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    nicole rægan cooper | ravenclaw | 16 y.o. | halfblood | neutral

    Avete presente le eclissi, vero? Ci sono sia solari che lunari e avvengono una volta ogni chissà quanti anni, regalando lavoro a meteorologi, astrologi, filosofi e astrofisici oltre che materiale infinito per sognatori, scrittori, artisti e fanatici. Sono anche un bel vedere, nulla da obiettare, davvero un grand bello spettacolo tant'è che tutti ambiscono a vederne una, almeno una volta nella vita. E' qualcosa di speciale, un'eclissi. E' cosa rara, ma quando arriva tutti, per un motivo o per un altro, appurano, assistendo al suo spettacolo, che per vederla vale davvero la pena aspettare tanto quanto il tempo che si aspetta. Sarà un anno, due, forse anche un decennio, ma ne vale la pena. Lo stesso pensiero - e lo si ammette con molta modestia - lo si fa nei confronti di un sincero sorriso di Nicole Cooper. L'effetto che ti fa è un pò come quello che ti recherebbe la vista di un'eclissi: è oscuro, tenebroso, ma bellissimo e a guardarlo, al solo assistervi, ci si sente onorati, quasi graziati. Un sorriso come quello puoi aspettare tutta la vita e non arriverà mai, ma se sei fortunato, se riesci a vederlo, puoi portarlo con te e dire che tu sì, ci sei stato quando è accaduto. E' la vita che la rende difficile, tutta questa faccenda del poter sorridere sempre ma non farlo, sapete, eppure, altrimenti, sarebbe semplice se solo anche tutto il resto lo fosse, poter vedere quel sorriso. Nicole era rimasta fino a tardi in biblioteca - com'era solita fare ogni giorno della settimana - ma quella volta, al termine dei suoi doveri accademici, seppur fosse stanca non aveva alcuna voglia di tornare al dormitorio. Ultimamente si sentiva irritata ed irritabile; non tollerava le sue compagne di stanza né coloro che la circondavano a lezione ed oltre. Stava vivendo un periodo di totale misantropia mentre, per contro, lei stessa agonizzava per la solitudine. Un concetto assai arduo, lo ammetto, forse addirittura privo di senso, ma cercherò di spiegarvelo. Era vero: Nicole non sopportava nessuno e non voleva accanto a sé nessuno, in quel giorni - particolarmente, in quei giorni - ma al contempo non riusciva a non ritrovarsi dispiaciuta della propria solitudine. Sentiva come se avesse potuto sparire dalla faccia della terra in qualsiasi momento senza che nessuno se ne accorgesse. Alla fine, inevitabile era porsi il terrificante quesito: era lei che evitava gli altri o gli altri che evitavano lei? « al diavolo! al diavolo tutto! » Ed eccola, la rabbia. Arrivava inaspettata come il maltempo nel mese di marzo; un secondo prima c'era il sole, quello dopo tutto era grigio. Difatti e di fatto, il cielo dipinto sul volto di Nicole era ora in tempesta, laddove prima regnava quiete. In vero, non c'era un preciso motivo per Nicole, per cui tormentarsi con simili pensieri su sé e sugli altri; oltre il periodo difficile che stava attraversando i suoi rapporti interpersonali erano uguali al solito, forse anche più banalmente piatti del solito, ma a lei bastava un niente per sgualcirle l'umore. Una bambina viziata che ha tutto e non si accontenta di niente ha sempre un buon motivo per far capricci. Pretesti, una come Nicole, li avrebbe trovati anche se fossero stati aghi in un pagliaio grande quanto il monte Fuji. « al diavolo! gnègnè, al diavolo tutto gnègnè! » Non sapeva nemmeno come ci fosse arrivata, ma grazie al dispettosissimo poltergeist che fluttuava sopra la sua testa facendole il verso, Nicole si accorse d'esser giunta all'ultimo piano del castello. Non ricordava neppure d'aver salito le scale. « sparisci sgorbio! ti faccio evaporare! » Se pensate di avere dei problemi provate a mettervi nei panni di chi deve fare i conti con due coscienze completamente diverse l'una dall'altra. Scommetto che già a fare i conti con la vostra, unica e personale, vi darete un gran bel da fare, o forse sbaglio? Riuscite però anche solo ad immaginare di averne due, di coscienze? In nessun punto, modo o luogo l'una combacia con l'altra ed entrambe, caparbie e ostinate, lottano perennemente per chi deve averla vinta. Se pensate che è un gran bel casino con cui fare i conti e che sì, quello sarebbe avere un grosso problema, avete pensato esattamente la cosa giusta. « gnè gnè gnè » « aguame.. » La bacchetta puntata al di sopra della propria testa, in direzione dello spettro che non attese neanche la fine dell'incanto, saggiamente, per scappar via. Dicevamo? Ah, il problema, sì, quello delle coscienze. Si, bhè, c'è chi questo problema ce l'ha e neanche se lo pone. Come? Quando ti trucchi il volto per trasformarti in chi non sei per tanto tempo, dopo poco non ti sarà difficile iniziare a truccarti anche l'indole. Nicole Cooper era stata per così tanto tempo chi volevano che fosse che poi, solo alle volte, riusciva a riscoprire chi era davvero. Solo in straordinari contesti, solo con particolari pretesti. Nicole non era solo studio, diligenza, introspezione e altezzosità. Nicole era accidia, avarizia, irascibilità e talvolta, proprio d'indole, anche crudeltà. Non lo dimenticava, ma troppo spesso lo accantonava. Non era quello che volevano vedere gli altri, di lei. Nessuno gradisce una vipera tra le caviglie, era dunque più saggio spacciarsi per un innocente felino. Ancora una volta, senza che se ne accorgesse, Nicole si ritrovò ad aver salito ancora un piano; era giunta in cima alla torre di Astronomia, che isolata, taceva nell'oscurità della notte. La Corvonero avanzò qualche passo all'interno dell'osservatorio e prese posto in una delle sedie lì sotto predisposte. Lasciò che la borsa cadesse ai suoi piedi ed alzò il naso all'insù verso il cielo. Non c'erano stelle. Nessun punto di luce nel cielo, niente di niente. Era tutto oscuro.. triste, cupo, nero. Terrificante e bellissimo, proprio come un'eclissi. Nicole non sapeva però, che di terrificante e oscuro, in quella stanza, non vi regnasse solo il silenzio e il cielo al quale aveva unicamente rivolto lo sguardo; uno scricchiolio del vecchio pavimento di legno la fece sobbalzare e girandosi per scrutar l'area attorno a sé, alla fine, finalmente, lo vide. C'era una sagoma, in piedi, poco più in là di dov'era adagiata lei. Era solo un ombra nel buio, qualcosa di totalmente surreale, ma dovete provare a immaginarlo: era un ombra nel buio. Una sagoma così nera che spiccava anche nell'oscurità di quella stanza, era così che le apparì, di primo acchito, la fonte del rumore che l'aveva spaventata.
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    La figura che si ritrovò a osservare era di profilo, Nicole riconobbe i tratti affinati di un naso e la sporgenza delle labbra e del mento. Era una figura immobile e avrebbe potuto benissimo esser niente più di quello che appariva: un'ombra. Nicole però, anche così, sapeva chi era. Troppe volte aveva evitato lo sguardo di quel giovane sperando di non doversi trovare mai nella stessa stanza con lui. Troppe volte lo aveva studiato, di nascosto, tracciando nella sua memoria ogni suo tratto, ripromettendosi che a vista, ogni cosa glielo ricordasse lo avrebbe evitato. Le sue speranze erano dunque state vane. L'unica cosa, positiva di quella situazione nefasta era che poteva ringraziare il cielo o chi per lui, che la stanza capitata non fosse la di lui preferita. Anche se Nicole temeva e in parte sapeva, che uno come James Larrington non avrebbe avuto problemi a trovar modi per torturar qualcuno anche senza una stanza per questo compito adibita. Ma sapete cosa? Al diavolo. Al diavolo tutti. « Fai scappare anche i satelliti, Larrington. La luna è scomparsa nel timore di non poter tener testa ad un vero pallone gonfiato. » Nicole, totalmente priva di logica, in quel momento provò a quantificare lo spazio che la separava dal Grifondoro e alla fine, senza troppa pretenziosa precisione, optò che tra di loro avrebbero potuto esserci sù per giù, a malapena, otto passi di distanza. Probabilmente non erano neanche mai stati così vicini. Sì, dovevano esserci all'incirca otto passi tra di loro, lo aveva deciso ad occhio; al massimo, contando anche un margine di errore, sarebbero stati otto e mezzo.
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    Edited by birdwoman - 19/7/2015, 17:52
     
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  2. James Larrington
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    James Larrington
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    ❝It's always funny until someone gets hurt. Then it's just hilarious❞
    Solitudine. Sicuramente una parola difficile, spaventosa, qualcosa che si attanaglia alla spina dorsale e che lentamente e con molto dolore, ma allo stesso tempo applicando una potente anestesia, con l'intento di riuscire a non farsi trovare da coloro che decide di infettare o per far sì che il momento della scoperta sia il troppo tardi, consuma l'animo del suo portatore e talvolta lo lascia privo di vita, privo di una sua essenza.
    James Larrington non voleva ammettere di esserne gravemente affetto, eppure, con il passare del tempo, non essendo un cerebroleso come invece riteneva che tutti o che la maggior parte degli abitanti di quella scuola lo fossero, aveva iniziato ad intuire che pur se non avendone un grande bisogno, pur se non era una morbosa ed affliggente voglia, non aveva nessuno con cui confidarsi, con cui esprimere i propri dubbi.
    Neanche dalla sua famiglia, che con il tempo aveva imparato a dimenticare, si era mai aspettato un qualsiasi tipo di sostegno, certo, aveva pur sempre i suoi alleati, i Mangiamorte, ne aveva di forti e di potenti e di crudeli soprattutto, ma proprio in quel mondo non poteva dimostrarsi debole, era proprio lì che doveva evitare di dimostrare di avere dei sentimenti fragili e controproducenti, ogni persona con cui sentiva di avere un legame era allo stesso tempo fredda come il ghiaccio e dura da scalfire come il pesante marmo, ed era proprio da queste persone che aveva adottato il suo modo di essere, era diventato come loro, se non meglio di loro, in sostanza, era sconfortante sapere che non poteva confidare un segreto neanche a sé stesso. E stranamente non se ne sentiva imbarazzato, anzi, ne era alquanto compiaciuto, era riuscito a diventare colui che voleva essere, e la strada ormai era in discesa, una lenta passeggiata, con pochi ostacoli ormai.
    E poi le persone erano così fallaci e così credulone in quei tempi, tanto che a James sarebbe bastato poco, per convincere qualcuno persino dell'esistenza di un briciolo di bontà nel suo cuore, per riuscire a farlo aggrappare a quella speranza e lentamente, poi, distruggerlo, e quindi come fare a fidarsi di chi un giorno si svegliava cacciatore ed il giorno dopo, riflettendo sulla crudeltà delle sue azioni ed essendone profondamente turbato e sentendosi in colpa, si risvegliava dalla parte della preda?.
    Per quanto possibile continuò a specchiarsi sul pesante vetro di una larga finestra, di un corridoio poco lontano l'ingresso della Sala Comune dei Grifondoro, gli era sempre piaciuta quella finestra, non aveva un contatto diretto con l'esterno, a meno che, con un po' di fatica, non si cercasse di allungare il collo per superare lo spessore del vetro più in basso, spessore che forniva un'immagine distorta e confusa di chi vi si specchiava, ma anche in quel fracasso James Larrington riusciva a vedersi come cacciatore oltre che decisamente come una delle figure più idilliache che quella scuola stesse ospitando al momento.
    La notte, e l'oscurità erano lentamente scese, e al giovane Grifondoro non gli venne neanche concessa la gentile possibilità di riuscire ad ammirare il cambiamento passivo del giorno, rinchiuso tutto il pomeriggio nella Sala delle Torture, e macchiandosi di sangue altrui solo per semplice assistenza, in tutto quel tempo infatti, non ebbe occasione torturare qualcuno, ci pensò chi di dovere, il suo compito si era limitato semplicemente ad aiutare i poveri disgraziati a rimanere in piedi per subire maggiori percosse o a togliere di mezzo i corpi stremati di chi, sanguinante, aveva pregato per un po' di clemenza.
    Si era già ripulite del pestilenziale sangue che lo aveva macchiato in vari punti del corpo, e dopo essersi concesso, per un tempo che ritenne dopotutto sufficiente ai doveri scolastici, non era sua intenzione infatti terminare quel non proprio esaltante giorno, mettendosi a studiare su dei libri di cui avrebbe potuto fare a meno almeno della metà di essi, si concesse del tempo fuori dal dormitorio, lontano da quella gente.
    La giornata era passata così in fretta che non gli era stato possibile rendersi conto del suo cambiamento, una veloce monotonia che effettivamente lo teneva ben occupato, tornò a fissare l'esterno, il buio stava rendendo invisibile ogni cosa, ed ormai neanche cercare di scrutare l'esterno da una posizione un tantino più elevata sarebbe servito a molto, ormai tutto era diventato come l'ormai lontano Lago Nero, posto che ormai aveva scartato per passare del tempo lontano dalle persone, tutto era una chiazza informe, priva di qualsiasi luce o riflesso, ricolma di paura e di incertezza.
    Non poteva uscire fuori, non che non lo avesse mai fatto, sgattaiolare da quell'edificio per qualcuno come lui che ovviamente aveva le giuste conoscenze non era poi così impossibile, ma non era il caso di quella sera, non era in vena di passare il resto del tempo incollato all'orlo di un bicchiere colmo fino all'eccesso di alcool, dietro un bancone di legno e in compagnia di chi almeno fosse riuscito a guardarlo negli occhi senza il timore di non dover reggere uno sguardo opprimente e il più delle volte troppo altezzoso.
    La sua meta era precisa anche se non si sarebbe lasciato sfuggire possibili dirottamenti, aveva da sempre lasciato spazio alla sua fantasia e per quanto banale come definizione, James Larrington viveva alla giornata, non adorava pianificare, se non appuntamenti troppo importanti per essere mancati.
    Si staccò dalla piccola mensola della finestra, che fino ad allora lo aveva accolto seduto, e per obbligo di percorso dovette passare di fronte al suo dormitorio, vi si fermò di fronte per un istante prima di proseguire il suo cammino, guardò a terra con le mani nelle tasche e per quanto impossibile riuscì a sentire in testa il parlottare di coloro che immaginava stessero trascorrendo le ultime ore insieme prima di ritirarsi a letto, iniziò a ridere tra sé e sé, per un attimo si immaginò in loro compagnia a discutere delle prossime lezioni o degli esami da affrontare, era una scena così patetica e grottesca che suscitava in lui nient'altro che compassione e divertimento, era buffo solo il fatto di riuscire ad immaginarlo.
    Con passo costante ed alquanto tranquillo si diresse verso la torre di Astronomia, un paio di corridoi lo dividevano da quella parte del castello, lunghi ed estenuanti per il silenzio che vi vigeva, poco illuminati, cosa che stranamente lo facevano sentire anche più al sicuro, e poi erano sempre gli altri ad avere paura di incontrarlo, egli non temeva nessun tipo di minaccia dietro l'angolo.
    Arrivò sino all'ultima scala che lo avrebbe condotto alla sua meta, un luogo dove, come continuava a sperare, avrebbe trovato la giusta pace, in solitudine, "finalmente", lentamente iniziò a salire, quasi contando, ogni scalino che lo divideva da quella massiccia porta di legno, accarezzando il freddo corrimano in pietra, e scandendo regolarmente il respiro, godendosi la solitudine e la pace del posto.
    Entrò nella spaziosa ed eccessiva ampia stanza, diede subito uno sguardo al soffitto nel mentre si allontanava dall'ingresso per dirigersi proprio dalla parte opposta, notte vuota, un cielo scuro, troppo, esageratamente privo di fonti di luce, nessuna stella, una luna pallida in lontananza, troppo insicura per riuscire schiarire la profondità della notte, era un cielo triste se solo fosse arrivato in quella stanza per il suo scopo originale, se avesse dovuto osservare il cielo se ne sarebbe tornato a letto decisamente deluso, ma di certo non era questa la ragione della sua presenza in quel posto.
    Staccò gli occhi dall'alto e andò ad adagiarsi sul muro che aveva visto dall'inizio, in fondo, con la spalla destra incollata ad esso, si sentiva protetto e totalmente all'oscuro, estrasse una sigaretta dal suo pacchetto e la fece attendere in bocca prima di estrarre anche la bacchetta.
    Stava per compiere il gesto di accenderla, quando sentì un suono curioso provenire dal centro dell'aula, si girò di scatto per notare cosa o chi lo avesse provocato, e notò che una Corvonero, una studente di quelle che conosceva per sentito dire ma che di certo non faceva parte della cerchia di persone che James Larrington considerava degne della sua attenzione, o perlomeno della sua particolare attenzione, si era adagiata lì, rompendo la solitudine della stanza, con gli occhi fissi verso il cielo, almeno lei avrebbe concepito una leggera delusione per quello spettacolo monocromatico.
    Con uno sbuffo ripose la sigaretta e la bacchetta che aveva appena estratto nel loro originale posto, e per farsi notare e non uscire di soppiatto dalla sua posizione, anche se lo avrebbe tanto desiderato fare, iniziò a far scivolare di poco i piedi sul pavimento, facendo risuonare il vecchio legno di cui questo era fatto.
    Riuscì ad attirare l'attenzione della ragazza, ne sentì gli occhi scrutatori e curiosi addosso, rimase ancora del tempo in penombra, per poi avanzare con passo deciso verso di lei, dall'oscurità quasi assoluta alla fievole luce del centro della stanza dove anche lei era situata.
    Avanzò a testa alta e con un sottile ghigno stampato in faccia, il passo sicuro e decisamente di classe, sentì le sue parole mentre con lo stesso passo accorciava le distanze:- Fai scappare anche i satelliti, Larrington. La luna è scomparsa nel timore di non poter tener testa ad un vero pallone gonfiato-.
    Il suo sorriso beffardo si allargò ancora di più e si lasciò scivolare una leggera risata, fermandosi poi ad una giusta distanza, giusta probabilmente per un duello, cosa che decisamente non valeva neanche la pena di scatenare.
    Ritornò decisamente serio e iniziò a fissarla, con occhi fulminei, squadrandola dall'alto al basso, gonfiò il petto e con decisione parlò:-E da quando i Corvonero hanno trovato il coraggio di parlare in tale modo? E soprattutto a persone cui non dovrebbero neanche azzardarsi a guardare in faccia?-, sputò quelle parole con un velo di rabbia e arricciando la bocca, quasi in un ringhio ferale, continuò a fissarla minaccioso, era James Larrington, e la sua reputazione doveva precedere il suo nome.
    Si avvicinò poi alla Corvonero, aspettandosi un indietreggiare da parte sua anche se sarebbe stato molto interessante se fosse rimasto al suo posto, a quanto pare, negli ultimi tempi stava piacendo a tutti improvvisarsi eroi e forti d'animo, era curioso di sapere se anche lei faceva parte di quel gruppo, le andò vicino, molto vicino, mantenendo un passo costante e minaccioso.
    Quando gli fu possibile guardarla veramente negli occhi per scrutarne il loro intento, con un suono simile ad un sibilo pronunciò:-Cooper...-, allontanò poi la testa per poterla fissare con ancora più fermezza, poi continuò:-Non ti ho mai vista nella Sala delle Torture, non che io ricordi almeno...-, si esibì nuovamente in un sorriso beffardo:-Non sapevo che tu tenessi così tanto ad incontrarmi privatamente, tanto da voler accelerare questo processo-, non smise di sorridere, ed attese per ritornare serio .
    Terminò con un profondo respiro il suo discorso per poi tornare ad indietreggiare, tornò nella posizione che lei aveva scelto, che aveva scelto per entrambi, probabilmente si sarebbe sentita più a suo agio in quelle distanze, quindi, perché non farlo?.
    sheet 17 Grifondoro Mangiamorte pensieve
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    L'arroganza era una caratteristica che le era sempre appartenuta; qualcuno, chissà chi, diceva addirittura che l'appellativo arrogante, solitamente utilizzato come un aggettivo da appropriare ad una persona, era invece per i Cooper un semplice e solo sostantivo. Che esagerati, non trovate? Lei infondo non era niente più di ciò che che conosceva e di ciò che le era stato insegnato, che poi per questo risultasse, per l'appunto, arrogante, non era di certo un virtù di cui faceva gran vanto. Nicole credeva fermamente che quella nemmeno fosse la sua caratteristica più peculiare; testarda, forse, spigliata, sagace, arguta, cinica, immatura, magari, ma arrogante no, non era di certo quello il suo difetto più in vista. E allora quello, che diavolo era stato? La sua arroganza aveva trovato una crepa nella diga erta per contenerla? Cosa? Volete forse dire che quell'atto di eccessiva audacia non fosse forse arroganza? E dunque cosa? Stupidità. Sei colma di sagace stoltezza, piccola Nicole. Annaspi alla ricerca di qualcosa che possa muovere le piatte acque della tua monotonia quotidiana e infine cedi nella disperazione di agitarle tuffandotici tu stessa, al loro interno, a capofitto. Non hai pazienza, non sai aspettare. Non sono i guai che ti trovano, Nicole; sei tu che banalmente e con poca modestia, li crei e li modelli. Sei tu l'artefice della tua disfatta, non osare appellarti a difetti o quel che siano. Sei marcia, sei insana. Sei il frutto perfetto dell'albero Cooper. E da quando i Corvonero hanno trovato il coraggio di parlare in tale modo? E soprattutto a persone cui non dovrebbero neanche azzardarsi a guardare in faccia? Larrington eliminò la distanza tra di loro con una grazia tale che il tempo sembrò come fermarsi sotto i suoi passi. Ogni suo gesto scandiva un secondo in cui Nicole non esisteva e non poteva muoversi e in breve, la Corvonero si ritrovò letteralmente premuta contro lo schienale della sedia su cui era stata, sino a quel momento, comodamente seduta. Il volto ora troppo vicino al suo del Grifondoro le aveva mandato in tilt qualsiasi possibilità di comando d'azione da trasmettere al proprio corpo che, come se impostato in funzione automatica ormai completamente fusi i controlli centrali e operativi del cervello, si muoveva all'indietro solo per inerzia. Si allontanava, impercettibilmente, solo per istinto di sopravvivenza. Cooper... Non aveva mai sentito il proprio nome pronunciato a quel modo. C'era qualcosa di strano, nel tono di James Larrington; un misto tra il folle, il sadico, l'oscuro e il.. dolce. Come poteva mai risultare, lui, dolce? Quando le fu a un palmo, davvero solo un palmo, di naso, la Corvonero sapeva bene cos'è che volesse e come si aspettava lei avrebbe reagisse. Lo sapeva fin troppo bene. Ogni respiro di lui che le sfiorava il viso, aveva il sapore della brama. Aspettava solo d'esser nutrito della sua paura. Resisti. Non morde davvero; il grifone è nel suo stemma, ma lui non è un leone se tu non sei preda. Resisti. Ci provò, ci provò davvero, ma persa nelle iridi chiare, profonde e astrusamente, al contempo, scure, dure, fredde e impenetrabili di lui, Nicole dopo molto meno di quanto aveva immaginato poter resistere, finì per poi girar il volto di lato, privandogli di guardarla oltre e privando sé stessa di nutrirlo. Eppure, qualcosa dentro di sé sapeva che avrebbe voluto. L'affascinante mistero del crudele era qualcosa che l'aveva sempre attratta. Cosa succede, esattamente, quando alimenti la bestia che vi è in un uomo? Non ti ho mai vista nella Sala delle Torture, non che io ricordi almeno... Il modo in cui si poneva e la affrontava, la sfacciata consapevolezza di sé che sbandierava come biglietto da visita ad ogni sorriso, l'elegante presunzione di ritenersi migliore dell'altro pur non conoscendo affatto quest'ultimo; James era capace di lasciar trapelare tutto ciò che era già solo dopo pochi istanti passati con lui. Forse l'abitudine al restar troppo tempo rinchiuso in una stanza non più grande di uno sgabuzzino con coetanei agonizzanti mentre lui regnava su di loro con il ruolo di carnefice, aveva così tanto enfatizzato quegli aspetti del suo carattere che questi sfuggivano al suo controllo presentandosi anche senza la sua cosciente volontà. Forse, ma forse no. Infondo Nicole non lo conosceva davvero e non sembrava affatto di volersene preservare il piacere. Non sapevo che tu tenessi così tanto ad incontrarmi privatamente, tanto da voler accelerare questo processo Con il volto ancora rivolto d'un lato e lo sguardo basso, mortificato, che guardava il pavimento senza vederlo, Nicole sentì che il Grifondoro si stava allontanando, seppur muti, i suoi passi, non destavano fastidio né le davano certezza di quello che alla fine, si rese conto, fu solo la sua ennesima vacua speranza. Non si rigirò, dunque. Non voleva correre il rischio. Codarda. Non sentiva di esserne in grado. Inetta. Non avrebbe retto ancora una volta il gioco di tensione in cui lui l'aveva costretta poco prima. Cosa direbbe tuo padre di te, ora? Passarono istanti che, per contro a quanto ebbe provato riguardo il tempo mentre il Grifondoro le si avvicinava, sembrarono anni, poi, respirò. Non aveva mai smesso di farlo, ma in quel momento un respiro tra gli altri le sembrò il primo. Fu lo stesso momento in cui l'espressione atarassica e distaccata che solitamente la contraddistingueva ritornò a stuccarle il viso. Marmorea, bianca e assente; all'interno del suo corpo, quando il suo volto assumeva quella maschera, avresti giurato potesse giacere solo lo spettro di un'anima vitrea. Cosa direbbe tuo padre di te, ora? Codarda. Inetta. Si alzò dal proprio posto e la libertà di spazio in cui poté muoversi confermò che il Grinfondoro, come aveva supposto, non fosse più lì. Alzò lo sguardo - non perchè ebbe scoperto d'esser libera di poterlo fare senza timore - e lo cercò nella stanza, ritrovandolo esattamente dov'era la prima volta che l'ebbe riconosciuto.
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    Non parlò, né beffarda si prese gioco di lui mentre lo raggiungeva. Non emulò nessuno dei suoi atteggiamenti e difatti, molto probabilmente anche il suo passo, rispetto a quello di lui, risultava pesante e sgraziato a vedersi in quella camminata spavalda che aveva intrapreso. Non le importava però. Ella era, in quell'istante, come corpo morto che cammina; totalmente posseduta dalla propria determinazione e come se da questa imperiata, maledetta, per il solo scopo di compiere il suo obiettivo, Nicole camminò spedita fin dinanzi la figura slanciata e impostata del suo sfidante. « Io non sono un agnello, Larrington, e tu non sei un leone. Io sono una persona, come non sono certa lo sia anche tu, e in quanto tale, ho timore di te come ho timore di tutto ciò che è.. pericoloso. » Uno sbuffo di fiato leggero trapelò dalle labbra carnose e dischiuse della Corvonero, che assente, ma impetuosa guardava ora senza remore quegli occhi spaventosi che prima aveva evitato. « Tu credi che avere paura sia la più grande debolezza cui è soggetto un essere umano, non è così? Cerchi quella debolezza negli altri come se per te fosse un piatto prelibato da assaporare e io so perchè. » Mio padre fa lo stesso. Glielo si legge nei sorrisi appena accennati, negli sguardi celati dal disappunto e lo sdegno, quando lo fa. « Quando gli altri provano paura, la loro debolezza accresce la tua forza. E' per questo che sembra tu te ne nutra, perchè di fatto, è così. » La voce di Nicole era piatta; le sue parole erano forti ma il suo tono delicato. Era armoniosa, Nicole Cooper, di forma e sostanza. Non poteva divenir marmo anche se nel marmo stessa s'incaponiva a scolpirsi. Sbattè le palpebre - forse per la prima volta da quando si era parata a pari petto con il Grindoro - ed avanzò un passo. Lei, avanzò un passo verso di lui. Non raggiunse le vertiginose vicinanze che ebbe intrapreso James poc'anzi, ma gli si avvicinò. E con voce ancor più flebile, a fil di labbra, parlò ancora. « Voglio che tu mi insegni com'è che si fa. Com'è che ci si nutre della paura altrui per diventare più forti. Tutti siamo malvagi. Io voglio sapere come sfamare quella malvagità. » E nella seta della sua voce, si aggiunse il ghiaccio.
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    Edited by birdwoman - 19/7/2015, 17:51
     
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  4. James Larrington
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    James Larrington

    Scheda ▼17▼ Grifondoro▼ Mangiamorte ▼ Pensieve

    Se le sue azioni fino a quel momento, per quanto prive di un vero significato e di una vera valenza lo avrebbero di certo condotto al letto, immerso nei pensieri, con l'amarezza però di un giorno sprecato in futili e poco significativi gesti, tali, da essere considerati quasi nuovi alla sua persona, come un tocco di originalità, una ventata d'aria fresca che stava lentamente applicando ad ogni sua giornata, d'improvviso, tutto quello che di diverso vi era stato, venne sconvolto ed azzerato in una manciata di secondi, neanche un giro completo di clessidra, solo pochi, minuscoli e veloci granelli di sabbia.
    A quanto pareva il destino, o per i più scettici, la forza circostanziale e cieca che governava le sorti della Terra non aveva mai avuto in serbo per lui simile piano, e questa piattezza infatti, nuova e disarmante che James Larrington tuttavia stava accogliendo come una ben voluta nuova nascitura, qualcosa persino da cui trarre utilità per la sua vita, ritornò con frenesia ed implacabile impeto, travolgendolo e rigettando il giovane Grifondoro in quella, che ormai, era con il tempo riuscito a definire, come la movimentata e appassionante quanto noiosa e placida, quotidianità.
    Il suo controllo sulle persone era ormai praticamente definito ed indiscutibile, e Nicole Cooper, la giovane Corvonero, con la quale non aveva mai stretto un rapporto, ma che aveva sempre trattato come tutte le altre persone che vedeva a lezione, quindi non era nient'altro come una delle semplici, possibili, prede che sognava portare in Sala delle Torture, lei differenziava solamente per essere portatrice di un cognome che aveva una certa eco sulla Londra babbana, non che questo lo impedisse in qualche modo o gli concedesse clemenza nei suoi confronti.
    Era solo che grazie a quell'aneddoto riusciva a ricordarsi di una Corvonero per il suo nome e cognome, e non aveva identificata quella persona con un "tu", con un "quella" o con un "persona che non è degna neanche del mio sguardo, che inquina con il suo fetido respiro l'ossigeno di Hogwarts e di cui vorrei tanto torturarne anche l'anima", no, Nicole Cooper era quel genere di persona che, anche durante le comuni lezioni, riusciva a destargli un minimo di interessa, qualcosa da tenere sott'occhio, di interessante, capace di rivelare sorprese.
    Eppure, ammirando con soddisfazione e con il suo solito sorriso compiaciuto, la scena che aveva creato, quel sipario si era scansato presto rivelando la scena più comune ai suoi occhi, non riuscì a vedere niente di tanto differente di una comune seduta nella sua tanto preferita stanza che ormai era diventata la sua camera d'albergo più trafficata.
    La ragazza era rimasta incollata su quella sedia, legata da corde invisibili ma strette e salde, e non servì neanche un incantesimo per ottenere quell'effetto, quella non tentò neanche di scappare, si paralizzò alla sola idea di averlo affianco, come la vittima di un interrogatorio, sulla sedia c'era colei costretta al potere sovrano di chi la teneva incatenata, James era invece colui che teneva le redini di quel gioco, ovviamente le sorti di quell'incontro erano già state dettate senza alcuna possibilità di essere cambiate dall'inizio, ma qualsiasi occasione valeva la pena essere vissuta.
    Quando le si avvicinò, tanto da farle sentire il suo respiro, la reazione della giovane, gli mandò in totale estasi le pupille e l'inconfondibile ed acidulo odore di carne tremante gli allargarono le narici e lo lasciarono per un attimo, per il tempo di staccarsi da quel corpo , boccheggiante, con la lingua pronta e alla attenta ricerca di cogliere l'amato sapore di quella tanto pregiata aria che veniva a crearsi attorno a simili situazioni, per poi, con calma ritornare ad una distanza più confortevole.
    Lei non resse il confronto, non vi riuscì, ma come biasimarla d'altronde? Nessuno ci riusciva, e tutti in fondo si rivelavano sempre gli stessi cliché ripetuti in loop, ognuno voleva apparire forte, intaccabile, tutti erano coraggiosi nel parlare e nell'atteggiarsi, ma quando tutto si riconduceva all'atto pratico e quando giungeva il momento di dimostrare veramente chi fossero e di subire, non potevano fare altro che abbassare lo sguardo, indifesi, colpiti ogni volta nella loro parte più vulnerabile.
    Riuscì a scorgere, in quello sguardo basso, in quegli occhi prima sicuri, ora instabili, il terrore e l'impotenza nei suoi confronti, quel viso, così ben curato, da perfetta signorina snob e piena di sé, incorniciato da quella frangetta e da quei capelli che le arrivavano alle spalle, quello splendido viso ormai non era altro che un ammasso di emozioni di cui si compiacque, anche se in fondo, rimanevano semplici lineamenti conquistati, altri da annotare alla lista ormai infinita di James Larrington.
    E poi, ormai lontano, continuò a mantenere la sua posizione, ben sicuro del fatto che mai, quella, sarebbe riuscita a fare un passo in avanti, a meno che non volesse scappare a gambe levate dalla stanza, l'ipotesi più vicina alla soluzione che Larrington aveva in mente per questa ma che di certo avrebbe interrotto quell'interessante appuntamento nemmeno a metà dell'opera, e il Grifondoro era sempre stato così triste di lasciare le cose a metà.
    Ma no, ecco, quel gesto, quella scintilla che rianimò tutto, ancora una volta, Nicole Cooper sembrava volersi staccare da quel branco tanto odiato dal suo carnefice, ancora una volta probabilmente voleva dimostrarsi suo pari, capace di affrontarlo e di tenergli testa, e forse persino di essere accettata.
    La giovane si alzò dalla sua posizione e con visibile fatica e passo scoordinato ma comunque fine e leggiadro agli occhi di James Larrington, un passo sicuramente dettato dall'adrenalina e dall'eccitazione ma che comunque manteneva i connotati della tipica figura che lo stava compiendo, e speditamente, senza farsi neanche troppo attendere, accorciò le distanze, portandosi a pochi passi dal ragazzo.
    Gli occhi iniziarono a stringersi, curiosi e avidi di conoscere e di estrapolare con maniacale attenzione, tutto ciò che la mente della ragazza avesse da dire in quel momento, percepì la forza con cui la Corvonero vomitò, senza lasciarlo parlare, tutto ciò che aveva da dire, che arrivò con pause e riflessioni:-Io non sono un agnello, Larrington, e tu non sei un leone. Io sono una persona, come non sono certa lo sia anche tu, e in quanto tale, ho timore di te come ho timore di tutto ciò che è.. pericoloso...
    Tu credi che avere paura sia la più grande debolezza cui è soggetto un essere umano, non è così? Cerchi quella debolezza negli altri come se per te fosse un piatto prelibato da assaporare e io so perchè...
    Quando gli altri provano paura, la loro debolezza accresce la tua forza. E' per questo che sembra tu te ne nutra, perchè di fatto, è così.
    .
    Poi facendo un passo in avanti, con una voce forte, mista a paura ed una furiosa quanto consapevole curiosità, terminò facendosi coraggio:- Voglio che tu mi insegni com'è che si fa. Com'è che ci si nutre della paura altrui per diventare più forti. Tutti siamo malvagi. Io voglio sapere come sfamare quella malvagità.-.
    Per tutto il tempo, James non riuscì a togliere lo sguardo da quella ragazza, non per il semplice fatto che doveva continuare a ricordarle che i suoi occhi erano più forti dei suoi ma per l'estrema attenzione che le sue parole risvegliarono in lui, le giudicò interessanti, e meritanti di una risposta.
    Accennò prima ad un ghigno, e poi allargando le palpebre decise di rispondere alle sue parole, non spostandosi di un solo centimetro dalla nuova posizione che aveva creato la studentessa:-Ooooh, ti sbagli alla grande, mia cara, io sono leone tanto quanto tu sei agnello, e il non essertene ancora accorta mi rende un predatore ancora più astuto-, sorrise ancora più apertamente per poi continuare:-Mi lusinghi, Cooper-, marchiò ancora una volta il suo cognome, come se fosse una maledizione averlo, come un peccato, come a dire che ormai era segnata.
    Poi, abbassando la testa e scuotendola in segno di approvazione lasciando che una piccola risata riuscisse a scostare un ciuffo di capelli portandolo davanti il suo occhio destro, riportando il ribelle al suo posto e ricomponendo la sua fronte libera, tornò a parlare:-Come darti torto? Gli esseri umani non sanno fare nient'altro di meglio nella loro vita che avere paura, è qualcosa che non possono combattere che non possono governare, e si.... fece una piccola pausa, mentre ora con sguardo perso e con voce ferma, rispose:-Mi piace crearla, mi piace nutrirmene, ma non per mero opportunismo, tutti in un modo o nell'altro, hanno bisogno di James Larrington...-, pronunciò quelle ultime parole con orgoglio, quasi come se egli fosse uno dei tanti rimedi da propinare ad un paziente, senza dubbio uno dei migliori.
    Ritornò poi al suo solito sorriso e riportando lo sguardo ai suoi occhi:-E tu mi stai chiedendo di poter diventare come me, mi chiedi di insegnarti cos'è la malvagità...-, le sue labbra iniziarono a tremare, prima con leggeri scatti, poi sempre più velocemente condizionando anche il movimento degli occhi, quando non riuscì a contenere quegli che erano diventati quasi come degli spasmi, James Larrington scoppiò a ridere fragorosamente, sbattendo con vigore le mani sulle ginocchia per tentare di controllare quella malefica risata che aveva innescato e mano a mano allontanandosi da Nicole, distanziandola di parecchi passi.
    Quando l'ebbe oramai alle spalle, controllò i suoi gesti, e tornando serio nel giro di pochi secondi, si girò di scatto verso di lei, con occhi iniettati di sangue, alzò il tono della voce, con palese cattiveria e con le labbra accartocciate per il disgusto pronunciò un :-TU...-, le puntò l'indice della mano destra contro, alzando il braccio, e poi abbassandolo creò la sua frase, con lo stesso tono:-Pensi che tutto questo sia un gioco vero? Che scovare la malvagità in ognuno di noi sia possibile anche per una ragazzina senza rispetto, vero?? Ma cos'è per te la malvagità?-.
    Si fermò per un attimo, quasi ansimante, e con passo lento e costante si incamminò di nuovo verso di lei, iniziando anche a gesticolare con le braccia, con voce adesso carica di rancore e al limite di quello che poteva essere definito urlare:-Significa raccogliere da terra, il fetido corpo esanime, di un perfetto sconosciuto, o meglio, del tuo migliore amico, stramazzato a terra privo di forze e privo di un qualsiasi tipo di possibilità o respiro dal poter pronunciare un "basta", e sollevarlo, tenendolo fermo, premendo la tua carne alla sua per bloccarle contro, affinché qualcun altro, o tu stessa possa dargli la punizione che era rimasta, prima che questo se la svignasse, senza più forze, piangente, al suolo? Mentre il suo nauseabondo ed appiccicoso sangue macchia in ogni parte il tuo corpo, colpevole, ed ormai insensibile, marchiandolo a vita, e non staccandosi dalla tua pelle neanche dopo un lavaggio completo?-, non si fermò, non riusciva a fermarsi, come non riusciva a fermare il suo lento camminare verso di questa:-Significa dimenticarsi del volto dei propri genitori, dei propri parenti, dei propri fratelli, che ormai disgustati dello scarto umano in cui ti sei trasformata, non riescono neanche a mantenere un contatto visivo con te per qualche secondo, per poi sprofondare nella più meschina ed addolorata vergogna? Dimenticandoti per sempre di cosa significa avere una famiglia ed essere disposta persino a sacrificarla per il raggiungimento più totale dei tuoi obiettivi... E così avere solo un lontano e vago ricordo del vero significato della parola abbraccio o affetto?... -, pronunciò quelle parole con ancora più rabbia, sperando di non darlo a vedere, dato che queste lo interessavano in prima persona, e in qualche modo lo ferivano.
    Con sempre meno distanza dalla ragazza:-O per caso significa vivere la tua intera vita in solitudine?.
    Creare legami profondi con persone che il giorno dopo te le ritrovi lì, dietro la tua schiena, con un coltello appena limato a segnare profondamente la tua carne, sghignazzando di esserci riuscite così facilmente? Comprendendo che niente e nessuno, può contenere un tuo più profondo segreto se non il tuo specchio e talvolta dubitare anche di esso stesso?
    -.
    Le fu di nuovo ad un palmo, e con la bocca semi aperta, mostrando i denti serrati e digrignati contro di lei:-Dimmi, Nicole Cooper, quanto di quello che ho appena detto sei disposta ad accettare? Quanto hai intenzione di perdere e quanto di imparare?-, poi tornando quasi alla calma, mollando la mascella, e prendendo un grande respiro con il naso, pronunciò spezzando la parola in vari respiri:-Dimostramelo...-.
    La guardò ancora una volta intensamente, non riusciva a spezzare quel contatto visivo, e si sentì pronto, quasi le stava offrendo il suo corpo per un rituale.
    Ma non si aspettava che questa lo seguisse, seguire Larrington, sempre ammettendo che gliene stesse concedendo la vera opportunità, era come seguire una serie di strade, strade contorte, strade pericolose, seguire James era come seguire strade perdute.
    It's always funny until someone gets hurt. Then it's just hilarious
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    Aveva pensato di poter conoscere quel ragazzo perché nella sua visione dell'insieme lui era un cattivo come lo erano ormai in tanti e perché scioccamente non credeva né sapeva di poter provare più timore di quello che già in quel momento le stava lentamente annichilendo ogni difesa, volontà e determinazione, ma sbagliava. James Larrington, a conti fatti, era molto più di quello che lei non osava neppure immaginare. Ebbene dunque svelato l'arcano: a quanto pare bisognava davvero essere meritevoli per entrare nella sala torture come carnefici e non come vittime. Sempre che merito si possa chiamare la furia di un folle che che di puro in sé ha a stento il sangue. TU.. Pensi che tutto questo sia un gioco vero? Che scovare la malvagità in ognuno di noi sia possibile anche per una ragazzina senza rispetto, vero?? Ma cos'è per te la malvagità? Quel ragazzo le ricordava in maniera impressionante la rabbia di suo padre; era spietato, famelico e non troppo velatamente carico di rancore e di sadico sdegno. Impercettibilmente, senza nemmeno rendersene conto, a ogni parola del Grifondoro Nicole indietreggiò appena, quasi come se le parole di lui riuscissero in qualche modo a spingerla via con la foga con il quale venivano liberate. Ogni parola da lui proferita sembrava lacerarla dall'interno; la sofferenza e l'ira di ciò di cui parlava parevano esser vivi quasi quanto lo erano loro, in quel momento. Gli occhi di lui erano iniettati di funesto ardore e odio, il suo sorriso affinato era l'emblema trionfante del suo disprezzo e del disgusto che sembrava provare guardandola mentre le elargiva quelle che, solo in un secondo momento, Nicole capì essere le sue reali esperienze di vita. L'indietreggiare della Corvonero continuò finchè una sedia non si interpose tra lei e il suo proseguo, e aggrappandosi ad essa con entrambe la mani dietro la schiena, contro qualsiasi volontà recognita e non, ella dovette fermarsi mentre lui continuava ad avvicinarsi e le sue parole, a schiaffeggiarla in pieno viso. Sembrò un monologo durare anni, il suo, un flusso di coscienza e di rancore che non voleva aver fine, ma la ebbe, anche se ormai troppo tardi. Incastrata in quella situazione a lei ingestibile, con un soggetto da lei sin troppo temuto, con dei toni da lei mai uditi prima e con quella crescente e incalzante agonia che ad ogni respiro esalato minacciava di farla cadere al suolo come neve sciolta al sole, Nicole rigò il proprio volto con un unica, quasi invisibile, lacrima, ma mai osò spezzare quella corda che legava i loro sguardi. Mai. Dimmi, Nicole Cooper, quanto di quello che ho appena detto sei disposta ad accettare? Quanto hai intenzione di perdere e quanto di imparare? Si sentiva oppressa, tutto il suo corpo risentiva della pressione al quale quell'incontro l'aveva sottoposta; ogni muscolo del suo corpo era teso tanto da farle male, le unghie si erano ormai incastrate nel legno della sedia e i suoi occhi, ostinati a non sbatter mai le palpebre per non perder di vista neanche un secondo il giovane Larrington, erano rossi e gonfi e non solo per il flebile pianto che l'aveva percossa poco prima. Non ti dirò che a giocar con il fuoco alla fine ti bruci, Nicole, perchè non è con il fuoco che questa volta hai deciso di giocare. Non ti dirò che esser stupidi e irragionevoli alla fine paga, perché i gesti stupidi e irragionevoli, in vero, chiedon sempre una tangente. Non ti dirò che hai sbagliato. Ti dirò solo che ora non puoi continuare a farlo. Dimostramelo. « i-i-io.. » la sua voce uscì fioca, debole come lo era la luce della luna sopra di loro coperta da nubi e oscurità. Non era la voce decisa con cui la Corvonero ebbe iniziato quella sfida, non lo era affatto. Si era ritrasformata nella giovane che tiene il capo chino difronte ciò che teme, era ritornata la remissiva ragazzetta che tutto pensa di sapere e niente in realtà conosce per davvero. Era tornata ad esser debole. Era tornata ad esser pietanza servita per soddisfare la gola di James Larrington. tumblr_navj12QpMf1ry3tn5o8_250« non capisco cos'è che vuoi che faccia, i-io.. » La sua richiesta non era poi così sottile; James voleva essere torturato. Voleva che lei si dimostrasse capace di agire con quella malvagità di cui si permetteva millantare. Era chiaro, solo che non era facile, non per lei. « ..sono disposta a perdere tutto ciò che è necessario, ma non ho nulla e-e..» Nulla da perdere. Queste sono le parole di qualcuno che ha in realtà tutto da perdere, Nicole. Cos'è il tuo tutto? L'umanità che ti differenzia da tua padre o la speranza di poter essere ancora più diversa da lui? Di essere buona. Cos'è che non vuoi perdere, davvero? Gli occhi della giovane Cooper erano lucidi, ma fermi. Concedendosi il lusso, almeno per una volta, di sbatter fulmineamente le palpebre, Nicole concesse anche che ancora un'altra lacrima le solcasse il viso. Non era mai stata arrabbiata, lei. Neanche quando il padre l'aveva sottoposta a qualcosa che una bambina non dovrebbe nemmeno conoscere, come un suggello mortale o il segreto che celava i come e i perchè della morte di una persona cara. Lei non aveva mai provato rabbia, neppure in quei momenti. Era rancorosa, ma non provava odio né così tanta rabbia da poter trascendere in ira. Ora invece si trovava faccia a faccia con chi l'ira sembrava incarnarla, con chi le chiedeva a gran voce, scuotendola con la sola forza dello sguardo, affinchè lei cacciasse fuori la sua. E se lei ne era sprovvista? Si può esser sprovvisti di rabbia? Se metti insieme più elementi rancorosi puoi creare la rabbia, è vero, ma l'ira? Per quella non servono più elementi rabbiosi, invece? Iniziava a delirare, alla ricerca inconscia di qualcosa nella sua mente che potesse aiutarla a trovare un escamotage o un modo per soddisfare la bestia che lei stessa era andata a risvegliare azzardandosi fin dentro la sua tana. « ..non è te che voglio colpire, non potrei, non riuscirei.. » Quella sedia alle sue spalle iniziava ad esser più leggera; era un ostacolo che poteva arginare, ma solo ora ne prendeva coscienza. Si stava lentamente sbloccando dalla morsa della paura, forse? Con la mano destra sollevò la sedia a qualche centimetro dal suolo e la spostò al suo fianco, permettendosi così di poter indietreggiare ancora. No, chi non teme il proprio avversario non ha l'ardore per spostare gli ostacoli che li separa da questi, ma per avanzare. Nicole non era coraggiosa, era solo spavalda nel suo non ammetterlo. I pensieri nella sua mente si affollavano e accavallavano tra di loro, non vi era alcuna lucidità in nessuna delle possibili frasi elaborate da enunciare al Grifondoro, Nicole lo sapeva come sapeva che poco era il tempo per metterne comunque insieme una da tramutare in voce. Cos'è che temi di più perdere? La stabilità. La sicurezza. Il mio mondo, la mia culla, la mia casa.. il mio nome. Chi è che può portartelo via? « mio fratello. » Non lo aveva ancora mai detto ad alta voce. Fu strano, fu come prendere la scossa, fu come risvegliarsi dopo aver dormito per giorni, fu come una pugnalata che invece di stenderti ti riempie di adrenalina per proseguire la lotta. Disse a voce alta una sola parola, un solo appellativo e mille cose attorno a lei sembrarono già cambiare. « è lui che voglio morto. » Le lacrime inesplose nei suoi occhi si asciugarono, le palpebre calarono e quando il sipario si riaprì, le iridi verde bosco della Corvonero erano diventate dello stesso colore dell'odio. Voglio perdere l'unica cosa che ho timore di poter amare, un giorno.
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    Edited by birdwoman - 19/7/2015, 17:50
     
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  6. James Larrington
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    tumblr_lx8gs7Z4UH1r8jnheo1_r1_500

    James Larrington

    Scheda ▼17 ▼ Grifondoro ▼ Mangiamorte ▼ Pensieve

    La luce venne meno, strano che per quanto il fievole bagliore delle stelle non fosse granché d'aiuto, il cielo non riuscisse a competere con la potenza incombente dell'oscurità, e per quanto quelle due forze dovessero lottare ed essere complici assieme in un circolo infinito di pace e stabilità, in quel momento sembrò proprio che le sue parole avessero fatto calare il nero assoluto attorno a loro, che persino le piccole e gioiose luci non riuscissero a venire a galla dalla potenza che emanava la loro altra parte, quella che poteva essere definitiva la loro "altra faccia della medaglia", la loro nemesi, il loro miglior nemico, ed assieme il loro più fedele compagno, la loro ombra, al momento, era più forte.
    Non che questo gli creasse problemi di qualche genere , James Larrington vi si sentiva affine, pur in fondo non essendo a conoscenza del suo lato.
    Troppo tempo gli serviva ancora per riuscire a comprenderlo appieno; era veramente, come si diceva in giro, un reietto dell'oscurità, uno dei suoi servi più astuti, feroci e fedeli, che questa riuscisse a contare nella sua ampia schiera?.
    O in fondo, senza che nessuno riuscisse ad accorgersene, quella luce aveva reso il mondo cieco ed incapace di ammirare uno dei suoi più ammirevoli servitori?.
    Una cosa, alla fine di tutto questo era certa, non voleva stare nel mezzo, perché per quanto la teoria dello yin e yang lo attirasse, non era stato creato per quello, egli non desiderava equilibrio, era nato per distruggere tutto quello, per fare a brandelli tutta quella manfrina che veniva recitata ogni volta che si tentava ad enunciare un qualcosa che poteva avvicinarsi alla visione filosofica del mondo, l'equità, il non schierarsi, era stupido, debole e persino più marcio di quanto non lo fosse lo stare da una precisa parte e divenire schiavi di essa, per quanto quella poteva essere definita la sbagliata.
    Larrington si definiva una razza rara di quel mondo, non aveva paura se non della paura stessa, ed interpretandola al meglio, quale essere al mondo più di lui poteva comprendere questo sottile concetto?.
    Con regolare andamento, la stanza si trasformò, da un pacifico osservatorio, che se pur inutile di utilizzo in quel povero spettacolo che quella sera era il cielo, poteva essere sempre definito come un luogo pacifico, tornò ad essere il suo habitat preferito, il posto in cui egli si sentiva finalmente a casa e pienamente ospitato, fanculo quello stupido passaggio e quel dormitorio pieno di gente incomprensibile, egli era felice del fatto che rimanere con un giusto e ricercato numero di persone che potevano contarsi sulla punta delle dita, o persino in solitudine, fosse meglio di quello scempio, la sala delle torture era un gran bel posto, e non faticava a capire quale fosse la motivazione secondo la quale fosse lui, uno dei pochi padroni e governanti.
    Le forti sedie presenti divennero le marce ed insanguinate costruzioni dell'altro luogo, i muri alti ed ampi, mutarono nel piccolo ed inospitale cerchio in cui tutti erano intrappolati in claustrofobia, non vi erano armi o lame, o almeno non fisicamente, le sue parole scalfivano l'aria e tagliavano, ad ogni passo, ad ogni respiro, ad ogni inclinazione delle sue labbra, il viso che ormai avrebbe dovuto essere sfigurato della giovane che aveva di fronte a sé. Era un grande esperto persino di tortura psicologica, ma quella sera, quella ragazza, stavano sicuramente facendo uscire il meglio dal giovane , la linea gamma dei suoi accurati servizi di trattamento disponibili, se fosse stato possibile avrebbe voluto persino tenere una lezione ai posteri, perché ricordassero di cosa era capace James Larrington e di quanto nessuno poteva tenergli testa nelle sue abilità migliori.
    Si compiacque del fatto che la sua lingua era ormai più acuminata di un qualsiasi coltello, capace di strappare più pelle di una qualsiasi frusta e in grado di far soffrire più di una qualsiasi tortura, e come qualsiasi cosa che faceva, tutto giungeva all'esterno così spontaneo, buttava all'infuori qualsiasi cosa che fosse per lui vera personale e che scaturisse dalle sue esperienze, Larrington recitava davanti ad uno specchio come i migliori attori sapevano fare, e la sua parte era convincente, neanche un filo di falsità riusciva a trapelare, non c'era.
    Tutto avvenne velocemente, quell'incontro non era stato pensato per un escalation troppo lenta e graduale, ma per un veloce confronto, come se fosse una gara di velocità, uno scatto, serviva solo quello per decretare il vincitore, ed ovviamente al momento, ma di certo non era così convinto che la situazione sarebbe mutata, quello in testa era lui, e Nicole Cooper, la povera vittima capitata secondo un destino fin troppo crudele al suo cospetto, non poteva far altro che subire quella tortura, tortura che ancora una volta, immaginò essere ben più pesante di tante chiazze di sangue che sarebbero potute cadere a terra dal suo corpo.
    Il suo sguardo sempre vigile ed attente al persino più impercettibile movimento della ragazza non riuscì a non notare con orgoglio, quelle piccole gocce d'acqua cristallina, pura, ma non pura quanto la persona che le stava versando, quanto non puro era persino egli stesso, che i vitrei ed ormai gonfi occhi di Nicole Cooper stavano lasciando scivolare via, abbandonandole come sfogo e come magro contenimento alla più totale disperazione. Ma per quanto la spavalderia iniziale la stavano accomunando ad un qualsiasi fuoco di paglia di un qualsiasi inetto abitante che quel posto riusciva a contenere al suo interno, doveva ammettere che in fondo, per quanto stava accogliendo quella constatazione si con orgoglio del suo operato ma anche con un velo di rammarico e con una curiosità sempre crescente, quella ragazza non era così simile agli altri, era differente, e per questo, giusto un poco, riusciva persino ad invidiarla rispetto a quella inutile ed infinita marea che lo circondava.
    Non era da tutti versare lacrime, non era da tutti riuscire nel difficile intento di non aver alcuna paura nel sfogare le proprie emozioni e di contenere la disperazione, erano tanti quelli che non lo facevano, in tanti alla presenza di Larrington e messi alle strette dalle sue feroci torture gridavano, si disperavano, lo insultavano e credendo, così stupidamente, di essere forti, di riuscire a resistere a quello che stava loro accadendo, non versavano lacrime, come se il non farlo davanti alla sua persona ma in solitudine, servisse loro a qualcosa o che magari riuscivano nell'intento di non regalargli altre soddisfazioni. Stolti. Davvero non riuscivano a capire che l'intento ultimo di James Larrington era anche quello di svelare la più profonda e celata parte della loro anima, e nutrirsene, e a lui piacevano le anime povere, le anime deboli, perché così poteva liberarsi più alla svelta del loro fastidioso peso, o meglio, riuscire a fare ancora meglio una volta che ci sarebbe stata l'occasione di un secondo incontro, e lo faceva per il mondo intero sia chiaro, non per mera soddisfazione.
    Nicole Cooper dovette trovare un'ancora nel freddo legno della sedia che l'aveva ospitata, si fece forza per tentare di non crollare rovinosamente al suolo, spinta all'indietro da quell'onda d'urto che si erano rivelate le parole del Grifondoro.
    Attese, ansimante dallo sforzo che la sua compagna riuscisse a trovare la forza o qualche idea per rispondere a ciò che Larrington le stava chiedendo con tanto ardore, le servì non poco secondo i suoi gusti per cercare una soluzione, ma non gliene diede una colpa così elevata, non argomentò più di tanto sul fatto che l'aveva messa in difficoltà, preda, cacciatore, lei si sbagliava in pieno, e gliene diede una grande prova.
    -non capisco cos'è che vuoi che faccia, i-io.. ..sono disposta a perdere tutto ciò che è necessario, ma non ho nulla e-e..-, con voce tremante ed incerta come se quello fosse ormai divenuto un interrogatorio che le fosse costato la vita se non avesse risposto correttamente, furono quelle le parole con le quali Nicole Cooper decise di rispondere.
    Sorrise, mentre lentamente abbassò lo sguardo, quasi deluso, e soffiando più forte che poteva per cercare di contenere un'altra risata che stava venendo fuori spontaneamente, quella incertezza, diceva di non essere riuscito a comprenderlo, eppure neanche lui adesso riusciva a capire cosa stava cercando la ragazza, insomma, James Larrington le faceva davvero così paura?.
    Arretrò anch'esso, era il momento di lasciarla respirare, di mollare la presa,cuccia Larrington,non fare il cattivo Larrington, la tua presenza basta ed avanza per avere sotto controllo questa situazione.
    La ragazza lasciò scivolare un'altra lacrima per poi ricomporsi ed infine pronunciare quelle parole, quelle parole che attirarono molto l'attenzione di James, -mio fratello. è lui che voglio morto-.
    Come poteva Nicole Cooper avere dei pensieri simili? Per quale motivo era tante volte considerato egli lo storpio disgraziato di quella società, quando in realtà, persino nelle persone apparentemente innocenti ed innocue poteva nascondersi un mostro?.
    Non riusciva a capire il senso di quella frase, non si può desiderare la morte di una persona così cara, non si poteva rifiutare e desiderare la sofferenza del sangue del proprio sangue, non poteva, non gli era concesso.
    Sorrise iniziando a guardarla quasi disgustato e lasciandosi scappare adesso, una risata smorzata, quasi a prenderla in giro e a deridere quell'affermazione che suonava così stupida e banale ma pronunciata così seriamente, era seriamente disposta a quello per abbandonarsi e lasciarsi andare ad un comportamento così oscuro?.
    Quella violenza avrebbe spaventato la maggior parte della gente che avrebbe ritenuto folle tali azioni, ma lui non ne fu tanto scandalizzato, tuttavia ne fu turbato.
    Guardò a terra, mentre con la mano destra, accarezzandosi la fronte, scostò all'indietro i suoi ciuffi che lentamente si stavano portando davanti i suoi occhi, alzò lentamente il capo scrutando la giovane con occhi furiosi.
    Deglutì e passò la mano della lingua sul suo labbro inferiore per inumidirlo, un gesto spontaneo, spostò la testa di un lato cercando di capire se la Corvonero non si stesse prendendo gioco di lui, ma a quanto pare le sue intenzioni erano serie.
    -Nicole Cooper-, sputò quel nome per poi fermarsi per riprendere fiato, come se soltanto quelle parole gli fossero costate gran parte del suo fiato, avanzò di qualche passo rimanendo comunque a debita distanza: -Stai vaneggiando Nicole Cooper... Potresti considerarla una maledizione quella di avermi incontrato qui, stasera, a quanto pare nella Sala delle torture sarebbe persino andata meglio..., scosse la testa in disapprovazione, continuò parlando in modo chiaro e con un'aria quasi strafottente:-Non riusciresti mai a sopportare tale peso, non... Tu non sei la persona adatta a questo..., respirò:-Se speri di riuscire ad impietosirmi o a convincermi...-, mosse la testa e le labbra continuando con la mimica facciale quella frase, per lei non c'era speranza.
    Impiegò ancora un attimo di riflessione, tirò fuori dalla tasca la sigaretta che precedentemente aveva spento e la strinse tra le labbra, assaporandone il sapore amaro e rancido che solo una sigaretta spenta riusciva a regalare, si avvicinò spostandosi tuttavia sul suo lato sinistro.
    Poi strinse nella mano destra l'involucro di tabacco e gesticolando con essa continuò a rispondere:-Ma se sei davvero convinta che questa sia la tua strada da percorrere, non sono certo io colui in grado di fermarti, ma se ti aspetti veramente un aiuto da parte di James Larrington... Qui ti sbagli di grosso..., la guardò serio questa volta, e parlò lentamente:-A te piace parlare Nicole Cooper, considerare, riflettere su quello che potrebbe essere il tuo futuro, io odio farlo... Tieniti tutto questo per te, conservalo come un'arma, come ultima speranza in momenti di necessità, scatena la tua ira sopita, ma non avere dubbi su quello che sto per dirti..., bloccò lo sguardo fissando ancora più intensamente gli occhi sulla giovane, poi parlò con rassegnazione e con calma disarmante:-Sarà questo che porterà alla tua disfatta.-.
    Con un ghigno e con un altra leggera risata soddisfatta e maniaca si allontanò di qualche passo dalla giovane, ripose la sigaretta, decidendo di non accenderla, e poi, con un voce ferita:-E fidati... Non sai cosa significa perdere un fratello...-.
    Aveva invidiato le lacrime della ragazza, e quelle parole non fecero altro che complicare anche la sua situazione, ricordava l'ultima volta che aveva pianto, era stato doloroso, persino per una persona come lui, non riusciva a capire quale astio folle fosse riuscito a parlare per lei di quel suo apparente desiderio, lo ricordava bene, l'ultima volta che i suoi occhi avevano avuto il lusso di piangere fu proprio quando, dopo averlo finalmente incontrato, suo fratello morì, o almeno era quella la soluzione giusta per entrambi.
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    Nicole, in vita sua, aveva avuto poche, pochissime occasioni per provar davvero collera; ormai abituata e serena nel suo crogiolarsi in risentimenti per scelte mai prese e nel rancore di privazioni infantili, futili e puerili, ma talvolta necessarie alla crescita, Nicole mai aveva avuto un vero e proprio motivo per arrabbiarsi sino al limite dell'ira. Suo padre era, d'altronde, un uomo severo e seppur la sua vita fosse stata sì, agiata, era sta allo stesso modo anche colma di qualsivoglia limitazione riguardo questo o quello; Nicole dunque, in sintesi, era a conoscenza del fatto che molte e forse troppe esperienze correlate anche di sentimenti o di emozioni più o meno forti e più o meno intense, le erano venute a mancare nel corso del suo vissuto, che, sino ad allora, decretava fosse stato tale per certo solo a metà. E' come se avesse da sempre, sempre usato il proprio corpo, il proprio potenziale umano, solo al settanta, forse ottanta per cento delle sue possibilità. Nella sfilza delle lacune d'emozioni mai provate dalla Corvonero, vi era, per l'appunto, anche l'ira: l'accecante bieco desiderio di urlare a squarciagola inveendo con foga contro qualcuno o qualcosa, la folle e funesta disperazione carica di pensieri all'occorrenza violenti e, o sadici. Nicole Cooper non aveva mai provato nulla di simile.. sino ad allora. L'aria superiore ed il tono sprezzante che il Grifondoro dinanzi a lei usava nei suoi confronti inizialmente avevan solo solleticato il suo fastidio, ma più egli parlava più questo diveniva forte, mutava, si evolveva e trasformava il proprio desiderio di farlo tacere in un fuoco con cui volerlo veder bruciare. La Corvonero, per certo, peccava di quel coraggio che alle volte solo ai più folli è attribuito; quello che ti fa compiere gesti irrazionali ed affrontare il pericolo, non curante, a testa alta convinto di poterlo abbattere o combattere. La Corvonero, per certo, non peccava però allo stesso modo di caparbia; tutto ciò che ella portava dal mondo delle idee al mondo reale con la parola, con la voce, con la sua voce, diveniva per lei in quel modo un istantaneo dogma da eseguire con perseveranza e ostinata determinazione. "mio fratello, è lui che voglio morto." Non esistevano se, forse o ma, quando proferiva ciò che decideva far diventare una fantasia, pura e concreta realtà. E James Larrington non poteva prendersi gioco delle sue intenzioni, le uniche che la rendevano un essere umano completo di qualcosa all'infuori di quel vano bagaglio di vita tagliato a metà che si portava dietro da sedici anni. James Larrington non poteva, così come non poteva Russell. Ma entrambe, anche a breve distanza l'uno dall'altro, l'ebbero fatto o lo stavan compiendo. Questo, finalmente, accese l'ira altrimenti mai sfiorata che dimorava nell'animo in apparenza pacato e garbato di Nicole Cooper. Questo, finalmente, la fece incazzare. Non riusciresti mai a sopportare tale peso, non... Tu non sei la persona adatta a questo...-Se speri di riuscire ad impietosirmi o a convincermi.. Lei se n'era uscita di soppiatto con una verità più grande di quanto sapeva essere quando questa era solo una fantasia e il suo interlocutore, ora, non poteva di certo cavarselo con sprezzante sufficienza. Non poteva mica denigrare così, la sua sicurezza. Non poteva calpestare così la sua fiducia.

    (nb: da questo punto in poi il post segue uno stile di scrittura diverso, quasi fosse un flusso di coscienza del narratore/player invece di seguire il narratore onniscente di sempre. Perchè sono pazza, sì, ma anche perchè a conti fatti è la stessa Nicole a seguire un flusso di coscienza senza senso mentre James le parla.)

    Mica lo puoi decidere a chi dare la tua fiducia. È un istinto primordiale quello di fidarsi del prossimo, un istinto che è nato a braccetto con il bisogno fisiologico. Perché un pó è fisiologico pure quello. Quando ti fidi ti pulisci, ti liberi, ti sgravi. Passi un pò di te all'altro e ti senti meno pesante, roba che manco la dieta dukan del mangia gorgonzola di turno. Tu tu fidi e sei più magro e più magro, sei più felice. C'ha una roba strana questo meccanismo, ma è così che va. Il punto però, il nocciolo di tutta questa cazzata della fiducia sta nel quando il suo esito diventa disastroso e pessimo. Quando va male com'è che fai? a chi la dai la colpa? Ah perché la colpa la devi dare, sì, sempre è sacrosanto. 'Sto fatto della colpa crea sempre un casino inenarrabile, perché tu stai lì a struggerti, a sbrogliare pergamene piene di nomi per sceglierne uno che non sia il tuo. Perchè non sia mai sia il tuo, apriti cielo. "E mica l'ho scelto io, di chi fidarmi." E mica c'avresti torto. C'ha questa cosa strana del l'istinto alla fine è l'istinto mica lo controlli. Come la pipì. Mica la controlli. A furia di bere prima o poi scappa. La fiducia è così. A furia di tacere storie che andrebbero raccontate alla fine stralipi e se non ti sfoghi, se non ti fidi, rischi di crollare a terra insieme al barilotto pieno delle tue chiacchiere a centinaia. E questo è solo per le chiacchiere, figuriamoci se devi fidarti di qualcuno per una commissione o qualcosa di più intimo. Di metafore c'è n'è per tutti i gusti, ma va a finire che 'sta storia poi non arrivo mai a concludervela. Insomma, la questione è questa: Nicole, è ormai cosa risaputa, è una secchiona. Una bimbetta dispotica che aveva ottenuto dalla vita tutto quello che nemmeno aveva mai pensato o che aveva pensato ma che non era nemmeno arrivata a dire. Essì, perché è così funziona con i bimbi viziati; mica aspettai che siano loro ad esprimere un desiderio, macchè! Se un bambino vuoi viziarlo a dovere devi dargli quello che lui non era ancora arrivato a pensare, per forza. "Mi fanno male i piedi" tu, ad un'affermazione del genere di un bambino viziato, tu genitore del bambino viziato, mica glielo dai il tempo di fare due più due. Tu, genitore, con troppa esperienza alle spalle, troppa più del tuo moccioso, mica ti fai battere sul colpo. Poi al moccioso gli vuoi un bene dell'anima e mica puoi lasciarlo come un baccalà a raccapezzarsi per trovare una soluzione facile al suo male. Allora, se tieni la possibilità - e se parliamo di genitori che viziano i figli la possibilità ce l'ha eccome; sono quelli, solo quelli, gli unici che possono permettersi i lussi, tra cui quello dell'abbindolarsi il figlio - l'unica cosa da fare è arrivare al desiderio prima che questo si formi: "Allora ti comprerò un mezzo di trasporto" e puff! Lui manco c'aveva pensato, ma tu puff! Gli hai curato i calli mentre i suoi talloni erano ancora rosei e lisci come quello di un bambino che a terra non c'ha ancora manco posato il culo. Ma che stavo dicendo? Ah, sì, Nicole. Nicole è stata cresciuta così, ebbene si. Porella, direbbero alcuni, quelli stolti che pensano che il materialismo sia l'ultima spiaggia di un essere umano privo di umanità che vuole ostentare e mostrare quella stessa pur non possedendola. Stolti. Non è vero. Grosvenor Cooper amava sua figlia come non aveva mai amato niente, in vita sua, ma il materialismo lo riteneva essenziale e il suo lusso era il lusso. E lui poteva permetterselo quel lusso, allora perché biasimarlo? C'aveva questo è quello; è raro e ti fa aggrovigliare l'intestino sapere chi che davvero esiste chi ha tutto, ma mi dispiace, è così: esiste, fatevene una ragione. Quindi Grosvenor Cooper si permetteva il lusso di viziare la figlia che amava, perché si e nulla più. Ed è per questo Nicole Cooper ora è capricciosa e arrogante, perché mica tutti sono il suo papà. Ma questa volta stavamo parlando del fatto che sia una secchiona, quindi è di questo che parleremo, altrimenti di questa storia non ne verrò mai a capo per davvero. Nicole è una secchiona e questo non ha niente a che vedere con il lusso o gli sfarzi a lei asserviti con la forza del danaro. È secchiona perché ha paura. Esistono intellettuali - concedetemi di definirla così, d'ora in avanti, perché secchiona ha proprio quel non so che che proprio ti si blocca in gola e ti fa sentire scemo solo a cercare di parlarne - e intellettuali, e in ogni categoria vi sono sottosezioni di ogni sfumatura e variopinto genere. Nicole però, cercando di non trascendere troppo, si potrebbe dire essere un intellettuale cagasotto, una di quelli che vogliono comprendere e si dimenticano di vivere. Ha passato tutta la vita a fare la prima donna con la stizza di poter perdere tutto e avere troppo; tutta la vita all'ombra dell'insufficienza e dell'inadeguatezza. È ora ve lo concedo, sì: porella. Ci dovrebbero mettere un foglio illustrativo, a questo elisir di dolce vita che è l'abbindolarsi un figlio ingraziandoselo e viziandolo all'inverosimile, perché c'è una controindicazione, ma senza foglio delle istruzioni uno come lo sa? Vizi un bambino e alla fine questo diventa adulto con il complesso di dover dimostrare la sua crescita anche quando diventa brizzolato e con le cataratte. Ci sono modi e modi, poi, in cui questi piccoli Peter Pan con il cappello firmato Coco Chanel vorrano dimostrare di non esser più i pulcini di mamma cocca e papà orso, tra questi, quello che scelse di Nicole: acculturarsi, rimpinzarsi di parole scritte su fogli di carta che puzzano di vecchio più di quanto non puzzerà mai lei, anziché di vita vera. Per questo Nicole è una secchiona, o meglio: un intellettuale. Questo per dirvi cosa? Che mica l'ha scelto lei di chi fidarsi. Mica l'ha scelto lei di non arrabbiarsi mai. Mica l'ha scelto lei, chi essere. Nicole è solo una vittima degli eventi, Nicole non sceglie, segue la corrente. Va' che ora il vento butta a nord, va' che il vento ora butta a est. C'è da controllare sempre le previsioni, alla fine, non si sa mai. Buonasera gentili signori, qui il servizio meteo dell'ultima ora in diretta per voi: in questa notte senza stelle si prevedono turbolenze cariche di scosse di finto coraggio e fiducia mal riposta ma attenzione! vi consigliamo di restare a casa perché il tasso di umidità indica che molto probabilmente cadrà rabbia a palate dal cielo, stanotte.

    E fidati... Non sai cosa significa perdere un fratello.. Oh, se solo James Larrington avesse saputo tutta la storia. Ma c'era di tempo per raccontargliela? Ne valeva la pena? Lei, infondo, un fratello non lo aveva mai trovato davvero, il concetto di perderlo le era dunque un tantino privo di significato. E poi lei voleva ucciderlo, mica perderlo. Erano due definizioni diametralmente opposte nella sua accademica e poco umana visione delle cose. Ma davvero, ne valeva la pena parlarne? Voleva godersi la rabbia, non condividere espedienti familiari strazianti per fare a gara con il Grifondoro a chi era il più misero dei due. Aveva vinto in partenza. Insomma, guardatela. Lui almeno aveva un carattere, una personalità, discutibili entrambi si, per l'amor del cielo, ma li aveva. Lei invece era un parassita. Stava lì attaccata a qualsiasi essere da cui potesse succhiar via forza vitale per poterne trarre quella minima che avrebbe poi utilizzato per asservirsi all'inerzia. Che pietà. Anche per questo era arrabbiata. Lui manco lo sapeva, ma la stava umiliando senza umiliarla davvero. Parlava dicendo cose che udite da Nicole prendevano un tono dal sapore amaro; verità camuffate in banalità che si riducevano poi in offese. James Larrington stava facendo tutto quel gran lavoraccio e probabilmente nemmeno lo sapeva. Ma molto più probabilmente era solo Nicole che aveva una testa troppo complessa, pragmatica e paranoica. Chi lo sa. Fatto sta che ora era arrabbiata. Sapete un bimbo viziato che fa? Scalpita, urla e fa i capricci. La forma più matura ed elegante di questo delirio di onnipotenza del Peter Pan griffato ora il Grifondoro avrebbe potuto provarla sulla propria pelle. Nicole scoppiò in una breve risata pura, sincera e dalle fattezze simili a quelle di una spina che si nasconde tra le rose. Una breve risata, nulla di più. Nicole compì con nonchalance quel questo, folle come avrebbe potuto esserlo uno stolto che rideva dinanzi ad una catastofe. tumblr_nk56i5vnlj1qgyarho2_r1_250
    « Anche a te piace parlare, James Larrington. E anche tanto. Tutto questo ciarlare solo per cercare di nascondere il lezzo della tua paura. Oh, ma è stata una notte produttiva, in fin dei conti: non avevo mai visto un leone trasformarsi in un coniglio. » Un bambino, che bambino non è più, che dalla vita ha avuto tutto,sempre e comunque e che si trova poi davanti una negazione bella e buona, cos'è che fa? Un bambino piange, scalpita e urla, sì, ma un non bambino? Si vendica, ecco cosa. Ma poi gira che rigira, la vendetta è un capriccio e il non bambino, nel suo volersi affermare tale, alla fine torna bambino. Valla a capire tu, 'sta storia. Invece che arrabbiata Nicole è finita per impazzire firmando la sua condanna a morte. « Sei solo un debole in preda a sentimentalismi banali e archetipi noiosi. Peccato. » Sprezzante ironia che poi, ironia, mica c'aveva tanto. Perchè mica lo sa, un vero intellettuale, cos'è l'ironia. Essi dubitano della giustezza stessa dell'ironia perchè essa possiede tutta la duttilità che li atterrisce. E allora la impacchettano per bene senza nemmeno toccarla, quella blasfema di ironia, e la fanno diventare con tanto di fiocco e contro fiocco una calunnia che manco a spremerti la immagini. Sono bravi, in questo, i cervelloni. Gli occhi di Nicole iniettavano un livore che manco quelli del conte Ugolino. E se la rideva pure, lei. Lei, sì, che nemmen pareva saperlo che peccato sarebbe probabilmente stata la sua ultima parola e che a braccetto con il conte, forse, di peccati ne avrebbe girati di lì a breve interi gironi. Va' che le previsioni del meteo non sbagliano mai. Eppure il pronostico di quel giorno era stato bello che chiaro, scandito e preciso: attenti alle folate di istinto suicida con scarse probabilità di insuccesso. T'oh, Che sfiga.
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    Edited by birdwoman - 19/7/2015, 17:54
     
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  8. James Larrington
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    « sheet - 17 - Grifondoro - Mangiamorte- pensieve »
    Sentimenti. Fino a qualche tempo prima, James Larrington era convinto che quella parole neanche esistesse sul vocabolario e che se mai ci fosse stata una definizione probabilmente avrebbe visto:non ti riguardano, gira pagina Larrington, cosa c'era di più improduttivo che lasciarsi condizionare da tutti quelli che lo circondavano? Perché a pensarci, un sentimento non può essere pienamente provocato solo e soltanto da sé stessi, c'è bisogno di un tramite, di qualcuno che faccia da interconnessione tra le due parti, e dato che la prima lezione che egli aveva imparato nella vita, quando probabilmente nemmeno a dodici anni era abituato ad ascoltare le parole di ubriaconi e di persone con una disastrata vita alle proprie spalle, era che gli altri non contavano niente, come poteva lasciarsi fregare da quel concetto e come era possibile che probabilmente era l'unico al mondo ad averlo capito?.
    Ed infatti aveva continuato sempre sulla sua strada, convinto del fatto che fosse questo che lo avrebbe reso forte, legarsi solamente a sé stessi non era una maledizione quanto un dono, un regalo ben incartato che consegnava quotidianamente alla sua porta, ovviamente lasciava anche un bigliettino di dedica, come il migliore degli innamorati.
    Si era circondato di odio, di menefreghismo, di persone che lo avrebbero voluto vedere volentieri sotto terra, perché se si pensa solo a se stessi alla fine è così che si finisce per diventare, giusto? Le altre emozioni non gli servivano se non c'era il bisogno di concederle e di concedersi a nessuno, se ogni giorno, il suo primo pensiero era arrivarvi alla fine guardando solamente in avanti non curandosi dei corpi che gli venivano addosso, che gli urtavano la propria contro la sua, e senza neanche chiedere scusa, senza neanche voltarsi, anche se ovviamente neanche lui avrebbe agito di conseguenza, gli passavano oltre, disprezzando la figura che con il tempo aveva faticato a creare.
    Eppure suo fratello... merda, gli dava fastidio questa cosa, non era possibile che una volta uscito da quel locale, una volta che era ritornato ad essere finalmente solo, perché soltanto quei due minuti che aveva concesso al resto del mondo gli erano parsi un'intera vita, avesse davvero continuato a pensare che forse l'odio non era l'unica cosa possibile, che forse gli sarebbe andato anche giù se dopo una vita passata in un modo, ci fosse stato un bagliore di speranza, anche in una persona, solo una, non chiedeva di più, James Larrington non aveva mai chiesto di più, anzi, non aveva mai chiesto niente a nessuno, e per una volta che lo aveva fatto si era ritrovato una porta sbattuta in faccia, bel modo di comportarsi.
    Probabilmente era diventato una macchina carica d'odio, forse non sarebbe stato così, probabilmente sarebbe diventato uno di quei stupidi e felici Grifondoro se solamente non avesse condiviso le sue giornate con persone che gli facevano cambiare idea sempre più per ogni secondo che passava, le sue occasioni le aveva concesse, adesso era arrivato solamente il momento di dimostrare le sue tesi.
    La ragazza che aveva davanti per esempio, come poteva un innocente ragazza rivelarsi un mostro? James aveva visto di tutto, ma quello era anche troppo, egli aveva deciso di spontanea volontà di estraniarsi dalle emozioni secondo le sue precise ragioni, ma non immaginava che nel castello ci fosse qualcun altro in grado di provare tali cose, certo, era possibile in quel mondo, ma in tanti non sarebbero stati capaci nemmeno di pensarlo, e Nicole per quanto si sentisse forte nel dirlo, era una di quei tanti, quindi perché tanto rancore gettato al vuoto, perché quelle parole pronunciato con così tanto astio da sembrare vere, quando in realtà era tutta una messa in scena?.
    L'aveva vista piangere di fronte a lui, disperarsi, scavare nei suoi più sconvenienti e disumani desideri, l'aveva vista tremare dalla paura, vacillare, eppure adesso continuava a guardarlo senza timore, a ridere, ridere in quel modo, quel sorriso fastidioso e sprezzante, come se nulla fosse accaduto, come se fossero tornati all'inizio della conversazione, come se dovesse ancora dimostrare che James Larrington in fondo era uno tra i tanti, le persone erano strane, e poi davano a lui del folle, ma alla fine era lui che veniva schivato da tutti, lui che veniva indicato come il mostro, ma non era un problema, si stava prendendo la sua rivincita lentamente, e torturare, far soffrire, era il suo modo di far capire che in fondo lui era il suo unico e migliore amico, e che senza dubbi, era l'unica persona normale che avesse mai incontrato nella sua vita, ecco perché era da solo.
    Era davvero convinta che uccidere suo fratello l'avrebbe aiutata, e poi davano a lui per pazzo, per insensibile, per arrogante, follia, quel mondo era regolato dalla follia, ne era immerso, anche egli la impersonava, ma nulla a confronto di quello che veniva partorito quotidianamente davanti ai suoi occhi.
    Con lo sguardo carico di disprezzo, fissandola dalla distanza che si era ormai venuta a creare, mosse il capo rivolto verso terra in segno di negazione, come se fosse particolarmente in disappunto con quello che aveva pronunciato, poi le puntò il dito contro, la colpevole era lei:-Cooper, Cooper, Cooper...-, pronunciò quelle parole sempre più lentamente, passando da una voce normale ad una sempre più cupa e disprezzante:-Sai, vorrei vederti al posto mio, vorrei portare te nella sala delle torture...-, alzò lo sguardo verso di lei, e mosse il mento verso l'alto quasi a sfidarla:-Fuggirebbero tutti...-, attorcigliò le labbra per il disgusto:-Avrebbero paura che il solo contatto con la tua pelle possa marchiarli del tuo fetore a vita, sarebbe una vergogna per chiunque lasciare che tu ti prenda gioco di loro...-.
    Poi un sorriso sfacciato, guardò dalla testa ai piedi la ragazza che aveva di fronte a sé, patetico, quel solo pensiero stonava con lei e con qualsiasi altro, si esibì in una breve risatina, faticava ancora a credere nella sua stoltezza, si fece vedere portare la mano prima sul mento e poi al cielo, come dopo essersi fatto venire una grande idea, con aria soddisfatta e con tono dispregiativo:-Ma in fondo sarei felice di aiutarti... Quando vuoi, anche adesso, in fondo per me si tratta di una barzelletta..., si fermò per un secondo e portò le mani in avanti giunte, e poi le distese come a dipingere uno scenario immaginario:-Andrà così... Io prenderò tuo fratello, lo tramortirò, lo legherò ad una sedia nella stanza più buia di un posto remoto e dismesso dove nessuno potrà scovarci...-, continuò la frase con aria sognante, come se quell'evento fosse davvero da lui gradito:-Non avrà possibilità di liberarsi, ne di fuggire, sarà alla tua totale mercé, e poi ci sarai tu ed un vasto arsenale di oggetti adatti al tuo intento, se vuoi puoi chiedermi anche dei consigli, in giro si dice che io sia il migliore nel mio lavoro...-, la guardò poi negli occhi, con sguardo furioso:-Io sarò dietro di te... e salterò di gioia, giuro che lo farò... quando tu, conquistata dalla vergogna verso te stessa ormai, cadrai piangente ai suoi piedi, pregandolo e supplicandolo di perdonarti per la tua inutile esistenza e per il tuo patetico comportamento, e mi chiederai in ginocchio di liberarlo...-, in un crescendo di rabbia, pronunciò quella scala degli eventi, quella realtà che la Corvonero faticava ad accettare tanta la nebbia che affollava la sua mente nello scovare la sua reale natura.
    Si voltò di lato, non distogliendole lo sguardo e quasi stufo di ripeterle la stessa cosa:-Perché andrà così..., inclinò la testa, quasi con dolcezza:Piccola, dolce, Nicole Cooper..., si fermò, con quel sorriso che aveva del paterno, puramente ironico, non la considerava ormai sua pari, ma una piccola bambina che giocava a fare la grande nel mondo dei grandi, che si divertiva e che tentava di stuzzicare James.
    E a quel proposito... nessuno insultava James Larrington, non avrebbe concesso nemmeno a se stesso di farlo, quel gioco doveva finire perché egli non si sarebbe trasformato in uno zimbello, inerme, lasciando che qualcuno gli parlasse in quel modo, si avvicinò a lei, divorando quella distanza con pochi passi, le fu di nuovo vicino, solamente un leggero alito di aria sarebbe riuscito ad infiltrarsi tra i due corpi, abbassò il tono di voce, e molto velocemente, fissandola negli occhi, per capire se avesse ancora la voglia di scherzare con lui:-E finiscila con questa farsa, sai bene con chi stai parlando ed in che modo devi rivolgerti a me... Io sono il diavolo per te, e se tu fossi il diavolo io sarei acqua santa...-, strinse le labbra quasi mordendosele per la rabbia che aveva in corpo, poi continuò sempre più serio e con tono malvagio, facendo rintoccare la lingua sui denti:-Chiedi perdono o prometto che la sala delle torture non sarà più solamente un paragone...-.
    I suoi occhi ormai andavano a fuoco, non c'era neanche un velo di ironia nella parole di James Larrington, tutto aveva un grande peso, non aveva più voglia di giocare, quantomeno di lasciarsi stuzzicare in quel modo becero, raccolse la saliva che aveva in bocca, e voltandosi sul lato destro, alzò la testa per poi farla riscendere velocemente come una frusta, e con disprezzo sputò al suo fianco, sistemando il ciuffo dei suoi capelli che gli arrivò davanti agli occhi una volta che riprese a guardarla in volto, -Io ti disprezzo Nicole Cooper...-, e con quel nome avrebbe voluto intendere qualsiasi persona, qualsiasi.
    James Larrington - no one is catching on or calling my bluff, the devil made me

    © psìche, non copiare.
     
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    Di solito, quando si decide di fare la cosa più stupida presente nel proprio archivio di idee, in realtà, non ci si sta pensando realmente. Non esiste davvero il "pensare e poi fare la cosa più stupida da fare", proprio no. Se fai la cosa più stupida vuol dire che non stai pensando e basta. Altrimenti troppi fattori si interporrebbero per evitarlo, è così che funziona il raziocinio umano. C'è l'istinto, si è vero, ma quello non è stupido. Può sembrarlo, ma non lo è. L'istinto di solito agisce come salvaguardia anche se da spesso adito a istinti basilari e inespressi, vero anche questo, ma lo fa sempre e comunque nella forma migliore che riesce ad elaborare il tuo intelletto. Poi se sei una capra non è mica colpa dell'istinto. Allora ad essere stupida non è l'idea o la cosa che fai, ma, mi dispiace rivelarlo così, ad essere stupido molto probabilmente sei proprio tu stesso. Nicole, per esempio, non è una persona stupida, eppure.. eppure continuava a comportarsi in quanto tale. Imperterrita, si ostinava a comportarsi in quel modo snaturato e avventato; ella non pensava, agiva e basta e non lo faceva per istinto, ma per provocazione. Chi stai provocando Nicole? Sé stessa, il proprio vissuto, la sua educazione, ciò che sapeva, ciò che non sapeva.. suo padre. Combatteva contro tutti e nessuno, Nicole, ma non teneva conto che in una battaglia a singolar tenzone contro se stessi vittima e carnefice diventano un tutt'uno quando il fatal final esito giunge. Sentiva le parole di James Larrington, lo guardava muoversi minaccioso verso di lei, ma non riusciva a cogliere le emozioni che gli suscitava quell'insieme. Nicole vorticava in un oblio di ricordi e vecchi rancori e non badava per questo al tenersi saldamente ancorata al suo presente e alla realtà, nonostante il pericolo a cui si era avventatamente esposta. La figura del grifondoro continuava a mescolarsi con quella di suo padre riflessa nella sua mente, mentre l'odio viscerale nutrito e inespresso che aveva covato a lungo, in segreto dentro sé, si mischiava invece con il terrore iniziale provato durante quello sventurato incontro con il giovane. " [..]avrebbero paura che il solo contatto con la tua pelle possa marchiarli del tuo fetore a vita, sarebbe una vergogna per chiunque lasciare che tu ti prenda gioco di loro..[..] " le parole di scherno di lui non la umiliavano nè intimidivano; ogni sillaba era un incitamento per la sua rabbia, ogni nota di presunzione ed arroganza era un invito ad esplodere.. ma si sa, in questi casi è sempre una fatidica goccia a trarre il dado. " [..]non avrà possibilità di liberarsi, ne di fuggire, sarà alla tua totale mercé, e poi ci sarai tu ed un vasto arsenale di oggetti adatti al tuo intento, se vuoi puoi chiedermi anche dei consigli, in giro si dice che io sia il migliore nel mio lavoro..[..] " L'idea di un Russell Cooper completamente coperto di sangue e adagiato su di una sedia o sdraiato su una delle panche della sala torture non le destò alcuna emozione. Per lei quel ragazzo non era nessuno, era solo un problema. Fratello. Un appellativo troppo grande, decisamente inappropriato, fuori luogo ed esagitato. Come padre. Come madre. Come lo era anche lei. Quello che James diceva però era vero; Nicole non voleva Russell realmente morto. Voleva eliminare il problema, ma spegnere una vita ne costituiva decisamente uno ancora più grande. Il ragazzo dal sicarium che prendeva la forma di un pavone, infondo, non le aveva suscitato altro che simpatia in lei. Era quel l'appellativo senza per ora alcun significato che l'aveva volta poi ai più funesti pensieri nei suoi riguardi. Lui non aveva colpe. Lui si è rivelato. Ma non aveva colpa di essere chi era. Poteva lasciarlo un segreto. Perchè? Perchè, perchè, perchè! Perchè è un fottuto problema Nicole, ecco perchè! " [..]e finiscila con questa farsa, sai bene con chi stai parlando ed in che modo devi rivolgerti a me... Io sono il diavolo per te, e se tu fossi il diavolo io sarei acqua santa.. " James Larrington le era vicino quanto mai nessuno le era stato capace di avvicinarsi. Nicole poteva sentire sulla proprio volto ogni suoi respiro ed esalare come aria l'afrore della sua pelle e il fremito dei suoi battiti in collera. Collera che entrambi condividevano, ora, con la stessa cieca e bieca intensità. " chiedi perdono o prometto che la sala delle torture non sarà più solamente un paragone.. " Ed ecco che, di nuovo, James Larrington sottovalutava quella che sin dal principio aveva guardato come vittima del momento. Ed ecco che, di nuovo, Nicole sentiva la rabbia ribollirle nello stomaco e infiammarle il petto. Non svegliar can che dorme, citava il detto. E se quel cane avesse dormito per sedici anni? Cosa avrebbe potuto fare una volta sveglio? " io ti disprezzo Nicole Cooper.. " La mano di Nicole si levò nell'aria veloce e inaspettata come una saetta in una limpida notte d'estate. Colpì prima il viso di James Larrington, producendo così un suono secco e altisonante e mentre il palmo di quella stessa mano gia le duoleva e la guancia di lui impercettibilmente si arrossava, ancora una volta, lesta, si portò al fianco della corvonero e ritornò poi in scena impugnando la bacchetta.
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    « cru.. » NO! « stupeficium! » CHE COSA STAI FACENDO?! Il grifondoro venne colpito in pieno petto dall'incanto e fu catapultato alla parte opposta dell'aula, schiantandosi contro un muro e gettando per aria durante il suo volo ogni sedia presente tra lui e il punto d'impatto. Quel luogo buio e silenzioso in un baleno e per un istante era così divenuto caotico ed illuminato, intriso di follia, rabbia, disprezzo, perdizione e tormento. CHE COSA HAI FATTO?! Nicole guardava la figura del ragazzo ora steso al suolo, lontano da lei, impallidita, ansimante e tremante. Non riusciva a credere d'esser riuscita a far ciò che aveva fatto, non riusciva a credere di esser stata così stupida. STAVI PER CRUCIARLO! Lo stava per fare sul serio? Lo avrebbe fatto? Come? Perchè? Come diavolo le era venuto in mente? Diavolo, sì, aveva appena schiantato il diavolo. DIAMINE, SCAPPA! Perchè lo aveva fatto? Come ci era riuscita?
    Non hai la benché minima idea di cosa tu sia capace di fare, stupida Nicole. Ed hai a malapena raschiato la superficie per arrivare a scoprirlo.
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  10. James Larrington
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    « sheet - 17 - Grifondoro - Mangiamorte- pensieve »
    James Larrington non era affatto abituato a lunghi confronti come quello che stava vivendo, soprattutto all'interno di quelle mura, in tanti evitavano il solo contatto visivo con i suoi gelidi occhi, tutti tappavano le proprie orecchie per non udire le sue parole una volta che si trovavano faccia a faccia con lui, tentavano di subire, di urlare, senza prestare attenzione alle frasi vaneggianti di un folle, ma folle... quale assurdità, James Larrington non si riteneva tale, era semplicemente un appellativo che con il passare degli anni si era lasciato scivolare sulla sua pelle, ma per quanto contrario ad esso, egli provava un soffocante piacere nel calzarlo, almeno avrebbe potuto tenere ben lontane tutte quelle persone che non riteneva meritevoli.
    Eppure ogni parola di sdegno, ogni provocazione, ognuna di quelle frasi intimidatorie che rivolgeva a quegli individui che tremanti ed incapaci di agire si ritrovavano loro malgrado nella sala delle torture, serviva ad accrescere il suo smisurato ego, ogni persona, che usciva da quel luogo, sanguinante o priva di sensi, era costantemente una prova della sua smisurata potenza, e benché egli non lo facesse per puro egoismo ma per impartire una lezione a quel mondo ben più crudele del dannato Grifondoro che tuttavia lo spacciava come suo distruttore, nel profondo avvertiva che quelle azioni lo facevano stare bene, che tutte quelle sue crudeltà erano quelle che avevano reso quel nome non una persona qualsiasi, non una di quelle che poteva benissimo essere confusa tra la massa, tutto quel peso che aveva sopportato aveva reso quelle parole che componevano il suo nome, una persona viva, una persona esistente, quello che con i suoi sacrifici era ormai diventato.
    Ma Nicole Cooper, lei rimaneva impassibile, non si piegava alle sue volontà, ed anomala come un esperimento riuscito male non aveva chiesto scusa, né aveva ripreso a piangere, quella ragazza sembrava ormai alla stregua di Larrington, non reagiva, non si comportava come gli altri, e probabilmente James era riuscito nel suo intento, quell'esperimento era il suo folle esperimento, altrimenti non si sarebbe sprecato così a lungo se non per un tornaconto di esperienza, quella gli aveva chiesto di renderlo come lui ma, c'era una piccola differenza, James non desiderava essere un folle omicida, James non aveva degli intenti che lo avrebbero portato anche alla sua distruzione personale, ma la sciocca Nicole Cooper era ignara di tutto questo; Corvonero, quella casata era fatta per persone che riuscivano ad ascoltare, a capire le parole che gli venivano poste, soprattutto se così accuratamente come stava facendo Larrington, ma il cappello oramai era solito sbagliare così come aveva fatto con lui, le persone in quel mondo erano tutte così false, le avrebbe mancato di rispetto ancora una volta se solo quella glielo avesse concesso.
    Le era arrivato di nuovo ad un palmo, facendole carpire la sua rabbia, la voglia di dimostrare la sua leadership, dato che i precedenti mezzi non gli erano stati di grande aiuto, fece appena in tempo a sputarle al suo fianco, quando la vide alzare la mano, un veloce ed impercettibile movimento, silenzioso, per quanto la rabbia che lo permeava lo stesse governando, fece appena in tempo a stupirsi quando la mano della giovane Corvonero si abbatté ferocemente sulla sua guancia sinistra, un rapido e secco suono echeggiò sulla sua mascella.
    Bruciore, per quanto strano ed insolito, fu questo che James Larrington riuscì ad avvertire in un primo momento, ma probabilmente era la sua furia che comandava quella sensazione, le aveva detto di ubbidire ai suoi comandi, di scusarsi se non avesse voluto che egli passare ai fatti, tutti sapevano che con Larrington non si scherzava eppure lei ebbe quel coraggio, quello stupido ed ingenuo coraggio di ribellarsi, notevole per quanto gli riguardava, le sue labbra ebbero un momento di pura incertezza, nel giro di pochi secondi furono indecise tra il sorriso e lo sconforto, che forse stesse sottovalutando la sua avversaria? No di certo, era una reazione probabilmente comune e impulsiva, ognuno dei presenti al castello avrebbe avuto voglia di schiaffeggiare James, ma questo gesto era tanto stupido quanto avventato, tutti erano a conoscenza del fatto che Larrington li avrebbe ripagati con una moneta molto più pesante.
    Dopo aver subito quel colpo si voltò sul lato destro, quasi nascondendosi dandole le spalle, contava di reagire, organizzò la sua mente per servirgliene un altro ben più pesante, certo, non era sicuramente un'azione degna di merito quella di colpire una ragazza, ma a James in quel momento non interessava il bon ton e sicuramente non glie n'era mai fregato nulla.
    Si voltò di scatto, la fissò negli occhi ma a quel punto la situazione gli era già sfuggita di mano, era troppo tardi, la ragazza aveva impugnato la sua bacchetta e gliela stava puntando contro, dritta verso il suo petto, sorrise ancora, un sorriso maligno ma consapevole... bene, tutto andava secondo i piani, o forse tutto stava degenerando secondo i suoi piani, e riusciva ad averne la conferma proprio in quel momento, di certo non era lui il folle in quella stanza, quindi lentamente, tentò di alzare le mani al cielo, quasi in segno di resa, totalmente disinteressato al reagire, convinto che lei non si sarebbe spinta così in avanti, -Cooper, non dirmi che sta accadendo davvero...-, fu questo quello che le trasmise per un istante con i suoi occhi, un solo istante.
    Ma Nicole non gli concesse neanche quello, mosse la sua bacchetta verso di lui... -cru...-,gli occhi del giovane si allargarono dallo stupore quasi buttando fuori le orbite, la sua mascella si bloccò, mentre il suo sorriso si allargava sempre di più, nascondendo tuttavia una minima preoccupazione, ma non aveva paura, James Larrington non avrebbe mai avuto paura, la guardò poi quasi pentirsi e bloccarsi su quelle parole pronunciate a metà, e poi, con freddezza magistrale, la bocca della falsa innocente Corvonero si arricchì di un poderoso:-stupeficium!-.
    Stupeficium, quello schiantesimo fuoriuscì perfettamente dalla sua bacchetta, potente, perfetto, un esecuzione incredibile, a James non rimase che chiudere gli occhi, -Un bel respiro Larrington-.
    Respirò. In fondo non gli rimaneva altro da fare.
    Avvertì quell'onda d'urto colpire interamente le sue carni, infrangersi sulla sua pelle per distorcerla, i suoi arti ormai, in balia di quella potenza dovettero abbandonarsi ed a festeggiare quel magnifico evento, le scintille provenienti dalla bacchetta della Corvonero aveva già preso ad illuminare l'enorme salone della Torre di Astronomia, sentì i piedi staccarsi dal terreno privi di volontà, la sua mente viaggiare altrove, il suo corpo trasportato lontano dalla posizione della ragazza, chiuse gli occhi.
    Dunque era quello che si provava, quella strana ed estranea sensazione che fino ad allora aveva sempre visto ma che mai aveva sperimentato su di sé, certo, durante le simulazioni era già stato schiantato, ma in un duello, se così potrebbe essere definito quello tra Nicole e James, non ne aveva mai fatto esperienza, non aveva mai concesso ad un suo avversario quel lusso, di solito era lui colui che si trovava dalla parte del vincente.
    Mantenne gli occhi chiusi e le labbra ferme in quel sorriso di chi non ha paura, solamente in attesa del suo preludio. Quell'esperienza così nuova gli stava aprendo un mondo, sicuramente non immaginava che la prima persona a fargliela provare sarebbe stata proprio Nicole Cooper, ma almeno riusci a trovare un valido motivo alla sua azione.
    Fu un lento percorso, sentì di essere trasportato per tutta la lunghezza dell'aula, gli oggetti circostanti, cadere e fracassarsi intorno al suo corpo, quasi volessero evitare persino loro di costituire un ostacolo di quel suo percorso.
    Poi un altro violento suono, e sentì altro dolore, la sua schiena si schiantò violentemente contro le possenti mura dell'aula, avvertì un leggero strato di polvere e un piccolo rumore di ossa doloranti, la sua testa poi, incapace di muoversi, venne anch'essa tirata contro il muro per il contraccolpo, sentì la sua mandibola destra assaggiare la pietra, rimase immobile, con la testa che ricadeva priva di peso, le braccia lungo i suoi fianchi penzoloni, il busto appoggiato alla parete, gambe distese, respirò ancora ad occhi chiusi, poi decise che era arrivato il momento di rialzarsi.
    Fece leva sul suo braccio destro ed in pochi secondi, sforzando le gambe, fu di nuovo in posizione eretta, barcollò, facendo qualche passo a destra ed a sinistra per stabilizzarsi nuovamente e finalmente riuscì nuovamente a stare fermo, quel volo gli aveva scomposto i capelli portandoli tutti davanti ai suoi occhi, con lo sguardo rivolto verso terra, li afferrò ed accarezzandosi le labbra con lo stesso movimento li riportò all'indietro, concedendosi di nuovo una visuale libera, e per puro caso, il suo sguardo si soffermò sula sua mano, più precisamente sull'indice della mano destra che aveva sfiorato il suo angolo della bocca, sul polpastrello infatti, vi era una sorpresa ad attenderlo.
    Una leggera scia rossa si era stanziata su di esso, marchiandolo di sangue, il suo sangue, non poteva essere di nessun altro in fondo, quella scena fu ancora più sconcertante, guardò quella macchia quasi tremante mentre iniziò a ridere in modo scomposto ed insolito, nessuno aveva mai fatto sanguinare James Larrington, ogni goccia che mai si era posata sul suo corpo era sempre provenuta da un corpo estraneo.
    Avvicinò quel dito alla bocca, e poi, chiudendo gli occhi leccò quella striscia rossa, ritirò subito la lingua nel suo palato per testarne il suo sapore, e non facendosi altri scrupoli, ficcò l'intero dito nella sua bocca per ripulirlo totalmente, quel sangue, non era come quello di quei sudici che giornalmente macchiavano il suo corpo, quel sangue era stranamente delizioso, ovviamente dovette aspettare una sua ferita per capire che sapore avesse il sangue di una persona degna.
    Aspirò aria quasi come avesse assaggiato una potente droga ed una volta finita quella pratica, con lo sguardo sempre rivolto verso il pavimento iniziò ad applaudire lentamente, quel lento applauso era chiaramente rivolto alla Corvonero che lo aveva appena schiantato.
    Quasi come a congratularsi o probabilmente fiero e bisognoso di dimostrare che quella fosse una situazione che egli aveva apprezzato a tal punto, ridacchiò ancora per poi terminare il tutto a mani giunte, nella mente di Nicole Cooper era davvero passata l'idea di doverlo cruciare, quella Corvonero aveva avuto l'intenzione di scagliare una maledizione senza perdono su James Larrington, follia pura, e chissà, probabilmente con la rabbia che l'aveva dominata sino ad allora, probabilmente quell'incanto le sarebbe persino riuscito.
    Finalmente, con uno scatto la guardò di nuovo negli occhi, e prese a camminare lentamente verso di lei, e con un movimento rapido estrasse la bacchetta dalla sua cintura, fece ancora qualche passo stringendola saldamente nella sua mano, pronto ad utilizzarla, ripassando nella mente i movimenti e le parole che avrebbe dovuto pronunciare, lentamente iniziò ad indirizzarla contro la sua nemica, :-Te la sei cercata, Nicole Cooper.-.
    Gliela puntò contro con un sorriso maniacale, era la sua vendetta, la sua personale vendetta, il suo modo di ristabilire l'equilibrio, gonfiò le guance d'aria affinché quel suono uscisse ancora più sordo dalle sue labbra, e con rapidità, pronunciò:-Boom.-.
    Le sue dita, insieme al suo polso si mossero lateralmente con uno scatto, lasciando scivolare la bacchetta da quella solida presa che l'aveva tenuta sino ad allora salda nella sua mano, James Larrington gettò lontano quello strumento, il suo unico strumento di attacco, ormai non gli serviva più, prese quindi a camminare instancabilmente verso Nicole, sentendo quel pezzo di legno che rintoccava al suolo più volte e scivolava lontano da quella posizione, riecheggiando all'interno di quell'aula.
    Con il suo sorriso soddisfatto si fermò ad una distanza di otto passi, probabilmente otto e mezzo da Nicole Cooper, e sollevò le mani al cielo in segno di resa ed in perfetta contraddizione, pronunciò soddisfatto:-Ho vinto... Ho vinto Nicole Cooper!-.
    Dalla stessa posizione dalla quale estrasse la sua bacchetta, tirò fuori il piccolo specchio che James Larrington portava sempre con sé, adorava ammirare la sua figura, anche se quella volta non avrebbe usato quell'oggetto per narcisismo, tenne poi ancora le mani verso il cielo, e con come se gli mancassero le forze, si schiantò al suolo, inginocchiandosi.
    Una scena anomala, in molti avrebbero persino pagato affinché James Larrington si inginocchiasse al loro cospetto, ma quello, in quel caso, non era un segno di rispetto, tutt'altro, il Grifondoro afferrò quell'oggetto a lui molto caro e con una leggera spinta le fece scivolare a terra, facendolo strisciare con e facendogli raggiungere perfettamente i piedi della ragazza che aveva di fronte.
    Guardandola negli occhi le disse:-E adesso fissa, nella tua mente il volto della persona che ti ha distrutto, non dimenticarlo-, attese qualche secondo nei quali continuò la sua risata quasi isterica, poi riprese a parlare:-Avanti, Nicole Cooper, finiscimi, ti concedo questo privilegio, sono qui, in attesa che tu mi faccia soffrire-.
    Allargò le mani, quasi attendendo a braccia aperte la sua risposta, non avrebbe reagito, avrebbe solo accolto indifferente quello che sarebbe accaduto in seguito, -Ma tu sei già morta Nicola, tu non puoi niente contro di me, non dimenticarlo...-, annuì alzando gli occhi al cielo, e poi urlando con tutta la sua forza, fece quello che sapeva fare meglio, disse il suo nome, proclamò quelle parole, e ad ogni tassello picchiò con forza un pugno sul suo petto, la sua voce fiera colmò il silenzio della stanza:- Io sono JAMES , ALBERT , BRIAN , BENJAMIN , JONATHAN , LARRINGTON .... Ed il mio nome comparirà con fierezza in ogni libro di storia, mentre il tuo... il tuo Nicole Cooper, sarà solo un'altro che finirà nel dimenticatoio schiacciato dalla mia potenza...-.
    La guardò con uno sguardo fuori dal normale, e sfidandola ma con una sicura consapevolezza di come sarebbe andata a finire la questione, adesso con tono molto calmo, quasi rilassato:-Avanti, porta a termina quello che hai iniziato, in fondo stavi andando così bene...-, sorrise riferendosi al crucio che la ragazza aveva semplicemente smorzato.
    Chiuse gli occhi, barando, lasciò un piccolo spiraglio tra le palpebre che gli avrebbero concesso di sapere come sarebbe andata a finire la situazione, ed attese di nuovo a braccia aperte che la ragazza si muovesse, la incitò, :-Forza Nicole Cooper, il tempo scorre ed io potrei cambiare idea...-, poi prese a pronunciare, in un costante diminuendo, prima chiaramente, poi affinché quello divenisse solamente un bisbiglio:-Tic.... toc.... tic.... toc...-, mimando anche con le dita un lento e straziante movimento delle lancette di un orologio, -tic... toc...-, un costante rintocco che non avrebbe mai smesso di pronunciare .
    James Larrington adorava sfidare la sorte.
    James Larrington - NO ONE IS CATCHING ON OR CALLING MY BLUFF, THE DEVIL MADE ME

    © psìche, non copiare.
     
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    nicole rægan cooper | ravenclaw's prefect | 16 y.o. | halfblood

    Due rette parallele, di norma, sono destinate a non incontrarsi mai, ma esistono delle varianti. Alle volte può anche essere positivo che queste eccezioni persistano, ma altre.. altre volte è solo una terribile sfortuna. Poniamo, per esempio, il caso di James Larrington e Nicole Coooer. I due, rispettivamente l'una e l'altra retta, per anni hanno viaggiato volti verso la stessa direzione senza però mai incontrarsi. Mai. Per un motivo o per un altro, la loro corsa era sempre stata serenamente distanziata da questo o quello; indoli differenti, casate differenti, interessi differenti e difetti - difetti che spesso portano nelle più spinose ed intricate e involute situazioni - diversi. Nicole non era mai stata nella disgraziata posizione d'esser spedita nella sala torture e James non aveva mai benvisto il suo ruolo di studente tanto da ritenersi ed esser pienamente e realmente tale. I due, di fatto, erano così semplicemente.. distanti, diversi. Nulla sembrava voler dar loro modo di incontrarsi, eppure, ormai agli sgoccioli di un anno che probabilmente, come molti sognavano e agognavano avrebbe portato il giovane Larrington via dal castello - poveri stolti, poveri illusi - Nicole, ebbe finalmente avuto l'occasione mai agognata di quel tête-à-tête troppo a lungo evitato. Era troppo bello per essere vero; restare una retta parallela a James Larrington era un lusso che lei non aveva mai guadagnato, doveva dunque aspettarselo - e segretemante, lo temeva già da un pò - che prima o poi gli venisse privato. Ed ecco che, come le rette ogni tanto trovano un punto di giunzione, anche le persone, ogni tanto, hanno gli stessi desideri. Quello di James e Nicole era stato semplicemente quello di voler restare soli, sotto un cielo senza stelle. Un desiderio però mai avverato, che aveva comunque, ugualmente, unito i due. Com'è che si dice in questi casi? Ah, sì: è il pensiero che conta. Il malaugurato e innocente pensiero di voler restare sola in un luogo a lei insolito però, a Nicole, sembrava le stesse costando più del solito esser semplicemente sfortunata.
    Le provocazioni di James Larrington non era tanto più intimidatorie di altre già vissute e superate, ma il suo sguardo glaciale e la fremente follia che trapelava da ogni suo respiro a labbra schiuse, sbattito di ciglia e concitato, plateale gesto, la destabilizzavano, terrorizzava e pietrificavano ogni volta.. almeno, così era stato fino a prima che ebbe trovato il folle coraggio di schiantarlo dall'altra parte della stanza. Non sapeva nemmeno come diavolo le fosse venuta in mente l'idea di arrivare alla bacchette, non riusciva a credere nè voleva realizzare d'esser così stupida. La situazione in quella torre era calata a picco senza nemmeno che lei potesse aver adito di accorgersene, troppo presa com'era a contribuire a quel rovinoso disastro, ed ora che rasentava il pericolo di vita era troppo tardi per rimediare. Guardò James rialzarsi dopo lo schianto, vide la sua ira colorargli gli occhi di rosso e scarlatto odio, la vide davvero quella rabbia, quasi stesse prendendo una reale forma fisica in quella stanza insieme a loro. Ma non riuscì più a muoversi, non riuscì a scappar via ancora una volta. Lui scaraventò per aria ostacoli che erano tornati futilmente a dividerli ed estraesse la bacchetta, lei non mosse un arto. Se quei gesti avessero determinato la sua morte lei la avrebbe accettata senza coraggio. Era stanca di essere coraggiosa o forse finalmente abbastanza lucida da sapere di non esserlo? "Te la sei cercata, Nicole Cooper." Cosa importava? Ormai si era arresa "Boom." Nicole aveva chiuso gli occhi istintivamente, ritraendo il volto d'un lato, come se potesse così alleviare un male che pensava star arrivando ma che non sovvenne. Non era successo nulla. James Larrington la guardava iracondo e al contempo ilare e non le aveva fatto niente, ma anzi, dopo averle puntato contro la bacchetta la lanciò poi lontano da entrambi. La corvonero avrebbe potuto affollar la sua mente con mille domande, ma solo una rimbombava come il rintocco di una campana stonata: perché? "Ho vinto... Ho vinto Nicole Cooper!" Cosa significava? Lo schianto lo aveva confuso? Cosa aveva vinto? Perché non le aveva fatto nulla? E come se non bastasse, il Grifondoro ormai giunto dinuovo dinanzi a lei, invece di percuoterla fisicamente in qualsiasi modo, si inginocchiò ai suoi piedi, prostrandosi al suo cospetto. E' una trappola. "E adesso fissa, nella tua mente il volto della persona che ti ha distrutto, non dimenticarlo. Avanti, Nicole Cooper, finiscimi, ti concedo questo privilegio, sono qui, in attesa che tu mi faccia soffrire." Nicole era madida di sudore e terrore, ma non faceva altro che fissare il giovane immobile, con gli occhi sgranati ed increduli. Scappa. Sapeva di poter cogliere quell'ennesima provocazione come lasciapassare per fuggir via da quel luogo, ma l'orgoglio.. ah, l'orgoglio. Un male così imprescindibile per chi ne è così devoto e inebriato. L'orgoglio la impettì, dandole quella parvenza di importanza che era impossibile spiegare. Si sentiva superiore, potente, forte. Anche se le parole di lui erano minacce che Nicole sapeva potersi avverare in qualsiasi momento, ora, lì, con lui ai suoi piedi, lei si sentiva forte. E ora non è che non riuscisse a scappare; lei non lo voleva. Poi però si accorse dello specchio. Si accorse di ció che aveva ignorato per continuare a sostenere la provocazione dello sguardo di lui senza contare che fossero i suoi gesti coloro i quali andavavano realmente tenuti a bada. Fissa nella tua memoria il volto della persona che ti ha distrutta; quelle parole riecheggiarono come un eco lontano nella testa della corvonero e il suo sguardo cadde così, rovinoso, nel proprio riflesso adagiato su quel piccolo specchio posto ai suoi piedi. Quando realizzó tutto, l'orrore fu tanto che il fiato le si mozzó in gola. Chi è causa del suo mal pianga sè stesso. Era lei che aveva voluto tutto quello, lei che lo aveva cercato. Nulla era avvenuto per caso. Guardó la propria pelle candida perdere ogni umano colorito, guardó i suoi stessi occhi annegare della disperazione, guardó perdersi, Nicole, riflessa nello specchio che James le stava porgendo, senza sapere che fare, senza riconoscersi e senza potersi salvare o quantomeno, salvare colei che vedeva morire in quella lucida pozza circolare che portava impresso quello che un tempo fu il suo volto. Era lei l'artefice di quella disfatta, lei l'architetto di tale malefatta; era lei che deteneva il potere ora, mentre lui era in ginocchio.. lui era la vittima. Era lei la carnefice, dunque, adesso. E' questo che cercavi? Questo che volevi? Questo ciò che sei? "Ma tu sei già morta Nicola, tu non puoi niente contro di me, non dimenticarlo... Io sono JAMES , ALBERT , BRIAN , BENJAMIN , JONATHAN , LARRINGTON .... Ed il mio nome comparirà con fierezza in ogni libro di storia, mentre il tuo... il tuo Nicole Cooper, sarà solo un'altro che finirà nel dimenticatoio schiacciato dalla mia potenza.. [..]" Il tono di James Larrington continuava in un vertiginoso crescendo; ringhiava, il grifondoro, lasciando che il suo respiro divenisse un tutt'uno con la tempesta che si agitava attorno a loro. Nicole lo guardava impassibile, tentando disperatamente di aggrapparsi con ferocia alla più atarassica delle sue inespressive fattezze. Lui era piegato, spezzato, letteralmente ai suoi piedi che la incitava a finirlo, a dargli il colpo di grazia, a porre fine alla sua sofferenza e quella dei troppi sventurati che puntualmente, per stupidi e crudeli castighi, finivano sotto le sue grinfie. Lui era lì, inerme e lei poteva tutto. Avrebbe potuto davvero torturarlo, restituirgli i meriti dei dolori inflitti ad altri e addirittura.. ucciderlo. Eliminarlo per sempre. Come gli aveva insegnato suo padre: poteva estirpare il problema alla radice. "Forza Nicole Cooper, il tempo scorre ed io potrei cambiare idea.." Ma così facendo, avrebbe vinto lui. Era questa la prova, questo il gioco, questo il trucco. La stava testando. Dunque, Nicole, ora che lo sai, ora che sei nei suoi panni: vuoi davvero essere come lui? "tic.. toc.. tic.. toc.." « hai ragione. » Dosa la tua rabbia, placa la tua audacia. « sono una stupida ragazzina, non posso darti torto su questo. » Le morbide labbra di Nicole si muovevano senza esser accompagnate da nessuna espressione. Il suo volto sembrava inciso nel marmo, ma le sue labbra no. Loro rappresentavano tutta l'umanità che in lei ancora dimorava nonostante l'empietà delle scene appena vissute, nonostante lei, dentro, si sentisse già freddo cadavere. « ma qualcosa la so. » Pesa con cura le tue parole; lui vince, tu muori. « per esempio, so che in realtà non esiste alcuna sostanziale differenza tra giusto e sbagliato, buono o cattivo.. mentre invece è inequivocabile la contraddizione tra i giusti.. » Nicole sospirò, a pieni polmoni, senza mai lasciare il nodo che teneva stretti i loro sguardi. « .. e i vili. » Tieni a bada ciò che pensi e ciò che dici! Nicole, non essere sciocca! « e appartenere alla tua stessa categoria non è nel mio interesse. » La bacchetta della corvonero si alzò nuovamente dinanzi a lei, proprio sopra il capo del Grifondoro che finalmente spalancò nuovamente le proprie palpebre. Non pronunciò l'incanto, Nicole, ma la bacchetta di lui volò comunque nella sua mano libera dopo esser stata tacitamente appellata.
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    « avevi ragione anche su un'altra cosa: non potrei e non potrò esser mai come te. I corvi mangiano i vermi, non li calpestano. » Senza la benchè minima traccia di esitazione la bacchetta di James Larrington gli venne porta dal lato del manico; un gesto così onorevole quanto insensato, illogico, pericoloso, masochista. Era come se la vittima stesse porgendo al carnefice l'arma con cui giustiziarla, dopo aver avuto la ghiotta opportunità non solo di scappare, ma di far lei stessa il male che sapeva lui non avrebbe tentennato a recarle se la situazione fosse stata capovolta. Nicole si era messa al cappio al collo e lo portava con la stessa fierezza con cui avrebbe sfoggiato una collana di perle. « riprendi la tua bacchetta. » Il suo incito trapelò dalle sue labbra con un tono al pari di quello utilizzato sino ad allora da James. Il suo fu un ordine, un ordine che non ammetteva repliche. Non voglio essere come lui. Non avevano più nient'altro da condividere o dirsi ora; era scesa a patti con il diavolo, ma l'inferno non faceva al caso suo ed era così stupida Nicole, così sciocca, da pensare di potersi per questo congedare senza incappare in danni collaterali, in ostacoli o nella collera del diavolo stesso. Si girò, diede le spalle a James Larrington dopo che gli ebbe restituito il pugnale con cui avrebbe potuto ucciderla senza batter ciglio e si avviò all'uscita. Non voglio essere come lui.
    No, certo che non lo sei e nemmeno mai lo sarai. Tu sei un cadavere che cammina, Nicole, mentre lui invece è l'assassino che brama la tua carne. Non sarete mai, mai, sulla stessa retta. Per tua più inaspettata, esasperata ed infelice sfortuna.
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    Edited by birdwoman - 6/8/2015, 01:52
     
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  12. James Larrington
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    Per recitare una grande parte occorreva soprattutto che ad interpretarla ci fosse un grande attore, un uomo in grado di compiere il suo mestiere alla perfezione, di calzare il suo ruolo come se quello fosse stato predestinato e confezionato esclusivamente per lui, che avesse capacità di improvvisazione e soprattutto quella piccola parte di follia che avrebbe reso il suo copione geniale, vi era tanta marmaglia in quel mondo, gente che non si sarebbe fatta scrupoli nel gonfiare il proprio petto per affermare che il loro ruolo fosse autentico, che quelli riuscissero a reggere la parte alla perfezione. Nulla di più sbagliato, quelli erano solamente degli attori di debuttanti di seconda categoria o probabilmente questo era anche un dolce complimento, copie di copie di fogli accartocciati e tirati nel cestino di James, e se qualcuno era davvero riuscito a divenire famoso per le sue gesta, era solamente grazie al nome che si portava dietro, all'atto pratico infatti tutti quelli non erano altro che la peggior categoria, non riuscivano a reggere il peso delle proprie parole, tutto risultava vano, sconsiderato e senza alcun senso.
    Mentre le parole e le azioni di Larrington invece un piano coerente lo avevano, ed anche ben preciso, certo, la follia sovrastava quasi totalmente ogni mossa di Larrington ma anche quella, per quanto si esprimesse in modo caotico e confusionale, per quanto talvolta fosse solamente una furia non classificabile, per quanto fosse il frutto di una mente distorta ma destinata sin dal principio a divenire in quel modo senza aiuti esterni, anche quella era parte di tutto il quadro pittoresco e degno della miglior mostra che alla fine, componeva James Larrington. Lui era probabilmente uno dei pochi degni di riuscire ad interpretare il suo personaggio nel migliore dei modi, vero, naturale, le altre erano solo delle pallide ed infide imitazioni, e quindi poteva già percepire gli applausi, le mascelle stese al suolo stupefatte dal suo talento inumano, poi, come nel migliore degli spettacoli, si sarebbero alzati tutti in piedi in quella sala di teatro, per riconoscenza, lo scrosciare delle mani che sarebbe durato a lungo fino a quando il giovane non fosse stato ripagato per la bellezza e la precisione della sua performance che aveva concesso loro in quel giorno.
    James Larrington era un grande attore, non solo in fatto di provocare dolore o torturare persone senza pietà alcuna, James era capace di entrare nella mente delle proprie prede, di leggere i loro pensieri, di estrapolare la linfa vitale e carpire le loro paure, sapeva come divertirsi e come far sì che il tutto non risultasse monotono, era davvero un esperto nel simularle, un esperto nel fare in modo che tutto quel male non si esprimesse solamente in una tortura corporea ma anche come un'umiliazione, qualcosa che fosse rimasta impressa nell'anima come una cicatrice, come le profonde cicatrici che faticavano a rimarginarsi che egli era capace di disegnare su quei corpi.
    Riusciva davvero ad ammettere che Nicole Cooper lo aveva messo in difficoltà in quella scura e stramba sera? In fondo ci voleva un certo coraggio, schiantare James Larrington per uno studente qualsiasi era davvero una cosa non da poco, stupidità, quello lo aveva già messo in conto, volontà di ribellione, era quello ciò che lo preoccupava maggiormente e che doveva soffocare. Tuttavia si era convinto che tutto quello era accaduto per puro caso, o meglio perché egli lo aveva voluto, perché tutto faceva parte del suo grande spettacolo, era necessario creare un minimo di suspance, altrimenti, se non avesse tenuto i signorotti in prima fila sulle spine, avrebbe rischiato di farli sbadigliare alquanto annoiati ed irritati. Non ci sarebbe stato gusto se egli avesse deciso di reagire, se a quel torto che quella le aveva appena provocato, James avesse risposto immediatamente facendo quello che gli riusciva meglio, il risultato sarebbe stato scontato e poco ma sicuro, a James Larrington non piacevano le cose scontate, ciò che aveva un esito ormai certo con il passare lo aveva iniziato a stufare, era come se alla sua pelle servisse di nuovo quei brividi di ignoto, qualcosa di puramente nuovo che aveva l'intento di ringiovanirlo, essere sempre il più forte non lo soddisfaceva a pieno, aveva scoperto, suo malincuore, che ogni tanto avrebbe preferito persino lasciarsi sconfiggere da ciò che non aveva mai provato.
    Aveva gli occhi ancora chiusi, le braccia aperte, in attesa della fine, che fosse la sua fine o la fine di quell'incessante e snervante ticchettio dell'orologio che egli stesso aveva azionato non importava, rimase immobile in balia di quelle decisioni anche se prima o poi avrebbe comunque agito, James Larrington aveva un certo nome da mantenere e non sarebbe stata una Corvonero a portarglielo via.
    -Tic.-.
    Terminò la sua conta in modo brusco quando quella decise di parlare :-sono una stupida ragazzina, non posso darti torto su questo.- per poi ascoltarla paragonarlo ad un vile, risposta pronta, sempre, non poteva non questionare sul fatto che Nicole ne avesse una per ogni occasione, il fatto che ognuna di loro però era sconclusionata e sempre più vicina a portarla alla disfatta era di certo un punto a sfavore, ciò che gli permetteva di ascoltare tutto ciò che quella avesse da dire e che subito dopo gli permetteva di farle uscire dal suo altro orecchio.
    Riaprì gli occhi, era chiaro che per James non poteva davvero finire in quel modo ma sfortunatamente per lei, cadde proprio nella rete del predatore, la soluzione migliore sarebbe stata abbandonare la stanza al più presto, evitando il peggio, prima che Larrington decidesse di sfoderare i suoi artigli, Nicole era consapevole che la vendetta era di certo qualcosa che James adorava, ed in quella situazione calzava davvero a pennello, era inevitabile, ma purtroppo ognuno commette degli errori e quello, quella sera, era stato il più grande.
    Con un gesto del braccio la ragazza riportò la bacchetta nelle solida mano di James che adesso la strinse gelosamente, mentre un ghigno malvagio comparve sul suo volto mentre rivolgeva lo sguardo a terra, ancora piegato sulle sue ginocchia, si era spuntato gli artigli da solo ma adesso era proprio la sua prede che li aveva messi assieme ancora, affinché Larrington fosse di nuovo capace di graffiare.
    La vide voltarsi, concedendogli le spalle dopo aver pronunciato l'ennesima frase che avrebbe contribuito ad alimentare ancora la furia vendicativa di James, fece scivolare finalmente le braccia che aveva tenuto fino a quel tempo ancora alzate, era il momento di reagire, era stato bello giocare, recitare, senza dubbio il pubblico aveva avuto la sua dose di sorpresa, ma era tempo che egli lasciasse quell'involucro spoglio e fasullo e ritornasse alla sua vera natura a ciò che aveva sempre rappresentato il suo nome.
    Si alzò mantenendo una certa compostezza ed eleganze, fermandosi per un secondo sul posto, in piedi, per sistemare il suo ciuffo ricaduto davanti ai suoi occhi, poi, con scaltrezza ma con passo felpato, facendo in modo che neanche un granello di polvere riuscisse a muoversi affinché egli provocasse il minimo rumore, raggiunse con qualche passo il corpo di Nicole che lentamente aveva deciso di abbandonare quel dannato posto. Lasciarla andare avrebbe significato una sconfitta, poteva godersi quel posto in solitudine ma tutto ciò che era accaduto al momento era un amaro boccone da mandare giù, era per questo che si sarebbe divertito, che finalmente tutto si sarebbe trasformato nella sua sala delle torture, poteva già vederlo il pubblico, seduto che adesso attendeva con trepidazione quel momento, come un eroe che finalmente dopo l'ennesima trappola in cui aveva rischiato di lasciarci le penne, finalmente riusciva a liberarsi, tutti erano ansiosi di vedere di nuovo James Larrington all'opera.
    Il silenzio fu di certo il suo più grande amico, le raggiunse le spalle e quando lei si accorse dell'ombra che adesso sempre più possente si era affiancata a quella sua, quando lei decise di voltarsi ormai era troppo tardi, James le aveva già sfilato la bacchetta dalla mano e dopo averla fatta scivolare a terra la fermò sotto la suola della sua scarpa, poi le puntò la sua bacchetta all'altezza della sua tempi sinistra mentre con l'altra mano le afferrò il braccio per bloccarle il movimento.
    Il topo ormai in trappola tentò la fuga, decise di dimenarsi ma James strinse con ancora più forza la sua presa affinché quella non vi riuscisse e poi mosse la sua bacchetta andandole a toccare la carne della tempia e quasi affondandola in essa, diede qualche strattone e con cattiveria, guardandola con lo sguardo adesso colmo di cattiveria, sputò quelle parole dalla sua bocca:-Ehi! Ehi!!-, sempre più forte perché lei smettesse di tentare di liberarsi:-Adesso stai ferma, altrimenti giuro che quell'incantesimo sarà stata l'azione più sbagliata della tua vita rivolta alla persona più sbagliata della tua vita... Come se questo non lo fosse già...-, James non aveva paura di sporcare di sangue il suo bel volto, non era certo la compassione ciò che lo avrebbe fermato nel far esplodere quella testa.
    La ragazza ovviamente si fossilizzò, adesso era solo un altro corpo in balia delle voglie fameliche di James :-Nicole, Nicole... dolce Nicole... volevi imparare qualcosa vero? Ebbene ecco la realtà delle cose...-, con il suo corpo si avvicinò lentamente a quello della ragazza, fino a che il suo petto non raggiunse quello della sua vittima, la testa di nuovo ad un palmo, il suo fiato minaccioso adesso sbatteva sulle sue labbra, vista da lontano poteva persino sembrare una scena romantica, ma la tempesta stava giusto dando i suoi primi segnali, le sue prime scintille.
    -Mi concedi questo ballo Cooper?-, e pronunciando questa frase fece finire la sua mano sinistra dietro la sua schiena, poggiandola delicatamente proprio sopra la sua vita come se fossero davvero entrambi in procinto di danzare, mentre con la destra teneva la sua bacchetta puntata sulla sua testa:-Ovvio che me lo concedi.-, sorrise soddisfatto ed in modo disturbante, non vi erano altre scelte per lei, se non quella di obbedire ciecamente alle richieste del ragazzo ed iniziare a pregare che tutto fosse finito per il meglio, o forse che tutto fosse terminato più in fretta del previsto.
    -Non muovere un muscolo se non ci tieni a vedere questa stanza ricoperta del tuo sangue-, disse quella frase digrignando i denti per poi tornare ad un'espressione assorta, concentrato sul volto della giovane che adesso si trovava a qualche centimetro di distanza, ripose la bacchetta al suo fianco ed iniziò a far scivolare la sua mano lungo il suo braccio destro, partendo dalla sua spalla mentre iniziò a parlare con voce bassa, quasi eccitata:-Dolce Nicole... Mi chiedo quanti ragazzini ti facciano la corte...-, fece irruzione nei suoi occhi fissandoli intensamente per poi continuare a parlare mentre la sua mano stava già intraprendendo quel viaggio verso il basso:-Questi occhi così pieni, così intensi...- le sue pupille iniziarono a girare lungo tutto il suo volto, il suo respiro si posò su ogni angolo di questo marcandolo con l proprio calore:-Queste labbra così sottili e rossastre che attendono solamente il sapore del prossimo bacio... Queste guance... bianche e candide...-, la sua mano arrivò alla fine del suo braccio ed iniziò a ripiegare il tessuto dell'indumento che le conteneva, il suo scopo era quello di far risaltare la sua carne nuda e viva affinché egli riuscisse nel suo intento, quasi in estati concluse il suo discorso:-Una ragazza così pura e dolce... Con un corpo così invitante.-, pronunciò quell'ultima parte con forza, premendo ancora più veemente la mano che aveva poggiato sulla sua schiena per attaccare ancora più stretti i due corpi e ritrovarsi con la sua faccia proprio al fianco della sua guancia destra, a quel punto chiuse gli occhi e passò la sua lingua umida su quella parte, partendo quasi dalla mascella per arrivare poco sopra al suo orecchio, con una forza quasi animalesca.
    Poi ritrasse la sua testa respirando intensamente con i denti stretti e facendo trapelare l'aria fredda all'interno di essi, cacciò via il fiato e lasciò andare la schiena della ragazza, adesso però afferrandole il braccio che le aveva denudato e tenendole di nuovo la bacchetta puntata.
    Tornò ad un tono di voce normale e quasi pacato anche se intrinseco di cattiveria:-Vedi Cooper, un leone attacca solo quando è sicuro di poter possedere la sua preda, il leone non è un codardo ma un esperto stratega, caccia per fame e perché la sua natura glielo impone...-, continuò il suo discorso che ovviamente si stava riferendo proprio a lui:-Tu, tu non sei un corvo... Ed anche definirti verme sarebbe un complimento, i vermi almeno lavorano affinché la terra cresca rigogliosa, affinché il ciclo naturale riesca a compiersi... Tu sei un avvoltoio, gli avvoltoi non attaccano perché deboli e fifoni, gli avvoltoi non servono a nulla se non alla loro misera esistenza, loro si fiondano sulla carcassa, attendendo che qualcun altro faccia il lavoro per conto loro e mangiano le ossa perché troppo stupidi ed insulsi per riuscire ad assaporare la carne... -, fece un grande respiro osservando quel braccio dove a breve avrebbe fatto ricadere la sua furia.
    -Però mi domando...-, interruppe bruscamente il filo logico del suo discorso per andare a parare altrove:-Quale sangue scorra nelle vene degli avvoltoi... ed anche se non credo possa esserci qualcosa di veramente buono, vale la pena provare non trovi? A tutti è concessa una possibilità... sangue sporco.-, sputò quella sentenza con rabbia e poi abbassò la bacchetta su quel braccio inerme mentre la ragazza aveva già abbandonato ogni possibilità di ribellione, ecco James Albert Brian Benjamin Jonathan Larrington e tutta la sua furia ed il pubblico era già andato in visibilio.
    Scavò all'interno del braccio di questa ammirando come il sangue ne fuoriusciva copioso mentre ogni lettera veniva fuori iniziò con una f, e poi mano a mano il suo disegno riuscì a materializzarsi, i suoi occhi uscirono quasi dalle sue orbite per l'eccitazione, il suo fiato era rapido ed entusiasta, la sua mano si muoveva con precisione chirurgica, lui il suo mestiere lo sapeva fare ala perfezione, non gli interessava se la ragazza avesse urlato o se fosse rimasta impassibile, adesso tutta la sua attenzione era concentrata su quel tatuaggio che le stava facendo, fino all'ultima lettera, fino a che l'ultima goccia di sangue non fosse discesa da quel braccio fino a che le parole filthy blood non fossero comparse sul corpo di questa.
    Una volta terminata la sua opera si concluse, egli si esibì di nuovo in quel gesto, passò la sua affamata lingua lungo quel braccio, lungo quelle lettere per assaporarne il denso liquido rosso che ne era fuoriuscito, leccò anche le sue labbra che ne furono irrimediabilmente bagnate.
    -Sangue bastardo, non ne avevo dubbi...-, sputò per terra affinché la sua scenetta fosse conclusa alla perfezione, poi si allontanò di qualche passo, lasciandola da sola, nel buio. -E adesso va, se devi andare via...-, sorrise di nuovo, mentre estraeva la sigaretta che aveva spento, attendendo probabilmente che la ragazza abbandonasse quel posto.
    James Larrington - NO ONE IS CATCHING ON OR CALLING MY BLUFF, THE DEVIL MADE ME

    © psìche
     
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