Castle of Lights

xSheridan

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  1. #deimos
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    e4w10Wz
    « sheet - 18 - ex-ravenclaw ribelle - proprietario fiendfyre »
    Deimos era un tipo tranquillo. Calmo, riflessivo e pacifico. Ma quando ci si metteva di mezzo il caldo e le apparecchiature non funzionanti, la sua pazienza veniva messa a dura, durissima, prova. Le porte della discoteca erano aperte. Deimos le aveva aperte per far entrare un filino di vento. Ma entrava solo caldo, caldo e ancora caldo. Però se chiudeva le porte la situazione peggiorava, quindi Deimos preferiva tenere le porte aperte. Era in cima a una scala perché si erano rotti i magi-condizionatori. Il che rendeva quella discoteca un inferno. Il tecnico aveva detto via gufo che non poteva venire perché era in Galles, in vacanza. Alla faccia della professionalità.
    Deimos decise che non avrebbe mai più comprato apparecchiature della Magi-Tech.
    Puntò la bacchetta verso la fessura dalla quale sarebbe dovuta uscire aria. Lesse attentamente il manuale d’istruzioni che teneva nell’altra mano. Mosse la bacchetta a W. Poi… “… muovere la bacchetta seguendo le istruzioni disegnate nell’illustrazione n. 134bis del Manuale d’Istruzioni su Come Riparare un Magi-Apparecchio Generale”.
    Masticando una sfilza di bestemmie, Deimos lanciò il aria il manuale di riparazione. Quello stupido manuale richiedeva un altro manuale d’istruzioni per poter essere compreso appieno. Che manuale era!? Puntò la bacchetta verso il libro. «Incendio», pronunciò, e il libro prese a fuoco. Deimos passò il dorso della mano sul collo, per togliere le goccioline di sudore che riempivano la sua pelle. Gocciolava sudore ovunque. Era come se si stesse facendo una doccia, solo che era di sudore.
    Scese dalla scala, decidendo di farsi una doccia. E stavolta vera. Si diresse verso il bancone in cui si servivano i clienti e prese la porta che conduceva ai piani superiori, dove si trovavano le sue stanze. Entrò in bagno, spogliandosi della canottiera e dei jeans-bermuda, e s’infilò sotto la doccia. Quando alzò la maniglia che permetteva l’erogazione dell’acqua, fu accolto da una voglia di smadonnare immensa. Non funzionava neppure la doccia.

    Alla fine però Deimos restava un mago, e un mago poteva generarsi l’acqua da solo, con la propria bacchetta non quell’acqua di quella bacchetta, quella normale, levissima e purissima. Si era fatto una bella doccia fresca, s’era fatto lo shampoo e poi il bagnoschiuma. Odorava di pesca ma Deimos neanche ci faceva caso a quello che c’era scritto sulle confezioni. Si rivestì subito, lasciando i capelli ad asciugarsi da soli. Indossò dei bermuda nuovi. “Fantastici bermuda bianchi lino e cotone per fantastici uomini fini ed eleganti!” aveva strillato in modo un po’ troppo esagerato la commessa del negozio in cui li aveva comprati. Indossò poi una maglietta bianca a maniche corte, leggera, trattata con Incantesimo Raffredda Tessuti. Ideali per l’estate, emana una sensazione di fresco incredibile.
    Quando entrò nella sala della discoteca, c’era il gelo invernale. Tutti i magi-condizionatori si erano accesi al minimo della temperatura e al massimo della ventilazione. Lamentandosi per lo spreco di soldi, Deimos puntò la bacchetta verso ogni magi-condizionatore, aumentandone la temperatura. Fra qualche minuto la sala avrebbe avuto una temperatura decente, non da clima alpino.
    Con i capelli ancora umidi, Deimos decise di iniziare a fare la pizza. Sì, la pizza, problemi? La coppia che aveva prenotato il Fiendfyre per l’indomani voleva una pizza gigantesca, colossale, fatta in casa. Ovvero fatta dalle mani del proprietario. Deimos era stato felice di accontentarli (significava più soldi per lui), ma avevo respinto la richiesta di servire superalcolici anche ai bambini. Perché ci fosse un matrimonio non significava poter far ubriacare bambini. Aveva respinto anche la richiesta del far vestire tutti i camerieri in tuta attillata dorata. Più che festa di matrimonio quella festa sembrava essere una festa di due pazzi eccentrici amanti del trash.
    Aveva le mani sporche di farina, affondate dentro la pasta per la pizza, quando qualcuno entrò nell’edificio. «Dovete uscire, è chiuso», disse inarcando un sopracciglio. La figura era in controluce, quindi non riusciva a capire di chi si trattasse. «Apro fra un’oretta, ma non adesso». Il Fiend, oltre ad essere una discoteca, era anche un ristorante e un bar. Apriva nel pomeriggio e chiunque poteva passare a prendere una bibita o un gelato durante il pomeriggio, ma il vero divertimento era durante la sera e la notte, quando il volume della musica veniva messo al massimo e le luci stroboscopiche venivano accese, dando il via a una notte all’insegna della danza e della musica, ospitando DJ e band.

    BONUS[2]


    Deimos si era dimenticato di lasciare le porte aperte, però ciò non autorizzava le persone ad entrare a proprio piacimento. Ma quando i suoi occhi si abituarono a quella luce, riconobbe la ragazza e il suo cuore prese a galoppare all’impazzata. «Ah, ciao Sheridan…».
    In quel caso le cose cambiavano. Lei poteva restare, perché no?
    Deimos Campbell
    In un’anima piena entra tutto e in un’anima vuota non entra nulla

    psìche, non copiare.


    Edited by lama del barrow. - 24/3/2016, 16:52
     
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  2. lestrange's bad blood
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    sheridan lestrange
    « SAY YOU'LL SEE ME AGAIN EVEN IF IT'S JUST IN YOUR WILDEST DREAMS »
    deatheater - 15 ½ y.o. - pureblood - ex slytherin - moltiplication
    Nella stanza rossa il silenzio era totale. La neve cadeva lenta dal soffitto in pietra bagnata, in quella lurida stanza nei sotterranei. Il freddo era pesante come un macigno, rendeva l'aria secca ed irrespirabile, avrebbe tramortito chiunque ma non Sheridan. La ragazza, avvolta nel suo cappotto di piume rigorosamente nero, si beava della vista di Jane da lei soprannominata Vacca, una Corvonero, attualmente in mutande ed incatenata. Sheridan l'aveva obbligata a realizzare per lei un castello di ghiaccio, o almeno ci stava provando.
    Dio ma cosa è? Una stalla? Schioccò le dita ed una sua duplicata comparve affianco alla ragazza, intimorita, e con il piede pestò prima la struttura di neve, distruggendola, poi diede una pedata al fiandco di Jane. Lurida vacca! Sbraitò portandosi una mano sugli occhi, come se la sua vista non potesse reggere tutto quello scempio. Prese un respiro profondo e risollevò lo sguardo sulla ragazza. Rifallo ...voglio un castello di ghiaccio, hai capito? Quella mugolava, non rispondeva e tremava, continuava a tremare. La sua pelle aveva assunto uno strano colore violaceo, tipico di un cadavere. Sheridan sbuffò, sventolò una mano e la sua duplicata si levò il proprio cappotto di piume, rimanendo vestita solo della divisa scolastica, per farla indossare alla Corvonero. Basta Cam, la tipa non regge più Disse contrariata, al criocineta al suo fianco. Cam, dal cognome indefinito, una feccia umana della peggior specie, smise di far nevicare, sbattendo le mani. Era stato maltrattato più volte nei laboratori e adesso, al pari di molti altri, voleva riscattarsi sul prossimo, per mostrare a tutti e soprattutto a se stesso, che valeva ancora. Bla bla bla, che triste storia. Le storie tristi l'avevano sempre annoiata, le favole... Quelle si che erano belle. Me lo fai un castello? Domandò allora, ammiccando verso il ragazzo che, subito, non perse tempo e costruì un enorme castello di ghiaccio che dal terreno toccava il soffitto. Sheridan rimase ammaliata, di stucco. I suoi occhi si erano riempiti di meraviglia e la sua bocca era spalancata, incapace di credere a ciò che vedeva. QUESTO SI CHE È UN CASTELLO! Mi sento Elsa in Frozen! Si strinse nel cappotto. Era per questo che apprezzava la presenza di Cam, lui esaudiva ogni sua richiesta, come quella di torturare una Corvonero troppo sfrontata, che per troppo tempo le aveva dato contro con le sue teorie da sciocca sapientona pulciosa. Non poteva non approfittare della momentanea assenza della Sicla per usufruire della Sala torture e far scontare a tutti quelli che le avevano fatto un torto una pena diversa.
    Non era divertente, però, non come avrebbe voluto. Tutto era troppo calmo, mentre lei aveva bisogno di movimento. Quando pensava al movimento, gli veniva in mente Campbell, quello sciocco che ogni volta era capace di metterla in agitazione. Davvero, come ci riusciva lui non ci riusciva nessuno, per questo un po' lo odiava, apertamente. In segreto poi...probabilmente non lo odiava poi tanto, ma a chi importava?
    Era da quasi un mese che non lo vedeva, da quando alla festa avevano ballato come fossero due fidanzatini innamorati...Arabells e Megan non le avevano fatto domande sul suo strano comportamento di quella sera, forse avevano preferito non farle pesare quanto si fosse comportata da idiota...ma Deimos cosa pensava? In alcuni momenti, a Sheridan era sembrato che lui ci prendesse seriamente gusto a starle vicino, magari era così davvero. Aveva voglia di vederlo, di parlare di...qualcosa e magari sarebbe anche riuscita a scroccargli da bere.
    Quando tutti gli studenti si riunirono per farsi portare ad Hogsmeade dai professori, lei mostrò la sua bellissima autorizzazione, firmata proprio da sua madre, che anche se non la voleva alla Villa dei Lestrange, certo non le faceva mancare il divertimento lì ad Hogwarts.
    Una volta arrivati ad Hogsmeade, tutti gli studenti si dispersero nei luoghi più disparati: chi ai Tre Manici, chi da Madama Piediburro, qualche gallina vanitosa da Amortentia, mentre lei prese la via per il Fiendfyre, fortunatamente da sola. La strada si dimostrò più faticosa del previsto, non tanto per la sua lunghezza quanto per il caldo che il primo settembre ancora non aveva mollato la scozia.
    Aveva comunque pensato bene di indossare un abito leggero di cotone, largo e morbido, di quelli che amava indossare e che la facevano sembrare un bambola. Non era troppo scollato, ma il bordo della scollatura era fatto di pizzo semi trasparente. I capelli erano sciolti e mossi fino a metà schiena, e al lato della testa aveva indossato un fiocchetto bianco, abbinato al vestito. Arrivata dinnanzi al locale si stupì di trovare le porte aperte e nessuno a sorvegliare. Si guardò intorno, per vedere se Deimos era nei paraggi ma non vide niente. Entrò lanciando un'occhiata al listino prezzi ma subito spostò lo sguardo sull'unica presenza là dentro: Campbell, indaffarato a fare...qualcosa con qualcos'altro. Aveva le mani immerse in una strana sostanza che sembrava plastilina. Ma cosa stai facendo? Domandò allora curiosa, trattenendo un sorriso spontaneo che la vista del giovane le procurava. Era felice di vederlo. La porta era aperta, posso avere uno Sherry?
    01/09/2015
    fiendfyre


    ROLE SCHEME © EFFE


    Edited by Lestrange's Revenge - 13/7/2016, 16:00
     
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  3. #deimos
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    e4w10Wz
    « sheet - 18 - ex-ravenclaw ribelle - proprietario fiendfyre »
    Deimos sorrise quando Sheridan chiese cosa fosse quello che aveva tra le mani. “Ma cosa stai facendo?”. Era seria? Davvero? Non sapeva che cosa fosse la pasta per fare la pizza? Si vedeva proprio bene che era una aristocratica, abituata a essere servita e a non fare nulla. Per carità, a,che suo padre era ricco sfondato ma, nonostante questo, i piatti li preparava sua madre, quando ancora era in vita. Più che altro perché Arryn Campbell considerava una governante uno “spreco di soldi e ossigeno utile agli altri abitanti della casa”. Ed era stata sua madre stessa a insegnargli a preparare la pizza in primis, ma poi gli insegnò a preparare anche torte, dolci e molte altre cose. Tutto pur di distrarlo dalla morte del nonno, che l'aveva mandato in depressione.

    Circa nove anni fa
    “Dai Didi, scendi! Voglio farti fare una cosa!”. Deimos rimase con la testa tra le ginocchia. Non aveva voglia dj fare nulla. Sua madre bussò con più forza con le nocche delle dita. “Deimos, esci!”. Deimos non rispose. Come se nessuno l'avesse chiamato. Non gli andava di fare niente. Niente di niente. Poche sere fa era uscito con suo nonno, come facevano spesso.
    Deimos stimava e amava Eddard, detto Ned, Campbell, il padre di suo padre. Un uomo saggio e dagli occhi vivaci. Conosceva tutte le costellazioni, sapeva il nome di tutti i funghi del bosco, conosceva tanti trucchi per giocare a carte, girare tra i boschi e vivere e soprattutto sapeva fare di Deimos un bambino, quasi ragazzino, estremamente curioso e voglioso di apprendere. Difatti, fu nonno Ned a crescere Deimos, più di quanto non l'avessero fatto sua madre e suo padre, Catelyn e Arryn. Ed in una notte come tante, Deimos e Ned si trovarono di fronte a una Acromantula. Eddard estrasse la propria bacchetta. Non per attaccare la bestia: colpì Deim con un incantesimo per scaraventarlo il più lontano possibile dalla creatura. Didi svenne. Si ritrovò su un letto d'ospedale, al risveglio. E Ned Campbell era morto. Deimos conosceva suo nonno e sapeva cosa gli avrebbe detto: “Sono morto, e che importa? Almeno ti ho salvato”. Ma nonostante questo non poté non piangere per giorni e cadere in depressione. Inoltre, sviluppo una profonda paura per le Acromantule e per i ragni in generale, paura che poteva portarlo addirittura a crisi epilettiche. Fu uno shock molto profondo.
    Nemmeno quel giorno aveva voglia di uscire dalla sua camera. Nemmeno per mangiare. Nemmeno per parlare. Per niente.
    Ma stavolta Catelyn non si sarebbe arresa così. Estrasse la bacchetta, lanciò un Alohomora alla serratura della porta della camera dj suo figlio e vi entrò, guardando suo figlio con occhi imploranti. Non sopportava più di vederlo in quello stato. “Per piacere”, implorò. Deimos annuì debolmente, alzandosi e dirigendosi verso sua madre. Ella lo prese per mano e insieme scesero le scale. Arrivarono in cucina. Si sentiva l'odore della salsa sui fornelli, si vedevano bucce di pomodoro sul tavolo e una alta montagna di farina poco vicino.
    C'erano pure recipienti rossi e gialli, un sacco gigantesco di farina con il disegno di una bambina che informava il pane e un bambino che impastava la pasta. Deimos arricciò il naso. «Vuoi farmi cucinare... la pizza?», intuì. Catelyn non rispose al figlio ma sorrise in segno di approvazione e lo trascinò fino al lavello, aprendo l'acqua e ordinandogli di lavarsi le mani con il sapone. Poi gli infilò un cappello di cuoco fatto di carta e un grembiule da cucina con disegnati degli orsetti che gli stava molto grande. Deimos non aveva voglia di fare nulla, sì, ma era troppo curioso di guardare.
    Nonostante sua madre l'avesse invitato a impastare la pasta insieme a lei, Deimos rifiutò con il broncio. Poi sua madre gli chiese di mettere un po' d'acqua dentro l'impasto. Stavolta fece quello che gli veniva chiesto, di malavoglia. E guardò come la pasta si stesse trasformando. Voleva sentirne la consistenza. Alzò lo sguardo su sua madre. «Ehm... posso... posso aiutarti?». Sua madre sorrise felice: “Sì!”. E da quel momento in poi Deimos aiutò sua madre in cucina quasi sempre, quando non aveva da leggere o studiare.

    ~

    «Papà, papà!». Arryn Campbell inarcò il sopracciglio. Suo figlio Deimos non gridava così entusiasta da quando era morto suo nonno, padre di Arryn stesso. Se Arryn ne era uscito triste e addoloratissimo, Deimos ne era uscito devastato. Depresso. E adesso stava urlando, chiamandolo tutto felice. «Vieni, ti dobbiamo far vedere una cosa!». Arryn sorrise. Allora c'era lo zampino di sua moglie Catelyn. Quella donna era capace di fare qualsiasi cosa.
    Quando arrivò in cucina Deimos non gli diede nemmeno il tempo di baciare e salutare sua moglie. Lo fece sedere a tavola, davanti a un piatto di pizza rotonda già tagliata. Guardò suo figlio che era in attesa, le dita incrociate. «Mangia! L'ho fatta io!». Arryn alzò lo sguardo su Catelyn. Distrarlo con la cucina. Buffo. Ma aveva funzionato. Mangiò una fetta di pizza. «Allora, com'è?». Arryn fece finta di pensarci un po' su. “È buonissima”, sentenziò infine, “Ma se avete speso troppo per la farina e i pomodori vi dirò che fa schifo”. Catelyn gli diede un buffetto divertito sulla nuca mentre Deimos, felice, saltò su suo padre, stringendo le braccia attorno al suo collo, felice come non lo era stato da molto tempo.


    “La porta era aperta, posso avere uno Sherry?”. Deimos, sorridendo a quei ricordi, le rispose: «Pizza. Questa è la l'impasto, la pasta. Farina, acqua, lievito, sale, olio. Cose». Le mostrò le mani sporche di farina, che poi mise sotto il getto d'acqua del lavello per pulirle dalla farina e dall'impasto. Avrebbe continuato dopo, del resto Sheridan gli aveva chiesto di avere un po' di Sherry. Durante la festa al Wicked Park Deimos le aveva proposto di venire a trovarlo al Fiendfyre e fatelo anche voi che state leggendo! #pubblicità. Perché, poi? Mah. In quella fesa si era comportato con molta tenerezza. Come se fossero fidanzati. Ma non poteva nascondere di provare una forte attrazione per Sheridan.
    Prese una bottiglia del vino liquoroso e due bicchieri adatto per lo Sherry. Lo Sherry era un vino liquoroso e, come tutti i vini, richiedeva un bicchiere specifico. Il bicchiere esaltava il vino nella sua esteticità e nel suo aroma. Nello specifico, prese un bicchiere a calice molto alto. L'apertura era stretta, adatta a far defluire il vino subito sulla lingua, per apprezzarne meglio l'aroma. Quante cose aveva dovuto imparare sui bicchieri! Figurarsi su tovaglioli e bottiglie. E musica. E discoteche. E molto altro. Versò il vino con una sola mano in entrambi i bicchieri, poi li prese entrambi per il gambo e fece il giro del bancone, per ritrovarsi faccia a faccia con Sheridan, sedendosi su uno sgabello. Le porse uno dei bicchieri. «Che ci fai qui? Ti mancavo?», chiese. E poi aggiunse «E dimmi. La scelta del vino è casuale oppure dovuta a qualcosa?» con un sorriso divertito. Sherry, Sheridan, Sher. Non poteva semplicemente essere una coincidenza.
    Deimos Campbell
    In un’anima piena entra tutto e in un’anima vuota non entra nulla

    psìche, non copiare.
     
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  4. lestrange's bad blood
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    SHERIDAN LESTRANGE ( ) - 15 - Deatheater - lestrange revenge
    « Say you'll see me again even if it's just in your wildest dreams »
    Sheridan era sempre stata tutto ciò che un ragazzina per bene non avrebbe dovuto essere. Era, in apparenza, una ragazza come tante, forse da un po' di tempo a questa parte eccedeva un po' con il trucco, o con l'abbigliamento fin troppo vistoso ma...era libera. Era sola, poteva fare ciò che voleva perchè non aveva più una famiglia a cui dare retta. L'avevano lasciata sola? Bene, adesso nessuno avrebbe più avuto il diritto di dirle come vivere la propria vita. Nemmeno suo cugino Damian aveva questo privilegio, ma lui pendeva dalle sue labbra. Le voleva bene, quello sciocco di un Icesprite, ed in fondo forse questo sentimento era in parte ricambiato dalla ragazza ma...non lo avrebbe mai dato a vedere al ragazzo. Avrebbe perso tutta l'influenza che aveva su di lui. Comunque, Sheridan poteva sembrare in apparenza una ragazza dolce, soprattutto in quel bellissimo vestitino bianco dello stesso colore dello zucchero filato, e quel fiocco nei capelli non le dava forse l'aspetto di una bambola? Bè, non sarebbe potuta essere più diversa da come appariva. Dopotutto era sempre stata convinta che l'apparenza fosse una cosa, l'essenza un'altra. E a lei piaceva agghindarsi da zuccherino delle volte, poi però, risultava piuttosto avvelenata per chiunque. Varcata la soglia del Fiendfyre, aveva deciso che non avrebbe più voluto andare via di lì. L'ambiente la incuriosiva ed avrebbe voluto scoprirlo del tutto, ogni stanza nascosta e buia, di quella struttura quasi deserta a quell'ora. Era tanto strano che Sheridan si fosse recata lì solo per vedere Deimos? In fondo, no. Era vero, aveva quindici anni, era ancora piccola ma aveva sempre avuto ben chiaro in mente ciò che voleva, in qualsiasi momento della sua vita. Lo sapeva già a tre anni, quando primeggiare sulle altre bambine era il suo scopo di vita. Come se non importasse altro che avere lo sguardo di sua madre su di sè, ammaliato dalla sua incredibile bravura. Lo sapeva adesso, che aveva messo gli occhi su Deimos Campbell ed anche se non aveva ancora ben chiaro lo scopo che il ragazzo avrebbe avuto in quel suo progetto, sapeva solo che lo voleva. Magari aveva anche un posto in un progetto più grande di lui, come aiutarla a vendicarsi di chi le aveva fatto del male, ma questo doveva ancora valutarlo. Stava facendo la pizza, impastandola con le proprie mani. Non ho intenzione di disturbarti . Bugiarda. Continua pure...Lo osservò incuriosità, mentre lui manovrava quella cosa. Hai origini italiane babbane? Domandò molesta, vedendo che non utilizzava la magia per quella ricetta italiana. Forse chiedergli se avesse radici italiane sarebbe stato più carino e meno azzardato, ma perchè associare la pizza all'Italia? Non per forza chi rifaceva la pizza aveva a che fare con l'Italia. "Che ci fai qui? Ti mancavo?" Le guance di Sheridan si colorarono di un porpora acceso, mentre si avvicinava al bancone si permetteva di osservare più da vicino, ma non troppo, il lavoro del ragazzo. Sollevò le spalle, non rispondendo davvero alla sua domanda e lasciando che il suo sorriso parlasse per lei. Che domanda, Campbell... disse quando lui le domandò se la scelta del "vino" fosse casuale o meno. Certo che non è casuale, mi aspetto che sia il più buono del locale. Sorrise scherzosa ma neanche tanto. In realtà avrebbe voluto sapere come avesse passato le vacanze il giovane Corvonero, sì, non aveva torto quando si permetteva di domandarle se le fosse mancato, era sempre stato il suo stalker personale al castello, e non vederlo più le aveva lasciato l'amaro in bocca. Ah, odio già Hogwarts, gli orari ed il coprifuoco. A casa di Rea era tutto molto diverso. Disse con un sorriso malinconico. Sarebbe tornata a Villa Hamilton anche subito, era lì che aveva passato tutto luglio e agosto. Tu come hai passato l'estate?
    the heart is deceitful above all things,


    Edited by Lestrange's Revenge - 13/7/2016, 16:03
     
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  5. #deimos
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    e4w10Wz
    « sheet - 18 - ex-ravenclaw ribelle - proprietario fiendfyre »
    “Non ho intenzione di disturbarti”, disse la ragazza. Deimos guardò Sheridan esibendo un sorriso e alzando le spalle. A Deimos piacevano le belle sorprese inaspettate, e quella lo era. Non gli piacevano le sorprese che gli facevano venire un infarto o che portavano cattive notizie, ma le sorprese belle erano sempre ben accette. Tipo la venuta di Sheridan, sì. Non se lo sarebbe mai aspettato: quella ragazza era così distante e irraggiungibile. Solo lei riusciva ad annullare quelle distanze, tipo il bacio. Deimos mai l’avrebbe fatto, mai ce l’avrebbe fatta ad annullare la distanza che li separava. Lei sì. Lei si sentiva la dominatrice, Deimos si sentiva solo sopraffatto da quella bellezza. Quella bellezza, quella ragazza, lo incantava e lo intimoriva. Non se lo aspettava, insomma. Lui non poteva andare da lei, ma lei poteva venire da lui.
    Peggio di Platone, si disse. Scacciò via tutti quei pensieri. In pratica il suo cervello gli stava cercando di dire «Ma quale disturbo, mi fa piacere», cose che la bocca di Deimos proferì alla ragazza. “Hai origini babbane?». Deimos inarcò un sopracciglio, guardandola. Era una domanda un po’ stupida, anche perché i Campbell erano sempre stati maghi purosangue ben conosciuti nel Mondo Magico. E poi, cosa glielo faceva pensare? Il fatto che stesse eseguendo una ricetta babbana alla maniera babbana tradizionale? «No», rispose scuotendo la testa. «Sono come te, purosangue. Siamo tutti purosangue in famiglia». Lanciò un’occhiata all’impasto, lasciando trasparire un’espressione nostalgica. «Mi piace cucinare, e lo faccio nel modo in cui mi ha insegnato mia madre», era una cosa un po’ privata, ma si sentiva spinto a dirla per appagare la curiosità di Sheridan. E poi gli piaceva parlare con lei. «Quando mamma mi ha insegnato a fare la pizza ancora non avevo la bacchetta, e poi a lei piaceva cucinare senza usare la magia. Era una donna… indipendente, sì». Forte, cazzuta. Tanti erano gli aggettivi che descrivevano sua madre. Deimos abbassò lo sguardo, il suo sorriso divenne mesto e si perse tra i ricordi. Sospirò come se nulla fosse successo e alzò le spalle. «Ecco, per questo cucino così. È come se…», come se?, poteva finire la frase?, deglutì, «… cucinassi con lei, insomma», completò, alzando lo sguardo su Sheridan.
    Sorrise divertito vedendo le guance di Sheridan colorarsi di un rosso acceso al suo <i>«Ti sono mancato?»
    . Era inequivocabilmente un “sì”, nonostante l’apparente diffidenza espressa dalla sua alzata di spalle e dal suo sorriso che in realtà diceva tutto e nulla. Deimos si sentì profondamente lusingato e la sua autostima salì. Quindi a Sheridan importava qualcosa, di Deimos. Per forza. Anche perché l’aveva baciato, e con un bacio profondo. Ma forse non significava nulla, non lo sapeva.
    “Che domanda, Campbell... Certo che non è casuale, mi aspetto che sia il più buono del locale”, rispose scherzosamente Sheridan riguardo allo Sherry. Didi rispose con un altro sorriso scherzoso; «Puoi scommettere che è il più buono di tutta Diagon Alley», disse di rimando.
    “Ah, odio già Hogwarts, gli orari ed il coprifuoco. A casa di Rea era tutto molto diverso”. Deimos strizzò gli occhi. Rea? La conosceva, anche se solo di vista. L’aveva proprio vista in faccia. Ah sì, e le aveva dato un alcolico al sapore di cavoli di Bruxelles, sì. Ma non gli veniva come faceva di cognome. «Di cognome come fa, Rea?», chiese. Inutilmente, perché appena porse la domanda subito gli venne in mente la risposta: schioccò le dita: «Hamilton, sì, la ricordo»,annuì. “Tu come hai passato l'estate?”.
    Deimos fece l’ennesima alzata di spalle. «Nulla di esaltante. Ho tenuto a bada il locale, ho organizzato feste. A volte a casa di papà e… beh, nulla di esaltante in realtà». Aveva passato l’estate anche chino su libri, tomi e pergamene nella biblioteca del Quartier Generale della Resistenza, facendo quindi il suo lavoro di Ricercatore della Resistenza. Ogni volta ne scopriva mille, di cose strane e discordanti: date sballate, nomi che non coincidevano, eccetera. E spesso era da imputare alla manipolazione diretta dei libri, non a normali discordanze di fonti. A volte si trovavano due copie di libri che avevano testi diversi. Tipo in alcune pagine spuntava “Auror” invece di “Pavor”, l’organo militare del Governo precedente. Il fatto che un Governo precedente fosse esistito era diventato qualcosa di sempre più ovvio, tutte quelle prove non potevano mentire. Solo che con la riforma della censura voluta dalla Bulstrode, e con il fatto che le decisioni della Censuratrice di Ferro non incontravano mai resistenze, i libri che contenevano le informazioni non modificate stavano scomparendo velocemente, troppo velocemente. Non c’era neanche il tempo di localizzarli. La Bulstrode, assieme ad Icesprite e ad alcuni consiglieri ministeriali, era diventata uno dei nemici più pericolosi della Resistenza e quello più pericoloso per i Ricercatori.
    «Cosa facevi a casa di Rea?», le chiese, distogliendo i pensieri dal suo ruolo di Ricercatore per la Resistenza. «E poi… Perché non a casa della tua famiglia?», aggiunse cuorioso.
    Deimos Campbell
    In un’anima piena entra tutto e in un’anima vuota non entra nulla

    psìche, non copiare.
     
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  6. lestrange's bad blood
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    SHERIDAN LESTRANGE ( ) - 15 - Deatheater - lestrange revenge
    « Say you'll see me again even if it's just in your wildest dreams »
    Sheridan aveva come la sensazione che Campbell gli stesse per parlare della sua famiglia, o peggio, di sua madre. Oh God, come avrebbe fatto Sheridan a reggere quella storiella? Iniziò con "Siamo tutti Purosangue in famiglia" E continuò con "...Quando mamma mi ha insegnato a fare la pizza"
    Sheridan roteò gli occhi al soffitto, spostando poi lo sguardo annoiato su due piccioni che, indaffarati a fare cose loro, si facevano beffa di Deimos varcando la soglia del locale a loro piacimento. Dovresti chiudere le porte...stanno entrando i piccioni. Disse lei interrompendo quella bella storia.
    Che fosse antipatica non lo poteva negare nessuno, ma non le importava, perchè sentire di quanto le madri altrui fossero state gentili e carine con i loro figli era per lei motivo di nostalgia, e la nostalgia portava dolore, ed il dolore portava, di conseguenza, una brutta reazione da parte di Sheridan, che sapeva bene come diventare odiosa. Ed era così facile per lei sorpassare quella sottile linea che da bambolina la faceva diventare la stronza di ogni giorno. Comunque mi fa piacere che tua madre ti abbia insegnato tante belle cose! La mia non mi ha mai insegnato a cucinare. Sollevò le spalle ancora, pentendosi di avergli posto quella domanda sulle sue origini. In fondo non le fregava nemmeno tanto quali origini avesse Deimos Campbell, ma anche se adesso faticava a spegnere quel senso di odio smisurato che aveva preso possesso del suo cuore - non nei riguardi di Deimos, ma di Lorean Logan - sapeva che il racconto di Deimos non era atto a colpirla, lui non poteva sapere quanto quello fosse per lei un tasto doloroso. Deimos ne parlava al passato, e questo faceva pensare a Sheridan che sua madre fosse morta. Perchè allora ne parlava? Non era un pensiero doloroso per lui? Incrociò le braccia al petto, in evidente difficoltà. Cosa avrebbe dovuto dirgli? Dispiacersi per lui forse? Del tipo "Mi dispiace che tu e tua mamma non possiate più fare la pasta assieme"? Non ci avrebbe creduto nemmeno lei alle sue stesse parole, non scherziamo. Perchè non le avevano dato il dono dell'empatia? Così avrebbe potuto sentirsi dispiaciuta per lui, ma non ci riusciva davvero. Un giorno Deimos avrebbe capito che non avere più una famiglia a cui rendere conto poteva essere solo positivo, ma non glielo avrebbe augurato. Fortunatamente il discorso mutò in fretta prendendo una piega diversa, almeno in parte. Sentire di come avesse passato l'estante la portò per un istante a pensare ad altro, ma poi il discorso tornò, per forza di cose sull'argomento famiglia. E va bè, era destino che Sheridan dovesse farci i conti quel giorno.
    Sorrise tra sè. Uhm, da dove posso iniziare per farti capire? E' un po' complicato... allora. Cercò le parole, prendendo posto a sedere su una sedia là vicino e poggiando delicatamente un gomito sul tavolino. Con le dita iniziò a contare. Mia madre mi ha diseredata e cacciata di casa perchè non sono più una strega e quindi non sono degna del nome che porto. Alzò un secondo dito, elencando con tono di voce distaccato quei fatti che per lei erano sicuramente motivo di dolore, ma non sembrava, riusciva ad anestetizzarsi molto bene. Allora avrei dovuto stare con mio zio Damian, ma anche lui non mi vuole quindi mi ha mandata a stare dagli Hamilton per tutta l'estate. Al pensiero della sua estate andò in estasi. Merlino, gli Hamilton hanno una villa da favola Campbell, e sono tanti là dentro, ogni sera c'era una festa diversa, senza regole, senza orari. Non sono mai stata così felice di non avere più una famiglia. Bugiarda, ma credibile. Certo, aveva amato trascorrere le giornate alla Villa Hamilton, con persone adulte che comunque non l'avevano trattata da bambina, ma la sua famiglia le mancava davvero e non lo avrebbe mai ammesso. Sua madre le mancava. Suo padre le mancava ma era morto, e non avrebbe mai creduto che questo potesse essere possibile.
    Ma, non importa! Adesso sono qui. Vuoi che ti aiuto? Disse improvvisamente entusiasta e con lo sguardo che si illuminava. Se mi sdoppio facciamo diventare questo locale una pizzeria! Già immaginava cinque Sheridan a fare la pasta e far danni omg omg omg.
    the heart is deceitful above all things,


    Edited by Lestrange's Revenge - 13/7/2016, 16:06
     
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  7. #deimos
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    e4w10Wz
    « sheet - 18 - ex-ravenclaw ribelle - proprietario fiendfyre »
    Sheridan, come tutta risposta alle confidenze di Deimos, disse: “Dovresti chiudere le porte...stanno entrando i piccioni”. Deimos sorrise, scoprendo quel tratto nuovo del carattere di Sheridan. Non le piacevano le storie sulle famiglie. O forse sulle madri? Sicuro l'ultima. Non le piaceva quando qualcuno si metteva a parlare della propria madre, come aveva fatto Deimos.
    Deim spostò lo sguardo sui piccioni. «Mh» mormorò, constatando che effettivamente due o tre piccioni erano entrati nel locale, camminando allegramente. Deimos posò nuovamente lo sguardo su Sheridan, come se non gliene importasse assolutamente nulla. «Succede spesso», disse. «Ho lanciato un incantesimo sul pavimento. Ogni piccione che ci passa sopra muore dopo un quarto d'ora se non se ne va», le spiegò con un'espressione più che seria. Chissà se scherzava o se diceva la verità. A volte era come suo padre, scherzando era serio, mentre quando era serio sorrideva divertito. Ed entrambe le volte diceva qualcos'altro, che molto spesso era l'opposto di ciò che diceva. Alzò le spalle. «E poi in fondo preferisco i piccioni a mio fratello o mio zio», aggiunse, riferendosi a Phobos, insegnante di Corpo a Corpo, e a zio Crowley, Consigliere al Ministero, che ogni volta prendevano qualcosa senza pagare, in virtù del loro speciale status di parenti del proprietario. Quella volta mostrò un leggero sorriso, abbandonando quella maschera di finta serietà.
    “Comunque mi fa piacere che tua madre ti abbia insegnato tante belle cose! La mia non mi ha mai insegnato a cucinare”. Ha, non aveva. Deimos le lanciò uno sguardo indecifrabile, accompagnato da un sorriso triste che poteva facilmente passare per una smorfia di rimprovero. Si era appena lamentata di sua madre e, quindi, di avercela, una madre. Distolse lo sguardo da lei, dicendo semplicemente: «Almeno ti ha dato alla luce». Lo disse in tono molto pungente e calcando quell'almeno, come se fosse davvero qualcosa da poco. In realtà intendeva dire che di sicuro aveva fatto molte altre cose, come crescerla e sopportarla. Deimos in fondo era rimasto ferito dal comportamento di Sheridan quando lui aveva parlato di sua madre, quindi non aveva intenzione di dirle null'altro, per il momento.
    Inevitabilmente però il discorso ritornò a sua madre, anche se non indirettamente. “Uhm, da dove posso iniziare per farti capire? E' un po' complicato... allora”. Deimos aveva solo chiesto perché non avesse passato l'estate in famiglia, non quale rapporto aveva con sua madre. “Mia madre mi ha diseredata e cacciata di casa perché non sono più una strega e quindi non sono degna del nome che porto”. Deimos inarcò il sopracciglio, ma senza far esprimere al suo volto nessun sentimento che non fosse curiosità. Voleva ascoltare tutto quel che aveva di dire, prima di pensare qualcosa a riguardo della sua famiglia.
    “Allora avrei dovuto stare con mio zio Damian, ma anche lui non mi vuole quindi mi ha mandata a stare dagli Hamilton per tutta l'estate”. Deimos annuì, riconoscendo in zio Damian il Superpavor del Ministero del Regno Unito. Nonché il pirla che si faceva fare le corna. Per Superpavor quello che si fa tradire dalla sua fidanzata. E poi dicevamo che controllava tutto e tutti. Scusa Damian, ti lovvo ciao. “Merlino, gli Hamilton hanno una villa da favola Campbell, e sono tanti là dentro, ogni sera c'era una festa diversa, senza regole, senza orari. Non sono mai stata così felice di non avere più una famiglia”. A quel punto Deimos non riuscì a non mostrare una smorfia di disappunto, sottolineata dal sopracciglio inarcato.
    In realtà Didi non sapeva cosa pensare. Era così seria quando parlava e le si erano illuminati gli occhi quando aveva parlato di Villa Hamilton. Solo che quella luce negli occhi le si era spenta quando aveva parlato di famiglia. Avrebbero invece dovuto ardere di odio. Deimos preferì non commentare per nulla e bevve un po' di Sherry. Ma forse quello Sherry aveva qualcosa di strano, perché all'improvviso fissò il suo sguardo sulle mani di Sheridan, quasi senza accorgersene. E noto quanto fossero belle. Dita perfette, sottili e aggraziate. Di porcellana. E poi, la pelle. Oddio, liscia e senza imperfezioni.
    Deimos Campbell aveva un fetish per le mani.
    Cioè, normalmente no. Quei minuti però sì. Vi rivelo che è stata una pozione mescolata nello Sherry per sbaglio, ma a lui non ditelo. Magari fa qualche figura di merda, stiamo a vedere.
    Fortunatamente Sheridan pose una cesura all'argomento “famiglia”: “Ma, non importa! Adesso sono qui. Vuoi che ti aiuto? ”. Deimos sorrise. E stavolta fu un sorriso sincero. “Se mi sdoppio facciamo diventare questo locale una pizzeria!”. Deimos normalmente avrebbe notato il luccichio negli occhi di lei, entusiasti e felici di poter combinare danni. Ma in quell'occasione guardò solo le sue mani, vedendole fremere di eccitazione all'idea di fare qualcosa che, probabilmente, non aveva mai fatto. Deimos annuì, «Perché no?», e si alzò prendendo una mano (OH MAI GHAD gliela sto toccando lra svengo Merlino mio ma ha una mano perfetta, io... inserire lettere a caso, prego) di Sheridan e trascinandola con sé dietro il bancone. «Lavati le mani», la invitò indicandole il lavello dove solitamente si lavavano i bicchieri, porgendole un grembiule bianco per non sporcarsi i vestiti e lasciandole molto a malincuore quella mano perfetta.
    Quando lei si fu lavata le mani, Deimos la invitò ad avvicinarsi a lui. Oltre a quella pasta che lui stava preparando, ce n'erano altre die messe sul piano di lavoro. L'unica cosa che si doveva fare era lavorarle. «Metti le mani in lasta», le disse, prendendole le mani e facendogliele poggiare sulla pasta. Era abbastanza imbarazzante, dato che lui si trovava dietro Sher, le aveva preso le mani e lei era uno scricciolo in confronto a lui. Deimos fu grato del fatto che almeno lui stava dietro e quindi Sher non poteva vedere le guance lievemente arrossate. «Ora devi tipo, come ti dico?, massaggiarla». Era il primo termine che gli era venuto in mente.
    Le fece muovere le mani sulla pasta, aiutandola con le proprie che si trovavano sopra le sue. «Prima dobbiamo farla diventare tipo una palla, questa pasta», le spiegò, «altrimenti non riusciamo a darle una forma e quindi nemmeno a farla lievitare». Piano a piano quella vicinanza e quel contatto fisico divennero meno imbarazzante, almeno per lui. «Non l'avevi mai fatto, quindi?», le chiese.
    Le sto toccando le mani. Posso morire felice.
    Deimos Campbell
    In un’anima piena entra tutto e in un’anima vuota non entra nulla

    psìche, non copiare.


    Fetish delle mani dovuto alla Lotteria di San Valentino
    CITAZIONE
    Avrà un incredibile fetish per le mani, non potrà fare a meno di fissarle, desiderarle, toccarle ed amarle
     
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  8. lestrange's bad blood
         
     
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    SHERIDAN LESTRANGE ( ) - 15 - Deatheater - lestrange revenge
    « Say you'll see me again even if it's just in your wildest dreams »
    L'aveva capito sin da bambina, di essere malvagia. Quale bambina viene odiata dalla propria madre se non una bambina cattiva? E Sheridan lo era, aveva sempre saputo di esserlo, eccelleva in questo. Le fu chiaro come il sole il fatto che Deimos se la fosse un po' presa per le sue parole, riconobbe di essere stata un po' stronza, un po' acida, un po' tanto imperfetta ed un po' troppo poco umana. Lo riconosceva, le dispiaceva, ma al tempo stesso niente avrebbe potuto spingerla a chiedere scusa al ragazzo per le sue parole dure, perchè le erano venute da quel posto oscuro, quel buco in cui un tempo doveva esserci stato il suo cuore e che adesso, svuotato di tutto, echeggiava d'odio. Non si scompose alle sue parole, nè al tono serio e duro che lui utilizzò per risponderle, era giusto così dopotutto, anche lui aveva il diritto di esprimersi e risponderle male se lei faceva la stronza, no? Sheridan apprezzava i comportamenti stronzi, perchè erano i più sinceri: nessuno ti obbliga ad essere stronzo, se lo sei, lo sei e basta, perchè dovresti fingere? Ma il buonismo falso...oh dannazione, quello lo odiava sopra ogni altra cosa. Sperò comunque che la situazione con suo fratello e suo zio non fosse così grave come quella che intercorreva tra lei e sua madre, ma da come Deimos ne aveva parlato non doveva correre buon sangue tra di loro. Anche tu questioni complicate in famiglia immagino... non doveva essere facile nemmeno per lui, alla fine. Non lo era per nessuno, ma la vita era anche sofferenza, e Sheridan lo aveva imparato subito, sin da bambina. Dici che dovrei ringraziare di essere nata? Bè, forse hai ragione, questo glielo concedo: la ringrazio di avermi buttata al mondo. "Buttata al mondo" era una frase che la faceva sorridere davvero, era così reale, così terribilmente azzeccata. Sorrise appena e con una mano slegò dal polso un elastico nero che aveva portato con sè, raccolse i capelli castani in una coda alta e la legò con quell'elastico. Quasi pronta! Confermò, pronta ad imparare quel qualcosa in cui ancora non eccelleva affatto: la cucina. Lasciò che il ragazzo la prendesse per mano, sorridendo maliziosa a quel contatto. Si lavò le mani sotto l'acqua fredda, ed ancora prima che Deimos potesse indicarle cosa fare, aveva già messo le mani in pasta. Lo sentiva dietro di sè, ad indicarle come muoversi e quel contatto così intimo le piaceva. Quasi la faceva pentire di aver utilizzato quelle parole fredde nei suoi riguardi, quasi. Raccolse un po' di pasta e, come suggerito da Deimos la appallottolo cercando di darle una forma abbastanza tondeggiante. Cosa succede se non lievita? Domandò, ingenuamente. Non aveva la minima idea del meccanismo che esisteva dietro la pasta della pizza (?) non sapeva nulla se non che era buona ma che non l'aveva mangiata spesso. E no...te l'ho detto, mia madre non mi ha mai insegnato a cucinare. Si rese conto che, forse, quella frase non era del tutto esatta: una volta era capitato, Sheridan l'aveva pregata di fare con lei dei cupcake, ed alla fine Lorean, portata all'esasperazione, l'aveva accontentata. Anzi, una volta abbiamo fatto dei dolci, è stato divertente, ma solo una volta. Era stata una bellissima giornata, ma non si era ripetuta più. Scacciò quel pensiero, era doloroso, era nostalgico, non voleva pensarci. Potrebbero servirci più mani. Disse poi voltandosi appena verso il ragazzo che le stava alle spalle, e subito altre quattro ragazze, identiche a Sheridan in ogni particolare e persino nel modo in cui erano vestite (stesso vestito, stesso grembiule sopra) erano pronte ad aiutare. Una delle duplicate posò una mano sulla spalla del ragazzo, con espressione divertita ed in attesa di un ordine.
    the heart is deceitful above all things,
     
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7 replies since 5/8/2015, 18:08   453 views
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