claustrofobia.

keanu larrington

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    Maeve Winston
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    «Il codardo è uno che prevede il futuro. Il coraggioso è privo d'ogni immaginazione.»

    Hogwarts è casa mia. Hogwarts è casa mia.
    Quella frase era come un mantra per me, continuavo a ripetermelo cercando di autoconvincermi che fosse così. Avrebbe dovuto essere così. Per mia madre era stata come una seconda casa.. perlomeno, questo è quello che mi ha sempre raccontato, nonostante non si ricordasse molto del suo periodo trascorso a scuola. Il che era strano.. ma Wynne di certo non brillava per la sua memoria, quindi non dubitavo eccessivamente della sua parola. Quando mi era arrivata la lettera, non vedevo l’ora di entrare e vedere con i miei occhi com’era quel mondo di cui tutti avevano nostalgia. Cosa poteva mai avere di così speciale? Ovviamente, subito fa il suo effetto. Lo faceva su di me, figurarsi su coloro che fino a quel momento non sapevano neppure dell’esistenza della magia. Eppure non era come avevo sempre immaginato.. era come se persino respirare fosse sbagliato. C’era un silenzio innaturale, rimbombavano solo i passi dei ragazzi del primo anno. In sala Grande, il silenzio assoluto. Ho capito successivamente quale fosse il motivo: il primo giorno di scuola, gli studenti erano tenuti a mantenere il silenzio, pena un pomeriggio nella Sala delle Torture. Come tutti, anche io durante la mia permanenza vi avevo passato un pomeriggio, e non lo augurerei a nessuno.
    Ormai ero all’ultimo anno, eppure Hogwarts mi faceva sempre l’effetto di essere indesiderata, come se fossi un estraneo che si infila in casa di qualcun altro. Era un senso di disagio che rimaneva sulla punta della lingua, come il gusto dolce amaro del whisky incendiario. Per questo ogni volta che potevo sgattaiolavo via dal castello, rifugiandomi nella Stamberga Strillante ad Hogsmeade. Al secondo anno ho scoperto il passaggio segreto dal Platano Picchiatore, e da quel momento ho usufruito sempre di quello per spostarmi da una parte all’altra. Non era esattamente una passeggiata di divertimento, ma di certo era più sicura della via principale.
    In quel momento, avevo bisogno di scappare. Sapevo benissimo che ciò da cui stavo scappando mi avrebbe seguito ovunque, ma non potevo semplicemente stare lì con le mani in mano, dovevo avere la sensazione di star facendo qualcosa di utile per liberarmi di quell’assurda sensazione. Come se stare in movimento potesse impedirmi di provare quell’angoscia insensata. Mi obbligai a fare dei respiri profondi, quindi mi avviai verso il Platano. Presi un lungo ramo e lo usai per premere il bottone dalle radici, il quale fece fermare il movimento dei rami; frettolosamente mi calai attraverso il pertugio, sporcandomi la divisa di terra. Con una smorfia, scrollai il grosso a terra, ed incurvando la schiena percorsi quel corridoio ormi così familiare.
    La porta dava direttamente al piano superiore, del quale ormai conoscevo ogni angolo. Le finestre barricate da alcune travi marcescenti, il grande divano color porpora, il basso tavolino di legno, l’armadio con l’anta sinistra rotta posto vicino alla finestra. Con un sospiro mi tirai su, scuotendo la divisa per liberarla dei grumi di terra. Mi sedetti sul divano logoro e poggiai la testa sullo schienale. Se non fossi mai andata l’, probabilmente non l’avrei fatto, intimidita da ciò che poteva essere stato a contatto con quella superficie. Ma le pulizie le avevo già fatte, e speravo vivamente di non doverle fare per un po’: non mi piace pulire per terra, dopotutto è per questo che esistono gli elfi domestici, no?
    Chiusi gli occhi un attimo, avevo bisogno di pensare. Non sapevo esattamente a cosa, ma di sicuro dovevo pensare.
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    Edited by mephobia/ - 14/1/2018, 17:08
     
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    Keanu Larrington
    • ETà:26

    «Le persone solitarie si sentono sole solo in compagnia.»



    Tempi bui nel mondo magico, più bui di quanto Keanu si fosse mai aspettato, tutto ciò per cui aveva vissuto, la paradossale realtà in cui era stato immerso da ragazzo, si era scossa bruscamente alla notizia di un mondo migliore e purtroppo passato. Ormai era da qualche anno che faceva parte della Resistenza, e il resoconto delle loro azioni non era così piacevole, segni di miglioramento: pochi, pochissimi, diamine, era davvero così difficile instaurare, un'ideale di vita così differente e migliore, nelle menti delle altre persone nate e cresciute sotto un regime senza senso? Evidentemente si... Evidentemente la paura era tanta e molti erano consapevoli del fatto che, al minimo sbaglio, di certo il governo non avrebbe mandato loro un bel trattamento termale. Keanu si riteneva uno di quei pochi... coraggiosi, o svegli, o noncuranti, o forse stupidi che faceva parte della Resistenza.
    Il suo chiodo fisso era sempre quello, rendere felice Bill, vedere qualcosa di migliorare, collaborare con quella grande famiglia che era diventato ormai quel gruppo di ribellione.
    Il mondo intorno a se era diventato un angusto spazio opprimente, doveva riuscire ad evadere totalmente, a cambiare la situazione, ma al momento l'unico momento in cui riusciva a farlo era rispondere alle sue, di domande. Concedere un po' di tempo a se stessi, era quello di cui aveva costantemente bisogno e quale luogo migliore se non la Stamberga Strillante?.
    Keanu da studente di Hogwarts non si recava mai in questo posto, pur sapendo il passaggio segreto, gli si accapponava la pelle solamente sentendo alcuni racconti e perciò non vedeva sinceri motivi per cui visitarla, aveva cominciato a frequentare quel luogo da quando la licantropia era entrata nel suo ego, ogni volta, durante la settimana prima del plenilunio, si recava lì, solo, a guardare la Luna, di certo non ci andava quando avveniva la sua trasformazione, troppo scontato, molta gente stupida e curiosa poteva avvicinarsi a quel posto solo per vivere l'esperienza di vedere un lupo mannaro con i propri occhi, e di certo egli non voleva essere la star principale di quel patetico spettacolo.
    Semplicemente ,quando gli andava, dedicava qualche parola alla Luna e rifletteva in solitudine, in pace con se stesso, nell'unico ambiente che sembrava riuscisse a contenerlo senza opprimerlo.
    Lavorando ad Hogsmeade la strada per la Stamberga la conosceva praticamente a memoria. Quindi, boccheggiando la sua pipa d'ebano si incamminò attraverso le stradine accoglienti della cittadina, il passo era lento, i suoi sguardi intorno rapidi, non poteva concedersi attimi di distrazione, o perlomeno fino a quando non avesse raggiunto la sua meta. Indossava il suo classico smoking nero, molto elegante, scarpe nere appena lucidate, una cravatta a righe marroni e blu, gli dava fastidio sporcare quel completo perfetto, ma era il piccolo prezzo da pagare e ormai era abituato all'alone di polvere che vi era all'interno. Allontanandosi dal centro della cittadina, in alto, su di una collinetta, si poteva scorgere la Stamberga Strillante, bastava percorrere lo stretto sentiero di terra secca transennata ai lati con fili spessi e rugginosi di ferro, e dopo una breve salita fatta a stento, data la costante aspirazione di tabacco dalla sua pipa, Keanu arrivò. Ecco quella che era ritenuta: "la casa più infestata di spiriti della Gran Bretagna", dicerie del luogo che Keanu dal canto suo, continuava ad alimentare, piccole balle che servivano a tenere lontani bambini e curiosi, di certo l'aspetto esterno non era dei più invitanti e confortanti, e ciò era confermato anche dall'interno, a primo vista, in effetti, la casa non giocava un buon impatto su di un ignaro visitatore, tutt'altro.
    Con la pipa in bocca guardò il cielo, la notte tardava ad arrivare, sperò di vedere al più presto la Luna, ne sentiva un bisogno impellente per curare il suo animo.
    Spingendo la malridotta porta entrò, lo accolse il pavimento scricchiolante e vari rumori di incerta natura ai piani superiori, le ragnatele ormai avevano preso il possesso di quel luogo, tutto era in via di decomposizione, anche i quadri erano solamente delle tavolozze monocromatiche di polvere.
    Scrollandosi la prima polvere già depositata sulla spalla si avvicinò alle scale per raggiungere il piano superiore, la sua meta, i suoi passi risuonavano per tutto l'edificio e le pericolanti scale cigolavano ad ogni passo, evitò di reggersi al polveroso corrimano per raggiungere la seconda porta.
    Con un sospiro entrò fissando il pavimento , quando rialzò gli occhi, trovò una sorpresa, una ragazza, una palese studentessa, seduta sul divano color porpora, attimo di stupore, tutti i suoi piani di solitudine andarono in frantumi, ma non si diede per vinto, forse poteva rivelarsi un incontro interessante, ma d'istinto non diede tanto corda all'evento, facendo due rapide aspirate di pipa a bocca aperta disse:-Oh, vedo di non essere il solo frequentatore, non preoccuparti, non darò fastidio e se sei una studentessa in fuga non farò la spia.-.
    Aggiustando la cravatta si recò alla finestra barricata di assi di legno, da cui filtravano vari spiragli di luce, tentò di scrutare il paesaggio esterno, continuando a produrre nuvole di fumo dalla bocca.


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    «Il codardo è uno che prevede il futuro. Il coraggioso è privo d'ogni immaginazione.»

    Avevo poche amicizie ad Hogwarts, ma tante conoscenze. Era difficile occupare la posizione di caposcuola, ed al contempo ignorare lo studentato di Hogwarts; impossibile. questo aveva reso più arduo il compito assegnatomi: essere una studentessa provetta aveva i suoi vantaggi, è vero, ma gli svantaggi superavano di gran lunga gli aspetti positivi. La maggior parte delle persone che mi accingevo a torturare mi conoscevano. Mi conoscevano, mi rispettavano, mi temevano o mi adoravano.. ma in qualunque caso, sapevano benissimo quello che ero in grado di fare. Quello che dovevo fare, e che avrei fatto senza alcun rimorso. Perché per il dolore inflitto agli altri, io, di rimorso non ne avevo mai provato. Mi angustiava invece il pensiero di provare piacere nell’infliggere dolore a persone che mi conoscevano, e con cui magar avevo scambiato qualche battuta durante l’ora di Storia, o chissà che altro. Persone con le quali magari ero andata a bere qualcosa, o a ballare al Fiendfyre. Magari avevamo fatto i compiti insieme, o scherzato sul buffo berretto di Jerry lo Sfigato, il Grifondoro più fifone della storia.
    Ed invece ero costretta a torturarli mentre loro mi imploravano pietà. Sentivo le loro grida giorno e notte, come se avessi delle cuffie invisibili che mi riproponevano sempre le stesse scene.. e me ne compiacevo. I che, con i tempi che correvano, avrebbe dovuto essere oltremodo positivo. Ma io.. sentivo che qualcosa non quadrava, che non era quello che avrei dovuto fare, non era quello che ci si aspettava da me. Il problema è che non sapevo cos’altro avrei potuto fare. Era come essere costretti a scappare, e sapere che l’unica strada a nostra disposizione è il corridoio da cui siamo appena arrivati.
    Un rumore al piano di sotto attirò la mia attenzione: qualcuno aveva aperto la porta della Stamberga Strillante, e adesso si stava dirigendo al piano superiore.. ossia dritto dritto verso di me. Non si sapeva mai chi si poteva incontrare, poteva essere uno che era finito nel posto sbagliato al momento sbagliato, oppure qualcuno che stava cercando esattamente me. Ovviamente, io speravo nella prima ipotesi. Impugnai la bacchetta onde evitare fraintendimenti che avrebbero potuto causarmi dolore nel migliore dei casi, morte in quelli peggiori. Non era un pensiero esagerato, ero stata cresciuta con la consapevolezza che in qualunque momento avrei potuto perdere la vita. Era qualcosa di scontato ormai, non ci si faceva nemmeno più caso.
    Quando la porta si spalancò, puntai la bacchetta verso il nuovo arrivato.. che senza ombra di dubbio era un uomo, e decisamente vestito in modo particolare per essere un mago. Sembrava più un babbano, uno di quelli che lavoravano in importanti aziende e che spesso e volentieri si vedevano alla televisione. Ovviamente a Tralee avevo un televisione, altrimenti cosa avrei fatto tutto il tempo in quel posto dimenticato dal signore? quando potevo, passavo del tempo con Liam dato che abitava a pochi passi da casa mia. Incredibile trovare un altro mago in un paese così piccolo. Ma a mio padre la nostra amicizia non era mai piaciuto.. diamine, a mio padre non andava mai bene niente. Non mio cugino, non i miei amici.. beh, non aveva avuto da ridire su Lilian Whole, il che era qualcosa di sorprendente per un uomo come lui. Siamo chiari, adoravo mio padre, ma spesso e volentieri litigavamo e ci tenevamo il muso per giorni interi, finchè mia madre non si decideva a fare da paciere. I miei erano raramente a casa, con tutto il lavoro che avevano da fare in giro per il Mondo, ma quando c’erano non potevamo fare a meno di litigare.
    Squadrai il nuovo arrivato partendo dalle lucide scarpe nere fino ad arrivare alla pipa che teneva fra le labbra, e l’occhiata che gli lanciai non era esattamente amichevole. Diffidente era dire poco. Se c’era una cosa che avevo imparato nel corso della mia vita, era di non fidarsi di nessuno, per nessuna ragione. Io qualche eccezione l’avevo: persone per cui avrei rischiato al vita, sapendo che per me –probabilmente- avrebbero fatto lo stesso. Ma era una fiducia acquistata con il tempo e con tanta fatica, che di certo non riservavo agli sconosciuti. La bacchetta rimase puntata verso l’uomo, nonostante questi fosse rimasto tranquillamente sulla soglia a fumare la pipa. “Oh, vedo di non essere il solo frequentatore, non preoccuparti, non darò fastidio e se sei una studentessa in fuga non farò la spia.”
    Detto questo, si avvicinò alla finestra, continuando a fumare con non curanza la pipa. Cominciavo a sentirmi stupida con la bacchetta ancora puntata verso qualcuno che non si degnava nemmeno di guardarmi. Aggrottai le sopracciglia e sbuffai, riponendo la bacchetta ma tenendola sempre a portata di mano, pronta all’azione. “Beh, dovrebbe. E’ quello che il mondo magico si aspetta da lei: che faccia la spia, che lo riferisca alla Preside. Il fatto che non lo faccia, potrebbe mettere lei in pericolo”
    Non sapevo perché me nero uscita con quella frase, dopotutto nemmeno lo conoscevo, e non mi ricordavo di averlo mai visto.. anzi no, aspetta. A guardarlo bene, con la poca luce che filtrava dalle finestre sprangate, aveva un non so che di familiare.. ma certo, era il proprietario della Testa di Porco! Non che in quel momento fosse un particolare rilevante, ma perlomeno non ero nemmeno totalmente impreparata sulla persona che mi si parava davanti: questo è da sempre un vantaggio fondamentale, perché invece lui di me non sapeva niente.
    Probabilmente.

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    Keanu Larrington
    ETà:26
    «L'eccezione conferma la corruzione.»

    Una bacchetta puntata contro non era il massimo dell'accoglienza e neanche lo sguardo diffidente della ragazza era un cordiale benvenuto, ma se ne fregò di tutto questo, più che altro perchè, essendo empatico, riuscì a capire al volo lo stato d'animo della ragazza e quindi il suo lecito stato di allerta. In fondo lei era sola, in un luogo tutt'altro che accogliente e frequentabile ed aveva visto entrare un ragazzo, senza motivo, senza neanche conoscerlo, una reazione del genere era dovuta, obbligatoria, istintiva. Keanu non poteva di certo reagire in altro modo, in fondo anche lui si sentiva privato del suo spazio, sicuramente in maniera diversa, ma la cosa non gli dispiacque affatto, si precipitò alla finestra per cercare di guardare all'esterno, continuando a stringere tra le labbra la sua pipa d'ebano e non curandosi affatto di avere una bacchetta costantemente puntata verso di lui. Inoltre gli sembrò di aver messo le mani avanti fin dall'inizio, non vedeva perchè la situazione dovesse peggiorare, a meno che la ragazza non fosse stata una Mangiamorte, ma era qualcosa da escludere e la risposta che ascoltò spinse la ragazza definitivamente altrove:-“Beh, dovrebbe. E’ quello che il mondo magico si aspetta da lei: che faccia la spia, che lo riferisca alla Preside. Il fatto che non lo faccia, potrebbe mettere lei in pericolo”.
    A quelle parole Keanu rimase immobile, in silenzio, spalle alla ragazza, solo timide nuvole di fumo riuscivano a comparire, il suo sguardò vacillò, prima al soffitto, poi a terra, si passò rapidamente la mano tra i capelli, in seguito si voltò verso di lei e la fissò negli occhi per qualche secondo per poi riprendere velocemente la posizione precedente.
    Sospirò e tentò di sistemare mentalmente quel casino, anche egli quando era uno studente di Hogwarts aveva quella stessa veduta del mondo, era costretto a subire quel trattamento senza poter ribellarsi, non riusciva a vedere altre possibilità, era costretto a subire le torture, a infliggere, a sottostare a regole dittatoriali, eppure era abbastanza felice, pur avendo gli occhi chiusi, nei piccoli attimi in cui poteva scambiare qualche parola senza il timore di essere rimproverati stava bene, ecco a cosa si era arrivati, stranamente la ragazza sembrava aver già intuito qualcosa della situazione, anche se di certo non poteva sapere proprio tutto.
    La situazione, nella sua vecchia scuola di magia, non era di certo migliorata, da come poteva constatare, sospirò, doveva assolutamente vedere meglio, la vista delle travi di legno che coprivano l'esterno lo soffocavano, guardò le lastre fissate alla bell'e meglio con chiodi arrugginiti, pensò che sarebbe stato facile tirarle via, quindi disse, creando una lieve eco in tutta la stanza:-Qui non si respira, non trovi?...-.
    Ne afferrò una con entrambe le mani alle due estremità, sentì il freddo e marcio legno aderire alla presa, strinse forte e poi uno scatto brusco, tirò via l'asse di netto, provocando un forte rumore, infine la accostò a terra sollevando un leggero strato di polvere.
    Un corposo raggio di luce riuscì a penetrare nella stanza, allargò le braccia e respirò a pieni polmoni, il cambiamento d'aria era minimo, era più altro uno sfogo, ma era abbastanza riuscito, si voltò completamente alla ragazza, con un sorriso:-Va già meglio, non è vero?-.
    Si schiarì la voce, e fece alcuni passi verso il malandato divano , finalmente riuscì a vedere la ragazza interamente, memorizzandone anche qualche particolare, capelli biondi, occhi celesti, sicuramente una studentessa degli ultimi anni.
    Reggendo la pipa tra il pollice e l'indice della mano destra e gesticolando a tratti con questa si rivolse alla ragazza che ormai era proprio davanti a lui, dicendo:- Questo è quello che il mondo magico si aspetta da me... già, quindi il mondo magico si aspetta che io denunci una ragazza perchè questa è scappata momentaneamente dal suo pressante controllo, ergo le sue leggi tiranniche, ora, non possono nuocerti in alcun modo...interessante, materialmente si aspetta che io ti consegni alla tua preside, affinchè provveda ad un giusto e significante modo per torturati, e magari che li guardi mentre sulle loro facce compare un bel sorriso di soddisfazione nel vedere che la frusta o la bacchetta che hanno accuratamente scelto, sforzandosi anche, funzionano meglio come tortura...-.
    Sbuffò, vari ricordi comparirono prepotentemente, guardò ancora la ragazza, questa volta, facendo scomparire del tutto il sorriso :-E a me cosa rimane? Soddisfazione? Piacere per avere compiuto un dovere imposto da non si sa chi? Andare contro i miei principi? Bhè se ti aspetti che succeda questo, puoi metterti l'anima in pace, sono un altro genere di persona-.
    Si calmò, strinse i capelli all'altezza del collo, era un'uscita imprevista, in fondo neanche la conosceva, sperò che la ragazza non fuggisse e sperò di aver fatto capire le sue intenzioni, ma non poteva farne a meno, tutti quei pensieri, tutte quelle persone ancora dormienti, Keanu in fondo era una persona precisa, molto calma, ma se si toccava uno di questi tasti non riusciva a controllarsi, doveva esprimere le sue opinioni, con forza, cercando di far emergere quello che era in realtà e quello che cercava di essere facendo parte della Resistenza.
    In un attimo apparvero nella mente il ricordo di Bill e dei suoi compagni, tutto quello che stavano facendo, felicità e desolazione allo stesso tempo, restò immobile, sguardo perso verso la finestra, cercando di capire se la Luna fosse avanzata, ma in fondo la giornata era ancora lunga. made by mæve.

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    «La realtà non esiste, l'hanno inventata gli uomini per i loro scopi.»

    Il ragazzo rimase così immobile che pensai non avesse sentito, o che mi stesse ignorando. Due constatazione decisamente probabili, dato il modo in cui l’avevo accolto e le parole che gli avevo rivolto.. seppur fosse uno sconosciuto. Sapevo benissimo che avrei dovuto essere prudente. Ormai a scuola conoscevo il comportamento che dovevo adottare con i professori, con la preside, e con tutti gli adulti con cui avevo a che fare all’interno delle mura di pietra del castello. Il mondo fuori però era totalmente diverso.. ed il pensiero che ben presto avrei dovuto farne parte anch’io, lo ammetto, mi terrorizzava più della promessa di un pomeriggio nella Sala delle Torture. La cosa mi metteva a disagio, perché io odio sentirmi spaventata. E’ una reazione che non capisco, come quella di sentirmi in imbarazzo. Sono due cose che solitamente sono sconosciute alla mia persona.. questo perché avevo imparato a farmi conoscere i primi anni ad Hogwarts, ed evidentemente avevo lasciato il segno sulle persone che mi avevano circondato. Probabilmente era il segno di una qualche cicatrice che avrebbero portato fine alla fine dei loro giorni, ed il pensiero era perversamente confortante.
    Quel giorno probabilmente avevo lasciato a scuola la prudenza. Forse perché ero stanca di tutto, forse perché avevo bisogno di qualcosa che mi facesse aprire gli occhi.. forse perché masochisticamente pensavo di dover essere punita, e cercavo ogni modo per farlo accadere. Non che mi piacesse il dolore, preferivo di gran lunga infliggerlo.. Dio, psicanalizzarmi da sola è un compito più arduo del previsto.
    Seguii con lo sguardo le volute di fumo che si infilavano fra i pertugi delle travi, uscendo nel fresco della sera. Pensai che non mi avrebbe più risposto, quando invece lo fece.
    Non che fosse propriamente una risposta, ma perlomeno sembrava si fosse scrollato di dosso il velo con cui intendeva ignorare platealmente le mie parole. Si era voltato così fulmineamente, ed era stato un gesto così improvviso che la mia mano era corsa di nuovo alla bacchetta. Mantenni il contatto visivo, chiedendomi se non fossi finita nella stessa stanza con qualche pazzo evaso da Azkaban. Infine si voltò di nuovo, e sembrò non cambiare assolutamente nulla. di solito era facile comprendere il comportamento delle persone, il motivo che le spingeva a fare determinate cose. Era facile nonostante si trattasse di sconosciuti, ma quel ragazzo mi stava decisamente spiazzando. E non potevo dire che fosse una cosa piacevole, perché io non sopportavo di essere colta impreparata su qualcosa. Non ero mica una Corvonero per niente.
    “Qui non si respira, non trovi?...”
    Sbattei le palpebre e sgranai gli occhi. Come, prego? Era un po’ come aver chiesto a qualcuno l’ora, e sentirsi dire che per il giorno dopo davano pioggia. Uno di quei cambiamenti repentini che ti fanno sovvenire diversi dubbi sulla capacità mnemonica. Che mi fossi persa qualche passaggio? “A me non..” ma non feci in tempo a finire la frase che il giovane aveva afferrato le travi di legno che chiudevano la finestra, e le aveva staccate di netto. staccate. Merlino, ora le usa per uccidermi. Non potei trattenermi ed impugnai nuovamente la bacchetta, stringendola tanto che le nocche mi divennero bianche. Dato che l’avevo appena acquistata da Olivander, sperai di non romperla: pe precauzione allentai la presa, ma non lasciai. Quel tipo era decisamente pazzo. Mi alzai in piedi senza distogliere lo sguardo, cominciando ad arretrare di pochi passi e sperando di non inciamparmi in quello stupido divano color porpora.
    Va già meglio, non è vero?” mi fermai di colpo ed annuii meccanicamente. Non so dove, ma da qualche parte avevo letto che era meglio assecondare alcuni pazzi. Sorrise e si avvicinò, ed io mi dotai di tutto l’autocontrollo possibile per non indietreggiare ancora. Rimasi ferma, impalata in mezzo alla stanza e con una bacchetta in mano, senza saper bene cosa fare.
    Quando finalmente rispose alla domanda che gli avevo precedentemente posto, mi colse così alla sprovvista che per poco non lasciai cadere bacchetta –e mandibola- sul polveroso pavimento della Stamberga. Avevo ormai deciso che era un pazzo, ma quelle parole mi stavano facendo riflettere. Era davvero un pazzo, o solo qualcuno che la pensava in modo differente? Qualcuno come Alec. Forse era un anima affine al pensiero di mio cugino, il rivoluzionario. Quasi rimpiansi di non aver mio padre che lo cacciava di casa, e di essere troppo grande per tapparmi le orecchie e far finta di non sentire. Perché tutto quello mi stava facendo pensare troppo, e io sapevo bene quanto poco bisognasse pensare in un mondo simile. Quanto bisognasse estraniarsi da tutto, pensieri compresi, cercando di convogliarle su come più superficiali e semplici da digerire.
    Quando il sorrise sparì dal volto del ragazzo, non sapevo se esserne più terrorizzata o sollevata dal fatto che fosse passato dal pazzo maniaco a semplicemente pazzo. Cominciavano a venirmi seri dubbi sul fatto che, alla fine dei fatti, fossi io quella pazza, quella che si rifiutava di capire una verità che a tutti sembrava così palese. Strinsi i denti e mi mordicchiai l’interno del labbro inferiore, chiedendomi cosa avrei dovuto rispondere ad uno sfogo simile.
    Soddisfazione, piacere per aver fatto qualcosa per la comunità, chiamalo come vuoi ma sappiamo benissimo che non si tratta di onore civile: si tratta di un obbligo. Lo so io, lo sai tu, se posso permettermi di darti del tu. Questo discorso è molto carino, davvero, e una parte di me lo apprezza. In particolar modo dato che la vittima sacrificale, in questo caso dovrei essere io. Ma obiettivamente, se io fossi stata al tuo posto, probabilmente avrei denunciato il malfattore.” Malfattore. Diamine Winston, che salto di qualità: da studentessa modello a malfattrice!Perché è questo che bisogna fare. Non so quanto sia giusto, o quanto sbagliato, ma alla fine che importa? Tu forse sai qual è la distinzione fra giusto e sbagliato, bene e male? Qualcuno di noi la sa? Io di certo no, e non sono sicura di volerlo sapere. Non dico che tutto questo mi piaccia” con un cenno indicai lo spazio attorno a me. “Ma l’ho accettato. E per la barba di Merlino, non so assolutamente per quale motivo ti sto dicendo tutto questo, dato che va contro i miei interessi” scrollai la testa e sentii i capello solleticarmi il viso. Alla fine presi la mia decisione, quella per la quale se mio padre l’avesse saputo probabilmente mi avrebbe ripudiato. “Maeve Winston” spostai la bacchetta nella mano sinistra e mi avvicinai al ragazzo, allungando la destra verso di lui.
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    Edited by winston‚ - 12/5/2013, 15:30
     
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    Keanu Larrington
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    «Dove c'è molta luce, l'ombra è più nera.»

    Incutere timore era la cosa che gli riusciva peggio, se ci pensate, insomma, quanto può far paura un preciso inglese vestito di smoking? Alla prima occhiata non scommettereste neanche che egli sia in grado di ammazzare una mosca, eppure ognuno di noi, quando abbandona il proprio stile viene considerato un pazzo. Ed era quello che stava succedendo al giovane Keanu, la giovane studentessa non si aspettava un simile exploit da lui, ed invece era accaduto, l'indole meno serena del ragazzo era uscita, egli aveva sentito la rabbia dentro di sé, un po' come quando era costretto a trasformarsi in lupo mannaro al chiarore della Luna piena, il paragone era simile, era un istinto incontrollabile, non poteva frenarsi, non poteva stoppare l'incessante incorrere degli eventi, doveva solo aspettare che il suo corpo, alla fine si tutto, si sentisse sollevato. La tensione era palpabile, la ragazza si alzò dal divano rosso sgranando gli occhi, muscoli ben tesi, pronti alla fuga o a difendersi, era attento ad ogni particolare e di certo non gli sfuggì il fatto che la giovane avesse ben stretta la sua bacchetta, egli stesso non voleva credere al fatto che avesse pensato ad usarla, e proprio contro di lui che voleva difenderla. Subito arrivò chiaro nella sua mente, il modo in cui si era espresso era totalmente sbagliato, ma non poté far altro che incrociare le braccia ed ascoltare attentamente ciò che la ragazza avesse da dire, guardandola dritto negli occhi e sperando di far capire le sue intenzioni.
    La ragazza aveva un cervello, strano, forse c'era qualcuno che si era salvato dal contagio epidemico e dal lavaggio del cervello posto dai Mangiamorte per ogni alunno, qualcosa che si salvava nella ragazza c'era, per fortuna.
    Ascoltò tutto il dialogo rimanendo a qualche metro da lei, entrambi in piedi, fissandola, mordicchiando la pipa in bocca e grattandosi la leggera barba con la mano destra.
    Solo alla fine concesse un leggero sorriso questa volta rivolgendo il viso a terra.
    Ascoltò tutto il discorso imperterrito, quasi stupito dal finale, e ancora più stupito dal fatto che la ragazza si stesse presentando.
    Maeve Winston, il ragazzo si mosse un po' impacciato verso la sua mano, un piccolo e veloce passo, come se si fosse svegliato da un lungo sonno tanto l'azione era inaspettata, era come se all'improvviso avesse cambiato idea, forse stava abbandonando l'idea di avere paura di un pazzo che le andava incontro in mezzo ad un mondo che probabilmente la stava soffocando.
    Strinse la pipa nella mano sinistra, allontanandola dalla bocca per poter parlare nel modo migliore, allungò il braccio destro con decisione, e diede una stretta di mano ancora più decisa, ma non troppo forte, ci mancava solamente che la ragazza si facesse male per la troppa pressione di una stretta di mano pacifica, rischiarì la voce e più pacatamente dei discorsi precedentemente fatti -Keanu Larrington, piacere, le sorrise apertamente.
    Lasciò la mano, ripose la pipa in bocca, una leggera sbuffata e si girò nuovamente alle spalle della ragazza per rivolgersi ancora alla finestra, ora la veduta era totalmente differente, l'ambiente brullo all'infuori poteva addirittura essere intravisto, e una leggera brezza gli accarezzò tutto il corpo facendo prendere finalmente una boccata d'aria all'angusta stanza della Stamberga, alzò lo sguardo sempre al cielo che sembrava ormai deciso ad oscurarsi, forse tra poco la Luna si sarebbe fatta viva, un senso di sicurezza, in mezzo a tutti quei dubbi, lo riempì.
    Fece un bel respiro e si girò verso di lei, l'azione sembrò un deja vu, solamente che ora la ragazza era in piedi, probabilmente ancora curiosa di sapere effettivamente se dovesse fuggire via o no, chi poteva dirlo in fondo se la situazione fosse veramente sicura.
    Mantenendosi alla stessa distanza della conversazione precedente iniziò a parlare:-Maeve, inanzi tutto grazie di avermi reso chiaro ciò che pensi e, certo, puoi darmi del tu, anche perchè anche io lo sto facendo e oltretutto senza il tuo permesso, e seconda cosa... non è carino che tu ti dia della malfattrice, insomma sei un'innocente e carina studentessa, neanche avessi ammazzato qualcuno... o forse lo hai fatto?- , un occhiata dubbiosa nel finale e poi accennò ad una risata e riprese a parlare:-Sai, hai perfettamente ragione, io non so la verità, non so se questo sia giusto o sbagliato ma... non si tratta di ciò,il problema non è quanto sia esatto, il problema è che loro e intendo ai piani alti, l'elite della società, il governo ,pensa di sapere cosa sia giusto per noi e cosa ancora più errata è che ce lo impongono come dovere...Loro non ci lasciano scelta, io non ho scelto questa vita, non ho potuto farlo, nessuno ha potuto...e per tutta risposta oramai non ci sono altre vie, o fai quello che dicono o sei fuori-.Fermò per un attimo il discorso per portare dietro l'orecchio la ciocca di capelli che era finita fuori posto, rimase serio e poi, gesticolando con le mani:-E se pensi che tutto questo sia esatto, intendo, perseguitare, incarcerare, torturare, a volte per puro diletto..., si fermò per disegnare con le braccia aperte l'ambiente circostante, come aveva fatto la ragazza con il suo discorso ma più apertamente e svolgendo all'inizio un breve inchino:-Beh, accomodati pure... hai tutto un mondo al tuo servizio quando uscirai da scuola e magari ti piacerà fare qualche lavoretto per loro, ma pensala come vuoi, io non ho ingoiato questa pillola, no, non mi rassegnerò, cercherò una via migliore e non accetterò questo placebo...-.
    Sperò di averla fatta riflettere, era lì che voleva arrivare, voleva vedere se la ragazza avesse ancora qualcosa di puro o se fosse stata corrotta irrimediabilmente.
    Si accorse che la pipa si era spenta, doveva assolutamente riaccenderla, la riportò alla bocca ed estrasse dal taschino il suo pacchetto di fiammiferi, ne sfregò uno velocemente sull'ormai logora minerva e con ampie boccate il tabacco ritornò di nuovo a fumare. Era davanti al divano e la ragazza si era alzata, non era cortese ma aggiustandosi la giacca:-Non ti dispiace se mi accomodo, vero?-, si lasciò andare all'estremità del divano, incrociando le gambe e disegnando piccoli cerchi di fumo con la pipa che svanivano lentamente nell'aria.made by mæve.

     
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    Maeve Winston

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    «La realtà non esiste, l'hanno inventata gli uomini per i loro scopi.»

    Non avevo mai pensato, nemmeno per un attimo della mia vita, di essere una ragazza stupida. A volte ero terribilmente superficiale, a volte mi piaceva giocare a fare l’ingenua studentessa.. ma stupida non lo sono mai stata.
    Almeno, così avevo creduto. Nell’ultimo periodo stavo cominciando a ricredermi su tante cose, molte delle quali non avrei potuto cambiarle nemmeno volendo. Vedevo le persone attorno a me cambiare, passare dal sorriso alla disperazione in meno di un minuto; vedevo ragazze piangere nei bagni perché il loro ragazzo si era sacrificato per salvarle. Vedevo un sacco di cose, e ne rimanevo indifferente. Non so, avrebbe dovuto suscitarmi qualcosa.. qualsiasi cosa, tutto quello. Se non era dolore, perlomeno piacere o soddisfazione. Invece la realtà, era che non me ne fregava niente. Troppe persone nella mia vita volevano qualcosa di più, o di meno, da Maeve Winston. Ed io non sapevo come darglielo, non sapevo come comportarmi, diamine! Non sapevo nemmeno più se facevo quel che facevo perché mi piaceva, o perché erano gli altri ad aspettarselo da me. Sapevo che Alec Winston voleva qualcosa dalla sottoscritta: voleva che facessi una scelta. Ma non mi aveva nemmeno dato le possibilità fra cui scegliere. Sapevo che il responsabile della mia casata, Ethienne Leroy, cercava qualcosa in me.. e non sapevo cosa.
    Ed io mi sentivo una completa idiota. Era come trovarsi in balia delle onde, e non sapere se c’è salvezza o se l’unica opportunità che ti rimane è quella di affogare. So per certo che non volevo affogare.
    Sapevo che era stato un gesto stupido ed impulsivo, quello di presentarsi ad uno sconosciuto. Specialmente uno sconosciuto con il quale si stava avendo una conversazione simile. Ma il punto era: avevo forse altra scelta? Si ha sempre un’altra scelta, questo è certo. Ma c’era qualcosa.. come se fosse giusto che mi trovassi lì in quel momento alla Stamberga a parlare del futuro con un ragazzo che fumava la pipa. Come se finalmente fosse giunto il momento propizio per capire qualcosa di fondamentale. Una parte di me sapeva anche di cosa si trattava. Sapevo cosa stava succedendo, avevo degli strani ricordi.. di quand’ero molto, molto piccola. Sapevo con ogni cellula di me stessa che nel mondo c’era qualcosa di sbagliato, che non era sempre stato così. Che era contro la natura stessa dell’essere umano una simile società. E sapevo anche che il giovane di fronte a me era l’emblema di un simile cambiamento.
    Solo che non volevo accettarlo. Non volevo che torturare ed uccidere fossero scelte che dipendevano da me. Mi piaceva il fatto che fossero azioni imposte, perché mi impedivano di scegliere un’alternativa. La cosa non dipendeva realmente da me, se il mondo fosse stato realmente come ci avevano sempre raccontato.
    E adesso, questo tizio con la pipa in bocca sta di fronte a me, a parlarmi del fatto che nulla è giusto come sembra. Che è tutto un controsenso.
    Volli mordermi la lingua nel momento stesso in cui gli strinsi la mano, mentre lui con un sorriso mi diceva di chiamarsi Keanu Larrington. Avrei voluto rispondere al sorriso, almeno con un cenno, ma la mia mimica facciale proprio non se la sentiva.
    Si voltò di nuovo verso la finestra ed alzò gli occhi al cielo. Per la barba di Merlino, ma perché tutti avevano questa fissazione per il cielo? Prima Leroy, poi questo ragazzo.. cos’aveva di così speciale? Non vedevano quanto fosse immenso, ed infinito, e quanto tutto ciò fosse terrorizzante? Quanta speranza racchiudeva quel cielo puntellato di stelle? Quante persone, guardando quello stesso cielo, speravano di scorgerci risposte a domande che non si erano nemmeno coscientemente posti? Non vedevano quanto facesse paura, la speranza, in frangenti simili?
    Non c’era speranza. Non c’era posto per la speranza, perché sperare in un mondo migliore significava che c’era la possibilità di crearlo. E questo voleva dire che tutto ciò che avevo fatto era sbagliato.. che avrei potuto evitarlo. Che non avrei dovuto provare soddisfazione nell’infliggere dolore. Che non avrei dovuto bearmi dell’esaltazione di impugnare la bacchetta contro qualcuno.
    Pensare mi faceva diventare un mostro. E certamente era l’ultima cosa che volevo.
    “Maeve, innanzi tutto grazie di avermi reso chiaro ciò che pensi e, certo, puoi darmi del tu, anche perchè anche io lo sto facendo e oltretutto senza il tuo permesso, e seconda cosa... non è carino che tu ti dia della malfattrice, insomma sei un'innocente e carina studentessa, neanche avessi ammazzato qualcuno... o forse lo hai fatto?
    Rimasi immobile a fissare un punto oltre Keanu, un punto in lontananza che non mi portasse a quella situazione, a quella conversazione. Dicono che parlare con le persone che non si conoscono sia più facile, e probabilmente hanno ragione. Non sapevo se ridere o mettermi a piangere. Optai per una risata per nulla divertita, una di quelle che ti lasciano con l’amaro in bocca e che ti fanno venire ancor più voglia di scoppiare in lacrime. Mi portai una mano sugli occhi, con ancora il sorriso che mi aleggiava sulle labbra. “Sul carina son d’accordo, ma avrei da ridere sull’innocente” il sorriso si spense lasciando un espressione impenetrabile, che avevo imparato ad affinare nei sei anni trascorsi ad Hogwarts. “Nessuno è innocente. Tutti abbiamo delle colpe, perfino tu che stai lì davanti a parlarmi dell’innocenza neanche fossi un santo. Scommetto che anche tu hai fatto qualcosa di poco dignitoso nella tua vita.. qualcosa di cui non vai fiero, probabilmente. Beh, la realtà è che non ho ancora ucciso nessuno, se per uccidere intendi fermare il battito cardiaco. Ma ci sono così tanti modi per uccidere qualcuno, che mentirei se dicessi che non sono un’assassina. E la verità, è che non mi sento nemmeno in colpa. Quindi direi che ci sono tanti aggettivi per descrivermi.. ma innocente non è fra questi”
    E non provavo niente, nel dire quelle parole, perché erano la verità. Sentivo un vuoto al centro del mio essere, un vuoto che non avrei saputo nemmeno con cosa riempire. Un vuoto che sfidando le leggi di gravità mi impediva di andare in pezzi.
    “E se pensi che tutto questo sia esatto, intendo, perseguitare, incarcerare, torturare, a volte per puro diletto..Beh, accomodati pure... hai tutto un mondo al tuo servizio quando uscirai da scuola e magari ti piacerà fare qualche lavoretto per loro, ma pensala come vuoi, io non ho ingoiato questa pillola, no, non mi rassegnerò, cercherò una via migliore e non accetterò questo placebo...”
    Lui voleva un futuro migliore. Lui sapeva, dannazione, cosa voleva. Ed io? Era sempre nel mezzo, indecisa se fare il passo avanti o indietro. Mi avevano cresciuta con l’idea che tutto ciò, tutta quella vita, fosse giusta. Che torturare fosse la cosa migliore, che un mondo pieno di rivoluzionari avrebbe danneggiato la struttura stessa del potere. Io non potevo da un giorno all’altro scegliere una strada differente. Era una cosa impossibile, indicibile, una cosa che non potevo ancora accettare. Scossi la testa ed ingoiai la saliva, sentendomi la bocca asciutta quasi avessi fatto una maratona nel deserto.
    Io..” mi presi la testa fra le mani, cercando di capirci qualcosa. Feci un cenno con la testa quando si accomodò sul divano, e dopo poco lo seguii, poggiando i gomiti sulle ginocchia e continuando a stringermi il viso fra le mani. “Io non lo so, cosa voglio. Non so se torturare mi piaccia o meno.. non ne ho la più pallida idea. A volte mi fa sentire bene, bene veramente. Penso che sia giusto così, una cosa normale, quasi scontata. Penso che sia quello il mio posto, ed infliggere dolore mi da’ una soddisfazione quasi palpabile.. mi dà il potere, capisci?” cercai il suo sguardo, sperando di leggervi almeno un minimo di comprensione. “Altre volte sento quelle urla ricorrermi nei sogni.. mi guardo allo specchio e non mi riconosco. Vedo il sangue sulle mani, e mi sento sporca dentro. Io.. non lo so.” Mi presi nuovamente la testa fra le mani ed abbassai lo sguardo sul pavimento.
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    Keanu Larrington
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    «Non ci si rassegna mai. Si decide di tacere, è tutto.»

    Curioso, davvero curioso come da una botta e risposta, da un singolo scambio di battute tra due sconosciuti entrino in ballo argomenti così personali, morbosi, si passa dal generale a ciò che riguarda la persona nell'intimo più profondo, lo toccano nel'animo, lo fanno riflettere, lo fanno piangere, disperare o sorridere, e tutto ciò per puro caso.
    Quanto sarebbe bello un mondo così ,pensò subito il giovane, un mondo dove non bisogna essere amici o parenti, un mondo dove anche due perfetti ignoti si incontrano, in una casa diroccata, l'uno per sfuggire, l'altro per risanare la mente, due eventi quasi agli antipodi ma allo stesso tempo così comuni, e discutono liberamente, si attaccano, si scambiano opinioni e ci si accorge si tutte le cose che non interessano, si tutto il futile e di ciò di cui possiamo farne a meno, quasi ci si dimentica di tutto il resto, non ha importanza, al momento ci si confronta con un'altra persona di argomenti che riguardano gli esseri umani. Gli stessi argomenti che spesso sono bollati con frasi del tipo: -Non cambia niente- o -smettila di dire ciò e rilassati-, tutti li evitano ma non sanno che prima o poi nella loro vita dovranno affrontarli e spero per tutti che ciò avvenga al più presto, il troppo tardi arriva più in fretta di quanto lo si creda e la decisione definitiva diventa la più difficile della propria intera esistenza, e qualora non si è pronti, disperazione.
    Alla ragazza che Keanu aveva di fronte stava capitando in quel momento, non male, forse nemmeno lei si stava accorgendo di quanto quella discussione fosse importante, o forse, non era davvero così importante, ma comunque beata lei.
    A sentire quelle sue parole Keanu restò a bocca aperta, le aveva parlato ad un metro di distanza, negli occhi, non si aspettava nemmeno una risposta ed invece arrivò subito, la studentessa mostrò una maturità che Keanu non immaginava neanche lontanamente, avrebbe dovuto mettere i puntini su tutte le i, e non avendolo fatto si sentì uno sciocco, l'aveva sottovalutata e anche largamente.
    Una sensazione malsana e nostalgica si impadronì della sua mente, parlava di uccidere qualcuno in ben altri e molto più pericolosi , parlava di qualcosa di cui egli aveva appena scherzato, si sentiva piccolo, un infante alla prima lezione di vita con un genitore, ed inoltre lo accusò anche di non essere un santo predicatore, perchè in fondo chi in questa vita lo è? ma perchè egli non ci aveva mai pensato?.
    Si intende, perchè quel pensiero, e tutti quei pensieri non avevano neanche sfiorato l'anticamera del cervello di Keanu quando anche lui era un ragazzo? Forse perchè lei aveva già parlato di tali cose mentre egli a quel tempo era all'oscuro di tutto, era una privilegiata ma dall'altra faccia della medaglia era anche una grande sventura.
    Era meglio vivere consapevoli o avere gli occhi chiusi? In fondo egli si era divertito abbastanza nei suoi anni ad Hogwarts viveva all'oscuro, e tristemente bene, e adesso si sentiva così stupido, cosa aveva fatto tutto quel tempo?.
    Le domande lo inondarono, anche la ragazza dava segni di cedimento ,e forse fu anche per quel leggero mal di testa che prendeva piede, che il ragazzo dovette sedersi.
    Pensò alla frase di prima, delle accuse e con vari pensieri in testa parlò:-Hai detto bene, io non sono scevro di peccati, se la mettiamo così anche io ho ucciso qualcuno se ciò ti fa sentire meglio, il più delle volte inconsapevolmente, ma ripensandoci adesso,a tutto quello che ho fatto e perchè l'ho fatto, ripensando all'innocenza di alcuni, molte volte non mi fa stare bene, anche se per le persone che amo, per le speranze che amo, e per proteggere qualcuno, ho dovuto farlo...-.
    Ripensò a tanti episodi, il sacrificio, era ciò che lo tiravano su dopo tanto, non volle dirlo a Maeve, non voleva che lei si facesse veramente male, ma prendere il posto di qualcuno o proteggerlo danneggiando qualcun altro, per i suoi scopi soggettivamente giusti che andavano contro ciò che veniva professato al tempo, era una bella soddisfazione, era proprio per questo che aveva intrapreso quella strada, la Resistenza, si, aveva scelto ciò che più lo rappresentava e da allora rimpianti zero, non si sentiva stupido o inefficace, anche se si batteva per persone che molte volte non gli riconoscevano il merito.
    Alcune boccate di pipa lo riportarono al mondo, fece aderire la schiena a quello scomodo e polveroso divano che in quell'istante sembrò il più comodo dei letti di un imperatore.
    La ragazza lo accompagnò ben presto sedendosi accanto a lui, stringendo la testa con le mani:-“Io non lo so, cosa voglio. Non so se torturare mi piaccia o meno.. non ne ho la più pallida idea. A volte mi fa sentire bene, bene veramente. Penso che sia giusto così, una cosa normale, quasi scontata. Penso che sia quello il mio posto, ed infliggere dolore mi da’ una soddisfazione quasi palpabile.. mi dà il potere, capisci? Altre volte sento quelle urla ricorrermi nei sogni.. mi guardo allo specchio e non mi riconosco. Vedo il sangue sulle mani, e mi sento sporca dentro. Io.. non lo so.” .
    Cercò il suo sguardo e Keanu rispose con un sorriso, alquanto amaro ma che giungeva in fondo resserenante, quasi compassionevole, in una situazione tale, la ragazza stava cercando probabilmente conforto e qualcuno che la capisse, allungò con delicatezza il braccio e posò la mano sulla spalla della ragazza con una leggera pressione, poi scivolò lungo la schiena accarezzandola con pochi e lievi movimenti come per rincuorarla.
    Allontanò il braccio per prendere con entrambi le mani la sua pipa d'ebano, svuotò la cenere del poco tabacco ormai rimasto, prese una piccola custodia di seta dal taschino interno della sua giacca per riporla con leggerezza all'interno e infilare il leggero involucro nella tasca.
    Fece un lungo respiro, poi un lieve sorriso cercando lo sguardo della ragazza:- Maeve, è tutto chiaro, tu non hai ucciso... tu ti stai uccidendo, la cosa è ben diversa, un lento e doloroso suicidio...-.
    Con voce più seria aggiunse:-Ma tutto questo puoi cambiarlo, non ti obbligo a farlo, sarebbe davvero stupido da parte mia, ti chiedo solamente di non rassegnarti anche se ciò in cui sei vissuta può sembrare normale, ma da come ho capito, non servo io per farti capire quanto questa realtà sia un paradosso... Altrimenti puoi continuare a chiudere gli occhi, e fare finta che ciò non sia mai accaduto-.
    Era un biglietto da visita per la Resistenza? No, era certo non aver dato questa impressione, non voleva assolutamente darla, e di solito era felice quando gli altri cercavano spontaneamente, e allora ci si poteva accorgere della naturalità dell'azione, quella via.
    Rimase serio mentre passava con rapide occhiate la ragazza e il mondo all'infuori del piccolo varco precedentemente creato, il momento era praticamente giunto. made by mæve.

     
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    «La realtà non esiste, l'hanno inventata gli uomini per i loro scopi.»

    I ricordi sono una cosa strana, sorgono quando nessuno li sta chiamando in causa. Perlomeno, non consciamente. Un attimo prima ero alla stamberga in compagnia, se così si può definire, di Keanu; quello dopo ero in un parco giochi dove il verde degli alberi era davvero verde, non come lì in Inghilterra, dove tutto si fingeva ciò che non era. Perfino l’erba continuava a intestardirsi fingendo di essere verde, quando in realtà il suo colore non era altro che un grigio smorto. Quell’erba davvero verde non poteva far altro che ricordargli una cosa: Tralee. In particolare, quello era un parco giochi dove i bambini non andavano mai a giocare, e che perciò era divenuto il posto preferito mio e di Liam. Non che poi giocassimo sul serio, Callaway non era mai stato bambino nel vero senso della parola. Perlomeno, da quando l’avevo conosciuto io era sempre stato più grande della sua età. Nei suoi occhi foschi si leggevano più cose di quelle che avrebbero dovuto leggersi in un ragazzino di dodici anni. Io avevo solo nove anni, me lo ricordo perfettamente. Ero ancora innocente, se si nasce innocenti. Avevo appena scoperto di avere un vicino di casa più o meno della mia età, ed ero così felice che per poco non mi mettevo a saltellare. Liam invece sembrava scocciato.. e probabilmente lo era. Non era mai stato un ragazzo particolarmente espansivo, quel giorno di certo non era diverso dagli altri. Sin dall’inizio della nostra amicizia, avevamo sempre parlato di tutto, conversazioni che non osavo fare nemmeno con i miei genitori. Da quando era diventato mio insegnante, quasi nemmeno mi salutava se mi incrociava nei corridoi. Non l’avrei mai ammesso con nessuno per il troppo orgoglio, ma la cosa mi faceva male da morire.
    E’ così brutta la tua scuola?
    Abbastanza.” Rispose secco, massaggiandosi involontariamente un polso.
    Ti picchiano?” chiesi indignata, facendo caso a piccole cicatrici che gli incorniciavano le mani affusolate. Strinse i pugni.
    Non sono affari tuoi”
    “Perché?
    “Perché cosa?” un mito di stizza incupì il suo sguardo.
    “Perché ti picchiano?” avrei voluto toccare quella pelle così rovinata, ma sapevo benissimo che Callaway non me l’avrebbe permesso.
    “Perché è così che va il mondo, Maeve. Lo capirai anche te”
    “E tu? Picchi qualcuno?”
    La risposta non mi arrivò mai, ma il sorriso che incurvò le sue labbra mi fece rabbrividire. Ma aveva ragione, crescendo l’avevo capito. I miei genitori non avevano mai alzato un dito contro di me. Arrivare ad Hogwarts, ed essere trattata come il peggiore dei traditori era stata davvero dura. Quando avevano cominciato ad avere fiducia in me, quando avevo cominciato ad essere io quella che torturava, capii anche il sorriso di Liam.
    Era divertente, e necessario. Dava soddisfazione, dava un senso di potere. Sembrava che tutto il mondo non stesse aspettando altro, sembrava la cosa giusta da fare. Era liberatorio, come un grido premuto sul cuscino di cui nessuno udirà mai l’angoscia. E non avrei mai voluto smettere, e avrei voluto continuare a farlo finchè non vedevo la luce sparire dagli occhi spaventati della mia vittima. Avrei dovuto sentirmi una specie di eroina del mondo magico, e invece mi sentivo un mostro. Perché? Cosa c’era che non andava in me? Tutti avrebbero voluto essere al mio posto, essere il carnefice e non la vittima almeno per un giorno. Perché non potevo semplicemente gioirne e godermela finchè ne avevo la possibilità?
    “Hai detto bene, io non sono scevro di peccati, se la mettiamo così anche io ho ucciso qualcuno se ciò ti fa sentire meglio, il più delle volte inconsapevolmente, ma ripensandoci adesso,a tutto quello che ho fatto e perchè l'ho fatto, ripensando all'innocenza di alcuni, molte volte non mi fa stare bene, anche se per le persone che amo, per le speranze che amo, e per proteggere qualcuno, ho dovuto farlo...”
    Risi, perché non potevo fare altro. Pensava che ne fossi lieta? Che in qualche modo tale rivelazione avesse potuto farmi stare meglio, togliermi un po’ del fardello che avevo sulle spalle? Forse, riusciva solo a farmi stare peggio. Perché quello che avevo fatto, l’avevo fatto unicamente per i miei interessi, per il mio tornaconto. Proteggere era di sicuro l’ultimo dei miei pensieri.
    Ero una ragazza paranoica. Pensavo che tutti, in qualunque momento della mia vita ed in ogni situazione, mi giudicassero. Quando cercai lo sguardo di Keanu speravo di trovarci comprensione, invece mi parve di leggere solamente compassione. Credetemi, era l’ultima cosa che volevo vedere. Non avevo bisogno di compassione, era uno di quei sentimenti stupidi che ti fanno sentire meno di un acaro della polvere. Di quelli che ti danno il colpo di grazia quando la tua autostima sta già calando visibilmente. Chiusi nuovamente gli occhi, perché sicuramente non avevo bisogno di leggervi altro in quello sguardo. Che poi magari mi ero sbagliata. Cercai di convincermene davvero. Sentii la mano del ragazzo poggiarsi da prima sulla mia spalla per poi scendere delicatamente sulla schiena. Un gesto che avrebbe dovuto essere confortante, ma che non riuscì a far altro che a farmi irrigidire di più. Probabilmente perché era raro che uno sconosciuto mi toccasse per un semplice gesto amichevole, e non per infierire sulla mia persona. Mi sentivo un animale selvatico quando una mano amica cerca di dargli del cibo. Mi sentivo una vittima, ed io odio sentirmi una vittima. Comunque la pensassi, il io copro la pensava diversamente, dato che cominciò a rilassarsi. Cominciai a grattare nervosamente il tessuto del divano impolverato, sentendone goni asperità ed ogni filo sfilacciato. Ne tirai delicatamente uno, poi un altro. Tirai più forte e questo si spezzò, rimanendomi inerte fra le mani. Lo lasciai cadere a terra e lo guardai depositarsi lentamente sul pavimento. Da lì a una settimana probabilmente sarebbe sparti, sommerso dalla polvere.
    “Maeve, è tutto chiaro, tu non hai ucciso... tu ti stai uccidendo, la cosa è ben diversa, un lento e doloroso suicidio..”
    Continuai testardamente a cercare altri fili da tirare e da strappare, senza alzare lo sguardo. Quel discorso mi piaceva sempre meno. Mi piantai le unghie della mano destra nel palmo, finchè non sentii che la pelle stava tirando troppo e minacciava di lacerarsi ad un’altra minima pressione.
    Ma tutto questo puoi cambiarlo, non ti obbligo a farlo, sarebbe davvero stupido da parte mia, ti chiedo solamente di non rassegnarti anche se ciò in cui sei vissuta può sembrare normale, ma da come ho capito, non servo io per farti capire quanto questa realtà sia un paradosso... Altrimenti puoi continuare a chiudere gli occhi, e fare finta che ciò non sia mai accaduto”
    La tentazione era forte. Quella di tenere gli occhi chiusi, di fingere che nulla fosse cambiato, che era tutto uguale al giorno prima e quello prima ancora. Quella di tornare a scuola con noncuranza, di prendere la frusta e recarmi nella sala delle torture, dove sicuramente qualcuno stava attendendo le amorevoli cure riservate in quella stanza. Ma cosa mi stava offrendo Keanu, proprio non lo capivo. O forse continuavo a cercare di non capirlo, ancora non mi è ben chiaro il meccanismo di difesa che innalzava la mia psiche per difendersi dalle cose che non voleva accettare. Che soprattutto non ero pronta ad accettare. Scossi la testa. “Sarebbe la cosa migliore dimenticare tutto questo. Perché non è come per tutti gli altri? Sembrano.. non dico felici, ma sembrano naturali, al loro posto. A volte mi sento come loro, come trovarsi per una volta nella vita nel posto adatto al momento adatto. Anzi, a volte sono perfino perfetta nel posto in cui sono, come se fossi nata per quel momento. Ma ci sono momenti in cui mi sembra di essere un pesce fuor d’acqua.. come se dovessi fare qualcos’altro” scossi nuovamente la testa ed alzai lo sguardo verso il ragazzo. “Sai, te mi ricordi tanto mio cugino. Entrambi credete in qualcosa di impossibile, e soprattutto di pericoloso”
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    Keanu Larrington
    ETà:26

    «The Closer you get to the light,
    The greater your shadow becomes»

    La manipolazione del superiore è ciò che rende l'uomo schiavo, che lo fa ubbidire, che lo fa soffrire inconsapevolmente, e gli fa provare quei pochi momenti di gioia che si riversano dopo poco tempo, inevitabilmente, nel dolore.
    Era quella la situazione del mondo magico, Bill, il suo maestro, la sua guida, colui per il quale aveva deciso di fare qualcosa, aveva dipinto perfettamente, con pennellate aspre e noncuranti il mondo all'ignaro ex-studente, ed era veramente doloroso entrare in quell'opera d'arte, che di arte effettivamente ne aveva ben poca se non qualche piccolo tocco di genio,e vedere che tutti quei deboli colori che ne componevano la logorata tela erano veri, tutte quelle disarmanti sensazioni erano percepibili, che tutta quella vernice era così finta che da un momento all'altro era pronta a sciogliersi e a colargli addosso, come dopo averla inondata con grandi secchiate di acquaragia.
    -No Bill, non può essere così non ci credo!-
    -Vedrai-, rispose quello con aria quasi scocciata.
    E non fece neanche tempo a chiedergli maggiori spiegazioni che subito girò le spalle per allontanarsi altrove, lasciando Keanu solo e dubbioso in quella realtà, dopo pochi giorni se ne accorse.
    Iniziò una vita di ripensamenti, di ricordi, di stupidi ricordi in un mondo fasullo che lo aveva tenuto in catena, ma era arrivato il momento di reagire. Faceva tutto parte del suo piano mentale, agiva spontaneamente e senza rifletterci più di tanto, il lavoro, la Resistenza, erano tutte cose premeditate, non occorreva riflettere più di tanto, sapeva che quella era la sua via, il suo destino, anche se poteva sembrare fallace, era convinto che in realtà se si fosse impegnato avrebbe trovato ciò che cercava e avrebbe portato un po' di ordine.
    La ragazza era in bilico, ogni volta sembrava fare un passo avanti, ed ogni volta uno indietro, la confortante mano sulla schiena sembrò aver fatto i suoi effetti, infatti questa si distese più comoda sul divano, ma non sembrava che ciò accadesse ugualmente al suo viso, le parole di Keanu non avevano fatto altro che peggiorare la situazione, ed in fondo ammettendo le colpe di ognuno, la ragazza non aveva nessun motivo di sentirsi sollevata.
    Ma le parole che seguirono lo rincuorarono, Maeve cercava chiaramente una mano, e forse era proprio Keanu colui che doveva tendergliela. Solamente la prima parte del discorso lo fece riflettere, lo fece tentennare... chiudere gli occhi, forse prima neanche gli aveva dato peso.
    In quel microcosmo che si era creato nella vecchia e polverosa Stamberga, poteva anche starci, in fondo erano solamente due persone, un divano, polvere, qualche quadro e dei legni rotti, era lecito che il 50% delle componenti umane avesse delle convinzioni incerte sul reale, il problema che faceva innervosire il ragazzo è che la proporzione si sbilanciava totalmente quando quel microcosmo veniva infranto e si passeggiava per le strade della città, tutto quel marcio, tutta quella falsità, quella corrotta ubbidienza, come era possibile?.
    A volte sperava che fosse solamente uno scherzo, che da un momento all'altro uscisse qualcuno gridando alla sorpresa e tutto si ristabilisse nel migliore dei modi, però era uno scherzo amaro e troppo lungo, e aveva il desiderio di prendere qualcuno e dirgli di smetterla, perchè in fondo era stanco di giocare. Allora ,veramente ,quanto sarebbe stato utile tornare a chiudere gli occhi e a partecipare collettivamente a quella festa a sorpresa? Ma no, forse era insito nella natura di Keanu cercare sempre la via più difficile, forse era un folle, ma voleva cambiare la realtà, suonare una sveglia collettiva, a qualsiasi costo.
    Distese la testa, schiacciando i capelli, sentendo i rumori cigolanti e rugginosi delle molle, tolse via i pensieri,poi quella frase “Sai, te mi ricordi tanto mio cugino. Entrambi credete in qualcosa di impossibile, e soprattutto di pericoloso”, sorrise, probabilmente anch'egli era un suo alleato, inclinò leggermente il corpo per guardare gli occhi della ragazza:- Stai aprendo gli occhi Maeve, e sei solo tu che devi decidere cosa fare, però mi dispiace non ti permetto di parlare così dei miei ideali-, fece trasparire una piccola risata,- non puoi giudicarlo impossibile, potrei accettare pericoloso, di questi tempi è lecito, anche se è comunque tutto relativo, ma impossibile non lo digerisco, perchè io ci credo fermamente e forse anche tuo cugino, probabilmente anche lui fa parte della Resistenza...-.
    Disse tutto, ormai era giunto il momento, vedere se la ragazza fosse pronta per una decisione così importante o c'era bisogno di aspettare un po'.
    Si alzò in piedi e continuò il discorso :- Esatto, faccio parte della Resistenza, spero che tu ne abbia sentito parlare, sono uno di quei folli o sognatori o stupidi o ignari, ma io preferisco di gran lunga... saggi, che fa parte della Resistenza...E questa è molto più di un gruppo di rivoltosi pronti solo a fare disastri come vogliono farti pensare, è una famiglia, l'unico luogo dove puoi sentirti al sicuro, oltre nel tuo caso, alla Stamberga Strillante, l'unico luogo dove puoi trovare i tuoi ideali, ideali veri che non si basano su convinzioni e su imposizioni e dove puoi finalmente combattere per qualcosa di migliore-,terminò con un leggero sorriso, era orgoglioso della sua appartenenza, aveva quasi i brividi al pensiero di tutte quelle persone e tutti quegli amici e di quel gruppo così ampio, tutti disposti a sacrificarsi per il bene dell'altro.
    Si spostò lentamente verso la finestra costatando da lontano che la sera era inoltrata e la Luna era viva in cielo, presto sarebbe tornato, poi tornò a passi lenti verso il divano, con le mani nelle tasche del suo nero e impolverato smoking.
    Rimase rigido, era un qualcosa di molto , e cercava di comprendere ogni sfumatura espressiva della ragazza per capire cosa mai stesse pensando, schiarì la voce contaminata dal tabacco:- Maeve, ormai ti sei resa conto di quanto tutto ciò sia falso, di quanto quei piaceri e quei soprusi che ti costringono ad eseguire siano effimeri, ti resta solo un passo da compiere, ed è ciò che ti distacca dal pensare l'ideale della Resistenza come qualcosa di impossibile...la paura. Devi liberarti della paura si essere differente dalla massa di morti viventi che ti circonda, anche se questo comporta dei rischi, non ti dico di metterti in pericolo, ma personalmente il pensiero di appartenere ad un movimento così alto mi conforta, mi sento utile, mi sento di vedere oltre ciò che ormai tutto è diventato, e ormai sei pronta, devi abbandonare l'ultimo involucro che resta tra te e questa società, tra te e le imposizioni, devi essere quello che sei veramente, tu non sei poi così diversa da me, ed io grazie a ciò sto ottenendo di più...-.
    Le sorrise, tolse le mani dalla tasca, allungò la destra verso di lei e con voce sicura disse:- Forse è successo tutto un po' in fretta, ma per te non c'è ne bisogno, allora Maeve, sei pronta?-, ritrasse la mano a metà distanza, chiusa in un pugno, pronta, sguardo fisso su di lei,-o ti serve ancora un po' di tempo da sprecare in questa finzione?-, lo sguardo si fece più tagliente. made by mæve.


    Scusami ancora se ho impiegato così tanto per rispondere!
     
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    «La realtà non esiste, l'hanno inventata gli uomini per i loro scopi.»

    Nessuno avrebbe potuto biasimarmi, nessuno, se avessi avuto un attacco di nervi. Nemmeno sapevo più cosa ci facevo lì, nemmeno sapevo più qual era il motivo che mi aveva spinta ad andare in cerca di riposo in un posto come la Stamberga Strillante. Se solo avessi saputo prima, che una volta uscita di lì non sarei stata più la stessa, non mi sarei azzardata a percorrere quello stretto corridoio sottoterra. Sarei rimasta in sala comune, a leggere un buon libro magari. Tutti sminuivano tale iniziativa, prendendola come un clichè dei corvonero, non comprendendo quanto invece fosse fondamentale per la sottoscritta. Perché quando avevi un libro fra le mani, e potevi assaporarne l’odore, e ti perdevi fra quelle pagine che raccontavano le disgrazie di qualcun altro, i tuoi problemi passavano in secondo piano. E poi, nei libri le cose si aggiustavano sempre. Alla fin fine, non esistevano problemi privi di soluzione, e sapevi che anche gli ostacoli che parevano insormontabili sarebbero evaporati come neve al sole. Nella vita reale era tutta un’altra storia. I problemi ti seguivano come un’ombra, e non cessavano di esistere solamente perché non c’era sole in vista. E non potevi liberartene con una scrollata di spalle, ti seguivano finchè non ti lasciavi sommergere dall’esasperazione.
    Se avessi saputo che poche frasi avrebbero incrinato la campana di vetro che mi ero creata attorno, avrei salutato con piacere la sala delle torture. Perché il dolore provato lì dentro, il sangue versato fra quelle mura, una volta usciti di lì non erano che un brutto ricordo. Invece le parole, quelle cose apparentemente effimere e prive di senso, germogliavano e davano vita ad una sofferenza perenne.
    “Stai aprendo gli occhi Maeve, e sei solo tu che devi decidere cosa fare, però mi dispiace non ti permetto di parlare così dei miei ideali” alzai gli occhi su Keanu, sperando che la smettesse. Sapere di essere così vicino ad una risposta che non volevo avere mi metteva in una trepida agitazione paragonabile solamente al giorno prima degli esami. Ma quelli sapevo che sarebbero andati bene: mi conoscevo abbastanza da sapere di non dovermi preoccupare di qualcosa riguardante qualche compito più complicato del previsto. Una porta un po’ più difficile da aprire, ma che sapevo avrebbe portato ad una facile discesa.
    La porta spalancata dal proprietario della taverna era un buco nero.
    “Non puoi giudicarlo impossibile, potrei accettare pericoloso, di questi tempi è lecito, anche se è comunque tutto relativo, ma impossibile non lo digerisco, perchè io ci credo fermamente e forse anche tuo cugino, probabilmente anche lui fa parte della Resistenza”
    La Resistenza. Spalancai gli occhi, sentendo la parola rimbalzare fra le pareti della memoria come un ricordo dissotterrato troppo tempo. era inutile che fingessi, ne avevo già sentito parlare. Perlopiù, mentre ero impegnata a torturare ragazzi e ragazze, mentre un Mangiamorte più abile cercava di carpirgli informazioni. Avevo sempre deciso di non pormi domande. Non mi era mai importato alcunchè, e preferivo ignorare le cose pericolose, che avrebbero potuto inghiottirmi intera senza nemmeno masticare. Deglutii e rivolsi lo sguardo altrove, verso la finestra che prima Keanu aveva elegantemente deciso di spalancare a forza. Non volevo saperne. E , soprattutto, non volevo che Alec fosse immischiato in quella roba. Non c’era futuro, non c’era speranza. Non c’era un bel niente! avrei voluto gridargli in faccia tutto quello, ma sarebbero state parole sprecate. E se lui voleva mettere in pericolo la sua vita per ideali in cui credeva fermamente, chi ero io per dissuaderlo da quel suicidio? Ma io non potevo, né volevo, accettarlo. Non volevo aprire gli occhi, voleva rimanere cieca in un mondo di ciechi.
    “Esatto, faccio parte della Resistenza, spero che tu ne abbia sentito parlare, sono uno di quei folli o sognatori o stupidi o ignari, ma io preferisco di gran lunga... saggi, che fa parte della Resistenza...E questa è molto più di un gruppo di rivoltosi pronti solo a fare disastri come vogliono farti pensare, è una famiglia, l'unico luogo dove puoi sentirti al sicuro, oltre nel tuo caso, alla Stamberga Strillante, l'unico luogo dove puoi trovare i tuoi ideali, ideali veri che non si basano su convinzioni e su imposizioni e dove puoi finalmente combattere per qualcosa di migliore”
    Guardando il sorriso orgoglioso del ragazzo, non ebbi cuore di dar voce alla risata amara che mi solleticava la gola. Non sarebbe stato giuro nei suoi confronti. Dire che non lo giudicavo, sarebbe stato falso. Lo giudicavo un pazzo, uno che mentiva perfino a sé stesso se credeva che combattere sarebbe servito a qualcosa. Era come voler impedire alla Terra di girare: inevitabile. Una famiglia. Ma io ce l’avevo già una famiglia.. giusto? i miei genitori, a loro modo, mi amavano. I miei amici.. anche. Probabilmente. Dio, non potevo perdere la fiducia nelle poche cose che credevo ineluttabili, altrimenti sarei stata perduta. Scrollai la testa, cercando di liberarmi del ronzio che le parole di Keanu avevano suscitato. Seguii i suoi movimenti mentre si guardava attorno, in piede, tronfio delle sue idee. Io non sapevo nemmeno se ne avevo, delle idee. Mi sembrava che tutte le convinzioni ch avevo fino a qualche giorno prima fossero sparite, dissolte nel nulla. non avevo più nulla a cui aggrapparmi per rimanere ancorata alla realtà, mentre questa mi si rovesciava addosso come una cascata. Cosa può fare un sassolino in riva al fiume quando questo si disgela? Può forse rifiutarsi di seguire il suo corso? E, volendo, potrebbe farlo?
    Ma ce l’avevo io, quella scelta? Potevo in cuor mio alzarmi, stringere la mano a Keanu, e impegnarmi in qualcosa di così grande? Era una di quelle cose definitive per cui non si poteva tornare indietro. Una di quelle domande cui risposta cambiava il resto della storia, come quelle favole in cui , cambiando un particolare, si arrivava ad un finale alternativo. Solo che nelle favole, c’era un finale alternativo. La storia non si arrestava solamente perché si erano incastrati fra loro più particolari del dovuto, solamente perché si erano scelte strade differenti da quella prevista. La vita poteva arrestarsi in un battito di ciglia; ad esempio, se qualcuno fosse entrato in quel momento.
    Quando allungò la mano verso di me, lo guardai scettica. Non potendo impedirmi di tirar fuori la nota polemica, non ci provai nemmeno. “Ti aspetti che qualche frase buttata lì possa convincermi di cosa sia giusto o di cosa non lo sia? Pensi forse che il fatto che tu sia così felice di far parte della Resistenza” sputai il nome fra i denti. “Riesca a convincere anche me? Sono confusa. In questo momento probabilmente non capirei nemmeno come vanno allacciate le scarpe. Mi sembra di essere entrata in una stanza in cui hanno invertito pavimento e soffitto. non puoi buttarmi addosso tutto questo, e aspettarti che io veda la luce alla fine della via. Non so cosa voglio. Non so se sono pronta a rischiare tutto. E poi non posso abbandonare.. la mia vita. Non posso tradire i miei amici. Perché nonostante tutto, loro sono la mia famiglia” sottolineai l’ultima parola. “E come faccio a sapere che questa non è una trappola? Che tutto quello che disegni con tanta maestria sia reale? Guardati attorno.” Mi alzai in piedi e mi avvicinai alla finestra. “Vedi forse qualcuno intento a cambiare il mondo? vedi forse che il vostro lavoro sta dando dei frutti? Io vedo gente morire ogni. Singolo. Giorno.” Mantenni al voce salda, nonostante dentro mi sentissi tremare. “Ed immagino che le cose, con la vostra famiglia felice, non siano poi tanto diverse. Cosa fate, prendete i ragazzini per strada e li torturate finchè non vi dicono i segreti dei Mangiamorte? Cosa fate voi per migliorare il mondo? dimmelo. Dimmi che funziona, dimmi che vai a dormire sentendoti in pace con te stesso. Dimmi che andrà tutto bene” lo sfidai con lo sguardo a dire la verità, quella piccola cosa che sembrava pesare come un macigno dentro ognuno di noi.
    made by mæve.



    Scusami per l'immenso e vergognoso ritardooooooooooooooooooooooooooooo ç_ç
     
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    « Oceano. La massa d'acqua che occupa circa i due terzi del mondo destinato all'uomo, il quale peraltro non ha branchie.»
    La verità era qualcosa di scomodo a quei tempi. Nessuno voleva averci niente a che fare... -vuoi sapere la verità?-...-Cosa? Come? No dai non mi interessa, non voglio problemi...-, era qualcosa da evitare come la peste bubbonica, perché una volta contagiati non si poteva curare facilmente, non esistevano rimedi efficaci, o si periva o se ne diventava schiavi, schiavi di un padrone enormemente buono, corretto, vero, che però tutti volevano sopprimere, ognuno aveva la possibilità di scegliere la propria via, a suo rischio e pericolo. E come era possibile accettare la realtà dopo essere stati immersi per tutta la vita nella menzogna? Si poteva essere capaci di farlo subito? Di tagliare corto con il passato e iniziare una nuova vita sotto una nuova bandiera, sotto nuovi ideali? Forse occorreva del tempo, avvisare amici e parenti, dirgli della nuove scelte, ma perché per Keanu non era stato così?.
    Certo egli non aveva effettivamente una famiglia, non più, solo molti amici, ma la prima volta che Bill gli disse dell' Oblivion, la prima volta che gli parlò della Resistenza, quasi si era messo a piangere, aveva finalmente trovato il suo scopo nella vita, ma anche se non lo fosse stato davvero, si sarebbe unito comunque a loro, perché lavorare al servizio del mondo intero, liberarlo dalle sue paure, svegliarlo, dare una forte cernita a tutti i soprusi era qualcosa che lo rendeva felice, e in fondo pensava che nessuno fosse disposto a rinunciare a questa occasione, lottare per un mondo migliore... ed egli accettò subito, niente domande, niente incertezze...
    -Sono pronto Bill!-disse con voce quasi tremante, mentre la sua mente già si abituava ad una nuova prospettiva di vita.
    Il viso del maestro si colorì di un sorriso soddisfatto, gli occhi lucidi palesavano la sua emozione, gli posò una confortante mano sulla sua spalla, dando alcuni colpetti, pochi cenni con il capo, mentre tratteneva a stento le lacrime.
    Era il ricordo migliore che aveva del suo mentore, forse chissà, se ci fosse stato lui avrebbe convinto facilmente anche la giovane studentessa che ora gli era di fronte, forse era lui che non era bravo con le parole, forse quel pallido viso inglese non era confortante, non sembrava una persona soddisfatta e rassicurante.
    E in fondo era troppo difficile accogliere qualcosa di così diverso, immaginate ad esempio un orfano, abbandonato su di una nave da trasporto, che viene cresciuto lì fin da piccolo, muove i primi passi sulla nave, impara a leggere, a mangiare ed a vivere su di essa, non poggiando neanche per una volta un piede sulla terraferma, neanche un singolo alito, e questo viaggia per paesi sconosciuti, per oceani infiniti, in lungo ed in largo, ed osserva ogni tipo di persona esistente sulla faccia della terra che sale su quella nave. Ormai l'unico mondo che c'è per lui, all'infuori del circoscritto spazio della nave, è solamente qualche porto e qualche isoletta che vede dal suo oblò, sogna, si fa raccontare le esperienze, suoni, colori, senza mai farne qualcosa di concreto.
    Ora immaginiamo che, questo dopo trenta anni di vita vissuta sempre nella stessa maniera, sempre al largo del mare, possa scegliere se scendere o meno sulla terra, se fare questa esperienza e scoprire qualcosa di nuovo, potrà mai riuscirci? No, non può, o almeno non al primo tentativo, perché quando questo inizierà a scendere le strette scale che lo porteranno in un altro mondo, si bloccherà a metà, vedrà l'immensa città in cui è approdato e ne avrà paura, perché non ne vedrà la fine, esatto, la fine, come può un essere umano distaccarsi da qualcosa di così comodo, da una realtà finita come una nave e dirigersi verso una così aperta e pericolosa?. E la stessa cosa succedeva a tutti coloro che diffidavano a lottare contro il governo, erano rapiti da quella realtà, il problema vero è che la loro, non era così normale o libera per quanto può essere quella di una nave, ma la loro realtà era tutta finzione, un sogno, anzi, siccome le cose erano decisamente peggiori quello era un incubo. Un incubo che però piaceva, era in qualche modo rassicurante, ripetere costantemente l'incubo e non provare, neanche per una volta, a sognare.
    Era rimasto in piedi, con la mano tesa per accogliere la ragazza, ma la ritrasse, e ben presto, gli stava vomitando tutto, tutta la sua paura, tutte quelle incertezze, aveva paura che anche la stessa Stamberga crollasse sotto il peso di quelle parole. Era come ricevere uno schiaffo, un altro, come al solito, provava sempre a stringere la mano, a tenderla per aiutare qualcuno a salvarsi da quel precipizio, a tirarlo su, ma non ci riusciva mai, tutti volevano continuare da soli a tentare di dimostrare che quel buco in cui stavano cadendo in realtà non c'era.
    Portò la mano sugli occhi, strofinandoli bene, per accettarsi che quella fosse la realtà, strofinò anche il viso, sperò di sognare anche lui, no, non voleva fare quella impressione, le parole della ragazza lo trafiggevano.
    Questa si alzò in piedi e si avvicinò alla finestra :-“Vedi forse qualcuno intento a cambiare il mondo? vedi forse che il vostro lavoro sta dando dei frutti? Io vedo gente morire ogni. Singolo. Giorno.” , la guardò per un istante per poi perdersi nell'infinito chiarore che la Luna stava diffondendo all'infuori.
    Poi ancora -...Cosa fate voi per migliorare il mondo? dimmelo. Dimmi che funziona, dimmi che vai a dormire sentendoti in pace con te stesso. Dimmi che andrà tutto bene-.
    Scoppiò e portò via con se tutta la calma di Keanu, era diventato un confronto opprimente, era stanco, e non sopportava che altri vedessero la Resistenza in quel modo, la guardò negli occhi, espose il suo sguardo glaciale, strinse i pugni, poi li buttò in avanti, e alzando un po' la voce e facendola diventare molto seria disse:-Tu pensi che io sia pazzo, che noi della Resistenza siamo dei folli che cercano di combattere contro dei mulini a vento...ma sai che ti dico, sai che cos'è la pazzia?...-, scostò per un attimo la testa, continuandolo a guardare e rimanendo sul posto, ed alzò l'indice della mano destra come per sottolineare il concetto:-La pazzia è fare la stessa, identica cosa, ancora ed ancora... ed aspettare che tutto intorno, qualcosa cambi, ecco cos'è... -, poi riprese con un breve sorriso-E lei, mi scuso se la offendo... ma è una folle, perché anche quando le mostro la realtà, la rifiuta, ebbene, continui a vivere a vivere in questo sogno, continui a soffrire ed a non alzare un dito per svegliarsi, tanto quelli che ci rimettono siamo noi-, ed indicò a braccia aperte se stesso, poi continuò:-Ma si ricordi, che anche Alice prima o poi è dovuta uscire dalla tana del bianconiglio...-.
    Le diede le spalle, aveva il fiatone, sentì il suo garbo da inglese andare via, di certo si era riuscito a contenere più che poteva, ma la testa gli pulsava. Poi si voltò ancora, per rivolgere forse le ultime parole prima che questa probabilmente fuggisse via o lo schiantasse, questa volta però abbassò il tono della voce, per parlare con molta calma:-E per tua informazione...Si, dormo tranquillo la notte, sono soddisfatto di me stesso, perché qualsiasi cosa accada, so che sto facendo la cosa giusta, anche senza torturare persone, anche senza far morire altre persona, anche se non arrivano tanti risultati facendo ciò, so di poter cambiare il mondo, persino un solo pensiero può farlo... pensa tutti noi messi insieme-, spostò lo sguardo verso terra, erano le parole più sincere che potessero uscire dal profondo della sua anima.
    Portò la lingua all'interno della bocca per rianimare quell' antro asciutto che era diventato, poi continuò a guardarla, sperò in un'ultima possibilità.
    winston,©
     
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    Maeve Winston

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    “Quella è una bottiglia di Jack Daniels”
    Maeve spostò lo sguardo dalle buffe forme delle nuvole, e lo rivolse scettica a Liam Callaway. su tutto quel verde, i suoi capelli scuri sembravano risaltare, così come la pelle chiara e dorata baciata dai raggi del sole. Era una di quelle poche volte in cui il suo vicino di casa aveva abbassato la guardia, ed era una cosa che accadeva assai raramente. Da quando Maeve aveva scoperto di avere un ragazzino a portata di mano, aveva deciso che sarebbero diventati amici. Non importava quanto tempo ci sarebbe voluto, quanti insulti avrebbe dovuto sopportare: odiava rimanere da sola. Soffriva della sindrome di abbandono, aveva il terrore che di punto in bianco le persone smettessero di volerle bene e le voltassero le spalle. Aveva tredici anni, mentre Liam era già maggiorenne. Immaginava che un diciassette avrebbe avuto di meglio da fare che stare con una che da poco aveva superato l’età infantile, ma non le importava: l’avrebbe obbligato alla sua presenza finchè non se ne fosse abituato, come il Piccolo Principe con la volpe. Erano coricati sull’erba di una radura non lontana da casa, ed in mancanza di cose da fare stavano guardando le forme delle nuvole: in comune non ne avevano nemmeno mezza. Era fin troppo bonario, Liam: probabilmente aveva bevuto qualcosa. Quand’era ubriaco, era sempre più simpatico.
    “Ma dove la vedi?” domandò scettica, cercandone la forma fra le mille nuvole che le si paravano dinanzi. Lui riusciva sempre a vedere più cose di quante lei non riuscisse a scorgere. Per lei erano solo nuvole: per lui vi era una storia. Un grugnito la fece sorridere, mentre lui si alzava su un gomito. In effetti, era poco stabile, ed emanava odore di whisky incendiario. “Sei la solita stupida, guardi nel modo sbagliato” Maeve fece una smorfia sentendosi dare della stupida, ma si limitò a lanciargli un’occhiataccia. Lui le posò la mano sulla fronte, e delicatamente le abbassò le palpebre. “Chiudi gli occhi, Maeve Winston. Pensa a qualcosa che ti rende felice. O che perlomeno non ti appesantisca l’anima” Se l’era solo immaginata l’amarezza nel tono? “Concentrati su quella sensazione, e sentiti libera come essa. Tu non sei Maeve Winston, tu sei un filo d’erba. Quando tu non ci sarai più, loro saranno ancora qui a ricordare la tua forma. Sii quella forma, sii tutto e niente.” biascicava le parole, aveva sicuramente bevuto. Come aveva fatto la Winston a non accorgersene prima? Certo, non aveva mai visto persone ubriache, tutt’al più alticce. Ma Callaway si avvicinava alla sbronza pesante. Si alzò a sedere, fulminando Liam sul posto.
    “Tu sei ubriaco”
    “E tu sei un’idiota.”
    Sbuffò. “Me ne vado”
    Sentì una mano afferrarle il polso. “Aspetta, Maeve. Prendi tutto troppo sul serio. Ci sono cose per cui non devi pensare, devi vederle e basta. Senza chiederti se sia reale, credendoci a prescindere. Non esistono cose troppo belle per essere vere: tutto è vero. Devi solamente riuscire a vederlo” improvvisamente la sua espressione si fece truce. “Lo sapevo che non avrei dovuto accettare quell’ultimo drink. E’ meglio se vado a casa” senza lasciarle il tempo di protestare, si alzò e se ne andò. Ma Maeve rimase ancora lì, per minuti che divennero ore, finchè non fu più visibile nessuna nuvola.

    E quattro anni dopo, provai a fare la stessa cosa: provai a chiudere gli occhi, concentrandomi su qualcosa di bello, qualcosa che aiutasse a liberarmi dell’ancora che mi teneva saldamente ancorata a terra. Era tutto così surreale però, che il mio istinto di conservazione non mi permise di prendere il volo, di liberarmi. Non quella volta. Non ancora. Ero talmente immersa nei miei pensieri, una valanga di ricordi che aveva susseguito l’accusa che avevo lanciato a Keanu, che fui impreparata alla sua rabbia. Aveva tutto il diritto di rivolgermela, me l’ero meritato. Il fatto era che, incredibilmente, stavo cominciando a cedere. Stavo cominciando a credergli, e non potevo permetterlo. Se anche solo avessi immaginato che la Resistenza avesse potuto cambiare qualcosa.. avrei barattato tutto, pur di aiutarla. Pur di sapere con certezza che il futuro mi avrebbe aspettato rigoglioso, senza che si avvizzisse mentre cercavo di sopravvivere. Mentre il ragazzo parlava, mi passarono davanti agli occhi il viso di Lilian, di Key, di Liam, di Aaron. Avrebbero capito? Liam e Aaron.. loro no. Potevo combattere una guerra contro di loro? Ne avessi avuto l’opportunità, se avessi saputo che avrei cambiato le sorti del mondo magico, l’avrei fatto?
    La risposta era no. Potevo barattare tutto, ma non loro. Ero troppo egoista, per poter far parte del mondo descritto da Larrington.
    “E lei, mi scuso se la offendo... ma è una folle, perché anche quando le mostro la realtà, la rifiuta, ebbene, continui a vivere a vivere in questo sogno, continui a soffrire ed a non alzare un dito per svegliarsi, tanto quelli che ci rimettono siamo noi”
    Non volevo perdere tutto. Capivo le sue parole, lo capivo così bene che avrei voluto tapparmi le orecchie e fuggire. Potevo fare qualcosa senza mettere in gioco le persone a cui tenevo? Keanu aveva ragione: ero una stupida a pensare che si potessero cambiare le cose, se tutti la pensavano come me. Nessuno avrebbe mosso un dito, e le persone avrebbero continuato a morire sotto un regime ingiusto; persone che non c’entravano niente, cui unica colpa era stata quella di sperare.
    “per tua informazione...Si, dormo tranquillo la notte, sono soddisfatto di me stesso, perché qualsiasi cosa accada, so che sto facendo la cosa giusta, anche senza torturare persone, anche senza far morire altre persona, anche se non arrivano tanti risultati facendo ciò, so di poter cambiare il mondo, persino un solo pensiero può farlo... pensa tutti noi messi insieme”
    Non volli nemmeno avvicinarmi al divano. Semplicemente, con un sospiro con cui lasciai uscire il fiato che avevo trattenendo fino a quel momento, mi sedetti sul pavimento impolverato della Stamberga, poggiando le spalle al muro. Scrollai la testa, sentendo la mia voce quasi non mi appartenesse.
    “Voglio anche io dormire tranquilla la notte. Vorrei che le urla della sala delle torture non mi rincorressero fino al dormitorio, che non si insinuassero nei miei sogni. Vorrei addormentarmi sapendo di poter fare qualcosa.. di sapere che forse lo sto già facendo. Hai ragione, so che hai ragione, ma non riesco ad accettarlo. Sapere che c’è un alternativa, è forse peggio di dare tutto per disperso” alzai gli occhi verso di lui, roteandoli verso l’alto. “Perché non si può più ignorare. Sarebbe come sapere che un cibo è scaduto, ma continuare a mangiarlo perché il supermercato è troppo lontano. Ma ci sono così tante.. cose, da mettere in gioco. Non solo me stessa. E poi cosa dovrei fare? Abbandonare i miei amici, voltare loro le spalle solamente perché non se la sentono di partecipare a tutto questo? Ucciderli, se necessario?” Inarcai un sopracciglio, sentendomi più svuotata di quando ero entrata in quella stanza. “Imprigionarli e torturarli per ottenere informazioni? Non posso farlo. Non sono così forte. E per favore, non darmi del lei” Chiusi gli occhi e poggiai la testa al muro.
    Devi solamente riuscire a vederlo.
    made by mæve.

     
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    « «Tutto ciò che ha un inizio, ha una fine.»»
    Ascoltò le parole della ragazza fino all'ultimo respiro, osservò i suoi movimenti, mentre con palese difficoltà si sedeva con la schiena poggiata al muro polveroso della stanza della stamberga, mentre faceva fluire senza censure i suoi problemi, fu preso come sempre dai suoi contorti e ragionati pensieri, quando subito un flashback lo frastornò e lo fece indietreggiare di qualche passo, quasi sbigottito, era qualcosa che non si sarebbe mai aspettato, la giovane davanti a lei, prima sdraiata, ora era svanita nel nulla, al suo preciso posto, nella sua precisa posizione, adesso, c'era lui stesso qualche anno prima.
    La sua figura era abbastanza nitida, riusciva a ricordarsi in fondo, un po' più bassetto, circa nella media per quell'età, magrino e slanciato dovuto al tanto quidditch che praticava regolarmente, ancora più biondo di quanto lo era al momento, con quel taglio di capelli da dimenticare, dio, quanto voleva cambiarlo, quanto si sentiva buffo e quanto era alla ricerca di una sua identità, l'immagine era ferma, immobile, e come avvolta in un'aura dorata ed era lì seduto, da solo, in quella buia stanza che amava così tanto, leggendo, pensando in solitudine ai problemi della vita, che poi per un quindicenne era alquanto strano, diciamo che era un classico corvonero, solamente un pizzico più ribelle, e quanto avrebbe voluto qualcuno che rompesse quell'ordinaria follia, quanto avrebbe voluto un Keanu venuto dal futuro che gli mostrasse la via, come stava accadendo al momento per Maeve Winston, quanto avrebbe voluto un profeta... un profeta, sorrise a questa parola, si stava definendo veramente un profeta? Qualcosa di così inafferrabile ed alto, qualcuno di così potente e mistico, qualcuno che egli non era affatto...
    Si vedeva lì, piangere, per una famiglia che non c'era più, per una scuola opprimente, cercando di stare lontano da tutti quegli amici che non lo capivano, il Keanu giovane era disperato, in difficoltà, piangeva bagnando le sue ginocchia, un fiume di lacrime, poi questo lentamente alzò lo sguardo, e così si fissarono, cioè la sua immagine da giovane sembrava che lo stesse fissando, come se si fosse accorto di un'entità che lo squadrava, Keanu si sentì impietrito, era davvero possibile? Oltre a tutti i problemi, ora doveva seriamente iniziare a pensare alle storie che avevano del paranormale? Poi ricordò, che sciocco, perchè non gli era passato per la mente? Si guardò alle sue spalle, proprio dove stava fissando il giovane Keanu, e proprio lì sulla parete, vide la scritta che da giovane dipingeva sul muro sporcandosi le dita di quella pesante polvere e che fissava di continuo per il proprio benessere, la vedeva lì, per tutte le volte che l'aveva scritta, talvolta chiaramente, talvolta molto più aleatoria, era proprio lì: Keanu non ha paura, una lacrima al "vecchio" Keanu provò a scendere, mentre ciò che veniva dalla polvere spariva in essa, e la scritta veniva sommersa in una massa di polvere uniforme che ricopriva l'intera stanza, senza speranza di poter essere ritrovata. Ed infine, giunta l'ora del coprifuoco lo vedeva tornare dentro scuola, uscire di corsa dalla porta per raggiungere la rampa di scale, e sparire così, un ricordo che svaniva nella nebbia della sua mente.
    Scosse la testa guardando a terra, per poi riscoprire che la studentessa era tornata, sempre lì a rispondere ad un ribelle, quello che era diventato, per cui era fiero di dire: essere. Un bel sogno ad occhi aperti che lo portò a comprendere pienamente i sentimenti della ragazza, quella bionda ragazza che aveva qualcosa di speciale, e lo sentiva, non era come tanti altri.
    Avanzò vero di lei, che adesso teneva la testa in alto, pensante, e le si sdraiò proprio accanto, un leggero rumore del ginocchio accompagnò la seduta, quasi come un pensionato che dopo una lunga passeggiata poteva finalmente godersi la sua comoda sedia a dondolo, commentò :Bhà, che si fotta la polvere, ora ne ho proprio bisogno..., e quindi lasciò che il suo corpo aderisse totalmente al suolo, le gambe perfettamente dritte ora lasciavano che la polvere si impadronisse di loro, la giacca subito aderì al muro, e Keanu era incurante di tutto, forse per la prima volta nella sua vita.
    Squadrava il posto che gli aveva tenuto compagnia per tanti anni, con accanto una studentessa che probabilmente stava passando anche peggio, per quel giorno poteva bastare, basta scervellarsi più di tanto, non era utile per la sua sanità mentale, ed in parte ne aveva già avuta una prova concreta.
    Sbuffò dal naso mentre con la mano destra estrasse dall'interno della sua giacca il suo zippo color argento in cui su entrambi i lati vi era raffigurato un corvo di color blu scuro, in rilievo, e cominciò a giocherellare con questo, cominciando a far scattare lo sportellino ed a spegnere e riaccendere la fiamma poi lo fece vibrare ancora una volta e tenendo il fuoco attivo, fissando quell'energia proveniente da quell'oggetto come se ne fosse incantato, cominciò:Vedi Maeve, anche se posso sembrarti inesperto, nella mia vita ho raccolto tante esperienze, e credimi, alcune sono degne di comparire nei migliori libri di storia, come modello di virtù e di saggezza da perseguire, e di tutte queste esperienze sto traendo la conclusione per trainare avanti questa dannata vita, in ogni singolo giorno... Bhè, in fondo, non posso definirmi un conoscitore dell'intera esistenza, ne' colui che possiede l'assoluta verità ma se c'è qualcosa di cui sono sicuro, se c'è qualcosa che non ho paura di riferirti, bhè è proprio questa..., fece una piccola pausa per cercare di guardarla negli occhi, il suo sguardo sembrò perso, i suoi occhi già abbastanza glaciali di suo divennero ancora più freddi e quasi spenti, la voce profonda :-In ognuno di noi aleggia dell'oscurità, d'altronde dove c'è luce non può non esserci un'ombra, e dove c'è il bene non può non esserci del male, ed ognuno di noi è tentato nell'abbandonarsi alle tenebre, a pensare semplicemente a se' stesso, a ragionare nel menefreghismo e nel favorire chi ha più carte materiali da giocare, ma per quanto questa scelta può costituire il punto di forza di molti, per quanto il più violento e scorretto ha molte volte più possibilità di vincere, ricorda questo: il vincitore è sempre quello che pare che per tutti abbia torto, il vincitore è sempre colui che lotta per un fine quasi trascendentale, quasi perfettamente giusto, sacro... Non bisogna essere spaventati nel lottare per una parte apparentemente in svantaggio e soprattutto bisogna sempre cercare di camminare nella luce, perche' per quanto l'altro lato possa sembrare attraente, per quanto possa sembrare comodo e carico di energia lottare con l'oscurità, è invece la luce che ci da la forza... bisogna, semplicemente non temere tutto ciò, bisogna, non avere paura..., si passò la mano tra i capelli, confuso, era la sintesi molto disordinata di ciò che al momento gli passava in testa, abbassò lo sguardo, chiuse l'accendino di scatto, come se quel momento fosse perennemente andato via, svanito,click, :Ma questo è il parere di un probabile stolto...-, sorrise, mentre si alzava in piedi, sentendo che tutto il mondo si era bloccato per qualche secondo, aspettandolo e Keanu stava quasi perdendo l'equilibrio, tanta la fatica di ritornare a convincersi di avere due gambe.
    Guardò l'accendino chiuso, ormai non gli serviva più, si chinò sulle ginocchia davanti alla giovane, porgendole l'accendino e accarezzando i piccoli corvi rilevanti :Prendilo... chi lo sà, potrebbe tornarti utile quando l'oscurità sta' per sopraffarti, quando ti sembra che ci sia bisogno di un po' di chiarezza, semplicemente fallo funzionare... è un bene a me caro conservalo con cura, e tra l'altro mi pare di aver capito che anche tu sei una giovane corva... Non accetto un rifiuto..., lo porse ancora in avanti in attesa che questa lo prendesse, poi si alzò finalmente in piedi, dandole le spalle, era un bene a lui caro davvero, era l'accendino che il suo maestro Bill, gli aveva donato, e come il suo maestro lo diede a lui, egli decise di darlo a quella giovane speranza affinchè trovasse la sua luce interiore, e forse l'avrebbe davvero aiutata.
    Percorse lentamente mezzo giro della stanza per arrivare alla finestra che aveva gentilmente spaccato qualche ora fa, ormai la notte faceva da padrona all'ambiente circostante, quell'ambiente che non sapeva di nulla se non di degrado e di abbandono, ma il cielo, cavolo, la luna splendeva rigogliosa rendendo Keanu molto più sollevato ed energico, egli la ringraziò mentalmente, mentre osservava tutte le meravigliose sfumature che regalava a ciò che lo circondava.
    Poi ricomponendosi arrivò davanti al muro che il suo ricordo aveva fissato così intensamente, fu come tornare giovani, quella lacrima prima oppressa ora riuscì a parlare, percorse il viso, passando dalla guancia sinistra al mento in un secondo, mentre Keanu la tirava velocemente via con la manica della giacca, e ridendo, passò lentamente il dito su quella polverosa parete per far rimanere impressa una frase.
    Terminò il lavoro, finalmente, pote' dirigersi verso l'uscita, prima però si fermò vicino il divano, quasi al centro della stanza, guardando Maeve, fece un leggero inchino che terminò in fretta, dicendo: -Meave Winston, è stato un piacere conoscerti, e spero di rivederti presto, ora però ho un pub da aprire... So che ti lascio con delle domande, ma probabilmente queste verranno risolte con il tempo...-, sbadigliò stiracchiando le braccia, poi continuò tenendo le braccia a perte:-Ma non disperare, d'altronde, il pub Testa di Porco è felice di accoglierti quando vuoi, e per te ci sono due giri extra, promesso!-, le fece la linguaccia, mentre con una risata si accingeva ad aprire quella scricchiolante porta che faceva da ingresso, si fermò un attimo, guardò ancora il muro dove aveva appena tinto le dita, e rivolse alla ragazza uno dei suoi sorrisi come saluto finale, e lentamente richiuse la porta alle sue spalle.
    Soffiò con forza l'aria rimasta, troppe cose erano rimaste dentro di lui, un' esperienza che difficilmente avrebbe tralasciato, ma come era entrato, così doveva riuscire e come ogni cosa che ha inizio deve avere anche una fine, percorse con ritmo saltellante le scale che lo portavano al piano di sotto della casa più infestata di tutta la Bretagna, lasciando solo un ricordo di se', mentre ripercorreva con ansia quei quadri rovinati e antichi, lasciando solo quello, mentre faceva scricchiolare il pavimento di legno, infestato dai tarli, solo quella frase, mentre abbandonava quel luogo e si dirigeva verso l'accogliente paesino... : Maeve non ha paura.
    winston,©
     
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