Non doveva sforzarsi molto per visualizzarsi seduta su una seggiola di plastica colorata, china su un foglio da disegno, la lingua rosa a spuntare fra le labbra contratte dallo sforzo e dalla concentrazione. Nessuna maestra all’epoca le avrebbe fatto notare che gli alberi non si colorano di rosa eppure questo non è il punto, il fatto è che non era difficile ricordarsi quante volte nella vita le si erano avvicinati per chiederle che cosa volesse fare da grande. Su quella stessa sedia, alle cene di Natale, quando a riaccompagnarla a casa erano i genitori dei suoi amichetti, come se la loro insoddisfazione fosse tale da dover controllare le generazioni future, avvertirle. - Aaah vuoi fare il poliziotto, ma sai che lo stato non tutela le forze dell’ordine che vengono sottopagate, derise e malmenate? - La ballerina? Tesoro mio ti conviene mettere via quella merendina fin da subito C’era stato il periodo in cui sapeva sarebbe diventata una supereroina, quello in cui si sarebbe specializzata in cura delle creature magiche e quello in cui avrebbe viaggiato e vissuto di ciò che sarebbe riuscita a racimolare lavorando qua e là, forse si sarebbe iscritta prima ad una scuola di danza e teatro per poter lasciare tutti a bocca aperta per le strade del mondo. Faceva viaggiare la fantasia, si immaginava in ogni posto e in ogni situazione ma mai e dico mai si sarebbe immaginata i'm a barbie girl, in a barbie world! life in plastic, it's fantastic! alzò la testa di scatto trapassando con uno sguardo gelido i muri del caveau nella speranza potessero raggiungere e congelare il proprietario del cellulare che non poteva non riconoscere. Sempre più spesso desiderava possedere un potere per avere l’immediatezza di dare fuoco a una persona senza la fatica del ricercare la bacchetta “Ah, merda. Scusate un secondo. Devo proprio rispondere.” non riuscì a trattenersi dal sorridere nell’immaginare i gesti di quello che, nonostante l’età anagrafica dicesse tutt’altro, per lei aveva il fascino -se di fascino si può parlare- di un sedicenne. Forse avrebbe dovuto ringraziare il sangue che le scorreva nelle vene e la scomodità di quel pezzo di legno che le evitavano di reagire a caldo evitando di ucciderlo e concedendole il tempo di ricordarsi perché aveva sposato un uomo come Justin Eat. Sospirò senza riuscire a rilassare il viso e tornare ai suoi pensieri lucidamente, perché da bambina ovunque si era immaginata fuorché lì: con le mani su una cassaforte, a pochi passi dal corpo privo di sensi di una guardia, in compagnia della banda più ridicola della storia. Lei era la banda più ridicola della storia. Avrebbe scommesso tutti i suoi averi che presi singolarmente non sarebbero sopravvissuti quarantott’ore, eppure insieme funzionavano, riuscivano in qualche modo a farla franca e sempre con un bottino in grado di far vivere loro una vita più che degna. Fece cenno a Prey di fermarsi, di lasciar perdere le cassette di sicurezza, di non respirare “Sshhht” era un momento cruciale, c’era quasi: con una mano strinse le aste dello stetoscopio nel tentativo di isolarsi maggiormente e poter sentire meglio gli scatti, la restante mano continuò a ruotare la ghiera lentamente, fremendo. click. Si lasciò andare in un gridolino di esultanza lanciando nel borsone ai suoi piedi gli strumenti “Hai trenta secondi per finire di svuotare le cassette che hai già aperto, ne abbiamo altri trenta per essere fuori di qua.” con un sorriso degno della prima vincitrice donna, di razza mista alle para olimpiadi si premurò di non lasciarsi dietro alcun documento, il marchingegno che l’aveva tenuta occupata per l’intero colpo conteneva le informazioni per attaccare un pesce ben più grande di quello che era la banca in cui si trovavano, chiuse la zip e controllò il timer “eee corri!”. Quello che accadde nei trenta secondi seguenti non fu chiarissimo, il fatto che si fossero dati delle tempistiche era puro sfizio, quello che qualcuno avrebbe chiamato Holüken e la mania del controllo, d’altronde erano entrati falsificando documenti e presentandosi come chi possedeva effettivamente del denaro in quel caveau, non era stato necessario disabilitare i circuiti elettrici, cosa fece scattare le sirene all’ultimo quindi è un mistero. E’ possibile che sentendoli arrivare Just si sia distratto e qualcuno degli ostaggi si sia lanciato in questo atto di coraggio? O è più probabile che correndo uno a caso fra scema 1 e scemo 2 abbia accidentalmente colpito la guardia a terra che, scivolando lungo la parete, è finita con il premere il pulsante di allarme? “È STATO LUI!" Coincidenze? Sfiga? A voi la scelta, fatto sta che ancora una volta, ne uscirono indenni. Mentre sfrecciavano per la periferia di Parigi si rese conto che avrebbe dovuto saperlo, era scritto nelle stelle che sarebbe finita così. Per tutte le volte che era stata trascinata fuori dal letto nel pieno della notte, per i commenti sussurrati a fior di labbra alle loro spalle, per tutti i soldi che entravano e per la difficoltà che aveva ogni volta, nonostante il passare degli anni, nello spiegare il lavoro di Abe. Tale padre tale figlia. Di domande ne aveva fatte parecchie ma andando contro il suo istinto di bambina curiosa aveva imparato che alcune volte doveva solo starsene al suo posto, che papà sarebbe stato sempre e per sempre un porto sicuro e se il momento delle risposte non era ancora arrivato doveva esserci sicuramente un motivo. Quel momento arrivò quando qualcosa nella gestione degli affari si spezzò, quando calpestò i piedi a qualcuno più grande di lui e Holly venne messa sul primo aereo: obbligata ad allontanarsi il più possibile. ad abbandonare il proprio Paese e qualunque cosa la collegasse ad Abe per non rischiare di diventare l’unico bersaglio di chi cercava vendetta. Hogwarts sarà la tua nuova casa questo le dissero, la realtà è che iniziò a crederci mai. Poi vennero i primi furti, i primi arresti, i primi furti senza arresto e allora festa e allora arresto per stato di ebrezza. Che schifo l’Inghilterra. Poi venne Justin e con lui Prey, poi la Francia e allora, in un modo tutto strano, fu davvero casa.
Si era era fatta una doccia, si era cambiata d’abito, un tubino celeste elegante, non troppo vistoso, le piaceva potesse dire: sono qua ma potrei anche essere uscita ora da lavoro e star tornando a casa, non le piaceva essere data per scontata. Non che qualcuno là in mezzo aspettasse impaziente che Holüken e consorte si presentassero alla commemorazione, ma proprio perché non erano nessuno non voleva che le persone pensassero che non avessero altro da fare. Pensiero contorto, ma suo. “grazie a tutti per essere venuti a celebrare il trentesimo anniversario dei Patti” la sensazione che una mano le avesse afferrato e strizzato il cuore fu fortissima, si portò una mano alla bocca dello stomaco premendo appena, tutti quegli striscioni con il numero trenta le ricordavano solo una cosa: il suo trentesimo compleanno. Non poteva accettarlo, non ora che stava andando tutto bene, non ora che si sentiva nel pieno delle sue forze e pronta a puntare sempre più in alto! Cogliendo l’occasione di far tacere Just e di portare acqua al suo mulino gli si fece più vicina e gli appoggiò la testa sulla spalla “Secondo te potremmo trarre un qualche vantaggio rapinando un’azienda di cosmetici? Per rivendere tutto sul mercato nero eccetto le creme anti age ovviamente” finse di togliergli un pelucco dalla giacca e tornò a fissare il palco. “Quest’anno abbiamo con noi degli ospiti speciali” strizzò gli occhi nel tentativo di riconoscere le persone accanto alle forze armate, era stato un periodo di agitazioni, le voci che giravano erano molte, alcune avevano addirittura dato il via a teorie cospiratorie a dir poco geniali, chissà se per una volta avrebbero raccontato loro la verità e “in alto le mani con un vuoto allo stomaco e un battito cardiaco mancato si ritrovò l’unica in mezzo alla folla con le mani in alto e lo sguardo divertito di Just addosso, dio quanto era stupida “Dobbiamo smetterla di presentarci come se nulla fosse a queste fece un gesto che inglobava l’intero Parco della Memoria cose” inspirò sonoramente portandosi una mano alla fronte indecisa se riderci sopra o vergognarsi, ma soprattutto indecisa su come pensarla su quello che stava accadendo a diversi metri da lei, sul palco: persone che si scomodano a fare un viaggio temporale di 100 anni non portano mai buone nuove.
| |