A sunset

xLorean

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  1. -bulstrode-
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    Emily Bulstrode
    THERE IS NO GOOD AND EVIL, THERE IS ONLY POWER, AND THOSE TOO WEAK TO SEEK IT
    Quella mattinata era stata abbastanza stressante per Emily Bulstrode, direttrice del reparto della censura del Ministero della Magia. Non stressante come le altre giornate, anzi. Emily ormai si era abituata a tutta quella mole di lavoro che ormai non la stressava più né le procurava troppa stanchezza. Ad Emily piaceva il suo lavoro, e non perché poteva sapere per prima i fatti altrui. Le piaceva perché la rendeva temibile, ed Emily era stata da sempre una persona ambiziosa che voleva spingersi ai limiti senza fermarsi davanti agli ostacoli. Voleva raggiungere i vertici. Honneur, onore, era una delle tre parole che formavano il motto dei De Lamort, la famiglia dj Emily. Ovviamente faceva quel lavoro anche perché era leale e fedele al Governo e allo Stato Magico. Difatti, patriotisme, patriottismo, era la terza parola del motto.
    Però la prima parola del motto, quella che veniva prima di tutte e prima di tutto, era famille, famiglia. Famille, honneur, patriotisme. Famiglia, onore, patriottismo. Suo padre l'aveva cresciuta calcandole nella mente, nell'animo d nel cuore quei tre grandi valori, come facevano i pater familias con i loro figli e nipoti per i mos maiorum. Emily era stata da sempre una persona molto seria e scrupolosa, quindi prese sul serio quei tre grandi valori custodendoli per sempre. Li avrebbe probabilmente custoditi anche nella tomba, una volta morta.
    Era stata proprio la famille a farle rifiutare il posto in Consiglio subito dopo il lancio dell'Oblivion. Lanciato l'Oblivion che soggiogò il Mondo Magico, infatti, Emily, che fu una dei quattro sopravvissuti al rituale, fu presa in grande considerazione come Consigliera del Ministero. Però Emily finì in coma a causa del rituale. Aveva due figli gemelli maschi di due anni. Piccolissimi. Quando si risvegliò si accorse che le mancavano tantissimo, più di quanto le mancasse Hogwarts o suo marito defunto.
    Appena uscita dal coma dovette passare un lungo periodo di riabilitazione. Appena tornò a casa ebbe a stento il tempo di riposarsi che fu convocata in Ministero per ricevere la Medaglia d'Oro al Valore di Merlino di Prima Classe, per il contributo dato al cambiamento delle sorti del Mondo Magico. E le fu proposto di prendere una delle sedie del Consiglio del nuovo Ministero del nuovo Mondo dei Mangiamorte. Ella rifiutò, non perché si fosse scordata del patriotisme, ma perché aveva a cuore i suoi due figli.
    E divenne madre a tempo pieno. Una madre dolce ma severa, affettuosa e amorevole. Crebbe i suoi figli educandoli come fece prima suo padre con lei. Li fece crescere, da sola (almeno finché non si sposò nuovamente con August Greengrass). Per lei fu la sua più grande vittoria, il suo più grande trionfo. I suoi due figli, i suoi gioielli, i suoi diamanti. La sua vita. E poi aveva un padre da accudire. Suo padre viveva in Francia, in una casa vicino al mare. Era solo, sperduto. Un fazzoletto bianco lasciato in mezzo alla sabbia. Non faceva più niente, cercava solo di rivivere le cose passate sfogliando album di foto. Andava nel Ministero della Magia e ancora batteva il martelletto per far iniziare o concludere i processi nel nome del Winzegamot francese, ma era diventato più stanco. Suo padre si stava sciupando, piano a piano. Era solo, gli mancava la moglie. La sua unica consolazione erano la figlia e i due nipoti.
    Emily aveva paura che il padre soffrisse di una malattia. Aveva paura che un giorno le sarebbe arrivata una lettera con i bordi neri ad annunciarne il decesso e a offrire il cordoglio alla famiglia De Lamort. Il fatto che quel giorno alla fine doveva arrivare non faceva che aumentare la paura. Emily non voleva perdere suo padre. Era l'unico uomo che avesse mai amato con tutta se stessa, oltre ai due mariti e i due figli. Era l'uomo che l'aveva cresciuta. L'uomo che l'aveva protetta. L'uomo che l'aveva trattata come una principessa, come un gioiello.
    Emily si accorse che una lacrima le stava solcando la guancia. Con la manica del vestito la pulì prontamente. Sorrise al sole che stava per iniziare a fare la sua discesa verso lo specchio d"acqua del Lago Nero. Era uno spettacolo fantastico. Il sole si tuffava nel Lago gigantesco e il riflesso della stella veniva frammentato in mille e mille parti nello specchio d'acqua. Emily era appoggiata al parapetto della Torre di Astronomia, rivolta proprio verso il Lago Nero. Sotto di lei v'erano le tegole che proteggevano i soffitti delle aule di lezioni che stavano sotto di lei. O forse i bagni. Hogwarts era talmente grande. Bella, maestosa, imponente. Fantastica. Magica.
    Sentì dei passi salire le scale interne della Torre di Astronomia che conducevano verso il parapetto. Sperò non fossero due piccioncini. La Torre di Astronomia era un luogo prediletto dalle coppie. In quel caso sarebbe stato abbastanza imbarazzante, anche in quanto professoressa della scuola di Hogwarts, trovarsi in compagnia di due ragazzi in vena di sbaciucchiamenti. Spero fosse al massimo un solo studente, o un collega. In ogni caso si voltò, pronta ad accogliere chiunque stesse per arrivare.

    PG sheet ▴ 51 yo ▴ Death Eater ▴ The Old Guard ▴
    ▴ HoM teacher ▴ Head of Censorship ▴
    code role by #epicwin for obliviongdr

     
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    Non era stato neanche discreto nel pedinare la donna sulla cima della Torre di Astronomia. Perché avrebbe dovuto? Erano colleghi, erano Purosangue, erano ricchi ed erano biondi – non aveva bisogno di altre giustificazioni per seguire Emily Bulstrode: non aveva nulla da nascondere.
    Non aveva neanche mai celato quanto gli stesse apertamente sul cazzo: quando poteva, amava essere onesto. Era strano essere ad Hogwarts in qualità di adulto responsabile, e non studente – assurdo calpestare quei gradini sui quali, in gioventù, si trascinava per fumarsi una meritata canna fra una full immersion di studio e l’altra. Indossava una semplice camicia bianca ed eleganti pantaloni neri, fingendo – almeno in quei primi giorni di lavoro – di essere effettivamente un umano funzionale e consono alla cattedra di assistente di strategia. Non che a scuola avessero motivo di dubitare le sue buone intenzioni – pareva assurdo, ma ai suoi tempi era un ottimo studente.
    Non sapeva quando la sua vita avesse iniziato ad andare a puttane rendendolo un cazzone di prima categoria. Pubertà? Ormoni? Droga? Quasi sicuramente, tutti e tre.
    Si fermò prima di arrivare al pianerottolo, immobile con la schiena premuta contro il muro. Un anno prima, William Yolo Barrow avrebbe avuto centinaia, migliaia di motivi per odiare la donna: in quanto ribelle, fottutamente leader dei ribelli, la Bulstrode rappresentava tutto ciò che il Barrow odiava e disprezzava – tutto quello contro il quale combatteva. Sarebbe stato un onore, una fottuta soddisfazione morale, compiere i passi che lo dividevano da lei e, approfittando della sua distrazione e dell’effetto sorpresa, spingerla al di là del parapetto. In quel momento però, lavato della memoria che l’aveva reso un quasi onorabile William Fuckin Yolo Barrow, le motivazioni a spingerlo a proseguire nella sua ascesa alla gloria, non erano poi così pure: ma non meno sincere. Quando qualcuno gli stava sul cazzo, gli stava sul cazzo forte. Di scrupoli non se n’era mai fatti, e non avrebbe certo cominciato in quel momento. Si affacciò, un biondo sopracciglio sollevato, permettendosi così di osservare il disteso viso della donna, la quale puntava il proprio sguardo – e la propria completa attenzione – ad un imprecisato punto verso l’infinito ed oltre. Si guardò attorno piegando la bocca verso il basso, la mancina a scivolare discreta fra i corti riccioli biondi.
    Così? Facile.it? La sua coscienza, con il fastidioso – per quanto amabile – tono di Mitchell Trevor Winston, lo ammonì a rimanere sul posto: hai appena iniziato a lavorare qui, William; non fare cazzate.
    Una vera fortuna che nella decade di amicizia con il Winston, William avesse semplicemente imparato ad ignorarlo, degradandolo a rumore bianco. Sorrise al nulla, la mano destra poggiata dietro la schiena e contro le pietre del castello. Quando udì dei passi, saltò sull’attenti aguzzando vista ed udito, portandosi un dito alle labbra prima ancora di comprendere di chi si trattasse: Amos Hamilton, Gwendolyn Markley – e la luce dei suoi occhi: Jeremy Milkobitch. Agitò la bacchetta in un Muffliato che potesse renderli inudibili alle orecchie della donna, ancora intenta a riflettere sull’esistenza e sulla maniera più efficace per censurare tutti i troll che mandavano storie troppo hot alla sua posta personale (beh? Prima di deborah e di sabrina, c’era solo una pancina queen) perché li pubblicasse su Uterine «vi va di giocare a un due tre stella?» domandò, sorridendo gentile ad ognuno di loro. Nel caso + estremo (Amos, guardo te) avrebbe potuto cancellare la memoria a tutti i testimoni.
    Ma nel mentre.
    Si avvicinarono di soppiatto, come Pucca ed i suoi amici ninja, alle spalle della donna [war flashback brian vs edith: guarda come si fa, CAZZONE!]. William indicò con un cenno del capo di aprire le danze:
    «uno»
    «due»
    «tre…»
    E connessi ad un livello intimo e profondo, posarono le mani sulla schiena di Emily Bulstrode: «STELLA» rubandogli la bacchetta, e spingendola giù dalla Torre di Astronomia (si sapeva che non le piaceva cucinare; le stavano facendo un favore).
    Beh, oh.
    Gliel’aveva servita su un piatto d’argento.
    # no one is safe
    22 y.o. | rebel
    19.09.2015
    prelevi? // i panic at a lot of places besides the disco
    william
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    amos hamilton
    Amos doveva ancora abituarsi a quella realtà così nuova, così lontana al modo di vivere a cui era stato abituato che certe volte gli sembrava di sognare. O di essere impazzito. Oscillava tra le due possibilità a seconda del mood della giornata, anche se la maggior parte del tempo oscillava verso la seconda. Dopo i Laboratori gli sembrava che nulla potesse essere così assurdo, aveva visto delle persone giocare a fare Dio e a creare di lui qualcosa di disumano e si stupiva ancora quando vedeva un elfo corrergli accanto. Dipendeva dalle priorità del singolo, doveva supporre.
    Quel giorno l’Hamilton aveva avuto lezione con il professor Henderson, un uomo sulla quarantina che riteneva che vestirsi da pirata fosse un qualcosa di normale. Chissà se ad Halloween si travestiva da persona normale per confondere gli altri. Scrollò la testa non volendo farsi troppe domande, scegliendo invece di dirigersi verso la Torre di astronomia, luogo perfetto per osservare il passaggio di una cometa. Aveva infatti leggo su internet che sarebbe passata la Cometa Mengoni quel pomeriggio e siccome ci teneva particolarmente a immortalarla, aveva scelto un punto strategico da dove poterla ossservare meglio. Sapeva che, teoricamente, non gli era consentito girovagare per la scuola tuttavia quella era un’occasione troppo speciale per perdersela.
    Nel salire le scale per poco non ci rimise un polmone, rischiando di crollare a terra e implorare pietà non appena mise piede sulla terra ferma. Qualcosa rovinò i suoi piani: Gemma di Uomini e Donne e un gruppo di ragazzi. Era ancora più confuso del solito, specie perché li stava vedendo avvicinarsi con cautela alla schiena della vecchia. MA VOLEVANO MICA SPINGERLA GIÙ???
    Minchia che bella idea, tutti gli studenti di Hogwarts sognavano di uccidere la Bubu. Amos attivò la propria modalità killer, dove avveniva una trasformazione tipo Winx e gli crescevano i capelli e le tette fino a diventare una Rea. Si unì al resto dei disperati, le mani già premute sulla schiena della vecchia stronza «niamh non dimentica, niamh non perdona» neanche dopo anni, nessuno si era dimenticato del fottuto compito di Storia della Magia «UNO» e fu così che diede il via a un omicidio. Rea sarebbe stata così fiera di lui‼&&
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    NO UAN IS SEIF
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    Strano a dirsi, per una ragazzina di diciassette anni, eppure a Gwendolyn Markley gli omicidi erano sempre piaciuti. Aveva sempre trovato un qualcosa di inspiegabilmente poetico nel rosso del sangue appena versato e nel veder la vita abbandonare il corpo di qualcuno.Qualcun altro, chiariamoci: la ragazza non aveva mai avuto pensieri suicidi, anzi, amava troppo sé stessa per potersi far del male. Ma agli altri?? C'erano momenti in cui faticava a controllare la rabbia e si ritrovava coinvolta in risse e scontri anche senza volerlo. O almeno, senza sapere di volerlo: il suo corpo si muoveva più velocemente del suo cervello - era come se uno fosse l'incarnazione di un lupo, l'altro di un criceto #cos - ed alla fine seppur non volendolo si ritrovava con un pugno nello stomaco di un ragazzo e, nel giro di cinque minuti, accerchiata da tutti gli amici arrivati in soccorso del malcapitato. E di solito finiva sempre male, ma mai per Gwen. Aveva guardato troppi film di Jackie Chan e seguito troppi corsi di arti marziali per farsi picchiare in una rissa, anche se si trovava di fronte più di cinque ragazzi alti il doppio di lei. Dunque, la Markley era il tipo che agiva senza pensare alle conseguenze. Quel giorno però, ci pensò eccome, e la riflessione non fece altro che convincerla di ciò che stava andando a fare: lo diceva sempre, con aria sognante e malinconica, che la sua vita sarebbe stata decisamente più semplice senza la professoressa Bulstrode tra i piedi. Le sue lezioni erano le più noiose da seguire, e Gwendolyn per sopportarle doveva drogarsi più del normale: quell'aumento di dosaggio costava, e sfortunatamente la Markley non era così ricca da permetterselo ogni volta. O almeno, lo sarebbe stata se fosse cresciuta con i suoi genitori naturali, #ehaidan la sua famiglia adottiva non fosse stata sempre così tirchia nei suoi confronti, e restia a darle una paghetta mensile (forse perché sospettavano dove andassero a finire i loro soldi, nelle mani della ragazza)
    L'avevano seguita fino a lì, sulla torre d'astronomia, e l'occasione era perfetta: di spalle, affacciata a scrutare l'infinito, il tutto sarebbe potuto passar come una perdita d'equilibrio o un disperato gesto dettato da un cuore infranto. Del resto, non aveva appena scoperto del tradimento del compagno con la babysitter dei vicini?? No, ma se avessero sparso la voce, ci sarebbe voluto un attimo a farla passare come realtà. «vi va di giocare a un due tre stella?» E serviva forse chiederlo??? Come le tartarughe ninja, si avvicinarono con una grazia che sicuramente non sapevano di avere, prima di quel giorno, alle spalle della donna.
    «uno»
    «due»
    «tre...»
    «STELLA» BOOM, Gwendolyn avrebbe voluto sentir almeno un briciolo di rimorso ma....ahimè, non ne aveva.
    Bye bye, poteva finalmente tornare a risparmiare sulla droga e non doversi impasticcare prima di ogni lezione. O forse l'avrebbe fatto comunque.
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    17 y.o. | slytherin | werewolf
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    Jeremy Milkobitch, sedici anni compiuti meno di un mese addietro, mezzosangue tassorosso al suo penultimo anno scolastico e nuovo aiutante dello studio di psicomagia interno ad Hogwarts, era fatto. Come un cocco.
    Non una novità, direte voi.
    Ed avreste pure ragione, certamente – come darvi torto. Il problema sostanziale, era che il ragazzo ricordava chiaramente di non aver toccato nemmeno uno spinello quel giorno, se non con la propria fervida immaginazione: aveva promesso ad Arci e Bells che avrebbe aspettato loro, quando avessero… finito qualsiasi cosa dovevano fare (no, non lo ricordava: c’entrava il quidditch, almeno per la Dallaire - c’entrava sempre il quidditch -, ma per il serpeverde? Aveva detto che… doveva… paccare qualcuno? Vabbè sì lo diceva sempre poi non concludeva una sega – letteralmente o metaforicamente parlando, ovvio -, aveva perso di credibilità), e sebbene fosse Il Fattone era anche un uomo di parola.
    Non avrebbe mai tradito così vilmente i suoi migliori amichetti.
    Doveva esserci qualcosa in quei dolcetti. Qualcosa di oscuro, in quei dolcetti «eh maple?»
    La suddetta Maple, era una porta. Una… porta.
    Non mentirò dicendovi che se ne accorse, perché non lo fece: la attraversò semplicemente, sorridendo come avrebbe sorriso alla vera Walsh passandole attraverso (in che sensoh). Reputò particolarmente peculiare il fatto che la sua concasata avesse delle scale, ma «che belle scale!» erano delle belle scale!
    Continuò a salirle, chiedendo costantemente – al vuoto? No, ad Amos e Gwen, che chissà per quale assurdo motivo vagavano per le scale di Maple – se anche a loro le rocce sulle pareti sembrassero minacciose, come se volessero tendere loro una trappola da un momento all’altro.
    Probabilmente avrebbero conquistato il mondo.
    Quando giunsero tutti insieme appassionatamente alla sommità della scalinata, cadde – come corpo morto cade -, ma eluse l’evidenza rotolando sul pavimento della torre di Astronomia con un bel «parkouuuuuuur» (sussurrato: sembravano tutti essere in un silenzio religioso, uau), trovandosi accidentalmente nei paraggi del cuginetto fav – che non so bene dove sia, ho il cervello congelato e non connetto bene quindi acab. Si rialzò fin troppo velocemente per i suoi gusti fatti, e battendo le mani tra loro esclamò «beh, CANNNNNA?» – non la sua, avrebbe aspettato i cata per quella.
    Quella di Will – daje Will cacciace ‘sta canna.
    «vi va di giocare a un due tre stella?» beh sì ovvio. Indicò la Bubu, che chissà quando era arrivata (mai), indicò loro quattro, mimò un omino che cadeva dal suo palmo a ralenty e si andava a sfracellare sul pavimento, poi annuì.
    Era il sogno di tutti KE BLL!!!
    «DUUUUEEEE»
    # no one is safe
    16 y.o. | hufflepuff
    19.9.2015
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    jeremy
    milkobitch


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4 replies since 19/9/2015, 23:20   246 views
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