Rebel without a cause

xCzar

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  1. #deimos
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    Deimos Campbell
    Meglio aggiungere vita ai giorni che non giorni alla vita

    Guardai I muri insanguinati. Le travi di legno erano polverose e sconnesse e a camminare sul pavimento si ci pensava utre o quattrro volte prima di farlo, poiché al camminarci sopra produceva suoni spaventosamente inquietanti. Giuro, una notte di sesso farebbe meno rumore, e fidatevi che so di che parlo. Sbuffai. L’amùr, amore e gioia e pace, cucciolosità, san valentino, anima d’amore, serenate d’amore, canzoni d’amore, poesie d’amore. E infine l’amore si riduceva ad essere del semplice atto fisico.
    Ok, senza offesa eh. Magari qualcuno ama davvero anche se fa cose come se fosse l’unica cosa che può mantenerlo in vita: è pur vero che il sesso è la dimostrazione più alta, elevata (in tutti i sensi) e concreta dell’amore. Io eppure non l’avevo mai provato (né l’amore né tantomeno il sesso) e, personalmente, stavo più che bene. Non avrei mai provato il secondo senza trovare la persona che mi dava e a cui le davo amore. Sì, tipo quell’amore di cui si narra nelle novelle medioevali o nei romanzi cavallereschi. Sono un animo romantico, è vero, e pure sognatore. Certo non immagino l’amore come una storia tutta rose e fiori, tutto rosa e infiocchettato.
    Non guardatemi come se fossi un alieno. Grazie.
    Cercavo solo un rapporto sincero, ecco. Ma forse era impossibile trovarlo. Ricordavo ancora i gemiti e i sospiri che provenivano dal letto vicino al mio, nel dormitorio Ravenclaw. Eravamo al secondo anno, avevamo 12 anni. E Colin si stava facendo una ragazza di 11. Ecco come girava adesso il mondo: i giovani credevano di crescere prima e dsi autodistruggevano come il Titanic: cercavano grandi imprese, sbattevano contro un iceberg e affondavano nel buio dei tormenti e della solitudine, nonché della stoltezza. In pochi riuscivano ad uscirne.
    Era così difficile resistere al fascino delle forme di una ragazza? Certo, anch’io le ammiravo – e anche quelle dei ragazzi, sono così carini – ma di certo non mi mettevo a delirare su quanto avrei voluto andare a letto con loro. Tipo Sheridan e Maeve erano delle ragazze fantastiche dal punto di vista fisico, eppure non me lke sarei mai portate a letto, forse. Gioventù bruciata. Iniziavano a fumare e fare cose a undici anni. E quando finivano di giocare e sognare? A undici? Di già?
    Che mondo di schifo, constatai. Che poi, perché stavo facendo tutte quelle pippe mentali dentro un maledettissimo capannone ridotto peggio del capanno attrezzi di un pescatore in fondo all’oceano Pacifico? Non lo sapevo neanch’io, ma i monologhi interiori incontrollati erano una mia peculiarità. Un male o un bene? Un male no di certo, ma non potevo nemmeno definirlo bene, e poi…
    Scricchiolii. Rumori. Gemiti di fantasmi. Czar.
    Mi voltai verso la porta che si stava aprendo. «In leggero ritardo, leggero davvero», ironizzai. Ero appoggiato sul muro che mi sembrava più pulito e una striscia di luce della luna proveniente da una fessura tra le assi della Stamberga illuminava il mio volto. Chissà perché Czar mi aveva condotto lì. Per stronzate, di sicuro. «Ben arrivato, qual è il motivo di questa convocazione benedetta?», chiesi con immenso sarcasmo e col sopracciglio inarcato. Czar era uno dei pochi Grifondoro con cui avevo stretto un legame di amicizia.
    Non sapevo perché.


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    CZAR DOLOHOV

    scheda ▼ 18 ▼ ex gryffindor ▼ ribelle ▼pensieve

    Quando Czar era ancora piccolo aveva fantasticato spesso sul tipo di lavoro che avrebbe fatto da grande, aveva ipotizzato persino di fare il pilota, gli erano sempre piaciuti gli aerei; li vedeva come dei mezzi su cui ti sentivi invincibile, il padrone dei cieli. Si era fatto regalare un aeroplano intagliato, quando aveva scartato il fiocco che teneva sigillato il pacco per poco non aveva iniziato a ballare la macarena con tanto di movimento di bacino sexy o forse era lui a pensare di esserlo, molto modesto. Una volta aveva era persino salito sul tettuccio di un’auto e si era lanciato nel vuoto per poi –ovviamente- schiantarsi rovinosamente al suolo, provocando la rottura dell’ulna. Era stato un irresponsabile e si, incredibilmente stupido, aveva ancora memoria della ramanzina di suo zio. Rabbrividì stingendosi nel giubbotto, un po’ per il freddo e un po’ per il ricordo non esattamente piacevole; accennò a uno di qui sorrisi bastardi che lo caratterizzavano e scosse la testa, fin da piccolo era stata una testa calda, cosa che crescendo non era mutata.
    Iniziò a camminare più rapidamente visto che era in ritardo, ora, non che fosse colpa sua: una pazza gli aveva spedito mille volantini con una torta e diverse prelibatezze stampate sopra, da quando il proprietario del Red Velvet era deceduto gli affari non stavano andando bene. Tuttavia non era un valido motivo per riempirgli la posta con quella merda che non aveva esitato a bruciare e che almeno gli aveva regalato un lieto tepore.
    Aveva dato appuntamento a Deimos alla Stamberga Strillante anche se non ne aveva specificato il motivo, desiderava lasciare una certa ansia nel ragazzo, per rendere l’incontro più interessante. Tuttavia aveva la sensazione che se non fosse arrivato in tempo se ne sarebbe andato, d’altronde tutti lo avrebbero fatto, di certo non era colpa sua ma spiegarlo all’ex corvo sarebbe stato bizzarro. Immaginava già la sua reazione: avrebbe alzato gli occhi a cielo e successivamente inarcato il sopracciglio per poi apostrofarlo con quella voce sarcastica e odiosa tipica dei corvonero, Dio, quanto la detestava. Era un tipico segno del fatto che si credessero superiori agli altri, o almeno così pensavano, ancora oggi si domanda come avesse fatto a sopportarli per ben sette anni. Ah no, infatti non l’aveva fatto, aveva preferito azzuffarsi con loro per finire nella Sala delle torture. Lì aveva fatto la conoscenza di tanti dei suoi attuali amici, non che ovviamente parlassero fra di loro mentre venivano frustati ma-beh, avete capito.
    Finalmente raggiunse la Stamberga, una casa dalla forma slanciata, in mezzo al nulla. Molti sostenevano che quella fosse la dimora di alcuni fantasmi, cazzate. Quelle erano persone superstiziose e facilmente impressionabili, la realtà che quello era il rifugio di molti e il fatto di mantenere quella facciata spettrale costruitasi negli anni faceva comodo a tutti, nessuno escluso, neanche i ribelli. Si addentrò all’interno dove pareti incrostate di sangue erano in netto contrasto con le assi polverose e sconnesse, su cui si esitava a camminare; Czar salì fino al secondo piano, la sua presenza fu annunciata dallo scricchiolio delle travi quindi quando aprì la porta non fu affatto sorpreso di trovare Campbell a fissarlo, prima di ironizzare come a suo solito la situazione «In leggero ritardo, leggero davvero» l’ex grifo si avvicinò al suo interlocutore inarcando il sopracciglio «ma come, non si usa più salutare? E ho avuto cose da fare che mi hanno tenuto impegnato» incrociò le braccia prima di riprendere il discorso con tono divertito «impaziente come al solito, vedo, e fidati che è nei tuoi interessi questa “convocazione benedetta” siccome ho intenzione di proporti delle lezioni di Occlumanzia, per migliorarla. Sei un ribelle, non possiamo permetterci che delle informazioni siano facilmente estraibili» la sua voce mutò da un tono divertito a serio, sapeva quant’era pericoloso far parte della Resistenza e gli veniva ricordato ogni giorno, non era un gioco dove se fallivi potevi riprovare. Quella era la vita, la realtà.











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  3. #deimos
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    Deimos Campbell
    Meglio aggiungere vita ai giorni che non giorni alla vita
    Non avevo mai visto di buon occhio i Gryffindor. Il mio non era odio, ma semplice rifiuto della loro presenza. Se potevo, li evitavo. Non li odiavo. Era come per i ragni: non li odiavo, mi facevano solo paura. E i Leoni RossOro mi facevano più che altro ribrezzo. Ora vi direte “Eccoli qui, i Corvi che vanno a criticare i Leoni perché non hanno muscoli”. Punto primo, io i muscoli li ho; punto secondo i RossOro il mio ribrezzo se l’erano guadagnato. E arriva la più semplice domanda che un uomo possa fare: come?
    Non capisco chi vi abbia dato il permesso di sapere i miei pensieri, perché questo qua che sto per raccontare è abbastanza imbarazzante e non l’ho mai raccontato ad anima viva. Maeve non conta, lei lo vide direttamente cosa mi fecero. Una cosa ai limiti dell’indecenza. Ma andiamo con ordine.
    Avevo 11 anni, primo anno di scuola. Ero mingherlino, quasi scheletrico, nonostante i continui esercizi ginnici (di tortura, per me) che ci facevano fare ogni benedetto giorno. Più o meno: quando c’erano le materie come Storia della Magia, Incantesimi o Arti Oscure era una benedizione, questo perché il massimo che dovevi fare era alzarti dal banco e lanciare una fattura o declamare il famoso Compendio della Storia del Mondo Magico a partire dalla Prima Fondazione eccetera. Era un Compendio, ma il titolo occupava due pagine e non sto scherzando. Facevo defecare in quelle materie in cui bisognava muoversi troppo (o meglio, davo il massimo e ricevevo solo A, al massimo O. Sì, è poco, per i miei canoni) ed eccellevo nella altre. L’unica cosa che sapevo fare era correre.
    Un giorno corsi a peridi fato. Corsi tantissimo, con la paura di essere acchiappato. Corsi, corsi, corsi, mentre il mio cuore faceva i salti mortali per reggere il mio passo. Infine, giunsi alla torre Ravenclaw. Maeve mi stava aspettando, con il sopracciglio inarcato del tipo “Ho il ciclo e tu sei in ritardo”. Sotto braccio avevo alcuni libri: dovevo studiare con lei e ci eravamo dati appuntamento davanti l’ingresso per la Sala Comune della nostra nobile casata. Ma ecco il bullo che mi stava seguendo e da cui stavo scappando farsi vicino. La paura mi attanagliò e mi nascosi (letteralmente) dietro alla mia migliore amica. Tremavamo entrambi, ma quel bastardo se la prese solo con me.
    Come finì? Finì che rimasi una settimana chiuso tra le tende del mio letto senza farmi vedere da nessuno. Maeve ogni giorno aveva la scusa pronta: Deimos sta male, Deimos ha questo, Deimos ha quello e quindi non è potuto venire a lezione. La realtà era che avevo un naso da maiale e avevo il corpo gonfio. Con tanto di coda da porcellino. Se non fosse stato per Maeve, probabilmente quello stesso pomeriggio mi sarei buttato dalla torre.
    Maeve, Maeve, Maeve. Ma come ero ripetitivo: sempre lei. Eh no ragazzi, senza di lei io non esisterei, avevo un debito con lei. Molto spesso era stata l’unica cosa cui mi potevo appigliare.
    Ed ecco, quel gradasso era un Gryffindor. Ma io ero anche intelligente e sapevo benissimo che non tutti i Gryffindor erano come lui, quindi mi proposi una tattica: starci vicino il meno possibile per evitare brutte sorprese anche se potrebbero non essercene. Meglio stare sul sicuro.
    Ma con Czar era diverso. Lo incontrai in Sala Torture, venimmo torturati insieme e insomma questa è un’altra storia. Merita di essere raccontata, certo, ma non adesso. Ecco perché era uno dei pochi e rari RossOro con cui avevo a che fare. Ed era pure mio amico, guarda un po’. Con lui ero spesso sarcastico ed ironico, ma era il mio modo di dimostrargli affetto. E poi lui lo sapeva. Credo. Circa.
    “Ma come, non si usa più salutare? E ho avuto cose da fare che mi hanno tenuto impegnato”. Alzai lo sguardo al soffitto e mi allontani dal muro su cui ero poggiato di pochi centimetri: «Cose da fare», sottolineai, «mi hanno tenuto impegnato». Con una smorfia infinitamente avvelenata di sarcasmo, mordendomi il labbro inferiore, rimbeccai: «Chissà cosa, mi chiedo». Alzai la mano come a dire “stop”: «E non voglio sapere, sto bene così sai».
    “Impaziente come al solito, vedo, e fidati che è nei tuoi interessi questa “convocazione benedetta” siccome ho intenzione di proporti delle lezioni di Occlumanzia, per migliorarla. Sei un ribelle, non possiamo permetterci che delle informazioni siano facilmente estraibili”. Inarcai il mio sopracciglio destro e mi sedetti sulla poltrona., la più pulita che c’era dentro quello schifo di stanza. Riflettei su quello che mi aveva appena detto, ma intanto una battuta velenosa mi uscì dalle labbra: «Di facilmente estraibile mi pare ci sia ben altro, nel tuo caso». Poi il mio sguardo si spostò e divenne serio. Non c’era molto da ragionarci su, insomma: era una buona causa. La nostra causa.
    La causa per ila quale avevo giurasto di dare tutto me stesso.
    La decisione era stata quindi già presa in automatico quando ero entrato nella Resistenza: spostai il mio sguardo su Czar e annuii. «Va bene». Il filtro alla bocca non funzionò tanto bene, perché mi uscì un altro spruzzo di puro e velenoso sarcasmo: «Certo, potevamo anche incontrarci in un posto meno squallido di questo, la gente poi va a pensare male». Mi alzai e mi tolsi il cappotto, rimanendo con una semplice maglietta a maniche lunghe, grigia, con una scollatura a V. Non era un vestito da donna, tranquilli. Iniziai a girare attorno a Czar facendo dei piccoli passi. «Iniziamo adesso. Io penetrerò la tua mente e lo farò in modo semplice. Giusto per constatare quanto tu sia bravo». Mi fermai davanti a lui e mi ci avvicinai, posando l’indice della mia mano sulla sua fronte: «Libera la tua mente, fai tabula rasa, zero emozioni, zero pensieri, zero tutto, lasciati andare, tu non esisti più, esiste solo il tuo corpo. Intanto vediamo come te la cavi quando cerco di entrare nella tua mente dopo averti avvertito. Poi vedremo come te la cavi quando succede inaspettatamente. Dimmi quando sei pronto». Solo a quel punto tolsi il dito dalla sua fronte e feci un passo indietro, guardandolo negli occhi, in attesa.


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    CZAR DOLOHOV

    scheda ▼ 18 ▼ ex gryffindor ▼ ribelle ▼pensieve

    Era un bel posto, quello. Probabilmente se Czar avrebbe dovuto scegliere una nuova dimora la Stamberga Strillante sarebbe stata tra quelle, assolutamente confortevole, vicino al centro e con molto spazio a disposizione, oltre al sollievo di non dover più scacciare i venditori porta a porta. Non che avesse qualcosa contro di loro, ma spesso non aveva tempo di starli a sentire, era impegnato lui, esattamente a fare cosa nessuno lo sapeva, evidentemente non doveva avere l’aspetto di qualcuno con uno scopo nella vita. In realtà ce l’aveva, combattere contro i Mangiamorte, ma eliminato questo restava un giovane con evidenti problemi. Alzò la testa, osservando il soffitto e sperando che questo non cadesse da un momento all’altro, non era cambiato dall’ultima volta in cui era entrato in quel posto. Non era stato tanto tempo prima, dovevano essere passati due anni, quando due serpeverde l’avevano portato lì e picchiato per poi legarlo, simpatici, evidentemente non dovevano aver gradito le parole del giovane. Czar, una ragazzo dalla lingua tagliente, che non sapeva ancora quando era opportuno tacere.
    «Chissà cosa, mi chiedo. E non voglio sapere, sto bene così sai» nell’udire le parole di Deimos scoppiò in una risata, scuotendo la testa, quel ragazzo coglieva solo doppi sensi, non che lui non lo facesse, certo. «Va bene. Certo, potevamo anche incontrarci in un posto meno squallido di questo, la gente poi va a pensare male» osservò l’amico che si toglieva il cappotto ma che , ovviamente, non riuscì a evitarsi quelle parole «non pensavo che tenessi così tanto in considerazione l’opinione altrui e comunque Deimos dovresti cominciare a sviluppare quella che si chiama “capacità d’ adattamento”» replicò il russo, rimproverando mentalmente Deimos per essere così fastidioso alle volte. Era sempre stato così, eppure si chiedeva spesso come aveva fatto a sopportarlo per tutti quegli anni: certo non erano mancati gli scontri, anche verbali, tra i due. Spesso nascevano anche da cose stupide, nella quale l’uno voleva dimostrare che le sue ipotesi erano più corrette di quelle dell’altro. «Iniziamo adesso. Io penetrerò la tua mente e lo farò in modo semplice. Giusto per constatare quanto tu sia bravo» a me piacerebbe penetrare ben altro non diede voce ai suoi pensieri, ma non riuscì a fare a meno di commentare le parole dell’ex corvo «ma come, ormai pensavo che non mi sottovalutassi più» gli angoli della bocca si curvarono in un sorriso ironico nello stesso momento nel quale le sopracciglia si inarcarono, nonostante il suo miglioramento da quando era entrato nei Ribelli non sapeva quanto sarebbe stato difficile tenere fuori dalla sua mente Deimos, ma era di fondamentale importanza, lui non doveva scoprire niente, non così. Aspettò che l’amico togliesse il dito dalla fronte per tirare un respiro profondo e sgombrare la mente da qualsiasi pensiero «forza Didi, fammi vedere cosa sai fare»






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    Deimos Campbell
    Meglio aggiungere vita ai giorni che non giorni alla vita
    “Non pensavo che tenessi così tanto in considerazione l’opinione altrui e comunque Deimos dovresti cominciare a sviluppare quella che si chiama “capacità d’adattamento””Z. Chiusi gli occhi facendo un respire profondo. Come potevo sopportare quelle frecciatine così tristi e idiote? Eppure le sopportavo da anni, da anni sopportavo quell RossOro. Come facevo? Se non lo sapete voi, figurarsi io. «Infatti poi ho detto “non voglio sapere, sto bene così”. Voglio bene all’umanità, ma la gente è noiosa», commentai con un sopracciglio inarcato. Poi aggiunsi: «La “capacità d’adattamento” che un uomo può sviluppare non comprende l’avere incontri segreti che potrebbero finire su Gossip Polgy. Per inciso, incontri segreti nella Stamberga, ormai tutti per avere incontri segreti vengono qui. Ormai la Stamberga è diventata meno sicura di Hogwarts».
    Ed era vero. I Tre Manici, dove c’erano millanta orecchie, era anche più sicuro della Stamberga. Ormai quella casa malridotta era diventata un famoso centro di incontri segreti. “Ci incontriamo segretamente?”, “Sì, ma dove?”, nel 90% dei casi il luogo che veniva scelto era lei, la Stamberga. Ma io potevo stare tranquillo, del resto cosa c’era di male nell’insegnare a un proprio amico l’arte dell’Occlumanzia? Certo, se poi l’insegnante e l’amico sono ribelli la cosa diventa pericolosa per il Governo, ma di certo non volevamo andare a dirgli “Ehi, vedete che noi facciamo lezioni di Occlumanzia per potervi prendere meglio in giro!”.
    Czar, ironicamente, mi disse: “Ma come, ormai pensavo che non mi sottovalutassi più”. Inarcai ancor di più il mio sopracciglio. «Ripeto, amo l’umanità ma considero la gente cretina e la sottovaluto. In particolar modo te, quando fai il cretino». Avevo voglio di tirargli un buffetto sulla nuca, ma ora quel povero russo doveva concentrarsi e io mica volevo disturbarlo. Penetrare nella sua mente significava vedere cose moralmente discutibile, e voi sapete di che parlo.
    “Forza Didi, fammi vedere cosa sai fare”. Annuii, puntandogli la bacchetta contro per stabilire un controllo migliore, anche se la bacchetta non era necessaria da puntare. Mi concentrai anch’io, focalizzando l’attenzione sui suoi occhi. Fissai i due punti neri dei suoi occhi mentre lo spazio attorno a me si cancellava dalla mia mente. Per me esisteva solo l’idendità di Czar e i suoi occhi. Mi concentrai di più, sempre di più. Ancora di più, di più, di più. Ma nulla.
    Sospirai, rassegnato.
    «Zero a uno», sorrisi. «Significa che riesci a chiudere la tua mente, ma…». Mi avvicinai a lui fino a sentire il respiro sulla mia faccia. «…riesci a contrastare una Legilimanzia che arriva così, inaspettata, all’improvviso?». Lo fissavo in continuazione negli occhi, studiandolo.
    Quando vidi che la sua fronte si rilassò, attesi ancora. Sentii il suo respiro sempre più veloce, ansioso. Gli occhi tremavano dall’ansia. Quando inizierà a leggermi la mente?, si chiedeva di sicuro. Quando vidi la sua bocca che stava per aprirsi, all’improvviso concentrai tutte le mie forze e i miei impulsi al mio cervello, focalizzando gli occhi che mi trovavo davanti. Fu come un tuffo, fu come entrare nei suoi occhi, nelle sue pullile. Sorrisi. Gli stavo leggendo la mente.
    Ma cosa stavo vedendo? Lo scoprirete nel prossimo post, stay tuned!


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4 replies since 29/1/2015, 20:09   239 views
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