Votes given by osobaya

  1. .
    le lame mortali non hanno clemenza nè compassione per i nemici, e la loro furia va a discapito di loro stessi.
    Fa ridere, ma anche riflettere, che senza metterci d’accordo su nulla avessi già messo nello schema la gif appropriata TM. Cinesi ain’t got shit on me. Back on crack.
    Al limitare della Foresta Proibita, la schiena poggiata contro il tronco di un albero e decine di confezioni di plastica a circondarla, Bennett era a man on a mission. La concentrazione era ovvia e palese nei solchi sulla fronte, le labbra curvate verso il basso e le spalle tese. Non era la più adatta a quel genere di lavori manuali, troppo delicati e statici per qualcuno che era sempre in movimento come la Meisner, ma era una questione di principio e personale – i suoi peggiori nemici, qualità che negli anni era riuscita a rendere difetti fatali. - quindi non aveva permesso a nessuno di metterci mano, pur sapendo che metà dei suoi migliori amici avrebbe fatto un lavoro migliore di lei. Forse, perfino Balt. L’unico tocco che aveva concesso, era stato necessario ed obbligato dalle circostanze: aveva dovuto domandare a Dara di disegnare il suo nome sulla lama della sua scimitarra, conscia che le sue skills grafiche fossero pressochè nulle. Aveva però preso le redini quand’era stato il momento di applicare i brillanti colorati.
    Roba di poca classe, quei brilli lì. Un pacco enorme ordinato su Temu, arrivato con l’usuale puzza di plastica che solo il materiale meno resistente sapeva emanare.
    Bennett amava ogni millimetro della sua opera d’arte. Aveva – aveva bisogno che quella spada fosse personale, così da non pensare al motivo per il quale avrebbe dovuto averne bisogno. Ipoteticamente, s’intendeva. Nessuno aveva detto loro a quali tipo di minaccia sarebbero andati incontro aggregandosi alla missione, ma si erano assicurati sapessero che potesse, potenzialmente, essere pericolosa, e che fosse bene presentarsi armati. Non era stupida, la Meisner. I suoi conti se li era fatti, e con un rapido studio di statistiche e raccolte delle missioni aperte al pubblico del Ministero – ufficiali, e solo vociferate. - aveva dedotto fosse un bel cetriolo nel culo, quello ad attenderli. Dio solo sapeva cosa avrebbero trovato. Chi era tornato dal Lotus, aveva portato con sé più domande che risposte. L’animo blu bronzo dell’austriaca fremeva per sapere ogni dettaglio, a tanto così dal rimbalzare da una parete e l’altra di Hogwarts come un cazzo di gremlin ferale al calare del sole, ma si era trattenuta. Aveva forzato l’entusiasmo, calcato la mano sull’ottimismo (lei. bennett) e non aveva mai, neanche per un secondo, messo in dubbio che a quella missione non avrebbe(ro) partecipato. Non le interessava personalmente di nessuno degli smarriti (anzi, credeva fermamente che qualcuno potessero tenerselo, e perché tutti i giocatori di quidditch delle squadre avversarie.) ma gli interessava Baltasar Monrique, e.
    Respiri profondi. Profondissimi.
    E. Le interessava Romolo Linguini, ok? Detto. Pixel su pixel. A chiunque altro avrebbe menzionato, e con fervore, fosse per Gin che fosse preoccupata della sorte di Ezra, Dwight (aiuto. Che strano) e quell’altro tizio di cui nessuno ricordava mai il nome (canon. Ciao remo), ma sarebbe stato reale solo in minima, insignificante, parte. Adorava Gin, ma non al punto di armarsi di scimitarra e glitterarla con il proprio nome. Lollo? Dai. Ma dai. Era miserabile ed arrabbiato da due mesi a quella parte, con quel suo… orribile muso da primate sempre ingrugnito, privo di quello stupido e insulso sorriso che per qualche motivo tanto affascinava i pg di j le vagino munite che nella vita avevano fatto tristi scelte. I Linguini erano una setta peggiore dei ben, e se al Lotus ci fossero stati i suoi amici, la Meisner avrebbe devastato ogni centimetro di terra conosciuto e non per ritrovarli.
    Quindi. Non aveva preso in considerazione l’idea di rimanere a casa.
    Non significava fosse facile. Aveva appena compiuto diciassette anni, e nella vita avrebbe voluto avere altre priorità rispetto a rischiare la propria vita per un evento mistico, ancestrale e senza nome, che puzzava di trappola per topi da anni luce di distanza. Non si fidava abbastanza del Ministero da pensare avessero a cuore i loro interessi; credeva, anzi, fossero solo carne da macello per capire quanto fottuta fosse la situazione. Insomma: gli amici frapposti in discoteca fra le proprie natiche ed il pene turgido del molestatore di turno. Magari a qualcuno piaceva pure, essere usato come cuscinetto – non a Ben, ma l’avrebbe fatto comunque. Sempre. Ciecamente, cazzo.
    Allontanò la mano e la strinse a pugno nel sentire delle grida in avvicinamento, prima che la distraessero e la facessero sbagliare. Poteva sempre rimediare ai propri errori, ma come regola generale, preferiva non farne. Aveva troppa poca pazienza per imparare dai fallimenti. Dubitava avrebbe ricominciato, ed era assai più probabile avrebbe lasciato l’opera incompiuta. Il mormorio si fece insistente, e Ben alzò una torva occhiata nera come la pece sul paio di studenti che avevano deciso di andare proprio lì a cazzeggiare, pur essendo Hogwarts abbastanza grande da offrire molteplici luoghi dove rompere i coglioni a qualcun altro.
    «va beh, ma quello ha problemi»
    «ma no, è solo pugliese»

    Tratto da una storia vera e realmente accaduta.
    Si zittirono quando la videro acquattata fra le radici degli alberi. Furono anche abbastanza saggi da girare sui tacchi ed andarsene senza proferire parola. Una figata. Perfetto ed eccezionale, se solo quella distrazione non avesse fatto scattare l’elastico della sua dissociazione rendendola nuovamente parte integrante del mondo. Fece vagare lo sguardo verso la spiaggia, se così si poteva definire, di quella che era stata la prigione del loro dittatore per diversi secoli.
    Reclinò il capo al tiro feroce del Linguini.
    Ci pensò. Un paio di intensi secondi in cui si limitò a guardare la nuca dell’italiano, la lama abbandonata in grembo. Non era… non era particolarmente empatica, Ben, e pareva avere tatto solo quando messa in confronto con Mona. Aveva importanza? Si ricordò che no, non aveva una cazzo di importanza, perché Bennett e Romolo avevano legato al loro peggio, e su quello avevano basato la loro ……. non lo scrivo. La Meisner tracciava la linea all’orribile idea che fosse vero e reale. Un po’ come tutti (letteralmente tutti. Kaz whisper shouting in background) i pg di Sara, cercava di credere che la DA non fosse mai esistita, e non avesse avuto conseguenze sulla sua vita.
    Non funzionava quanto avrebbe voluto. Non quando vedere i muscoli tesi della schiena del Linguini, causava un effetto a catena anche sulle sue spalle, facendole irrigidire per osmosi. I pugni a stringersi maggiormente. Lo stesso bisogno pressante di fare qualcosa per togliere tutto…. Quello.
    Si alzò in piedi risoluta. Mise sotto braccio le perline, infilò la scimitarra nella custodia del violino che non aveva sapeva suonare, e si diresse a passo spedito al fianco del ragazzo.
    «se prendi la piovra, dara sarà molto triste e mi toccherà ucciderti» un tono di voce del tutto piatto, e gli occhi posati sulla superficie liquida del Lago Nero. Ed essendo Ben molto Ben, e non del tutto in grado di mettersi nei panni degli altri, decise di distrarlo nello stesso modo in cui distraeva se stessa. «che arma porterai quando andremo?» E chissà, forse da qualche parte aveva anche una mini fionda per le mani palmate di Gini da regalare al Linguini, ma non era né affare di Lollo, né affare della scimmia bastarda, né vostro.
    bennett
    meisner

    it's called gay rights
    because i'm gay and i'm always right
    rogue lame mortali
    [ 15-20 pa - pa/pd dimezzati per 2 turni ]
    strega
    LEADER
    17 y.o. — ravenclaw — ben10So get the hell out of my face
    If you can't tell that you're in my way
    Time is up, I'm losing patience, yeah
    So go to hell, hope that you stay
    way i am
    call me karizma
    Mother of Night, darken my step
  2. .
    i luminari offrono le proprie conoscenze e abilità in favore del bene comune. ottimi guaritori, mirano a proteggere i compagni contro le intemperie del campo da guerra
    Benjamin millepied era un libro aperto.
    di quelli con la spirale a tenere insieme le pagine, che volendo puoi anche girarle all'indietro per leggere più comodamente — dai due anni in su.
    raccontava una storia semplice, proprio come lui, cristallina in ogni minimo dettaglio; non poteva nascondere niente dietro lo specchio limpido degli occhi chiari, sempre sgranati sul mondo, e nemmeno voleva. lì dove kadabra hansen era perfettamente consapevole delle gocce di se stesso che stillava con parsimonia e spesso a malincuore, ficus viveva felice e incosciente del proprio cuore a battere fuori dalle costole, privato della benché minima protezione.
    ci pensavano i ben10 ad averne cura per lui.
    Come il diciassettenne si prendeva cura di loro.
    Ciascuno a modo suo, perché era questa la principale peculiarità: erano un’accozzaglia di colori e sentimenti, coriandoli lanciati alla rinfusa il giorno di carnevale. Ogni ben condivideva qualcosa di proprio e prendeva ciò che offrivano gli altri – sì, persino Mona.
    «cazzo, che pena»
    benjamin millepied era un libro aperto, e che non stesse bene glielo si leggeva in faccia.
    Non sorrideva più spesso come prima, segnale decisamente allarmante. Inutile dire che di suo, dell’intera situazione, ci avesse capito molto poco; assorbiva i sentimenti delle persone a lui vicine, senza sapere come elaborarli: il dolore di balt, la frustrazione di paris, il febbricitante fermento di bennet. Molto più consapevoli di quanto lo fosse ficus, ma questo non lo rendeva meno preoccupato. Conosceva alcune delle persone scomparse, la sua anima gemella era dispersa chissà dove, e anche se non avesse riconosciuto i volti stampati in centinaia di volantini affissi in tutta londra, il peso a premere sul petto sarebbe stato lo stesso.
    «ma lo avete visto in faccia? Neanche gli avessero ucciso il gatto»
    una normale, basica reazione da essere umano, giusto? Avere a cuore la sorte di cinquanta persone strappate a forza dalle loro vite, senza la possibilità di scegliere – o, almeno, così credeva. Gli svariati giri nell’internet erano riusciti a (confonderlo) incuriosirlo nonostante la gravità della situazione, come sempre quando in ballo c’erano complotti e cospirazioni. Nella sua top5 dei video consigliati su tiktok si potevano trovare inevitabilmente ricette di torte salate, cuccioli salvati da morte certa, case infestate e dove trovarle, nonché tutto il repertorio di adam kadmon e roberto giacobbo.
    Coincidenze?
    Gnek.
    Io non credo.
    «spero quasi che quel coglione del kayne sia morto»
    ficus, fino a quel momento intento a fissare con aria assorta una nuvola del tutto simile al profilo di un Acalajakhagangatshahaha1, battè lentamente gli occhi riemergendo dal suo torpore; aveva le gambe piene di formiche, un pizzicorio elettrico dovuto all’aver mantenuto la stessa posizione per troppo tempo. Gli capitava fin troppo spesso di zoommare via, perdersi su dettagli ai quali quasi nessuno faceva caso. Poteva rimbalzare da un’informazione all’altra, dimenticando la prima appena posati gli occhi sulla seconda e così via, o rimanere inebetito ad osservare la stessa cosa per ore.
    Forse, se il trio di serpeverde appostati dietro l’angolo spalle al muro come una rock band degli anni settanta non avesse fatto il nome di theo, il millepied sarebbe ancora là.
    «una checca in meno. due, se Paris decide di farla finita»
    e poi qualcuno osava sostenere che le sue battute non facessero ridere.
    Dovevano avere un differente senso dell’umorismo, perché il raglio da asini che gli giunse alle orecchie un’attimo dopo raccontava di una storia davvero spassosa; troppo per evitare di piegarsi in due e sputacchiare saliva come una sara in faccia ad alessandro. Sui gusti personali delle persone il tassorosso non amava emettere giudizi: per lui era sempre bello ciò che piaceva, giusto ciò che rendeva felici.
    ma i ben si prendevano cura di lui.
    E lui si prendeva cura di loro.
    Ciascuno a modo proprio, era quella la regola non scritta.
    «ehilà, salve!»
    il modo di ficus, rinomato e apprezzato dai più grandi intenditori, era sempre lo stesso.
    Sorrise al terzetto, sbucando da dietro l’angolo con un movimento mai fluido, le braccia incrociate dietro la schiena; gli sguardi, ricambiati dopo un’istante di esitazione dovuta al rendersi conto di non essere più soli, dovettero sollevarsi di parecchi centimetri prima di incontrare gli occhi chiari del ragazzo. occhi buoni, su questo non si discuteva.
    D’altronde, quello che faceva ficus non lo faceva mai con cattiveria.
    «mi dispiace interrompervi, davvero. Ma sono miei amici, quelli di cui state parlando. Non sono nemmeno qui per difendersi, voglio dire–» si strinse nelle spalle, mentre i suoi interlocutori prendevano mentalmente nota della stazza del loro avversario e valutavano il da farsi. è più grosso di noi, pensavano, ma siamo in tre e lui da solo: un’osservazione per la quale benjamin gli avrebbe concesso un applauso.
    Sapevano anche contare!
    «fatti i cazzi tuoi, slanderman»
    mai una volta che gli facessero un complimento per le sue bellissime braccia oblunghe, oh.
    «ok, scusate» mostrò loro entrambi i palmi, due badili che potevano essé piuma, ma che quel giorno evidentemente dovevano diventà fero. Sorrise ancora, mentre afferrava il più vicino per il bavero della divisa e se lo tirava più vicino «davvero, avrei preferito non farlo, scusa» perché era un ragazzo polite e ben educato. Nothing but an angel, se un angelo si fosse preso la briga di lanciare qualcuno contro un muro dopo una parabola discendente di quasi tre metri.
    Una storia che si scrive da sola, al contrario di questo post.

    Era stato divertente, tutto sommato.
    Anche tre contro uno, anche se le aveva prese, anche se si era accollato la colpa per aver iniziato.
    un po’ meno allegra, così a intuito, l’ora in sala torture che lo attendeva come punizione. Non era il primo tour in sei anni, quella verginità l’aveva ormai persa, ma non ci finiva abbastanza spesso da essersi abituato all’idea. E quando la porta si chiuse alle sue spalle, dopo essere entrato (spinto dentro è più realistico), non potè fare a meno di inghiottire a vuoto saliva che non aveva – dopotutto, era pur sempre un ragazzino. Con un occhio nero e il labbro spaccato, nemmeno un segno sulle nocche delle mani: al tirare pugni preferiva caricare testa bassa come un toro al rodeo.
    «buonasera, signor torturatore?»
    gniiiiiiii gni gniiiiiiiiiiii gnigni gniii gniiiiii

    Meme-Criceto-Triste-1200x675

    1: simile ad una piccola capra con il muso da stambecco, l'acalaja è un animale pigro ed insofferente dai poteri ipnotici: il suo verso, ma soprattutto i suoi occhi, sono in grado di indurre altri animali (o peggio: persone) a fare qualunque cosa.


    «PARLATO»

    benjamin ficus
    millepied

    And you feel like falling down
    I'll carry you home
    sentinella luminare
    (tentativo cura 10-15 PS)
    MAGO
    MASTER (fa ridere già così)
    17 — ben10 — sin's legacyTonight We are young
    So let's set the world on fire
    We can burn brighter than the sun
    we are young
    fun.
    moonmaiden, guide us
  3. .
    si dice che sulle teste dei seguaci di arda vegli la dea da cui prendono il nome. queste abili sentinelle mirano ad indebolire il nemico e darlo in pasto ai loro alleati.
    Alla tavola rotonda del Consiglio, Yale Hilton aveva portato una bottiglia di whiskey ed un sorriso lezioso. Sapeva di trovarsi lì solo per le proprie origini e la quota pubblico che lo amava con il fervore di una religione. Aveva firmato il contratto conscio di essere, ancora e sempre, nulla più di uno strumento ad uso e consumo degli altri. Quando passavi tutta la vita ad essere solo un qualcosa, però, sviluppavi la tendenza a farti posto come un recipiente di plastica al microonde: si gonfiava finché non minacciava di rompersi, e nessuno a quel piano voleva avere a che fare con le conseguenze di un giocattolo rotto.
    In quelle settimane, era rimasto in silenzio più del solito. Aveva ponderato le possibilità, ascoltato quanto i colleghi avessero da dire in merito al criptico messaggio, e realizzato con netta e concreta consapevolezza che a nessuno dei Ministeriali sbattesse un cazzo di qualcosa della quota umana del Lotus. Se non ci fosse stata in atto una minaccia più grande, non avrebbero neanche preso in considerazione l’idea di fare qualcosa, perché cos’erano una cinquantina di persone quando avevano ai loro piedi l’intera umanità. Un ragionamento che comprendeva, e che trovava avesse senso… per loro. Nell’ottica in cui si richiedeva ad altri di unirsi, mancava però della scintilla di motivazione. I soldi spingevano i piani superiori ad entrare in azione, ma erano i sentimenti quelli a trascinare il popolo verso un unico obiettivo. Gli ideali. Non era stato lui a suggerire di sfruttare gli Smarriti come propaganda politica, ma ne era stato un fiero sostenitore. Aveva curvato le labbra verso l’alto, la guancia poggiata sul palmo della mano, e suggerito dolcemente che avrebbero potuto fare qualcosa di assolutamente utopico tipo pensare davvero a come liberare quelli che erano in tutto e per tutto diventati ostaggi. E perché mai dovremmo, gli avevano domandato, con il resto a cui pensare? Yale aveva liquidato la questione con un movimento distratto della mano ed uno sbuffo. Non lo so, Jared, magari perché a chi partecipa importa davvero, e vogliamo evitare una rivolta nel momento meno propizio. Magari perché se vogliamo che seguino le regole, dobbiamo concedere qualcosa, così da evitare di essere presi alla sprovvista e non sapere più come tirare le fila di un esercito di volontari privi di mentalità da soldati. Non so però, eh, valutate voi, era solo un’idea. Sia mai! Che era l’equivalente di un gentile succhiami l’uccello, perché di Yale si potevano dire tante cose tranne che non fosse un uomo delicato. Non si sopravviveva alla corte senza sapere il proprio posto; si vestiva da cortigiano a giullare a seconda delle necessità.
    Si era offerto di partecipare per visionare l’intero piano dall’interno. Mostrarsi parte degli altri, così da farli sentire più vicini ad un’entità antica e inamovibile come il Ministero. Era eccezionale nel far da ponte fra i due estremi della civiltà umana, perché dopotutto, era quello che aveva sempre fatto. Ufficialmente, Yale Hilton IV era un Consigliere irreprensibile, una risorsa fondamentale, e la colla che avrebbe tenuto insieme quella buffonata quando tutto sarebbe immancabilmente andato a puttane, considerando che non sapessero a cosa prepararsi. Non per mancanza di tentativi.
    La realtà era che non gliene potesse fottere un cazzo di meno di essere l’uomo copertina dell’ennesima guerra in nome della giustizia, o chi per essa. Se, per la prima volta nella sua vita, sceglieva di rischiare la sua vita per un reale motivo, e non le sue usuali tendenze suicida, era solo per Nahla. Glielo doveva. Aveva già perso tutto, e Yale… Yale si era preso una responsabilità, quando l’aveva accolta a casa sua. Non voleva averle dato il proprio nome solo come condanna, voleva significasse qualcosa. Era sopravvissuto a se stesso per quasi trent’anni, cosa mai poteva essere una scaramuccia magica fra chi comandava il mondo e chi cercava di cambiarlo.
    «che adorabile posticino» mormorò, pensando avesse fatto bene, un anno prima, a non seguire le orme dei suoi compagni di avventura per andare a bere qualcosa in amicizia in quella topaia. Si fingeva minima, ed in stile loft. L’unica cosa degna di nota del locale, era che fosse sopravvissuto alla guerra.
    Molte cose di Londra l’avevano fatto, stronza privilegiata ch’era, quindi neanche una gran menzione storica.
    Il perché fosse lì, era molto semplice: a caso. Totalmente, ed inequivocabilmente, senza motivo. Non un pensiero né un secondo fine. L’aveva solo intravisto con la coda dell’occhio nell’usuale passeggiata serale in cui cercava pub dove perdere i sensi o l’innocenza (vi state chiedendo quale? Fate bene, non ne aveva) e l’aveva trovato divertente. Non aveva avuto bisogno di altro per entrare, occupare uno dei tavoli, e sorridere al cameriere nel chiedere una bottiglia della cosa più economica che avevano, ed una di quelle più lussuose. Il meglio dei due mondi, come Hannah Montana. Tamburellò le dita sul tavolo, allungando poi le braccia sullo schienale alle proprie spalle. La mano arrivò a sfiorare la spalla di qualcuno, e dato che solo le persone depresse e tristi bevevano da sole, picchiettò l’indice sulla schiena della sconosciuto con l’invito ad unirsi al suo tavolo, e se voleva portare con sé chiunque stesse aspettando.
    Perlomeno, quella era l’idea.
    Quando lo vide, i meccanismi alquanto rallentati dal conoscere milioni di persone dell’Hilton, scattarono sull’attenti.
    Uno sconosciuto adorabile, pensò subito con un sorriso.
    Poi.
    Aspetta. Oblinder 2k23?
    Ed un sussulto che non nascose, la mano a coprire la bocca con sorpresa. «la mia anima gemella?!» GASP!
    yale
    hilton

    i may be sad but did you see my outfit
    sentinella seguace di arda
    [ dimezza attacco O difesa del nemico ]
    MAGO
    LEADER
    28 y.o. — once rebel — daddy (yale's version)Babe you can't hate mе more than me
    I got you hanging by my teeth
    Don't call me a mеss
    Cause I'm a mess & a half
    And you don't know half of it
    MESS & A HALF
    KINGS
    moonmaiden, guide us
3 replies since 3/3/2024
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