se soffri, sei vivo.

sherry

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    Andrew Stiles Stiliski
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    «To hurt is as human as to breathe.»


    Quella mattinata era iniziata come tante altre. Le persone credevano che le volte in cui sarebbe accaduto qualcosa di negativo durante la giornata, ne avrebbero avuto sentore al mattino. Ma non era affatto così: le cose brutte succedevano indipendentemente dal piede con cui si era scesi dal letto. Potevi anche essere la persona più felice del mondo, un minuto prima che il pavimento sprofondasse sotto i tuoi passi. O forse era solo la visione pessimistica di Stiles, il quale ormai era abituato a mettersi a letto la sera ringraziando di essere ancora vivo. C’erano momenti in cui ne dubitava fortemente: attimi in cui si aggrappava alla vita e la vedeva scorrere sotto di sé impetuosamente. Il suo primo pensiero era per il padre: privato della moglie dalla nascita del figlio, se avesse perso anche lui, sarebbe stata una beffa assai poco divertente perfino per Stilinski, cui senso dell’umorismo era davvero criptico.
    Sapeva di non piacere a molte persone, Stiles. Non era solo per il fatto che fosse un lurido mezzosangue, era il suo atteggiamento a dare sui nervi. Ne era consapevole perfettamente, in un modo così netto che a volte si chiedeva perché semplicemente non la smettesse di essere sé stesso per un po’. Almeno il tempo di guarire dalle percosse precedenti prima di ricevere nuovi colpi. Però non riusciva proprio a trattenersi: anche quando cercava di stare buono per i fatti suoi, le persone gli mostravano le battute su un piatto d’argento. Cosa avrebbe dovuto fare, ignorare un simile atto di generosità? Non sia mai. Lui accettava sempre di buon grado i regali fatti con sentimento. E poi, ragionava sul fatto che ne valeva la pena. Valeva la pena svegliarsi con graffi nuovi, o lividi in zone del corpo che non sapeva di avere, pur di assaporare quell’effimera sensazione di potere data dall’espressione sul viso dei suoi aguzzini prima che iniziassero ad avvicinarsi con intenzioni bellicose.
    Non era uno stupido Stilinski, anche se le persone pensavano il contrario. Sapeva che non avrebbe dovuto mettersi contro Fire, cui nome di battesimo gli era sconosciuto, ma che tutti chiamavano in tal modo. Un tipo dell’ultimo anno, Grifondoro. Law gliel’aveva detto di tenere a freno la lingua quando lui era nei paraggi, ma se c’erano cose che non si sarebbero dovute fare, state pur certi che lui le avrebbe fatte. Fire era un ragazzo che definire tracagnotto sarebbe stato un complimento. Era una Puffola Pigmea rasata, cui intelligenza superava di poco quella del suddetto animale. Dalla sua aveva però una forza bruta, ed un antico lignaggio che tutti prendevano sul serio. Meno Stiles, chiaramente, che di lignaggi di maghi ne sapeva assai poco.
    Lui e la sua migliore amica, l’unica cui pareva stare a genio, erano seduti sulle rive del Lago Nero a godere dei radi raggi di sole, mentre il libro di Arti Oscure sembrava quasi rilucere fra loro, a ricordargli che erano lì per studiare.
    Il primo uccello di carta che gli si posò sulla spalla, non lo irritò particolarmente. Vide Lilith irrigidirsi al suo fianco, probabilmente aveva visto qualcosa che a lui non sarebbe piaciuto. Il secondo si fiondò sul suo viso, ferendolo con un’ala particolarmente acuminata. Un graffio superficiale, nulla di preoccupante. Non ebbe quasi il tempo di perdere sangue, che si era già coagulato. Il terzo ed il quarto uccellino di carta che si schiantarono sulla sua nuca, però, non erano più divertenti. Si voltò lentamente, ed incontrò lo sguardo malvagio della Puffola , che si stava avvicinando a loro. “Mezzosangue, mi stai rubando gli appunti di Pozioni?” Pure la voce sembrava dover prevenire da una creatura più piccola, rispetto al colosso che si trovava di fronte. Sentì Law emettere un verso strozzato, mentre non potè trattenersi dal fare una battuta che il suo interlocutore nemmeno avrebbe capito. “Strano che queste entità di carta non ti siano rimaste appresso, pensavo esercitasti una forza di gravità tutta tua. Sicuro che non siano tuoi satelliti?” distrattamente, mentre sul viso di Fire si disegnava una smorfia confusa, prese un uccellino e lo rifece diventare foglio. Notò scritti alcuni appunti in una grafia quasi illeggibile. “E perché mai dovrei rubarti gli appunti, poi? Non sapevo che privando le Puffole del loro pelo, si ottenesse un’intelligenza invidiabile”
    Proprio in quel momento passò loro affianco l’insegnante di Corpo a Corpo. Parve interessato alla conversazione, e si fermò lì vicino. Andrew non diede peso alla questione finchè non vide confabulare Fire con il suddetto docente. E quando questi glii rivolse un sorriso sprezzante, capì di aver sbagliato qualcosa riguardo alle Puffole. Mai fidarsi del loro aspetto tenero, erano delle bastarde senza cuore.
    “Rubare gli appunti ad un compagno, è un reato grave, Stilinski”
    Avrebbe dovuto obiettare, ma non ne avrebbe cavato un ragno dal buco. Il professore non avrebbe mai creduto al Tassorosso, era la parola di un mezzosangue contro quella di una Puffola addestrata. Inoltre, Stiles non avrebbe mai dato la soddisfazione di far vedere il terrore sul suo viso, sapendo quanto lo aspettava. Intimò a Lawrence di tacere con un gesto della mano, mentre un sorriso sghembo sorgeva sulle sue labbra. “Chiedo venia, ma quando ho visto questi appunti eccelsi non ho saputo resistere. Insomma, li guardi” gli porse i pochi appunti scribacchiati in cima alla pagina. “Lei cos’avrebbe fatto al mio posto?”

    Stiles non seppe mai cosa avrebbe fatto l’insegnante, perché l’unica cosa che fece fu quella di agguantarlo dalla divisa e portarlo in Sala delle Torture. Lo buttò per terra quasi non fosse stato altro che un sacco dell’immondizia, anche se probabilmente avrebbe ritenuto quest’ultimo degno di più garbo. Senza che Andrew facesse resistenza, gli ammanettò i polsi al muro, in una posizione di per sé troppo elevata per risultare comoda, e gli sputò addosso. Sentì la saliva sulla guancia destra, e cercò di asciugarsi come poteva con l’aiuto della spalla. “L’avevo detto alla preside, che quelli come te non avrebbero dovuto ammetterli a scuola. Tutti quanti al falò, dovreste andare.”
    Effettivamente, era da un po’ che il Tasso non cuoceva marshmallow su una spiaggia.
    Si dice rogo” si pentì della correzione solamente quando il calcio ben assestato del professore lo raggiunse alle costole, lasciandolo dolorante e senza fiato. Uscì chiudendo la porta dietro di sé.
    Il ragazzo sapeva per esperienza che il divertimento doveva ancora iniziare: il professore era andato a cercare qualcuno di più adatto a fare da carnefice, qualcuno che fosse più bravo di lui probabilmente. A Stiles toccava solamente aspettare. Quasi sperò che si trattasse di Gerard, non era poi molto bravo con la frusta.. un rumore lo fece voltare. Dall’altra parte della stanza notò una ragazza che prima non aveva visto, ammanettata come lui ma al muro opposto. Da lontano, poteva scorgere solamente la chioma bionda: non poteva essere un ragazzo, nemmeno l’amichevolmente chiamato Raffaella aveva i capelli così lunghi. “Ehilà. Se sei viva e tu lo sai, batti le mani.” Dato che era ammanettata come lui, sapeva benissimo che era impossibile farlo. Era una battuta di cattivo gusto, degna di quei sadici che ridevano dei t-rex poiché incapaci di mettersi un cappello.


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  2. Sherry Regan
         
     
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    Sherry Regan
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    «Nel dubbio vive ancora la speranza, nella certezza muore anche l'illusione»

    Caldo e umido. Sì, quelle sembravano essere le uniche due cose che la Regan fosse in grado di percepire. Ormai non sapeva più nemmeno lei quante ore erano passate da quando Malfoy l'aveva trascinata nella sala delle torture.
    Forse era mattina, forse era ancora notte. Non lo sapeva, aveva perso la cognizione del tempo.
    Il corpo inerme della tassorosso era appeso per i polsi, ormai segnati dalle manette, al muro di mattoni, i capelli biondi ricoperti di sangue le ricadevano sulle spalle coprendole di tanto in tanto il viso evidentemente provato, le labbra erano gonfie e livide, mentre dallo zigomo destro il taglio ancora aperto buttava sangue.
    quella settimana aveva battuto il record: su cinque giorni, due li aveva passati a farsi malmenare in quella stanza orribile. Di solito finiva lì dentro una volta a settimana, in modo che il suo corpo avesse il tempo di riprendersi, ma quella volta non era andata così.

    Era appena finita la cena e la Regan, con il suo solito fare delicato si stava recando nella sala comune dei tassi, quando il suo corpo si scontrò con quello di un ragazzo.
    Grifondoro per l'esattezza, visto il cravattino rosso e oro. Lui, invece di accettare le scuse della tassa cosa pensa bene di fare, se non tirarla in piedi con una strattonata di capelli?
    Okei, doveva guardare in giro prima di darsi alle corse clandestine per i corridoi, ma aveva chiesto scusa..
    E prendere una ragazza per i capelli non era stato certamente un gesto molto galante da parte del ragazzo senza nome.
    Peccato che Malfoy, lo scemo col mocio, avesse assistito solo al continuo, ovvero al momento in cui Sherry, dopo aver spolverato la propria gonna si alza da terra e tira un cazzotto in pieno stomaco al grifone.
    Ovviamente a nulla erano servite le giustificazioni della Regan, che per l'appunto si era fatta rinchiudere nella sala delle torture anche il giorno prima.

    Due tizi erano stati assoldati per la sua punizione. Mentre uno si divertiva particolarmente a sfondarle lo stomaco con i pugni, l'altro per poco non si sedeva su un divanetto con tanto di pop corn per godersi la scena.
    Viscidi.. L'avrebbero sicuramente pagata un giorno o l'altro.
    Poi se n'erano andati, lasciandola da sola per un po' di tempo..
    La Regan si era quasi addormentata quando la porta di legno si era aperta nuovamente, lasciando entrare un altro studente, che a quanto pare doveva averla combinata grossa.
    Un paio di cazzotti anche per lui, per poi uscire a cercare qualche altro pezzo grosso che continuasse il lavoro appena iniziato.
    La voce non le suonava nuova, ma in quello stato era meglio non dare nulla per scontato.
    “Ehilà. Se sei viva e tu lo sai, batti le mani.”
    La Regan fece uno sforzo notevole per tirarsi su dalla posizione in cui era: voleva guardare nel viso il ragazzo che aveva parlato.
    Sentiva le costole scricchiolare e non era un buon segno. Tuttavia aveva la vista un po' annebbiata e non riusciva a focalizzare la persona, attaccata al muro opposto al suo.
    -Hai ancora fiato per fare del sarcasmo?? Beato te..- esordì la Regan dipingendo sul proprio volto un sorriso, anche se spento.
    -Lo sai che non hanno ancora finito vero?- continuò cercando di far comprendere al ragazzo davanti a lei che c'era poco da scherzare.
    Se avesse continuato così si sarebbe fatto male, molto male.
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    Edited by Sherry Regan - 15/8/2013, 15:36
     
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    Durante le vacanze, Stiles andava a casa dal padre. Non poteva dirgli cosa accadeva realmente ad Hogwarts, o nel mondo magico in generale: era una regola. Anche avesse potuto farlo, non l’avrebbe mai trascinato volontariamente dentro tutto quello. Lui poteva sopportarlo –qualche tortura, qualche ferita qua e là, minacce di morte ricevute pressochè ogni giorno da qualunque persona dotata di un apparato cardiaco funzionante – , ma non avrebbe mai obbligato George ad affrontare quello che lui era obbligato a fare. Quindi si comportava da normale adolescente, rispondendo male ed uscendo senza dire dove fosse diretto. A volte si chiedeva distrattamente cosa ne avrebbe pensato sua madre, ma soffocava la domanda sotto chili di pop corn e litri di tequila. Quello che George non sapeva, era che Stilinski Junior andava nelle panchine del parco vicino a casa, a leggere quello che gli capitava a tiro. Per curiosità, aveva preso un libro che spopolava fra la popolazione babbana, ma che certamente non avrebbero disdegnato nemmeno le zitelle dotate di capacità magiche, se solo non fossero state così bigotte. Un libro che insegnava tante cose, se eri interessato al rapporto di dominante e sottomesso, o qualcosa del genere. La cosa che più era rimasta impressa a Stiles, era il piacere che provava la protagonista ad essere legata. L’aveva fatto dubitare seriamente della sanità mentale dell’intero universo: si era accarezzato distrattamente i polsi, dove avrebbero dovuto esserci i segni delle manette, pensando che forse avrebbe potuto andare lei ad Hogwarts, se la cosa le piaceva tanto. Fruste, o altre cose strane dotate di un forte potere distruttivo? Ben venga signorina! Probabilmente il buon vecchio Gerald non aspettava altro. Chissà se a lei la pratica sarebbe piaciuta comunque, se l’ aguzzino fosse stato strabico, basso, tarchiato e dall’alito pesante. Non che Gerald fosse così: lui non aveva l’alito pesante. Lui puzzava e basta, come di biancheria sporca rotolata in un campo appena concimato. Probabilmente lo tenevano segregato nei bidoni dell’immondizia, e lo facevano uscire solamente quando la sua presenza era richiesta nella sala delle torture. Pover’uomo, probabilmente non sapeva nemmeno a cosa servisse una saponetta. Se ce l’avesse avuta fra le mani, l’avrebbe usata come oggetto contundente.
    Con la schiena pigiata contro le pareti della sala, e le braccia che cominciavano a formicolare, pensò a quella ragazza che trovava tutta la pratica eccitante. Insomma, wow. Stilinski quasi non riusciva a nascondere il suo entusiasmo.
    Oh, per Merlino, no: un prurito al naso no. Cioè, con tutti i momenti in cui quel maledetto doveva prudergli, proprio mentre le mani erano impossibilitate a grattarlo? Cercò di ignorarlo, guardando altrove e pensando a qualche canzoncina che lo distraesse, ma era impossibile. Quando non ne potè più, cercò di piegare le gambe –caviglie legate fra loro, ovviamente- e di avvicinare più che poteva il ginocchio al viso. Si sentiva un contorsionista. Se fosse riuscito a grattarsi il naso, giurò a se stesso che finita Hogwarts sarebbe entrato in un circo.
    Fu proprio mentre era impegnato in quella lotta all’ultimo sangue, che gli giunse una voce, in seguito ad uno sferraglio che sarebbe stato bene all’inizio di un film horror. “Hai ancora fiato per fare del sarcasmo?? Beato te..” Quando la chioma bionda fu seduta, e quindi visibile dalla sua posizione, Stiles dimenticò perfino il prurito al naso, e la guardò a bocca spalancata. “Lo sai che non hanno ancora finito vero?”
    La bocca spalancata si tramutò in una risata leggermente soffocata. “Sherry Regan, che bello trovarti qui! Ti stavo proprio cercando.. non ho trovato un modo migliore per venirti a salutare, così ho pensato di farmi ammanettare un po’” mimò un morso, lasciando aleggiare sulle labbra un mezzo sorriso. Non che fosse divertito seriamente, ma aveva ben poche cose da fare al momento. “Non hanno ancora cominciato. Fidati, lo so” rispose con un’amarezza che sorprese perfino lui. Evidentemente, perfino lui aveva dei limiti: incredibile! Ah, non avrebbe mai finito di stupirsi di sé stesso.
    Il prurito al naso tornò insistente, motivo per cui con un ultima spinta Stiles riuscì a piegare le ginocchia e ad allungare il collo per grattarselo. Lasciò uscire un mugolio di piacere. “Questa, è la vera tortura: il prurito al naso quando non puoi grattartelo. Mai successo?” si zittì immediatamente quando sentì la porta cigolare sui cardini, e ne sbucò un uomo vestito completamente di nero. Chissà, magari era la versione maga dei men in black del governo statunitense. Se però non aveva gli occhiali neri, non valeva un soldo di cacio.
    Gli rivolse un ghigno poco rassicurante. “Prurito al naso.. tu sei idiota”
    No, quella è tua madre: io sono Stiles.
    S’impedì di rispondere, e si limitò ad abbassare lo sguardo sulle piastrelle, conscio di quanto stava per accadere. Strinse i denti, e si sentì in imbarazzo perché la sua caposcuola avrebbe dovuto assistere a tutto quello. Ma i passi si stavano allontanando: stavano andando dalla giovane Tassorosso. Stiles non sapeva se esserne egoisticamente grato, oppure maledire il fatto che su quella parete fosse accasciata Sherry e non Fire. Forse poteva fare entrambe le cose. Aguzzò l’udito cercando di cogliere la conversazione fra i due, ma non aveva mai avuto i sensi particolarmente sviluppati. Cosa che i professori non mancavano di fargli notare. “Su, dicci tutto quello che sai. Canta!” la voce dell’uomo giunse alle orecchie di Stiles ricordandogli due rocce che sfregavano fra loro, e che si divertivano a farlo. Forse la sua fantasia era troppo sviluppata. “You are my suunshine, my only sunshinee, you make me happy, when skies are grey!”
    Non si accorse di aver cantato ad alta voce, finchè l’uomo non si voltò nella sua direzione. Non era mai stato un tipo particolarmente coraggioso, né tanto meno uno che si sacrificava per gli altri. Ci teneva alla sua vita, se non per sé stesso sicuramente per suo padre. A volte però non riusciva ad impedirsi di fare qualche battuta stupida e fuori luogo, nel momento e nel luogo sbagliato. Ormai non se ne rendeva più conto, le cose uscivano spontaneamente dalle sue labbra. L’occhiata del quasi man in black lo trafisse. Si inumidì le labbra secche: ormai c’era dentro fino al collo, tanto valeva esagerare! Le cose o si fanno per bene, o non si fanno. “Non ti piace il genere? Posso cambiare”
    Avanzò verso di lui a passo deciso: ops.


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    lo so, non è esattamente il tipo di ruolata che si è soliti fare, ma io sono un tipo alternativo (?) Indi ti do piena di libertà di dire cosa fa, o non fa, il man in black al mio stiles c: fammelo sopravvivere però, per favore ahaha
     
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2 replies since 12/8/2013, 02:00   306 views
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