good boys gone bad

ethiennexliam

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.     +1    
     
    .
    Avatar

    Advanced Member

    Group
    Bolla
    Posts
    1,305
    Spolliciometro
    +522

    Status
    Offline
    tumblr_me1dp7RBTn1r1csdq
    « sheet - 23 - durmstrang - death eater- not dead enough - pensieve »
    Ricordava tempi lontani in cui Liam Callaway non era un assassino. Sin in tenera età era stato cresciuto per diventarlo, per rendere fieri i suoi genitori, ma ancora non lo era. Ricordava un’età più innocente, anche se i suoi giochi non erano mai stati nemmeno lontanamente simili a quelli dei suoi coetanei. Non era mai andato a giocare al parco, o a comprare un gelato fiori di latte e cioccolato mano nella mano a suo padre e sua madre. Per Dio, non aveva nemmeno mai visto un ragazzino fintanto che non era stato mandato a calci nel culo a Durmstrang. Provava compassione per quel bambino dagli occhi scuri e il sorriso più sincero, perché ancora non sapeva cosa sarebbe diventato. Cos’era, Liam Callaway? Un bugiardo. Un seduttore. Un affascinante bastardo dal ghigno facile ed una maledizione sulla punta della lingua. Non se ne dispiaceva, anzi: lui si piaceva così, un po’ stronzo ma amabile. Come un gatto: tutti sapevano che volevano conquistare il mondo, dietro i felini occhi impassibili, eppure tutti si ostinavano a dar loro una casa, nonché un amore davvero poco desiderato. Perfino lui ne possedeva uno, Shade. La loro vita scorreva in perfetta sintonia, perché nessuno dei due aveva realmente bisogno dell’altro. Non doveva spiegare nulla all’animale, non doveva chiedere scusa, non doveva fingere di essere una persona che non era. Non doveva mentire, non doveva essere sincero. Non era niente, Liam Callaway, per quel gatto.
    E, per Dio, se la amava.
    Si schiarì la voce, ad occhi chiusi, tentando di ignorare quel silenzio troppo opprimente. Non c’era nulla per chilometri attorno alla magione Callaway, e nemmeno gli uccellini si avvicinavano per cinguettare. Nessun rumore a disturbare la quiete piatta dell’irlandese, che una sigaretta a penzoloni della labbra si limitava ad ascoltare il battito di un cuore che, a dispetto di tutto, si imponeva di vivere. C’erano momenti, brevi ma significanti, nel quale Liam si domandava se non fosse stato meglio lasciarsi andare. Lasciarsi cadere in quel baratro, dimenticando ciò che era stato per abbracciare il non essere. Aveva voluto vivere, fino alla fine. Pensava di averlo fatto per le persone a cui teneva, per Aaron, per Megan e Maeve, per Robespierre. Ma più ci rifletteva, aspirando il fumo per lasciarlo poi vagare in fitta nebbia nel salotto, più si rendeva conto che a tenerlo in vita era stato un testardo e subdolo orgoglio, nonché il bruciante fervore della vendetta. Non poteva permettersi di morire in un modo così sciocco, non poteva lasciare che fossero i ribelli a vincere. Non era stato cresciuto così, Liam Callaway. Forse il bambino di troppi anni prima si sarebbe aggrappato alla vita, per sfuggire alla morte. Ma a ventitré anni, si era limitato ad aggrapparsi alla morte di qualcun altro, per continuare a vivere. Oh, ma che vecchio bastardo! Cosa vi aspettavate? Sono un Callaway, non un Italie. Che il Signore ce ne scampi.
    Voleva una birra, ma non aveva voglia di alzarsi. Big Nana viveva ancora a Londra insieme ad Aaron, e lui non poteva far leva su nessuno dei due, come invece aveva sempre fatto. Già, perché avevano deciso di odiarlo. Sapeva che Sales gli avrebbe tenuto il broncio, ma non pensava per così tanto. Non era morto! Avrebbe voluto dimenticare, affogare ciò che aveva fatto nel dolce amaro bruciore dell’alcool. Non amava particolarmente le responsabilità, Liam, figurarsi quando queste implicavano un ammissione di colpe. Il ministro della magia, però, non sembrava pensarla allo stesso modo. Bella fregatura, eh? Sbadigliò, massaggiandosi le palpebre. Doveva uscire da quella casa, prendere un po’ d’aria. Non era morto, ma era come se lo fosse. Aveva cominciato a farsi vedere in giro, ma ancora nessuno sembrava credere realmente al suo ritorno. Avevano tutti pianto con amorevole, quanto finta, cura quand’avevano saputo che era mancato, l’ennesimo martire nella battaglia contro i traditore. E… aveva mentito, per tutto quel tempo? Aveva fatto loro sprecare quelle preziosissime lacrime di coccodrillo? Era proprio un cattivo ragazzo.
    Non dormiva la notte, a causa di queste orribili azioni.
    “Potrei fare tante cose, sai. Potrei prendere l’aspetto di chiunque, anche di Obama, entrare alla Casa Bianca e conquistare gli USA. Invece sono cagato qua come un paguro senza conchiglia senza aver nemmeno la forza di alzarmi a prendere una birra. Che dici Shade, andiamo a cercar rogne?” Ovviamente la gatta lo ignorò platealmente, continuando la minuziosa pulizia di una zampa già linda. Doveva essere un sì.
    Si rassettò i jeans, sui quali cadeva una semplice maglia bianca a maniche corte. Le scarpe non fecero alcun rumore sul pavimento polveroso, mentre si avviava verso la porta con il kit della sopravvivenza: sigarette, accendino, soldi. L’alcool l’avrebbe preso per strada. Qualcosa, o meglio qualcuno, lo fece però inciampare nel corridoio buio, dove le persiane erano già serrate. Oh, cazzo. “Shade, ci siamo dimenticati di buttare la spazzatura” Informò il gatto con voce annoiata, spostando con un piede il braccio dell’uomo. Ancora non sapeva il motivo che l’aveva spinto a trascinarlo fino in casa: se non l’avesse buttato da qualche parte, a breve, avrebbe impestato la tappezzeria con il suo odore nauseabondo. Non ricordava nemmeno, a dirla tutta, se fosse morto prima o dopo. Probabilmente dopo, altrimenti non avrebbe avuto senso portarlo fin dentro casa sua. Si era trattato di un lavoro pulito: non una goccia di sangue macchiava il parquet, nessun retrogusto di rame sulla punta della lingua. Gli occhi vitrei, che un tempo erano stati verdi ed erano appartenuti ad un certo Omar, erano spalancati su un abisso che Liam non conosceva. E nemmeno gli importava, a dirla tutta: quell’uomo era un ribelle, e non si era nemmeno sprecato a rivelare i nomi dei suoi compagni. Se solo non fosse stato una perdita di tempo, l’avrebbe ritenuto ammirabile. E invece. Se lo caricò in spalle con un grugnito infastidito, schiacciato dal peso troppo abbondante dell’uomo. Con questi, si smaterializzò nell’unico posto dove Liam Callaway avesse mai avuto paura.
    La radura non era cambiata. Per terra era ormai impossibile riconoscere i segni della battaglia, ma se chiudeva gli occhi riusciva ancora a sentirne i rumori, sulla lingua polvere di terra e di sangue. Si portò distrattamente una mano al petto con una smorfia, riconoscendo sotto i polpastrelli si segni della pallottola. Strinse i pugni, avvicinandosi al baratro. Finalmente poteva guardarlo da un’altra prospettiva, così come l’aveva visto il suo assassino. Era tutto diverso, quando ci si trovava dall’altra parte della barricata. E fu con un sorriso maligno che fece rotolare il corpo dell’uomo giù dal dirupo, fintanto che non vide il peso rompere la superficie dell’acqua in migliaia di frammenti. Diede le spalle al vuoto, inginocchiandosi. Quelle che avrebbero dovuto essere le sue ultime immagini campeggiavano davanti a lui, nude, prive dei ribelli mascherati. Nessuno sparo echeggiava quel giorno, ma Liam poteva ancora sentirlo. Credeva sarebbe morto. Avrebbe dovuto far valere quella sua seconda possibilità, risolvere i conti in sospeso, chiedere scusa. Diventare un amico migliore. Vantare di voler essere una persona migliore, sarebbe stato solo una battuta esilarante: non ci avrebbe nemmeno provato. Amava essere una testa di cazzo.
    Aveva ancora voglia di una bella rissa, dove menar le mani ed alleggerire il cuore. Il dolore fisico non era nulla di paragonabile a quello dentro, perfino per lui che aveva sempre sostenuto di non avere un anima. Era più facile crederlo. Ma poi quella stronza si metteva a premere, a bruciare, ricordando che esisteva. Infida bastarda. Si smaterializzò all’inferius, ben sapendo che in quel luogo avrebbe trovato ciò che andava cercando. In un modo, o nell’altro. Di certo non si sarebbe aspettato di sentire quei sussurri terrorizzati, prima ancora che questi avessero la possibilità di scorgere il suo viso nel buio. O, ancora, le occhiate sospettose che continuavano a lanciare alle loro spalle. Stavano… scappando? Ma era lui il pericolo lì, dove andavano le sue belle pecorelle? Chi osava rubargli la scena? Digrignò i denti, infilando una sigaretta fra le labbra sottili. Le mani in tasca, continuò a camminare, sporgendosi di tanto in tanto per far cadere la cenere lontano dalla sua persona. Nessuno lo stava cagando di striscio, che cosa demoralizzante. Il lupo cattivo era in città, e gli agnelli gli andavano incontro. Quante cose si era perso quand’era morto non morto? “Tu, persona di sesso presumibilmente maschile. Che succede?” Domandò stringendo le palpebre, avvicinandosi cautamente all’unica persona che non stava fuggendo. Con le dita sfiorò il legno della bacchetta. Fidarsi era bene, non fidarsi era dannatamente meglio.


    liam callaway - monsters are real. they live inside us. and sometimes, they win

    © psìche, non copiare.
     
    .
0 replies since 22/5/2015, 23:51   254 views
  Share  
.
Top