Chi sei, quando nessuno guarda?

will(ma) ♥

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  1. dön't touch my dildo"
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    ⋆ Christine Cooker ⋆
    « Se non trovi le parole, dai voce alla follia »
    Maledetta, fottutissima sveglia. Era già mezz'ora che suonava imperterrita e odiosa, vibrando tutta su quel cazzo di comodino: con un occhio aperto e l'altro chiuso, la ragazza fece finalmente scivolare una mano fuori dal rotolo di coperte e lenzuola in cui si era rintanata – cercando riparo dal rumore e dalla luce – e la lasciò cadere pesantemente sul bottone dell'apparecchio che, improvvisamente, smise di emettere quello stridente suono che aveva riportato la grifondoro alla realtà. Qualcosa si mosse nella stanza attorno a lei e improvvisamente un peso morto le ricadde sopra, spiaccicandola e soffocandole la bocca in quel cuscino che forse una volta era stato bianco: macchie di trucco rigavano sia la federa che il viso di lei. Insultando santi di paradisi di religioni che la maggior parte delle persone non conoscevano, flettè il ginocchio e lo infilò tra le costole del suo avversario: un gemito e il tonfo del corpo di qualcuno che era rotolato giù dal letto finendo sulla moquette che copriva il pavimento. Scivolò fuori dal groviglio di biancheria e appoggiando i piedi per terra si abbraccio imprecando con ogni fibra del proprio essere: si stava così bene sotto quella dannate coperte! Fuori faceva freddo e c'era luce: i raggi del sole penetravano dal vetro della finestra a cui sua madre aveva osato levare la persiana così che la figlia potesse uscire dal letargo in cui aveva deciso di rinchiudersi al cominciare l'inverno. « Ti sputerei tra gli occhi se solo non fosse un insulto per la mia saliva. » disse, guardando il bambino rotolava per terra tenendosi stretto il fianco. Aveva, esagerando, dieci anni e tante lentiggini da sembrare una via lattea arancione su sfondo bianco. « Dove cazzo è la mia tazza di caffè? » Con un'occhiataccia di schifo verso il fratellino, afferrò la vestaglia arrotolata sul comodino e ci si imbacuccò, nascondendo i graziosi orsetti del pijama più che sensuale sotto ad un centimetro e mezzo di flanella color cenere. Si infilò quasi correndo in bagno, agognando il suo caffè: salì sul water e aprendo la finestra si sedette sul davanzale. Da li poteva vedere quasi tutta la città, l'unica cosa che che le piaceva osservare appena sveglia mentre sorseggiava il nettare degli dei dalla sua enorme tazza di Harry Styles e fumava la sua più che meritata sigaretta. Lasciò scivolare il pacchetto e l'accendino fuori dalla tasca e se ne inserì una tra le labbra rosee: tirò lo sciacquone che serviva per nascondere il click dell'accendino ed aspirò con lentezza il primo tiro della giornata, socchiudendo gli occhi e appoggiando la testa contro la cornice della finestra. Christine Cooker era una ragazza dalle grandi aspettative e un carattere orrendo: con il subentrare dell'adolescenza non le erano cresciute solamente le tette, ma anche l'ego. Era stata una bambina viziata e che non aveva mai imparato il significato della parola no: tutto le era concesso, anche il capriccio più assurdo, e per questo a quasi ventidue anni non era ancora capace di accettare una negativa come risposta. Da nessuno. E nessuno era capace di dirle di no, onde evitare la furia che si scatenava quando ciò accadeva: sembrava si fosse aperto il vaso di Pandora e che l'universo sarebbe stato risucchiato nella piega spazio temporale creata dalle urla incessanti, una specie di buco nero situato nella sua bocca sempre aperta. Qualcuno osò bussare alla porta, interrompendo il momento di mattutino relax che si concedeva prima di cominciare la sua vera e propria giornata: girò di scatto la testa, fulminando chiunque si nascondesse dietro al pannello di legno fortunatamente chiuso a chiave. « Cazzo c'è? » ringhiò, gettando la cicca della sigaretta giù dalla finestra. La osservò nella sua caduta libera verso la pozzanghera che si era formata sul marciapiede davanti a casa. « Quelle parole signorina! » Sua madre. Quella donna senza personalità che l'aveva messa al mondo e poi non aveva avuto le palle per crescerla con una briciola di dignità, dandola a cani e porci: il primo che passava non entrava solo in casa loro ma anche tra le gambe di quella strega che Christine, senza volerlo, aveva imparato a considerare come una cagna. « È arrivata Wil. » Le sacro sante parole magiche: saltò giù dal piedistallo ed uscì dalla stanza da bagno, lasciandola piena di fumo e con la finestra aperta. Infilò velocemente il pacchetto di Winston e l'accendino rosa porcello in tasca e scese le scale scivolando sul corrimano: era bassa, magra e aveva il culo tanto tondo da non sentire nemmeno il legno che c'era sotto. « Puttanella! » le cadette addosso, avvolgendole le spalle con le braccia.
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    Wilma Barrow
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    Wil, cucciolotta, la colazione è pronta” La voce tenorile di suo padre le accarezzò le orecchie, ma l’unica risposta che l’uomo ricevette fu un basso grugnito di disapprovazione. Wilma si stropicciò gli occhi ed inarcò la schiena, con tutta l’intenzione di ficcare la testa sotto al cuscino per fingere di non aver sentito la chiamata di Simon Barrow. La sera prima era uscita con Joshua, il ragazzo che amava definirsi suo e che in ringraziamento a quelle belle parole riceveva sempre un amichevole pacca sulla spalla –Wil ed una relazione seria? Sogna, finchè la cosa rimane divertente te lo lascio credere-. Forse si era lasciata un po’ troppo andare all’aspro sapore dei tequila sale limone, perché non aveva la più pallida idea di cosa avessero fatto. Sentiva la bocca impastata di sonno e post sbronza, la lingua ruvida come carta vetrata sul palato. Tirò il cuscino a sé, ma questo non si mosse. Strano. Tirò più forte, ed un mugolio risuonò nella stanza. Non era stata lei a produrlo. Si alzò a sedere immediatamente, scoprendo Joshua coricato nell’altro lato del letto. Dormiva beato, con un braccio poggiato sulla fronte e la bocca semi aperta. Merda. Wilma era la luce degli occhi di suo padre, che vedeva in lei la sua –casta, pura e perfetta- principessa. Le gonne sempre della lunghezza giusta, non un piercing o un tatuaggio a rovinarle la pelle d’alabastro, non fumava, non beveva alcolici. La figlia trofeo sorrideva dalle foto sul camino, stringeva con energia –ma abbassando lo sguardo con modestia- la mano dei colleghi di suo padre; partecipava agli eventi con abiti eleganti ed un portamento fiero, fiore all’occhiello della dinastia Barrow. Era stata una studentessa modello, ed ormai si stava addestrando per diventare Stratega al Ministero come suo papà. Si rotolò fuori dalle coperte, senza preoccuparsi di coprire un corpo che Joshua aveva ormai –presumibilmente- visto. Una rondine spiccava scura sul fianco, un tatuaggio che aveva fatto insieme a Chris l’anno prima e che il padre non aveva mai visto. “Joshua” Sibilò a denti stretti, pungolando il giovanotto per svegliarlo. Quando fece per parlare, gli premette il cuscino sulle labbra, intimandogli di tacere. “Wilma, tesoro, guarda che vengo su” Una tona di velata minaccia, nella voce di Simon. Wil era perfettamente consapevole che non le avrebbe torto un capello, dire che l’adorava era un eufemismo, ma si trattava comunque di suo padre. L’ultima cosa che voleva era che entrasse in camera sua, scoprendo uno sconosciuto nel suo letto. Lei, la figliol prodiga, certe cose nemmeno doveva pensarle. Spinse Josh a terra, ritenendosi fortunata ad avere un tappeto spesso che potesse attutire il rumore. Aveva insistito parecchio, e adulato per molto tempo suo padre, prima che le venisse permesso di possedere un arredo così kitsch in camera sua: era un orribile tappeto rosa shocking che sembrava ricoperto di piume, e se n’era innamorata immediatamente. Sapeva che le sarebbe tornato anche utile, quindi perché non unire pratico e dilettevole? Gli lanciò i vestiti addosso, senza nemmeno accertarsi che fossero i suoi. Non sapeva nemmeno se Josh fosse sveglio, in realtà, ma a costo di buttarlo giù di peso dalla finestra, si sarebbe liberata di lui. Passi sulle scale. Strattonò il ragazzo verso il davanzale, aprendo la finestra. “Arrivo!” Urlò civettuola sperando che il padre le credesse e tornasse in cucina, mentre lei sistemava la faccenda. “Sei al secondo piano” Implorò Josh con voce stridula, gli occhi scuri ancora appannati di sonno. “E quindi? Hai una bacchetta, usala!” Rispose stizzita. Quando il ragazzo abbassò lo sguardo verso l’altro tipo di bacchetta, pensò che probabilmente avrebbe fatto prima a schiantarlo e a lanciarlo sull'aiuola, sperando che un ragazzo nudo fra le peonie di mamma non destasse sospetti. “Quella magica”Èmagica, piccola” Ammiccò lui. Wil sorrise sorniona, poggiando le mani sul petto di lui. Avvicinò il viso al suo, sfiorandogli le labbra con le proprie. “Solo nei tuoi sogni” E spinse.
    Si infilò la vestaglia e si pettinò i capelli, bevendo l’intruglio che Nathalie Henderson le aveva consigliato per casi del genere. Quella donna era sempre piena di risorse, adorabile. “Ciao papà” Sorrise allegra al padre passandogli vicino, e questo si abbassò per posarle un bacio sui capelli. “Cos’è stato quel rumore?” Le domandò, avanzando di un passo all’interno della stanza. Si morse l’interno della guancia, posando le mani sul ventre. “Scusa, ho parecchia fame” Si scusò, mentendo con la naturalezza affinata negli anni.

    Dopo una colazione che si era sentita obbligata a finire nonostante l’impellente bisogno di rigurgitarla, ed una doccia che l’aveva fatta tornare allo stato di raro e vergine unicorno che suo padre tanto apprezzava, Wil uscì da Villa Barrow diretta a casa di Chris. Ormai il tragitto che separava le loro abitazioni, avrebbe potuto farlo ad occhi chiusi. Indossava una gonna scura che le arrivava al ginocchio, una castigata camicetta bianca ed un cardigan azzurro cielo. Insieme alle scarpe nere basse, se avesse indossato anche un rosario, avrebbe potuto tranquillamente sostituire la signora Fitch nel raccogliere le offerte in chiesa la domenica mattina. Poco ma sicuro, Wil sarebbe riuscita a spillare loro più di due anni. Bussò alla porta, rivolgendo il sorriso più spontaneo che le riuscì alla mamma di Chris. “Buongiorno signora Cooker, c’è Christine?” Domandò affabile ed educata, come le era stato insegnato. Sapeva che era una domanda sciocca – avevano appuntamento, era casa sua, perché non avrebbe dovuto esserci?-, ma sapeva anche che il buon costume la richiedeva. Un cenno d’assenso della donna e qualche secondo dopo, un vortice biondo la travolse letteralmente. Dio, Chris era un tale concentrato d’energia, che il solo averla vicino la faceva sentire viva. Prima di conoscerla, al castello, Wilma era davvero la ragazzina che suo padre amava mettere in mostra alle feste; viziata, tenuta sotto una campana di vetro, quegli anni non le sembrava nemmeno di averli vissuti. Con la Cooker era diverso. Lei, era diversa. E si piaceva molto di più. “Puttanella!” Rise ricambiando, per quanto possibile, la stretta della ragazza. La Barrow non era mai stata particolarmente espansiva, e di certo mai avrebbe immaginato che sarebbe stato normale essere chiamata puttanella: oh, Christine, se non ti avessi conosciuta. “Buongiorno stronzetta. Non puoi nemmeno immaginare cos’è successo stamattina” Alzò gli occhi al cielo, prendendo dalla borsa a tracolla una sigaretta. La infilò fra le labbra, sporgendosi verso Chris in modo che fosse lei ad accenderla. Era una specie di rito, il suo. E non aveva mai l’accendino. Più si allontanavano dalle loro dimore, più Wil si sentiva sciolta. Girato l’angolo si tolse il cardigan, infilò la camicia dentro la gonna e tirò questa su fin sotto quel povero, misero arrotondamento che si impuntava a chiamare seno. Non era giro passera, le arrivava a metà coscia, ma con le lunghe gambe che poteva vantare sembrava mostrasse molto di più.
    sheet 21 pureblood ravenclaw deatheaters pensieve
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    Edited by #epicWin - 5/4/2015, 03:13
     
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