as long as we don't die, this is going to be one hell of a story

ft. Ben | preq 11

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    i berserker hanno la violenza nel sangue. scatenano la loro furia sul nemico con efferatezza, incuranti della propria salvaguardia.
    [bestemmia]
    [bestemmia]
    [strani versi in romano incomprensibili per chiunque]
    [bestemmia]
    «tu' madre, che ce doveva pensà du vorte prima de mettete ar monno»
    [bestemmie]

    Onestamente non so cosa volessi scrivere quando, esattamente quattro ore fa, ho iniziato questo post, né so spiegare il perché di tutta questa rabbia in Lollo — forse era ancora in modalità derby, anche dopo più di venti giorni, o forse semplicemente la spiegazione era la stessa che, da San Valentino, faceva ribollire il sangue del romano, e romanista, con la consapevolezza che più il tempo passava, più tempo perdevano senza fare nulla, e meno possibilità di ritrovare Giacomino, Remo e Ciruzzo avevano.
    Impossibile dirlo, e non aveva nemmeno senso stare lì ad analizzare e capire, perché tanto non cambiava le cose: ormai, Lollo era a mezza scintilla dallo scoppiare, e il suo umore peggiorava giorno dopo giorno, ora dopo ora. Era impossibile stargli accanto, litigava di continuo con tutti, e Gin lo aveva cacciato a calci nel culo dal Bar più di una volta. Aveva alzato le mani con Gigio. Aveva mandato a fanculo Sandy. Non aveva nemmeno bisogno di un pretesto per scattare come una molla e digrignare i denti contro la prima persona che gli passava davanti; era sempre stato più bestia che uomo, il Linguini maggiore, ma in quel periodo lo era un po' di più.
    Si ripeteva che la rabbia serviva a farlo andare avanti, a dargli la spinta necessaria per continuare una ricerca che, da più di un mese, non aveva ancora portato da nessuna parte; aveva visto nel mistico ed inspiegabile ritorno dei sei sfigati di turno uno spiraglio di luce, come quando stai pareggiando una partita importante e al 96esimo minuto, su sette di recupero, l'arbitro ti fischia un rigore a favore e tu hai la possibilità di portare a casa il risultato.
    Non era una certezza, ma ti dava l'occasione giusta per fare qualcosa, tentare di vincere, e tu dovevi solo essere certo di non mandare tutto a puttane.
    Insomma, si sentiva come Dybala sul dischetto del calcio di rigore, sotto la curva sud, con 65mila paia di occhi che ti fissano e sussurrano: nun t'azzardà a sbaja sto tiro, pezzente figlio di puttana.
    Nessuna ansia, insomma.
    Manco un po'.
    Lo sapeva, Lollo, che quella sarebbe stata l'unica occasione per fare qualcosa, e non capiva perché il ministero ci stesse mettendo così tanto ad organizzare tutto: cosa gli serviva, l'invito scritto da parte dei fottuti coglioni che avevano rapito decine e decine di persone?! Ma vaffanculo, dovevano muovere quei pomposi culi ministeriali e dargli un dove e un quando, al resto ci avrebbe pensato lui!!!
    Con violenza, scagliò uno dei sassi che aveva confiscato ai ragazzini del secondo anno che aveva appena mandato via dalle rive del lago a suon di insulti in romano, e colpì la superficie dello specchio d'acqua, immaginando che fossero le teste dei pezzi di merda che avevano rapito la sua famiglia, e di potergli aprire un buco al centro della fronte con quella pietra. Se lo sarebbero meritati.
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    le lame mortali non hanno clemenza nè compassione per i nemici, e la loro furia va a discapito di loro stessi.
    Fa ridere, ma anche riflettere, che senza metterci d’accordo su nulla avessi già messo nello schema la gif appropriata TM. Cinesi ain’t got shit on me. Back on crack.
    Al limitare della Foresta Proibita, la schiena poggiata contro il tronco di un albero e decine di confezioni di plastica a circondarla, Bennett era a man on a mission. La concentrazione era ovvia e palese nei solchi sulla fronte, le labbra curvate verso il basso e le spalle tese. Non era la più adatta a quel genere di lavori manuali, troppo delicati e statici per qualcuno che era sempre in movimento come la Meisner, ma era una questione di principio e personale – i suoi peggiori nemici, qualità che negli anni era riuscita a rendere difetti fatali. - quindi non aveva permesso a nessuno di metterci mano, pur sapendo che metà dei suoi migliori amici avrebbe fatto un lavoro migliore di lei. Forse, perfino Balt. L’unico tocco che aveva concesso, era stato necessario ed obbligato dalle circostanze: aveva dovuto domandare a Dara di disegnare il suo nome sulla lama della sua scimitarra, conscia che le sue skills grafiche fossero pressochè nulle. Aveva però preso le redini quand’era stato il momento di applicare i brillanti colorati.
    Roba di poca classe, quei brilli lì. Un pacco enorme ordinato su Temu, arrivato con l’usuale puzza di plastica che solo il materiale meno resistente sapeva emanare.
    Bennett amava ogni millimetro della sua opera d’arte. Aveva – aveva bisogno che quella spada fosse personale, così da non pensare al motivo per il quale avrebbe dovuto averne bisogno. Ipoteticamente, s’intendeva. Nessuno aveva detto loro a quali tipo di minaccia sarebbero andati incontro aggregandosi alla missione, ma si erano assicurati sapessero che potesse, potenzialmente, essere pericolosa, e che fosse bene presentarsi armati. Non era stupida, la Meisner. I suoi conti se li era fatti, e con un rapido studio di statistiche e raccolte delle missioni aperte al pubblico del Ministero – ufficiali, e solo vociferate. - aveva dedotto fosse un bel cetriolo nel culo, quello ad attenderli. Dio solo sapeva cosa avrebbero trovato. Chi era tornato dal Lotus, aveva portato con sé più domande che risposte. L’animo blu bronzo dell’austriaca fremeva per sapere ogni dettaglio, a tanto così dal rimbalzare da una parete e l’altra di Hogwarts come un cazzo di gremlin ferale al calare del sole, ma si era trattenuta. Aveva forzato l’entusiasmo, calcato la mano sull’ottimismo (lei. bennett) e non aveva mai, neanche per un secondo, messo in dubbio che a quella missione non avrebbe(ro) partecipato. Non le interessava personalmente di nessuno degli smarriti (anzi, credeva fermamente che qualcuno potessero tenerselo, e perché tutti i giocatori di quidditch delle squadre avversarie.) ma gli interessava Baltasar Monrique, e.
    Respiri profondi. Profondissimi.
    E. Le interessava Romolo Linguini, ok? Detto. Pixel su pixel. A chiunque altro avrebbe menzionato, e con fervore, fosse per Gin che fosse preoccupata della sorte di Ezra, Dwight (aiuto. Che strano) e quell’altro tizio di cui nessuno ricordava mai il nome (canon. Ciao remo), ma sarebbe stato reale solo in minima, insignificante, parte. Adorava Gin, ma non al punto di armarsi di scimitarra e glitterarla con il proprio nome. Lollo? Dai. Ma dai. Era miserabile ed arrabbiato da due mesi a quella parte, con quel suo… orribile muso da primate sempre ingrugnito, privo di quello stupido e insulso sorriso che per qualche motivo tanto affascinava i pg di j le vagino munite che nella vita avevano fatto tristi scelte. I Linguini erano una setta peggiore dei ben, e se al Lotus ci fossero stati i suoi amici, la Meisner avrebbe devastato ogni centimetro di terra conosciuto e non per ritrovarli.
    Quindi. Non aveva preso in considerazione l’idea di rimanere a casa.
    Non significava fosse facile. Aveva appena compiuto diciassette anni, e nella vita avrebbe voluto avere altre priorità rispetto a rischiare la propria vita per un evento mistico, ancestrale e senza nome, che puzzava di trappola per topi da anni luce di distanza. Non si fidava abbastanza del Ministero da pensare avessero a cuore i loro interessi; credeva, anzi, fossero solo carne da macello per capire quanto fottuta fosse la situazione. Insomma: gli amici frapposti in discoteca fra le proprie natiche ed il pene turgido del molestatore di turno. Magari a qualcuno piaceva pure, essere usato come cuscinetto – non a Ben, ma l’avrebbe fatto comunque. Sempre. Ciecamente, cazzo.
    Allontanò la mano e la strinse a pugno nel sentire delle grida in avvicinamento, prima che la distraessero e la facessero sbagliare. Poteva sempre rimediare ai propri errori, ma come regola generale, preferiva non farne. Aveva troppa poca pazienza per imparare dai fallimenti. Dubitava avrebbe ricominciato, ed era assai più probabile avrebbe lasciato l’opera incompiuta. Il mormorio si fece insistente, e Ben alzò una torva occhiata nera come la pece sul paio di studenti che avevano deciso di andare proprio lì a cazzeggiare, pur essendo Hogwarts abbastanza grande da offrire molteplici luoghi dove rompere i coglioni a qualcun altro.
    «va beh, ma quello ha problemi»
    «ma no, è solo pugliese»

    Tratto da una storia vera e realmente accaduta.
    Si zittirono quando la videro acquattata fra le radici degli alberi. Furono anche abbastanza saggi da girare sui tacchi ed andarsene senza proferire parola. Una figata. Perfetto ed eccezionale, se solo quella distrazione non avesse fatto scattare l’elastico della sua dissociazione rendendola nuovamente parte integrante del mondo. Fece vagare lo sguardo verso la spiaggia, se così si poteva definire, di quella che era stata la prigione del loro dittatore per diversi secoli.
    Reclinò il capo al tiro feroce del Linguini.
    Ci pensò. Un paio di intensi secondi in cui si limitò a guardare la nuca dell’italiano, la lama abbandonata in grembo. Non era… non era particolarmente empatica, Ben, e pareva avere tatto solo quando messa in confronto con Mona. Aveva importanza? Si ricordò che no, non aveva una cazzo di importanza, perché Bennett e Romolo avevano legato al loro peggio, e su quello avevano basato la loro ……. non lo scrivo. La Meisner tracciava la linea all’orribile idea che fosse vero e reale. Un po’ come tutti (letteralmente tutti. Kaz whisper shouting in background) i pg di Sara, cercava di credere che la DA non fosse mai esistita, e non avesse avuto conseguenze sulla sua vita.
    Non funzionava quanto avrebbe voluto. Non quando vedere i muscoli tesi della schiena del Linguini, causava un effetto a catena anche sulle sue spalle, facendole irrigidire per osmosi. I pugni a stringersi maggiormente. Lo stesso bisogno pressante di fare qualcosa per togliere tutto…. Quello.
    Si alzò in piedi risoluta. Mise sotto braccio le perline, infilò la scimitarra nella custodia del violino che non aveva sapeva suonare, e si diresse a passo spedito al fianco del ragazzo.
    «se prendi la piovra, dara sarà molto triste e mi toccherà ucciderti» un tono di voce del tutto piatto, e gli occhi posati sulla superficie liquida del Lago Nero. Ed essendo Ben molto Ben, e non del tutto in grado di mettersi nei panni degli altri, decise di distrarlo nello stesso modo in cui distraeva se stessa. «che arma porterai quando andremo?» E chissà, forse da qualche parte aveva anche una mini fionda per le mani palmate di Gini da regalare al Linguini, ma non era né affare di Lollo, né affare della scimmia bastarda, né vostro.
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    i berserker hanno la violenza nel sangue. scatenano la loro furia sul nemico con efferatezza, incuranti della propria salvaguardia.
    Sentite.
    Romolo Antonio Linguini aveva pianto una sola volta nella vita, ed era successo dopo Roma-Genoa 3-2 il 28 maggio 2017. Prima (e dopo) quella data, chiunque avrebbe pensato che i condotti lacrimali dell’italiano non funzionassero — e con tutte le ragioni del mondo. Non aveva lo spessore emotivo per provare quel genere di emozioni. Tristezza? Dolore? Ma per carità. Piangere per qualcosa, o ancora peggio, per qualcuno, era, a detta sua, la cosa più stupida del mondo dopo la fondazione della Lazio.
    Non avrebbe pianto per la famiglia, perché non era qualcosa nelle sue corde.
    Ma poteva essere incazzato, quello gli riusciva benissimo.
    Se vogliamo, era il suo personalissimo modo per esprimere affetto e – ugh, tormento. Soffriva, certo che soffriva, come avrebbe potuto essere diversamente? Gli avevano strappato non uno, non due, ma ben quattro cugini in una sola botta (sei, se si contavano Vincenzo e Giusè, di cui per fortuna Lollo non sapeva un cazzo *manine*), e nessuno al mondo l’avrebbe presa bene, di certo non uno come lui che non era in grado di gestire i propri sentimenti, e che non sapeva come funzionare senza una famiglia a fargli da supporto morale, emotivo e fisico.
    Era stato già difficile sopravvivere al diploma, o accettare che le loro vite prendessero strade diverse una volta per tutte, che fossero costretti a crescere e abbandonare l’ovile familiare, non fare più ogni singola cosa insieme, condividere il dormitorio, i pranzi e le cene, le lezioni, le ore libere. Agli occhi di una persona esterna al Clan (ma forse anche agli occhi dei Linguini più funzionali) un atteggiamento del genere avrebbe potuto sembrare vagamente inquietante, sindrome di stoccolma e tutta quella roba lì, immaturo e profondamente sbagliato; ma Lollo non ci aveva mai visto nulla di male a esistere nel contesto Linguini, a tratti in quello della curva, e basta. Era sempre stato ciò che lo definiva, non perché avesse problemi a farsi nuovi amici o trovare altre compagnie, o ad avere una vita fuori dai Linguini — semplicemente, non aveva mai voluto. Era abituato così, gli piaceva così, ed esistere in funzione della propria famiglia, legarsi a loro in maniera così viscerale, non lo aveva mai ritenuto sbagliato, o un problema.
    Se c’era qualcuno che lo reputava tale, cazzi loro; il romano (e romanista) era disposto a spaccargli i denti con una testata sulle gengive, se gli avessero fracassato troppo la minchia a riguardo.
    Era normale, dunque, che volesse a tutti i costi riprendersi i cugini spariti, e fare il culo a strisce ai pezzi di merda che li avevano rapiti. Era anche normale che li odiasse tutti, i cugini un po’ di più, perché non sapeva come altro esprimere la propria preoccupazione.
    Non erano mica Francesco Totti che faceva il giro dell’Olimpico per l’ultima volta da calciatore, non avrebbe pianto per loro.
    Tirò un altro sasso nell’acqua, poco interessato a fargli fare il maggior numero di salti possibili, quanto più imprimere la propria rabbia sulla superficie liquida del Lago Nero. E ne avrebbe tirato un altro se una voce alle sue spalle non lo avesse distratto. Una voce che, per qualche irrazionale motivo, di certo non uno che Lollo avesse la capacità intellettiva per spiegare, da qualche tempo riusciva ad arrivargli sotto la pelle e colpire lì dove Romolo non faceva arrivare mai nessuno. Non avrebbe mai definito ad alta voce Bennett Meisner come la sua coscienza, ma non poteva nemmeno negare che molto spesso le parole della studentessa, o i suoi atteggiamenti, funzionavano un po’ da freno (almeno emotivo) per la guardia di sicurezza. Non era mai successo che qualcun altro influenzasse l’italiano in quel modo, nemmeno i cugini, e la cosa lo faceva sentire non poco a disagio.
    «se prendi la piovra, dara sarà molto triste e mi toccherà ucciderti»
    «nun me provocà, piccolè.»
    Non aveva il minimo dubbio che Bennett potesse tenere fede alle minacce, l’aveva vista minacciare e aggredire più studenti di quanto potesse suggerire il suo fisico minuto (e tutte le volte Lollo aveva finto di non vedere, chiudendo entrambi gli occhi e girandosi dall’altra parte) e non era così stupido da non sapere che quelle non erano solo parole al vento.
    «ma stai tranquilla, il polipone gigante vivrà un altro giorno.» borbottò, lasciandosi cadere poi sulla riva del lago. «non è lui che vorrei ammazzare.» che senso aveva tenere segrete certe cose con la ragazzina? Sembrava sempre sapere tutto, quando lo fissava con quegli occhietti neri inquietanti.
    «che arma porterai quando andremo?»
    Quasi sorrise nel notare come non avesse mezzo dubbio sul fatto che sarebbero andati entrambi — dove non si sapeva, da qualche parte. A fanculo, probabilmente. Le riservò mezza occhiataccia perché dove cazzo vuoi andare tu hai quattro anni ma non lo disse ad alta voce: contrariamente a quanto si poteva pensare, Lollo voleva arrivarci davvero, e arrivarci vivo, al giorno della partenza.
    Si strinse nelle spalle, prendendo un altro sassolino, strappandolo dalla spiaggia ghiaiosa sotto le sue chiappe. «boh, un tirapugni? ‘na spranga de ferro? un manganello? qualcosa.» non era un grande conoscitore di armi, e spesso preferiva fare a mani nude e sentire le ossa degli altri rompersi a contatto con le sue nocche, ma persino lui sapeva che “a mani nude” era un pessimo concetto, in quelle circostanze.
    E no, non avrebbe usato una pistola come Remo, ma dov’erano, in una scena di Suburra?
    «ne ho uno,» di manganello, ovviamente, «l’ho rubato a ‘no sbirro» ciao sbirro!, «quando hanno provato a fermamme durante gli scontri post fiorentina-roma. me lo so riportato a casa.» perché glielo stesse raccontando non era dato saperlo, ma ci teneva a far conoscere le propria gesta alla mora… in qualche modo, sperava stupidamente di fare colpo, che sapere fosse sopravvissuto a più scontri di quanti potesse contarne sulle dita della mano, la rendesse fiera di essere sua — UGH!! amica.
    Tutto terribile.
    «te?» e fece un cenno con il mento in direzione della custodia che teneva in mano, «li vuoi addormentà co ‘na ninna nanna? mi aspettavo di più da te, Puffè.»
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    le lame mortali non hanno clemenza nè compassione per i nemici, e la loro furia va a discapito di loro stessi.
    Se dodici mesi e mezzo prima qualcuno le avesse detto che un anno dopo si sarebbe ritrovata sulle rive del Lago Nero con Romolo Linguini, Ben ci avrebbe creduto tranquillamente: il Grifondoro era il triplo della Corvonero, ma non serviva forza bruta per affogare qualcuno, bastavano gli incantesimi giusti - quello era l'unico motivo per cui avrebbe dovuto respirare, volontariamente, lo stesso metro cubo di ossigeno dell'italiano.
    Come cambiavano le cose, in un anno.
    Perchè.
    Perchè.
    Perchè Romolo Linguini. Con tutte le persone che c'erano. E vi dirò di più, vi dirò di più, il suo problema principale non era che avesse spezzato il cuore ad Erisha - anche se, dopo mesi, lei ancora incredula - era che fosse COSì. DANNATAMENTE. UOMO
    .
    Non così tanto, in effetti: lo era ancora, un uomo, e Bennett sognava comunque di affogarlo un giorno si e l'altro pure. Ma qualcosa era cambiato comunque, inspiegabile come un arcano oscuro o un qualsiasi incantesimo di Trasfigurazione. Lui? Dal basso del suo metro e cinquanta, lo osservò accigliata: era sempre rumoroso, perfino quando i suoi lamenti non avevano alcun senso, e continuava ad emanare il contrario delle onde cerebrali (una volta Ictus aveva cercato di spiegare ai ben cosa si provasse a percepire i fantasmi, e Ben aveva capito. Perfettamente. Era la stessa sensazione che provava con Lollo, un vuoto che andava al di là dell'umana comprensione). Lei? Era sempre la stessa testarda, leale in maniera ossessiva, e rancorosa sedicenne che aveva sacrificato Marcel ai piranha.
    Si disse che forse le persone non cambiavano mai. Cambiavano le situazioni, e di conseguenza, le opportunità. Erano stati costretti a scegliersi, e si erano resi conto che… funzionasse, in qualche modo. Una possibilità che nessuno dei due si sarebbe dato, se non obbligati dalle circostanze.
    Insomma. La Meisner sapeva chi (side eye) ringraziare per quella condanna a pesare maledettamente poco sulle spalle esili - il vero incubo.
    «ma stai tranquilla, il polipone gigante vivrà un altro giorno. non è lui che vorrei ammazzare.» Non ebbe alcuna reazione, anche se avrebbe voluto. Studiò brevemente il profilo di Lollo, e senza sapere con esattezza cosa stesse cercando ma sapendo di averlo comunque trovato, tornó a posare gli occhi scuri sul Lago. Fu con voce sottile che rispose «lo so», spalle dritte e braccia avvolte al petto a sorreggere custodia e confezioni di plastica, perché non sapeva cosa stesse provando, ma non c'era traccia dell'usuale e goliardico Lollo Linguini nella linea tirata delle labbra, quindi gli concesse una risposta onesta e ruvida. D'altronde, non faticava ad immaginare fosse vero. Si strinse nelle spalle. «comunque.» la minaccia restava, ed abbastanza (non) reale da sollevare impercettibilmente un angolo della bocca della Corvonero. Rimase ancora un istante in piedi, giusto per la rarità del torreggiare su di lui, e solo in un secondo momento si sedette al suo fianco a gambe incrociate, ribattendo all'occhiata allusiva del Linguini nei confronti della loro imminente partenza con un secco sopracciglio sollevato. Non aveva bisogno di aggiungere altro - e, soprattutto, non ne aveva alcuna voglia. «boh, un tirapugni? ‘na spranga de ferro? un manganello? qualcosa.» Lo sguardo della Meisner si rabbuiò, personalmente offesa dal fatto che le armi elencate sapessero delle scelte di un ultras post partita, ma non stupita che fossero quelle le alternative del Linguini. Che altro poteva aspettarsi? «qualcosa» replicò atona, come se ripeterlo avesse potuto dargli un senso. Roteò gli occhi sul ragazzo, battendo lenta le palpebre. «ne ho uno,» Di neurone? «l’ho rubato a ‘no sbirro» Tutto tornava, in qualche modo. Che se ne facevano le autorità di attività cerebrale, dopotutto: ACAB, am i right. «quando hanno provato a fermamme durante gli scontri post fiorentina-roma. me lo so riportato a casa.» C’era da dire che per quanto nessuno avrebbe dato due spicci all’intelligenza sociale del membro della security, sapeva cosa dire per attirare l’attenzione della Corvonero. «ti aveva colpito?» priorità, perchè quello era un dettaglio che avrebbe incrementato l’interesse di Ben nei confronti dell’arma. Sospirò affranta e drammatica, l’austriaca, scrollando il capo per spostare i capelli corvini dalla fronte. «avrei voluto anche io riportarmi a casa il bastone con cui ti ho colpito alle palle» tono morbido e sognante, quasi affettuoso. L’alleanza - ancora si rifiutava di ammettere l’altra parola con la A - con il Linguini non era stato il suo momento migliore, ma aveva anche dei bei ricordi di quella simulazione.
    Oltre a essere fuckin Rihanna.
    «te? li vuoi addormentà co ‘na ninna nanna? mi aspettavo di più da te, Puffè.»
    Puffè. Interrogativa, perchè la sua mente non poteva concepire che quella potesse essere una battuta o realmente quel che pensava Romolo di lei - quello sì che avrebbe rovinato il loro rapporto - corrugò le sopracciglia, aprendo i ganci della custodia per mostrare la sua creazione. «addormentarli per sempre? se capita» fece spallucce, estraendo la scimitarra per posarla neutra in grembo. Esitò, prima di voltarla verso l’altro mostrando il suo nome ancora a metà fatto a perline e brillantini. Romolo voleva fare bella figura con lei, ma lei non voleva… cosa, deluderlo? Qualcosa di simile, agrodolce ed estraneo sulla lingua. Non necessariamente renderlo fiero di qualcosa, ma neanche… (tanti sospiri profondi) farglielo rimpiangere, ecco. AVEVA LEI DA VERGOGNARSI DI LUI, NON AVREBBE PERMESSO IL CONTRARIO! Drizzò le spalle, sbattendola di piatto sulla propria coscia.
    «la sto personalizzando» non un cenno di imbarazzo nel viso della mora, occhi neri ed inquietanti (cit) a studiare la reazione dell’altro.
    E di nuovo. Di nuovo, aggiunse «dovresti provarci anche tu sul tuo manganello» con la punta del piede, spinse la confezione con i diamantini rosso sangue verso Lollo. «scriverci dieci. o daje» Sporse le labbra verso l’esterno. «lollo sarebbe umiliante»
    Punto.
    bennett
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    i berserker hanno la violenza nel sangue. scatenano la loro furia sul nemico con efferatezza, incuranti della propria salvaguardia.
    La dimostrazione che Romolo Linguini fosse un maschio basic stava tutta nella posa rilassata delle spalle in presenza di Bennett Meisner: nessuno, escluso un individuo privo di intelletto (e di un po' di furbizia e amor proprio) o uno molto molto molto vicino alla Corvonero avrebbe mai potuto permettersi lo stesso livello di tranquillità che emanava in quel momento l'italiano — e lungi da lui convincersi di appartenere alla seconda categoria, mpf. Di essere un po' il classico maschio bianco het, invece, lo sapeva benissimo, e non gli costava assolutamente alcuno sforzo, né andava ad intaccare il suo orgoglio, ammetterlo.
    Meglio dell'alternativa, no? Accettare di aver adottato, in qualche modo e maniera, la piccola e ferale cacciatrice blu-bronzo, al punto da considerarla un'aggiunta alla famiglia che Lollo non aveva scelto, ma che aveva amato per tutta la vita. Bennett, la versione Polly Pocket tascabile di una macchina da guerra, era diventata, di fatto… qualcosa. Una cuginetta di dieci anni da istruire e portare sulla retta via (era certo che prima o poi sarebbe stato in grado di insegnarle anche come dire Forza Roma *manine*); un'alleata complice, letale, affidabile; qualcuno a cui rompere i coglioni quando si annoiava, in mancanza del resto dei Linguini; qualcuno che lo capisse, pur non ammettendolo ad alta voce, senza che lui dovesse impegnarsi per esprimere certi pensieri, perché lungi da lui sapere come farlo. O volerlo fare, per quel che valeva.
    Una ragazzina sveglia, e con la lingua più affilata delle lame per cui aveva uno strano fetish, ma la cui presenza stava pian piano crescendo sul Linguini.
    «ti aveva colpito?»
    Si voltò nella sua direzione, reclinando il capo all'indietro per riuscire a vederla meglio, schermando gli occhi con una mano per proteggerli dalla luce bianca del cielo plumbeo.
    «c'ha provato.» le rispose, con orgoglio, pur sapendo che non era quella la risposta che sarebbe piaciuta alla Meisner. «ma io so' stato più veloce di lui: ho scartato di lato, j'ho dato 'n carcio sullo stinco, e quando s'è piegato, j'ho sfilato il manganello dalle mani e je l'ho dato in testa» e poi era scappato, correndo il più veloce possibile, sfruttando la sua natura di lupo senza rimorsi, perché l'ultima cosa di cui aveva bisogno era finire di nuovo agli arresti, e rimanerci — perché glielo avevano promesso che, al prossimo sgarro, l'avrebbero sbattuto dentro e gettato la chiave della cella sul fondo del Tevere.
    «avrei voluto anche io riportarmi a casa il bastone con cui ti ho colpito alle palle»
    Quel commento lo distolse dai suoi pensieri e dalla possibilità concreta di iniziare a valutare i pro di vivere a Rebibbia, perché di quel passo era lì che sarebbe finito; rivolse alla ragazzina una smorfia compiaciuta (e anche un po' dolorante al ricordo di quel momento: era successo nel fottuto videogioco, ma lo ricordava come se fosse successo davvero a lui) quando tornò a focalizzare l'attenzione su di lei.
    «me voi proprio 'na cifra de bene, eh ciciolè.» perché se non era quello il modo migliore in cui esprimere affetto, quale? Per Lollo era stato così tutta la vita: insultare e prendere a parolacce chiunque fosse importante per lui, perché le belle parole colme d'affetto erano sopravvalutate e lui a rischio diabete. «nun puoi di' che nun è vero» e se c'era un limite sottile tra provare e rischiare di bruciarsi, Lollo Linguini non sapeva quale fosse. E poi, una scottatura in più o in meno quale volete che fosse il problema!
    Se proprio, era divertito all'idea di stuzzicare la corvonero e vedere fino a che punto arrivava la sua pazienza, e quando, invece, l'avrebbe persa del tutto e usato la scimitarra nascosta nella custodia su di lui.
    Un momento.
    La scimitarra nascosta nella custodia?
    Lollo drizzò le orecchie e affinò i sensi da guardia (non infame) in quel momento, riservando un'occhiata di traverso a Ben. «l'hai rubata in armeria?» domanda lecita, gli sembrava più probabile dell'alternativa, ovvero che le fosse stata consegnata via gufo… ma non meno improbabile dell'alternativa all'alternativa, ovvero che ci fosse arrivata a scuola a settembre — dopotutto, il controllo dei bauli era uno dei compiti più pallosi di sempre e capiva chi non aveva sbatti di farlo (lui, lui non aveva sbatti di farlo). «nun lo so mica se ti posso lascia' andare in giro con quella, sai» che poi, una domanda sovveniva all'italiano: «ma quante spade c'hai» perché quella che gli aveva visto usare per minacciare il tassorosso, mesi fa, gli era parsa decisamente un altro genere di lama…
    Non riuscì comunque a frenare la curiosità quando la vide, messa in bella mostra sulle gambe, e notò l'impugnatura decorata a metà. «vedo…» forse un po' derogatory nel tono, ma allo stesso tempo un po' (affezionato) abituato alla follia della mora. Mora che, ora, lo fissava intensamente. «che c'腻
    «dovresti provarci anche tu sul tuo manganello» eh?? Mica era Giovanni Muciaccia. «scriverci dieci. o daje» oddio, che cosa incredibilmente trash…. «ma sai che, quasi quasi….» non avrebbe sovuto prenderla in considerazione, come idea, perché era un'idea infantile e un po' da fighette, ma sapete cosa?!
    «lollo sarebbe umiliante»
    No, non quello. Dicevo, sapete cosa?! Poteva essere un'idea. Tipo “scemo chi legge” eccetera eccetera.
    Passò lo sguardo scuro sui brillantini offerti dalla corvonero, riflettendoci seriamente su.
    «sicura che non ti serva altro rosso sangue per imprimere meglio il messaggio?» le chiede dopo un po', indicando con un cenno del mento il nome lasciato a metà, e poi: «ce li hai anche gialli?» la domanda più importante di tutti, altrimenti quella cosa non si poteva (né doveva.) fare.
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    le lame mortali non hanno clemenza nè compassione per i nemici, e la loro furia va a discapito di loro stessi.
    La cosa che trovava più difficile ammettere – a se stessa, figurarsi ad alta voce – era che trovasse Romolo Linguini… divertente. Non solo buffo e pagliaccio, quello credeva fosse conoscenza comune, ma intrattenente, e non necessariamente a sue spese. Non troppo, almeno. Strinse le labbra fra loro, trattenendo un sorriso al suo racconto di come si fosse appropriato del manganello. Riusciva ad immaginare la scena così bene, compresa la fuga della quale l’ex Grifondoro non aveva voluto renderla partecipe, che un po’ sentì di esserci stata anche lei.
    Non così. Grazie a Dio. Avevano già condiviso una giungla ed un camionista, gli sembrava abbastanza per tre vite intere, ed una a metà. «forte» commentò, impassibile.
    Tristemente, lo pensava davvero. Perfino un po’ invidiosa, perché Ben aveva vissuto un’adolescenza protetta, custodita fra famiglia e amici come il dollaro fortunato all’interno del portafoglio di ogni famiglia scaramantica che volesse portarsi soldi, e di conseguenza priva di… quello. Con i ben ne combinavano davvero di ogni, sicuro, ma erano in dieci, ed ogni reato rientrava ormai nel campo della criminalità organizzata – l’aveva studiato; magiavvocato, ricordate?
    L’espressione della Meisner era perennemente torva. Di natura, senza impegno. Se possibile, alla smorfia compiaciuta del Linguini, riuscì comunque a rabbuiarsi di più.
    «me voi proprio 'na cifra de bene, eh ciciolè.» Infantile, avrebbe voluto rispondere stizzita perchè ti ho colpito alle palle? Ma sei cretino? fingendo di non sapere a cosa si riferisse, ma aveva ormai diciassette anni. Era una donna matura, indipendente, forte, superiore, e quindi gli diede un pugno sulla spalla.
    Forte.
    «il prossimo è in faccia.» mugugnò, senza guardarlo in faccia. Volergli bene, sembrava… estremo, perfino nelle loro peculiari circostanze. Drizzò le spalle. Forse non poteva dire non fosse vero, ma poteva sempre accoltellarlo ed assicurarsi che nessun altro lo venisse a sapere. Era abbastanza vergogno così.
    Decisamente il momento di tirare fuori l’artiglieria pesante, prima che dicesse qualcos’altro di inappropriato e stupido che le avrebbe fatto rimpiangere i metri percorsi per raggiungerlo, o il fatto che volesse il suo primo omicidio significativo. Un sacrificio, magari. Un torto antico e vecchio come il mondo.
    Vendetta su chiunque avesse rapito gli amici dei suoi amici, perché Ben sapeva fosse una possibilità concreta. Non le dispiaceva quanto avrebbe dovuto.
    «l'hai rubata in armeria?»
    Ma cazzo diceva. Aggrottò le sopracciglia, stringendo oltraggiata la scimitarra al petto. «è mia» voleva forse fare lo SNITCH? LOLLO?! CHI FACEVA LA SPIA NON ERA FIGLIO DI MARIA NON ERA FIGLIO DI GESù ALL’INFERNO CI VAI TU. «nun lo so mica se ti posso lascia' andare in giro con quella, sai» Sbuffò una risata, roteando gli occhi scuri sul suo viso. «non mi stupisce, non sai mai niente» un po’ severo, ma anche giusto. E poi metà degli studenti di Hogwarts spacciava, buon Dio, minchia voleva dalla sua spadina. «ma quante spade c'hai» A quello, aveva una risposta precisa: «q.b.» imparata dai ricettari di Ficus. Praticamente, da che diceva il ragazzo, q.b. significava a sentimento. Lo sentivi dentro, quand’era abbastanza. Si era sentita compresa e molto rappresentata.
    Bennett non era brava a condividere. Lo faceva con i suoi amici perché li amava e venerava, ma solo perché a loro aveva già dato anche sangue ed anima. Gli altri? Lollo? Eppure, non tornò sui propri passi: rimase a guardarlo cauta, in attesa di un rifiuto con cui avrebbe potuto chiudere la saracinesca e tornare a farsi i cazzi suoi in una bolla senza il Linguini. Non dava tante opportunità – solo una. D’istinto, alla prima smorfia del moro, si spinse un po’ più avanti pronta a ritirare l’offerta e ringhiare, l’offesa era sempre la miglior arma, ma si trattenne. Gli concesse ancora qualche secondo, perché … perché sì, e basta. Che vi frega del perché? «ma sai che, quasi quasi….» Lo faceva per far felice lei? Non era mica obbligato, eh. Poteva andare a farsi fottere, e non le sarebbe importato un accidenti di niente. Assottigliò le palpebre, i muscoli della schiena rigidi come le corde del violino che non aveva nella custodia.
    «sicura che non ti serva altro rosso sangue per imprimere meglio il messaggio?»
    Esalò il fiato che aveva trattenuto fino a quel momento. Piano, per non dare nell’occhio. Si sgonfiò comunque come un palloncino, causando ad un timido sorriso di sfuggire al suo ferreo controllo. «sto usando quelle argento, così possono diventare rosse con il sangue dei miei nemici» non stava neanche scherzando, perché idealmente, era una logica che non faceva una piega. Se le aveva gialle?! Allungò una mano al proprio fianco, afferrando un contenitore e lanciandolo al Linguini. Certo che le aveva. «per ficus e balt» una pausa. «e la bandiera pan e non-binary» a ciascuno le sue priorità.
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