Is it just smoke and mirrors?

christiane !

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    dressed to kill

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    Jericho Lowell
    all that I've known fall to the ground without a sound
    Il parquet tinto di vermiglio, mani troppo piccole per un corpo troppo grande, una domanda confusa ed un sorriso sbagliato. Un volto storpiato dalla sofferenza, un dolore senza origine, una mano calda sulla spalla, biscotti allo zenzero. Un singhiozzo. Un paio di occhi azzurri aperti su una stanza ancora buia.
    Attese in silenzio che la respirazione tornasse regolare, così come il battito che sembrava impazzito. Non era una cosa di cui stupirsi, le capitava tutte le notti. Non era nemmeno un gran problema per Jericho Lowell: gli incubi erano finti, non potevano farle del male. E quei ricordi non erano così nascosti da causare un indescrivibile dolore ogni volta che tornavano a galla, erano più come una scheggia sotto pelle. Sempre presente, sempre fastidiosa, ma si imparava a conviverci. Ormai era passato, ed il passato non poteva essere cambiato. E poi da allora Jericho aveva avuto una bella vita, circondata da persone che le volevano bene. Poteva andare peggio ad un orfana, almeno di fatto, sbattuta in strada alla tenera età di tre anni. Aveva trovato gli Hades, e loro avevano fatto il possibile per lei: una casa, dei vestiti, un amore che non pensava di poter ancora meritare. Le avevano permesso un futuro, donato ricordi migliori con cui addormentarsi la sera. E poi aveva conosciuto Jack. Killian detto Jack, Hades, un anno più grande di lei, un fratello con cui non condivideva sangue ma solo interessi. Erano cresciuti insieme, e lentamente era diventato una parte fondamentale della sua vita, un tassello che la rendeva completa laddove non era che un disegno appena abbozzato. Ma era diventato troppo importante, più di quanto la situazione non meritasse; certamente non nel modo che la situazione richiedeva. E Jericho era fuggita, perché i Lowell erano dannatamente bravi in quello. E come un naufrago si era aggrappata alla fortuna: una boccetta di felix felicis. Cosa mai sarebbe potuto accaderle di male, con una pozione di fortuna liquida? Ma non bisogna fidarsi dell’aspetto dorato, delle promesse impreziosite dal sapore dolce.
    Si alzò dal letto stropicciandosi gli occhi, camminando in punta di piedi fino al bagno per non svegliare Aveline. Guardò la sua immagine riflessa: un estranea dallo sguardo familiare. Era stata fortunata? Il Karma era un bastardo doppiogiochista, e non aveva fatto altro che esaudire i suoi desideri. C’era un vecchio detto a cui nessuna persona di mente aveva mai prestato attenzione, ossia attenzione a quel che si desidera, potrebbe avverarsi. Per lei si era sempre trattato di un adagio sciocco, magari si fossero esauditi! E Jericho, il giorno della pozione, voleva essere un’altra persona. Voleva un’altra pelle, perché quella di Jericho Karma Lowell cominciava a starle stretta, a fare un po’ più male ad ogni movimento. Voleva sapere cosa Jack pensava di lei, capire se in quella sua testa vuota avesse perlomeno compreso quanto lui significasse per la sua esile persona. E cosa aveva ricevuto? Un corpo nuovo, bellissimo. Ed era un po’ come barare, senza contare che, esattamente come un abito, non era in grado di portarlo: poteva essere cambiato tutto intorno a lei, dentro di lei, ma Jer era pur sempre Jer. Una ragazzina insicura con un atteggiamento sempre difensivo, sempre pronto ad offendere prima di essere offesa, sempre troppo fuori dagli schemi per inserirsi sulla scacchiera. Ma i regali non si erano fermati a quello, perché Karma aveva ricevuto anche la capacità di percepire i pensieri altrui, detta comunemente telepatia. Non era controllabile, come la Legilimanzia; non poteva decidere lei quando, come o dove usufruirne. I pensieri degli altri erano sempre insieme ai suoi, perennemente nella sua mente, in un continuo urlare e lacerarsi fra loro. Le persone avevano così tanti sogni, così tante speranze, che le sembrava di averle ereditate ella stessa da ognuno di loro. Non si era mai interessata particolarmente della gente che l’aveva circondata in quegli anni, chiusa orgogliosamente ed egoisticamente dentro il suo bozzolo di semi solitudine. Non ci aveva nemmeno mai provato a capirli, quei sorrisi di scherno o di imbarazzo che aleggiavano sulle labbra dei suoi compagni. E adesso, volente o nolente, non poteva fare a meno non solo di capirli, ma anche di condividerli: dentro di lei convivevano così tante persone, che spesso faticava a trovare sé stessa, a capire cosa lei volesse davvero. Chi fosse diventata.
    Si guardava allo specchio, e non lo sapeva più. La cosa che la faceva impazzire, era il fatto che fosse solo ed interamente colpa sua: lei aveva seguito quella ragazza, lei era entrata volontariamente nei Laboratori, lei aveva accettato. Era stata una stupida, una bambina infantile e capricciosa, ed ora non riusciva nemmeno a riavvicinarsi ai suoi vecchi, per quanto poco numerosi, amici. Non voleva ammettere quanto fosse stata sciocca, non con quelle poche persone con le quale le barriere si erano un poco infrante, un poco abbassate, un poco fuse con le loro. Non voleva che cominciassero ad odiarla anche loro. Voleva iniziare una nuova vita, ma non da sola.
    Jericho Karma Lowell, per quanto si sforzasse di credere il contrario, non era in grado di stare da sola. Così aveva stretto amicizia con Aveline, la rossa che parlava con i defunti. Era così fragile, con quei grandi occhi tristi. Così fragile, eppure così forte dietro il sorriso flebile. Nemmeno a lei aveva avuto il coraggio di dire come fosse finita nei Laboratori, avevano sempre evitato l’argomento; e sapeva che era una strega, non una babbana, eppure la Jodene non le aveva mai fatto domande in proposito. Era per quello che a Jer piaceva tanto la sua compagnia: la accettava così com’era, senza chiedere come lo fosse diventata. Aveva avuto il coraggio di farsi avanti con Megan Lynn, per avere il suo aiuto.
    Fine. Nessun altro, delle sue vecchie conoscenze, sapeva che lei era Jericho Karma Lowell. Aveva pensato che potesse andarle bene così, ma non era vero. Aveva pensato di poterli evitare fino a che non fosse stata pronta, ma era impossibile, perché viveva ancora al castello. Aveva perfino incontrato Jack, aveva sentito i suoi pensieri. Stava cercando Jericho, disperatamente, e lei non era riuscita a dirgli che Jer era proprio lì davanti, che aveva bisogno di lui più di quanto lui non avesse bisogno di lei. La Lowell era stata una Grifondoro, ma il coraggio non era il suo forte. A meno che essere codardi non fosse una specie di coraggio alternativo, in quel caso era davvero un leone.
    Si avvicinò allo specchio, espirando e facendo così appannare la superficie. Ripetè l’operazione finchè questi non fu completamente oscurato, finchè a ricambiare la sua occhiata non rimase che una figura sfocata. E quella era Jericho Karma Lowell, un immagine non ben definita dietro un vetro opaco. Sempre al buio, indossò la divisa che le avevano recapitato il primo giorno in cui era tornata al castello, non dissimile a quella che era stata abituata a portare nei quattro anni da Grifondoro. Quella cravatta grigia, priva di sfumature, e la mancanza del leone sul petto le fecero comprendere quanto le mancasse la sua vecchia, disagiata vita. Non pensava di essere mai stata felice.
    Si era sbagliata.
    La maggior parte del castello stava ancora dormendo, e Jer riusciva a percepire sprazzi dei loro sogni e dei loro incubi. Tentò di ignorarli, ma era pressochè impossibile; decise che la tattica migliore sarebbe stata assecondarli, fingere che fossero anch’essi parte della realtà effettiva che viveva ogni giorno. Accompagnata da quei sussurri e dal rumore dei suo passi, Jericho arrivò alla Torre di Astronomia. Si lasciò andare in un sospiro nostalgico che si spense nel silenzio, una nota melanconica che nessuno avrebbe udito. Quello era in assoluto il suo posto preferito: amava arrivare in cima e poter guardare tutto senza essere vista da nessuno, al di fuori delle stelle. Loro erano sempre lì, silenziose quanto lei. Di giorno erano invisibili, così com’era sempre stata Jericho, ma a quell’ora, quando il cielo si tingeva di quel blu profondo antecedente l’alba, brillavano più che di notte, quasi implorassero di essere osservate prima di sparire nuovamente. Avevano bisogno che qualcuno le guardasse per esistere.
    E Jericho le guardava, come aveva sempre fatto.


    Scheda ▴ 15 ▴ Telepatia ▴ Pensieve code role by #epicwin for obliviongdr

     
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