A different kind of friendship

xAloysius

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    Il giovedì era il giorno in cui l’ufficio del consigliere McLeod era aperto per chiunque volesse morire per averlo disturbato. Nel senso, giovedì era l’unico giorno, oltre alla domenica, in cui Crowley non riceveva visite di alcun tipo, a meno che non fossero estremamente importanti (come ambasciatori di altri stati, capi dei dipartimenti, ecc.). Era incredibile quante persone si rivolgessero ai singoli Consiglieri, ma del resto era giusto così.
    C’era chi si rivolgeva a un Consigliere per chiedere la proroga dell’asilo politico; c’era chi si rivolgeva a un Consigliere per poter discutere del proprio processo e avere consigli, dettagli e quant’altro; qualcun altro si rivolgeva a un Consigliere per chiedere la firma per l’approvazione di determinati documenti che altrimenti non sarebbero stati validi. In Consiglio agiva in nome della Legge, il Consiglio era legge. Al Consiglio spettava il massimo potere politico all’interno del Ministero, che poteva essere bloccato solo in situazioni speciali. Ogni singolo Consigliere aveva un potere più ristretto rispetto all’intero Consiglio, ma agiva comunque nel nome della Legge e aveva il potere di fare molte cose. Le sue decisioni potevano essere revocate solo dal Ministro, dal suo Vice, dal Consiglio riunito o dai vertici di tutti i Dipartimenti.
    E Crowley, quel giorno, era infuriato proprio per quello. I Pavor Spie avevano rilasciato un documento di estrema riservatezza al Consiglio. Certificava la nascita di un nucleo ribelle nuovo, che si chiamava Libertà. Ad ogni Consigliere era stato dato un compito specifico. Uno dei colleghi di Crowley era stato incaricato di scoprire l’identità dei ribelli, un altro di accertare la veridicità dei fatti, ecc. A Crowley era stato detto di fare un sopralluogo presso l’edificio in cui si erano verificati questi movimenti sospetti. Con la sua autorità di Consigliere, aveva ordinato al signor Icesprite di mobilitare alcuni Pavor in borghese per effettuare un sopralluogo… e il vice-Ministro aveva annullato l’ordine.
    Jaime Pratt non piaceva a Crowley. Tendeva ad essere estremamente pignolo e a trovare difetti che in realtà non c’erano, ostacolando il buon proseguimento di alcune attività, anche se non di importanza vitale. Spesso scendeva negli Archivi della Cesnura per controllare qualcosa, il che suscitava l’indignazione della Bulstrode. Spesso chiedeva i fascicoli delle sedute del Consiglio e ne modificava alcuni punti,, suscitando l’indignazione dei Consiglieri. Lo faceva per ridurre i rischi al minimo, ma ciò comprometteva la riuscita di certe missioni.
    La motivazione dell’annullamento di quell’ultimo ordine era dovuto al fatto che Pratt non voleva sprecare uomini utili a qualcos’altro per un semplice sopralluogo che poteva benissimo essere completamente inutile. E Crowley aveva perso le staffe. Non capiva la logica di quel ragionamento. Appunto perché il Consiglio era nell’incertezza, uno dei Consiglieri aveva richiesto quel sopralluogo, in vece del Consiglio. Ma andava bene anche così, Crowley aveva riferito tutto alla Lagrange, se ne sarebbe occupata lei. Lui non poteva discutere gli ordini del Vice-Ministro, ma Edith Lagrange sì.
    Crowley, in quel momento, aveva un disperato bisogno di bere qualcosa.
    Qualcosa che non si trovasse dentro il suo frigo. Voleva andare al Testa di Porco. Si alzò dalla poltrona, facendo un fischio. Brandon si era addormentato, ma appena Crow fischiò si svegliò subito, attento e vigile. «Andiamo, Bran, st’ufficio mi sta puzzando di chiusezza». Detto ciò, uscirono dall’ufficio. Crowley poteva benissimo farlo, visto che i suoi impegni lavorativi giornalieri erano terminati e non doveva ricevere nessuno.

    Quando arrivò al Testa di Porco, il suo lupo bianco dagli occhi rossi ardenti entrò con lui dentro il bar che aveva acquistato un po’ di lucentezza da quando era proprietario Keanu Larrington. E poi faceva degli alcolici fantastici. Non appena Crowley entrò, vide un uomo di spalle seduto davanti al bancone. Nome-da-pugno-nei-polmoni Angus Crane. Sorrise. L’aveva visto sempre seduto su quel posto due o tre volte. E il posto alla sua destra era quello in cui Crowley si sedeva abitualmente. Crowlkey lo considerava un bravo ragazzo, buono per entrare nella sua collezione. La prima volta che si erano visti, Crowley s’era presentato come il Collezionista, con un sorriso enigmatico. Adesso ognuno conosceva il nome dell’altro, anche se Crowley s’era presentato solo come Crowley McLeod, omettendo Fergus Roderick Campbell. Quei nomi li riservava a persone più importanti. Perché, diciamocelo, Tizio-con-il-nome-che-inizia-per-A era meno importante di un esoscheletro di uno scarafaggio bruciato.
    Come al solito si sedette accanto a lui. «Buonasera, ti presento Brandon», salutò indicando il lupo che guardava Al con occhi curiosi e guardinghi. «Che ne dici di due bicchieri di Ogden Stravecchio? Nel tuo chiedo di metterci un po’ di veleno di Basilisco, magari è la volta buona che muori»Z, disse con il massimo sarcasmo nella voce, voltandosi a guardare Al solo dopo aver finito di parlare, sorridendo con un’espressione simpatica.
    Crowley McLeod - L’anima. Ha il fulgore e la pesantezza dell’inchiostro. Ha questa densità nera, più luminosa della luce del giorno

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    “E’ meglio per te se non ti rincontri mai più , esperimento”: le ultime parole di Liz, prima di smaterializzarsi. Ecco, era esattamente quello che Al si aspettava. Come aveva potuto essere così stupido da credere che una volta usciti da quel tendone lei non sarebbe cambiata? Era stata la foga di quell'attimo, l'esultanza di quel rapporto ritrovato a far credere ad un Al ancora troppo euforico che le cose si erano veramente ristabilizzate. Non aveva forse lei capito l'importanza di quel contatto, non l'aveva aiutata? Evidentemente no, non aveva smosso di un millimetro quel cuore che si era atrofizzato nel petto della ragazza. Dio, ci aveva sperato, ma era anche la consapevolezza che quella speranza era ormai morta chissà quanto tempo prima a farlo ragionare, una volta all'aria aperta. Quella festa non era stata altro che un'illusione, un mero scherzo del destino, e anche di pessimo gusto. Black Jack del cazzo. L'aveva portato lì con l'inganno, facendogli sperare in un po' di spensieratezza, offrendogli alcool e divertimento e poi boom, Liz. Non si sarebbe illuso che stava andando tutto bene, non era così ottimista, ma almeno le acque si stavano calmando, poteva dormire una sera sì ed una no, ci stava riuscendo. Il dubbio se ci sarebbe riuscito ancora dopo quella sera era devastante. Lì, fuori da quel tendone, ormai da solo, non sapeva più cosa fare o dove andare, considerando anche che non sarebbe andato molto lontano prima di capitolare a terra. Ma non poteva restare lì, era anche più doloroso. Il ricordo del ballo, della sbronza, della confidenza tra loro due si faceva sempre più fitto e pressante ad ogni partecipante della festa che vedeva uscire dallo stesso tendone. Coppie felici, amici che ridevano, ragazzi e ragazze che si rincorrevano. Risate, battute, gridolini entusiasmati, rimasugli di quella che era stata una serata bella per la maggior parte delle persone le quali, nel bene o nel male, lasciavano quel luogo in compagnia. Al no, Al l'avrebbe lasciato da solo quel posto, come da solo ci era arrivato. Poteva rientrare dentro, raccattare qualcuno di conosciuto ed andarsene. Ma chi sarebbe fuggito da quella festa solo per accompagnare a casa un povero ubriaco con i complessi? Di certo non poteva chiedere a Chris di smettere di molestare la ragazza dei suoi sogni solo per aiutarlo, né poteva rimediare un passaggio da Deimos o Lucas. No, Al non era il tipo da elemosinare aiuti o compassione, se la sarebbe cavata comunque, sarebbe andato ad Hogsmeade in quell'ostello in cui ormai lasciava qualche suo vestito per quante volte lo frequentava. Camminò -o meglio barcollò- senza guardare negli occhi nessuno: era tardi, e fortunatamente c'era poca gente che ancora girava per le vie del paese magico, poca gente che potesse guardarlo come uno strano, vestito ancora da personaggio dei cartoni animati, pallido in viso e con visibili forze di stomaco ogni cinque passi. Fortunatamente anche il centro abitato era vuoto e non fu un problema raggiungere il suo locale preferito. Quando posò i gomiti sul bancone della reception chiuse gli occhi, sentendo insieme al tintinnio delle solite chiavi arruginite la voce dell'anziano uomo che lo accoglieva ogni volta, ogni volta nelle stesse condizioni. Sant'uomo, quello, non aveva mai fatto problemi ad Al quando questo rientrava sempre ubriaco, anche se non era mai stata una sbronza molesta come quella, e dovette capirlo. “Brutta serata, eh?” Al evitò anche solo di aprire la bocca per evitare di sporcare tutto il bancone e si limitò ad annuire in silenzio, togliendosi le mani dal viso e guardando l'uomo. Gli uomini. Quanti cazzo erano. Prese le chiavi con la sua poca delicatezza ed accennò un sorriso a Tom -si chiamava Tom vero?- e salì le scale. Quelle che sembrarono essere due ore dopo Al riuscì a raggiungere la solita stanza, la 1408. Ironico, pensò: nel libro di Stephen King la gente in quella stanza ci moriva. Ma lui non era in un racconto di King, e questo lo fece ridere mentre cercava di aprire la porta. Dio perché era così difficile? L'ultimo pensiero che ebbe prima di buttarsi sul letto ancora completamente vestito fu che avrebbe dovuto comprare qualcosa a Tom per la sua pazienza -tanto pagava il Ministero.
    Il lato positivo del post sbronza per Aloysius Crane era la notte: riusciva a dormire tanto, forse troppo, senza fare sogni di alcun genere, sogni che erano in realtà incubi, sempre gli stessi.
    deano
    Era ormai il pomeriggio del giorno seguente quando si svegliò sul pavimento, a faccia in giù: evidentemente il letto era scomodo. Sperò solo di non aver fatto nulla mentre dormiva, non sarebbe stata la prima volta dopotutto. Non si era allontanato molto dal letto, riuscì a poggiarsi ad esso per alzarsi fortunatamente, e constatò che di fatti l'unica cosa che fece fu cadere a terra nel sonno. Niente cose sottosopra, niente mobili rotti, niente bottiglie sfracassate a terra -anche perché non ne aveva. L'equilibrio era più stabile di quello della notte appena trascorsa, riuscì ad arrivare all'armadio senza problemi constatando che il paio di jeans e la camicia rossa che aveva lasciato lì qualche settimana -forse?- prima, insieme al resto del cambio, sapeva che l'oste non l'avrebbe deluso. E aveva deciso di lasciare quell'ostello per quella sera, magari ritornandoci nei prossimi giorni per prendersi una pausa dalla monotonia di New Hovel, ma prima avrebbe fatto quello che si era promesso, comprare qualcosa a Tom, in qualche modo doveva tenerselo buono. Scese velocemente dalle scale, salutandolo -ma non si smuoveva mai da quel bancone?- e lanciandogli le chiavi. “A tra poco Tom!” “Sarebbe Tim, ma fa nulla!” Cazzo. Vabbè di poco, non se l'era presa troppo sul personale alla fine, rideva. Ma era meglio se Al si muoveva a comprare la bottiglia di Jack Daniel's sì ci sto in fissa fatemi causa all'uomo. Sapeva già dove andare: Testa di Porco, tra tutti, uno dei migliori locali visitati da Al, e non per la gente o quant'altro. Era accogliente, il proprietario simpatico. Voleva comprare solo una bottiglia, giuro!, ma il bancone era troppo invitante per non sedercisi ed ordinare un bicchiere. Giusto uno. “Buonasera, ti presento Brandon.” No, non lui. Al si girò a guardarlo in modo alquanto innervosito. Crowley era una delle persone più fastidiose che Al avesse mai avuto l'onore di conoscere. Ma almeno sapeva essere di compagnia -non una delle compagnie che Al preferiva, diciamo che avrebbe preferito altre forme sedute allo sgabello vicino al suo. “Che c'è, hai paura di andare in giro da solo quindi ti porti il cagnolino?” disse, finendo di bere il suo drink. Stava già per alzarsi, non aveva tempo da perdere con Crowley, quando questo ordinò da bere. “Se offri tu, mettici quel che ti pare”. Alla fine, poteva aspettare un altro drink.
    Aloysius Crane - All that I own, is it just smoke and mirrors?

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    Si dice che il mondo è diviso in buoni e cattivi. Si dice che esistono duie tipi di ideali: uno ingiusto e l’altro ingiusto. Si dicono tante cose sul mondo, ma Crowley faceva una sola distinzione tra la gente: c’erano i simpatici a cui potevi rivolgere la parola come lo era stata Lienne; c’erano quelli a cui devi per forza stringere le mani attorno al collo, come Duke Fleed; c’erano quelli che non valevano niente e come niente dovevano essere trattati; c’erano quelli che invece dovevano essere sbrindellati con amore, tipo Aloysius. Per quanto riguarda quest’ultima categoria, ne facevano parte… uhm, a dire il vero solo Aloysius Angus Crane.
    Perché Crowley dai, in fondo gli voleva bene. Aveva profonda stima e cura di lui. Ad esempio, in quel momento stava pensando a quanto dovesse faticare il suo cervello per poter pensare. Crowley era dell’opinione che Aloytrus Cranio D’Angiò fosse impossibilitato a pensare come gli altri esseri umani. Secondo Crow, insomma, Alorchio era leggermente deficiente, proprio patologicamente. Per questo avevo cura di questo ragazzo: avrebbe voluto fargli passare le sofferenze che derivavano dall’uso complesso del suo povero cervello e l’unico modo per farlo era ammazzarlo. Poi si ricordava che così gli avrebbe fatto un favore e che soprattutto non avrebbe avuto nessuno da prendere in giro, quindi, per il bene superiore, lo risparmiava e lo lasciava in vita.
    “Che c'è, hai paura di andare in giro da solo quindi ti porti il cagnolino?”. Poi era troppo simpatico, e aCrowley piaceva come compagnia. Ogni frase che usciva dalle loro bocche era un insulto che veniva prontamente ricambiato dall’altro. Avevano una bella intesa fra loro due, sapevano sempre come rispondere alle frecciatine dell’altro. A Crowley sarebbe dispiaciuto molto perdere la sua compagnia. Quel tipo di rapporto ce l’aveva solo con Arryn e con le sue sorelle, oltre che con Al. Solo che per Al provava qualcosa di più.
    Un’erezione.
    Ogni volta che lo vedeva aveva un’erezione, sapete? Parlo del suo dito medio. Ma va bene anche il pugno diretto verso la mascella di Aloysius. «Ma no per Merlino, invece di portare cani porterei lo spazzino per spazzare via la spazzatura». Accarezzò le testa di Brandon. «Spazzatura tipo te, sai». Sorrise sornione. Aveva appena finito di bere e stava per andarsene. Crowley ci sarebbe rimasto profondamente male. E ora con chi avrebbe parlato? Con il cameriere?
    Ma fortunatamente nessun uomo sano di mente rifiuterebbe un drink: “Se offri tu, mettici quel che ti pare”. Però Al non era sano di mente. Se gli insani di mente non dicono cose del genere, Al cos’era? Una via di mezzo tra il sano e l’insano di mente? Forse Al non era e basta. Anzi, no: Al non aveva mente. Ecco spiegato tutto.
    Crowley alzò le spalle. «Paghi tu, pago io, è la stessa cosa. Paga comunque il Ministero». Crowley si riferiva al suo stipendio e ai soldi che Al riceveva mensilmente da parte del Governo. I soldi che gli spettavano di diritto in quanto Special Muggle, ovvero Invalido Civile. (Al era già invalido di suo, ma dettagli.) Quando un ragazzo dall’aria buffa si avvicinò a loro due, Crowley ordinò: «A noi due porta qualcosa di bello forte». Aggiunse, indicando Al: «Ma per lui porta qualcosa di brutto, di velenoso. Ok?». Il ragazzo sorrise divertito: “Va bene, capo”.
    Crowley sospirò, guardando Alessandrino. «Allora, Aladdin o come caspita di chiami, come va? Sembri un po’ giù». Un po’ down. Forse Al era affetto da sindrome di Down, poverino. Volse lo sguardo verso Brandon, che lo guardava male. Oh, se n’era scordato! «Ragazzo, tu!», chiamò l’aiutante del proprietario del Testa di Porco. Quello si voltoò. «Mi servirebbe anche un piattino di Ogden Stravecchio». Il ragazzo inarcò un sopracciglio. “Come, prego?”. Crow indicò Brandon. «Sai, per il lupo». Il ragazzo annuì, confuso. “Ok. Subito”. A quel punto Crow puntò nuovamente la sua attenziona ad Aloysius, in attesa di una risposta. Come se gli importasse davvero.
    Crowley McLeod - L’anima. Ha il fulgore e la pesantezza dell’inchiostro. Ha questa densità nera, più luminosa della luce del giorno

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    Ci tengo a precisare che il cameriere è Raiden.
    Scusate, amo citarmi da sola i miei stessi pg, fatemi causa.
     
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    Aveva ormai perso ogni speranza. La speranza di rifarsi una vita, di ricominciare da capo come se nulla fosse mai accaduto. Aveva perso la speranza di dimenticare tutto, accantonare ogni esperienza passata e di andare avanti senza di esse. Se la speranza era l'ultima a morire, Aloysius era ormai arrivato ad un punto di non ritorno. Ma di sicuro, la cosa che ormai sperava di meno era di incontrare persone normali, persone che fossero giuste. Erano poche, effettivamente, quelle che poteva aver definito tali nella sua esistenza, e la maggior parte di esse l'aveva condotto sempre più in basso, sempre più vicino al limite del burrone. Non si fidava, la fiducia era venuta a mancare insieme alla speranza. nello stesso momento. Colui che si era seduto al suo fianco, di certo, era una delle ultime persone che sperava di vedere, uno dei tanti di cui non si fidava. Tutto, in Crowley, lasciava intendere che fosse una persona poco raccomandabile, ai suoi occhi. Era fastidioso oltre ogni misura, inopportuno, ed aveva un senso dell'umorismo insopportabile. Eppure, stranamente, sembrava aver sviluppato un morboso attaccamento per quell'Esperimento. Alla fin fine, Al aveva iniziato a sopportare quella presenza incombente nella sua vita, almeno pagava da bere per entrambi e, nonostante quello stesso giorno avrebbe preferito stare da solo, senza contatti col mondo esterno, quella compagnia poteva rivelarsi una svolta dopo tutto quello a cui era andato incontro solo la sera prima. Per Crane, Crowley era il classico "mi stai sul cazzo, ma alla fine se ci sei ti parlo". In sua presenza, si sentiva una rock star alle prese con la sua groupie più sfegatata, la fan #1 che avrebbe fatto di tutto per passare un po' di tempo con il suo idolo, e quello forse gli dava la forza di restare seduto sullo sgabello invece di alzarsi e di mandarlo poco elegantemente a farsi fottere ogni volta che se lo ritrovava a fianco. E l'alcool, quello giocava un ruolo fondamentale in tutta la faccenda. Mai scordarsi dell'alcool #wat. Poi, ovviamente, ogni parola che usciva da quell'ammasso di carne lo faceva ricredere, facendogli venir voglia di spaccare il bicchiere sul bancone e piantarglielo nella gola senza ripensamenti. Ogni volta che apriva bocca Al non faceva che chiedersi in che modo, con la sua lampante stupidità, fosse riuscito a diventare un consigliere ministeriale -e lo sapeva perché Crowley era talmente pieno di sé che non faceva che ricordarglielo ad ogni loro incontro. E un po' gli faceva pena. Insomma, andava in giro con un lupo: che razza di persona si portava un lupo in un bar? Nemmeno nelle peggiori barzellette. "Un uomo ed il suo lupo entrano in un pub, e poi escono perché la battuta fa schifo".
    Si voltò verso il ministeriale, mentre questo prendeva la parola. «Ma no per Merlino, invece di portare cani porterei lo spazzino per spazzare via la spazzatura. Spazzatura tipo te, sai» Sorrise a quella che, nella mente di Crowley, doveva sembrare una battuta piena di spirito ma che, in verità, faceva abbastanza schifo. «Sei una persona veramente triste, Crowley» asserì, voltandosi nuovamente verso la parete piena di bottiglie. Non aveva nemmeno la forza di insultarlo in modi più creativi, per quanto volesse farlo. Non voleva nemmeno essere lì, eppure sedeva lì, in attesa del prossimo drink. Perché, dopotutto, non aveva niente di meglio da fare, nessuno da cui andare, nessuno con cui bere un birra in amicizia -escludendo Crowley. Sembrò quasi sollevato, quando decise di rimanere lì, quasi desiderasse la sua compagnia, quasi la necessitasse. Non aveva niente di meglio da fare, non aveva nemmeno la voglia di cercare qualcosa di meglio da fare. Iniziò a maledire il momento in cui si era alzato dal pavimento, era l'unica cosa che poteva fare, incatenato al fianco dell'uomo. «E dimmi: se sono spazzatura, per quale motivo continui a rompermi le palle?» Poggiò entrambi i gomiti sul bancone, mentre McLeod reclamava l'attenzione del cameriere. Quando ordinò, portò una mano a coprirsi gli occhi. Davvero, aveva bisogno di ripetizioni su cosa fosse l'umorismo quell'uomo. «Fammelo sul serio velenoso, almeno non dovrò mai più sorbirmi questo qua» disse al giovane, indicando la sedia al suo fianco.
    Aladdin. O era un caso, il fatto che l'avesse chiamato con il nome del personaggio di cui aveva vestito gli abiti solo la sera prima, oppure seriamente aveva un pedinatore personale. E quel nome, quel nome avrebbe preferito non sentirlo, mai più. Lasciò vagare lo sguardo vacuo sul bicchiere che aveva lasciato vuoto poco tempo prima, lasciando che tra i due calasse il silenzio, lasciando che quel silenzio fosse riempito dall'eco della serata trascorsa poco tempo prima. Fece sbattere le palpebre, giusto un attimo, cercando di evitare di ricadere nel solito oblio. Aladdin, quel pomeriggio, non aveva voglia di volare con Jasmine sui tetti di Agrabah, e forse non l'avrebbe mai più voluto fare. «Un po' giù» ripeté, lasciandosi sfuggire una risatina mentre sollevava quel bicchiere dal quale non aveva distolto lo sguardo. «Quel tanto che mi porta in un pub di pomeriggio dopo una sbronza» Non aveva voglia di dire che andava tutto bene, soprattutto non aveva più voglia di mentire a sé stesso. «E se il mio nome è tanto difficile per il tuo limitato intelletto, chiamami Al. Che ci fai qua?»
    Al ringraziò il ragazzo quando portò i due nuovi drink, ignorando il goffo tentativo di portare un piattino ricolmo della stessa bevanda. Evitò anche di ironizzare su quel fatto, ma a quanto pare quel lupo per Crowley era quasi una persona: doveva essere molto solo nella sua vita parla quello che ha un'ascia come compagnia notturna #sks. Portò il bicchiere alle labbra, inumidendosele appena e poggiandolo. «Peccato» constatò, alzando le spalle in modo spontaneo «Non sembra avvelenato»
    Aloysius Crane - All that I own, is it just smoke and mirrors?

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    “Sei una persona veramente triste, Crowley”. Il Consigliere sorrise, come se quello fosse stato un complimento. In parte Alorchiano Argano Crani Aveva ragione, ma triste non era il più azzeccato tra gli aggettivi esistenti. Era meglio… inquietante. Crowley lo sapeva e non si faceva problemi ad ammetterlo, il suo senso dell’umorismo non era dei migliori. Anzi, era dei peggiori. Era un umorismo strano, molto diverso dal proverbiale humor degli inglesi. Perché Crowley non era un inglese, anzi non era di questo mondo. Proveniva dalle viscere della terra, dall’inferno. E dal “Re dell’Inferno”, com’era chiamato, ci si aspetta un humor triste, nero e scadente, da quattro, ma anche due, soldi.
    Un humor triste, sì, ma Crowley non era una persona triste. «Triste, insomma…». Era tetra e… «…inquietante», mormorò, senza essere sicuro del fatto che Alusso l’avesse sentito o meno, con quelle orecchie da demente che si trovava. Riprese co un tono di voce più alto: «Concordo, non sono adatto all’humor. Ma di sicuro più di te». Esibì un sorriso cordiale e finto come la faccia di Alluschio. Perché, diciamoci la verità, si vedeva che quella faccia era posticcia e sostituiva la sua faccia vera. Quella da culo glutei. Peggio delle milf rifatte. Non che Crowley avesse qualcosa contro le milf, eh.
    “E dimmi: se sono spazzatura, per quale motivo continui a rompermi le palle?”. Crowley sospirò sconfortato. Certo che quel ragazzo doveva avere avuto un’istruzione poco completa. Non sapeva cosa ci si facesse con la spazzatura. Invece di mandare a incenerirla, inquinando brutalmente l’aria e la terra e la natura e i nasi e le cose, la spazzatura bisognava riciclarla. Ed era proprio quello che Crowley faceva, riciclare la spazzatura dal nome impronunciabile, Aloischeo. «Non si chiama rottura di palle, Alerchio, si chiama arte del riciclaggio». Abbassò un po’ la voce, come fa il papà quando deve spiegare qualcosa di elementare al proprio figlio stupido come i coglioni. «Sai, è quella cosa che si fa con la spazzatura, riusarla, riusarla, riusarla, finché non si può più usare. Ma tu sembri resistente, per questo mi piaci».
    “Fammelo sul serio velenoso, almeno non dovrò mai più sorbirmi questo qua”. Crowley si portò una mano al cuore, teatralmente, esibendo un’espressione afflitta. In realtà Crowley non sapeva cosa fosse il dispiacere, l’aveva solo visto sui giornali e sui volti di altre persone. «Ti sto davvero così tanto antipatico? Soffro». Fece un smorfia, abbandonando quella stupida recita. «Ok, no. Non sono credibile», si arrese, alzando le spalle.
    Crowley aveva fatto centro: Aloysius era triste. “Un po' giù”. Poverino, guardate la sua faccia da cucciolo bastonato che ride per non piangere. Quasi quasi Crowley avrebbe voluto abbracciarlo per consolarlo. “Quel tanto che mi porta in un pub di pomeriggio dopo una sbronza”. Ah, no. Ci avrebbe pensato il coma etilico a consolarlo, forse. O almeno così sperava Crowley. “E se il mio nome è tanto difficile per il tuo limitato intelletto, chiamami Al. Che ci fai qua?”. Al. Almeno era più facile da pronunciare, sì. «Tanto neanche te sai bene il tuo nome, ci scommetto», commentò superficialmente.
    A quel punto arrivò il ragazzo portando i due bicchieri. In quello di Crowley ci aveva pure messo un ombrellino e il tridente del diavolo, oltre a una cannuccia di colore rosso sangue. Crowley sorrise sornione al ragazzo che si ricordava ancora come Crowley voleva essere servito. Amava bere dalla cannuccia, nonché con quell’ombrellino e quel tridente. Portò anche il piattino con il liquore per il lupo. Crowley estrasse la bachetta e si fece aiutare da un Wingardium Leviosa per portare il piattino davanti al lupo. Bran si chinò sul piatto e iniziò a leccare il liquore per il quale andava matto. Crowley sorrise gentilmente al ragazzo. «Quanto?», chiese. Il ragazzo disse: “Nove falci per voi due, più quattro falci per il lupo. Quindi sono un galeone e cinque falci”. C rowley annuì e porse due monete d’oro e cinque d’argento al ragazzo. «L’altro Galeone tienitelo tu, e grazie». Il ragazzo sorrise grato “Grazie a lei”, poi sparì con i soldi.
    “Peccato. Non sembra avvelenato”. Crowley sperava nel coma etilico, a quel punto. Comunque non gli rispose, ma rispose alla domanda di poco prima: «Non ho nulla da fare oggi e sentivo che qualcuno oggi aveva bisogno di un amico con cui parlare». Quella di Crowley non era voglia di stare a sentire i disagi altrui, ma pura curiosità umana. «Racconta, che t’è successo?», chiese, poi bevve un po’ del liquore con tenuto nel bicchiere, che si rivelò essere un Liquore dalle 12 erbe aromatiche, forte e gustoso, profondamente aromatizzato.
    Buono, decise. Il Testa di Porco non l’aveva deluso nemmeno stavolta.
    Crowley McLeod - L’anima. Ha il fulgore e la pesantezza dell’inchiostro. Ha questa densità nera, più luminosa della luce del giorno

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    Di certo, se si fosse trattato di qualcun altro, Al non si sarebbe limitato ad osservare il liquido in perfetta stasi all’interno del bicchiere mentre di fianco a lui c’era qualcuno così tanto propenso a far sentire la propria, petulante voce. Ma non era solo la persona ed il suo voler a tutti i costi sentire -ed appagarsi in tal modo- il suono delle proprie parole a non fare in modo che il Crane si concentrasse sulle frasi di Crowley, bensì la situazione, il periodo, la stanchezza. Il post sbronza che come al solito ci metteva del suo, ma ormai non rientrava più nelle cause che Al affibbiava alle sue carenze tanto ci era abituato. Aveva ceduto alla tentazione di un ennesimo bicchiere, aveva ceduto alla tentazione di un briciolo di compagnia per quanto questa risultasse a tutti gli effetti scadente, solo per non dover restare da solo e tornare al solito far nulla a cui ormai era avvezzo e che tanto stava iniziando ad odiare. Sicuramente, il Consigliere non migliorava la sua condizione attuale, abbastanza pietosa, con tutti quei suoi modi di fare saccenti: non era la prima volta che dimostrava al babbano di volersi mettere in mostra, di voler primeggiare come quello più in gamba dell’intera classe, di volersi prendere tutte le attenzioni, ma non attecchiva. Se non fosse stato abituato, il McLeod, a ricevere languide ed annoiate occhiate che lasciavano trasparire quel senso di velato fastidio provocato dall’eccessivo parlare e dalle parole stesse usate, nel tempo di un semplice drink tra il discorso della spazzatura, del veleno nel liquore, del suo stesso nome e quello squallido tentativo di approccio ne aveva fatto incetta in maniera impeccabile. Fu solo per quel « ma tu sembri resistente, per questo mi piaci » che Aloysius si degnò di aprir bocca dopo tutto quel suo incessante dialogare da solo, se si prende atto dell’interesse suscitato nel biondo. «Mi dispiace, ma non sei il mio tipo» Disse, cercando di sembrare il più disinteressato possibile -non che gli ci volesse poi tanto impegno nel farlo- e tornando il più in fretta possibile a posare lo sguardo sul proprio bicchiere. Non prestò orecchio al continuo sproloquiare monotono dell’uomo e, ingenuamente, non poteva che chiedersi cosa lo tenesse fermo lì. Aveva avuto la sua dose di socialità indesiderata, aveva scambiato molte più parole di quante non fosse in grado anche solo di pensare quel pomeriggio, perché non si era ancora alzato? Sì, oltre al drink non ancora finito, ma considerato che avrebbe potuto ingollarlo senza indugi ed andarsene stava di sua spontanea volontà decidendo di restare in quel locale. Non aveva effettivamente bisogno di parlare con nessuno, tantomeno non con Crowley anche perché, vagliando le varie alternative, avrebbe di certo preferito esternare i propri problemi con una Charlie -anche se questa probabilmente si sarebbe scordata nell’immediato di cosa stessero parlando- o con un Drake -nonostante sapesse che in sua compagnia probabilmente avrebbe sorvolato il discorso poco dopo-: con il Ministeriale non poteva vantare di condividere alcunché se non i locali frequentati. Eppure era lì, eppure ci stava parlando. Che avesse bisogno di uno sconosciuto per non dilungarsi troppo nei propri problemi? Possibile. Il fatto che fosse un odioso mago che ricorreva alla propria bacchetta anche solo per portare il piatto ricolmo d’alcool all’altezza del proprio lupo aiutava nell’intento: a un tale idiota non avrebbe certo detto tutto ciò che lo attanagliava, non si sarebbe di certo sprecato. «Non ho nulla da fare oggi e sentivo che qualcuno oggi aveva bisogno di un amico con cui parlare. Racconta, che t’è successo?» Ma non lo guardò in faccia, stavolta, per rispondergli, stringendo le dita intorno al vetro colmo di liquido scuro, mentre un amaro sorrisetto faceva appena in tempo ad arcuargli le labbra prima di svanire. Da quando erano amici? Era successo quando, la prima volta, aveva cercato di farlo strozzare con un amaro fin troppo vecchio e disgustoso che, a suo parere, era squisito? O quando l’ultima aveva cercato di mettere un qualcosa di non meglio specificato nel suo bicchiere? Giuro che ad Al era sfuggito tale particolare, come era sfuggito forse il senso che Crowley dava all’amicizia. Ma non glielo disse, non volendogli rovinare l’idillio che si era costruito per il quale il Crane potesse considerarlo parte di quel piccolo gruppo elitario che erano coloro che considerava “amici”. «Problemi di cuore, mettiamola così. Credevo di aver ritrovato una persona, giusto ieri sera, e invece...» Lasciò la frase in sospeso, stringendosi nelle spalle e sollevando il bicchiere dal bancone di pochi centimetri, come a volergli far intendere che invece si era rifugiato nell’alcool, cosa che faceva ormai quasi per tutto ma ok. «Ma non mi serve uno psicologo, sul serio. Ci sono già passato, non capisco perché ti debba interessare come sto» Avvicinò il bicchiere alle labbra, ma il liquore aveva un sapore strano, quasi si contrastasse con quello che aveva ingurgitato il giorno prima. Non ci fece caso e, una volta che vennero meno due dita di alcool, lo riposò al suo posto tenendo le dita ben strette intorno ad esso. «A meno che tu non abbia qualche rilevante e mistico consiglio da darmi, amico» Ironico, come non poteva non esserlo mentre lo guardava, le sopracciglia alzate come a volerlo sfidare e il sorrisetto che lo invitava a rispondere a quel quesito. Non che ci sperasse, non che lo volesse davvero, ma ormai aveva capito che le persone avrebbero potuto sorprenderlo quando meno se lo immaginava.
    Aloysius Crane - All that I own, is it just smoke and mirrors?

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    Edited by clàrisse - 5/1/2016, 15:18
     
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  7. ;crowley;
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    tumblr_mmbwn3Kgw21spmv7bo1_500
    « sheet - 43yo - ex-slytherin - death eater - ministerial counselor »
    Si era sempre chiesto se quel liquore dalle 12 erbe aromatiche avesse davvero 12 erbe aromatiche tra i suoi ingredienti. Gli sembravano troppi e lui era un uomo per natura diffidente. Se prima gli era sembrato buono a primo impatto, adesso stava forse rivalutando quel liquore. L'aveva assaporato per bene, cercando di capire se i Galeoni che aveva spesi li avevo spesi per un prodotto che era davvero con 12 erbe aromatiche. Era una questione di principio. Poi era fratello di Arryn, quindi un minimo di avarizia ce l'aveva e voleva essere sicuro di aver speso bene i propri soldi. Ma, a differenza di Arryn, se sapeva di spendere bene, spendeva tanto.
    Infatti non si è ancora capito perché abbia regalato una macchina a suo nipote Phobos. Niente contro la macchina: quella era un vero e proprio gioiello. Il problema era suo nipote: Phobos era capace di buttare al vento più di 3000 Galeoni con un incidente aereo contro una nonnina indifesa. A proposito, Crowley aveva come il presentimento, ogni volta che leggeva “Gufi ammaccati da mezzi volanti” e “Anziana su scopa in ospedale in seguito a scontro contro mezzo volante non identificato”, che la causa di tutti quegli incidenti fosse Phobos Campbell.
    Di certo quella macchina sarebbe stata meno sicura con Alcova Cranio.
    “Mi dispiace, ma non sei il mio tipo”, disse Alcova. Il Consigliere di portò una mano chiusa a pugno sul petto, afferrò con l'altra mano il polso di Aliosso, assumendo un'espressione teatralmente sconvolta. Si batté il petto due volte. «Me misero! Me tapino! Friendzonato dalla spazzatura! Spazzatura-zoned!?». Capovolse tatralmente la testa all'indietro, fingendo un malore di cuore. Poi improvvisamente lasciò andare la presa dalla mano di Alorchisio e si diede un contegno. Alzò la voce: «Scherzavo. Non sono spazzaturosessuale», disse con la massima serietà, bevendo un altro sorso del liquore.
    Finalmente Altarisio Crane si decise a rivelare i propri disagi. “Problemi di cuore, mettiamola così. Credevo di aver ritrovato una persona, giusto ieri sera, e invece...”. Crowley alzò la mano per interromperlo, facendo un gran sospiro commosso, come a voler dire “dovevo immaginarlo”. «Prendo i fazzoletti», disse, facendogli segno di continuare. Infilò la mano dentro la tasca, prendendo un fazzoletto nero come il carbone e tamponando delicatamente (e teatralmente) gli occhi, fingendo di essere davvero molto commosso. Quando invece aveva sperato fosse stato solo un litigio con il suo pusher. Invece no: donne, donne, donne, donne e donne. A meno che non fosse gay. O spazzaturosessuale, ew. «Tutte le donne sono figlie di Troia» e stava parlando della città, certo, «E non mi venire a dire che è una battuta ottusa e maschilista, altrimenti saresti banale e veterofemminista», sentenziò. E ne sapeva qualcosa: pensò a Lienne Hale.
    “Ma non mi serve uno psicologo, sul serio. Ci sono già passato, non capisco perché ti debba interessare come sto”. Crowley scosse la testa, come ad assecondarlo. E mentre Aloistro beveva, beveva anche lui. Insieme bevvero due dita del proprio rispettivo liquore. L'amicizia era anche quello, bere insieme. Anche perché bisognava essere ubriachi per essere amici di Al-mi secca scrivere il suo nome, tanto lo sbaglio sempre. “A meno che tu non abbia qualche rilevante e mistico consiglio da darmi, amico”.
    Ignorando palesemente l'accento ironico con cui il suo interlocutore aveva pronunciato amico, fece finta di pensarci su. «Per combattere la sofferenza, nulla è meglio che credere kn qualcosa che ti faccia stare bene», disse saggiamente. «Citando Auguste De Lacres». In realtà se l'era appena inventato, ma tale era l'imbecillita dell'umanità che scrivendo “cit. Qualcuno” tutti ci credono e la prendono come perla di saggezza (cit. Hillary Green). E Alossiuso era il massimo esempio di imbecillità umana; scusa, Alorsio. «E nulla può farti stare meglio che stare dalla parte giusta, credendo negli ideali di giustizia e nel bene superiore». Sorrise, mostrandogli, come se lo stesse facendo per caso, i gioielli di colore rosso che portava sulle maniche del cappotto nero: un teschio dalla cui bocca usciva un serpente.
    Il simbolo dei Mangiamorte.
    Crowley McLeod - L’anima. Ha il fulgore e la pesantezza dell’inchiostro. Ha questa densità nera, più luminosa della luce del giorno

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    aloysius angus crane

    Cosa ci fosse che non andava in quell’uomo, il Crane non poteva fare a meno che chiederselo ogni dannatissimo minuto passato in sua compagnia. Davvero, lo preoccupava seriamente; era inconcepibile come ogni volta riuscisse a sorprenderlo con un nuovo livello di squallore –e dire che quella era, sì e no, la terza volta che aveva l’immenso piacere di intrattenere un dialogo con il consigliere. Metaforicamente parlando, quando Crowley afferrò il proprio polso tra le dita altro non poté fare se non alzare gli occhi al cielo, rassegnato; sul piano del reale, tuttavia, non se la sentì di distogliere lo sguardo dalla presa, osservando a metà tra il disgustato ed il confuso la scena che andava a delinearsi davanti alle iridi verdi. Se ne avesse avuto la forza –ed il coraggio visto e considerato che il McLeod era pur sempre un fucking consigliere ministeriale- avrebbe risposto a quell’azione con un destro dritto sul naso del più vecchio: nonostante avesse passato molto tempo della sua giovinezza a pavoneggiarsi come un ragazzo medio-borghese, Al –o meglio Hogan, come preferivano chiamarlo Delilah e Fox- aveva appreso dal ghetto, nonché avuto il piacere di provarlo sulle proprie nocche, che quello era uno dei modi migliori per risolvere, sul nascere, problemi molesti come quello. C’è bisogno, nel particolare, che vi dica esattamente da chi aveva imparato? Dalla cugina, ovviamente: non aveva mai visto, il fotocineta, una ragazza picchiare così forte in vita sua prima di uscire con la Jackson. Qualcosa di ancestrale e fantastico, che ci crediate o no: come faceva piangere gli uomini lei, signori e signore, nessuno prima d’allora. Comunque, il Crane si trattenne, corrugando le sopracciglia ed alzando lo sguardo sull’uomo, sempre più destabilizzato dalla faccenda. «Me misero! Me tapino! Friendzonato dalla spazzatura! Spazzatura-zoned!? Scherzavo. Non sono spazzaturosessuale»
    Si credeva davvero divertente? Davvero? Scosse la testa, quando il ministeriale ebbe ormai raggiunto e superato il limite della decenza e, con tono vagamente risentito, rispose, sebbene non avesse più molte parole da esporre. Ma l’aveva capito, e ahimè temeva avrebbe avuto modo di capirlo ancora meglio col passare del tempo –di tutti i pub del mondo magico, per quale fottuto motivo doveva sempre entrare in quello di Al? «no infatti, non lo sei» asserì, portando la propria mano a distanza di sicurezza. «sei semplicemente malato. Fatti curare» E vi vorrei dire che quello era il modo del babbano di dimostrare affetto verso le persone, ma mentirei: credeva davvero che una perizia psichiatrica avrebbe giovato all’amico, ed aveva ben altri modi di dimostrare amore. «Tutte le donne sono figlie di Troia. E non mi venire a dire che è una battuta ottusa e maschilista, altrimenti saresti banale e eterofemminista» Lesinò dal fargli notare che quella non era nemmeno una battuta, in fin dei conti -#cazzogliene-, inclinando appena la testa davanti al bicchiere colmo di liquore, ora di nuovo alto davanti al viso, con un mezzo sorriso dipinto sul volto. Tutta ironia, alcun sincero divertimento nella sbilenca piega apparsa sulle labbra del Crane: per anni aveva perso tempo dietro a quel tipo di ragazza, solo per divertimento. Poi, Jo. Come una benedizione era arrivata la bionda, sconvolgendogli gli abitudinari e normali ritmi che la sua vita aveva assunto; e altrettanto silenziosa, seppure brutale, se n’era andata, morta. E ancora non l’aveva rivista nel Labirinto, ancora non l’aveva vista morire e scomparire tra le sue braccia; ancora non sapeva molte cose, Al. Per lei, e solo per lei, avrebbe potuto rispondere davvero male a Crowley, dirgli che non era vero. «non tutte, ma la maggior parte sì» asserì, alzando verso di lui il calice, brindando alle donne dai facili costumi wat.
    «Per combattere la sofferenza, nulla è meglio che credere in qualcosa che ti faccia stare bene, citando Auguste De Lacres» Fu allora che voltò, vagamente interessato dalle parole altrui. Non per le parole in sé e per sé, né per la citazione inventata –o presunta tale: leggeva, Aloysius Crane, ma quel nome mai era stato sfiorato dai suoi occhi chiari in qualsivoglia libro di testo, né tantomeno lo aveva mai sentito nominare. Piuttosto, fu il contesto in generale ad attrarre la sua attenzione: Al aveva chiesto un consiglio, in via retorica, e il ministeriale glielo stava seriamente dando? Per quanto avesse una bassa stima di lui come persona (insomma, era un Crowley), non poteva che rispettare vagamente l’uomo dietro la facciata che ostentava seduto su uno sgabello al bancone della Testa di Porco. Non che avesse ideali, il fotocineta, non in quel nuovo mondo nel quale si era ritrovato: aveva creduto, per un periodo, che la Ribellione fosse davvero buona, e ci si era aggrappato per un po’, a quel pensiero. Era stato bello, fintanto che era durato. Ma adesso, nel post sbronza dell’ennesima coltellata al ventre, cosa gli restava? Cosa doveva credere? Non chiedeteglielo: non avrebbe saputo darvi una risposta; in tutta onestà, tutt’ora, non saprebbe dire quale è davvero la parte giusta. Non c’era, semplicemente. Era un concetto tanto fugace ed effimero da essere fraintendibile, quello della giustizia: non era affidabile. Cosa avrebbe potuto far star bene il Crane? Era quello il punto, la vera domanda. «E nulla può farti stare meglio che stare dalla parte giusta, credendo negli ideali di giustizia e nel bene superiore» Sorrise, Al, quando vide il marchio mostratogli involontariamente: era già palese dove volesse andare a parare, ma così faceva un altro effetto. «giustizia e bene superiore, mh?» chiese, sornione, chiedendo al barista un altro giro –perché vivere è bello, ma morire di cirrosi epatica prima dei trent’anni lo è di più. «quindi, secondo te, appoggiare il Governo mi farebbe stare bene?» Fece cozzare il proprio bicchiere contro quello del McLeod, guardandolo negli occhi scuri: non aveva ideali, e per quanto gli poteva interessare i Mangiamorte potevano anche essere davvero i buoni. Avrebbe voluto, il Crane, che vi fosse solo il bianco e il nero in quella vita: niente dubbi, sapere subito quello che c’era da fare, scegliere dapprincipio come agire nella propria esistenza. Purtroppo per lui, non era né l’uno nell’altro, né tantomeno un fottuto grigio, via di mezzo e sinonimo di salvezza. Era tutto in multicolor, indecifrabile ed incomprensibile per chi, come il suddetto, non v’era stato mai coinvolto. Avrebbe potuto crogiolarsi nel suo limbo personale, starsene lì per il resto dei suoi giorni –presumibilmente pochi, per inciso. Se non fosse stato che, subitaneo, il ricordo della sera appena passata aveva deciso di far capolino. «dammi un buon motivo, uno solo, per credere davvero che questi ideali possano essere quello che mi serve. Fallo, ed avrai la mia attenzione: ti sfido. Ma se perdi paghi da bere, amico»
    Avrebbe potuto starsene zitto, dirgli che no, non gli interessava. Che come chiunque, il Ministero trattava loro speciali, vittime solo di essere sfortunate prede di mani più potenti ed organizzate, come chiunque altro. Che non aveva bisogno di quello, che era tutto alquanto futile.
    Ma avrebbe anche potuto dirgli che aveva ragione, che probabilmente erano più giusti loro: la Resistenza l’aveva tradito in un modo tanto subdolo che era difficile da credere –o almeno, lo era per lui.
    Era una scelta, quella alla quale era stato infine portato Aloysius Angus Crane, nonostante di una decisione posta davanti agli occhi, in bella vista, questa non ne aveva le sembianze: poteva essere intesa altrimenti, ma lui non lo fece. La vide come quella che sottilmente voleva essere. Forse perché era stanco, forse perché non aveva davvero di meglio da fare in quella vita, o forse solo perché era incazzato.
    Ci si era messo, praticamente, da solo in mezzo a quella scelta; ad Al, le decisioni non piacevano: lo sapeva, ormai, che finiva per prendere quelle più sbagliate, quelle che gli si sarebbero ritorte inevitabilmente contro.
    « ALL THAT I OWN, IS IT JUST SMOKE AND MIRRORS? »

    a casual code by ;winchester
     
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