Everything happens for a reason

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    Arthur N. De Lamort Greengrass
    Do you want to be with somebody like me?
    Era una giornata come le altre, il sole doveva essere ancora alto ma non potevo dirlo con certezza: con me non avevo nulla che mi dicesse l'ora e il cielo era coperto ovunque da nuvole grige, che facevano filtrare appena qualche raggio a riscaldare noi poveri maghi infreddoliti. Mi aggiravo per le vie di Diagon Alley nel mio cappotto lungo, la sciarpa tirata fin sopra il naso e le mani che si sfregavano l'una contro l'altra nel disperato tentativo di riscaldarle. Ero uscito da poco dal lavoro e pensavo di andare a trovare o mamma o Michael, che per altro non vedevo da una vita. Erano entrambi così presi dal lavoro...ed io beh, non ero da meno.Da quando lavoravo come psicomago, professione che mi rendeva per una volta fiero di me e delle mie scelte prese nella vita, non avevo avuto un attimo per respirare. Perché non approfittare di qualche ora senza pazienti per riunirmi alle due persone che più amavo sulla faccia della terra? Essendo però io, ovviamente, terribilmente distratto e senza il minimo senso dell'orientamento...mi persi. Sì,esattamente. Dopo dodici anni che facevo quella strada mi persi. Adesso non so spiegarvi come, fatto sta che tutti i negozi che vedevo, tutte le insegne, tutte le persone sembravano a me totalmente sconosciuti. Mi chiesi se qualche malattia psicologica non ancora classificata fosse trasmissibile e mi diedi dello stupido. Signore e signori, il ragazzo che avete davanti si è diplomato ad Hogwarts con il massimo dei voti,si occupa di psicologia e non ha la più pallida idea di dove possa trovarsi. Respirai a fondo, tentando di mantenere la calma, ma con me la cosa era difficile. Inizia già lentamente a vederci sbiadito, il naso mi pungeva. Fuori dalla mia bocca uscivano nuvolette di fumo create dal freddo ed io non avevo la più pallida idea. Con la paura di stare avendo uno degli ennesimi attacchi di panico praticamente immotivati, mi buttai dentro al primo negozio che i ritrovai davanti. Appena chiusi la porta tirai un sospiro di sollievo e mi avvicinai un po' tremante al bancone, tentando ancora di mettere a fuoco e tentar di riconoscere il luogo dove mi trovavo. A Michael questo non sarebbe mai successo. Mi ripeteva la solita vocina in teta. Ma ormai ci ero abituato, non ci facevo più caso (non sto mentendo.davvero.non guardarmi così.smettila,dai.Okay,va bene. sto mentendo.) Mi sedetti sul tavolino più vicino al bancone,tentando di ritrovare la calma. Certe cose succedevano solo a me.


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    emma stone as
    Kaylyn “Kay” Lewis
    la vita è una rosa in cui ogni petalo è un'illusione e ogni spina una realtà
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    bibliotecaria ▽ ex-ravenclaw ▽ 21 ▽ scheda
    «Fancy!», chiamai. Non ottenni risposta, sono il frusciare dei libri. «Fancy!». Camminai, preoccupata, con passo svelto, tra gli alti scaffali della biblioteca, ignorando gli sguardi stupiti dei ragazzi che mi guardavano, del tipo “Mo’ la bibliotecaria si mette a urlare quando vuole che nessuno lo faccia”. Ma davvero, avevo litigato con quel demonio d’una gatta siamese dagli ammalianti occhi azzurri e ora non la ritrovavo più. E quando quella faceva così, mi impanicavo. Poteva accaderle di tutto.
    Bestemmiando a denti stretti, mi inginocchiai e urlai a gran voce, di nuovo: «FANCY!». Poco distante la Bulstrode mi guardava con un’espressione a metà tra il costernato e lo scandalizzato. Sorrisi a trentadue denti avvinandomi alla professoressa. «Salve Emily, come va?». Lei mi sorrise gentilmente come se il fatto accaduto poco prima non fosse mai successo e, abbassando lo sguardo sul libro che aveva tra le mani mi rispose: “Salve, cara. Se stai chiamando la tua gatta penso sia nel settore Storia preistorica a giocare con il mio cagnolino”. La guardai con espressione curiosa. «Ha un cane?». Lei annuì alzando lo sguardo e snocciolandomi tutte le informazioni sul suo cane.
    Che donna simpatica. Ma velenosa. E di questo ero ben conscia. Salutandola, mi diressi versoil reparto di Storia preistorica, ma non trovai nulla. Esasperata, me ne ritornai alla mia scrivania. Accucciata sulla poltrona stava Fancy. Mi guardava come a dire “Ti ho fregata, la poltrona è mia”. Distolse lo sguardo e chiuse gli occhi.
    «Hai vinto, stronza». Mi avvicinai alla scrivania e recuperai la mia borsa a tracolla. «Ma questo significa che oggi sei a digiuno, mentre io me ne vado a mangiare dolci». Tanto c’era l’ennesimo studente in punizione nelle vesti di assistente bibliotecario per un giorno. «Adieu».
    Parlare con i gatti, roba da Kay.
    Come mangiare gatti è roba da Dakoti.

    Il sole di Diagonalle illuminava la splendida strada principale della principale città dei maghi. Solo che questo sole era leggermente coperto da nuvole grigie, quindi per quanto ne potevo sapere il sole poteva essere andato a farsi una passeggiata al chiaro di luna.
    Ha senso, sì, mi dicono.
    Una goccia cadde sulla punta del mio naso. E io ero appena arrivata, Merlino. Cominciò a piovere a dirotto. Mi veniva voglia di bestemmiare a pieni polmoni nel nome di tutti quegli insulsi maghi antichi. Prendetevela tutti nel… nell’esofago, prendetevela tutti nell’esofago, imprecai mentalmente mentre mi coprivo la testa con una borsa e correvo verso l’entrata di Madama Piediburro, dov’ero diretta.
    Almeno non era lontano, il locale. Allora ci sono limiti alla sfiga.
    Come non detto.
    Appena entrai scivolai andando a prendere una bella botta sul sedere cadendo per terra. Tutti gli sguardi dentro quel locale si puntarono su di me e io divenni rossa come un peperone. Eccovi Kaylyn Lewis, la regina delle imbransate, l’Assediata dalla Sfiga, la cretina che fa figure di emme. Signori e signore, pronti a lanciare pomodori.
    Rossissima in faccia, andai a sedermi di fronte a un tavolo vicino al bancone, cercando di ripararmi dallo sguardo della gente. Quando spostai lo sguardo davanti a me, per poco non mi venne un colpo. Divenni ancora più rossa e sentii un caldo della malora. Un ragazzo biondo. Lo riconobbi subito, il figlio della Bulstrode, una volta Emily me ne aveva mostrato le foto, tutta orgogliosa. «Ehm… Scusa, non mi ero accorto che c’eri tu, levo subito il disturbo!». Feci per alzarmi, ma andai a sbattere contro una persona.
    Di bene in meglio.
    Ricaddi sulla sedia.
    winston,©
     
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    Arthur N. De Lamort Greengrass
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    Lentamente, seduto sul bianco tavolino su quale era posata una tovaglietta in pizzo, iniziai a guardarmi intorno, rendendomi conto di essere già stato in quel posto. Si trattava di Madama Piediburro, locale per coppiette innamorate di Hogsmeade. Quando ero studente non lo frequentavo molto, ma ricordavo chiaramente di esserci stato un paio di volte: quando ero al terzo anno, in compagnia di una ragazza di un anno più piccola di me che aveva una cotta per il sottoscritto e che io, ingenuo come sempre, avevo confuso per una semplice amicizia. Vi ero entrato anche una volta al quinto anno per comprare un dolcetto di San Valentino ad un ragazzo di Serpeverde che aveva attirato la mia attenzione, ma al quale non ebbi mai il coraggio di dare il suddetto dolciume perché avevo paura di un suo rifiuto. Me lo mangiai dunque da solo nelle serre di Erbologia, rischiando di essere beccato e di far sottrarre punti alla mia casata. Mi lasciai scappare un piccolo sospiro malinconico. Mi faceva piacere ricordare i bei tempi ad Hogwarts. Quei sette anni senza ombra di dubbio non erano stati i migliori della mia vita, ma avevo fatto anche piacevoli esperienze. Mi guardai ancora intorno. Tutto l'arredamento era un tripudio di fiocchetti e pizzi rosa e di colori pastello. Intorno a me, molti giovani, probabilmente ancora studenti, erano seduti l'uno accanto all'altra guardandosi negli occhi: chi si teneva la mano, chi discuteva animatamente e chi invece si dava da fare senza preoccuparsi degli sguardi indiscreti. Sorrisi girando la testa e guardandomi le mani arrossate per il freddo. Era da tanto che non frequentato qualcuno, ma mi andava bene cosi. Avevo la mamma e avevo Michael, non desideravo null' altro. Fu in quel momento che sentii la porta aprirsi.Mi girai di riflesso per vedere chi fosse entrato. La ragazza dai capelli rossi che aveva appena fatto il suo ingresso nel negozio aveva un viso particolarmente familiare. Assottigliai gli occhi tentando di ricordare dove l'avessi vista, ma non ebbi il tempo di rifletterci sopra neanche troppo perché qualcosa di inaspettato accade proprio davanti ai miei occhi: la bella giovane scivolò sull' ingresso, sbattendo il suo deretano sul pavimento, probabilmente scivoloso perché bagnato. Mi alzai di scatto pronto ad aiutarla, ma lei fu più veloce di me. Sì rialzo, rossa come un peperone non più solo di capelli ma anche di faccia. Si mosse velocemente per cercare un posto dove sedersi e fare in modo che l'attenzione di tutti i presenti si spostasse su qualcos'altro che non fosse lei ed alla fine scelse proprio il mio tavolo, probabilmente non accorgendosi che già ci ero seduto io. Quando guardo di fronte a sé ed incontro il mio sguardo, io le sorrisi e lei divenne ancora più rossa se possibile. «Ehm… Scusa, non mi ero accorto che c’eri tu, levo subito il disturbo!» Tentò di alzarsi ,ma andò a sbattere contro un giovane uomo che era andato a pagare al bancone. Ricadde dunque sulla sedia . A quel punto io non riuscii a trattenermi e mi lasciai scappare una piccola risata. La capivo, la capivo perfettamente. Ero il re delle brutte figure e chiunque mi conoscesse un minimo poteva dirlo. Quella ragazza sembrava la mia versione al femminile. No, non ti preoccupare! le dissi facendo un gesto come se la invitassi a sedersi, nonostante si fosse già seduta. Resta qui , davvero. Mi fa piacere un po' di compagnia. E poi...credo proprio di averti già vista da qualche parte.le dissi, buttando la testa di lato e mettendomi una mano tra i capelli. Mi resi conto solo allora che il mio atteggiamento poteva essere confuso con quello di un corteggiatore. Al solo pensiero diventai rosso quanto lei. Almeno siamo abbinati. pensai, una smorfia colpevole dipinta sulla faccia. Scusami, non intendevo essere inadeguato... volevo solo dire che penso di conoscerti già, ma non ricordo il come, il quando o il perché... risi, evitando il suo sguardo. Frequentavi Hogwarts?


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2 replies since 5/1/2015, 20:35   263 views
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