Midnight

xShane

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    chad m. murray as
    edward lucas italie williams
    l'anima è il più forte dei veleni
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    Il cielo di mezzanotte era cupo e tetro, nero come l’inchiostro che prontamente facevo cadere dal calamaio a terra, poche stele riempivano l’immansità della volta celeste facendola apparire spoglia e desolata come I deserti sabbiosi. Le mie dita scivolavano sulla pelle liscia e candida, color della sabbia. Già sulla testa di Gideon spuntavano piccole chiazze, simili a schizzi d’inchiostro sbiadito, di colore marroncino scuro. Gli occhi di un azzurro intenso del leoncino si chiusero in un atto che esprimeva compiacimento per quelle coccole. Io gli sorrisi mentre me mie due dite passavo a fargli solletico sotto il mento. Il leoncino aprì la bocca voltandosi ed emettendo un versetto compiaciuto. «Shh», lo ammonii.
    Tenevo il regalo di Niamh, il leoncino Gideon che si era rivelata la creatura più dolce del mondo, tra le braccia e lui se ne stava lì, tranquillo, al calduccio. Poggiò nuovamente la sua testa tra le zampette incrociate, sopra il mio braccio, chiudendo gli occhi come a sonnecchiare. Ma quel leoncino era vispo. Bastava un fruscio per farlo scattare di nuovo in allerta, vigile ed attento.
    Mi guardai attorno. Ero poggiato su uno degli umidi muri di una delle case diroccate di una delle strade del quartiere forse più malfamato di Diagon Alley. Già il suo nome era pauroso: Inferius. L’Inferius aveva strada belle, lastricate e pulite, ma ciò che le circondava era un pugno all’occhio. Anzi, ad entrambi: case ed edifici diroccati, muri mezzi distrutti. Si girava voce che un fantasma assassinasse la gente. Merlino, che fandonie. Era più credibile la storiella di Merlino che creava la spada di re Artù usando ago e filo.
    Shane mi aveva dato appuntamento lì, proprio davanti alla locanda del Ratto Trasfigurato… o meglio, davanti a quello che ne rimaneva. Mi ero portato addosso il Mantello dell’Invisibilità che mi aveva regalato e lui, Gideon. Shane che mi aveva regalato quel Mantello che copriva alla vista degli altri. Non riuscivo ancora a crederci. Chi non desidererebbe un Mantello dell’Invisibilità? E poi, chissà quant’era costato! Shane aveva fatto molto per me, riflettei, negli ultimi tempi. Nell’ultimo anno era caduto in una depressione incredibile ma poi aveva recuperato a testa alta diventando più forte… Avevo paura che il nostro legame potesse spezzarsi, ma non sarebbe mai successo: ne avevo avuto la conferma quando Shane aveva fatto giurare a Jason Maddox, l’unico oltre a Shane ad avermi visto senza maschera nella battaglia della Resistenza contro il Regime, di non rivelare la mia vera identità di ribelle. Mi aveva parato il culo, e chissà a quale prezzo.
    Del resto, io lo difendevo sempre, sempre. A scuola, quando lo criticavano, ero pronto ad andare in Sala Torture solo per lui.

    “Stai ancora con quello là tutto rosso?”. Alzai gli occhi dal libro, mentre l’aria della biblioteca sembrava farsi sempre più calda. Il mio sguardo era interrogativo, non avevo seguito il loro discorso. Il nostro doveva essere un gruppo di studio, ma a quanto pareva ero stato l’unico a studiare: i miei compagni avevano parlottato tutto il tempo. “Lo sfigato! Parliamo dello sfigato!”.
    Non capivo. Di chi stavano parlando? Il mio sguardo si spostò su Lilith: “Stiamo parlando di Hauve”, disse, storpiando il cognome del mio migliore amico, “quel demente che se ne sta tutto il tempo accucciato a non far nulla e tu che gli stai appiccicato come le cozze”. Si levò una risata generale.
    Jonathan aggiunse: “Non ce l’abbiamo con te, ce l’abbiamo solo con lui eh”. La mia espressione si contrasse per la rabbia, ma lui non sembrò accorgersene. “E poi…”. «Sta’ zitto!», urlai, fuori di me, lanciandogli contro il libro. Lui, stupito, cadde all’indietro e io saltai subito a cavalcioni su di lui prendendolo a pugni. Il primo pugno arrivò sul naso, il secondo sul mento, il terzo sotto l’orecchio, il quarto…
    «Porca…», imprecai poi urlando appena lui mi tirò una ginocchiata sui gioielli di famiglia. Caddi lateralmente gemendo dal dolore e fu il suo turno di riempirmi di pugni. All’improvviso ebbe un sussulto e la sua testa colpì violentemente contro il pavimento, svenuto. Stupeficium, pensai, mentre i piedi della professoressa si avvicinavano a me per farmi alzare, prendendomi per le ascelle. “Siete in punizione”, disse semplicemente. Io protestai: «Ma ha insultato Shane, ha…».
    Una ginocchiata sulla schiena da parte della professoressa mi fece emettere un gemito di dolore facendomi stare zitto. Guardai con espressione da incazzato nero il resto del gruppo. Come si permettevano di insultarlo?


    Sorrisi ricordando la Biblioteca, ricordando Hogwarts. Volevo ritornarci. Più che altro per stare ogni minuto attaccato a quel serpentello dai capelli rossi o alla stella con cui mi ero riappacificato. Un sottile velo di malinconia coprì i miei occhi e il mio sorriso si fece mesto, al che Gideon, preoccupato strofinò il suo muso sulla mia mano. Alla sua vista, i miei occhi ritornarono allegri e la mia bocca si aprì in un sorriso sincero, strinsi Gideon che parve tranquillizzarsi.
    Mi guardai nuovamente attorno. Nessuna traccia di Shane. Chissà che ore erano, mi seccava vedere il quadrante del mio orologio e l’orologio appeso sopra l’insegna del Ratto Trasfigurata sembrava essersi fermato da secoli o forse millenni. La mia bocca si aprì in uno sbadiglio e Gideon fece altrettanto. Nella lettera Shane aveva detto di incontrarci a quell’ora lì, ma non aveva specificato perché. Non ci voleva un genio per capirlo: non ci eravamo mai parlati faccia a faccia dopo l’incidente al Quartier Generale. Forse voleva parlarmi di quello.
    E chissà che spavento quando avrebbe visto la testa del suo amico spuntare all’improvviso davanti a sé.
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    ⋆ CAPOSCUOLA SERPEVERDE
    Orfano di entrambi i genitori da un anno. Ha un rapporto complicato con lo zio, Damian Icesprite.
    E' schivo, solitario, taciturno, ambizioso ed emotivo, nonostante tenti di nascondere a tutti quest'ultima caratterista, per lui sinonimo di debolezza.
    Quando ama è per sempre. Quando odia è per sempre.
    Animagus da un anno: Lupo bianco.
    Tirocinante al San Mungo. Vorrebbe diventare Guaritore.
    Lavora al locale notturno, Lilum, perchè sa che il denaro è la carta jolly della vita.

    abbigliamento / fotoDivisa Serpeverde un po' sfatta. Cravatta allentata, camicia non del tutto abbottonata e fuori dai pantaloni.
    E' stanco, capitelo.
    materie preferite Incantesimi Strategia Erbologia Pozioni Arti Oscure
    amo e odio
    La musica, cantare e suonare chitarra e pianoforte.
    Leggere libri di qualsiasi genere, dai generi letterari babbani, libri horror, fantasy e storici.
    Dormire fino a tardi, quando può permetterselo, e rimanere sveglio il mattino, avvolto dalle lenzuola fresche.
    Andare a correre e ad allenarsi sulle sponde del lago nero.
    Ama il verde, il blu e il nero

    Profumo dell'amortentia: Vaniglia, lime e basilico

    Odio: Tante cose.


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    Ancorò la missiva alla zampa nera del pennuto, che circospetto si guardava intorno, muovendo la testa di tanto in tanto. Dopo essersi assicurato che il messaggio fosse ben saldo, accarezzò la testa di Ludwig, uno dei suoi corvi. A Lucas Italie. Quello balzò oltre il muretto della torre dell'orologio, per spiccare il volo verso la direzione esatta. Non aveva scritto niente di complesso nel biglietto, solo un luogo, e un orario. Aveva provato ad immaginare quali parole usare per non far sembrare il suo messaggio troppo sospetto, perché sperava che il suo corvo non venisse intercettato, ma se così fosse stato, Emily Bulstrode e il ministero in generale, avrebbero lo avrebbero controllato. Non aveva firmato il biglietto con il proprio nome, perché sapeva che una volta visto Ludwig, Lucas avrebbe capito che il messaggio veniva da parte sua. Emily Bulstrode lo conosceva, sapeva che era nipote di Damian Icesprite e che quindi era un ragazzo, sfortunatamente, direbbero molti, fin troppo controllato e a posto. Ma magari sapere che uno studente uscisse dopo il coprifuoco non le sarebbe proprio andato a genio. Non era solo un incontro tra compagni di scuola, ovviamente, sotto c'era molto altro. Lucas non era più solo un amico per Shane, era un Ribelle e sarebbe dovuto diventare un nemico. Le mani strinsero la pietra fredda delle mura umide del castello, si intravedeva un bellissimo paesaggio al tramonto. Sperava che Lucas ricevesse in tempo il suo messaggio, per incontrarlo quella notte. Ed intanto rimase ad osservare quella vista fantastica. Anche loro, presto o tardi, sarebbero morti, come stava morendo il giorno, lentamente. E si sarebbero trovati nel cuore delle tenebre, finalmente in pace, senza il fiato del Ministero sul collo. Cullati dalle ombre, in cui tutto però era più chiaro della luce. Lucas era un Ribelle, quanti altri suoi amici lo erano? Possibile che avesse tenuto gli occhi chiusi per tutto questo tempo? Dall'ultima volta che aveva visto Lucas, nel covo dei ribelli, erano successe tante cose, era arrivato Natale e non aveva più parlato con lui. Forse Lucas temeva che Shane potesse rivelare tutto a suo zio. O che suo zio potesse penetrare nella sua mente, a piacimento, e scovare i suoi ricordi più segreti. Si era prefissato una cosa importante: si sarebbe allenato ogni giorno per diventare un perfetto occlumante. La sua testa non era più un luogo adatto per Damian Icesprite. Ma Shane aveva difficoltà ad apprendere quella materia. Gli allenamenti con Hope stavano dando qualche frutto, ma l'amica non era esattamente Damian, non era una legilimens, quindi le volte in cui riusciva nel suo attacco erano pochissime...allenarsi con lei sarebbe stato diverso rispetto che trovarsi di fronte suo zio. Per adesso, si teneva a debita distanza dall'uomo. Alle 23.50, in perfetto orario o quasi, aveva indossato il suo mantello nero sopra la divisa e la spilla da Caposcuola, e con i suoi corvi a seguito, era uscito dal castello, per allontanarsi il tanto da potersi smaterializzare a Diagon Alley. Arrivato nella zona, si era inoltrato nel quartiere mal messo che un tempo ospitava Notturn Alley, e del quale adesso ne rimanevano le rovine. Magie Sinister dominava quella zona inabitata. Una volta giunto nel punto prefissato, diede disposizione ai suoi corvi. Pattugliate la zona, e se qualcosa non va, avvertitemi. Feather e Ludwig presero il volo dal suo braccio ed iniziarono a svolazzare per tutto il quartiere, appostandosi in punti strategici. Si guardò intorno, poi osservò il suo orologio da taschino. Era mezzanotte.

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    “Pattugliate la zona, e se qualcosa non va, avvertitemi”. Se non fosse stato per la sua voce, non l’avrei mai notato che era arrivato. Sorrisi dando un’ultima carezza Gideon, pensando al corvo che avevo regalato a Shane per il compleanno. Ludwing, era quello il nome del corvo che gli era stato regalato. Aveva due corvi, qualquadra non cosava: io gliene avevo regalato solo uno. Forse in realtà era una femmina incinta e aveva procreato quell’essere bellissimo.
    Insomma, non avevo controllato cosa aveva tra le zampe: a quanto ne sapevo poteva essere una femmina così come poteva essere un maschio. Decisi di fare uno scherzo a Shane. Di soppiatto, aiutato dall’invisibilità che il Mantello mi forniva, mi avvicinai alle sue spalle e posai la mia mano sulla sua spalla, per poi allontanarmi di scatto. E vedere la sua reazione.
    Quanto amavo fargli dei scherzi. A Hogwarts era bello prenderlo per i fondelli, però spesso lui si rabbuiava e abbassava lo sguardo cercando di contenere l’ira. In quel momento mi sentivo in colpa, ma poi facevo delle battute e ci ridevo su. Poi certo, lui aveva imparato a sopportare me e la mia vena scherzosa, capendo che era quello il mio modo di dimostrargli affetto, così come il suo modo di dimostrare il suo era quello di starmi vicino in silenzio e sorridermi.
    Sì, tempo fa era più chiuso in sé stesso, solo nell’ultimo anno si era aperto molto di più, entrando però anche in una profonda depressione, e forse è la millesima volta che lo dico. E proprio per questo voglio precisarlo: non consideravo il mio migliore amico come un depresso cronico, ma come un ragazzo forte e caparbio che era stato capace di rimettersi da quella situazione. E io che avevo fatto per lui in quel frangente? Nulla. Gli ero stato vicino, e nulla di più. Lui forse neanche sentiva la mia presenza.
    Però era riuscito ad uscire da quella depressione. C’era riuscito. Si era trovato pure un lavoro e altri amici. Non ero geloso per quegli amici, anzi. Ero fiero di lui in quanto amico e lo ammiravo per essersi ripreso. Anche se forse non gliel’avrei mai detto. Con infinita tristezza, ricordai i momenti della battaglia al Quartier Generale, di quando mi ero promesso di dire ad ognuna delle persone cui volevo bene che le amavo. Non l’avevo fatto con nessuno. Facile a dirsi, difficile a farsi.
    Cosa dovevo fare? Saltare in braccio al mio migliore amico e urlare a pieni polmoni che gli volevo bene e che l’avrei protetto nonostante tutto, a costo della mia stessa vita? Era quello che lui aveva iniziato a fare: proteggendo un ribelle (nascondendo tutto allo zio e facendo tacere Maddox) mi stava difendendo dal Ministero e dal mondo intero. E finché si sarebbe portato quel segreto dentro di sé avrebbe messo in pericolo la sua vita, ogni giorno, ogni ora, ogni minuto, ogni secondo. E io? E io avevo fatto così poco per lui al suo confronto.
    Mi sentii una merda.
    Ma cosa potevo fare, mi dissi? Lui stava bene e io non riuscivo a trovare una cura per quando era precipitato nel pozzo della depressione, un pozzo senza fondo, ero impotente nei confronti del mio migliore amico. Mi sentii ancor più una merda. Era il mio migliore amico e non potei fare nulla per lui. Merlino, ogni volta che ci pensavo volevo sprofondare sotto terra e morire per non pensarci più. Glielo dovevo dire, glielo dovevo almeno dire. Almeno quello. Potevo non aver fatto niente per lui, ma non potevo dimostrarmi pure un ingrato.
    Non subito, decisi, ma l’avrei fatto. Quella stessa notte.
    Mi piazzai di fronte a lui e mi chinai per far scendere Gideon a terra e lasciarlo libero di giocare e rotolarsi per terra. A quel punto calai il mantello scoprendo la mia testa e a mo’ di saluto dissi: «Questo mantello tiene proprio al caldo!». Me lo tolsi e lo appallottolai su se stesso posandolo dentro la sacca a tracolla trattata con Incantesimo Estensivo Irriconoscibile che mi ero portato dietro. Poi gli indicai il leoncino che, stando seduto e guardando il mio amico con sguardo curioso e il viso inclinato di lato, muoveva la sua coda facendola strisciare a terra, segno di attesa: «Lui è Gideon, te ne ho parlato, me l’ha regalato Niamh». Avevamo continuato a sentirci via lettere senza parlare dell'episodio avvenuto al Quartier Generale: il Ministero aveva occhi dovunque.
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    Brontolò qualcosa di incomprensibile, tra sè e sè e si poggiò con la schiena contro il muro dell'abitazione diroccata alle sue spalle. Sbuffò e l'aria si disperse in una nuvoletta di fumo, unica testimone, al momento, della sua impazienza. Per Shane Howe l'attesa poteva essere davvero, davvero snervante. Era un tipo di per sè fin troppo puntuale e al tempo stesso impaziente, non a caso le liti con Hope avevano avuto quasi sempre un unico argomento principale: i ritardi della ragazza ai loro appuntamenti. Certo, attualmente le cose erano molto cambiate e anche solo discutere con lei su qualsiasi cosa lo avrebbe quasi rallegrato, visto che non parlavano più come una voltae e vedere affondare così miseramente il loro rapporto lo faceva soffrire. Si strinse nel proprio mantello, quasi a voler scacciare i tremolii che avevano inziato a scuotergli il corpo, sicuramente abituato al freddo inglese, ma non a quell'ora della notte. Aveva sempre amato il gelo, certo, e la neve, e la pioggia, ma quando si trovava ad aspettare qualcuno, tutto perdeva significato, tutto diventava tedioso e fastidioso. Tolse dalla tasca un vecchio orologio da taschino che aveva portato con sè, e guardò l'ora. Solo mezzanotte e cinque minuti!Maledizione, sembrava passato molto di più. Forse doveva davvero calmarsi, e pensare che Lucas sarebbe arrivato, non avrebbe mai potuto mancare quell'appuntamento, perchè sapeva che Shane sarebbe impazzito, preoccupato per lui. Più passavano i secondi - che aveva pensato bene di calcolare tenendo lo sguardo fisso sulle lancette del suo orologio - più si sentiva teso da tutto. Ogni fruscio che colpiva gli alberi spogli nelle vicinanze del quartiere, lo metteva in allerta, il canto di un grillo lo fece voltare verso gli alberi in questione, e poi qualcos'altro si mosse, dinnanzi a lui. Un rumore sospetto, ma no era solo Feather che svolazzava nel buio del cielo sopra la sua testa, no? Diamine. Portò la mano alla bacchetta, pronto ad afferrarla per difendersi da qualcosa che non aveva idea di cosa fosse e poi, inaspettatamente, un leone iniziò a rotolare davanti ai suoi piedi. Un cucciolo di leone. Lo guardò con espressione mista tra il confuso e l'esterreffato, ma non ebbe il tempo di formulare un pensiero di senso compiuto che Lucas - o almeno, la sua testa - si rivelò dinnanzi a lui. Italie! Il tono di voce era rasserenato. Ma caspita, che spavento!
    Roteò gli occhi al cielo, in un espressione esasperata, ma si lasciò andare poco dopo ad un sospiro di sollievo. Ripuntò lo sguardo contrariato e serio, su Lucas. Il suo amico. Aveva il mantello che Shane si era preoccupato di regalargli a Natale, ed era felice di sapere che lo usasse.
    Era lì, stava bene e Shane non riuscì a tenere l'espressione seria troppo a lungo, perchè come accadeva troppo spesso, lui riusciva a scioglierlo, come pochi. Sono felice che il mantello si sia rivelato utile! Sorrise appena, mentre riportava lo sguardo sul leoncino ai loro piedi. "Gideon" regalato da Niamh, la sua ragazza.
    Shane si chinò in ginocchio ed osservò quell'animale negli occhi, sembrava buono, pur essendo un animale portato di per sè all'aggressione, ma era ancora un cucciolo. Perdonami ma...è bellissimo. Sperò che Lucas non se la prendesse se dedicava per un attimo più attenzione al suo nuovo animale da compagnia che a lui. Provò ad allungare la mano verso la testa del felino, per accarezzarlo. Shane amava tutti gli animali in realtà, ma quel leoncino era davvero troppo bello, un mini leone, ancora spoglio della sua criniera. Un piccolo Lucas.
    La verità era che non sapeva come iniziare il discorso, non sapeva al momento, come far capire a Lucas quanto gli fosse mancato, perchè di per sè era incapace di mostrare agli altri i suoi sentimenti. Ed era per la prima volta dopo troppo tempo, in imbarazzo alla presenza di Lucas. Persino più di quella volta in cui si erano incrociati al Lilum.


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    L’espressione che fece al vedere la mia testa sollevata a mezz’aria senza il corpo sotto fu un’espressione epica. Perché non avevo una fotocamera? Era perfetta quell’espressione per metterci la scritta: “Ma cosa cazz?!”. Il mio sorriso si allargò, divertito. “Italie!”. Con un pizzico di malinconia, risposi con le rime e con immenso sarcasmo: «Williams, magari». Edward Lucas Williams… come suonava male! Williams era un nome così comune!
    Tenne poi un’espressione seria. Ironicamente, lo paragonai a un maestro delle elementari o dell’asilo che rimproverava il cattivo bambino Luchino perché stava usando male i suoi giocattoli. Lo imitai nella sua espressione corrucciata, aggrottando la fronte, un po’ per scherzo un po’ per sfotterlo. Poi, ovviamente solo grazie all’immensa simpatia del modesto sottoscritto, mettendosi a sorridere. “Sono felice che il mantello si sia rivelato utile!”. Sorrisi a trentadue denti. «Mi servirebbe qualcos’altro per…» mi fermai all’istante, alzando le mani. «Ok, no, questa qua che stavo per dire non faceva ridere».
    Ed era un po’ sconcia, ovviamente.
    Sorrisi guardandolo inginocchiarsi su Gideon e fargli qualche carezza. Inclinai di lato la testa “Perdonami ma... è bellissimo”. Il leone emise un verso di piacere che somigliava più a un ruggito detto da un gatto. Gideon era un gatto, solo che si travestiva da leone. Era la dolcezza infinita ed evidentemente quei grandi occhi neri avevano incantato anche il mio migliore amico. Gideon socchiuse gli occhi, un atto di piacere per le carezze che gli stavano regalando e di punto in bianco si sdraiò a pancia in su, lo sguardo rivolto verso Shane, muovendo le zampe all’aria.
    Sorrisi. Com’era tenero… «Niamh dice che gli ricorda me. Gideon, intendo». Mi chiamava “il mio leone”, un po’ perché ero stato un Gryffindor, un po’ perché ero un leone in battaglia. Non parlo delle battaglie dei comuni mortali. Cioè, anche quelle, ma io mi riferivo a quelle che si combattono sul letto.
    Se capite quello che voglio dire.
    «Sembra che ti stia dicendo “Sì, lo so già che sono bello, ma tu fammi più carezze”», dissi ironicamente. Chissà cosa farà da grande… Forse mi avrebbe mangiato. Forse sarei diventato povero per tutta la carne che avrei dovuto comprargli. Perché non poteva continuare ad accontentarsi solo di latte e di bistecche, no? Anche lui doveva crescere…
    Allontanai quei pensieri. Troppo presto per pensarci. «Come ti trovi con Ludwing?», chiesi per rompere il ghiaccio. Il silenzio era tombale e l’imbarazzo palpabile. «Ci vorrebbe una bottiglia di birra… che ne dici?». Forse con un po’ di alcool l’imbarazzo si sarebbe sciolto. Aprii nuovamente la borsa a tracolla e ne estrassi due lattine di burrobirra. Alcolica, ovviamente. Ne porsi una a Shane. «Vuoi?», sorrisi alzando un angolo della bocca. «Volevo prendere del Whisky Incendiario, ma si era finito».
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    Troppo spesso gli capitava di dimenticare quanto la famiglia di Lucas fosse incasinata, anche più della sua probabilmente: sua zia Ilary era scomparsa e Shane poteva immaginare cosa provasse l'amico nel ricordare che adesso, anche lui era un po' più solo. Se fosse scomparso Damian, Shane ne avrebbe fatto malattia. E poi, scoprire di non essere figlio del proprio padre non doveva essere stato piacevole, anche per questo Shane si ostinava a mantenere intatto il suo cognome, quello che da sempre aveva tenuto Italie. Perchè cambiare cognome ed utilizzare quello di un uomo che non aveva mai visto? Perchè mollare così la propria famiglia? Shane non lo sapeva, ma non poteva giudicare. Solo perchè lui, nonostante tutto, avrebbe tenuto il cognome Icesprite - Howe, in qualsiasi circostanza, non significava che anche altri avrebbero fatto lo stesso. Riusciva a scorgere la sofferenza nello sguardo dell'amico, quando malinconicamente pronunciava il suo nuovo cognome "Williams" Portò una mano al suo braccio e gli diede una pacca leggera, come se potesse rassicurarlo di qualcosa in questo modo, ma alla fine i problemi sarebbero rimasti lì e Shane poteva fare poco per risolverglieli. Almeno aveva Gideon, quel leoncino che gli faceva illuminare lo sguardo non appena lo nominava o lo guardava. Sorrise. Niamh deve essere davvero una brava ragazza. #sese Azzardò, per provare a mettergli il buonumore. Ti conosce, sa cosa ti rende felice. In fondo, probabilmente Lucas non sarebbe stato solo in ogni caso. Nonostante i problemi con la madre e la zia scomparse, e quelli sul cognome, aveva Niamh vicina. Quando tirò fuori le burrobirre dallo zaino, gli lanciò uno sguardo compiaciuto. Ma bravo che pensi sempre a me. Ormai, i viaggi a Testa di Porco con l'amico, quando ancora frequentava Hogwarts erano solo un ricordo, ma Lucas sapeva bene come ravvivare vecchi pensieri. Prese la lattina e l'aprì. Ludwig è fantastico, ma deve convivere con una donna, il che non è tanto facile. Poveretto. Rise divertito, pensando anche a Feather e al fatto che fosse una corva del tutto particolare, un po' acida in effetti, e bevve un sorso di burrobirra dalla lattina. Il sapore amaro e dolciastro della bevanda gli accarezzò la lingua e lo assaporò per qualche istante. Aveva rimandato anche troppo ciò che avrebbe voluto dirgli. Era difficile trovare le parole, ma doveva farlo. Sai...quando l'ho scoperto ci sono rimasto male, sai cosa intendo... Lo guardò allusivo, sapendo che avrebbe capito al volo. Lucas sapeva che lui lo aveva visto. Perchè non me lo hai mai detto? Continuò, anche se in fondo sapeva che essere all'oscuro di tutto era stato solo positivo, Damian avrebbe scoperto tutto. Non ti fidavi di me? E non riuscì a controllarsi, aveva troppe domande da fargli, troppe cose da sapere. E se ti avessi fatto del male? Eri tra...i ribelli in Irlanda. Eri in Irlanda a maggio scorso?Non voleva dirlo ad alta voce e rischiare di mettere in pericolo la copertura del ragazzo. Magari aveva anche combattuto contro di lui, magari era lui che aveva acceso quel fuoco e che gli aveva ustionato metà corpo. Erano amici, no? Doveva saperlo. Perchè le domande rischiavano di rimanere dentro di lui a marcire, a trasformarsi in mostri e lui non voleva che accadesse, non con Lucas. Scosse la testa e si scolò tutta la lattina di burrobirra, sentendo il corpo bruciare.

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    Non avrei mai cambiato il mio cognome. Ero stato cresciuto come un Italie ed Italie rimanevo. Williams lo ero nel profondo, nel sangue, ma nulla di più. Ero fratello di Arthea ed ero molto legato a lei, ma mai avrei preso il suo cognome. Non era per ripicca verso lei o verso il mio reale padre, ma era tutta una questione di orgoglio. Nessuno poteva impedirmi di essere un Italie. Nessuno. Quindi tale sarei rimasto.
    “Niamh deve essere davvero una brava ragazza”. Annui, «Anche a letto» aggiunsi in un soffio. Niamh non era legata a me da passione carnale. Cioè, anche da quello, il sesso alla fine determinava un rapporto di completa fiducio l’una della’ltro. Ma il nostro amore andava anche oltre, come quello di molte altre coppie, solo che la nostra era unica perché noi due eravamo… noi due. Non c’era un’altra coppia Lunì Lucas e Niamh nel mondo, non c’erano donne belle e allegre come lei. Lei era unica. Era fantastica, riusciva a capirmi, e io l’amavo immensamente. Stringerla tra le mie braccia accarezzandole la nuda pelle mi faceva sentire felice oltre che eccitato perché con quel tocco così intimo capivo quanto lei si fidasse di me, ed era una delle sensazioni più belle del mondo. “Ti conosce, sa cosa ti rende felice e sa quali posizioni sessuali preferisci, meglio di chiunque altra. Annuii sorridendo. Niamh dava un enorme senso alla mia vita. Senza Shane e Arthea la mia vita avrebbe avuto meno senso, ma almeno ci sarebbe stata Niamh. Pensare a ciò mi fece rivoltare le viscere. Stare senza la sorellina che avevo ritrovato? Mai! Stare senza il mio migliore amico? No, non l’avrei mai potuto accettare. Shane significava molto per me, non era più il ragazzino che proteggevo davanti ai miei compagni, era un confidente, un scopamico, e qualcosa di più di un migliore amico.
    “ Ma bravo che pensi sempre a me”, commentò vedendo le Burrobirre. Sorrisi, memore delle notti passate a violare il coprifuoco (non sempre, in fondo eravamo bravi ragazzi, dai) per andare al bar a bere in dipsparte, lontani da tutto e tutti, e ridere o consolarci l’un l’altro. Ma la cosa più importante era che stavamo insieme non in quel senso. Hogwarts mi mancava, mi mancava tanto. “ Ludwig è fantastico, ma deve convivere con una donna, il che non è tanto facile”. Accompagnai Shane nella sua risata, poi bevvi un sorso di Burrobirra. Dolce e buona, ma non tanto alcolica come il Whisky Incendiario. «Quindi anche le corve sono suscettibili come le loro colleghe umane?», dissi poi sorridendo divertito. Parlavo soprattutto delle corve di Hogwarts e di una in particolare: Meivvie Uinscion Maeve Winston, Miss Suscettibilità.
    Poi ovviamente la discussione si spostò su ciò che stava più a cuore a Shane e lo capivo benissimo. Il suo amico (sto parlando di me, sveglia) gli aveva sempre tenuta nascosto l’appartenenza alla Resistenza, l’appartenenza ai Disertori, Divergenti, Rivoltosi, Voltagabbana, e tutti i nomi che l’Agenzia di Stampa e Censura ci dava per renderci schifosi agli occhi del mondo. “ Sai...quando l'ho scoperto ci sono rimasto male, sai cosa intendo...”. Feci un sospiro profondo, abbassando lo sguardo e annuendo. “ Perchè non me lo hai mai detto?”. Le domande del mio amico stupefatto e incredulo continuarono. “ E se ti avessi fatto del male? Eri tra...”. La parola, minacciosa e illegale come un tabù, rimase sospesa a mezz’aria. Shane concluse invece: “ Eri in Irlanda a maggio scorso?”. Dirglielo o non dirglielo, che c’era mia madre lì?
    Intanto mi limitai a scuotere la testa e a scolarmi un altro sorso di Burrobirra. «Tranquillo, non hai combattuto contro di me, mai, se non al Quartier Generale», iniziai. Era la parte più facile, questa risposta l’avrebbe tranquillizzato e reso meno agitato e disperato o sconvolto o quel che era. «Non ho potuto dirtelo perché basta una lettura della mente per mandare tutto all’aria…». Scossi la testa, mentre una lacrima mi scendeva sul volto. Quante volte mi ero maledetto per non poterglielo rivelare, quel fottuto segreto? «Io avrei voluto dirtelo! Avevo bisogno che il mio migliore amico lo sapesse, ma…». Sospirai profondamente per calmare i nervi, e riepilogai, stavolta guardandolo negli occhi. «Volevo che tu conoscessi questa parte di me, ma non potevo. Avrei messo a rischio tutti gli altri miei compagni ribelli. Inoltre sono vincolato da un patto: se rivelo qualcosa sui Rivoltosi, morirò. Voto Infrangibile».
    Avrei voluto abbracciarlo, solo che probabilmente era molto scosso. Da quanto tempo ormai non lo abbracciavo, stringendo il mio corpo al suo? Eravamo entrambi maschi, ma per me non era un problema, solo che lui odiava il contatto fisico di ogni genere. Già a Hogwarts gli abbracci tra noi erano molto rari. Portai la lattina alle labbra e gettai la testa all’indietro, bevendola tutta. La gola s’infiammò e la testa iniziò a bruciare. La burro birra è leggera, dicevano.
    Decisi che non era giusto nascondergli un altro segreto. «Però mia madre c’era, in Irlanda». Il silenzio che pervadeva quel luogo sembrava dire “ecco com’è morta”. Sorrisi triste e commosso. «Ma gli Italie difficilmente muoiono in battaglia. È ancora viva, ce l’ha fatta». Non potevo ancora vederla ma… era viva! Ecco cos’era importante.
    Shane era stato in Irlanda e probabilmente si era scontrato con mia madre. Probabilmente si sarebbe sentito in colpa ma altrettanto probebilmente si sarebbe arrabbiato a scoprire che gli avevo nascosto anche quella cosa In fondo, era il mio migliore amico, no? Quel momento lo fu di più che in qualsiasi altro momento della nostra vita.
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    “Niamh deve essere davvero una brava ragazza”. Annui, «Anche a letto» aggiunsi in un soffio.

    Sh: grazie amico, fa sempre piacere parlare con te #VIRGINIO
     
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    Orfano di entrambi i genitori da un anno. Ha un rapporto complicato con lo zio, Damian Icesprite.
    E' schivo, solitario, taciturno, ambizioso ed emotivo, nonostante tenti di nascondere a tutti quest'ultima caratterista, per lui sinonimo di debolezza.
    Quando ama è per sempre. Quando odia è per sempre.
    Animagus da un anno: Lupo bianco.
    Tirocinante al San Mungo. Vorrebbe diventare Guaritore.
    Lavora al locale notturno, Lilum, perchè sa che il denaro è la carta jolly della vita.

    abbigliamento / fotoDivisa Serpeverde un po' sfatta. Cravatta allentata, camicia non del tutto abbottonata e fuori dai pantaloni.
    E' stanco, capitelo.
    materie preferite Incantesimi Strategia Erbologia Pozioni Arti Oscure
    amo e odio
    La musica, cantare e suonare chitarra e pianoforte.
    Leggere libri di qualsiasi genere, dai generi letterari babbani, libri horror, fantasy e storici.
    Dormire fino a tardi, quando può permetterselo, e rimanere sveglio il mattino, avvolto dalle lenzuola fresche.
    Andare a correre e ad allenarsi sulle sponde del lago nero.
    Ama il verde, il blu e il nero

    Profumo dell'amortentia: Vaniglia, lime e basilico

    Odio: Tante cose.


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    La serata di Shane non era iniziata in modi entusiasmanti, nè particolarmente ricchi di sorprese o di sorrisi, anzi, aveva mangiato il suo piatto di pomodori e poi si era ritirato nel dormitorio in attesa della mezzanotte. Persino la conversazione iniziata con Lucas, sebbene interessante e ricca di sentimenti, non sarebbe mai potuta essere definita divertente, questo prima che Lucas iniziasse a conferire alla loro conversazione un non so chè di osè. Non si trattenne dal ridere quando Lucas lo informò del fatto che la sua ragazza era brava "anche a letto". Signore, non avrebbe mai voluto immaginare il suo amico in atteggi intimi con quella ragazza, perchè poi? Buon per lui, allora...ma si astenne dal commentare, anche perchè non sapeva cosa dire in merito, e la sua mente al momento viaggiava su altri pensieri, meno divertenti. Ma rise, pensando all'ironia della situazione e buttò giù ancora un lungo sorso di burrobirra. Ne aveva bisogno? Lui era ancora vergine accidenti, aveva sicuramente bisogno di bere al momento.
    Il discorso si fece improvvisamente serio, e Shane con lui. Smise di ridere, si chinò appena per poggiare a terra la lattina vuota e si risollevò, mentre le parole di Lucas gli scivolavano sopra, lo colpivano ancora suscitando ricordi che credeva assopiti, ma che erano sempre lì pronti a morderlo e fargli male. Hai fatto bene a non dirmelo allora. Avevano combattuto insieme al quartier generale, solo al quartier generale e non aveva potuto dirglielo, perchè come Shane sospettava, i legilimens di Damian non avevano semplicemente fine sadico, ma più pratico: cercava di scovare quanti più ribelli possibili. Ma...adesso è diverso, proteggerò te e Hope, proteggerò la mia mente da qualsiasi lettura. Non vi metterò in pericolo. Te lo prometto.
    Sotto la luce bianca della luna, il volto di Lucas si illuminò, stava piangendo. Non piangere, per favore. Disse, tentando di mantenere freddezza, perchè sapeva che bastava una crepa, una sola, per mandarlo in mille pezzi e farlo crollare. E non voleva crollare, voleva essere forte dinnanzi a quella realtà nuova e difficile da assimilare. Prese un profondo respiro, finchè poi Lucas non accennò a sua madre. Sua madre era una ribelle, anche lei. Era stata in Irlanda, aveva combattuto quella guerra rimasta sospesa a metà, ed era viva, stava bene. Shane non sapeva se fosse il caso di scoprire che, magari, aveva combattuto proprio contro di lei, la donna che l'aveva visto crescere insieme a suo figlio. Magari era proprio tra quei ribelli che, dentro il castello, erano riusciti a mettersi in salvo, magari era stata ferita da lui, magari aveva deciso di non colpirlo per non fargli del male e lui aveva risposto con il fuoco. Decise di voler sapere, sempre se Lucas ne avesse voluto parlare. Alla fine è tornata a casa? Domandò, interessato. Sono felice che stia bene. Ti ha detto in quale sede ha combattuto in Irlanda? Domandò, sperando di non sentirsi rispondere "al castello", in quel caso, probabilmente avrebbe dovuto COME MINIMO porgerle le proprie scuse, quando e se fosse tornata definitivamente. Shane non si considerava più un mangiamorte da tempo, nonostante ufficialmente lo fosse, perchè pur tenendo al sangue puro e a tutti quei favolosi racconti che suo zio gli aveva sempre proposto, era dell'idea che quel Governo fosse profondamente sbagliato.

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    Io in realtà non avevo mai avuto amici. Si trattava solo di gente con la quale mi sentivo bene, condividevo qualche passione con loro e scherzavamo insieme. Poi c’erano i miei compagni di casata con i quali scambiavo battute divertenti. Eppure non mi confidavo con nessuno in particolare. Mi tenevo tutto dentro e lo metabolizzavo dentro il mio organismo, facendo sì che i dolori e le paure rendessero la mia pelle più dura e me più forte. Credevo che così avrei affrontato meglio il mondo, ma a quei tempi, quando ero un fervido sostenitore del regime, la mia visuale del mondo era molto diversa.
    Mi sbagliavo completamente. Da solo tutto era peggio. Da quando ero diventato amico di Shane (anche se ancora non avevo afferrato pienamente il fatto che fosse diventato mio amico) tutto sembrava più semplice. Vedevo le cose, oltre che dalla mia, anche dalla prospettiva di Shane, e si palesavano più soluzioni. Grazie a Shane, oltre a comprendere il valore dell’amicizia, apprezzai il lavorare in gruppo.
    Shane era un tipo molto silenzioso, ma anche comprensivo. Seppure fosse piuttosto introverso, riusciva a capirmi molto bene. Capiva la brutta situazione in cui ero andato a finire, capiva che non potevo parargli della Resistenza anche se lo volevo con tutto il cuore. “Ma...adesso è diverso, proteggerò te e Hope, proteggerò la mia mente da qualsiasi lettura. Non vi metterò in pericolo. Te lo prometto”. Inarcai un sopracciglio. Sapeva pure di Hope. «Come hai scoperto di lei? E chi altri sai che fanno parte del gruppo?», chiesi, curioso. Poi mi chiesi come avrebbe fatto a proteggerci, ma all’improvviso il mio sguardo s’illuminò. Ma certo! «Mi sta dicendo che ti stai esercitando con l’Occlumanzia?».
    L’Occlumanzia faceva parte del percorso di addestramento di molti Resistenti, appunto per prevenire letture della mente che avrebbero fatto scoprire la propria identità di Rivoltoso. Quasi tutti gli studenti erano capaci di fronteggiare le sedute di Legilimanzia che erano tanto care specialmente al professor Icesprite, ma anche a tutti gli altri ministeriali. Solo che Icesprite era il più insidioso. Non per nulla era a capo dei Pavor Segugi del Ministero, addestrati al rintracciamento dei Disertori.
    Disertori, Assassini della Legge, Rivoltosi, Traditori, Figli Bastardi della Patria… i giornali erano pieni di questi nomi. Mai si diceva “Ribelle”, ma si diceva “uomini coraggiosi”. L’immagine dei Ribelli veniva infangata dalla Censura, che li presentava come un gruppo rozzo e traditore della giusta legge. “Ribelle” invece era un termine che veniva spesso accostato a libertà. “resistenza”, ancora meglio, era un termine che ricordava la forza di volontà, la giustizia, il diritto ai propri ideali.
    “Non piangere, per favore”. Alzai le spalle. «Non volevo», bofonchiai. Era brutto sentirsi deboli e mettersi a piangere. Lo facevo così raramente che non me lo ricordavo mai. Con Shane mi sentivo libero di piangere, solo che questa costituiva anche per lui l’occasione di sentirsi debole e indifeso, incapace e impotente. Eravamo molto simili in questo. Con le mani strette a pugno, mi asciugai le lacrime, sorridendo mestamente.
    Il discorso si incentrò su mia madre. “Alla fine è tornata a casa?”, chiese lui, “Sono felice che stia bene. Ti ha detto in quale sede ha combattuto in Irlanda?”. Scossi la testa. «No, Shane, non so nulla», dissi, mentre le lacrime lasciavono spazio a una calma interiore. Parlarne con lui mi calmava. Avrei dovuto farlo prima. «Se fosse tornata te l’avrei detto subito». Poi lo guardai. Dirglielo o non dirglielo? Keanu, che aveva combattuto affianco a mia madre, mi aveva raccontato che avevano sfidato Aiden Larson, Edith Lagrange, un’altra persona che non ricordavo e Shane.
    Non dirglielo avrebbe alimentato i suoi incubi. Non si sarebbe dato pace senza sapere se aveva o meno combattuto contro mia madre. Dirglielo forse l’avrebbe fatto sentire in colpa. A imbrogliarlo nemmeno ci pensavo, gli avevo nascosto così tanto cose che non avevo cuore di farlo. Decisi di dirgli la verità, aggiungendo che lui non era stato l’artefice della morte. Era la scelta migliore. «Ho saputo da un mio compagno che mia madre ha combattuto al castello. Con te, sì. Ma la causa della sua scomparsa sono state le fiamme provocate dalla Larson. Tu non l’hai ferita nemmeno minimamente». Sorrisi. «La colpa non è tua. Nemmeno della Larson. Solo di persone come la Lagrange, come la Bulstrode, come la Queen, come Sales», aggiunsi, citando i professori di Hogwarts che ricoprivano cariche ministeriali importanti, omettendo apposta suo zio. In fondo si volevano bene. «O forse la colpa non è neanche loro. Forse solo del Ministero e basta», conclusi.
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    Mezzanotte o forse poco più, e Shane, incurante del coprifuoco ad Hogwarts, pensava che fosse più importante un confronto con il suo migliore amico, fuori dalle mura iper controllate della scuola. La brezza fredda di quella notte accompagnava i loro discorsi come una colonna sonora glaciale ed infinitamente rivelativa. Aveva scoperto cose quella sera, che mai avrebbe creduto possibili, ma ci aveva fatto l'abitudine, Shane, da troppi anni aveva capito che la vita non riservava sconti a nessuno, a lui in particolare, ed era stato abituato a soffrire, a vivere nelle spiacevoli sorprese quotidiane, come quando aprendo la porta della camera dei genitori, in quello che avrebbe dovuto essere per lui un luogo sicuro e di pace, li aveva trovati in una pozza di sangue, come quando Icesprite, l'unico parente stretto rimastogli, abusava della sua mente con una freddezza che non poteva appartenente ad un essere umano. Shane era abituato a questo e ad altro e piangersi addosso non era contemplato. Era un soldato, era di ferro, era forte...lo era..?
    Le lacrime di Lucas riuscirono ad aprire nel suo cuore una piccola ferita che però bruciava. Ed avrebbe davvero voluto abbracciarlo, stargli vicino, perché gli dispiaceva per la scomparsa di sua madre, eppure rimaneva li fermo, con tanti pensieri e poche azioni, sempre le stesse: con un mano torturava l'altra e le labbra semi aperte sembravano sul punto di dire qualcosa, ma non si muovevano, i suoi denti bianchi morsero il labbro inferiore per un istante, ma no, non parlava. Il peso del corpo, passava nervosamente da un piede all'altro mentre lo sguardo dalle pupille così tanto dilatate per il buio della notte, si vedeva, voleva dire qualcosa di importante. Non si sarebbe stupito se, da un giorno all'altro i suoi amici avessero deciso di voltargli le spalle, probabilmente avrebbe anche capito: non riusciva ad essere un buon amico, di quelli in grado di dare conforto a parole o anche solo con i gesti, non era quasi divertente ed odiava divertirsi come facevano gran parte dei suoi coetanei: avrebbe preferito infilzarsi con la spada di scherma, piuttosto che, per esempio, recarsi ad una festa. Era un terrore continuo, quello che aveva e non trovava pace, era un'insicurezza continua quella che, secondo lui, riusciva a celare dietro la sua corazza. Hope, me l'ha confessato lei, è lei che mi sta aiutando con l'occlumanzia e...ha dovuto dirmelo per forza. Anche lei, era stata costretta, nessuno glielo aveva detto per suo volere, in realtà. Avevano fatto bene. Il discorso si spostò su Audrey, l'ansia di Shane inizio a crescere ogni secondo di più mentre restava in attesa della risposta di Lucas. Dove aveva combattuto Audrey? Al castello. Contro di lui.
    Si portò entrambe le mani ai capelli, probabilmente sbiancando più di quanto già non fosse. Con la schiena si poggiò sul muro freddo della casa dietro di lui. Non disse niente, limitandosi a portare lo sguardo verso il pavimento in pietra, consapevole di aver contribuito alla scomparsa di sua madre. Lo sguardo era incredulo per quella rivelazione, e per la consapevolezza che aveva combattuto per la fazione sbagliata. Se avesse saputo che Audrey, la donna che lo aveva accolto con tante premure in casa sua più di una volta quando era bambino, stesse combattendo contro di lui, lui si sarebbe ritirato, pur di non farle del male. Ma una domanda sorgeva spontanea, nella mente di Shane, dopo le parole dell'amico. Come fai a non odiarmi? Come fai a sapere che non l'ho ferita? Ma magari in realtà Lucas lo odiava, magari non erano davvero più amici come un tempo, perché il tempo stesso li aveva portati su strade completamente opposte ed incompatibili. Si domandò cosa avesse provato e pensato Audrey vedendolo combattere contro di lei, vedendolo scagliarle contro incantesimi e sprofondò lentamente nello sconforto. Ma d'altronde era solo un'altra delle innumerevoli colpe da segnare nella sua lista ormai infinita. Se avessi saputo, io ... Non avrei partecipato. Quel giorno mi ha segnato, tutto quel sangue, il sangue di Edith, le mie bruciature, non voglio tutto questo, non voglio più niente di tutto questo. Voglio studiare, voglio diventare qualcuno. Mi dispiace, davvero...io spero che tua madre torni sana e salva. Disse sinceramente, straziato per quelle scoperte. Avrebbe seriamente voluto dimenticare tutto, poter resettare tutta la sua esistenza in una volta sola e ricordare solo le esperienze positive, ma avrebbe avuto una vita più vuota di quanto non fosse adesso, e non avrebbe potuto considerarla vita.

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    “Hope, me l'ha confessato lei, è lei che mi sta aiutando con l'occlumanzia e...ha dovuto dirmelo per forza”. Io annuii, mi aspettavo quella risposta. Cioè, solo metà, mi aspettavo che fosse stata Hope a rivelare a Shane di essere della Resistenza. Quei due avevano un legame molto forte. Non mi sarei per nulla stupito se i due si fossero fidanzati, o forse sì. Il legame della migliore amicizia è strano. Si ha paura di rovinarlo in qualsiasi modo, conoscendo Shane avrebbe avuto paura di rovinare un’amicizia con l’amore. No, decisi infine. Hope e Shane non si sarebbero mai potuti fidanzare, anche se molto probabilmente le emozioni c’erano.
    Hope… Era dolce come il miele. L’avevo baciata un paio di volte, durante la festa di fine anno dell’anno scorso. Una festa speciale (come lo sono tutte le feste dei maghi): ogni partecipante s’era infatuato di una persona a caso durante la festa, infatuazione che erra passata con la fine di essa. E io mi ero innamorato di Hope, e lei di me. Nonostante quello non fu vero amore ma una semplice illusione apprezzai quei momenti ed ebbi modo anche di apprezzare lei, con quel suo modo di fare così gentile, delicato, dolce. Era diversa da tutte le altre ragazze, ma questo meglio non dirlo a Niamh. Ritenevo Hope solo un’amica, nulla di più, anche se ci eravamo molto avvicinati durante la profonda depressione di Shane, nostro amico in comune.
    Niamh però aveva quel qualcosa in più rispetto a Hope. Il sorriso di Hope era bello e dolce, quello di Niamh non era dolce ma vivace, allegro, pieno di vita. Niamh sembrava avere una marcia in più rispetto a Hope, rispetto a tutte le altre ragazze del mondo. Era cazzuta. Avevano anche capelli diversi: Hope era bionda, Niamh aveva capelli castani. Hope manteneva i suoi capelli intatti, mentre Niamh preferiva colorarli alle punte di un colore più chiaro, il che la rendeva diversa dalle altre. Anche i loro occhi erano diversi. Quelli di Hope erano dolci, quelli di Niamh determinati e piena di forza e coraggio. Anche Hope era coraggiosa, certo, ma Niamh aveva il coraggio delle tigri, Hope aveva invece il coraggio degli umani. Niamh era diversa, Niamh era bella, Niamh era Niamh.
    Oh quindi era Hope ad aiutare Shane nell’arte dell’Occlumanzia. Strano, di solito Shane riusciva sempre a cavarsela da solo, ma evidentemente in Occlumanzia era un asino come lo era anche a letto. Shane era sempre stato il primo della sua casa e i professori ne parlavano con orgoglio. Ero fiero di lui anche se io non c’entravo un cazzo.
    “Come fai a non odiarmi? Come fai a sapere che non l'ho ferita?”. Sorrisi scuotendo la testa. Dopo tutto quello che Shane aveva passato con me al suo fianco mi veniva estremamente difficile riuscire ad odiarlo. E poi non avevo alcuna ragione per doverlo odiare, sinceramente. Lui non aveva colpe, era tutta colpa del Governo. Era lui che si doveva combattere. “Se avessi saputo, io ... Non avrei partecipato”, ma lui non poteva sapere neanche volendolo. Non poteva avere colpe. “Quel giorno mi ha segnato, tutto quel sangue, il sangue di Edith, le mie bruciature, non voglio tutto questo, non voglio più niente di tutto questo. Voglio studiare, voglio diventare qualcuno”. Annuii. Era quello che volevo anch’io (escludendo il “studiare”, meglio aver smesso di farlo). Essere una persona normale e non dover a che fare con nulla che fosse più grande di me. Vivere una vita normale, come i babbani. Ma sarebbe stato troppo facile sottrarsi a quella vita di stenti e fare finta di nulla. Sarebbe stato da vigliacchi, e io non volevo essere un vigliacco. Volevo poter dire, un giorno, di essere fiero della mia vita e delle mie scelte. “Mi dispiace, davvero...io spero che tua madre torni sana e salva”. Sospirai, poi presi anch’io la parola.
    «Lo spero anch’io. Ciò non dipende da me, e nemmeno da te. Così come non è dipeso da te il fatto che mia madre abbia combattuto nella stessa sede dove hai combattuto tu. Non è dipeso da te il fatto che lei sia sparita». Lo guardai negli occhi, parlando con voce decisa. Non era una maschera, quella del “non ti odio”, e ciò traspariva chiaramente dal mio sguardo e dalle mie parole. «So che non l’hai ferita perché me l’ha detto un altro che ha partecipato. Il punto non è mia madre, il punto è il prossimo. Combattere fra di noi è ridicolo. Tu l’hai fatto, perché? Perché il regime ti ha plagiato manipolato». Sottolineai l’ultima parola. «E lo fa con tutti. Noi non combattiamo contro persone, noi combattiamo contro il regime. Per questo è la Resistenza quella che dovrebbe sentirsi in colpa combattendo contro persone come te». Feci una risata triste. «Sembra tutto un paradosso Che schifo di mondo». Spostai lo sguardo verso il cielo, assumendo un’espressione pensierosa. «Sì, che schifo di mondo», riflettei, «O, meglio, il mondo farà schifo quando non ci saranno persone che combatteranno per un mondo migliore». Rimasi con lo sguardo fisso sul cielo, a pensare alle ultime cose che avevo detto. L’avevo detto senza pensarci, e non mi capitava così spesso di essere un filosofo. Era quello che avevo detto il motivo per cui ero entrato nella Resistenza. Non solo per combattere il regime, ma anche per sentirmi coerente con me stesso.
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    ⋆ CAPOSCUOLA SERPEVERDE
    Orfano di entrambi i genitori da un anno. Ha un rapporto complicato con lo zio, Damian Icesprite.
    E' schivo, solitario, taciturno, ambizioso ed emotivo, nonostante tenti di nascondere a tutti quest'ultima caratterista, per lui sinonimo di debolezza.
    Quando ama è per sempre. Quando odia è per sempre.
    Animagus da un anno: Lupo bianco.
    Tirocinante al San Mungo. Vorrebbe diventare Guaritore.
    Lavora al locale notturno, Lilum, perchè sa che il denaro è la carta jolly della vita.

    abbigliamento / fotoDivisa Serpeverde un po' sfatta. Cravatta allentata, camicia non del tutto abbottonata e fuori dai pantaloni.
    E' stanco, capitelo.
    materie preferite Incantesimi Strategia Erbologia Pozioni Arti Oscure
    amo e odio
    La musica, cantare e suonare chitarra e pianoforte.
    Leggere libri di qualsiasi genere, dai generi letterari babbani, libri horror, fantasy e storici.
    Dormire fino a tardi, quando può permetterselo, e rimanere sveglio il mattino, avvolto dalle lenzuola fresche.
    Andare a correre e ad allenarsi sulle sponde del lago nero.
    Ama il verde, il blu e il nero

    Profumo dell'amortentia: Vaniglia, lime e basilico

    Odio: Tante cose.


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    I am Shane Howe
    sheet ⋆ 17 ⋆ purosangue ⋆ neutrale ⋆ studente ⋆
    Plagiato? Non si era mai sentito plagiato il giovane Shane. Non aveva mai pensato a sè stesso in quei termini, perchè aveva sempre avuto ben chiaro in mente cosa volesse e cosa invece, al contrario, avrebbe voluto evitare. Un tempo la gloria era stata tra le cose che più di ogni altra cosa avrebbe voluto. E questo lo rendeva ai suoi stessi occhi terribilmente egoista. Ma, era così. Shane voleva la gloria, aveva combattuto in gran parte per questo, per essere qualcuno, per non essere considerato inferiore a Damian e Anjelika. In fondo, aveva anche creduto in quella causa, in fondo però, forse Lucas aveva ragione, gran parte dei Mangiamorte erano pedine in mano a qualcosa che nemmeno loro conoscevano. Non lui, Shane non lo era. Era un soldato che combatteva per il proprio personalissimo tornaconto. Era passato un po' di tempo da quando aveva iniziato quella conversazione con Lucas, il cielo si era lentamente coperto di nuvole e la temperatura se possibile si era incrinata ancora di più. Nonostante tutto, ogni minuto passato con Lucas era stato prezioso perché Shane sapeva che non avrebbero avuto ancora altre occasioni per incontrarsi e parlare, non senza mettersi in difficoltà a vicenda visto le diverse fazioni che li separavano. Separavano nessun'altra parola avrebbe potuto rendere in modo più chiaro e verosimile quel concetto inespresso. Appartenere a due diverse correnti di pensiero poteva rappresentare davvero un problema, per Shane, certo ma soprattutto per Lucas, e per Hope. E Shane non avrebbe mai voluto mettere in difficoltà i suoi amici. A volte si ritrovava a pensare che un'amnesia totale fosse l'unica soluzione, ma era una via di fuga troppo semplice ed al tempo stesso troppo complessa da percorrere. Lucas non lo sapeva forse, ma Shane stava già combattendo per un proprio migliore mondo personale, forse un po' più egoistico rispetto al mondo perfetto che il grifo avrebbe voluto vedere, ma adesso lo stava facendo ogni giorno, anche per loro, i suoi amici e per Shane attualmente non contava davvero altro. Annuì alle parole di Lucas, sporgendosi verso il terreno per poggiare la lattina vuota e quando si tirò su ed il suo sguardo si posò nuovamente sull'amico, qualcosa era cambiato. Il gracchiare di Feather lo insospettì, così come il volo nervoso di Ludwig, e Shane spostò lo sguardo verso il cielo buio e nuvoloso, in cui a stento si potevano scorgere le stelle. La ronda tirò fuori la propria bacchetta. Alcuni Pavor segugi erano soliti fare la ronda notturna in tutti i quartieri di Londra, alla ricerca di Ribelli. Grazie per stasera e...tu sai che io...ci sarò, qualsiasi cosa accada. Sono con voi. Ti voglio bene amico furono parole che vennero pronunciate solo nella sua testa. Poi con un fischio richiamò a se i due corvi che planarono sulle sue spalle ed una volta che furono sopra di lui, Shane scomparve smaterializzandosi ai confini di Hogwarts. Il pensiero di Lucas lo avrebbe accompagnato in quella fredda notte, ma adesso che lo aveva visto e ci aveva parlato, sapeva che aveva conosciuto il suo amico e che in fondo non aveva davvero bisogno di una conferma per sapere che lui fosse un ribelle. Lo aveva sempre saputo.

    « In the darkness, before the dawn, leave a light, a light on. »

    schema role © psìche



    Fine ciao fa schifo non leggere
     
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  14. ~lucas
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    chad m. murray as
    edward lucas italie williams
    non farti più amici di quanti non possa tenerne il cuore
    lucaschad
    pensieve ▽ ex-gryffindor ▽ 18 ▽ scheda
    Strofinai le mani tra di loro. Sentivo freddo. Sentivo molto freddo il celo si oscuri e i corvi grachiano e volano spantati #saveobliviongdr. Strofinai le mani anche sui jeans che portavo. Gideon alzò lo sguardo guardandomi, mi si avvicinò e si strusciò sulle mie gambe. Quel leone era troppo dolce. Sorrisi teneramente e lo presi tra le mani, alzandolo da terra e tenendomelo tra le braccia. Lui non batté ciglio e rimase lì, beandosi di quell’attenzione e chiudendo gli occhi vispi.
    Spostò lo sguardo sul cielo. Non c’erano stelle. Solo nuvole. Anche la luna era coperta dalla nuvole… oppure quella notte non c’era la luna? Emanuele, ci sono le stelle nel cielo? C’è la luna nel cielo? All’improvviso Gideon si agitò. Abbassai subito lo sguardo, preoccupato. Aveva pure riaperto gli occhi. «Che c…». Proprio in quel momento si sentì lo svolazzare nervoso di uno dei corvi e il gracchiare dell’altro. Stava succedendo qualcosa. Spostai lo sguardo su Shane. L’Inferius… luogo di ritrovo per malfattori e ribelli. Il Ministero lo sapeva. Era stronzo, ma furbo. Quel luogo era controllato.
    “La ronda”. Annuii. «La ronda, sì», ripetei. Mi abbassai togliendomi Gideon dalle braccia. Non appena lui tocco la terra con le sue quattro piccole zampe saltò ad accucciarsi sui miei piedi, impaurito. Non capiva cosa stesse succedendo. Era la prima volta che sentiva parlare di “ronda”: non l’avevo mai portato così lontano da casa la notte. “Grazie per stasera e... tu sai che io... ci sarò, qualsiasi cosa accada. Sono con voi”.
    Sorrisi, estraendo la bacchetta magica e stringendola nella mano destra, pronto a lanciare qualsiasi incantesimo. Volsi lo sguardo su di lui. «Mi mancano i momenti in cui stavamo sempre insieme», mormorai con un tono melanconico e nostalgico. Shane fischiò richiamando i corvi. Feather e Ludwing planarono subito verso di lui, appollaiandosi sulle sue spalle. Un ultimo sguardo, e Shane sparì accompagnato da un pop.
    Lucas puntò la bacchetta verso la lattina di Burrobirra lasciata da Shane. La immaginò dissolversi nell’aria e diede un leggero colpo di polso. Evanesco. La lattina sparì. Raccolse il Mantello dell’Invisibilità che gli aveva donato lo stesso Shane per Natale e poi puntò nuovamente la bacchetta, stavolta verso la sua lattina. «Evanesco», sussurrò. La lattina scomparve all’istante.
    «Pronto, Gideon?», lo chiamai. Lui non rispose, ma drizzò le orecchie, segno che era pronto. «Bene». Chiusi gli occhi, immaginando il calore irradiare dal camino della sala da pranzo di Villa Italie e la morbidezza del divado vicino al camino. Immaginai il tappeto persiano che si trovava sotto il divano e che copriva buona parte della stanza. E il lucernario di cristallo. E la cesta in cui Gideon giocava con il suo gomito di lana. Non lo portava mai fuori dalla cesta perché aveva paura glielo rubassero. Sorrisi a quel ricordo, strinse leggermente di più la bacchetta.
    Sentii un sonoro pop, qualcosa come un po’ di nausea.
    Quando riaprii gli occhi mi trovavo a casa.
    Mi abbandonai sul divano, accendendo la TV. Gran belle cose, le invenzioni dei babbani. Lasciai la TV accesa su un canale a caso. C’era il notiziaro, e parlava dello scandalo di un politico che aveva usato i soldi dello Stato per spese private.
    Lì la corruzione e lo spreco di soldi, riflettei. <b>Beati i babbani. Noi abbiamo una dittatura.. Spensi la TV, accorgendomi di esserer troppo stanco. Osservai il camino che ardeva. Non mi andava di alzarmi e salire in camera. Gideon salì sulle mie gambe, forse voglioso di una carezza. Non lo calcolai, ma non lo feci di proposito. Riuscivo solo a pensare a Shane. Se era d’accordo con quello che pensavo – altrimenti l’avrebbe detto –, cosa lo frenava dal diventare membro della Resistenza? Perché se avesse voluto diventare un Resistente me l’avrebbe detto. Forse. Forse no. Mi morsi il labbro. Sicuramente sì. E allora cosa lo fermava? Non suo zio, di sicuro. Si era sempre ribellato a lui. Forse lo bloccavano gli ideali di sua madre, alla quale non si era mai ribellato. Gliel’avrei dovuto chiedere, forse.
    Senza accorgermene, chiusi gli occhi e reclinai il capo di lato. Gideon mi guardò per due minuti, poi anche lui si accucciò per bene sulle mie gambe, poggiò la testa sulle zampe e chiuse gli occhi.
    winston,©


    Non leggere, è illegale farlo. Role conclusa, cia'.
     
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