Va dove ti porta il cuore

Jack e jer

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  1. Jack‚ beautiful liar.
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    Detesta essere chiamato Jack da persone che conosce poco.
    Non toccategli sua sorella Jericho.
    Abbonato alla sala torture con entrata gratuita e trattamenti speciali.
    Gli piace molto fare festa perciò... #PARTYHARD
    State attenti a quello che dite, a come vi muovete, lui nota ogni cosa.
    abbigliamento / fotoVeste quasi sempre sportivo quando non ha addosso la divisa scolastica, ogni tanto gli piace pure vestirsi elegante per fare colpo ma soprattutto per farsi quattro risate con gli amici.



    KILLIAN JACK HADES
    LIAR ⋆ 16 ⋆ Purosangue ⋆ Neutrale ⋆ single ⋆
    Il tempo ad Hogwarts correva, come ogni anno era giunto Natale... come ogni anno la grande sala veniva addobbata a festa con un grande albero luccicante e festoni un po' ovunque, come ogni anno si facevano feste e party a tema, ma quell'anno per lui era diverso... con lui non c'era più Jericho. Sua sorella, l'unica persona per cui sarebbe morto, era sparita, svanita nell'aria senza lasciare tracce... come se non fosse mai esistita. Jack l'aveva cercata dovunque in quei mesi, aveva infranto centinaia di regole del Castello sperando di riuscire a trovare almeno un segno della sua presenza... invano... inutile... Il ragazzo cominciava a pensare che sua sorella se ne fosse andata di proposito e per sempre... quel pensiero non gli dava pace.
    Eppure doveva esserci qualcosa che poteva fare per rintracciarla...
    Quella mattina, come ogni mattina Jack si recò alla tavola dei grifi aspettandola, inutilmente, con la speranza che lei si materializzasse di fronte a lui con un sorriso dolce sulle labbra e una voce felice... Già con una felicità che nemmeno lui era riuscito a darle.
    E fu lì che gli venne l'illuminazione... quando Flash entrò nella sala grade svolazzando e posandosi sulla sua spalla... Ma certo Flash! Come aveva fatto a non pensarci? Lui era l'unico che poteva trovarla, che poteva raggiungerla dovunque fosse! Quel pennuto era cresciuto con loro e li aveva visti crescere, avrebbe saputo riconoscerli anche tra mille cloni. Di corsa il giovane si alzò dalla panca di legno e raggiunse , in poco più di cinque minuti il dormitorio dei corvonero, decise di saltare le lezioni e si con le mani frementi iniziò a scrivere su un foglio di pergamena il messaggio che avrebbe affidato al barbagianni.
    "Carissima Jer,
    forse non sarai felice di ricevere questo messaggio, o forse si, non voglio rimproverarti per quello che penso tu abbia fatto... ma ti scrivo solamente per sapere se stai bene e per dirti cose che non riesco più ad esporre solo ai muri del dormitorio.
    Mi manchi, mi manchi da morire, mi manca il tuo sorriso, la tua voce, i tuoi silenzi. Ho sempre creduto di sapere tutto di te, della tua vita, dei tuoi sentimenti, credevo di essere un buon fratello quando in realtà mi sono reso conto di non sapere nulla di Jericho Karma Lowell, non più una bambina ma una giovane donna. Già Lowell, non Hades. Inutile dire che i miei genitori sono preoccupati per te, soprattutto nostra madre, lei ti vuole bene ma forse non si è resa ancor conto che tu ormai sei cresciuta... che io non posso più essere tuo fratello."

    Il ragazzo si fermò qualche istante, con la mano sudata sporca di inchiostro, non riusciva ad esprimere quello che provava scrivendo quelle parole... nella lettera stava rinnegando tutti i principi familiari che aveva sempre ritenuto la base del rapporto tra lui e Jer... Ma ora basta, forse se voleva riuscire ad avere qualche speranza di rivederla doveva cambiare, cancellare in parte quel che erano stati e ricominciare. Riprese a scrivere:
    "Io non posso capire quel che hai passato, in questi anni ho cercato di essere per te una famiglia, un punto di appoggio, forse invece sono stato tutt'altro che d'aiuto... nell'ultimo periodo sono stato cieco a non capire che la situazione stava degenerando... Quella sera... non avrei mai voluto trattarti come una bambina ma... non sono riuscito a comportarmi diversamente.
    Jer, dovunque tu sia, devi sapere che io ti voglio bene, e che da oggi in poi smetterò di considerarti mia sorella se questo potrà aiutarti... ma non posso smettere... di proteggerti... non chiedermi perché... non voglio perderti... non voglio perdere quello che sei diventata per me...
    Se Flash ti consegnerà questa lettera sappi che io ti aspetterò ogni sera alle undici ed un quarto in sala comune dei corvonero, la parola per entrare la sai. Non aver paura del passato... io ti aspetterò.Sempre.
    Jack"
    Il giovane richiuse la lettera con un bollo rosso, accarezzò l'uccello che per tutto quel tempo gli era rimasto appollaiato sulla spalla osservandolo, "Sai cosa fare" esclamò porgendogli la busta e guardandolo spiccare il volo ed uscire dalla finestra. Jack infilò una mano in tasca stringendo la catenina che doveva aver regalato a Jer ancora quella sera...
    Flash era la sua unica speranza... tutta la sua vita era tra le zampe di un barbagianni che volava alla ricerca della persona a cui teneva di più... Jericho.



    «Solamente quando le cose ci vengono tolte scopriamo il loro vero valore»

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    Jericho "Karma" Lowell

    ■¼Scheda ■¼ 15 ■¼ wizard (ex-gryff) ■¼ telepathic ■¼ Pensieve

    Non aveva molti ricordi del Natale nel periodo antecedente il trasferimento dagli Hades. Ricordava, però, che era uno dei pochi momenti in cui la famiglia rimaneva unita: a comprare l’albero andavano tutti insieme, Ansel compreso. Ricordava anche che da quand’era stata in grado di una buona, o semi, presa prensile, era stato suo il compito di infilare il puntale alla cima dell’albero. Nathaniel la prendeva in braccio con una smorfia seccata, mentre lei rimaneva aggrappata sule sue spalle ad osservare le luci che, dal basso verso l’alto, prendevano vita accendendo l’albero. Il profumo dei biscotti, e dell’arrosto alle mele. Se chiudeva gli occhi, poteva quasi sentirlo ancora, come se sua madre li avesse appena sfornati.
    E poi rivedeva il sangue, e le lacrime di suo padre, e Amos che veniva portato via. Nathaniel sembrava semplicemente essere sparito e lei, troppo piccola perché potesse comprendere, aveva semplicemente pensato che anche lui l’avesse abbandonata. Crescendo aveva dato quel particolare per scontato: i Lowell non esistevano più, e forse, nonostante i ricordi, una vera famiglia Lowell non era mai esistita. Con gli Hades la situazione non era diversa: i genitori prendevano in braccio sia lei che Jack, stringendoli forte, sussurrando al loro orecchio che se fossero stati buoni Babbo Natale avrebbe portato loro dei doni bellissimi. Eppure Jericho non era più riuscita a sentire quella passione, quella gioia quasi viscerale nel vedere l’albero addobbato, o nel condividere quel momento con un bambino della sua età. Negli ultimi tempi, in cui Karma era diventata praticamente l’ombra di sé stessa per le troppe, innumerevoli volte in cui si metteva in imbarazzo da sola, il Natale era quasi diventato un peso. Jack cercava sempre di trascinarla a qualche stupida festa, dove nella migliore delle ipotesi riusciva a non dare fuoco a nessuno; l’anno prima era successo che, con la solita grazia del cleptomane al supermercato, avesse fatto cadere una candela. Innocentemente, non si era resa conto di averla fatta precipitare proprio sopra l’abito della padrona di casa; ingenuamente, non si era resa conto di quello strano, e alquanto sbagliato, odore di pollo allo spiedo.
    Jericho, quando passava di fronte a casa loro, abbassava lo sguardo per terra sperando ogni volta che non la vedessero. Se fosse stato per lei, si sarebbe trasferita in un universo parallelo, pur di non rivederli più. Jack insisteva nel dire che sapevano che Jericho non l’aveva fatto apposta, che l’avevano perdonata. “Non devi vergognartene” Nooo, dare fuoco ad una persona è una cosa perfettamente normale. Bella lì, Hades. Perché quel genere di cose capitavano sempre a lei? Perché Jack era così dannatamente ed impeccabilmente perfetto? A volte lo odiava. Lo odiava così tanto che doveva stringere i pugni con forza, per non saltargli alla gola. Ma sapeva che non era odio vero: non avrebbe potuto esserlo, né quel giorno né mai. Perché Jericho Karma Lowell, la ragazzina invisibile che, quando non lo era, cercava di diventarlo, se n’era innamorata. Come se avesse avuto alternative: Jack esigeva amore, e lei era sempre stata troppo debole per resistere.
    Ma quell’anno era diverso. Jer avrebbe passato il Natale con Aveline, sempre che l’amica non avesse avuto di meglio da fare, e cosa più importante avrebbe dovuto spezzare anni e anni di tradizioni: sarebbe stato il primo natale, da che ne aveva memoria, in cui non avrebbe visto ‘Mamma ho perso l’aereo’. Erano drammi, eh.
    E dire che sarebbe stato così facile. avrebbe potuto andare da Jack seduta stante, raccontargli tutto –della Felix Felicis, di come il suo aspetto era cambiato-, dirgli che le mancava così tanto da far male. Ma Jericho non era abbastanza forte per tornare ad essere la sorella di Killian, fingendo che nulla fosse cambiato. Doveva essere una prerogativa dei Lowell, quella di fuggire quando la situazione si faceva dura. Si chiese, mentre coricata nel letto cercava di districare le gambe dalle coperte, cos’avrebbe fatto quell’anno Nathaniel. O Amos. Ad Azkaban festeggiavano il Natale? Quasi che il pensiero dei dissennatori li avesse attirati nella sua stanza, Jer sentì improvvisamente freddo. Anzichè districarsi, quindi, cercò il più possibile di rimanervi avvinghiata, come se loro potessero proteggerla. Da cosa non lo sapeva nemmeno lei: dal passato, dal futuro, dal fatto che quando chiudeva gli occhi sentiva un vuoto allo stomaco che le ricordava quanto sola fosse al mondo. Una voce le sussurrava che non era sola: aveva una famiglia, anche se non c’era alcun legame di sangue. Loro le volevano bene. E per quanto razionalmente ne fosse convinta, in cuor suo non riusciva ad accettarlo. C’era qualcosa di profondamente sbagliato nel sangue dei Lowell, e lei non ne era rimasta immune. “Jer, c’è un gufo per te!”
    Â…Per me? Nessuno aveva mai scritto lettere a Jericho Karma Lowell, perché avrebbero dovuto cominciare a farlo quando di lei non si era più avuta alcuna traccia? Quando la testa di Aveline spuntò oltre la porta, riconobbe il gufo appollaiato sulla sua spalla. Questi lasciò cadere la lettera sopra le coltri, e, come sempre, se ne andò senza nemmeno chiedere un arruffatina alle piume. Flash l’aveva sempre odiata, anche se non ne conosceva il motivo. Non aveva nemmeno tentato di farlo arrosto, nonostante la tentazione ci fosse tutto. Cosa voleva di più? Un tucano! Ma è un gufo, la cosa sarebbe strana. Perché? RAZZISTA!
    Non voleva leggere quella lettera. Voleva leggere quella lettera. Sempre lo stesso dramma: essere o non essere? Vivere o morire? Combattere o fuggire? McDonald’s o Burger King? Basta, Lowell, apri la lettera.
    “Carissima Jer,
    forse non sarai felice di ricevere questo messaggio, o forse si, non voglio rimproverarti per quello che penso tu abbia fatto...
    ” Cosa diavolo pensava avesse fatto? Che si fosse suicidata, per Merlino? Strinse con più forza la pergamena, mordendosi l’interno della guancia. “ma ti scrivo solamente per sapere se stai bene e per dirti cose che non riesco più ad esporre solo ai muri del dormitorio.” Se le avesse parlato di nuovo di quell’Abigail Ocomesichiamava, forse il suicidio non sarebbe stata un opportunità da scartare. “Mi manchi, mi manchi da morire, mi manca il tuo sorriso, la tua voce, i tuoi silenzi.” Ti manco io, Jack, o chi pensavi io fossi? “Ho sempre creduto di sapere tutto di te,” Credici. “della tua vita,” Ma quando mai? “dei tuoi sentimenti,” Come diamine è successo che tu sia stato smistato fra i Corvonero? “credevo di essere un buon fratello quando in realtà mi sono reso conto di non sapere nulla di Jericho Karma Lowell, non più una bambina ma una giovane donna. Già Lowell, non Hades. Inutile dire che i miei genitori sono preoccupati per te, soprattutto nostra madre, lei ti vuole bene ma forse non si è resa ancor conto che tu ormai sei cresciuta... che io non posso più essere tuo fratello.” Aspetta.. cosa? Corrugò le sopracciglia, indecisa su come interpretare quelle parole. Cosa stava cercando di dirle? “Io non posso capire quel che hai passato, in questi anni ho cercato di essere per te una famiglia, un punto di appoggio, forse invece sono stato tutt'altro che d'aiuto... nell'ultimo periodo sono stato cieco a non capire che la situazione stava degenerando... Quella sera... non avrei mai voluto trattarti come una bambina ma... non sono riuscito a comportarmi diversamente.” Perché sei un pirla, Hades. Ripensò a quella sera, l’ultima prima che tutto cambiasse. A come lui, al solito, avesse frainteso il suo comportamento. A come lei non era più riuscita a trattenersi.
    Mi dispiace, Jack. “Jer, dovunque tu sia, devi sapere che io ti voglio bene, e che da oggi in poi smetterò di considerarti mia sorella se questo potrà aiutarti...” Deglutì, sentendo la gola bruciare. In che modo la cosa avrebbe potuto aiutarla? Anche se avesse smesso di chiamarla sorella, per lui non sarebbe mai stata niente di diverso. E Jack, nonostante tutto, era la sua famiglia: non poteva abbandonarla anche lui. Doveva rimanere, anche quando di lei non fosse più rimasto niente. “ma non posso smettere... di proteggerti... non chiedermi perché... non voglio perderti... non voglio perdere quello che sei diventata per me...” Alzò gli occhi al soffitto, fissandolo per qualche secondo senza battere ciglio. Quell’infido corvognoranza di un Hades, la stava usando. Stava cercando di manipolarla, perché aveva capito quanto patetica fosse Karma. Le voleva bene, ma non nel modo in cui desiderava lei. Pur di vederla, cercava di distorcere la realtà a suo favore. E perché lei non riusciva a togliersi quello stupido, ebete ed alquanto triste sorriso dalle labbra? Non cascarci, Jericho. Non è reale!
    Ehi, sono una Grifondoro. Non son conosciuta per la mia astuzia.
    “Se Flash ti consegnerà questa lettera sappi che io ti aspetterò ogni sera alle undici ed un quarto in sala comune dei corvonero, la parola per entrare la sai. Non aver paura del passato... io ti aspetterò.Sempre.
    Jack"

    Mi avrebbe aspettato. Aspetta e spera, amico.
    “Jack” ripetè con stizza ad alta voce, come se il solo leggerlo non lo rendesse abbastanza reale.
    Non voleva rimanere sola. Non voleva pensarci. Ah, a Jericho piaceva davvero molto poco, pensare. Spesso si chiedeva perché le persone ci si impegnassero tanto: masochismo, forse. Indossò un paio di collant spesse, pantaloncini corti ed un maglione invernale, quelli con renne e fiocchi di neve che si vedevano esposti nei negozi già da fine Novembre, ed uscì senza nemmeno rispondere ad Aveline, che notando qualcosa di strano le aveva domandato se stesse bene.
    Certo che stava bene, era forse un reato volere una succosissima torta al triplo cioccolato?
    I ragazzi si voltavano a guardarla, e le fischiavano apprezzamenti. Non ridevano di lei. Perché non ridevano di lei? Si sentiva a disagio, in quel nuovo corpo. Insomma, cosa avrebbe dovuto fare? Sorridere ammiccante, magari fare l’occhiolino, per poi inciampare il passo dopo e rotolare fino al castello? Con la schiena ritta ignorò ogni commento, concentrandosi così tanto sull’azione del camminare da scordare come si facesse. E respirare? Possibile che non avesse più fiato? Oh, per i biscotti alla cannella, si era dimenticata di respirare per tutto il tempo del tragitto. Arrivata in Sala Grande, sembrava avesse appena sostenuto la maratona di New York. Eppure, anche se il petto si alzava ed abbassava affannosamente e percepiva il viso in fiamme, sentiva gli sguardi su di sé. Era troppo strano. Come facevano le ragazze normali? Si sentiva violata, manco fosse stata nuda. Si tirò il maglione verso il basso, com’era solita fare nella situazioni che non trovava confortevoli, e si sedette vicino a Jack prima ancora di rendersene conto. Era così abituata a farlo, in passato, che le era parso naturale prendere posto al suo fianco.
    Nonostante lui non la conoscesse.
    Nonostante l’avesse vista solo al party, e davvero non voleva sapere cos’avesse fatto.
    Nonostante tutto, per le mutande di Merlino, non riusciva a stargli lontano. Evidentemente, quando da piccola metteva il puntale all’albero, Nathaniel doveva averla fatta cadere più di una volta.
    E non c’era nemmeno la torta. Elfi inutili, chi mangiava l’insalata a quell’ora? Pur di non sembrare un’idiota, si mise a sgranocchiare una foglia di lattuga. Così, senza sale o olio.
    Eh, un modo come un altro per passare inosservata, quello di mangiare una foglia di lattuga stile Hamtaro. Jericho sì che aveva capito tutto della vita.


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    Edited by #EPICWIN - 10/1/2015, 13:52
     
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    Jack passò un pomeriggio molto entusiasmante.... già... sdraiato sul letto con le mani sotto la testa, i gomiti piegati e gli occhi a squadrare le venature del legno del baldacchino... interessante, molto interessante. Non riuscì a fare altro. Ad un certo punto si addormentò con i piedi ancora penzolanti oltre la sponda, il suo unico desiderio era quello di veder tornare Flash, con un messaggio di Jericho ma a quanto pare il sonno ebbe la meglio. Quando riaprì gli occhi fuori era già buio ed il gufo appollaiato sulla scrivania con le penne arruffate, tra gli artigli il nulla. Il ragazzo si alzò di scatto, controllò ogni centimetro quadro della stanza per cercare un biglietto che magari il paragonano aveva lasciato a terra... nulla. La rabbia gli fece sbattere le mani sulla scrivania di ebano, con forza, sembrava quasi volesse sfondarla, di scatto estrasse dalla tasca la collanina e la lanciò contro la parete...Fanculo. L'unica risposta alla sua imprecazione fu il secco rumore del metallo contro il pavimento, era sicuro che sua sorella avesse ricevuto la lettera altrimenti Flash gliela avrebbe riportata... ma perché diavolo non aveva risposto? Le costava così tanto prendere una piuma e scrivere due righe in una pergamena?
    Si aggiustò la cravatta quasi strozzandosi, veramente allora lo aveva dimenticato? Jericho aveva dimenticato ogni cosa? Tutti i momenti trascorsi insieme? L'unico regalo di Natale che voleva ricevere era lei. Al diavolo il wisky, l'alcol, i libri... voleva semplicemente passare un Natale sereno, con la sua famiglia... come avevano sempre fatto. Lasciò scivolare la mente nei cassetti della memoria, ripescando i ricordi di quando lui e Jer erano ancora dei bambini... avevano dei caratteri completamente diversi ma infondo era questo che rendeva la loro unione speciale... Jericho aveva sofferto troppo... fin da subito... non voleva far altro che renderla felice... era stato uno dei primi scopi della sua esistenza... aveva fallito. Cosa vedeva davanti a se ora? Nulla.
    Raccolse la collana, per qualche istante gli venne da gettarla fuori dalla finestra o nel profondo del lago nero... la memoria di sua sorella glielo impedì... maledizione... possibile che non riuscisse a dimenticarla per cinque secondi di numero? Si rinfilò il gioiello in tasca , uscì dal dormitorio sbattendo la porta e si avviò per i corridoi della scuola alla ricerca di qualcuno che lo facesse distrarre da tutti i problemi mentali che lo stavano torturando.
    Senza rendersene conto arrivò in sala grande, il tavolo imbandito e l'abero di Natale già acceso, entrò. Non c'era molta gente a quell'ora, meglio così... dopotutto l'unica persona che forse gli avrebbe fatto tornare il sorriso era stiles... lo sarebbe andato a cercare subito ma prima avrebbe preso volentieri qualcosa da bere e magari qualche cioccorana. Eh già. Quando era nervoso si buttava suo dolci che di solito non mangiava praticamente mai... si certo ad Hogwarts non poteva ubriacarsi anche se quella sera la tentazione era forte. L'alcol per un po' allontana ogni preoccupazione ma quando il suo effetto svanisce tutto torna come prima ed il mondo ricomincia a farti schifo.
    Jack si lasciò cadere di peso sulla panca di legno dove si sedeva abitualmente, vicino al caminetto scoppiettante... scartò una cioccorana la acchiappò al primo colpo e se la mangiò senza troppi complimenti , lanciò poi la carta nel fuoco osservando come le fiamme disintegrassero l'involucro in pochi secondi. Nel momento in cui si voltò nuovamente verso il tavolo per prendere da bere , si rese conto che silenziosa si era seduta accanto a lui una ragazza. La squadrò da cima a fondo rivolgendogli un sorriso, aveva un volto familiare... dove poteva averla incontrata? Cercò di ricordare finché non intuì che quella doveva essere la giovane che aveva visto al Winter Party alla testa di porco, l'aveva classificata come raggio di sole? Angelo? Bah semplicemente la ragazza più bella che avesse mai incontrato... Aveva un viso perfetto, con degli occhi profondi, una corporatura proporzionata al millesimo e delle gambe da fare invidia a qualsiasi top model... ma chi era? Non ricordava nulla del Winter se non di aver bevuto decisamente troppo.
    "Ciao" esclamò con un lieve sorriso sulle labbra, era vestita con un maglioncino di Natale e dei pantaloncini corti, strano... non portava alcuna divisa. Buttò l'occhio su un tavolo di serpeverde che faceva casino poco distante fischiando e ridendo, idioti. Speravano veramente di conquistare così le ragazze? Quella sera lui era troppo preso dai suoi pensieri per andare a fare a botte con quelli... odiava la gente che si metteva in mostra così. Diciamocelo lui sarà stato anche stupido ma la maleducazione non l'aveva mai sopportata. Prese un altra cioccorana e la porse alla ragazza "Vuoi? Quei ragazzi ti fissano? Sono amici tuoi o semplicemente dei serpeverde senza un po' di contegno? le chiese mentre versava una coca Cola su due bicchieri di vetro... non doveva perdere d'occhio l'ora ... alle 23.30 doveva essere in sala comune... doveva fare almeno un tentativo... glielo doveva a sua sorella.



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    Jericho "Karma" Lowell

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    Era stata avventata. L’aveva dato per scontato, come sempre aveva fatto nella sua vita: aveva visto Jack, e si era scordata di tutto quanto. Del fatto che non avesse più il medesimo aspetto, di non aver risposto alla sua lettera, di essere una sconosciuta, di aver omesso il piccolo particolare di, beh, dire che era ancora viva. Che, nonostante tutto, era sempre la solita Jer. Aveva preso posto vicino a lui, come aveva fatto nei tredici anni precedenti, ed ora non sapeva che farsene di tutto quel essere e non essere al contempo Jericho Lowell. Non sapeva nemmeno se guardarlo, o come guardarlo. Era come se tutta d’un colpo fosse cresciuta, ma si ritrovasse a guardare con quegli occhi maturi il mondo di quando aveva tre anni, e tutto le veniva strappato di mano. Si ritrovò a chiudere gli occhi, a reimparare come respirare, a mordersi la lingua e stringere i pugni per abbracciare quel fratello che ai suoi occhi era tutto tranne quello. Lui era rimasto. Tutti l’avevano abbandonata, presto o tardi, ma Killian Hades era sempre stato con lei, la mano a palmo aperto ad attendere le sue dita sottili fra le proprie. Come poteva fargli quello? Perché era di famiglia, la fuga. Tutti fuggivano da qualcosa, e Jericho fuggiva dalla persona che più aveva amato nella sua breve vita. Aveva paura di guardarlo troppo a lungo, temeva che potesse riconoscerla. Era cambiato tutto, in lei, tranne gli occhi. L’unico suo vanto erano sempre stati quei due zaffiri, apparentemente sbagliati su un viso altrimenti troppo anonimo, tratto che avevano ereditato tutti e tre i ragazzi Lowell: Nathaniel, Amos, Jericho. L’unica cosa in comune, probabilmente. Da che ricordava, entrambi erano stati bei bambini, e giovani uomini promettenti. Lei era sempre stato il mostriciattolo in famiglia… ma ehi, almeno era simpatica. Magari non sempre, ecco, ma aveva tante altre qualità. Ad esempio sapeva usare un forno a microonde. Mica una cosa da niente, considerando che era una strega e non una babbana. Quell’aggeggio aveva un sacco di piccoli, insulsi ingranaggi, e rotelle, e luci… ma per la ciobar, Jericho avrebbe imparato anche a fare la funambola. Non che fosse un dato che teneva a precisare, comunque.
    Ciao
    Si concentrò con tutte le sue forze sulla foglia verde fra le dita, tentando, senza farsi notare, di passare la lingua sui denti per assicurarsi che non vi fosse rimasto incastrato nemmeno un frammento di lattuga. Come avrebbe dovuto rispondere? Ehi era troppo casual. Buongiorno troppo formale. Se avesse detto ciao, sembrava che l’avesse copiato. Non che l’avrebbe seriamente copiato, diamine, era un saluto internazionale. Alzò gli occhi guardandolo di sottecchi, ed infine optò per un neutro cenno del capo. Non le importava, giusto? Non lo conosceva nemmeno, non doveva dargli confidenza. Poteva anche andarsene, per quel che la riguardava.
    NonèveroJacknonandarteneperfavore. Ma no, che dico. Sono una nuova Jericho, non ho bisogno di te. Sei tu ad aver bisogno di me, si disse seducente. #CREDICIJER. Si morse il labbro e lanciò un’occhiata verso il tavolo che sembrava tanto irritare il ragazzo. Quando Karma era ancora Karma, non si era mai ritrovata in una situazione del genere; perlomeno, Jack non aveva mai dovuto prendersela con dei ragazzi per degli apprezzamenti nei confronti della sua sorellina. Davvero, non era mai stato necessario, di solito era il contrario. Non riusciva a concentrarsi, una voce continuava ad insinuarsi nei suoi pensieri, corrompendoli. Quella voce era di Jack, che si faceva forza, come un veleno, nella mente sottile della telepatica. dove sei, Jericho? Dove? Non lo sapeva nemmeno lei, con certezza. In un limbo, sospesa in uno spazio che fingeva di esistere. Sono qui, ma non guardarmi. Non ancora. Ho bisogno che tu non mi veda, Jack.
    Vuoi? Quei ragazzi ti fissano? Sono amici tuoi o semplicemente dei serpeverde senza un po' di contegno?”
    Assottigliò le palpebre, inumidendosi le labbra. Fai andare quel cervellino, Lowell, ha dormito troppo a lungo. Fai quello che devi fare. Eri una Grifondoro, il cappello parlante deve pur aver visto un briciolo di coraggio nel tuo cuore. Trovalo! Sorrise ai ragazzi, passando la mano fra i capelli color cioccolato per lanciarli con stizza dietro la spalla, come aveva visto fare in tutte le miglior pellicole di serie B. Come facevano a farlo con tale naturalezza? Per poco la mano non le rimase impigliata alle ciocche, cosa che non accadde solamente perché quella nuova chioma era così setosa da non permettere la nascita di nodi. Ma erano legali? “Non si tratta di avere o non avere contegno, stanno apprezzando una bella ragazza. Come dargli torto?” Sorrise di sbieco, mentre in cuor suo si prendeva a martellate. Ma cosa stava dicendo? Vi era forse della droga in quell’insalata? Per la carota divina, fare la ragazza tosta non rientrava davvero nelle sue capacità. “No grazie, per me niente cioccolato. Sai, la linea..” Ma certo, altri clichè Jericho. La linea, diceva, quando lei era andata in sala grande solo per affogare la sua malinconia dentro una torta al triplo cioccolato. Vuoi continuare con le frasi fatte? “E, sai, sogno la pace nel mondo” Si accorse troppo tardi di averlo detto ad alta voce. Ma porco Thestral. Si morse la lingua, ma continuò a sorridere come se avesse detto la cosa più bella sulla faccia della terra. Doveva pur fingere di avere un briciolo di amor proprio.
    Se voleva diventare una ragazza da copertina, ci stava riuscendo bene. Anche ‘scemo e più scemo’ aveva un suo pubblico, non bisognava essere razzisti sui giornali.



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    KILLIAN JACK HADES
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    La giovane seduta accanto a lui ricambiò il suo saluto con un cenno del capo. Jack lasciò scorrere lo sgurado su quel volto dai lineamenti perfetti, su quegli occhi blu zaffiro che per un attimo, solo per un istante, sembrarono sussurrare il nome di Jericho. Quel colore profondo, incastonato nel viso perlato di una ragazzina quindicenne che riempiva le sue giornate con i sentimenti più contrastanti che un essere umano potesse provare...sua sorella che dannazione, sembrava essere letteralmente sparita. Dimenticala, dimenticala! gli urlava una parte della sua coscienza ancora troppo scossa dal fatto di non aver ricevuto risposta a quella maledetta lettera. Dimenticala e ricomincia da capo! no. Non era mai stato bravo a lasciare la sua vita al caso, cercava una spiegazione logica a tutto... tutto accadeva per un motivo e doveva per forza avere un senso. Killian non era ferrato con i puzzle né con i rompicapo mentali ma in questo caso doveva riuscire a districarsi nella marea di eventi ed emozioni succedutesi in quell'ultimo anno se voleva riuscire a trovare Jer. Una lettera non bastava di certo a ricondurla tra le sue braccia. Sei stato un idiota Killian Jack Hades... credevi che bastassero due parole sdolcinate su un foglio di carta per riportarla da te? eh già... troppo facile, troppo comodo e troppo bello per essere vero.
    La ragazza che le stava davanti si passò una mano tra i lunghi capelli e con tono sensuale e compiaciuto esclamò: Non si tratta di avere o non avere contegno, stanno apprezzando una bella ragazza. Come dargli torto?
    Lui strozzò un sorriso divertito scuotendo la testa e scartando un altra ciccorana "Non gli si può dare torto ovviamente! Sempre che quei tizi non fischino per me ma ne dubito!"
    Fermi tutti. Che cosa stai cercando di fare? Hai già abbastanza problemi con tua sorella evita di mettere in mezzo una nuova tizia ed il mondo te ne sarebbe grato razza di deficente.
    Il giovane zittì la coscienza continuando a sorridere alla sconosciuta, doveva ammettere che era veramente bella. Per qualche minuto il pensiero di Jericho sembrò scomparire mentre lei gli diceva di non poter mangiare cioccolata per la linea, appena però la voce scomparve tutto tornò esattamente come prima... sembrava una fottuta allucinazione. Killian abbassò lo sguardo sul bicchiere, stava bevendo una coca Cola mica un cocktail di cinquanta gradi per Merlino. Eppure ogni movimento di quella ragazza le ricordava sua sorella, quegli occhi magnetici lo attiravano come una calamita e dannazione Hades ci stavi cadendo di nuovo... Combinare casini insomma era proprio il suo forte ma finché era con Stiles tutto riusciva ad avere una logica invece quando era solo... beh si sentiva più idiota che altro.
    Si mise letteralmente a ridere mentre le porgeva un bicchiere, la ragazza sognava la pace nel mondo e come dalle torto? "Anche io ma in questo momento ho priorità più importanti!" per esempio trovare Jer. "Comunque piacere raggio di sole io sono Jack Hades!" esclamò poi facendo un buffo inchino a mezzo busto e svuotando il bicchiere di coca. "Ci siamo incontrati al Winter Party qualche tempo fa ma non ero proprio al 100% della lucidità quella sera! Ma mi sa che terrò l'appellativo che ti avevo sognato dopotutto non è male no?" concluse poi facendole l'occhiolino.
    Da quando sua sorella era scomparsa quella era la prima chiacchierata che intraprendeva volentieri con una ragazza, già una ragazza misteriosa di cui manco sapeva il nome... Jack fece scivolare l'orologio fuori da la manica della divisa, le undici ed un quarto... il suo volto si fece serio per qualche istante mentre le lancette scorrevano inesorbilmente secondo dopo secondo... dannazione Jericho dove diavolo sei?






    «Solamente quando le cose ci vengono tolte scopriamo il loro vero valore»

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    Jericho "Karma" Lowell

    Scheda ■ 15 ■ wizard (ex-gryff) ■ telepathic ■ Pensieve

    Approfittando di un momento in cui Jack era distratto, Jericho lo osservò a lungo, di sottecchi, come sempre aveva fatto da quando aveva compreso che Hades era molto più di un fratello, per lei. Non sapeva con esattezza quando fosse avvenuto quel cambiamento, ricordava solo che un giorno qualunque, di un mese qualunque, quel sorriso genuino che sempre aleggiava sulle labbra del ragazzo le aveva fatto salire il rossore alle guance, e aveva fatto battere il suo cuore ad un ritmo diverso. Da quel giorno, quel ritmo era sempre e solo appartenuto a Jack, e non riusciva a vedere un futuro in cui non fosse così. Le palpebre socchiuse nascondeva due occhi castani che di comune non avevano nulla; gli occhi di Jericho erano sempre stati azzurri, ma non avevano mai avuto quell’attrazione magnetica, quel calore che aveva smesso di limitarsi al mero scaldare ed aveva cominciato a bruciare, lentamente ma inesorabilmente. Quel giorno lo sguardo era più spento, il sorriso meno allegro. Avrebbe voluto accarezzargli la guancia, dirgli che lei era lì, che non avrebbe mai avuto la forza di lasciarlo. Poggiare la testa sulla sua spalla, come facevano da piccoli per guardare le stelle, e respirare il suo profumo senza chiedere nulla in cambio che non la sua vicinanza. Ma lei non poteva mentire nemmeno a sé stessa, lei voleva di più: essere sua amica non bastava, essere sua sorella non bastava. Voleva far parte della sua vita come lui lo era della sua, pretendeva per sé quel sorriso sghembo che rivolgeva ad altre ragazze, desiderava sentire lo stesso formicolio che provava lei sulla pelle di lui, come una scossa. Ma Jericho Karma Lowell era una costante nella vita di Jack, parte della sua famiglia; non avrebbe potuto ricevere da lui ciò di cui aveva bisogno. E Karma aveva superato il limite, spingendosi dove una persona non avrebbe mai dovuto arrivare, rinunciando a tutto ciò che era. Che cosa stupida, ed egoista che aveva fatto. Non le era importato di Killian, non aveva pensato a lui: aveva pensato a sé stessa, ed era fuggita senza mai andarsene veramente. Se lui pensava che la tortura fosse non sapere che fine avesse fatto Jer, si sbagliava: la tortura era vedere quanto male facesse la sua assenza, e non dire nulla per lenirla. Stupida, stupida Lowell. Chinò il capo, chiedendosi quanto ancora avrebbe resistito. Voleva ricominciare, voleva avere una possibilità –anche solo una!- di essere vista sotto una luce diversa; aveva bisogno che Jack capisse, che le desse quel brandello d’amore che le spettava.
    E un giorno l’avrebbe odiata per quello. Lo sapeva. Riusciva quasi a sentire il sapore della disfatta sulla punta della lingua, come una lacrima troppo amara. Ma ne sarebbe valsa la pena. Avrebbe potuto andare avanti, con il cuore spezzato. Ed avrebbe sopportato l’odio di Jack, perché avrebbe saputo di meritarlo. Se c’era qualcosa in cui Jericho era maledettamente brava, era farsi odiare: Nathaniel l’aveva abbandonata, Amos non le aveva rivolto nemmeno uno sguardo quando aveva ucciso la madre; prima dei laboratori, la sua unica amica era stata Taissa, e nella sua casata era sconosciuta a tutti. Il suo nome passava sulla bocca dei compagni, solamente se si cercava un bersaglio di cui prendersi gioco. E Jack. Lui le aveva sempre voluto bene. Non si meritava un’amica, sorella, del genere. Prima o poi l’avrebbe capito.
    “Non gli si può dare torto ovviamente! Sempre che quei tizi non fischino per me ma ne dubito!”
    Aveva distolto lo sguardo da un pezzo, preferendo non rischiare di essere colta in flagrante mentre lo osservava. Sollevò un angolo delle labbra divertita, inarcando nel contempo le sopracciglia com’era sempre stata solita fare. Una ragazza espressiva, forse anche troppo: cambiare viso non significava cambiare le proprie abitudini. “Egocentrico” sibilò drizzando però la schiena, lusingata da quel complimento. Jack la trovava bella! Gongolò fra sé e sé, senza lasciar vedere all’esterno quanto la cosa le avesse fatto piacere. Jericho 1.0 sarebbe già svenuta per tutte quelle emozioni, ma Jericho 2.0 doveva cercare di non passare per menomata mentale. Potendolo evitare. "Anche io ma in questo momento ho priorità più importanti!” Sapeva perfettamente a cosa si stava riferendo: era lei quel problema importante. Soffocò la stretta al cuore fingendo un’espressione offesa, lasciando che le dita sfiorassero quelle di Jack un poco oltre il necessario mentre prendeva il bicchiere. “Cosa può esserci di più importante della pace nel mondo?” Si pentì di aver fatto quella domanda, ma al contempo ne fu grata. Voleva sapere cosa provava, senza essere manipolata da parole scritte senza pensare realmente alle loro implicazioni, vuota comunione di un peccatore. Non voleva leggere i suoi pensieri, ma quel nome continuava a tornare a galla, quell’urgenza, il tempo che scorreva e se ne fregava.
    Comunque piacere raggio di sole io sono Jack Hades” Era la prima volta che si presentava a lui. Essendo cresciuti insieme, non avevano mai avuto la necessità di stringersi la mano, di rivolgersi sorrisi imbarazzati o di riempire silenzi scomodi con frasi di cortesia. “Ci siamo incontrati al Winter Party qualche tempo fa ma non ero proprio al 100% della lucidità quella sera! Ma mi sa che terrò l'appellativo che ti avevo sognato dopotutto non è male no?” Rise inclinando il capo all’indietro, ripensando alla festa. Non sapeva cos’avesse bevuto, ma era stata una sera…magica. Mai le era capitato di vedere i colori con una tale chiarezza, di sentire le emozioni così concrete fra le dite. Nobuo il giorno dopo ha detto che qualcuno doveva aver drogato i loro drink: se la droga faceva quell’effetto, diamine, avrebbe dovuto farlo più spesso. Mantenne il sorriso genuino sulle labbra, lasciando in bella mostra i piccoli denti bianchi e perfetti.
    Ma Gesù, davvero, raggio di sole? Era per caso ancora drogato, il corvonero? Quale persone sana di mente chiama qualcun altro raggio di sole, a meno che non desiderasse andare in bianco? Ok, forse per Jack andare in bianco non era umanamente possibile, indipendentemente dagli epiteti che affibbiava alle ragazze. Stupido Hades! Un po’ lungo raggio di sole… ma puoi chiamarmi come preferisci, Jack” Gli rivolse un sorriso malizioso, pensando che quella fosse davvero una risposta idiota. In qualche modo, però, doveva pur evitare di rivelare la sua reale identità. Non poteva aver fatto finta di nulla fino a quel momento, per poi uscirsene con un ‘Oh, io sono Jericho Karma Lowell, forse ci conosciamo già!’. “Sei di fretta?” Domandò, bevendo un sorso della bevanda, osservandolo mentre continuava a lanciare occhiate poco furtive in direzione dell’orologio. “E chi è Jericho?”Quella domanda era un colpo basso. Non avrebbe dovuto farla.
    Ma Merlino, moriva dalla voglia di sapere cosa le avrebbe risposto. La curiosità aveva ucciso il gatto che aveva…fatto cose, lo sapeva, ma non era riusciva a trattenersi. “Mi spiace, non volevo farmi gli affari tuoi… non riesco ancora a controllarlo bene” Disse, indicando la sua testa con una smorfia imbarazzata.
    Beh, almeno l’ultima parte della frase era vera.
    Tu étais formidable, J'étais fort minable.
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  7. Jack‚ beautiful liar.
         
     
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    ⋆ Killian Jack Hades ⋆
    « Solamente quando le cose ci vengono tolte, scopriamo il loro vero valore »
    La sala grande iniziava a svuotarsi pian piano, gli studenti si avviavano nelle proprie sale comuni con lentezza e qualcuno fischiava dietro alla ragazza seduta accanto a lui mentre passava. Jack non aveva mai avuto fortuna con le ragazze, per qualche arcano motivo ancora sconosciuto al genere umano, non riusciva a provare con nessuna di loro quell’affetto speciale che invece provava per sua sorella. Forse con Jericho aveva commesso troppi errori, errori che lei si era segnata e che dopo anni aveva provveduto a fargli pagare porgendogli un conto troppo amaro da saldare. La solitudine. Molti avrebbero avuto da ridire su quest’affermazione, Jack non era solo effettivamente, aveva i suoi due migliori amici, giovani che avrebbero fatto qualsiasi cosa pur di rimediare un appuntamento, ma a lui in quel periodo non importava più nulla. Si era ripromesso di trovare Jericho, quella sera avrebbe fatto l’ultimo estremo tentativo per recuperare sua sorella che sembrava non volere più contatti con quel mondo, con la sua famiglia e con lui. Possibile che li odiasse tutti a tal punto? I ricordi di Jack scivolarono nei giorni d’infanzia più felici, quando ne lui, ne Jer avevano preoccupazioni e vivevano con semplicità mano nella mano correndo ed ora, quella corsa sembrava essersi arrestata, Jericho aveva preso una strada diversa e Jack era fermo su un bivio incapace di prendere una decisione sul futuro della sua esistenza.
    “Egocentrico” la voce della ragazza lo scosse dalle sue riflessioni per qualche istante, portando il suo sguardo a fissarla nuovamente sorridendo, anzi quasi ridendo per quell’ esclamazione tanto schietta quanto sincera, si versò un altro bicchiere di coca cola divertito mentre continuavano a parlare. “Cosa può esserci di più importante della pace nel mondo?” esclamò poi la giovane facendo la finta offesa, Jack non era solito cadere nei giochetti delle ragazze e se si sarebbe trovato in un momento diverso, in circostanze diverse, probabilmente avrebbe flirtato con una risposta del tipo “Una bella ragazza come te!” ma in quel momento non fu in grado di essere la persona sfacciata e sicura di se che di solito era così accennò una mezza risposta “Nulla credo, ma una persona a te cara sparita nel nulla credo che in questo momento prenderebbe sicuramente più importanza di un ideale irraggiungibile.” Appena finita la frase però si morse le labbra per aver parlato in maniera così schietta a quella ragazza che alla fine si era seduta accanto a lui solo per avere compagnia e di certo non centrava nulla con tutti i problemi di Jack. Bravo Hades… mi raccomando continua così! Era da tempo che non scambiava qualche parola in tutta sincerità con qualcuno, i suoi migliori amici sapevano solo che cercava sua sorella, a nessuno aveva mai rivelato la sua preoccupazione, in tutti quegli anni era sempre rimasto un ragazzo molto riservato e voleva evitare di far sapere a mezzo mondo quanto in realtà stesse da schifo e fosse preoccupato. L’alcol gli faceva dimenticare tutti i problemi per qualche ora ma alla fine cos’erano due o tre ore nell’arco di una giornata? Un tempo troppo breve. Troppo breve. “Un po’ lungo raggio di sole… ma puoi chiamarmi come preferisci, Jack” ascoltò nuovamente con un sorriso la voce cristallina della giovane che gli rispondeva di tutto punto con un tono leggermente impertinente “Che ne dici se ti chiamassi con il tuo nome raggio di sole? Oppure dovrò fare come qualche giovane romantico ed aspettare che la dama misteriosa sveli la propria identità in qualche situazione di pericolo estremo?” esclamò ridendo e prendendole una mano lasciandogli sopra il palmo una cioccorana “sono sicuro che la linea non avrà da ridire nulla per un cioccolatino!” rise mentre i suoi occhi castani tornavano a posarsi su quelli azzurri magnatici di quel raggio di sole. Uno sguardo rapido all’orologio mentre le dita sfioravano la catenina che il ragazzo teneva sempre in tasca con la speranza di riuscire a trovare Jericho prima o poi. “Sei di fretta? E chi è Jericho?” Quella domanda colse Jack talmente di sorpresa che la sua espressione mutò completamente trasformandosi per qualche secondo in una maschera di serietà ed incredulità “Cosa?” riuscì solo a mormorare mentre le parole gli morivano in gola ancora troppo scioccato da quell’intervento, come diavolo faceva quella giovane a sapere di Jericho? Come diavolo faceva?! D’istinto il ragazzo strinse in pugno la catenina nella tasca mentre con l’altra svuotava il bicchiere di coca cola di colpo e lo posava con forza sul tavolo. No jack… non era wisky il mondo fa ancora schifo. Dopo quindi qualche istante dove tra i due cadde un silenzio tombale la voce di quella ragazza tornò dando la risposta alle perplessità di Killian “Mi spiace, non volevo farmi gli affari tuoi… non riesco ancora a controllarlo bene”. Osservando il suo gesto il volto del ragazzo si rilassò tornando dolce e tranquillo, ora cominciava a capire, quella che aveva davanti doveva essere una strega dai poteri speciali per così dire, lui sapeva che degli estremisti ribelli avevano compiuto degli esperimenti su babbani e maghi e che molti di loro avevano perso i poteri acquistandone di diversi. Ecco perché non ricordava di aver mai visto quella giovane alle lezioni, ecco perché non portava la regolare divisa scolastica con lo stemma di casata. Aveva tentato di mettere in guardia Jericho dagli estremisti, dai ribelli, quella sera in cui doveva in realtà consegnarle la catenina e non litigare, non poteva immaginare che le parole seccate “buonanotte killian” che esclamò chiudendogli la porta in faccia sarebbero state le ultime che avrebbe sentito. E questo era una delle tante cose che non riusciva ancora a perdonarsi. “Sei telepatica? Che figo!” disse sorridendogli e cercando di sdrammatizzare un po’ il momento “oddio! Spero che tu non abbia intravisto i mei peggiori vizi e problemi mentali e come ho passato il pomeriggio, come un’ameba.” Inclinò la testa lasciando morire l’espressione allegra sulle labbra, l’orologio batteva le undici e mezzo , aveva un appuntamento ma infondo la compagnia di quella donna misteriosa cominciava veramente a fargli piacere. “Jericho è mia sorella, è scomparsa e le ho fatto recapitare una lettera per cercare di ritrovarla ma non ho ricevuto risposta.” Si alzò in piedi recuperando la giacca si, doveva fare un ultimo tentativo . Prese nuovamente la mano di quel raggio di sole tra le sue e facendo un buffo inchino esclamò “madame sarebbe così gentile da accompagnarmi in sala comune per l’aperitivo di mezzanotte? Non accetterò un no come risposta potrei buttarmi giù dalla finestra se rifiutate questo cortese invito” esclamò ridendo e prendendosi un po’ gioco di lei, non avrebbe mai ammesso che quella sera non si sentiva di rimanere da solo nella sua stanza a vivere la delusione più grande della sua vita, ma forse la ragazza già lo sapeva… era telepatica.
    Mentre i due si avviavano quindi fuori dalla sala grande e percorrevano i corridoi deserti, Jack iniziò a spiegare alla giovane chi fosse Jericho. La descrisse come una ragazza perfetta se non per qualche difetto di carattere, era troppo testarda ma infondo anche lui era così, come una bambina gentile e come un’adolescente riservata che faticava a divertirsi ed a lasciarsi andare, cosa che invece lui faceva molto volentieri. “Avrei dovuto capire che con lei forse stavo sbagliando, come fratello sono assilante, iperprotettivo, avrei dovuto lasciarle il suo spazio e permettere che vivesse la sua vita… che provasse qualsiasi genere di sentimento. Ed ora sto pagando i miei errori.” Concluse con semplicità mentre splancava la porta della sala comune dei corvonero, il suo occhio corse veloce al tavolino vicino al camino ed a una poltrona vuota. Lei non c’era , lei non era venuta. Questa era dunque stata la scelta di sua sorella.
    Killian non riuscì a spiaccicare una sola parola, mentre il suo sguardo rimaneva fisso nella direzione del caminetto. Doveva ammetterlo, per qualche istante ci aveva sperato, si era illuso di poter spalancare quella porta e vedere sua sorella corrergli incontro, si era illuso di poterla abbracciare e sentirla ridere, di poterle accarezzare il viso promettendole che le cose sarebbero cambiate e che senza di lei lui non riusciva a vivere. Invece la sala era deserta come ogni sera, il fuoco scoppiettava, Jack si scantò aprendo la porta del tutto con espressione seria facendo entrare la ragazza ancora fuori, la fece accomodare sulla poltroncina blu e poi aprì un armadietto quello dedicato ai festini abusivi e ne tirò fuori una bottiglia di sambuca e due bicchierini, li riempì e poi si sedette anche lui di fronte alla giovane. “Beh… bene raggio di sole a cosa brindiamo? Avrei voluto dedicare questo brindisi a mia sorella Jericho ma a quanto pare con lei ho chiuso… A noi due allora! E al nostro incontro!” esclamò inarcando un sopracciglio e cercando di ritrovare la sua serenità. Bevve il liquido trasparente tutto d’un colpo mentre sentiva la gola scaldarsi e accogliere quell’alcolico dal gusto particolare che lui adorava. Passò qualche minuto, poi Jack estrasse dalla tasca la collana e se la rigirò tra le dita osservandola con uno sguardo indecifrabile. Si alzò dalla sedia facendo qualche passo per la stanza, stava prendendo una decisione, non avrebbe mai rinunciato a cercare Jericho ma doveva continuare a vivere in qualche modo, ed avere una persona vicino non poteva certo fargli male. Si avvicinò nuovamente alle spalle della giovane accennando un mezzo sorriso ed osservando i suoi capelli color miele ambrato, “questa dovevo regalarla a mia sorella, fin da piccola ha sempre avuto una strana passione per le collane ma voglio che la abbia tu, spero che sia di tuo gusto.” Mormorò poi passandole la catenina intorno al collo ed agganciandogliela con delicatezza. Tornò poi a sedersi di fronte a lei rimanendo quasi incantato dalla bellezza della ragazza, la piccola pietra verde acqua incastonata tra i due delfini si accoppiava perfettament con i suoi occhi magnetici “devo dire che ti sta veramente bene raggio di sole” esclamò senza riuscire a dire altro.
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    Jericho "Karma" Lowell

    ■¼Scheda ■¼ 15 ■¼ wizard (ex-gryff) ■¼ telepathic ■¼ Pensieve

    Jericho Karma Lowell odiava Amos perché aveva ucciso la madre. Odiava suo padre perché non era stato in grado di rimanere inflessibile al dolore. Odiava Nathaniel perché l’aveva abbandonata. Era dannatamente brava nell’odiare le persone, ma nell’amare che aveva qualche problema. Nessuno glielo aveva mai insegnato. Amava Killian Hades da quando aveva memoria, quando i biscotti erano fortezze da conquistare ed il divano era un’isola in mezzo alla lava incandescente. L’aveva amato quand’era caduto dalla casa sull’albero, sbucciandosi le ginocchia e graffiandosi la guancia. Quando ad Hogwarts l’aveva abbracciata, ricordandole che non era sola. Ricordandole che non lo era mai stata, perché lui era accanto a lei. Era la sua sorellina. Jericho, di rimando, si era allontanata, mettendo sempre più spazio fra loro. Aveva paura di quel sentimento che le era cresciuto nel petto, temeva che potesse rovinare il rapporto con l’unica persona che per lei c’era sempre stata, l’unica a cui lei interessava davvero. Jack si preoccupava per Jer anche quando la situazione non lo richiedeva, la cercava con lo sguardo fra la gente, e lei… lei era solamente riuscita a fuggire, ad abbandonarlo come aveva fatto Nate con lei. Cosa c’era di sbagliato nei Lowell? Qual era il gene difettoso che li aveva resi incapaci d’amare in modo sano? E cosa poteva rispondere lei, davanti allo sguardo sincero di Jack, mentre lui le diceva quanto lei mancasse? Averlo di fronte a sé, era come riavere una parte del proprio cuore che aveva dimenticato di possedere. Hades la completava, com’era sempre stato fra loro.
    “Nulla credo, ma una persona a te cara sparita nel nulla credo che in questo momento prenderebbe sicuramente più importanza di un ideale irraggiungibile.” Oh, quanto avrebbe voluto stringerlo. Abbracciarlo come quando erano piccoli, ricordandogli che anche lei era lì per lui, e che ci sarebbe rimasta fin quando lui avrebbe voluto. Che non era sparita, che era lì, che poteva toccarla. Quanto avrebbe voluto dirgli che anche lui le mancava, che le era sempre mancato. Che lui era quella parte di lei disposta ad amare, ma che aveva paura di perderlo, e non sapeva come avrebbe fatto. “Mi dispiace” Ripose sommessa con la voce strozzata. Le dispiaceva di essere una stronza egoista. Le dispiaceva aver rovinato tutto. Voleva tornare ad essere la Jericho che Jack meritava, ma non ci riusciva. Lo amava così tanto che faceva male. Lo amava abbastanza da aver taciuto quel sentimento per anni, nella speranza che lui, prima o poi, se ne accorgesse. Che potesse ricambiarla, nonostante lei non avesse nulla da offrirgli. Le dispiaceva mentirgli, le spezzava il cuore, ma non sapeva che altro fare. Non l’aveva mai saputo.
    Che ne dici se ti chiamassi con il tuo nome raggio di sole? Oppure dovrò fare come qualche giovane romantico ed aspettare che la dama misteriosa sveli la propria identità in qualche situazione di pericolo estremo?” E fu lì lì per spiattellargli tutto.
    Ma non lo amava abbastanza per quello. Vedeva la sua sofferenza, sapeva di poterla alleviare, ma non poteva permetterselo. Avrebbe significato riaffogare nel proprio dolore, e… avrebbe dovuto semplicemente lasciarlo andare. Se davvero avesse tenuto a lui quanto voleva credere, gli avrebbe detto la verità, lasciato che le cose tornassero come prima, farsene una ragione. Ma non lo amava abbastanza per quello. Si limitò a sorridere, senza rispondere. Non valeva come menzogna, era solo una distorsione della realtà. Un omissione, che in confronto a tutto il resto, poco valeva.
    E perché, perché gli aveva chiesto chi fosse Jericho? Ovviamente aveva rimpianto la domanda nel momento stesso in cui era uscita dalle labbra. Eppure, al tempo stesso, smaniava dalla voglia di sapere cosa lui pensasse di lei, come la descriveva alle persone. Se metteva la stessa passione, se si torturava le mani come Jericho faceva ogni qual volta nominava Jack. Se il cuore gli batteva un po’ più forte, se le guance si colorivano, se lo sguardo si faceva distante. E l’aveva fatto anche innervosire. Poi si chiedeva perché non aveva amici.
    Mille patemi, mille sofferenze, mille rimpianti. Poi Jack se ne usciva con frasi come “Sei telepatica? Che figo!” che riuscivano a ricordarle quanto fosse un idiota. Ed anche il perché se ne fosse innamorata. Chi era davvero l’idiota fra i due? Alzò gli occhi al cielo sbuffando, lasciando che i capelli le ricadessero ai lati del viso separandola dal giovane. “Ti assicuro che non è affatto figo” Sottolineò l’ultima parola, imitando il tono di voce esaltato del Corvonero. “Oddio! Spero che tu non abbia intravisto i mei peggiori vizi e problemi mentali e come ho passato il pomeriggio, come un’ameba.” Si inumidì le labbra, lanciandogli un’occhiataccia. “No, ma volendo potrei” Fece spallucce. “E da come stringi quel bicchiere, direi che fra i vizi possiamo contare anche l’alcol, mh?” Domandò, molto simpaticamente. Come se non l’avesse saputo. E Jack cominciò a rispondere alla sua domanda, e ad ogni parola Jericho desiderò di non averglielo mai chiesto.
    “Jericho è mia sorella, è scomparsa e le ho fatto recapitare una lettera per cercare di ritrovarla ma non ho ricevuto risposta.” Strinse impercettibilmente i pugni, cercando al contempo di annuire al Corvo come se comprendesse la situazione ma la cosa non la toccasse. Non la stava solo toccando, in effetti, la stava proprio prendendo a pugni. Non avrebbe avuto alcun senso rispondergli, continuava a ripetersi Karma mentre lui le stringeva la mano. Possibile che non sentisse lo stesso calore che percepiva lei, la stessa scossa? E se la sentiva, come poteva ignorarla? Ingoiò il cuore che le era saltato in gola, sorridendo all’invito del ragazzo di andare nella sua sala comune. Sapeva, avendo frequentato Hogwarts, che era proibito portare estranei nella propria sala comune. Evidentemente essere prefetto doveva avere i suoi vantaggi. “Certo, sir” Rispose, rabbrividendo. Non aveva alcuna voglia di seguirlo, però da una parte era la cosa migliore che potesse fare: sarebbe stata all’appuntamento, non gli avrebbe dato buca… solo che lui non l’avrebbe saputo, così come aveva ignorato –non volutamente, sperava- tante altre piccole cose negli anni passati insieme. Mentre si avviavano alla torre dei Corvonero, Jack le parlò di Jericho Karma Lowell, o almeno: di come lui vedeva Jericho Karma Lowell. Fu istruttivo, da un lato… dall’altro moriva dalla voglia di rispondergli per le rime, ricordandogli che era lui quello testardo, quello con l’empatia di un marciapiede e la brillantezza di una pentola incrostata. Ma non lo fece, limitandosi ad annuire e a fare qualche risata di circostanza. Una risata che diceva Oh, Hades, ti soffocherò con un cuscino di piume. “Avrei dovuto capire che con lei forse stavo sbagliando, come fratello sono assillante, iperprotettivo, avrei dovuto lasciarle il suo spazio e permettere che vivesse la sua vita… che provasse qualsiasi genere di sentimento. Ed ora sto pagando i miei errori.” Si fermò nel bel mezzo del corridoio, mordendosi così forte la lingua da sentire sapore di rame in gola. Morgana, cosa stava dicendo? Sicuramente era d’accordo sull’assillante e l’iper protettivo, ma… pensava di averle impedito di vivere? Di provare dei sentimenti? Quanto si sbagliava! Se lei viveva, era grazie a lui. Se lei amava, era a causa sua. Era dappertutto nella sua vita, Jack, anche quando lui avrebbe preferito non esserci. Era in ogni cosa, anche quando lei avrebbe preferito non vederlo. Ma… “Non è colpa tua” Disse di getto, sentendosi in dovere di specificarlo. “Non… non credo sia colpa tua. Penso sia lei, sai. Non il problema” Si affrettò a precisare, stringendo pollice e indice fra loro. “Intendevo: penso sia stata una sua scelta. L’ha fatto per sé stessa. A volte le persone hanno bisogno di allontanarsi pe rendersi conto di quanto appartengono a qualcuno” Concluse quasi sottovoce, mentre la mano si allungava –senza alcun apparente comando specifico di Jer- in direzione della mano di Jack. La strinse, cercando di infondergli tutto ciò che non riusciva, o poteva, dire a parole. Ma lo lasciò quasi subito, continuando a camminare a pochi passi di distanza da lui.
    E quando aprì la porta, rendendosi conto che non c’era nessuno ad aspettarlo, si sentì morire. Mai avrebbe voluto vedere quello sguardo negli occhi di Jack. Non voleva farlo soffrire, lei voleva… Non avrebbe funzionato ,si rese conto in un momento di sibillina concretezza, mentre lui entrava nella Sala Comune. Quella farsa, di lei che nemmeno si presentava, non avrebbe funzionato. Se non avesse saputo la verità, se non l’avesse conosciuta, non avrebbe potuto amarla come lei amava lui. e anche l’avesse fatto, sarebbe stato sbagliato: non sarebbe stata realmente lei il soggetto dei suoi desideri, sarebbe stata l’ombra di una persona che nemmeno esisteva. Non voleva né poteva permetterselo. Rivelare la sua vera identità, allo stesso tempo, sarebbe stato ancora più dannoso. Dio, come aveva fatto a infilarsi in quella situazione di merda?
    “Beh… bene raggio di sole a cosa brindiamo? Avrei voluto dedicare questo brindisi a mia sorella Jericho ma a quanto pare con lei ho chiuso… A noi due allora! E al nostro incontro!”
    Con lei ho chiuso. Abbassò lo sguardo, incapace di reggere i suoi occhi scuri. Incapace di fare qualunque cosa, se non sedersi meccanicamente alla poltrona aspettando il bicchiere pieno di un qualcosa che non avrebbe bevuto. O forse sì, data la situazione: il sapore non le piaceva, ma pareva essere d’aiuto alle persone disadattate come lei. Tanto voleva provare, peggio non avrebbe potuto andare. Ingollò il contenuto tutto d’un fiato, e quasi non lo sputò per terra. Ma che era? Aveva un sapore terribile. Si costrinse a buttarla giù, ma gli occhi già le lacrimavano. Stava affogando, lo percepiva, ma non si sarebbe messa a tossire. A costo di morire, esattamente. “Questa dovevo regalarla a mia sorella, fin da piccola ha sempre avuto una strana passione per le collane ma voglio che la abbia tu, spero che sia di tuo gusto.” Voleva fermarlo. Voleva impedirglielo, ma non riusciva a sollevare le mani dal grembo, laddove le aveva appoggiate. Rimase inerme, con un misto fra un sospiro ed un gemito incastrato in gola, mentre lui le allacciava la collana. Così vicino, e così lontano. “È bellissima” Mormorò, sfiorando la superficie argentata con i polpastrelli. Se fosse stata il genere di ragazza che piangeva, quello sarebbe stato il momento adatto per far inumidire i propri occhi. Ma Jericho Karma Lowell aveva smesso di piangere un giorno qualunque, in un mese qualunque, quando si era sporcata le ginocchia del sangue di sua madre.
    Si stava comportando da stupida. Non poteva fare quello a Jack. Forse, in fin dei conti, lo amava davvero abbastanza per rinunciare a sé stessa. “Magari non è venuta perché non può. Magari vuole mandarti un messaggio. Forse … vuole che tu comprenda davvero cosa lei rappresenta per te, in modo da scegliere cosa fare della propria vita” Strinse il ciondolo nel pugno, chiudendo gli occhi. Respira Jericho, respira. “Jack, io…” Iniziò, con voce tremante. Gli occhi rimasero chiusi, mentre lei cercava una forza che non possedeva. Non era coraggiosa come i suoi ex compagni, non era forte, non era spavalda. Non era la ragazza giusta per Hades, lui meritava di meglio. L’aveva sempre saputo, ma continuava a far male come la prima volta.
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  9. Jack‚ beautiful liar.
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    ⋆ Killian Jack Hades ⋆
    « Solamente quando le cose ci vengono tolte, scopriamo il loro vero valore »
    Jack non era certo il tipo di ragazzo che si perdeva d’animo, che mollava tutto non appena tra lui ed il suo obbiettivo si metteva in mezzo un ostacolo ma il silenzio che Jericho aveva voluto costringerlo ad ascoltare non rispondendo a quella maledetta lettera lo stava uccidendo nel profondo anche se ovviamente non lo avrebbe mai dato a vedere. “Mi dispiace” due parole sussurrate che rimbombarono nella testa del giovane mentre ripensava all’intera faccenda , annuì con il capo rivolgendo alla ragazza un mezzo sorriso dandosi dell’idiota per aver accennato ad un argomento simile in presenza di una sconosciuta che a quanto pareva era pure senza nome dato che quando glielo chiese lei si limitò a sorridere senza dargli un’apparente risposta. “Vada per raggio di sole allora” pensò tra se mentre si chiedeva il motivo di tale mistero, non gli stava mica chiedendo il cognome, la data di nascita, il numero di telefono, il codice fiscale ed il numero della carta di credito eh! Solo un nome… ma le giovani al giorno d’oggi erano tutte un po’ strane , non che lui potesse definirsi normale ma se una bella ragazza gli chiedeva il nominativo glielo dava più che volentieri e ci aggiungeva un “ci vediamo ingiro!”.
    Non era pronto mentalmente a ricevere la domanda che pochi secondi dopo quel raggio di sole le porse con tanta spontaneità : chi era Jericho? Chi era per lui Jericho Karma Lowell? Avrebbe potuto mentire su tutto, era bravo a confondere le persone, lo faceva spesso anche con gli adulti perché detestava chi si intrometteva nella sua sfera privata senza avere il permesso ma questa volta rispose con sincerità alla domanda della ragazza, forse perché era rimasto intrappolato in quegli occhi azzurri o forse perché lei si scusò subito dopo ammettendo di non riuscire a controllare bene il suo potere. Era telepatica. Jack aveva sentito molto parlare di questi poteri sovrannaturali acquisiti da molti maghi e babbani dopo i laboratori ma non aveva mai avuto l’occasione di constatare con i suoi occhi quella realtà che il governo sembrava tenere ben nascosta agli occhi di tutti. Non rimproverò la giovane per essere entrata nella sua testa , anzi sdrammatizzò con un commento che la lasciò perplessa “Ti assicuro che non è affatto figo.” Il corvonero sovrappose a quella voce infastidita dal termine “figo” una sonora risata scuotendo il capo divertito “voglio crederti ma dai può tornarti sicuramente utile in qualche modo. Io pagherei per sapere cosa passa per la testa di certe persone…” concluse poi ritornando ad un tono più serio togliendosi il sorriso dalle labbra, era ovvio che alludesse a sua sorella. Sapere cosa frullava nel cervello di quella quindicenne lo avrebbe senz’altro aiutato a capire il perché se ne fosse andata e soprattutto se tutte le varie possibilità che aveva pensato in quei mesi fossero esatte , se era veramente colpa sua , se era lui il problema principale che l’aveva fatta allontanare dalla famiglia , dalla scuola, da tutto. Le parole della ragazza gli arrivarono come un’eco distante, stava ricadendo nei soliti pensieri , nei soliti dubbi “E da come stringi quel bicchiere, direi che fra i vizi possiamo contare anche l’alcol, mh?” di scatto, quasi come a confermare quell’affermazione , Jack mollò la presa salda della sua mano sul bicchiere, scosse la testa rendendosi conto che il raggio di sole ci aveva azzeccato di nuovo “l’acol è solo una distrazione, aiuta per qualche ora a dimenticare che questo mondo alla fin fine fa schifo.” Disse con rassegnazione passando il dito indice sul bordo del bicchiere , dopotutto quando aveva iniziato a bere? Quando Jer lo aveva allontanato dalla sua vita, quando sembrava aver messo un muro tra il loro affetto, lui non aveva fatto altro che lasciarsi andare , non voleva affrontare discussioni, non voleva vedere i problemi, li ignorava e forse quello era stato il suo primo errore. Non voleva ammettere che il rapporto tra lui e sua sorella si era inevitabilmente incrinato , non voleva crederci perché infondo non riusciva a capirne il motivo…”per quello sei un idiota Hades!”
    Fu contento quando la ragazza di fronte a lui accettò l’invito di seguirlo fino in sala comune, mentre s’incamminavano per corridoi lui si mise a parlarle di Jer, della sua Jer, di quella sorella a cui non riusciva a fare a meno ed intanto pensava e fremeva all’idea di riuscire a trovarla davanti ai suoi occhi pochi minuti dopo anche se sapeva benissimo che era impossibile. Ci sperava Jack, ci spera veramente anche se non lo ammetteva, ci sperava perché in quegli ultimi mesi non aveva pensato ad altro se non riuscire a mettersi in contatto con Jericho. “Non è colpa tua. Intendevo: penso sia stata una sua scelta. L’ha fatto per sé stessa. A volte le persone hanno bisogno di allontanarsi pe rendersi conto di quanto appartengono a qualcuno.” La voce del raggio di sole tornò a farsi sentire mentre per un attimo i due smettevano di camminare e si fermavano a metà corridoio , quel che diceva era vero ma comunque non cambiava la situazione, quanto sarebbe durata ancora questa lontananza? Quanto avrebbe dovuto soffrire ancore prima di potersi chiarire con Jer ? Jer che se veramente aveva agito per se stessa non si era domandata che fine avrebbe fatto lui senza di lei, senza la sua sorellina, senza quella ragazzina che era diventata come l’aria nei tanti anni passati insieme. La mano di Jack venne sfiorata dalla giovane che aveva davanti e poi stretta per qualche secondo, lui abbassò lo sguardo serio senza dire una parola lasciando che le loro dita si incrociassero in silenzio per poi staccarsi. Quando giunsero davanti alla porta della sala comune il ragazzo pregò che la telecineta non scorgesse tra i suoi pensieri il flashback che nuovamente gli passò davanti agli occhi. Un corridoio identico a quello e la voce cristallina di sua sorella che esclamava “Ti sento, Killian. Non avrò la tua profonda ed invidiata intelligenza da corvonero, ma non sono ritardata , e le orecchie le ho ancora. Tu mi stai ascoltando? Mi hai mai ascoltato? Non ho bisogno di questo. Buonanotte, Killian.” Poi gli aveva voltato le spalle e se ne era andata, salendo velocemente le scale a chiocciola, in quel momento lui avrebbe dovuto fermarla, avrebbe dovuto rincorrerla ma il suo orgoglio lo aveva accecato. E questo ora era il risultato.
    Aprì di scatto la porta con una forza tale da sbatterla contro la parete provocando un suono cupo che rimbombò per tutta la stanza… deserta. E a quel punto il corvonero dovette rassegnarsi veramente, aveva fallito il suo tentativo, l’ultimo che gli era rimasto. Si affrettò a recuperare la bottiglia di sambuca che avrebbe svuotato in poco più di due minuti se fosse stato solo, non voleva sentire quel dolore, non voleva provarlo, non voleva ammettere che era stato tutto inutile, non voleva dimenticare sua sorella, non voleva più rimanere lì fermo ad aspettare un miracolo dal cielo… voleva agire ma non poteva farlo.
    Brindò a quel raggio di sole che aveva incrociato per puro caso quella sera, era da tanto che non rimaneva in compagnia di una ragazza senza dimostrarsi un cretino o senza tentare in alcun modo di fare colpo, in quel momento era troppo preso dai problemi e aveva lasciato che quella studentessa lo vedesse per come realmente era, un semplice ragazzo con un’unica preoccupazione, quella di ritrovare sua sorella.
    Allacciò la catenina al collo della ragazza e si soffermò per qualche secondo ad ammirarne la bellezza cercando di dimenticare tutto il resto “È bellissima.” Jack accennò un sorriso prima di tornare nuovamente con un’espressione seria che solitamente non era in grado di tenere per più di cinque secondi “Magari non è venuta perché non può. Magari vuole mandarti un messaggio. Forse … vuole che tu comprenda davvero cosa lei rappresenta per te, in modo da scegliere cosa fare della propria vita. Jack io…” Il ragazzo si abbassò inginocchiandosi di fronte a lei sorridendo quasi con malinconia, sembrava che quella giovane telepatica riuscisse a capirlo nel profondo, forse aveva visto , aveva sentito i suoi pensieri o più semplicemente poteva immaginarli , poco importava, in quell’istante non voleva rovinare quei pochi momenti che aveva passato con quella sconosciuta perciò la zittì dolcemente portando un dito della mano vicino alle sue labbra e mormorando “Non fa nulla raggio di sole, se mia sorella ha voluto veramente questo io non lo accetterò facilmente , non smetterò di cercarla. Ho commesso l’errore di non rincorrerla una volta, non lo farò di nuovo.” Rimase li fermo per qualche secondo, con la mano che quasi sfiorava quel bel viso dagli occhi di ghiaccio, si alzò in piedi sospirando incapace di dire altro se non “E’ tardi, forse è meglio ritorni nel tuo dormitorio perché se ci beccano la sala torture è assicurata ed io questa settimana ci ho già passato troppo tempo per i miei gusti!” riprese a fatica il suo solito tono allegro ed ottimista alzando per un attimo la manica della divisa nera e farcendo scorgere una fascia bianca che gli avvolgeva il braccio fino al gomito “hanno inventato un nuovo tipo di punizione che deve essere uno spasso da osservare, un po’ meno da subire ma sono dettagli!” concluse infine ridendo ed accompagnando la ragazza alla porta, la socchiuse pian piano sporgendo la testa controllando che il corridoio fosse sgombro “via libera raggio di sole, è stato un piacere conoscerti! Spero di vederti presto!” sussurrò facendole cenno di sbrigarsi ad andare.
    Non disse altro e si limitò ad osservare i capelli biondi svanire insieme alla figura della ragazza nella fioca luce prodotta dai candelabri rimasti accesi, quando chiuse la porta Jack si trovò nuovamente solo con la sua coscienza, il fuoco del camino si stava spegnendo e nella sala piombò un silenzio irreale. Il giovane si sedette sulla poltrona afferrando distrattamente la bottiglia di sambuca , se la passò tra una mano e l’altra incapace di scegliere se ubriacarsi e dimenticare tutto o resistere alla tentazione dell’alcol e non riuscire a chiudere occhio. Dopo qualche secondo sbuffò alzandosi in piedi , sbattè la bottiglia sul ripiano dell’armadietto chiudendolo di colpo e poi rimase lì in piedi, di fronte alle braci del camino che diventavano di un colore arancione scuro spegnendosi una dopo l’altra , rimase lì finche la sala comune non venne completamente avvolta dal l’oscurità poi si sedette su un divanetto accanto alla finestra e guardò fuori ripensando se tutto quello che era successo aveva un senso, se avrebbe mai ritrovato sua sorella e se avrebbe mai scoperto il nome di quel raggio di sole che lo sembrava conoscere meglio di chiunque altro.
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    Jericho "Karma" Lowell

    Scheda ■ 15 ■ wizard (ex-gryff) ■ telepathic ■ Pensieve

    C’era una volta una bambina dal cuore spezzato e gli occhi troppo grandi. Quella bambina non capiva, non riusciva a comprendere. A soli tre anni riusciva solamente a guardare il mondo sfiorandone la superficie, stupendosi del battito d’ali di una farfalla. Eppure aveva capito che qualcosa non andava, perché sua madre non rispondeva, e suo padre non la guardava, e c’erano così tante persone che la toccavano. Aveva tenuto stretta a sé quella stupida giraffa di peluche, straziata fra le mani paffute della bambina. La ancorava al suo passato, era qualcosa di confortante perfino fra le pareti asettiche della struttura in cui l’avevano portata. C’era una volta una bambina dal cuore spezzato e gli occhi troppo grandi, seduta sulla veranda di una casa abbandonata da anni. La giraffa giaceva abbandonata ai suoi piedi, ma la bambina stava aspettando. Una mano si posò sulla sua spalla, ed una donna dal sorriso gentile la riportò in quella che era ormai diventata la sua camera. I coniugi Hades l’avevano portata a casa con loro, le avevano dato un tetto, le avevano dato una famiglia. E Jericho era abbastanza piccola da accettarlo, ma senza comprenderlo. Non riusciva a chiamarli mamma e papà, perché sapeva che mamma e papà erano fatti diversamente. E quel fratellino, quel Killian, era così diverso da Nate e Amos. Aveva gli occhi scuri ed un sorriso gentile, quel Killian.
    Non sapeva se quella era felicità, non sapeva cos’era la felicità, ma indubbiamente gli si avvicinava. Eppure, c’era sempre qualcosa di strano in quella bambina, divenuta poi una ragazzina dallo sguardo schietto ed il sorriso timido. Qualcosa che non si sarebbe aggiustato, una cicatrice che aveva imparato a nascondere ma che faceva ancora male. E quello che doveva essere suo fratello aveva cominciato a diventare qualcosa di più, ed al contempo qualcosa di meno. Sentiva di essere in errore Jericho, che non avrebbe dovuto vederlo in quel modo. Si ripeteva che erano cresciuti assieme, che provare quei sentimenti era qualcosa di troppo contorto. Si ripeteva che doveva nasconderlo, sia per sé stessa che per lui. Così aveva taciuto, e si era allontanata senza dare alcuna spiegazione. Come si poteva dire a qualcuno che la sua vicinanza faceva così bene da fare male? Come avrebbe potuto spiegare Jericho quella sensazione alla bocca dello stomaco, cui aveva cercato di non dare un nome per troppi anni? Era cresciuta lentamente, come un’onda che parte infrangendosi sulla battigia e diventa tsunami. E con quella stessa forza era stata schiacciata, incapace di rimanere in piedi ad affrontare le conseguenze. Sfuggiva ai sorrisi, alle confessioni, ad i pranzi insieme. Sfuggiva a quell’ala protettiva che la opprimeva e la cullava al tempo stesso, perchè il suo corpo reagiva in maniera strana, portandola ad arrossire spesso ed irrigidendole i muscoli. Quella che doveva essere una famiglia era diventata una trappola che la Lowell stessa aveva tessuto intorno a sé, vittima e artefice del proprio bizzarro destino.
    Aveva fatto una scelta. Sbagliata, probabilmente indetta dall’istinto. Era stata sciocca, aveva agito senza pensare. Ma un lato positivo c’era: aveva la possibilità di ricominciare. E allora perché ricadeva negli stessi stupidi errori? Perché era obbligata a vedere la conseguenza delle sue azioni sconsiderate? Non voleva assistere a quella sofferenza, non voleva sapere di esserne la causa. Voleva solamente chiudere gli occhi, fingere che nulla fosse successo. Magari era stato solo un brutto sogno. Affrontare la verità, guardarsi allo specchio e riconoscere la persona orribile che era diventata, era troppo da sostenere. Si sentiva così irrimediabilmente sola, anche se quel vuoto l’aveva creato lei. Voleva solo sentirsi dire che sarebbe andato tutto bene, che avrebbe aggiustato le cose, che sarebbe stata perdonata. Voleva solo andarsene. Forse era quello il motivo che aveva spinto suo fratello a non tornare a casa: chissà dov’era, chissà cosa stava facendo. Chissà se la pensava, se anche lui era tornato a casa ad aspettarla.
    Alzò gli occhi, sentendo fisicamente la presenza di Jack di fronte a sé. Si era inginocchiato di fronte a lei, portando un dito alle labbra per zittirla. E Jericho era stata così vicina dal cedere, dal confessargli tutto. Era abbastanza egoista da volere una seconda possibilità, ma non abbastanza da assistere alla disfatta della vecchia Jericho. Perché lei era lì, di fronte a lui. Si era comportato da stupido, lo sapevano entrambi, ma fra i due era stata lei quella a peggiorare le cose, e non di poco. Era stata lei a rovinare tutto, alla fine. Non aveva il coraggio di dire la verità, incastrata scomodamente in gola. Quel sussurro rimase soffocato, incapace di prendere forma. L’aveva sempre detto di essere debole. “Non fa nulla raggio di sole, se mia sorella ha voluto veramente questo io non lo accetterò facilmente, non smetterò di cercarla. Ho commesso l’errore di non rincorrerla una volta, non lo farò di nuovo.” Avrebbe dovuto rispondere qualcosa? E cos’avrebbe dovuto dirgli? Non poteva prendere la sua mano fra le proprie, implorando di perdonarla, perché era stata lei a sbagliare. Non riusciva nemmeno a pensare una simile conversazione, figurarsi attuarla. Così rimase in silenzio a guardarlo, chiedendosi per l’ennesima volta cosa ci fosse di sbagliato in lei. Per quale motivo doveva essere così sciocca, ed infantile. Perché non poteva crescere e prendersi le sue responsabilità. Non era pronta. Una scusa così flebile e ridicola da farle increspare le labbra in un sorriso amaro. “E’ tardi, forse è meglio ritorni nel tuo dormitorio perché se ci beccano la sala torture è assicurata ed io questa settimana ci ho già passato troppo tempo per i miei gusti!” Annuì, ingoiando la saliva. Si sentiva la bocca terribilmente asciutta, eppure non riusciva a deglutire. Gli occhi chiari si posarono sulla fasciatura di Jack, e non potè trattenersi dal lanciargli la sua vecchia occhiata di disapprovazione. Cosa diavolo aveva combinato di nuovo? Possibile che riuscisse sempre a mettersi nei guai? Per quanto possibile, quando frequentava il castello come studente, Jericho aveva sempre cercato di rimanere sulle sue, rendendosi invisibile. Finiva legata in quella stupida stanza solamente quando seguiva quel pirla di Jack, altrimenti in linea generale l’avevano sempre lasciata stare per la sua strada. Okay, qualche volta ci era finita anche per i fatti suoi, ma era un’altra storia. Non voleva rimanere in quella stanza un minuto di più, accettò di buon grado di ritornare al suo dormitorio. Avrebbe potuto mettersi il pigiama, infilarsi sotto le coperte, fissare un soffitto cieco alla ricerca di risposte per domande che non aveva la forza di formulare. Voleva rimanere sola, più di ogni oltra casa. Voleva dormire ed abbracciare gli incubi, perché quelli, perlomeno, non erano reali. “hanno inventato un nuovo tipo di punizione che deve essere uno spasso da osservare, un po’ meno da subire ma sono dettagli” Oh, Jack. Si morse l’interno della guancia, abbassando gli occhi sulla punta dei suoi piedi. Si alzò rapidamente, avviandosi verso la porta senza bisogno che lui la accompagnasse. Cosa che lui fece comunque, facendo capolino sul corridoio per guardare se la strada fosse libera. Accennò un ghigno, che di divertito aveva assai poco, mentre si rendeva conto del fatto che l’aveva fatta salire fin lì solamente per cacciarla subito dopo. Evidentemente anche la Jericho 2.0 non era molto meglio della precedente. E forse, se fosse stato un altro giorno ed un’altra persona, l’avrebbe trovato esilarante. “via libera raggio di sole, è stato un piacere conoscerti! Spero di vederti presto!” Uscì, rivolgendogli un sorriso vuoto ed un’occhiata di sottecchi, senza rispondere nemmeno a quel saluto. Ed aspettò che richiudesse la porta, per poggiarci la schiena ed il capo. Un sospiro le scosse il corpo esile, mentre alzava la testa chiudendo gli occhi. “Buonanotte, Jack” Sussurrò a bassa voce, in un soffio appena accennato. Quando le ginocchia smisero di tremarle, si rialzò spolverando i vestiti. Si allontanò dal proprio corpo, da ciò che era appena successo. Si staccò da tutto, fluttuando a pochi passi da sé stessa. Non voleva ricordare, non voleva sapere, non voleva essere. Non riusciva a combinarne una giusta, Jericho Karma Lowell, ed avrebbe solamente voluto un decimo dell’ottimismo di chi riusciva ad addormentarsi con la vacua consapevolezza che il giorno dopo sarebbe andata meglio.
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