Moves like Jagger!

DildoXKarma

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    I quei giorni mi stavano succedendo fin troppe cose. nella testa avevo un casino che davvero poche altre volte avevo avuto e solitamente la mente non mi si svuotava quasi mai. Quasi, appunto. un modo per svuotarla completamanete ce l'avevo pure io: alle volte scrivere, correre, urlare, non mi bastava. Ci voleva una bella sbronza, qualche "caramella" da Maddox, magari una seratina in discoteca che poteva finire particolarmente bene. Come solitamente terminavano le mie serate quando uscivo ad Hogwarts ormai lo sapevano un po' tutti (dato che, tra ragazzi e ragazze praticamente più di un quarto dell'intera scuola poteva dire di averci preso parte in prima persona...uno alla volta, si intende. Beh, forse, qualche volta, pure due). Eppure, quella sera, non avevo proprio voglia. Sì: alle volte non avevo voglia persino io. Da qualche settimana sapevo benissimo perché, ma non lo avrei ammesso mai, nemmeno nei miei stessi pensieri, Eppure ogni volta che perdevo la concentrazione, che la mia mente vagava libera senza seguire un determinato filo logico ,tutto si fermava e c'era solo lui. Molti non lo definirebbero un casino, ma io , allora, non riuscivo a vederlo in maniera diversa. Ero fottuta. Non nel senso al quale ero abituata. Mentre mi avviavo verso il Friendfyre, in un cortissimo vestitino attillato nero e tacci a spillo dello stesso colore, tentavo di distrarmi in qualsiasi maniera mi era possibile.Contare gli ubriachi. Importunare le prime persone che mi si avvicinavano. Ma niente, niente da fare. Dopo una fila che mi sembrava interminabile, riuscì ad entrare e fu allora che il mio ccervello si spense: la musica altissima, le luci stroboscopiche mi impedivano qualsiasi pensiero, sopratutto quelli spiacevoli. Mi avvicinai al bancone e, con un sorriso smagliante, mi avvicinai pericolosamente al barista sporgendomi oltre il bancone.Ciò che pensi mi possa far girare di più la testa! dissi con voce civettuola, pochi secondi dopo stavo sorseggiando un liquido azzurro semitrasparente guardandomi intorno. Non sapevo cosa avrei fatto, ma qualcosa avrei combinato di sicuro.
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    Dildo Baggins
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    C'erano posti fatti per dimenticare. Luoghi dove chi non riusciva a vivere si rifugiava, bevendosi la vita goccia per goccia a volte abbandonando i propri sogni sul fondo della tazza del cesso: erano quei piccoli angoli di mondo che Dildo adorava, che era abituato a frequentare, che erano diventati la sua seconda casa. Musica alta, ragazze ubriache forse anche più di lui; droghe su ogni tavolino e qualche scopata gratis sul retro; quante volte era tornato al proprio appartamento con i palmi delle mani graffiati dal cemento di quel muro grezzo dopo essersi appartato con qualche studentessa dall'autostima troppo bassa per capire che quell'amore che avrebbe provato per qualche minuto nei suoi confronti non era reale, che si trattava solo di un gioco del destino e degli ormoni: come se il fato giocasse a dadi e avesse scelto di usare i loro corpi come sfogo per un uomo che era sempre più triste, sempre più propenso a dimenticare. Ma cosa desiderava eliminare dalla mente? Che pensieri gl'impedivano di vivere come gli sarebbe piaciuto? Christof Cooker guardò la propria immagine riflessa in quello specchio un po' sporco, mentre la porcellana del lavandino tremava al suono dei bassi del locale. Inclinò il capo e con il palmo aperto si accarezzò il viso: demacrato, stanco e sciupato. Non si era mai visto tanto triste in vita sua. Come se tutto ciò che in quegli anni aveva ottenuto ormai non lo rendesse più felice e soddisfatto; e se avesse avuto bisogno di qualcosa in più? Da stella del quidditch era passato ad essere una vera e propria lagna. La porta del bagno si aprì, lasciando entrare un paio di ragazzi con più alcohol che sangue in corpo; erano tanto ubriachi da non reggersi in piedi nemmeno appoggiati contro la parete: tante volte era stato in quella situazione a sua volta e per un attimo si chiese se quella era l'immagine che voleva avere di se. Quella di un uomo incapace di reggersi da solo come un neonato. Girò sui tacchi delle scarpe da ginnastica, facendo scivolare la suola di gomma sul pavimento bagnato: si lasciò dietro la coppia di ubriachi e i propri pensieri, avvicinandosi al bar per tentare, ancora una volta di dimenticare. Dimenticare cosa però? I suoi amici, la sua famiglia, quelle persone per le quali silenziosamente si preoccupava. Una chioma richiamò la sua attenzione, capelli neri e capricciosi: il corpo stretto nel classico tubino nero e la ragazza più alta di qualche centimetro grazie a vertiginosi tacchi dello stesso colore dell'abito. Avvicinandosi con cautela, appoggiando le mani sulle sue spalle, la obbligò a girarsi: Karma in tutta la sua eclatante bellezza, impossibile da ignorare. « Cugina! » un enorme sorriso increspò le labbra di Dildo, che socchiuse gli occhi e lasciò cadere dalla bocca una sonora risata. « Hai dimenticato i pantaloni a casa? »
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    Non ero affatto legata alla mia famiglia. Era una situazione molto...molto complicata, che non mi piaceva decisamente raccontare in giro. Ma eravamo stati una famiglia normale pure noi, una volta. Io non potevo ricordarlo, perché ero troppo piccola. Ma foto, lettere, video ritrovati nella casa dove ero cresciuta ve lo possono confermare. Vivevamo a Londra, la Londra magica, si intende, in una di quelle villette carine carine tipiche della gran Bretagna babbana, ma poco comuni nel mondo magico. Ma mia madre l'aveva voluta così, per far sentire papà a casa. Sotto quel tetto vivevamo in quattro: io, in fasce, mio padre, stranamente sempre sobrio, mia madre, una donna veramente bella a giudicare dalle foto e tutto il resto ed una certa Diamond. Questa giovane donna era praticamente tale e quale a mia madre: alta, slanciata, con un fisico perfetto. la pelle di un bianco candido e gli occhi chiari. Solo i capelli erano diversi: quando mia madre aveva una chioma bionda e perfettamente liscia che seguiva la linea del suo mento, Diamond aveva lunghi capelli rossi, leggermente ondulati. Sarebbero potute sembrare sorelle, ma non era così. Diamond era la migliore amica di mia madre, che dopo la morte del marito era venuta ad abitare - prima temporaneamente e poi a tempo indeterminato- da noi. Aveva assistito a tutta la gravidanza di mia madre e alla mia nascita mentre Emily, la povera donna che mi aveva messa al mondo non sapeva minimamente cosa stesse accadendo alle sue spalle, nella sua stessa casa. Le due persone che amava di più al mondo, mio padre e la sua migliore amica, avevano una relazione. Diamond , tormentata dai sensi di colpa "non poteva più continuare a fare questo ad Emily".E' scritto in una lettera, che lasciò a mio padre prima di andarsene da casa nostra. Ma mia madre lo scopri. E quando lo scoprì, infuriata, se ne andò. Non avevo più intrattenuto rapporti quindi con la mia famiglia, ma in tempi recenti avevo incontrato lui, Christof, che era risultato mio cugino da parte di mamma. Tempo prima ci eravamo frequentati molto più...assiduamente ma in quel periodo non ci parlavamo affatto. Quando lo vidi, nel locale, sorrisi semplicemente ironica alla sua battuta.Facciamo qualcosa, mi sto annoiando.
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