu solo grazie a quelle reminiscenze.
Passai così tutta la mattinata e l’intero pomeriggio a cercare un posto che fosse almeno decente in cui vivere. Ma con scarsi risultati. Una era troppo piccola, l’altra troppo grande. Una stava cadendo a pezzi, un’altra non aveva nemmeno i muri. Per non parlare del clima di quel giorno: umido e piovigginoso. Arrivarono subito le sei e mezza del pomeriggio e decisi di finirla lì. Sicuramente sarei tornata l’indomani dato che non avevo molto tempo a disposizione. Ma ormai mi trovavo e di tornare a casa non mi andava, così optai per una burrobirra a I tre manici di scopa, a Hogsmeade. Sapevo che era una delle bevande più buone che il piccolo villaggio potesse offrire e per questo lo raggiunsi. Probabilmente le volte in cui l’avevo bevuta non si potevano contare sul palmo di una mano. E alla fine quella si rivelò come un ottima idea sia per mettere qualcosa nello stomaco sia per prendere finalmente un po’ di calore e far andare via tutta l’umidità che avevo in corpo. Difatti non appena aprii la porta un odore dolciastro mi invase e con lui anche quel leggero tepore tipico dei pub. Come locale era abbastanza affollato. Notai parecchi studenti, sia in gruppo che non, che si stavano godendo un pomeriggio fuori dalle mura del vecchio castello, e degli adulti con i quali conversavano. Che fossero i loro insegnanti quelli? Troppi marmocchi, pensai, con un leggero riso sulle labbra.
Notai più avanti un tavolo libero, appartato e vicino la finestra, con al posto delle sedie delle comode panche. Quello. È. Mio. Ma non appena lo raggiunsi un deficiente lo occupò, davanti ai miei occhi.
Smamma mostriciattolo. Non mi piaceva quando qualcuno occupava qualcosa che avevo adocchiato. Perché?! Sbaglio o l’ho occupato prima io? Smamma o non ti piacerà lo stato con cui uscirai da questo posto. Beh, magari puoi sederti accanto a me se ci tieni tanto. Disse, con un filo di ironia. Io, con tutta la serietà di questo mondo afferrai la mia bacchetta e la infilzai nella sua guancia.
Guardami attentamente. Per alzarti di qui hai tempo fino a quando non sbatterò le palpebre una prossima volta. E se sbatterò le palpebre e tu sarai ancora qui, con questa piccola bacchetta che vedi ti schianterò esattamente oltre questa finestra. Sono stata chiara? Gli dissi, con un filo di voce, un po’ spazientita. Sentii il tipo deglutire. Ero bravina a fare giochetti di questo tipo, riuscivo a non far sbattere le palpebre fino a un tot di tempo, che poi era quello necessario al ragazzo per alzarsi dopo cinque secondi contati.
Finalmente mi sedetti. Quel posto già mi aveva scocciata ma non potevo andarmene così presto, per cui attesi che qualcuno venisse a prendersi l’ordine. Nel frattempo un uomo strano stava catturando la mia attenzione. Che si trovassero tutte ad Hogsmeade le persone più strambe non lo avrei mai creduto.