chi muore non si rivede

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  1. bruja;
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    name + surnameolive lewis
    ex house and schoolgryffindor, hogwarts
    age + nationality21 y.o, england



    « i'm a queen and you are fottuto »
    Londra. Ma quanto fa cagare? Troppo, parole umane non possono esprimerlo. Quanto si stava meglio in quel buco di culo che era il Lussemburgo guarda, mamma mia quanto si stava meglio. E allora perchè sono tornata? A saperlo. Se sapessi perchè faccio le cose. metà, anzi tutti i problemi della mia vita sarebbero risolti, anzi meglio, non ci sarebbero proprio. Il guaio è proprio che prendo e faccio, senza un minimo di ragionamento, mica penso alle conseguenze MA PER CARITA' DI DIO, che parola è questa. Cresci mi dicono. Cresci e pensa a quello che fai, non sei più una bambina, devi prendere delle decisioni ponderate, è della tua vita che si parla, ma a me non mi va. Che ci posso fare? Non mi va, non mi fa di fare un cazzo, men che meno pensare a quello che faccio, figuriamoci. Vado dove mi porta la marea, la marea sarebbe il mio cervello, sempre che ne abbia uno, vivo alla giornata, come va va, ma proprio di stare la a fare le cose con un senso non mi va. Quindi cosa posso fare di assolutamente insensato e sconsiderato? Ma andare a trovare Jamie, mi sembra ovvio. E' proprio un impulso ormai, mi viene spontaneo. Il punto è che mi sa che è proprio per questo che sono tornata a Londra. In realtà non mi ricordo molto bene, a me sembra, ma non ci giurerei. E' che mi ero scocciata di stare la a usare le buona maniere senza che manco mi dessero una corona, un titolo. A me Dvchessa non basta. Se devo essere Dvchessa allora voglio rotolarmi nel fango quanto mi pare, voglio fare a botte per strada con i banditi, voglio partecipare a combattimenti di gufi clandestini e soprattutto voglio stare con Jamie. Ho bellamente dimenticato tutte le ragioni per le quali non dovremmo frequentarci, giuro, se ora mi chiedeste perchè ci siamo lasciati io non saprei cosa dire. Ma non ne ho proprio la più pallida idea, perchè la cosa che in questo momento proprio mi va di fare, combattimenti di gufi esclusi, è andare da Jamie, dirgli ciao e dargli un bacio stellare. Ed è proprio quello che farò. Perchè è da quando ho lasciato mia sorella che faccio quello che cazzo mi pare. Se mi va di fare una cosa la faccio, ecco perchè finisco nei guai. Al diavolo conseguenze e bla bla, la vita è breve e io non la passerò a farmi problemi, no grazie. Quindi niente. Dalla Testa di Porco al Ministero, con furore. Si, in quei giorni mi toccava stare alla Testa di Porco, pregando le persone che mi conoscevano di non dire niente finchè io non avessi deciso di farlo. Non mi andava di far sapere alle persone che ero tornata. Per carità non fraintendete, non che non mi andasse che si parlasse di me, dio ce ne scampi, ma volevo vedere le reazione di amici/nemici/zucchine eccetera, di persona. Prima di tutte quella di Jamie, che mi aveva raccomandato prudentemente dopo la nostra ultima visita di non pensare nemmeno a tornare. Ma avevo deciso di dimenticarmelo. In fondo sapevamo entrambi che non avremmo MAI rispettato la promessa di finirla lì. L'avevamo finita ormai tipo tre volte a quel punto, ma chi ci crede. Io no, perchè sono furba. Trovando a quello che stavo dicendo, stavo alla Testa di Porco in incognito. Senza programmare niente, un giorno mi sono svegliata e ho pensato di andare a trovare il Viceministo. Così. A voi non capita mai di andarlo a trovare? Beh, lasciatevelo dire ma gli strani siete voi. Perchè se nessuno lo facesse sarebbe un eremita, solo come un cane e mi sembra ovvio che non è possibile. Quindi mi son detta, se nessuno va a trovarlo toccherà a me farlo. Mi sono vestita a cazzo di cane come al solito, mi sono specchiata un pochettino, ho fissato lo sguardo a lungo sulle tette sperando che i miei poteri da esperimento scientifico potessero farle crescere, ma niente. Mi sembra una cosa profondamente ingiusta, ma non ci speravo. Le cose belle non succedono mai, si sa. Mi toccava andare da Jamie con le solite tette piccole, pazienza. Sono stata alla larga dalla spazzola, per carità di dio, e con i miei capelli freschi freschi di sonno, sono uscita. Poi sono tornata indietro perchè mi ero dimenticata di lavarmi i denti, e non mi sembrava cosa. Poi sono uscita di nuovo, e sta volta avevo fatto tutto. Che dire del mio abbigliamento, non erano più i vestiti di una regina, ma di una sfigata profuga, che merda. Maglietta bianca, jeans, zaino da bambina di prima elementare, calzini diversi, ma scarpe uguali, miracolo. La bacchetta non dovevo prenderla perchè non ce l'avevo ha-ha, una cosa in meno, grazie al cielo. E niente, sono partita all'esplorazione. Non mi ricordavo nemmeno dove stavo andando, dopo tre anni di autista privato che mi scarrozzava ovunque il mio piccolo cuiricino desiderasse avevo pure dimenticato come si mettevano in fila due passi, figuriamoci girare per Londra. Se solo in laboratorio mi avessero dato la capacità di teletrasportarmi, magari. Ma che ci faccio col fuoco? Boh, che ne so. Ogni tanto mi si infiammano le mani, tutto qui. Non capisco, mi dispiace non capisco. Comunque ormai non ci posso fare niente e non posso fare niente nemmeno per l'autista. E quindi piano piano ho cominciato a camminare. Mai e poi mai mi sarei aspettata una simile fatica. Santo Iddio, il viaggio della speranza. Una fatica, ma una fatica, ma una fatica che voi proprio non avete idea. Mettici che era Maggio, quindi comunque freddo non faceva. Mettici che Londra è una merda di cane, quindi a un certo punto a cominciato a piovere e mi si sono sciolti i capelli in faccia. Metti che ho il polmone debole, quindi ogni tanto mi dovevo fermare a respirare, perchè camminare e respirare insieme era difficile, e spesso mi dimenticavo come fare una delle due cose. Allora ho cominciato a pregare. "Dio sono troppo stanca, dio non ce la faccio più, dio dimmi quando si arriva, ho sete, ho fame, ho sonno, ho male di schiena AIUTO." E tanto ho rotto il cazzo, che mi sono scocciata pure da sola. Oh, a un certo punto non mi sopportavo più non vedevo l'ora di stare zitta. E poi sono arrivata, miracolata un'altra volta. (Nota per i lettori: la Testa di Porco e il Ministero della Magia distano dieci minuti a piedi). Miracolo della fede, sia lodato il santo gufo. Una volta fatte tutte le procedure per entrare, quelle strane che manco mi va di raccontare, mi sentivo come Dante arrivato in Paradiso. Mi sentivo transumanata. Avevo l'aria talmente sfatta che alla segretarietta è preso un colpo. Avrà pensato che ero una profuga di guerra in cerca di asilo politico, una terremotata, una pazza folle che voleva spaccare tutto, non lo so. Per fortuna io so furba e subito le ho detto subito «Non sono pazza, è che ho camminato tantissimissimo, lei non ha idea. Ce l'ha mica un bicchiere d'acqua? Non voglio morirle qua davanti, non sarebbe educato» E infatti non sarebbe stat proprio cosa morire la. Anche perchè Jamie una vota sceso avrebbe trovato il mio cadavere e non volevo mi vedesse tutta brutta e morta. Meglio viva, dai. La tizia mi sembrò un po' confusa, però corse subito a prendere l'acqua, e bene così. Era caruccia, una tipetta tutta piccola tipo topo, tipo furetto, con i capelli marrone scuro scuro scuro, belli pettinati, mica come i miei. E vabè, ormai era tardi per pettinarsi. Dopo aver bevuto l'acqua a gagganella, notai che aveva cominciato a fissarmi con l'aria da pesce lesso. Si sarà chiesta cosa mai ci facevo lì. «Sì, scusi, sono qui per vedere il viceministro. Non sa che sono qui, ma sarebbe così gentile da non dirglielo? Giuro che non sono una pazza omicida» mi feci una risatina rassicurante per rassicurarla. «Vorrei solo fargli una sorpresa.» Sarà che mi aveva preso in simpatia, magari le facevo pena, che ne so, ma senza dire una parola mi fece segno di andare. Manco mi aveva detto il piano, vabè. Andai a caso come al solito. Al primo povero fesso chiesi dove dovevo andare per l'ufficio del Viceministro, lui cominciò a smanettare e indicare un sacco di strade. Non ci avevo capito una sega, ma non glielo dissi per educazione, e presi l'ascensore, così, all'avventura. Magari perchè stavo pregando, ma ci azzeccai. Scesi a un piano a caso e la prima cosa che vidi fu una scritta grossa grossa, VICEMINISTRO, quindi era giuso. Meno male, non avevo voglia di andare giù, poi su e poi giù un altra volta.
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    All'improssivo mi salì il vomito. Mi agitai tutto di un colpo. Non avevo mica realizzato che stavo per rivedere Jamie. Mi balzò la sua immagine nel cervello e quel poco bastò a far saltare tutte le sinapsi. Mi ero rincoglionita tutta insieme. Il cuore cominciò a battere forte forte, dimenticai di nuovo di respirare e per poco non stiravo. Allora mi presi da parte un secondo (si, mi presi da parte da sola, come si fa non lo so) e mi dissi di calmarmi. E mi calmai. Bello quando è così. In fondo era solo Jamie. Non c'era da preoccuparsi. Con tutte le volte che l'avevo visto perchè doveva prendermi questa folle ansia? Senza darmi il tempo di pensare un altra volta bussai seducentemente (SI BUSSAI PROPRIO SEDUCENTEMENTE PERCHE' IO SO FARE QUESTO E ALTRO) e aprii un poco la porta. Mi ero studiata tutto prima, per fare le cose fatte bene. Appoggiai una spalla alla parete della porta sorridendo come una scema alazai la mano in segno di "ciao". Probabilmente sembravo l'imbranata più imbranata dal mondo. Giuro, stavo cercando di sorridere poco, sapete no, tipo ghigno, ma non mi veniva. Ancora non mi ero data modo di gurdarlo perchè se no sarei tipo scoppiata a piangere. Guardai solo i capelli, anzi, le punte dei capelli. Belle, belle come il sole, bionde come l'oro e profumate come un petalo di rosa. Bello. Sbiraciai un po' più giù fino alla fronte, ma subito ritirai lo sguardo. Dovevo parlare. «Sono tornata.» Semplicemente. BUM. EFFETTO CORIANDOLI GIOIA IMMENSA EVVIVA EVVIVA. Ma questo non lo dissi mica.
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    Edited by rolly olly polly - 24/6/2015, 00:53
     
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    jaime aaron pratt | vice ministry of magic | 29 y.o. | pureblood

    Non voglio perdere del tempo a cianciare su ciò di cui a nessuno interessa niente, tipo con quale piede fosse sceso dal letto quella mattina Jaime o quante uova avesse mangiato a colazione, no, non oggi almeno. Credo sia dovuto e del tutto lecito che io inizi a raccontarvi quel che avenne dal momento in cui la porta dell'ufficio del vice ministro si aprì e una ragazza dalla chioma bionda e gli occhi giganti da cernia spaventata fece capolino nella stanza insieme a lui, mentre era intento a far tutt'altro, per una volta, anzichè pensare a lei. Lei, proprio lei, maledizione, lei! Quella figura bionda era lei! Non l'avete ancora capito? Era lei! E' lei! « Sono tornata » capitan ovvio Olive Lewis, ecco chi, ed era lì, in quel momento, dinanzi a lui. Jaime desistette alla voglia di prendersi a ceffoni in pieno viso per testar se fosse realmente sveglio o quello fosse solo un altro degli innumerevoli scherzi che la sua mente non di rado oramai gli giocava. La guardò per circa un minuto, forse due, magari dieci, attonito, imbambolato, con la mascella che pian piano, silenziosamente, minacciava di raggiunger il pavimento. « tu.. sei.. tornata. » Datti un contegno, per carità, manco fossi un coniglio in calore in piena pasqua. Jaime tossì, distolse lo sguardo e si sistemò sulla propria poltrona prendendo esattamente la stessa posizione di qualche secondo prima, cercando però ora di contener un'aria adeguatamente meno basita e arrapatastordita. Così, giusto per darsi un tono, giusto perché lei al contrario sembrava tanto tranquilla e lui non voler esser da meno. Giusto per tenersi i pantaloni addosso almeno il tempo di realizzare che non fosse tutto un sogno. Giusto per, insomma. tumblr_n2elss0t6S1qb1gbco2_250
    « sei tornata, sì, certo, lo vedo. Non ho occhi grandi come i tuoi, ma ti vedo, lo vedo, sei qui. Fantastico. » Tossì nervosamente ancora una volta e con la massima cautela fece in modo di non alzar lo sguardo su di lei. « Bene. Molto bene. Sei tornata, meraviglioso. » Magico Mr. Pratt; anni e anni di scuola per qualificarti come migliore oratore di aggettivi e superlativi. Giusto per rimaner in tema: Strepitoso. « Cosa.. - altro colpo di tosse, perché la salute in questi momenti non è mai troppa -..posso fare per te? » Eeeh? Che cosa? Forse ho sbagliato, forse avrei dovuto perder il necessario tempo per raccontarvi di come Jamie, quella mattina, si fosse svegliato dimenticando di accendere quell'interruttore che gli metteva in moto il cervello. Forse avrei dovuto. Forse no. Alla fine non lo avrebbe giustificato nemmen quello.

    qualche mese prima.
    « questa è l'ultima volta. » Olive si alzò dal letto portandosi dietro il lenzuolo, com'era solita fare ogni volta, ed iniziò a camminare nervosamente avanti e indietro per la stanza, a testa bassa, rimuginando ad alta voce. « cioè no, deve essere l'ultima, è l'ultima, basta, che mi vivesse il gufo se non è l'ultima. » Jaime rimasse sdraiato - bello nudo come mamma l'aveva fatto - sul letto con le braccia dietro la testa, guardandola divertito e sorridendo. Quella era almeno la ventesima volta che la sentiva dire una cosa del genere, la ventesima promessa al vento, l'ennesima finta volta in cui cercava di convincersi che quello ormai non sarebbe stato un cliché nel quale sarebbe caduta, presto o tardi. « Sono d'accordo, è l'ultima. » Le parole di Jaime riuscirono a far fermare la ragazza dal suo incessante delirio motorio; lei ora lo guardava spaventata, forse triste e probabilmente tremendamente in colpa. Molto probabilmente si stava chiedendo perchè dopo anni e anni che si conoscevano e frequentavano proprio ora il giovane Pratt doveva dar prova di ascoltarla davvero prendendo per buone le decisione che lei decretava. Insomma, che diavolo, non l'aveva mai fatto! Quando vivevano insieme neanche sulla decisione del se prendere il latte intero o scremato riuscivano a trovar pace e alla fine si ritrovavano con litri di latte che poi nessuno beveva - perchè erano dei geni e intolleranti entrambi -. « davvero? » « davvero. » Pratt cercò di rimanere serio il più a lungo possibile, ma alla fine, quando il lenzuolo di Olive cadde a terra, anche tutta la forza di determinazione che aveva cercato di radunar per quel gioco crollò. « .. magari facciamo un altro giro, poi puoi continuare a dire che è l'ultima fino alla prossima. » Così dicendo, si affacciò oltre la punta del letto e la tirò nuovamente sopra di lui, mentre lei giocosamente gli prendeva a pugni il petto, rassicurata.
    Ciò che loro non sapevano, seppur succedesse ogni sacrosanta volta da quando si conoscevano, era che dopo quelle ore passate serenamente insieme, avrebbero finito per litigare come matti. Quella volta, quella dopo dell'ultima volta per intenderci - non l'ultima volta dell'ultima volta, ma quell'ultima volta dopo l'ultima volta dell'ultima volta, badate bene - la lite iniziò per un motivo ben preciso: Olive voleva sposare il dVca del Lussemburgo speranzosa di indossar finalmente un titolo che agognava da tutta la vita e si diceva davvero intenzionata a non voler più vedere lui, Jaime. Ma vi pare? Impossibile. Ovvio che litigarono. Litigarono a lungo e alla stregua delle forze. Jaime era uno che ci teneva sempre a far valere la sua. Non esisteva che Olive si sposasse né che davvero avrebbe fatto in modo di rompere i loro rapporti. No, non esisteva. Gliene disse quattro, oh sì. E indovinate un pò come andò a finire! Lei se ne andò. Davvero.

    « Mi sfugge solo.. » Jaime increspò le folte sopracciglia biondo cenere, deglutì sommessamente e iniziò a gesticolare com'era solito fare quando stava per venirgli un infarto o giù di lì. « .. sei tornata per restare? Cos'è, sei in viaggio di nozze? Come.. come va la vita da.. quello, hai capito. » Dì che l'hai lasciato, dì che l'hai lasciato, dì che è morto, dì che è morto, dì che sei qui per lui, dì che sei qui per lui. E per l'amor del cielo Olive, e dillo!
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    Io secondo me ho un opinione di me spropositata. Credo si chiami tipo complesso di Dio, non nel senso che Dio mi fa venire i complessi, ma ne senso che mi credo Dio. È sempre stato così, ho sempre avuto quest'immagine di me idilliaca e superomistica, peccato che sia poco poco pochissimo aderente alla realtà. Andando a prendere il caso nello specifico, io ero convinta che avrei assolutamente e totalmente mantenuto l'autocontrollo, avrei ostentato quell'aria di noncuranza e naturalezza per quanto mi pareva. Ma voi non avete idea di quanto fosse difficile. Uh se era difficile. Era da quando mi ero svegliata che immaginavo la scena: Olive entra in campo, sulla porta, appoggiata alla Jessica Rabbit con le tette che improvvisamente sono cresciute e i fianchi che si sono arrotondati, magicamente. Ovviamente vestita di rosso, sebbene io non avessi manco un elastico rosso, che so. Insomma, Jessica Rabbit sulla porta, che sussurra parole tipo "ehi ciao maschione", voce bassa e seducente, mi pare ovvio, non squillante e mascolina come quella vera, per carità. Dalla scrivania Jamie alza la testa e proprio come nei cartoni gli cade la mascella per terra. Jessica (io) si avvicina sculettando moooolto lentamente verso l'uomo, si china, dandogli il bel culo tutto tondo e sodo in faccia, e gli prende la mascella, porgendogliela con un ghigno sexy (il famoso, celeberrimo ghigno sexy, che non lo conoscete?). A quel punto lui, incapace di trattenersi, la afferra e la porta a sdraiarsi sulle sua ginocchia. La frase che non può mancare "baciami stupido" E STOP. BUONA. Il guaio è che io non sono Jessica Rabbit, ma Olive Lewis, e questa è la cosa più triste che io possa dire. Insomma, me ne stavo appoggiata sulla porta, guardandomi le unghie della mano destra -molto interessanti, ve le consiglio- non perché non me ne importasse niente di stare li, ma perché o guardavo le unghie, o guardavo in giro come una scema, o guardavo Jamie. Il guaio è che come sapete, non ho una volontà di ferro, è il fioretto di non imbambolarmi su quel viso perfetto, scolpito dagli angeli -molto bravi, faccio i miei più sinceri complimenti- svanì in un battibaleno. Finì che era la mia di mascella a cadere per terra, perché appena il mio sguardo incrociò il suo mi sentii morire. E non lo dico per dire, credevo davvero che sarei morta, o quanto meno svenuta. Mi cedettero le ginocchia, tanto che dovetti abbandonare la posa seducente, che ormai da Jessica Rabbit era diventata teppistello di periferia che si appoggia ai muri col berretto messo al contrario, per intenderci. « tu.. sei.. tornata. » O CIELO JAMIE NON PARLARE TI PREGO. Avevo dimenticato il suono della sua voce, avevo dimenticato quanto potesse farmi sembrare scema il modo in cui la ascoltavo. Mi era mancata, mi era mancata tantissimo, come mi era mancato il modo i cui muoveva tutti i muscoli della faccia, il modo in cui si sistemava sulla sedia, tutto. Dentro di me urlavo, grazie a dio solo dentro, sarebbe stato parecchio imbarazzante. Era familiare, era come tornare a mangiare la cioccolata dopo una lunga ed estenuante dieta. Era come tornare a casa dopo un lungo cammino, tipo il viaggio della speranza che avevo affrontato per arrivare lì, e buttarsi sul letto. Bello, bellissimo. « Sei tornata, sì, certo, lo vedo. Non ho occhi grandi come i tuoi, ma ti vedo, lo vedo, sei qui. Fantastico. Molto bene. Sei tornata, meraviglioso. » Non riuscivo a replicare. Più che altro non riuscivo a capire, non che fosse una novità eh, ci sono abituata, ma ero particolarmente confusa. Perché gli ci voleva tutto quel tempo per spire che ero arrivata? E perché doveva parlare dei miei occhi. No, non dovevo pensarci se non volevo arrossire. Il punto è che normalmente tutta questa reazione sarebbe stata fuori luogo, ma dopo mesi di separazione tutto era così surreale. Non volevo immaginare la mia faccia in quel momento, probabilmente un pesce lesso sarebbe sembrato di gran lunga più sveglio di me. Tossii, così, per fare qualcosa. Non capivo se dovevo parlare o se doveva finire di capire che ero tornata. Per pigrizia optai per la seconda, perché mi pesa il culo pure a pensare di parlare. E meno male che parlò. « Cosa...posso fare per te? » Un secondo. Due secondi. Tre secondi. E scoppiai a ridere. Non so se per nervosismo o perché effettivamente la frase era esilarante. In che senso cosa puoi fare per me? Ah, dovevo dirlo però perché così lo stavo solo pensando. « In che senso.. » « Mi sfugge solo.. sei tornata per restare? Cos'è, sei in viaggio di nozze? Come.. come va la vita da.. quello, hai capito. » Aveva l'aria accigliata, come se quella frase gli richiedesse un enorme sforzo intellettuale. Potevo capirlo, poverino. Anche io facevo sempre enormi sforzi intellettuali per mettere due parole di fila. Forse per questo ci piacevamo così tanto. Perché comprendevamo le nostre difficoltà intellettuali. Due inadempienti mentali, arretrati neuronali, ecco cosa eravamo. Mi morsi il labbro inferiore, come un coniglio, e annuii sorridendo. Ormai non riuscivo più a smettere di sorridere, la seducenza l'avevo mandata al diavolo, ero troppo felice di poter parlare di nuovo con Jamie. « Sono tornata nel senso che sono tornata nel senso che resto » feci annuendo « questo, ovviamente, significa che » cominciai ad avanzare proprio come non avevo immaginato, proprio come non Jessica Rabbit, ma come Olive. Mi buttai sgraziatamente sulla poltrona davanti alla scrivania e rimasi qualche secondo beata a fissare il brutto muso di Jamie. Mi era mancato. Come se non l'avessi detto abbastanza, GRAZIE OLIVE ABBIAMO CAPITO. Lui mi continuava a fissare con aria interrogativa, solo dopo un po' mi resi conto che non avevo finito la frase. « Ah si scusa, sono tornata, no questo l'ho già detto. Sì, questo significa che ciao ciao dvca » feci ciao ciao con la mano. « Mi aveva scocciato, lo sai. Era inutile restare, l'ho lasciato. » Dirlo era una grande emozione. Mi sentivo sollevata. Avrei potuto raccontargli tanto di più, ma non ce n'era bisogno. I dettagli sulla nostra rottura non erano importanti, Jamie sapeva benissimo perchè l'avevo fatto e probabilmente anche come. Chi sa quante volte si era sognato quel momento, non volevo rovinarglielo con un racconto banale. Sorrisi beatamente e appoggiandomi con i gomiti sulla scrivania mi concessi di fissarlo più da vicino. Non avrà avuto i miei occhi giganti da cernia, ma erano molto più azzurri di quanto mi ricordassi. Doveva vederci molto bene anche lui. « E quindi... » Presi una matita dal porta matita e cominciai a giocherellarci. Volevo sembrare noncurante, come sempre, ma finii per rovesciare un mucchio di documenti per terra. « Lo sapevo, doveva succedere. Fermo faccio io. » Mi tuffai a capofitto per non fargli notare il mio rossore ormai evidente. Stavo avvampando come una grill, ci mancava una bella bistecca, due costine e la grigliata della domenica era pronta e servita. Mentre mi abbassavo, mi dimenticai pure che stavo là per prender le cose. Ero confusa dalla situazione, come se non fossi già confusa normalmente. Sedetti per terra un secondo, appoggiata con la schiena alle gambe di Jamie. Avevo bisogno di un attimo per ricompormi, per raccogliere i pensieri. Magari una settimana tipo, o un anno. Non sapevo perché mi stavo appoggiando alle sue gambe, non aveva molto senso. Vabè ormai. Dovevo pensare. Pensare al fatto che sti cazzi si ero emozionata, no? Cioè per forza! In fondo era da parecchio che non lo vedevo è come sempre non ci eravamo lasciati nel migliore dei modi. L'ultima immagine che avevo di lui era mentre si infilava i pantaloni saltellando, con le mie mutande invece delle sue, tra l'altro deliziose, la maglietta messa al contrario.
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    Mi guardava uscendo dalla porta. Ricordo che me ne stavo rannicchiata tra le infinite lenzuola bianche, non capisco perché le lenzuola siano sempre così tante, è un mistero. Ero talmente pallida che mi confondevo, come un camaleonte. Lo guardavo sbattersi la porta dietro, imbronciata. Lì per lì non mi dispiaceva che se ne stesse andando, anzi, ero sollevata. Lo avevo irritato con le mie cretinate deliranti su quanto stessimo sbagliando, quanto dovessimo smettere di vederci per sempre, quanto quella relazione senza senso mi irritava. « E vattene allora » « Ma è casa mia, vattene tu » e così aveva fatto. Niente cerimonie. Capivo, era tutto il giorno che gli scassavo la minchia, fin troppo aveva resistito. Però ero di nuovo qui. Ero tornata alla fine, nonostante cagassi così il cazzo. E ero felice di essere tornata. E mi ero scocciata di far finta di non esserlo, tanto non ci credeva nessuno dei due. Senza pensare altri due secondi mi tirai su, questa volta dall'altra parte della scrivania, spostando più in là la sedia di Jamie. Non fu facile alzarsi eh, non credete. Non bisogna mai sottovalutare lo sforzo fisico, perché ogni volta non sai come può andare a finire. Grazie a dio non mi ruppi niente e sbucai tra le sue gambe (SI TRA LE GAMBE STATE TRANQUILLI) e gli sorrisi in faccia. « Sono felice di essere tornata per sempre. Tu sei felice? »
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    Edited by rolly olly polly - 24/6/2015, 00:53
     
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    jaime aaron pratt | vice ministry of magic | 29 y.o. | pureblood

    Olive era sempre stata una tipa strana, ma non strana nel senso strana e basta, strana nel senso 'o ma che strana, 'sta strana' roba che più la guardavi più ti pareva strana. Olive era una cosa assurda, pazzesca, strana - l'ho già detto? - e a Jaime piaceva. Strano, vero? Insomma, guardateli, sono la coppia peggio assortita della storia; lui in apparenza un uomo signorile e tutto d'un pezzo, così, in giacca e cravatta dietro la sua scrivania di mogano scuro e la barba folta ma ordinata, lei sgangherata e - strana - vestita alla male in peggio, come sempre (« O, ti sei vestita alla cazzo di cane?» « mi stai dando della cinofila? » cit. episodi passati), spettinata e perennemente confusa, cosa, quest'ultima, alla quale pareva tener palesare sia parole che ad espressioni; sembravano come bonnie e clyde senza bonnie o senza clyde. Insomma, lei, e solo lei, sembrava una tizia che avresti detto pronta a star lì lì per buttarsi dal (!SPOILER!) grand canyon, mentre lui poteva al massimo essere il bronzo di riace al centro della piazza principale della città natale della schizzata. Non vi preoccupate, mi rendo conto da solo che tutto questo non ha senso. Ma cosa aveva senso? Era tutto troppo.. strano - l'ho detto, sì, l'ho detto - « Sono tornata nel senso che sono tornata nel senso che resto. questo, ovviamente, significa che.. » Cosa? Cosa? Che significa? Eh? Eh? Eh? Jaime non era mai stato bravo con la suspance, con l'attesa, le sorprese e con, soprattutto, gli indovinelli. Gli mettevano ansia, lo agitavano, lo stressavano. C'era troppa tensione attorno ad un punto di domanda lasciato in sospeso che aspettava un intervento, troppa. Jaime non riusciva proprio a reggerlo quel peso, non c'era mai riuscito. (« Jai, ti va di fare un cruciverba con me? » « No, nonononononononononono » « stai scappando da un giornaletto di carta, FIFONE! » cit. episodi passati) La mano del vice ministro posata sulla scrivania davanti a lui iniziò, irrequieta, a muoversi lasciando tamburellare senza tempo le dita sul ripiano. L'indovinello più il fatto che Olive si fosse staccata dall'uscio della porta e fosse arrivata a sedersi davanti a lui furono come una martellata in pieno petto per Jaime e ve l'ho detto: lui, la troppa ansia, proprio non riusciva a gestirla. Smettila di strapparti i peli della barba! « Ah si scusa, sono tornata, no questo l'ho già detto. Sì, questo significa che ciao ciao dvca. Mi aveva scocciato, lo sai. Era inutile restare, l'ho lasciato. » Oh santo cielo grazie. Altri due secondi e mi tornava imberbe a sangue. Aspetta, cosa? Il rumore sgraziato e fastidioso prodotto dalle dita di Jaime cessò, così come calò la barriera che egli si fu imposto pochi minuti prima, permettendosi perciò ora di guardar finalmente Olive nuovamente in viso. Dentro di lui, inutile dirlo, l'intestino faceva l'onda mentre lo stomaco ballava la samba.tumblr_nekh0p1nka1qa1s2no1_250
    Euforia che Jaime non riuscì a trattenere solo internamente, oh no, ma vi pare? Una così brava persona doveva far vedere quanto gongolava delle disfatte altrui, ovvio. Il sorriso sul suo volto si allargò prima lentamente, poi, sempre più velocemente iniziò pure a sghignazzare. Si guardò attono compiaciuto, quasi volesse dei complimenti dal mobilio lì di fianco per gesta eroiche che non aveva neppure compiuto, poi, ritornò su Olive, ma senza togliersi dalla faccia quel sorriso a 72 denti - un doppio sorriso, per intenderci, roba che manco joker - « Ah. » Non disse altro. Solo "ah". Non c'era da aggiungere poi molto, in quanto fosse evidente che dispiaciuto, proprio non lo fosse. Dopo qualche secondo, cercando di riprender controllo delle proprie espressioni - facendo cioè tornare il suo sorriso a dimensioni umane - si sistemò ancora una volta sulla propria poltrona mettendosi diritto e posò addirittura i gomiti e gli avambracci sulla scrivania per sporsi di più verso di lei. Spavaldo e sicuro di sé, in un baleno, Jaime aveva ripreso il controllo di sé stesso e - si augurava - della situazione. Era di nuovo in ballo! L'ultima volta 'sto par di cefali, dvca pippami la fava. « E quindi... » E quindi cosa? Cosa? COSA? Continuava con gli indovinelli, era straziante, perchè non riusciva a parlare come tutte le persone normali? Si inizia una frase e si finisce, punto, che c'era di strano? Ah, si, giusto. Lei. Ecco cosa. QUINDI COSA, COSA? Manco a dirlo, Olive buttò a terra metà delle scartoffie impilate su di un lato della scrivania a lei più prossimo. Ebbene sì: manco a dirlo. QUINDI COSA? COSAAAA? « Lo sapevo, doveva succedere. Fermo faccio io. » QUINDI COSAAAAAA? Olive si abbassò prima che Jaime potesse metter insieme una frase che non fosse "quindi cosa" lasciandolo così - mentre pensava a cose poco pulite con lei lì sotto - impotente a poter far null'altro che torturarsi di nuovo con il ritmo sregolato delle proprie dita sulla scrivania. Quel giorno, come ogni altro giorno, tutto si sarebbe aspettato di dover affrontare, fuorché quello. Lei sembrava così - non strana, lo giuro - diversa eppure era lì e diceva di essere tornata; era lì, appena tornata. Il perchè proprio lì era chiaro, non ci voleva una cima, ma non sembrava comunque una situazione familiare o quieta o rilassante, come lo era invece di solito quando si rincontravano. Eppure tutto quello che Jaime già sapeva provare riemerse come fosse stata la prima volta in cui lo sentiva davvero; lo sentì pari pari a come lo ricordava, tutto lo stesso quello, niente cambi. Era tutto così diverso, eppure uguale. Certe cose non cambiano mai non è solo un modo di dire. Provate ad amare una persona e lo scoprirete voi stessi. Olive era sparita dalla sua vista chinata al di sotto della scrivania già da un paio di minuti e Jaime non sentiva alcun rumore provenire da lì, se ne accorse solo dopo aver cessato per un attimo di farsi stuprare dall'ansia. E' morta. Non saprai mai la fine del "e quindi..". « O..>» Non finì nemmeno di pronunciare il suo nome che però la sentì; il peso del corpo di lei si premette contro le sue gambe e quell'unico inusuale contatto bastò a far sparire ogni altro pensiero dalla testa del vice ministro. Tacque e, immobile, guardò dinanzi a sé senza però veder nulla, sentendo solo la schiena di Olive che si posava su di lui che rigido, ma ora sereno, si godeva quell'attimo di pace. Tutto di lei gli era mancato, ma più di ogni altra cosa, il suo calore. Il contatto con il corpo di Olive in qualsiasi modo, luogo o forma, dava a Jaime forza e pace, dolore, amore, serenità e confusione. Il calore di Olive era come un bicchiere di Whiskey nella notte più fredda dell'inverno; t'incendiava lo stomaco e la la carne dall'interno, ma ti acquietava, poi ti confondeva, ma alla fine ti beava e cullava. Era un mondo strano, quello in cui albergava Jaime Pratt quando Olive lo toccava, o anche solo sfiorava. Quell'eterno momento di silenzio e serenità venne scosso dalla sua stessa creatrice che ora, spostando leggermente e con cautela la poltrona di Jaime, agile di muoversi grazie alle rotelle poste sotto di essa, sbucava dal suo nascondiglio poggiandosi sulle gambe di lui, avvicinandosi perciò così ancora di più in maniera oltremodo vertiginosa. « Sono felice di essere tornata per sempre. Tu sei felice? » La sua fu una domanda semplice, ma le sue parole risuonarono alle orecchie di Jaime Pratt come astruse e difficili. tumblr_mwdw2zxQR01rutpbro4_r1_250
    Certo che era felice, lei era lì, come poteva non esserlo? Ma quanto sarebbe durato? Quanto il silenzio di poco prima? Avevano detto basta più volte di quanti si fossero mai detti ti amo, nel periodo che stettero insieme amandosi. Si erano detto il peggio più volte di quante fossero riusciti a vedere il meglio, di loro. C'era tanto ancora da poter giocare in quella partita estenuante che si protraeva da anni, tanto quanto ce n'era da perdere. Anche il ragionamento fu semplice, seppur il perché avesse deciso di dir ciò che disse risultò difficile da capire persino a lui. « Sono fidanzato. Convivo con qualcuno, adesso. » Il volto di Olive era proprio dinanzi al suo, Jaime riusciva a specchiarsi nei suoi enormi occhi blu. Sentiva il profumo dei suoi capelli biondi a lui totalmente stravaganti e bizzarri, ma belli, belli come le sue labbra, il suo naso e tutte quelle increspature che le si creavano sulla fronte quando pensava. Come in quel momento. Probabilmente ora, lì, Olive pensava a cosa significasse quello che lui le stava dicendo, così come anche lui si chiedeva lo stesso. Oh, ma non era finita. No, non bastava. Questa era stata la maledizione di quei due sin dal primo momento insieme: tutto con loro non bastava mai. « Sono felice. Con lei. » Quella era la prima volta che Jaime, guardando gli occhi di Olive, vide il cielo spaccarsi in due. Immaginate a provare come vi sentireste voi, a guardar una cosa immensa come il cielo diventare improvvisamente così fragile per poi, senza dir niente, spezzarsi. Su, forza, immaginatelo. Vi sentireste morire, se siete così sfortunati da essere ancora vivi dopo il primo secondo dalla catastrofe.
    Non posso permettermi di essere chi ero quando stavo con te, adesso. C'è una battaglia in corso e tu sei l'unico motivo per cui deporrei le armi in qualsiasi momento, se solo me lo chiedessi. Questo, noi.. non posso permettermelo più, adesso, Olive.
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    « i'm a queen and you are fottuto »
    Guardare Jamie da così vicino era un lusso (un Lussemburgo ahahahhahahahah (magari no eh)). Guardando negli occhi grandi e azzurri mi sentivo di svelare i misteri dell'universo. C'era un qualcosa di mistico nell'aurea che emanava. Un'energia trascendentale inconoscibile, quasi iperurania azzarderei. Ti sarei mica calata qualche acido, Olive? La domanda è lecita, ma no. È che mi rincoglioniva tutta quella.. quella.. cosa. A certe cose bisogna essere abituati, perché così alla sprovvista fanno brutti scherzi. Tipo quando stai in un deserto no, io non ci sono mai stata per esempio, e hai sete e hai i miraggi. Ora, non so bene come funzioni questa storia, ma credo che il desiderio dell'acqua sia così forte che il tuo cervello per fartelo dimenticare ti fa vedere cose troppo intrippate, come se stessi fatto strafatto. Meccanismo meraviglioso, quello del cervello. É un organo affascinante, con delle funzioni che nemmeno immaginiamo di immaginare. Mi ha sempre incuriosito la scienza che vi si cela dietro. Ad averne uno, vedi. Quante cose che avrei potuto fare. Conquistare il mondo e l'interspazio con un cervello sarebbe stato un gioco da ragazzi. Ma bisogna arrangiarsi con quello che si ha e io un gran cervello (forse nemmeno uno piccolo) non ce l'ho. Ma che c'entra con tutto il resto? A boh. Stavo dicendo che guardare Jamie da vicino mi emozionata. E ok, andiamo avanti. Stavo beata, in pace con me stessa, ad aspettare una sua risposta. Mi sembrò infinito quel momento tanto ero tranquilla. « Sono fidanzato. Convivo con qualcuno, adesso. » BUM. COME UNA BOMBA SU DI ME. All'inizio non realizzai, continuai a starmene beata col mio sorriso ebete in faccia. Poi tutto insieme mi arrivò il significato di quell'orribile frase. Era fidanzato e viveva con qualcuno, il che mi avrebbe fatto molto piacere si avesse parlato di me. Ma qualcosa, chiamatelo istinto, chiamatelo genio, mi suggeriva che non era di me che si stava parlando. Quel qualcuno con cui era fidanzato era con ogni probabilità un'altra donna. Avevo pensato al suo cane certo, ma mi sembrava difficile che ci si fosse addirittura fidanzato. Lo avevo sempre criticato per il rapporto ai limiti della decenza che aveva con quell'animali, ma o si era ammattito completamente o non parlava di lui. In entrambi i casi io dovevo disperarmi. Non sapevo però quale tecnica di follia adottare. Quando mi piombano addosso certe notizie non so mai come reagire, ci sono sempre due stili tra i quali scegliere.
    -Scapolottina numero uno: la disperazione. Io buttata a terra, strillando e piangendo, cadendo poi su un fianco, inerte, strappandomi i capelli nei momenti di energia. dentro di me lasciavo spazio solo alla disperazione cieca. Nemmeno pensavo a quello che era successo, pensavo solo a piangere come una disperata, a strillare di dolore, come se qualcuno mi stesse strappando via un arto. La versione soft di questa tecnica comportava semplicemente il mutismo più totale.
    Scapolittina numero due: la follia. Urla insensate, pizze in faccia, cazzotti sui tavoli, rovesciamento di mobilio di vario genere. Strilli disumani, arrivo della polizia, esorcismo. Sebbene mi pare ovvio quanto questa opzione sia molto più divertente, non ero sicura di volerla scegliere. Sono cose preziose, le scapolottine, patrimonio dell'umanità e vanno riservate per occasioni veramente speciali. Eventuali matrimoni, gravidanze, tradimenti, che so. Ma una notizia del genere necessitava pazienza, perchè la vendetta è un piatto ce va gustato caldo. O freddo? Non avrebbe senso in nessuno dei casi, ma chi diavolo l'ha inventata sta scemenza? In ogni caso, non volevo sbraitare come una pazza, per questo mi controllai. Gli eventi che seguono sono quindi frutto di decisioni ben ponderate, di autocontrollo totale, prossimo al raggiungimento del nirvana.
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    « Tu sei cosa? Tu conviche? » Lo fissavo con gli occhi socchiusi e un'espressione di puro odio. Gli ero così vicina che potevo sentire il suo respiro farsi sempre più veloce, probabilmente impossessato ormai dal terrore di qualche mio atto sconsiderato. Inclinai la testa da una parte e socchiusi gli occhi, pronta a strangolarlo e sbattergli il cranio su quella sua bella scrivania tutta lucida. Prima veramente di dargli una testata o qualcosa del genere mi morsi le mani e mi allontanai lentamente dal suo corpo. Era paralizzato. E lo credo bene. Olive incazzata non fa piacere a nessuno, nemmeno a Olive stessa. Mi stressa incazzarmi, mi innervosisce. Sento di sprecare energie perchè poi le persone tornano a fari le cose che facevano anche prima che io mi incazzassi. Allora che senso ha? Nessuno, ma mi incazzo comunque. Voltai le spalle alla vittima, perchè non potevo prevedere quello che avrei fatto se lo avessi guardato un secondo di più. Già me lo immaginavo, lui con la sua amichetta, seduti sul diano abbracciati, a guardare Shopping Night (SHOPPING NIGHT E' MIO, VOI NON POTETE GUARDARLO) e mangiare pop corn, ridendo felici. Poi lei che accarezzava il cane. Poi lei tra le lenzuola, LE MIE LENZUOLA. Cominciai a immaginare immagini una dopo l'altra senza riuscire a fermarmi. « Sono felice. Con lei. » Chiusi gli occhi e cominciai a fare smorfie infinite. Non dovevo piangere, non volevo piangere. Era difficile e avevo crampi per tutta la faccia, ma non riuscii a fermare un'unica lacrima che mi scese giù per la guancia. Mamma mia quanto mi incazzai. Non poteva farmi piangere, non ora che ero appena tornata. Era da cinque minuti che stavamo insieme e già eravamo a quel punto. Presa da un istinto omicida rovescia tutte le cose appoggiate sulla scrivania per terra e la spinsi in avanti. Non contenta mi chinai per terra a prendere il portamatite in legno e digrignando i denti lo buttai per terra. Ma non si ruppe. Perchè era di legno. « E SI PUO' SAPERE PERCHE? PERCHE' ORA? CHI E'? No, non lo voglio sapere STAI ZITTO. » Continuai a stringere i pugni agitandoli in aria e mi voltai di scatto. Il mio sguardo era come quello di una tigre, pronta a sbrandellare la faccia di chiunque mi si parasse davanti. Paragonarmi a una tigre, per inciso, è la cosa più azzardata che abbia mai fatto in vita mia, me ne scuso. E' solo che mi rodeva il culo. Era un dejavu. Avevo fatto in fretta a dimenticare la felicità di due secondi prima e mi sentivo molto più agio in quel momento. Standogli lontana tutto quel tempo avevo dimenticato che era questo quello che facevamo noi. Ci strillavamo addosso, ci odiavamo. La mia routine era fare capricci come una bambina, digrignare i denti, sbattere i piedi per terra e tirargli i capelli. Lui impassibile, poi cominciava a strillare, trascinato dalla mia forza distruttrice. E andavamo avanti per ore ed ore, fino a perdere la voce. Ecco perchè ci eravamo lasciati. Vi giuro che in quel momento sarei stata pronta ad andarmene e lasciarlo un'altra volta, ma non lo feci. Perchè tanto poi sarei tornata. E poi me ne sarei riandata. E poi di nuovo tornata. E allora che senso aveva? Stavo avendo il coraggio di spezzare quel loop almeno per un attimo, stavo rimanendo. Forse c'erano problemi perchè non affrontavamo mai niente. Forse c'erano problemi perchè due pazzi psicopatici non dovrebbero mai stare insieme. Perchè tutto quello che sapevamo fare era sbatterci la porta in faccia, rigorosamente urlando. Dovevamo smetterla, per il nostro bene e per il bene dell'umanità. Perchè scommetto che anche per tutti quelli che ci circondavano non era una situazione facile. I vicini sempre a chiamare la polizia per paura che qualcuno avesse organizzato risse fra gufi, i nostri amici più cari a chiamare esorcisti, preti di ogni genere, sperando in una guarigione. Dovevamo smetterla. Presi un respiro profondo e chiusi gli occhi. Dovevo stare calma e intraprendere una discussione civile tra adulti, almeno una volta. Poi avrei potuto continuare a fare la pazza, ma volevo almeno provare a fare la persona civile. Così solo per fare qualcosa di nuovo. « Cosa vuol dire che sei fidanzato Jamie? Con chi? » Non ero sicura di volerlo sapere, ma dovevo fare la brava. Dovevo risolvere la questione, una volta nella vita. Era strano per me non urlare, ormai mi ci ero così abituata che avevo dimenticato che da arrabbiati si può anche parlare normalmente. Sì, ci meritavamo di crescere. Ora che ero tornata per sempre dovevamo assolutamente risolvere tutte le nostre questioni per vivere insieme in pace. Poi pensai una cosa. Pensai che noi due non avevamo questioni. Pensai che non dovevamo risolvere niente per vivere insieme in pace, perchè non dovevamo vivere insieme. A quel punto ricominciai a fare smorfie bruttissime, ma questa volta la tristezza era troppa e mi misi a piangere.
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    Che vergogna. Non volevo, ma non riuscivo a fare altro. Non ci potevo credere che avevo fatto tutta quella strada per nulla. Avevo lasciato tutto, il potere, la ricchezza, il trono e niente. Me lo trovavo occupato. E' come quando fai una fila lunghissima al bagno e poi è intasato. O forse no. No, non c'entra niente infatti. Comunque era brutto. E frustrante. E non capivo se c'era qualcosa che avrei potuto fare per cambiare quella situazione. Sicuramente sarebbe stato utile smettere di piangere, ma più pensavo di farlo e più piangevo. Sentivo la mia faccia liquefarsi, tante erano le lacrime che mi uscivano. Non che stessi singhiozzando, ma usciva proprio tanta acqua. Magari dovevo fare la pipì e stava uscendo da lì. O magari stavo sudando dagli occhi. Sì, gli avrei detto così, che stavo sudando dagli occhi. « Non sto piangendo, sto solo sudando dagli occhi. » Tirai un po' su col naso e mi strofinai la manica sulla faccia. Pensai a quello che avevo detto e ridacchiai. Quanto mi faccio ridere, meno male che ci sono io.
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    Edited by rolly olly polly - 24/6/2015, 00:54
     
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  6. bad#ass
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    jaime aaron pratt | vice ministry of magic | 29 y.o. | pureblood

    Sapete cosa? A me mi fa incazzare da morire questa storia che niente è perfetto. Se niente è realmente perfetto allora perché hanno coniato il termine "perfetto"? Per cosa dovrei usarlo? Uno sta lì a riempirsi di parole che non servono, piene di tranelli e contraddizioni e parla parla ma non dice niente. Come perfetto. Questa storia del perfetto mi fa proprio incazzare. E io per cosa la uso 'sta parola? L'ho imparata e voglio usarla, non mi puoi mica venire a dire che niente lo è. No, perchè senò davvero; per cos'è che la uso io? Solo per ripetere la moina che niente lo è? È una storia che mi puzza, molto, troppo. Cioè, scusa, tu coni un termine solo per usarne l'antitesi? Allora sai che ti dico? niente è imperfetto, e fanculo. Se non riusciamo a trovare la perfezione in nulla non dobbiamo neanche ritenere tutto imperfetto. Ma tu guarda un pó. Uno cresce pensando di star imparando chissà cosa e poi ti arriva come un treno in corsa in pieno petto la perla esistenziale che ti smonta tutto. Oh, ma io non c'ho mai creduto a 'ste perle farlocche e mai ho avuto chance di poter credere a queste, tra tutte. Se ancora tutt'oggi non ci credo è solo grazie a Olive. Guardate lei e poi ditemi che niente è perfetto. C'è da farci intere costellazioni per riempirci infinite galassie con le sue imperfezioni, ma provate a dirmi che l'insieme non è perfetto e do di matto. Se non è perfetta l'armonia di ciò che stona e crea così una strana e composita melodia, allora cosa? Quel niente, quello della fantomatica perla, può risponderlo solo chi non ha mai guardato negli occhi di Olive e non c'ha visto dentro morire le stelle e nascere universi. Che nulla è perfetto, io, dopo aver incrociato lo sguardo di Olive Lewis, proprio non posso dirlo. « E SI PUO' SAPERE PERCHE? PERCHE' ORA? CHI E'? No, non lo voglio sapere STAI ZITTO. » Cercare di prendere una posizione assoluta in uno o nell'altro verso è pressoché impossibile quando si è talmente umani da non riuscire a vedere con oggettività qualsiasi cosa. Perfetto e imperfetto, bello e brutto, giusto e sbagliato. Non puoi tenere il piede in due scarpe, è vero, ma non puoi neanche andar in giro con una sola. Devi fare i conti con il fatto che ogni cosa cela due facce, che ogni perchè va a braccetto con un come o che per ogni cosa deve esserci un contrappeso, bello o brutto, o altrimenti cadrebbe tutto rovinosamente da un solo lato non essendoci equilibrio. Mi seguite? Probabilmente no, non mi seguo neanche io. E' che non capisco cosa stia succedendo. Io me ne stavo per i fatti miei, a campare la mia brava recita da cattivo vice ministro dell'ancor più cattivo governo che presiede al momento e poi non c'ho capito più niente. All'improvviso ho messo il piede in una scarpa sola e volevo che tutto fosse giusto, nessun margine di errore questa volta. Ma perchè? Eravamo andati avanti tanti anni proprio perchè c'era questo e quello, prendere una posizione non era mai stata una posizione da prendere. « Cosa vuol dire che sei fidanzato Jamie? Con chi? » Con le bugie. Non lo avevo il coraggio di rispondere, proprio no. Non sapevo neanche da dove prenderlo, il coraggio. L'impavido cuor di leone che nasconde la coda per non farla bruciare al sole, ecco cos'ero, quando Olive esplodeva stile supernova in un cielo che creava appositamente per noi due, quando eravamo insieme e io la guardavo negli occhi. Forse avrei dovuto smettere di farlo, quegli occhi a triglia lessa mi hanno sempre causato trip mentali più esagitati di qualsiasi sogno o fantasia narcotica. Io però, oltre che poco coraggioso, quando c'era Olive nei paraggi non ero neanche più in grado di esser forte su qualsivoglia mia volontà. Dipendevo completamente da lei. Bastava poco e puff, cadevo in una specie di trance semi cosciente in cui tutto ciò che facevo o dicevo era diretto e per Olive. Per questo avevo buttato via la bomba prima che mi spegnessi. Istinto di sopravvivenza. Istinto e basta. L'avevo gettata via prima che lei potesse far qualsiasi cosa, prima che qualsiasi suo potere potesse sortire effetto su di me. Eh, ma ora c'ero dentro fino alle orecchie e merlino solo sa quanto mi stavo pentendo di aver disinnescato quella granata. Lo sa merlino, ma lo so anche io. E probabilmente, lo avrebbe saputo anche lei se solo non fosse stata in preda al panico. Come biasimarla però? La scenata che feci io quando mi disse che voleva sposarsi non fu mica da meno. Mica mi fermai a riflettere sul fatto che forse avrebbe preferito che io anziché urlarle addosso la portassi via con me. Le soluzioni facili a noi non sono mai piaciute. La soluzione ci sembra sempre nascosta dietro i più complessi e machiavellici pensieri, sempre. La via dritta e libera da ostacoli è una via che ci puzza. Quella buia e zigzagata invece sì che è chiara. Siamo pazzi, sì, ma forse solo perchè innamorati. E l'amore non è mai una via diritta.

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    La mano di Jaime si protese in avanti non appena Olive calò il capo singhiozzando. Il vice ministro fece per far un passo verso di lei per poterla abbracciare, ma ancora prima che il pensiero vero e proprio gli si sviluppasse nel cervello, si immobilizzò. E' la cosa giusta, si ripeteva, con pochissima convinzione. Un piccolo male necessario. Come per tutto, Jaime, pensava che un male per un bene più grande fosse indispensabile. Quanto grande potesse essere un bene che per nascere aveva bisogno di un male, però, lo sapeva solo lui. Si ritrasse tornando immolato nella stessa posizione glaciale in cui era stato quando aveva elargito le sue colorite bugie qualche istante prima, con l'unica eccezione che era in piedi, ora. Con le mani in tasca, perchè libere altrimenti non sembravano poter fare a meno di tentare un contatto con la pelle di Olive. A terra intorno a lui erano disseminati le sue scartoffie, penne e cartelle, ma non gli interessava. Lo sguardo cristallino di Jaime Pratt era rivolto solo ed esclusivamente allo scrutar con attenzione la giovane dinanzi a sè. Lo sguardo spento e triste di Jaime Pratt era solo per Olive, ma lei neppure lo guardava più.

    Ma l'avete mai visto, voi, un falco che vola sopra una distesa di alberi e ginestre? È una roba pazzesca, uno scenario mozzafiato. Tu stai lì e pensi alla libertà, alla bellezza, all'armonia della natura. Tu, ma poi magari c'hai un affianco che guarda la stessa cosa e ti fa "guarda che bello, sembra una cartolina". E lì non è che ti cadono le braccia, è quello che ha parlato che te le sta segando. Ma che significa? Passi la vita a guardare le cartoline delle vacanze altrui esclamando "come vorrei essere lì adesso" poi sei davanti uno scenario che a dire che ti tremano le gambe è pure poco, perché manco il terremoto del 76' in guatemala fece oscillare le cose come le tue rotule che ballano la ola in quel momento e che fai? Pensi alle cartoline? No, anche questa storia è inaccettabile. Allora sei stupido. Allora sei stronzo. Una cartolina è una bella foto e non c'è niente di male nel dire che una cartolina può talvolta essere emozionante, ma non mi puoi confrontare una raffigurazione statica con il momento vissuto di quella rappresentazione. Non hai capito niente allora. Allora stai a casa, allora. E ti mando una cartolina io, non ti preoccupare. No, anche questa storia è inaccettabile. "Mi ci pulisco il culo con una cartolina." E io mi incazzo. E che cazzo. Sto tutta la vita ad aspettare di vedere quello che immagino guardando le memorie altrui e poi me lo perdo perchè lo vorrei far diventare una memoria. E' da stronzi, un pò come me ora. Ho passato non so quanto tempo ad agonizzare un momento come quello che stava accadendo prima che sganciassi la balla del secolo, ripetendolo più volte nella mia fantasia tanto da farlo diventare quasi al pari di una cartolina e ora che lo stavo vivendo l'ho perso per lasciarlo solo un sogno. E allora sono stronzo, sì. Ma c'è che uno non è mica sempre pronto a vedere o vivere cose che ti scombussolano la mente manco la stessi passando in un frullacoso. Mica è roba da tutti. Tener testa a qualcosa di bello, di veramente bello, ha bisogno di una forza d'animo mica indifferente. Tener testa a quello spettacolo naturale che è Olive Lewis quando viene da te a dirti che può finalmente essere tua per sempre, non è mica roba per tutti. Tanto meno per me. Bella, bellissima in cartolina o in fantasia, ma devastante, fin troppo, quando ce l'hai parata davanti per davvero. Se Olive fosse una cartolina sarebbe una di quelle che rappresentano un uragano o una tempesta di fulmini gialli rossi e blu. Belle foto, ma quando sei tu a doverle scattare.. mica cazzi. « Non sto piangendo, sto solo sudando dagli occhi. » Lei piange, poi ride, io non credo nemmeno di star respirando. Canalizzo tutto quello che posso immaginare sia la mia forza e riesco solo a formulare un'altra menzogna, che è da sempre la mia scappatoia preferita quando del mio io reale resta solo un impresentabile ombra. «Io.. ora devo lavorare Olive. » Se dovessi scattare io una foto che rappresenti Olive in cartolina avreste solo una sagoma sbiadita di lei in lontananza. Perchè io, difronte una tempesta come quella che è Olive Lewis ai miei occhi, ad oggi, non saprei stare. Ad oggi tutto ciò che posso permettermi di fare dinanzi a lei è scappare. Un uragano che mi travolge è un desiderio che non posso vedere realizzato, ad oggi. Devo prendere la via diritta, ora.
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    Edited by bad#ass - 25/6/2015, 13:19
     
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    « Io.. ora devo lavorare Olive. » Mi rivolse le spalle e si avviò verso la scrivania. Mi sembrò un comportamento strano, quasi scherzoso, come se volesse prendersi ingiustamente gioco di me, ma non arrivò una risata rivelatrice ne niente di simile. Forse era serio come era stato serio fino a quel momento. Forse voleva davvero che me ne andassi, forse doveva vedersi con la sua fidanzata, forse non voleva che lei mi vedesse o che sapesse di me. Io personalmente non l'avevo immaginata così. Certo le cose come le immaginiamo non succedono mai, ma sta volta avevo davvero sperato che andasse come nei miei sogni ad occhi aperti. Era da quando ci eravamo lasciati la prima volta che sognavo di tornare tra le sue braccia e ovviamente in tre anni lamia fantasia aveva preso una orma e una consistenza ben precisa. Ero consapevole che non sarebbe mai potuta andare esattamente come speravo, ma col passare del tempo avevo dimenticato quanto potessero andare male le cose tra me e Jamie. S instaurava questo meccanismo malato di dispetto e disprezzo che non faceva che peggiorare quello verso cui andavamo incontro. Era sempre tutto così difficile tra noi due. Io volevo solo tornare da lui, decisa una volta per tutte ed essere accettata. La avevo concepita come una scena alla "Via col Vento" ormai, lui un po' stupito che dopo una prima esitazione si alzava dalla scrivania (nelle fantasie più audaci la buttava proprio per terra) e prima che io facessi in tempo anche solo ad avvicinarmi mi sollevava e mi baciava con Ryan Gosling ne "le Pagine della Nostra Vita". Magari cominciava pure a piovere, sia che stessimo all'aperto sia al chiuso. Poi ci sorridevamo e ci prendevamo per mano, giurandoci silenziosamente amore eterno. E manco per una sega invece. Tutto poteva andare storto, ma non COSI' storto. Tutto quello che facevo non sembrava peggiorare la situazione e peggio del peggio lui non sembrava curarsene. Non sapevo cosa fare giunta a quel punto. Non sapevo se prendermelo con la forza, spogliarmi e praticamente stuprarlo sulla scrivania, imponendogli di ricordarsi cosa voleva dare stare con me e facendolo pentire di avere scelto un'altra. Non sapevo se prenderlo a sberle, dargli fuoco ai capelli, ai vestiti, dargli fuoco e basta. Non sapevo se imbastire un discorso su quanto fosse essendo atroce ed assolutamente ingiusto, attaccando un pippozzo infinito che mi avrebbe sicuramente divertito, ma l'efficacia non avrebbe mai raggiunto quella dei primi metodi. Non sapevo se andarmene, prima di fare una cazzata, tipo quelle elencate. Forse sarebbe stato meglio semplicemente andarsene e fare finta di niente. Dimenticare quello che stava succedendo e pensarci in un secondo momento. Staccare la spina un'altra volta, perchè era quello che sapevo fare meglio. Spegnere il cervello e pensarci più tardi. Lasciarlo lì alla sua vita, a quella vita che a quanto pareva proprio non voleva condividere con me. Non avrebbe avuto senso forzarlo, non sarebbe mai e poi mai stata una soluzione efficace, mai.
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    Chiusi gli occhi un momento e respirai a fondo, cercando di bloccare le lacrime. Stavo pensando quello che stavo pensando e non mi piaceva. Non me ne volevo andare DI NUOVO, ma non sapevo cosa fare. Lo guardai negli occhi, per un secondo, per decidere. Quegli occhi così azzurri e così gentili. Ero sicura che non voleva dire quello che stava dicendo, ma forse non così tanto. Non potevo immaginare il dolore che gli avevo provocato con il passare degli anni e non potevo immaginare quanto questo dolore lo avesse modificato. Il Jamie che conoscevo non mi avrebbe mai ignorata così, se non per finta, ma cosa ne sapevo io che il Jamie che conoscevo stava ancora lì? Niente. Io già non so niente di mio, figuriamoci delle cose che non so. Scossi la testa e prima di scoppiare a sudare piangere un'altra volta mi girai e mi sbattei la porta alle spalle. Cosa stavo facendo? Duuh te ne stai andando, testa di rapa. Ma da dove? E dove? E perchè. Avevo sbagliato? Si avevo sbagliato e me ne resi conto solo spingendo il piano terra nel bottone dell'ascensore. A volte mi capita di avere intuizioni geniali, è raro, ma può capitare. Ecco quel momento, per quanto inopportuno, era uno di quei momenti. Raro e meraviglioso, come una rosa su una montagna ghiacciata Paragone super romantico, anche se irrealistico. Ma a questo punto me ne sbatto il cazzo della verosimiglianza. Non solo a questo punto in realtà, sempre. OK BASTA HO CAPITO. A questo punto ci sarebbe voluta una colonna sonora struggente, per segnare la mia scelta. La scelta di Shophie. O di Olive. Sì, di Olive, io mi chiamo Olive non Sophie. Duuh. Lasciai per un secondo lavorare le sinapsi, una volta nella vita, e improvvisamente mi svegliai. Spinsi da parte un cinese che stava davanti ai MIEI bottoni, e mi misi a premerli tutti, compulsivamente. « LASCIATEMI SCENDERE AIUTO HO UNA CRISI. » « Che crisi, oddio si sente male? » SI STO MALE UNA CRISI, UNA DELLE CRISI CHE ESISTONO. HO BISOGNO DI SCENDERE. » Quasi come se anche l'ascensore si fosse scocciato delle mie urla si fermò, un piano sotto a quello dell'ufficio del viceministro. Dato che avevo strillato che volevo scendere, scesi. Il cinese sembrava così spaventato, poverino, che mi scortò fino al pianerottolo. Era però il piano sbagliato. Stupido cinese. Fui tentata per un attimo di risalire in ascensore, pur di non farmi un piano a piedi, ma decisi che era meglio di no. Intanto sarebbe stato più epico farsi le scale di corsa, poi sicuramente il cinese si sarebbe preso un colpo a rivedermi. Come biasimarlo, buon uomo. Presi le scale. Per poco non caddi al primo gradino, ma i successivi furono decisamente più facili. Sapete, è sempre difficile all'inizio ricordarsi come si fa una cosa, come per esempio salire le scale, non è così banale. Senza aspettare di bussare o cose del genere aprii la porta, camminai verso Jamie e gli presi il volto fra le mani. Non mi sarei lasciata strappare il MIO momento da quel bastardo, non gli avrei lasciato rovinare la mia cartolina. Ero lì e dovevo prendermela. Poi per carità, mi avrebbe ripudiata per sempre, mi avrebbe malamente cacciata via ignorandomi per il resto della mia vita, ma io dovevo prendermi la mia fantasia. L'avevo sognata tanto e ora la volevo. Lo guardai forte (??? come si guarda forte ???) negli occhi e posai le mie labbra sulle sue. Le avevo dimenticate. Porca vacca se le avevo dimenticate Tutto risultò molto più naturale dei miei gesti fino a quel momento. Per quei circa dieci secondi mi dimenticai di quello che mi stava succedendo intorno. Per quei circa dieci secondi lasciai che il suo respiro mi ricordasse quando stavamo veramente insieme. Feci finta che era così che stava andando, che stavamo tornando la coppia felice di una volta. Sentivo il suo cuore battere, la sua pelle toccare la mia e il mio corpo attaccarsi al suo. Piano piano ricordai come si faceva a baciare Jamie e mi staccai. « Basta, ok. »
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  8. bad#ass
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    he never forgets a slight, real or imagined. he takes caution for cowardice and dissent for defiance. And he is greedy. Greedy for power, for honour, for love
    jaime aaron pratt | vice ministry of magic | 29 y.o. | pureblood

    Era straziante. C'è poco da fare, non ci sono molte definizioni da affibbiare a quel momento e straziante è senza dubbio la più confacente. Era straziante e basta. Tutto lo era; ogni respiro esalato, ogni sguardo sospeso, ogni lacrima gesto o parola. Scrivere incerto la parola fine in coda ad un libro che nel viverlo era riuscito a catturlarlo anima e corpo, non era esattamente ciò che Jaime attendesse fare da tutta la vita. Non si aspettava nemmeno di esserne capace. Il punto era, aldilà del resto, che quel giorno non era proprio il giorno. Preso alla sprovvista l'unica cosa che era riuscito a fare, rivedendo Olive, era stato agire d'impulso, d'isinto. Entrambi però, volgevano sempre verso ciò che l'inconscio riteneva essere il meglio. C'era ben poco, definibile come meglio, per il cuore di Jaime, nell'allontanare così bruscamente Olive, ma razionalmente magari non oggi o domani, forse un giorno, sarebbe riuscito a realizzare che così era davvero meglio. Per lei, quantomeno. Jaime stava toccando le note dolenti del suo mestiere e si era impelagato in una situazione aldilà del suo controllo. Coinvolgere altri, distrarsi.. stare con Olive non era la decisione migliore. Era straziante, ma era anche vero.

    Quando lei lasciò il suo ufficio Jaime si abbandonò nuovamente, cadendo sulla sedia dietro la propria scrivania, sfinito e affranto, manco avesse corso una maratona. Lasciò che il viso si nascondesse dietro le proprie mani ora tremanti, che fremevano per l'agitazione che destava in lui quella forzata resistenza al rincorrere Olive per riportarla indietro e non farla andare più via. Si trattenne, serró la mascella, piantó i piedi a terra e sgomberò la propria mente. Ma non duró molto. La mente, difatti, come dicono, gioca brutti scherzi e quella di Jaime sapeva giocare i peggiori. Ricordò di come lei lo ebbe piantato in asso l'ultima volta prima di questa, ultima volta, in cui si erano visti e ricordò quanto male provò e per quanto tempo. Si lasciò attanagliare dal senso di colpa e infine, si pentì. Sapeva che ci sarebbe arrivato, presto o tardi, alla fase del pentimento, solo che sperava di gran lunga arrivasse tardi, molto più tardi. Non è una cosa che puoi controllare, non questo, non ora. Lasciala andare.

    Passò poco più di una manciata di minuti prima che il vicerministro si rimettesse in piedi. Il volto scolpito nel marmo trapelava fermezza e decisione, entrambe forze che in realtà Jaime non possedeva realmente in quel momento. Non farlo. Superò la scrivania, le scartoffie per terra e la poltrona che intralciavano il suo cammino. Arrivò alla porta, Jaime, e l'avrebbe aperta per cercare di arrivare ad Olive prima che fosse troppo tardi, se solo quella stessa porta non si fosse aperta da sola prima che lui potesse arrivare anche solo a sfiorarne la maniglia. E' tornata, lo sapevo. « Mr Pratt? posso? » L'acconciatura tirata letteralmente a lucido dello scribacchino dell'ufficio dei Pavor fece capolino nella stanza anche prima del suo possessore. Per un attimo, come uno stupido illuso, Jaime aveva davvero pensato che quella volta le cose sarebbero potute andare diversamente, che non importava come o cosa si ponesse come ostacolo, perché a lui sarebbe bastato avere Olive accanto a sé, com'era sicuro che a lei sarebbe bastato avere lui, così come lo aveva sempre avuto seppur non avendolo mai realmente voluto stringere tra le sue mani. « Mi dica. » « È stato trovato un presunto luogo di raduno della fazione dei ribelli, c'è bisogno anche della sua autorizzazione per far partire il piano d'attacco. » Ogni volta che doveva firmare quei fogli si augurava che i Pavor sbagliassero o che dentro quei presunti covi non vi fosse anche Keanu. Ogni volta che doveva firmare quei fogli sentiva pezzo per pezzo smontarsi l'anima per farla calpestare poi dai sogni del padre che l'avevano reso il demone che tutti vedevano guardandolo. E fu firmando ancora una volta quei fogli che finalmente comprese che lasciare andare Olive era davvero la cosa migliore. Lui rovinava tutto ciò a cui ambiva, rurro ciò che sognava o di cui si circondava e lei.. non poteva rovinare anche lei. « Una firma anche qui, grazie. » L'uomo manteneva la porta da quando era entrato, Jaime non gli aveva concesso neanche il lusso di entrare o farsi spiegare il piano d'attacco che stava firmando. Non gli interessava. Avrebbe fatto prima del tempo la solita soffiata a Keanu e in ogni caso i Pavor sarebbero tornati con un pugno di mosche a casa. Nel peggiore dei casi invece.. bhè, lui era lì perché il peggiore dei vasi non persistesse in realtà. « Perfetto. Chiudo la porta o stava uscendo? » Chiudi la porta Jaime, lasciala andare. « No. Chiuda. » È la cosa migliore da fare.

    Per quante volte ostinatamente tu voglia imporre la parola fine a qualcosa, se questo qualcosa non è destinato a finire quella parola non si asciugherà mai sul foglio in cui viene scritta. Per quante porte chiuderai durante il tuo cammino nel lasciarti dietro una storia passata, se questa vuole esser anche presente troverà sempre il modo di riaprirle. In quel caso, quello specifico caso in cui Jaime in preda ai mille perchè che aveva lasciato Olive dietro di sé dopo il loro incontro, quella della porta non era più solo una metafora. Poco dopo che l'impiegato da quattro soldi ebbe fatto la sua sparizione dal suo uscio lasciando il viceministro di nuovo in trappola nei suoi pensieri più melensi e strazianti, la porta si riaprì nuovamente. Si spalancò, anzi. E questa volta non ci fu nemmeno il tempo di realizzare chi fosse, anche se Jaime lo sapeva, perché la conosceva fin troppo bene per credere davvero che potesse arrendersi così su due piedi. Il suo profumo arrivò prima di lei, la folle frenesia che l'accompagnava in ogni suo gesto fu palpabile ancora prima che potesse realmente trovarsi a toccarla ancora una volta. Poi, di nuovo, come una specie di marea che va e viene, tutto andò via e tutto tornò a mo' di onda d'urto più forte, più travolgente. Il suo profumo, il suo calore, la sua pelle, il suo respiro, i suoi baci. Era tornata davvero, alla fine e lui lo sapeva. Tornavano sempre indietro. Ma non è la cosa giusta. Stare insieme era ciò che volevano, ma non riuscivano mai a tenerselo stretto. Perchè non è mai stata la cosa giusta. Se fosse stato umanamente possibile probabilmente si sarebbe legato a quel bacio per tutto il tempo che gli restava, ma.. non è la cosa giusta e lo sai. Non devi lasciarti andare, devi lasciarla andare. Non credeva di riuscire a fare la maggior parte delle cose che ebbe fatto durante quell'incontro, ma le fece tutte. Anche quella di ritrarsi da quel bacio prima finisse realmente, anche quello fece. Perchè? Perchè? Perchè? « Basta, ok. » Aveva entrambe le mani posate sulle rispettive braccia di Olive. Le stringeva, quasi fossero la sua ancora, ma sapeva che doveva lasciarla per poter proseguire il suo viaggio verso il tormentato oceano in cui si era imbarcato da solo. E fece anche quello: la lasciò.
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    « Devo andare. » E andò via. Senza mai voltarsi. O almeno, non prima di svoltare l'angolo infondo ad una qualsiasi strada intrapresa di una Londra ai suoi occhi deserta, ma in realtà sin troppo affollata. Si girò, alla fine, cedendo, perchè anche se non era la cosa giusta da fare, era pur sempre la cosa che lui bramava con tutto sè stesso.
    Perchè non sarà davvero la cosa giusta da fare, ma tu, tu sei la cosa migliore che mi potesse capitare.
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    Edited by agnus dei - 19/7/2015, 02:16
     
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