can't remember to forget.

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  1. oh!PUZZO
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    « some people are worth melting for ... »


    Essere genitore è una responsabilità, un lavoro a tempo pieno. Strinse la foto di sua madre tra le dita lunghe, arricciandone involontariamente i bordi già di per se rovinati: presto non ne sarebbe rimasto nulla di quell'immagine, mangiata dal tempo e dalla polvere. L'angoscia del non sapere e la bruciante curiosità che provava nei confronti della donna che lo aveva messo al mondo e nove anni dopo abbandonato gli friggevano il cervello di giorno ed infestavano i suoi sogni la notte, quando tentava di dormire: da adolescente ormai non ricordava nemmeno più il suono della sua voce e tanto quanto lei ignorava lui, lui ignorava lei; non si preoccupava mai per quella donna che non chiamava nemmeno più mamma, ne si chiedeva mai dove si trovasse in quel momento e con chi, perchè se n'era andata. Eppure nei suoi occhi leggeva i propri, gli stessi gusti e gli stessi timori: futuro, passione, incertezze. Guardò Bea, seduta davanti a lui, presa dal suo libro: la fastidiosa ma affettuosa sorellastra che di punto in bianco si era ritrovato sembrava divertita dalla propria lettura e come sempre spensierata, con un sorriso quasi infantile dipinto sulle labbra. Il ragazzo socchiuse la bocca, cercando le parole adatte a formulare la domanda che da dieci minuti buoni gli frullava per la testa. « Bea. » Si schiarì la voce, roca per il prolungato silenzio. « Cos'hai pensato di me, la prima volta che mi hai visto? »

    Si sentiva ridicolo, a camminare per strada con quei fiori stretti tra le mani; la maglietta nera a maniche corte che indossava sotto alla giacca scura - inadatta al rigido clima di Londra sotto a Natale - gli fasciava il busto come una seconda pelle: ogni singolo muscolo del suo corpo asciutto veniva messo in risalto dal tessuto economico del capo, mentre le gambe snelle erano fasciate in un paio di jeans color fuliggine. Avanzava a passo svelto sulla neve sciolta dalla fitta pioggerellina che gli bagnava abiti e capelli, pettinati ordinatamente per l'occasione; aveva lavato la faccia ed aveva preso una gran quantità di camomilla prima di uscire di casa: quella situazione lo rendeva nervoso, agitato per il possibile risultato nefasto dell'incontro. Dopotutto, erano passati sette anni dal loro ultimo incontro: non si erano mai detti addio, ma un abbandono non si dimentica facilmente ed Amery si era spesso chiesto, da che aveva ricevuto la lettera materna, con che coraggio e per quale motivo sua madre lo avesse cercato proprio in quel momento. Distinte domande gli frullavano per la testa, questioni in sospeso che avrebbe cercato di affrontare quel pomeriggio a tavola: non andava solo a conoscere quello che era diventato senza preavviso il suo patrigno, ma anche a risolvere i dubbi che per anni lo avevano tormentato. Voleva risposte a tutti quei perchè che non solo lui pronunciava: molte persone attorno a lui si erano incuriosite nello scoprire la sua storia, la sua vita da bambino solitario: nonostante le domande fossero state rivolte più di una volta anche ai nonni di Amery, questi non avevano mai voluto risolverle. « Non sono affari nostri. » diceva sempre la madre di suo padre, ignorando l'espressione delusa del ragazzino o di chi le stava di fronte. Inspirò profondamente dal naso ed espirò, crendo una nuvoletta di vapore al limite del proprio naso; consultò il foglietto che stringeva in tasca, alla ricerca dell'indirizzo: era arrivato nella via indicatagli, mancava soltanto trovare il numero. Si trovava in un quartiere residenziale, per gente benestante, e per quanto cercasse non riuscì a scovare una casa che potesse dirsi brutta: giardini curatissimi, decorazioni natalizie ovunque; sentendosi verde, si riconobbe come il nuovo Grinch della zona. Sperò solamente che la nuova famiglia della madre non vedesse in lui tutti quei difetti che sua nonna continuava a ripetergli di dover eliminare: aggressività, lingua lunga e menefreghismo sopra ogni cosa. Trovata la porta giusta, bussò.


    Edited by oh!PUZZO - 13/8/2014, 18:53
     
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  2. Oh‚ beatriz!
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    Beatriz Dahlia Chandler [x]

    Corvonero-Neutrale

    Nella sala comune dei Corvonero, in quella giornata d'afa il silenzio incombeva tra le mura quasi come se non ci fosse nessuno all'interno, eppure non era così. Unico rumore udibile era causato dalle mani delicate e gentili che sfogliavano le pagine di un libro babbano ormai sgualcito tante le volte che era stato letto. Bea sedeva compostamente sulla sedia , i gomiti poggiati sul tavolo , i piedi scalzi come sua abitudine, il capo chino sul suo libro preferito e la presenza del suo fratellastro di fronte. Non era una novità che Amery non avesse molta voglia di intavolare una conversazione con lei, nel corso dei mesi precedenti si era ritrovata a cercare la sua compagnia e anche se spesse volte era taciturno e scorbutico cercava sempre il modo per farlo aprire affinchè potesse penetrare a poco a poco nel muro che aveva eretto con tutti. Per lei era come una sfida che sperava di vincere. A volte riusciva a intravedere i frutti dell'evolversi del loro rapporto nei suoi rari sorrisi, nelle sue domande inaspettate e nella quasi assenza delle smorfie di disappunto quando durante il giorno gli si sedeva accanto per raccontargli e per farsi raccontare la sua giornata. Era completamento presa dal libro quasi dimenticando la sua presenza come succedeva quando era persa tra avventure e drammi di personaggi mai esistiti realmente. Quella volta era il turno della drammatica e dolce storia d'amore tra Hazel e Augustus, protagonisti del suo libro babbano preferito. Preferiva di gran lunga i romanzi babbani che suo padre le regalava a Natale. Sfogliava le pagine con tanta delicatezza e dedizione quasi come se avesse timore che un rumore potesse interrompere quella dimensione di serenità che riusciva a raggiungere quando era immersa nella lettura. Una voce appena udibile le fece alzare di scatto il volto e chiuse il libro. Quasi non poteva credere che Amery le avesse rivolto quella domanda, non avevano mai parlato del loro primo incontro e neppure di quali fossero state le prime impressioni. -Come mai questa domanda Amery? - Riusciva a percepire la preoccupazione del fratellastro nelle dita che continuavano a sgualcire una foto. Allungò le mani e le poggiò gentilmente sulle sue, così grandi che ricoprivano completamente le sue e la foto ormai accartociata che Bea gli tolse di mano. -Smettila di tormentarti e parla con me. Sai che puoi farlo. Puoi fidarti di me Amery.- Bea non spostò gli occhi da quelle due sfere azzurre che un anno prima l'avevano catturata a prima vista. - La prima volta che ti ho visto ho pensato che fossi un ragazzo scontroso, scorbutico e menefreghista ma ti ho osservato attentamente e ho pensato che fossi solo e bisognoso d'affetto anche se non era quello che dimostravi. Sono stati i tuoi occhi a rivelarmelo. Ho pensato che ti fossi creato un muro per difenderti dagli altri, ma ancora non ho capito da cosa tu voglia difenderti. So che non sei solo aggressivo e taciturno. Ho pensato di voler tirare fuori il meglio di te.- Gli sorrise dolcemente prima di porgli la stessa domanda . - E tu? Cosa hai pensato della ragazza dal vestito verde e dalla coroncina di fiori tra i capelli la prima volta che l'hai vista?-

    Londra era magnifica più del solito nel periodo natalizio. Beatriz amava l'aria natalizia che si respirava tra le strade e in casa sua in quel giorno speciale. Aveva trascorso la notte in bianco aiutando sua padre con gli addobbi per la casa e cospargendo di fiori il maestoso albero di natale al centro del salone e camera sua, già totalmente piena di decorazioni floreali. Da quando, a undici anni, si era trasferita da suo padre Aidan e la sua nuova compagna aveva cercato di ambientarsi come meglio poteva iniziando a creare un rapporto padre-figlia e matrigna-figliastra. Amelie le era sembrata una donna dolce e comprensiva anche se c'era qualcosa nel suo sgurdo che non le convinceva affatto. Con suo padre aveva un ottimo rapporto, erano uno la fotocopia dell'altro e avevano molti interessi in comune, la religione wicca era uno tra questi. Beatriz era in ansia, quel Natale sarebbe stato diverso dagli altri grazie all'arrivo in famiglia del figlio di Amelie, e quindi suo fratellastro. Aveva sempre desiderato di avere qualcuno con cui confidarsi , qualcuno di cui fidarsi davvero.Non badava mai ossessivamente al suo aspetto esteriore ma quella mattina fredda di Dicembre aveva deciso di indossare il suo abito di lana preferito, era verde e le arrivava sopra le ginocchia. I capelli scuri erano raccolti in uno chignon disordinato dal quale spuntavano ciocche di capelli sui quali aveva poggiato una coroncina di fiori bianchi. I piedi erano nudi e il volto pulito senza nessun tipo di trucco. Al suono del campanello corse alla porta spalancandola esibendo un sorriso ebete che si affievolì di fronte la presenza di un ragazzo della sua stessa età con capelli scuri e occhi azzurri ghiaccio. Pensò che fosse il ragazzo più bello che avesse mai visto, ma osservando meglio potè scorgere sul suo volto la disapprovazione di essere lì. Non potè fare a meno di arrossire restando immobile a fissarlo in volto . Dopo alcuni minuti che sembrarono un 'eternità Bea esibì un timido sorriso notando che il fratellastro aveva tra le mani un mazzo di fiori. -Ciao Amery. Io sono Beatriz, ma chiamami pure Bea- Allungò la mano tremante verso di lui sperando che non la rifiutasse . - Grazie per i fiori! Mi piacciono molto- senza neppure chiedersi se fossero per lei oppure no li prese dalle mani del ragazzo e se lì avvicinò al naso per sentire il loro sublime profumo. -Oh! Non ti ho neppure fatto entrare. Entra pure. Papà?! Amelie?! Amery è qui!.-
    narrato - parlato - pensato
    codice role © Akicch; NON COPIARE - WANT YOUR OWN? GET IT

     
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1 replies since 4/8/2014, 14:16   147 views
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