This is, Pain!

x shane

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    Rey Shiny
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    Ogni volta si trovava studenti indisciplinati, anche se le faceva piacere punire i ragazzi, doveva ammettere che nonostante il regime fosse estremamente severo, la scuola non ospitava certo persone diligenti.
    Questa volta fu il turno di una ragazza che sembrava essere così maleducata da aver risposto male a Rey.
    La bellezza di quella studentessa era così travolgente che la torturatrice si era fermata davanti a lei fissandola.
    Non avrebbe dovuto dire nulla quella ragazza, doveva stare zitta e ferma.. invece no...
    Non lagnarti.. mi hai risposto male, per questo ti ho portato quì.. disse la donna fissando la ragazza che aveva appena messo in punizione, Rey non era arrabbiata, al contrario sembrava mostrare un insolita felicità, tanto che non smetteva di sorridere.
    Si sedette sulla sedia, tornando ad osservare la ragazza immaginando di torturarla e vederla a terra, implorante... bellissimo.. si perse nell'immaginare quella scena inebriante.
    Dopo qualche secondo tornò a sorridere, incrociando una gamba sopra all'altra sfiorando la bacchetta che si trovava sul tavolo.
    Proprio così mia cara, ti ho portato quì in punizione, hai qualcosa da dire a tua discolpa? continuò accarezzando la sua bacchetta di noce che sembrava sussurrarle la stessa parola di sempre: Crucio....
    Ogni secondo la donna era visibilmente più trasportata dal desiderio di torturare quella giovane ragazza, ardeva di un fuoco malsano e inestinguibile, mentre accarezzando la bacchetta come se stesse per torturarla ogni momento, lo sguardo della donna era posato sulla ragazzina in punizione con un bagliore fanatico ed ossessivo assieme ad un sorriso che probabilmente nessuno avrebbe potuto toglierle dal suo volto.
    Era la carica, lei doveva torturare, ed era chiarissimo ormai che se ne approfittava della carica per fare più vittime possibili ed allenarsi con gli incantesimi che più amava.. sempre lo stesso.


    Scheda ▴ 20 Anni ▴ Pro al regime code role by #epicwin for obliviongdr

     
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    Aveline Jodene
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    Quando Aveline aveva aperto gli occhi quella mattina, era consapevole che un altro giorno di lotta l'attendeva e che avrebbe dovuto combattere. Non si tirava mai indietro quando si trattava di tirare fuori le unghie e difendersi, eppure ultimamente tutto sembrava più difficile. Continuava a sentirsi costantemente fuori posto, in un ambiente che non le apparteneva e le persone che le dimostravano almeno gentilezza si contavano sulle dita di una mano. Eppure avere iniziato le lezioni, per chi come lei era statati sottoposto ad esperimenti, le aveva dato la forza necessaria per andare avanti. Sarebbe riuscita a controllare il suo potere, avrebbe vinto e questo pensiero bastava per convincerla a vivere. Quella scuola era una prigione sadica e ancora si domandava perché non fosse scappata. Perché? Il pensiero di riuscire a controllare gli spiriti era più forte di tutto. Lei non voleva sentirli, voleva spegnerli davvero e scappando non avrebbe risolto niente, sarebbe impazzita come era impazzita sua madre e avrebbe fatto la sua stessa fine, magari buttandosi da un palazzo di Londra. E non lo voleva. Però la paura costante di essere portata in Sala torture era sempre viva, come un chiodo conficcato nella carne che continua a farti sanguinare.
    Quella mattina, forse avrebbe fatto bene a non svegliarsi, o non uscire da proprio dormitorio. Invece, inconsapevole di ciò che le sarebbe accaduto di lì a poco, si era alzata, lavata, vestita con la sua divisa senza colori che comunque amava, nonostante tutto, aveva pettinato i capelli rossi, lunghi alla schiena che durante la notte avevano formato dei boccoli alle punte e poi aveva preso il suo blocco da disegno, desiderosa di uscire dal castello per vedere il cielo, sebbene probabilmente fosse nuvoloso, vedere la neve, e poi ancora mettersi in disparte e disegnare. Amava disegnare, qualsiasi cosa che le colpisse lo sguardo. Nell'ultimo anno i soggetti dei suoi disegni erano persone, persone con delle storie o quello che ne rimaneva. Erano gli spiriti che la cercavano, che le parlavano e le chiedevano una vendetta che lei non poteva dargli. Ed erano tanti. Hogwarts pullulava di cadaveri, morti nelle più tragiche situazioni, alcuni in battaglia, altri per gioco e altri ancora davvero ingiustamente. Alcune anime erano blande, riusciva a sedarle e filtrarle grazie al braccialetto magico che il suo protettore, Dakota Wayne, gli aveva regalato a Natale. Alcuni animi tormentati però, riuscivano sempre ad oltrepassare quella barriera che aveva intorno e la trovavano. Camminando per i corridoi di Hogwarts a testa bassa, cercò di destare meno attenzioni possibile, voleva solo percorrere il corridoio che l'avrebbe portata all'esterno. Ma lo spirito di quella ragazza che si faceva chiamare Claire proprio non voleva saperne di lasciarla in pace, urlava come fosse tra le fiamme dell'inferno, urlava e lei non riusciva a sentire nemmeno i suoi passi, nonostante tutto intorno ci fosse silenzio. La percepiva come un'ombra distante e fredda, una figura non ben definita nell'oscurità della morte. Basta, vattene! Esplose infine, in preda alla disperazione per non riuscire, nemmeno sforzandosi, a mandare via quell'unica anima tormentata. Ciò che ottenne fu però lo sguardo di Rey, la torturatrice, posarsi su di lei e quasi ucciderla, per quell'affronto che non le era diretto. Quando Aveline aveva aperto gli occhi quella mattina, era consapevole che un altro giorno di lotta l'attendeva, ma non pensava di dover lottare per un motivo così stupido. E lei stessa ci si era infilata, ma anche il karma a volte ce la metteva proprio tutta per mandarle la vita a puttane. L'aveva presa dal polso, mentre Aveline, con tutta la forza che aveva, provava a dimenarsi tirando indietro il braccio senza riuscire a sfuggirle. Il panico sul suo volto era disarmante, le ferite dell'ultima lotta ancora da cicatrizzare. Aveva provato anche a chiedere aiuto a qualche studente di passaggio nel corridoio che conduceva alla Sala torture nei sotterranei. Aiutatemi! Ma nessuno voleva immischiarsi nella faccenda, magari non pensavano che la sua vita valesse così tanto da rischiare. Venne sbattuta nella sala, tremante e il fatto che la torturatrice ridesse le metteva addosso ancora più inquietudine, perché sapeva che lei ci godeva davvero nel farle del male, era sadica e Aveline si domandava come potesse essere umana. Aveva indietreggiato così tanto per star lontana da lei e dalla sua bacchetta infernale, che aveva toccato il muro alle sue spalle.
    “Proprio così mia cara, ti ho portato quì in punizione, hai qualcosa da dire a tua discolpa?”
    E poi Rey le fece una domanda che Aveline non fu sicura nemmeno di aver udito bene. impanicata com'era sia per il terrore del dolore che sapeva sarebbe arrivato, sia per il gruppo di spiriti che ondeggiava in cerchio nella sala. Studenti morti dentro quella stanza, che ancora vagavano li, incapacitati a lasciare del tutto la vita terrena. I-io n-non ero riferita a lei. Non volevo offenderla. Disse la cosa più ovvia, più scontata, ma anche più vera. Non meritava di essere punita, ma nessuno degli studenti morti in quella Sala lo meritavano. Lei non voleva morire, aveva paura di diventare come quegli spiriti ed essere costretta ad una esistenza a metà, al niente, al vuoto, all'inesistente. Non voleva.




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    Rey Shiny
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    La sala quel giorno era terribilmente fredda, l'aria entrava dalle finestre e faceva rabbrividire chiunque da tanto che era gelida.
    Era chiaramente arrivato l'inverno e Rey si trovava davanti ad una vittima, una delle sue preferite ovvero: "le ragazzine ingenue e spaventate".
    Di solito erano quelle che urlavano di più, erano quelle che nonostante cercassero di opporre resistenza, non ci riuscivano mai.
    Le parole della babbana risuonavano nella sala gelida, "non ero riferita a lei" diceva.
    Eppure per Rey il fatto di chiedere spiegazioni agli alunni non era altro che una prassi, tanto l'avrebbe torturata lo stesso, tanto qualunque scusa potesse inventare non sarebbe riuscita a sfuggire alla tortura, chiunque entrava li dentro ne usciva straziato, si veniva rapiti e si veniva liberati solo dopo atroci torture che non servivano ad altro che a soddisfare l'animo perverso di quella donna che tutto sembrava meno che una donna.
    Fece un sorriso soddisfatto alle parole della ragazza, non importava se quelle parole erano rivolte a Rey o meno, era capitata nel posto sbagliato al momento sbagliato.
    Ci furono tre secondi di silenzio, che servivano a Rey per decidere cosa fare prima di utilizzare la solita Maledizione Cruciatus, si voltò e vide moltissimi attrezzi adatti alla tortura.
    Dio quanti ce n'erano! quella stanza era davvero il paradiso per un sadico, infatti lo sguardo di Rey si posò chiaramente sulla frusta che si trovava appesa al muro.
    Si, l'avrebbe frustata, nel peggiore dei modi... avrebbe urlato come una forsennata.
    Credi che davvero, una volta entrata quì, hai anche solo una possibilità di uscire illesa? disse, con uno sguardo estremamente folle e colmo di desiderio che fissava la frusta dietro di lei.
    Era chiaro, talmente palese che chiunque avrebbe potuto capirlo.
    Rey spesso e volentieri torturava i babbani senza motivo tanto erano solamente babbani, nessuno ci faceva caso.
    Perciò non era segreto il fatto che Rey non vedesse l'ora di torturare la gente, forse, era una delle poche persone realmente interessate a torturare.
    Si voltò verso la ragazza, lo sguardo della donna era così caldamente folle che si poteva pensare che fosse posseduta, il suo corpo non riusciva più a controllarlo e le sue parole erano avvelenate dal piacere malsano delle sue fantasie.
    Allora.. vediamo se indovini con quale tortura inizierò oggi? disse la donna con una voce calda ed emozionata, mentre il cuore le batteva così forte da farle sentire di nuovo le solite vampate di calore, che ormai erano come carezze per la sua anima.


    Scheda ▴ 20▴ Pro al regime ▴ Pensieve code role by #epicwin for obliviongdr



    Edited by Rey Shiny - 4/1/2015, 15:15
     
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    Aveline Jodene
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    A sette anni, Aveline aveva paura di sua madre. Le sue reazioni inaspettate la confondevano, perche un momento era lucida, era premurosa e di buon umore, e un momento dopo iniziava a parlare da sola, imprecava, diceva parolacce e parlava di Dio e di come tutti loro sarebbero morti tra le fiamme. Aveline aveva udito la parola morte troppe volte da bambina, senza ancora sapere cosa fosse in realtà e senza averne mai sofferto. Solitamente, quando tutto andava male e vedeva solo il buio, si chiudeva in uno stanzino, con la luce spenta e si accovacciava a terra, da sola. Così nel buio aveva sempre trovato la luce, la soluzione a tutto, la cura ai suoi problemi. Stare sola era sempre stato un sollievo. Non vedere sua madre la rassicurava. Non sapeva come agire e l'unica soluzione per non sentire le sue urla era isolarsi. Con il tempo aveva capito che questo modo passivo di affrontare le cose era negativo e deprimente, ed era cresciuta, diventata più forte e responsabile. Crescendo aveva capito che sua madre era malata e aveva bisogno di aiuto, un aiuto che nessuno riusciva a darle, meno che mai sè stessa. Non aveva fatto in tempo a dimostrarle che sarebbe stata in grado di prendersi cura di lei, perché aveva appena tredici anni quando la donna decise di porre fine alla sua vita triste. E poi era stata rapita e l'esperienza nei laboratori l'aveva riportata indietro di tanti anni. Aveva iniziato ad avere paura, di nuovo e a chiudersi in se stessa come faceva quando aveva sette anni. Ma non riusciva a combattere quel senso opprimente che le dava vedere delle lame, delle corde o delle fruste, non riusciva a non pensare alla sua pelle ancora lacerata dall'ultima tortura o al fatto che potesse impazzire come sua madre. Ma la donna in Sala torture aveva ragione, non sarebbe uscita di lì indenne, non era mai successo, nessuno le aveva mai fatto sconti e sicuramente non avrebbe iniziato adesso. Cosa poteva fare se non limitarsi a sperare che finisse tutto al più presto? Tremava, ma non piangeva e tentava di mantenere un autocontrollo che sentiva gli sarebbe presto sfuggito di mano. Tirò su la testa, perché essere torturata come un verme non era ciò che voleva. La donna era una strega, probabilmente, quindi anche solo sperare di difendersi era una battaglia persa in partenza. - Stai tranquilla, non morirai, non oggi! - Una voce minuta attirò la sua attenzione nella penombra di quella Sala e Aveline notò solo adesso la presenza di un bambino là dentro. Guardo prima lui, poi la donna che non poteva averlo notato, perché in realtà quel bambino non era presente davvero, era uno spirito. Molto gentile da parte tua... Mormorò, con voce spezzata dalla paura e dal respiro troppo affannato, come se avesse corso kilometri. Il bambino le sorrise. - Rimango qui con te. - Si fece spazio sotto la luce e Aveline poté notate un livido violaceo sul suo collo bianco. E lui, vedendosi osservato, chinò lo sguardo sui propri vestiti, per poi risollevarlo su Aveline. - Ha stretto tanto forte e non respiravo più. - Spiegò il bambino e Aveline, che non voleva sentire, chiuse gli occhi stringendoli forte, senza parlare ma sperando solo che quella presenza la lasciasse subito. Al contrario, il bambino si avvicinò e le strinse la mano. Come poteva davvero essere morto la dentro? Un bambino così piccolo, che portava la divisa dei tassorosso. Una delle casate in cui aveva più amici. Riguardò la torturatrice, sperando che nel suo sguardo potesse leggere solo paura e non quel nuovo tipo di sentimento che rischiava di farsi largo dentro di lei: l'odio. Aveline che odiava solo suo padre, per motivi ben più profondi di una stupidità tortura. C-cosa vuoi fare? Forse l'attesa di quello che pensava sarebbe potuto succedere era più pesante della punizione stessa. Voleva che agisse e finisse in fretta, perché trovarsi lì la stava lentamente uccidendo. Non riusciva ad indovinare cosa volesse usare per torturarla, ma anche solo aspettare era una tortura. Non lo so, ma fallo e basta. Non sepeva da dove veniva quella voce, forse la presenza del bambino al suo fianco la faceva sentire meno sola, più forte. Per una volta la presenza di uno spirito poteva essere positiva.




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    Rey Shiny
    Il tuo dolore mi rende felice
    Rey riuscì a sentire tutto ciò che stava dicendo la babbana che era stata portata nella sala delle torture.
    Inizialmente sembrava parlare ancora da sola ma non ci diede molto peso, decise quindi di far finta di non sentire, fino a che non arrivò a rispondere alla sua domanda.
    Era chiaro che da lurida babbana voleva finire il prima possibile la tortura, questa evidente realtà fece sorridere la torturatrice, che magicamente sembrava aver allungato il tempo previsto per la punizione.
    Così prese in mano una frusta e fece un sorriso così sadico e soddisfatto che chiunque ne avrebbe avuto paura.
    Togliti i vestiti, rimani solamente con l'intimo... voglio eliminare ogni possibile protezione, poi attaccati al muro e guardami! se ti ribelli finirai molto peggio sappilo... disse sadicamente la donna, arrotolando l'estremità esterna della frusta tra le sue mani, sentendo la pelle strusciare su quelle corde che venivano usate per provocare dolore alle vittime.
    Era come una carezza dalla persona amata quando si trovava in un momento speciale, era così inebriante quel tocco che la donna desiderò per un attimo di fermare il tempo e poter stare in quella posizione per molto più tempo.
    Era visibile il tremore della ragazzina com'era visibile quello della torturatrice, la sciocca babbana era chiaramente impaurita, tuttavia cercava di mostrarsi più forte della strega che in quel momento tremava per l'emozione.
    Poco dopo, prima di iniziare con la tortura, pensò di dire quattro parole inquietanti e sadiche che sicuramente avrebbero scosso non poche persone.
    Non riusciva neanche a finire di immaginare la scena che stava per accadere che Rey si sentì improvvisamente mancare il fiato, come se fosse stata rapita da un turbinio oscuro fatto di dolore e soddisfazione.
    Il battito cardiaco divenne quasi insopportabile, la temperatura corporea era così alta che il sudore si poteva chiaramente notare nelle mani e sul viso.
    Era la follia, la stessa follia che la rapiva ogni volta che torturava una persona, era come se ogni volta che un alunno entrava in quella stanza lei ci doveva far l'amore.
    Oh... avrebbe fatto anche questo, se lo trovava necessario, era anch'essa una tortura in certi casi...
    Voglio sentirti urlare forte disse con estrema emozione, il piacere che inebriava la mente della donna si poteva chiaramente sentire, era come un onda vibrante formata da amare immagini di puro dolore.
    Prese un respiro ed alzò il braccio che teneva la frusta, mostrando chiaramente che stava tremando per l'emozione.
    Il suo sguardo era concentrato sulla ragazza che in quel momento doveva subire la punizione e si poteva chiaramente notare la follia che iniziava a rapirla.
    Era chiaro che in quel momento non sarebbe stata padrona delle sue azioni, agiva senza un minimo controllo, seguiva ciò che la sua fantasia malsana le suggeriva.
    Iniziò con un colpo di frusta all'altezza della spalla sinistra, lasciando un segno rosso che si prolungava fino alla parte alta del seno.
    Il suono della frustata sul corpo della ragazza era così inebriante che la donna, che ormai aveva perso la lucidità, continuò a frustarla sempre più velocemente aumentando anche la forza dei colpi.
    Le sarebbe uscito il sangue di li a poco.. meglio.. il sangue per Rey era come una conquista, più i segni erano visibili, più si sentiva soddisfatta.


    Scheda ▴ 20▴ Torturatrice ▴ Pensieve code role by #epicwin for obliviongdr

     
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    Constatò di trovarsi nella gabbia di un leone o peggio, immaginò di essere un corpo nudo, sanguinante e immobile alla mercé degli avvoltoi. Anche ragionandoci, anche sforzandosi, non riusciva a credere che quella donna fosse realte, non era umana. Come era possibile provare una tale passione per un compito così orribile come la tortura? La torturatrice, con in mano la frusta che di lì a poco sarebbe diventata la sua migliore amica, la guardò inizialte con sguardo fisso e deciso, mentre le ordinava di spogliarsi e rimanere in intimo. Questa era una cosa che capitava spesso, non ne fu sorpresa, ma non si sarebbe spogliata di sua spontanea volontà. No, non voleva, non voleva spogliarsi e non lo avrebbe fatto, avrebbe evitato fino all'ultimo, perché tanto volente o nolente, sarebbe stata frustata comunque! N-no per favore...n-non voglio spogliarmi. NO. Le aveva detto no, ed era pronta subirne le conseguenze. Tanto, in un modo o nell'altro non sarebbe uscita di lì con i vestiti integri. Quale altro disagio poteva capitarle? Cos'altro le avrebbe fatto? Il tremolio che scosse la donna dinnanzi a lei le fece credere che fosse impazzita. Non poteva nemmeno pensare che fosse in delirio perchè era lei la parte forte, quella che aveva le armi. Aveline era convinta che anche farsi frustare le sarebbe piaciuto. Era pazza. Forse era drogata o... stava subendo una trasformazione. Magari sarebbe diventata presto una vampira, e le avrebbe succhiato via tutto il sangue. L'avrebbe lasciata morire di stenti, nuda e dissanguata. Nonostante il bambino al suo fianco le avesse assicurato che quello non sarebbe stato il suo ultimo giorno, razionalmente non riusciva a vedere un seguito a quella giornata. Gli occhi arrossati dal pianto troppo trattenuto, fissavano il pavimento, per poi risalire, incerti, sulla donna. Era talmente terrorizzata da non riuscire a muoversi. La vide alzare la frusta in cielo e poté notare che il suo sguardo era ricolmo di quella che in condizioni normali avrebbe definito soddisfazione o no... Euforia. Si preparò ai colpi, che non tardarono ad arrivare, portando le braccia dinnanzi al volto. Un primo colpo partì sulla sua spalla, bruciandola come il fuoco. No! Gridò tutto il dolore, che non fu niente in confronto a ciò che seguì sempre con più forza, sempre con più decisione, tanto da costringerla al pianto e a ridurre la sua divisa in brandelli. Tante piccole strappature che mettevano la sua pelle troppo bianca in contatto con il mostro. Quella donna era un mostro! Si coprì la faccia, perché i colpi al viso erano i più dolorosi in assoluto ma soprattutto perché sarebbero stati una prova evidente della sua debolezza, e molti bastardi a scuola approfittavano delle persone che consideravano deboli. Se si fosse mostrata agli altri, piena di sfregi, sarebbe stata una preda più facile. Sentiva anche la pelle lacerarsi ormai, sotto i colpi freddi di quell'arma. Il contatto con l'aria e con il freddo della Sala le fecero venire i brividi. Ad un ennesimo colpo, ad un ennesimo grido, istintivamente afferrò la frusta e provo a tirarla via dalle mani della donna o almeno bloccarla per farla smettere. Una mossa stupida, probabilmente. Dakota non sarebbe stato fiero di lei, che finiva sempre nei guai, anche quando non andava a cercarseli.



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    Rey Shiny
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    Era ormai chiaro che la ragazza era in trappola e che da li non poteva uscire.
    Decise di tenersi i suoi vestiti e momentaneamente Rey decise di non farci molto caso, dato che probabilmente a furia di frustate si sarebbero rotti lasciandola comunque nuda.
    Le frustate colpivano il corpo della ragazza lasciando segni più o meno evidenti, specialmente dove non aveva i vestiti.
    Il sangue iniziava a sgorgare, le ferite improvvisamente era come se ad un tratto si facevano reali donando un estrema soddisfazione alla donna.
    Il piacere ricavato da quelle sadiche frustate era così impagabile che con o senza vestiti, la felicità giunse in lei ugualmente.
    Le frustate fecero urlare la babbana, le urla erano così soddisfacenti che per poco Rey non si mise a piangere dalla contentezza.
    Ancora, ancora e ancora, era come un buco nero che al posto di inghiottire luce inghiottiva dolore..
    Il dolore, poeticamente soddisfacente, terribilmente dominante su ogni altro pensiero.
    Le frustate continuavano, fino a che la ragazza non decise di ribellarsi prendendo la frusta una volta che arrivò a lei.
    Riuscì a toglierla di mano a Rey, che stupita rimase un secondino perplessa.
    Che faccia tosta! le aveva rovinato quell'attimo di piacere malato estremamente caldo ed appagante, le aveva rovinato una sottospecie di momento intimo tra lei e il dolore della ragazza.
    Doveva pagare cara la sua insolenza.
    Così la donna velocemente prese la bacchetta e la mosse leggermente accio frusta disse, rapidamente come aveva mosso la bacchetta, la frusta si trovò di nuovo in mano sua anche se era chiaro che l'aveva colpita alla mano lasciandole un graffio.
    Il dolore era più soddisfacente contro le altre persone, ma Rey non esitò un attimo avvicinando la mano ferita e mordendo nel punto dov'era ferita facendo uscire una piccola goccia di sangue.
    Oh.. era bellissimo il sapore del sangue, il suo o quello degli altri non aveva molta differenza anzi.. almeno il suo era sangue puro.
    Come hai osato?! esclamò dopo essersi morsa la mano, negli occhi della torturatrice era chiaramente visibile un bagliore innaturale e una rabbia fuori dal comune.
    Le aveva rovinato il suo momento di piacere, una lurida babbana maleducata le aveva rovinato il suo momento di gloria e di meraviglia.
    Alzò la bacchetta tremando dall'emozione, sapeva cosa doveva fare, era travolta da incontrollabili brividi che le impedivano quasi di parlare.
    Meri.... meriti... qu-questo... disse con voce bassissima e stracolma di emozione, tremando un po' e facendosi travolgere dal desiderio.
    Era la sua arma migliore il desiderio, in quelle arti era fondamentale.. bisognava volerlo dicevano... bisognava volerlo... lei lo voleva più della sua stessa vita.
    Gli occhi improvvisamente le divennero rossi, il rosso degli occhi simile a quello dei vampiri le diede un aspetto ancor più inquietante nonostante di solito gli occhi rossi le venivano quando era particolarmente emozionata e desiderosa di qualcosa.
    Crucio! pronunciò con la bacchetta puntata verso la ragazza che ormai era tutta graffiata e i suoi vestiti erano chiaramente lacerati.
    Il dolore della maledizione cruciatus si diceva che fosse il più terribile, da fuori si vedeva sempre il corpo della vittima contorcersi, nei suoi occhi si poteva notare che soffriva tantissimo, la sofferenza che portava alla pazzia, portava ad implorare la morte.
    Rey sapeva cosa si provava sotto quella maledizione, e saperlo rendeva tutto più facile, rendeva il dolore della ragazza più vivo che mai nella mente della sadica torturatrice.
    Era una delle più brave in assoluto con quella maledizione, non faceva altro che allenarsi giorno e notte sperando un giorno di essere temuta per questo in tutto il mondo magico.
    Invidiata, temuta, riconosciuta, famosa... per la maledizione cruciatus.


    Scheda ▴ 20▴ Torturatrice ▴ Pensieve code role by #epicwin for obliviongdr



    Edited by Rey Shiny - 13/1/2015, 16:37
     
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    Il dolore pungente di mille lame insieme le perforò il corpo, costringendola a stringersi tra le braccia, in quel pavimento sudicio. Sembrava andare a fuoco in ogni centimetro della sua pelle. Odiava quella sensazione di gelo che pervadeva ogni tortura. Odiava più come si sentiva dopo, che durante la seduta. Perchè dopo faceva anche più male. Ma quella sera non sapeva se sarebbe arrivato un dopo, o se fosse morta prima.
    La frusta era scivolata via dalle mani dell'aguzzina ed era caduta a terra, sotto il naso di Aveline che, inginocchiata sul pavimento sporco, si rendeva conto solo adesso di ciò che aveva fatto: forse aveva firmato la sua condanna a morte, e lo aveva fatto in modo sciocco. Lasciò andare il manico dell'arma che teneva stretto tra le mani, come se fosse stata scottata da quel contatto improvviso. Lo sguardo della torturatrice era sorpreso e infuriato allo stesso tempo. Sembrava volesse sbranarla con gli occhi, arrabbiata nera per quell'affronto che Aveline aveva messo in atto contro di lei, levandole l'arma di mano. La vista era offuscata dalle lacrime e maledizione, odiava piangere! Ma quel dolore era troppo forte, la tristezza di quel momento l'aveva sopraffatta. Qualcosa la scosse da dentro, un brivido profondo per un ennesimo spiffero di vento dentro quella sala, che le faceva contorcere le viscere. Si passò la manica della divisa sgualcita sugli occhi, per asciugare le lacrime. Il suo sguardo chiarissimo intercettò subito la stecca di legno nelle mani della donna che le stava di fronte. V-Vuoi uccidermi? Domandò, sentendosi sempre più stupida, ma alla fine aveva davvero importanza come si sentisse? Ecco, l'avrebbe uccisa, era pronta a farlo, lo leggeva nei suoi occhi. Sembrava quasi un libro scritto da qualcuno in un momento di delirio e di ira senza controllo, aveva l'odio nello sguardo e sembrava non riuscire a contenere quel sentimento dilaniante. Sembrava un quadro oscuro e maledetto di un epoca gotica, mentre sgorgava sangue dagli occhi. Aveline sbattè le palpebre più volte, un po' per scacciare le lacrime e un po' perchè non capiva se potesse fidarsi di ciò che vedeva. Sì, i suoi occhi erano rossi, dello stesso del sangue illuminati dalla luce fioca che penetrava nella Sala delle torture.
    La voce della torturatrice si spezzò in un sussurro incomprensibile, che le orecchie di Aveline non colsero, ma aveva visto le sue labbra muoversi e pronunciarsi in qualcosa. Poi, alzò la mano munita di bacchetta e Aveline chiuse gli occhi, aspettandosi il peggio: la morte. Ingenuamente era convinta che la morte fosse la peggior cosa che potesse capitarle là dentro, ma Aveline Jodene non era mai entrata in contatto con la Maledizione Cruciatus. Dal latino crucio,-as,-avi,-atum,-are. - Sì, Aveline aveva studiato latino, quindi per molti incantesimi aveva un'intuizione sveglia. Significava "torturare", l'aveva sentita nominare, certo, l'aveva anche studiata da autoditatta, perchè pensava che tenersi informata su qualsiasi incantesimo magico un giorno le sarebbe stato utile: si sbagliava. L'ultima cosa che ricordò di vedere fu quel bambino con lei, e ricordò di aver pensato, scioccamente, se lui avrebbe potuto percepire e sentire il suo dolore. Sperò di no, comunque.
    Non potè niente, niente. Quando il fascio di luce la colpì, silenzioso, nella stanza scoppiarono le sue urla straziate. Se aveva creduto davvero, che il colpo di una frusta fosse doloroso, adesso non riusciva a rendersi conto di quanto quell'incantesimo fosse peggiore. Sentì il suo corpo morire, e rinascere e rimorire, mille volte, mentre lame infinite e incandescenti la infilzavano senza pietà, andando sempre più a fondo. Sentì spezzarsi e se avesse avuto capacità di pensare, oltre il dolore, avrebbe desiderato di morire. Non riuscì nemmeno a pensare di parlare ed implorare di smetterla, o di ucciderla. Voleva morire, per la prima volta in tutta la vita. Sembrava finita nel non essere, in un mondo in cui non esisteva niente se non il dolore.



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    Edited by shane is howling - 19/3/2015, 18:09
     
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    Ad un certo punto le urla strazianti della vittima invasero la stanza.
    Si poteva chiaramente notare la sofferenza atroce che la torturata stava provando, era un qualcosa di così inebriante che Rey non potè trattenere le lacrime per la felicità e l'evidente tremolio portato da un emozione che non riusciva a gestire.
    Come poteva godere della tortura altrui? come poteva esserne così assuefatta... eppure era così, tanto che dopo essere rimasta cinque secondi estremamente concentrata sulla maledizione cruciatus, riuscì per un attimo a staccare l'incantesimo fissando il vuoto davanti a se, gli occhi stracolmi di lacrime chiaramente di felicità e un espressione del tutto assente, sembrava andare oltre a quella che comunemente veniva definita estasi, sentiva intensi formicolii in tutto il corpo, il cuore le batteva così forte da farle perdere per un attimo il senso del tatto.
    Doveva respirare, faticosamente respirava, tremando tutta intensamente, sussurrando poi le parole più atroci che poteva dire in quel momento, non erano orribili, se non in quel contesto.
    Le tue urla... mi stanno rendendo la donna più felice del mondo... penso proprio di amare questi momenti più della mia stessa vita... tesoro non scappare... non ho finito con te disse prendendo ogni tanto dei respiri, come se l'emozione le impediva addirittura di parlare.
    Tornò rapidamente a muovere la bacchetta, puntandola ancora verso di lei e pronunciando la stessa parola di prima, tornando a torturarla con più intensità di prima.
    Rey temeva che l'emozione le avrebbe fatto perdere la concentrazione, molte volte accadeva, bisognava volerlo vero, ma quando l'emozione è troppa rischia di sviare la mente.
    L'ex serpeverde faticava a rimanere concentrata, le sensazioni erano così inebrianti da non riuscire a farla ragionare lucidamente, l'unica cosa che voleva era continuare a sentire le urla strazianti della donna, in preda ad una maledizione che probabilmente non aveva mai sentito e che quindi era di certo la cosa più dolorosa che avesse mai sentito... che bello... avere quel privilegio...


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    Il tempo aveva iniziato a scorrere sempre più lentamente, immaginava la vita come un grande orologio a pendolo, le cui lancette scandivano solo dolore in una maniera così lenta che quasi sembrava fermare tutto: i movimenti delle sue mani, il battito delle sue ciglia, il suo stesso battito cardiaco e il suo respiro. Tutto era perfettamente misurato, quasi assente. Ma il dolore non mancava, era presente, acceso e freddo. Improvvisamente tutto cessò e i pensieri ripresero a scorrere veloci e confusi. Riuscì a sentire nuovamente il suo corpo, che poco prima pareva aver perso e il dolore dei tagli riportati sala frusta riprese a bruciare e farsi sentire, ma inutile dire che adesso quelle ferite erano un sollievo in confronto a ciò che aveva sentito con la Maledizione Cruciatus. Tentò di parlare, ma non ci riuscì, mosse le dita fredde e bagnate, sul pavimento, raschiando quel sangue che non le apparteneva se non in una minima parte. Quel terreno era misto di sangue differenti, e puzzava di marcio, di qualcosa andato a male da giorni, eppure lei ci premeva sopra la guancia. Un rigolo di sangue abbandonò le sue labbra, perché le aveva morse, involontariamente o forse solo per placare inutilmente il dolore della tortura. Ciò che vedeva oltre la coltre di capelli rossi, sporchi di sangue altrui, che le ricoprivano il volto, era il buio della stanza semi vuota e le scarpe nere della sua aguzzina. Non osava alzare lo sguardo, non osava muoversi. Anche l'udito tornò a funzionare potente, come gli altri sensi, potente come il dolore che adesso si faceva sentire più vivo di prima. Udì le sue orribili parole, fredde, taglienti, sadiche, intrise di un'emozione malata, sbagliata.
    "Le tue urla... mi stanno rendendo la donna più felice del mondo... penso proprio di amare questi momenti più della mia stessa vita... tesoro non scappare... non ho finito con te". La sua voce era spezzata da pianto, commossa per qualcosa che non conteneva più, l'emozione, la felicità. In che posto era mai finita? Si permise adesso, di sollevare lo sguardo sul volto della donna, memorizzò i suoi lineamenti per non dimenticarli più, l'avrebbe riconosciuta tra mille. Ne osservò l'espressione estasiata alla vista della sua impotenza e si domandò cosa le fosse capitato di tanto brutto per finire nelle condizioni in cui si trovava: era ovvio che fosse una donna disturbata, lei, come gran parte della gente che bazzicava in quel mondo infame. Probabilmente anche quella donna, che teneva in mano quell'arma e la utilizzava come strumento di piacere verso se stessa, aveva vissuto torture che l'avevano traviata. Aveline non sarebbe diventata come lei, probabilmente perché non sarebbe vissuta abbastanza per cambiare, sarebbe morta prima.
    Se sentirla urlare la rendeva felice, la rossa avrebbe concentrato tutte le sue forze su un unico pensiero, martellante: non doveva urlare, doveva tenere per sè tutta quella energia benefica che alimentava la sua aguzzina. Era malata, ma se avesse visto che con lei non poteva divertirsi più di tanto, forse l'avrebbe lasciata andare. Non doveva urlare. Riabbassò lo sguardo sul pavimento, perché anche solo tenere la testa sollevata faceva male. Cosa poteva dirle? Poteva dire qualcosa per impedire che continuasse? C'erano speranze che le sue parole la colpissero per farla smettere? Probabilmente no. Ma non significava che Aveline si fosse arresa, solo capiva i propri limiti e allo stesso tempo aveva capito la mente perversa di quella donna: pregandola di smettere non avrebbe fatto altro che alimentare il suo essere sadica, l'avrebbe fatta divertire. Mentre tacendo e accettando le torture, lei non si sarebbe divertita poi tanto.
    La tortura riprese, immediata come era arrivata la prima volta, la colpì partendo da basso ventre e diramandosi in ogni parte del corpo, facendola tremare di nuovo, facendola urlare, trattenne le grida più che potè prima di rendersi conto che dalla bocca non le usciva un suono. Le urla si erano placate e non perché non avesse la forza di urlare, semplicemente le era mancata la voce dopo aver sforzato così tanto le corde vocali. Di nuovo il tempo parve fermarsi, il suo corpo smettere di reagire agli stimoli esterni, e il dolore prendere possesso di ogni cosa, più tagliente di prima. Strinse l'interno delle labbra tra i denti sentendo il sapore ferroso del suo sangue invaderle la lingua.

    Intanto Damian Icesprite percorreva i corridoi dei sotterranei, con la bacchetta in una mano e il braccio di Steve Angus, Grifondoro sesto anno, nell'altra. Non era frequente che si scomodasse per portare personalmente gli studenti nella Sala torture, di norma preferiva lasciarli nelle mani degli aguzzini che sapevano fare il loro sporco lavoro egregiamente. Di norma, Damian Icesprite non si sporcava le mani e spesso risolveva le questioni più gravi con un Avada Kedavra, ancora più adesso che Ethienne Leroy, il loro preside, sembrava essersi svegliato da quel letargo che lo aveva accompagnato per anni. Adesso Leroy iniziava quasi a stargli simpatico. Sorrise tra sè mentre fingeva di non udire le parole di Angus che veniva praticamente trascinato da lui sul pavimento.
    "Per favore, per favore! Giuro non sono stato io a manomettere quei documenti! Come avrei fatto?! Non ho accesso al suo studio! La porta era già aperta quando sono arrivato lì! Ero venuto per chiederle un chiarimento sulla lezione!" Damian strinse più forte il suo braccio . Non mentirmi! A conti fatti io sono entrato nel mio ufficio e tu eri lì col naso nei miei affari! Carogna!
    Non sentiva ragioni, non esisteva proprio che beccasse uno studente nel suo ufficio.
    "C'era suo nipote! C'era Shane Howe fuori dall'ufficio! È andato via poco prima che arrivassi io! Mi creda!" Damian sembrò avere lo sguardo iniettato di veleno a quelle parole, ma in fondo non pensava che il ragazzo mentisse.
    Come osi tu, sporco mezzosangue, accusare un Purosangue?! Scaraventò a terra il ragazzo, sotto gli occhi dei personaggi dei quadri delle pareti che adesso scappavano da tutte le parti e si nascondevano, rendendo il corridoio un po più vuoto. Era sicuro che dicesse il vero parlando di Shane. Avrebbe approfondito la questione più tardi con lui.
    Se così fosse avresti dovuto chiamare ME, subito. Senza entrare nel mio ufficio. Verme. Scansò Malfoy che, dinnanzi alla porta d'entrata della Sala torture cercava di dirgli che era occupata da altri. A Damian importava poco se fosse occupata o meno. Apri la porta ritrovando la stanza buia e due sagome avvolte nell'ombra. È permesso? Sono Icesprite. Si annuncio, prima che l'aguzzina, colta all'improvviso, si voltasse a cruciarlo, commettendo un terribile errore.



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    La donna continuava ad infliggere sulla sporca babbana, ogni secondo alimentava la sua felicità, quell'intenso godimento portato dalla maledizione della tortura contro quella povera ragazzina era come droga nell'animo dell'aguzzina il cui sguardo ogni attimo si accendeva sempre più di un bagliore febbrile ed intenso, come una lampadina in pieno buio, una lampadina rossa come il sangue.
    Nonostante la ragazza si sforzò di non urlare, era comunque ben visibile il dolore che il suo corpo stava sopportando, Rey conosceva molto bene le atroci sensazioni che la maledizione cruciatus donava ai torturati e sapeva che qualunque fosse stata l'azione della vittima, essa non poteva non soffrire, abituata o no, soffriva sempre e comunque.
    Perciò il piacere continuò ad invaderla, ogni attimo era come un bacio del dolore, il bacio del male.
    Questo piacere però non durò a lungo, infatti, come la ghigliottina tagliava le teste con terribile precisione e velocità, il piacere che pervadeva nell'animo della torturatrice scomparve nel nulla quasi istantaneamente.
    Dalla porta oscura della sala delle torture, entrò un uomo, seguito da un ragazzo che probabilmente doveva essere punito.
    La donna abbassò immediatamente la bacchetta, la sua attenzione era verso i due uomini appena entrati e stranamente non più verso la vittima e la maledizione cruciatus.
    Quest'uomo si presentò come Icesprite, l'insegnante di Arti Oscure di Hogwarts, materia preferita di Rey sin dai primi tempi in cui la donna frequentava Hogwarts.
    Ricordava ogni singolo momento in cui, travolta dalla passione, non faceva altro che fare compiti ed esercitarsi nella materia di arti oscure, era come se la sua anima non rispondesse più ai suoi comandi, come se la sua personalità fosse alterata dalla passione, dopotutto lei era alterata dalla passione.
    Prima ancora di riuscire a riconoscere il viso del professore avvolto nelle tenebre, la donna rivolse un breve inchino all'uomo, che pur avendo pochi anni più di lei riceveva un rispetto singolare.
    Questo era dovuto al fatto che era l'insegnante della sua materia preferita, non lo trattava così per avere favori o altro, semplicemente perchè amava la sua materia e una parte di lei lo invidiava per questo, se fosse stata insegnante sarebbe sicuramente stata quella di Arti Oscure.
    Oh professore! stavo punendo una babbana che si era permessa di prendermi in giro, come mai quì? un altro ragazzo che non segue le regole della scuola? disse la ragazza con voce stranamente educata, si stava chiaramente contenendo dal non torturare anche quel ragazzo che si era portato dietro, una parte di lei desiderava torturare i ragazzi, l'altra desiderava non fare una pessima figura di fronte all'insegnante di arti oscure.


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    Quando il dolore era cessato di nuovo, Aveline aveva impiegato un tempo infinito per riprendersi e iniziare a sentirsi di nuovo. Si raggomitolata su sè stessa, si era toccata le braccia ferite a causa della frusta e non aveva sentito niente. Era come sè il dolore dei tagli non esistesse più, perchè la sua mente aveva aumentato la sua soglia del dolore quanto poteva. Era una protezione che il cervello umano metteva in atto per proteggersi. Fin quando avrebbe avuto alte quelle difese avrebbe sofferto, sì, ma non sarebbe impazzita. Abbattute quelle difese non ci sarebbe stato molto da fare. La voce di un uomo si accostò a quella della sua aguzzina, mescolandosi ad essa. Punizione, ancora. Quella parola riuscì a percepirla benissimo. Tentò di tirarsi su, ma le ginocchia non volevano saperne di reggerla, le gambe tremavano e minacciavano di cedere, si tenne alla parete umida della Sala e si aiutò a tirarsi su approfittando della distrazione della torturatrice. Mugolò qualcosa di incomprensibile, forse solo un lamento sfuggito per sbaglio, per lo sforzo che le causava far leva sulle gambe. Tutto faceva male, ma più di ogni cosa era il dolore psicologico che l'abbatteva, la sensazione di impotenza di fronte a quel mondo di cui era entrata a far parte, la consapevolezza di essere alla fine della catena alimentare, un essere inutile agli occhi dei maghi, non di tutti ma della gran parte. Osservò la luce che penetrava dalla porta della Sala, ora spalancata. Non aveva nemmeno riconosciuto il professore di Arti Oscure, e forse era meglio così, perchè a scuola non aveva la fama di persona buona, tutt'altro. Fuggire sarebbe stato rischioso, perchè l'aguzzina l'avrebbe potuta riacciuffare con la bacchetta o bloccarla con un incantesimo. Doveva provare ad agire d'astuzia.
    Damian Icesprite si era fatto spazio oltre la coltre di buio che lo separava dall'aguzzina, che riconobbe essere Rey Shini. L'uomo riteneva fondamentale documentarsi a fondo su lavorava al suo fianco, per capire se avesse potuto fidarsi davvero, se avesse a che fare con un Mangiamorte degno di portare quel nome, o se, al contrario sotto quella facciata fittizia fatta di belle parole si nascondeva un topo di fogna, un Ribelle. Damian sapeva di avere qualche problema, alcuni con sè stesso, molti altri semplicemente con la gente che gli stava intorno: era paranoico, diffidente e aveva un disturbo ossessivo compulsivo che lo portava a far di tutto, anche carte false, pur di scoprire sempre qualcosa di più riguardo alle persone con cui veniva a confrontarsi. Di Rey Shini sapeva che aveva studiato ad Hogwarts e che tempo addietro era stata smistata tra i Serpeverde. Questo non poteva che essere un punto di vantaggio per lei, ai suoi occhi. Sapeva che aveva una predilizione per le Arti Oscure, o almeno questo diceva il professore che le aveva fatto da insegnante durante gli anni scolastici. Accedere alle vecchie pagelle di chi aveva frequentato Hogwarts non era così difficile, e Damian aveva davvero una buona memoria. Ma essere brava nelle Arti Oscure non la rendeva una persona di fiducia, non ancora, non per Damian che non la conosceva. Sorrise alla donna, che per cordialità gli aveva fatto un inchino per salutarlo. Non sapeva se fosse una persona affidabile o meno, ma era certo che avrebbe potuto affidarle il compito di punire quel disgraziato che aveva tra le mani. Buongiorno Rey. Darle del lei forse era eccessivo, perchè gli anni che li dividevano erano davvero pochi, ma Damian non era il tipo di persona che dava o prendeva confidenza più del necessario, e darle del lei gli consentiva di avere comunque un certo distacco. Vedo che si sta divertendo. L'espressione ironica che si dipinse sul suo volto divenne chiara sotto la luce fredda del neon della sala. Divertimento era una parola grossa, ma Damia non poteva sapere quanta goduria la donna provasse nell'arrecare dolore al prossimo. Lo sguardo corse allora alla babbana accasciata contro il muro opposto all'entrata della sala. Non sembrava ben messa, sicuramente non aveva un potere potente, che le consentisse di fronteggiare l'aguzzina e difendersi. Sì...continuò allora, voltandosi con sguardo amareggiato ma anche nauseato, verso il ragazzo che teneva per il polso. Ha ficcato il naso dove non doveva, e ha trovato solo...disgrazie. Vero, Angus? Lasciò il suo braccio, come se il solo contatto con quella che per lui al momento era feccia, lo avesse scottato. Una punizione esemplare direi. Ritornò con lo sguardo sull'aguzzina, mentre il ragazzo al suo fianco implorava pietà. Una pietà che non sarebbe arrivata da parte sua. Confidava che Rey lo avrebbe punito severamente, in caso contrario si sarebbe piegato le maniche e avrebbe provveduto in prima persona a strigliare il ragazzo. Spero di non aver interrotto qualcosa di importante...di cosa è accusata la ragazza? Domandò, curioso.



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    Rey rimase a fissare il professore di Arti Oscure, non negli occhi perchè non riusciva, ma non riusciva comunque a toglierle gli occhi di dosso.
    Il comportamento del professore era il classico comportamento di un uomo duro, ben formato e consapevole di ciò che lo circondava, ironia della sorte.. in certi punti l'opposto di Rey.
    Rey era in qualche modo debole, troppo debole per riuscire a resistere alla tentazione di una tortura offerta su un piatto d'argento, sapeva agire con astuzia, sapeva fare qualunque cosa.. ma non resistere alla possibilità di torturare qualcuno fino a che la morte non lo avesse rapito.
    Eppure in quel momento l'aguzzina aveva paura di deludere l'insegnante, come se fosse in quella sala per essere punita lei dal prof di arti oscure.
    Questa ragazza mi ha risposto male.. disse con chiaro desiderio di tortura nella voce, spostando lo sguardo dal professore alla ragazza accasciata a terra, lo sguardo tradiva una voglia intensa di continuare una tortura, era durata troppo poco tempo.. qualunque tipo di tortura andava bene, purchè urlasse ed implorasse pietà.
    Continua a negare, ma questa sciocca babbana non sa che non deve rivolgersi a me con quel tono ma deve solo obbedire, scusarsi e sopportare...
    Le parole erano come uscite dal cuore anche se nel profondo Rey sapeva che probabilmente non le aveva dette contro di lei ma in realtà quella era proprio matta, parlava da sola o altro.. eppure alla serpeverde non le interessava proprio, per lei se aveva colpa o meno non aveva importanza, era nella sala torture, era una babbana, perchè lasciarla andare? era oggetto di divertimento per Rey, malsano ed orribile divertimento, lo stesso divertimento che rendeva dipendenti le persone come lei.
    A quel punto Rey si avvicinò facendo due passi verso il ragazzo che aveva portato il professore, fece un respiro e dovette controllarsi per non torturarlo.
    Racconta bene cosa hai fatto, così potrò punirti in maniera corretta.. disse, cercando di mostrare all'insegnante che aveva un certo controllo della situazione anche se in realtà, non riusciva proprio a controllarsi.
    Era troppo agitata, fremeva dalla voglia di ridurre quel ragazzo peggio della sciocca babbana accasciata nella sala torture.
    Bastonate, frustate, ustioni, cruciatus... aveva in mente centinaia di torture da applicare, ma una parte di lei stranamente temeva di deludere il professore di arti oscure.. era combattuta, ma avrebbe comunque fatto ciò che era abituata a fare.


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    Damian Icesprite non era un tipo clemente e considerava la clemenza una debolezza, un modo come un altro per rifugiarsi nell'inettitudine, e di inetti ne giravano fin troppi sulla terra. Aveva avuto la spiacevole possibilità di incontrare tante persone sciocche nei suoi ventisei anni di vita, aveva avuto tante volte occasione di provare pietà, la stessa pietà che molti incompetenti riuscivano straordinariamente a provare per i babbani, per gli impuri. Si era altre tante volte perchè lui, al contrario, non riuscisse a provare questo tipo di sentimenti. Aveva fatto della mancanza di compassione la sua arma più grande, aveva costruito sè stesso basando gran parte del suo IO su questo grandissimo pregio. Ed era andato lontano, Icesprite, ne aveva ancora di strada da fare, ma per essere arrivato al posto in cui si trovava al Ministero, Amministratore dei segugi, pavor che si occupavano di stanare i maghi ribelli, significava che forse il suo modo di vedere le cose non era tanto sbagliato. Lui, che non provava indulgenza, era un uomo giusto e questo pensiero lo faceva svegliare ogni giorno con orgoglio e soddisfazione. Guardando la Torturatrice, Rey Shiny, non potè non pensare che finalmente Hogwarts si stava riempendo di persone senza scrupoli, come lo era lui tante volte. Il suo volto si riempì di orgoglio dinnanzi alla ragazza, che sebbene così giovane, sembrava avere il controllo della situazione tra le mani tremanti, nelle quali stringeva una frusta tanto saldamente.
    Questa ragazza mi ha risposto male..
    Damian sorrise, incrociando le braccia al petto e lo sguardo, adesso più severo, si rivolse alla rossa babbana, che si era risollevata da terra. Non potè non notare, nella voce dell'aguzzina, il desiderio di tortura che accompagnava le sue parole, come una musica di sottofondo di una macabra esibizione. Sollevò le spalle, e domandò semplicemente. Come osi, tu, babbana, rispondere male ad una strega? Ma cosa vi salta in mente a voi insulsi ragazzini? Lo sguardo di fuoco, quasi quanto le fiamme che illuminavano il capo della ragazza, sembrava non volerla mollare.

    Aveline era rimasta in silenzio, in disparte, senza fiatare, con la speranza che si dimenticassero per sempre della sua presenza là dentro, ma fu inutile. Lo sguardo di Damian Icesprite su di lei la risvegliò quanto una secchiata d'acqua gelida nel cuore della notte. Di quelle che non ti aspetteresti mai, che non vorresti ricevere. Ma...non poteva stare zitta, non poteva proprio. Doveva almeno provare a giustificare qualcosa che probabilmente non aveva bisogno di giustificazione: ai due non interessava chi avesse ragione o meno, interessava solo avere qualcuno sotto le mani da maltrattare.
    Deglutì e sollevò lo sguardo sull'uomo. I-io non avevo intenzione di risponderle male, sono stata fraintesa...perchè s-spesso mi capita di vedere persone non più in vita, ed è a loro che parlo. Concluse, sperando seriamente di non ricevere un'ennesima frustata in risposta alle sue parole.

    Damian la guardò ancora con uno sguardo acceso, di una luce adesso diversa rispetto a quella che l'aveva infiammato poco prima, adesso era la curiosità bruciava i suoi occhi, e l'evidente sorpresa si manifestò sul suo volto.
    Le braccia conserte ricaddero lentamente lungo i fianchi, poi portò entrambe le mani congiunte, come se fosse in preghiera, all'altezza dello sterno. Una medium? Domandò con tono sempre più sorpreso. Una medium, una persona in grado di parlare con gli spiriti, i quali nascondevano i segreti dell'aldilà e del mondo terreno, perchè loro tutto sapevano e tutto vedevano. Una persona in grado di contattare sua sorella, Sarah, deceduta un anno prima e che fosse in grado di farlo comunicare con lei. Dove avrebbe trovato una pietra preziosa come lei? Sono sicuro che la ragazza abbia capito la lezione, ma se me lo consenti Shiny...lanciò un'occhiata alla torturatrice, alla quale in realtà non stava facendo alcuna richiesta...vorrei continuare la punizione con la babbana in sede privata. Vieni...com'è che ti chiami?

    Aveline guardò prima Damian, poi Rey, poi Damian di nuovo e rispose, esitante A-veline. L'uomo non gliela contava giusta, ma avrebbe fatto di tutto pur di uscire da là dentro, in cui l'odore del sangue rischiava di farle collassare i polmoni. Si avviò all'uscita della Sala, senza guardare la donna che l'aveva torturata fino a quel momento. Il ragazzo portato da Icesprite poco prima aveva iniziato a piagnucolare, perchè non voleva rimanere lì, non voleva prendere il suo posto. Aveline purtroppo non avrebbe potuto fare molto per aiutarlo, a stento in quel momento riusciva ad aiutare sè stessa. Si voltò un'ultima volta verso lo spirito del bambino che per tutta la tortura le era stato vicino, ma non c'era più, era sparito.

    Il sorriso soddisfatto di Damian si fece strada sulle sue labbra, mentre adesso riguardava la torturatrice. Mi raccomando, una punizione esemplare...il ragazzo ha avuto la sciocca idea di frugare nel mio ufficio e pensare di uscirne vincitore.



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    Scusa il ritardo! La chiuderei così (:
     
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