but I can't keep— (fuck)

fray ft. nate

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    friday de thirteenth
    Sembrava destino.
    Chiaramente non lo era, visto come si erano evolute le cose – Friday, stranamente, non si era persa in strani labirinti magici, e Nathaniel aveva rimandato il milkshake al giorno dopo, perdendosi la pseudo rapina in corso – ma lo era sembrato. Uno strano intricarsi di fili dettati da un volere superiore (la palla) a scrivere una storia tutta particolare che li aveva portati in momenti eguali ed opposti, binari paralleli destinati a non incontrarsi mai, hashtag star crossed almost lover.
    Eccetera eccetera.
    Insomma, il Fato non aveva davvero previsto quell’incontro, figurarsi Friday De Thirteenth, che quel giorno come i cento precedenti, ancora non aveva capito da che parte fosse girata nel mondo.
    Era sparita per cinque mesi, rapita in un Laboratorio Siberiano dove sperimentavano magia radioattiva su dei bambini. Non le avevano tolto la bacchetta, ma qualcosa le avevano preso comunque: promesse che non aveva mantenuto, integrità morale, fiducia in se stessa. Quando il Ministero, con una task force chiaramente prevista per sopperire nell’impresa, li aveva raccolti e riportati nella società, Fray aveva… lentamente cercato di inserirsi negli ingranaggi che prima l’avevano ospitata oh, così comodamente. Era una giornalista, una ricercatrice, un’esploratrice, ed era una obliviante, anche se quel lavoro aveva iniziato ad andarle stretto. Il pensiero di usare la magia, perfino dopo mesi, continuava a farla sentire… sporca, come stesse facendo qualcosa di sbagliato. Non lo sentiva naturale. Ogni volta che impugnava il catalizzatore magico, sentiva sulla lingua il sapore di cenere delle pire accese fuori dai Laboratori, i corpi dei caduti a disintegrarsi nella neve.
    Un mese…? Dopo, Abbadon era tornato da ovunque fosse nascosto, per dichiarare guerra a tutto. Non una fazione specifica, non una parte geografica delimitata, a tutto il mondo. Aveva riso all’idea che potesse infrangere lo statuto di segretezza, agitando una mano nell’aria per liquidare la questione: ma dai, e chi mai gli avrebbe dato corda in una follia simile -
    Tutti. La risposta era tutti.
    Sapeva che ci fossero delle forze opposte in quella guerra, ed era stata dannatamente tentata di mandare tutto a fanculo, e tornare l’adolescente riottosa che saltava sul tavolo della Sala Grande aizzando la rivolta per offrire uno stipendio agli Elfi. Poi aveva guardato Thor, gli occhi enormi e spaventati con cui l’aveva osservata al lockdown di Hogwarts. Le spalle irrigidite ed i pugni lungo i fianchi, a fingere di non essere terrorizzata da qualunque cosa stesse succedendo, ed era stata egoista, scegliendo sua sorella rispetto alla cosa giusta da fare. Poi era apparso Sandy, con una faccia… diversa, ma Sandy comunque. Lo ricordava bambino con quegli stessi occhi e identiche fossette; non si era resa conto di quanto fosse cambiato negli anni, finché non si era presentato al loro zerbino con quell’aspetto. Smarrito. Spaventato e perso, con strani vuoti di memoria – «no, sunday, non sono stata io – e momenti in cui sembrava dimenticarsi di esistere nel loro stesso spazio e tempo. Un mese ad aspettare che finisse. Il massimo che era riuscita a fare, dal covo13th, era stato mandare risorse finanziarie a gruppi di nicchia dei quali non avrebbe neanche dovuto conoscere l’esistenza; non era bastato.
    Un (breve) preambolo per dirvi che alla De Thirteenth, come ad un Giuliano abbarbicato sul cuscino più comodo del divano di casa #Alzheimer, giravano i coglioni così vorticosamente, che poteva tranquillamente essere la mascotte dei #Sette a distruggere qualche cittadina dall’altra parte del mondo.
    Troppo presto?
    Passò le mani sul volto, premendo le dita sulle palpebre abbassate prima di trascinarle sulle guance tirando verso il basso. Come si fosse ridotta a quello, di nuovo, non avrebbe saputo dirlo. Uno pensava che dopo un po’ si imparasse dai propri errori, ma non la nostra De Thirteenth, nossignore: lei perdeva la vagina incastrandosi nella sua forma metamorfomagus per far riavere la magia a suo fratello, poi rintracciava l’unico mago in circolazione che l’avrebbe riportata alla sua forma originaria perché in possesso dell’anello, poi seguendo una pista per un articolo si faceva rapire per la Siberia e, bonus, ritrovava il mago che le aveva ridato le ovaie, solo che non era più un mago ed era uno special depresso e tossicodipendente. OPLA! Ed eccola in quella che si prospettava essere un’altra meravigliosa avventura, spinta dalla frustrazione di non sapere più cosa fare di se stessa. Come rendersi utile, in primis; come smettere di sentirsi colpevole per cose che non aveva fatto. Aveva addirittura valutato la possibilità di sganciare il cash nei Laboratori, e tentare il tutto e per tutto sperando le dessero la chiaroveggenza, ma alla fine si era risolta a metodi più… umani. Razionali? Non tanto: dipendeva dai punti di vista.
    Aveva trovato quella piccola bancarella nella periferia del Wicked, dove La Veggente leggeva il futuro in maniera, dicevano le recensioni, spaventosamente accurata. Il suo carro sarebbe rimasto solo per pochi giorni, quindi bisognava prendere appuntamento, ed offriva diversi servizi ai suoi clienti. Friday credeva che fosse una grandissima baggianata, ma era così disperata da essersi aggrappata perfino a quello: le avrebbero tolto il MALOCCHIO? Sì, per favore. Non era disposta a vendere il suo primogenito solo perché non progettava di avere figli, ma almeno ad un rene poteva rinunciare.
    «TREDICI!»
    Sì, c’era il biglietto come dal macellaio. E sì, per una peculiare ironia dell’universo, le era capitato il 13. Sollevò le tendine, volgendo un sorriso a labbra serrate alla donnina, che immagino inquietante come quella della Città Incantata, seduta al centro della baracca.
    «dov’è l’altro?»
    «...l’altro?»
    «ne manca uno»
    Stavano già parlando dei reni? Corrugò le sopracciglia, cercando di essere il meno sospetta possibile nel tastarsi i fianchi. «no?»
    «e ti dico di sì invece. Io lo so» si puntellò violentemente un dito alla tempia.
    Friday ebbe un po’ paura.
    «LO :eye: :ball: :eye: SHENTO»
    «oh…….» annuì, malgrado non avesse capito. L’altra la invitò ad accomodarsi.
    «arriverà a momenti. Abbiamo molto di cui parlare»
    Oh, Cristo Santo: voleva anche un polmone?!
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    nathaniel henderson
    «Nathaja. NATHAJA!» corse - e corse ancora - dietro il cane, chiedendosi se fosse impazzito o davvero ci fosse una pallina magica che svolazzava in giro.
    Il golden retriever si fiondò all'interno di una tenda, e senza neanche guardare che tenda fosse, Nathaniel lo seguì. Più tardi, si rese conto che nessuno l'aveva fermato, neanche quelli in coda, zittiti da qualcuno che diceva «Fidatevi del destino»
    Spalancò la tenda, facendosela ricadere alle spalle mentre entrava. «nathaja! Seduta!» Ma il cane era già tranquillo e beato accovacciato a terra con la pallina conquistata.
    Nathaniel capì di essere caduto in trappola.
    Conosceva quel posto.
    Il cuore saltò un colpo, un guizzo di speranza e-
    Conosceva anche quella donna. Ah.
    «...non sono neanche sorpreso»
    Scuotendo la testa, Nathaniel distolse lo sguardo dalla rossa seduta al tavolino, mentre si faceva avanti all'interno della piccola tenda per andare a recuperare il guinzaglio di Nathaja.
    «Eccoti, finalmente. Ti stavamo aspettando»
    «La...» salutò con un cenno del capo La Veggente - che ormai lui chiamava solo per nome, tanto tempo aveva passato lì negli ultimi anni - e Fray alzando una mano in aria. «Fray»
    Tornò alla vecchietta.
    «Ci conosciamo già» spiegò indicando fra sè e l'americana, e scosse di nuovo leggermente la testa, un messaggio muto, questa volta. "Coppia sbagliata", cercò di fargli capire. Se fra lui e la De13th fosse dovuto succedere qualcosa, sarebbe successo secoli prima, quando era stata a Hogwarts come supplente.
    La Veggente aveva un certo... debole, per Nathaniel. Probabilmente gli piacevano i casi disperati, o avrebbe smesso di farlo finire a caso nella sua tenda con strani barbatrucchi per fargli conoscere gente random e promettergli l'amore eterno.
    Non funzionava mai.
    Nate ci sperava sempre.
    Altrettante volte ci restava male.
    Troppo giovani, troppo vecchi, orientamento sessuale sbagliato, disinteressati ad una relazione e basta.
    Come shipper, La Veggente lasciava davvero a desiderare.
    Aveva solo trentadue anni, sapeva di essere troppo giovane per dire che l'amore non sarebbe mai più arrivato... ma iniziava a stufarsi all'idea di cercarlo.
    «Lo so. Io so tutto»
    Sì. Ok. Non aveva davvero sbatti di stare al gioco, quel giorno. Da quando era finita la guerra a lavoro c'era un sacco da fare, fra poco sarebbe di nuovo iniziata la scuola, con ivorbone casata a tutti gli effetti, e il quinto livello doveva ancora organizzare burocraticamente-
    «Siediti» La agitò una mano, e lo obbligò a prendere posto.
    Dio, odiava quando faceva così. Non era colpa di Nate se trovava sempre pretendenti sbagliati, come Elijah, e come Nate stesso, e come-
    no non era il tempo di spiraling e considerare che forse il problema fosse lui e basta. Per quelle serate, serviva vino, gelato, e una buona connessione ad internet per piangere con commedie romantiche.
    Sorrise un po' dispiaciuto a Fray. Sperava lei non fosse lì per cercare l'amore, e non ci fosse rimasta male...
    «il mio cane-...»
    «Nathaja sta benissimo. Gli SSpiRitIIii baderanno a lei»
    sì. ok.
    Nate cercò lo sguardo de La Veggente. mimò col labiale un "dieci minuti", e posando le mani sul tavolo assunse la posa e l'espressione da persona che si ritrova per PURO CASO E WOW ERA DESTINO!!! all'interno della tenta di un magico matchmaker.
    «C'è qualcosa fra voi»
    Mh mh. Sì ok.
    «Un mistero» «Un segreto» mhmh «Ma solo uno di voi lo sa»
    Lo fissò.
    E Nathaniel, con un terribile click, capì.
    Era stata tutta colpa di quei brownies - e del micidiale talento di nathaniel di cucinarli come solo un angelo avrebbe potuto fare (merito di anni passati a cucinare per sè, e dell'ingente quantità di erba che ci metteva dentro; non era tipo da andarci leggero). Il «Ti amo!» era scappato dalle labbra della ragazza leggero e spensierato, e forse in un altro momento Nathaniel avrebbe colto quanto ci fosse di sbagliato in quell'affermazione, che l'amica non amava lui, ma quello che aveva creato, ma
    era fatto
    e giovane
    e stupido
    e pronto ad aspettarsi un twist da commedia romantica da un momento all'altro. Una confessione in piena notte in mezzo ad altri segreti personali grazie alla droga? Un grande classico!!!
    Peccato che ad aver detto quel ti amo fosse stata la persona sbagliata. Non sarebbe dovuta essere Friday, non era lei la persona giusta per nate. Erano amici! Avrebbe rovinato tutto! A lui piaceva il suo amico - e non avrebbe mai avuto possibilità con l'americana infatuata fra loro!
    A quel punto l'oblivion era stato necessario, capite?
    Doveva solo farle dimenticare quel sentimento - o per lo meno quella conversazione, lasciandole credere che non le fosse sfuggita la confessione
    Forse aveva cancellato un po' troppo, ok, ma considerando che era pure fatto era stato bravo! Cioè, li avete visti i MAGO, no? Almeno non aveva reso Fray un vegetale (anche se probabilment per buzzfeed era una carota) e non l'aveva portata al suicidio!!1 Era sempre stato in gamba con gli incantesimi mentali, più che quelli fisici.
    In ogni caso.
    Non glielo aveva mai detto, per ovvi motivi.
    E aveva tutta l'intenzione di continuare così.
    «hai un segreto per me Fray?» domandò con forzata allegria - provando a suonare piacione per far felice la Veggente (ci provava! visto!)
    ....ODDIO E SE FRAY ANCORA AVEVA UNA COTTA PER LUI ED ERA QUELLO IL SEGRETO??? Cioè, non è che lei non le piacesse, eh, sarebbe stato felice di uscirci insieme, ma se poi fosse andata male?
    Anzi. Peggio.
    Se fosse andata bene e avesse dovuto raccontarle la verità di quando avevano diciassette anni? greve.
    «certe cose è meglio non dirsele, forse» dico, eh
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    friday de thirteenth
    Friday non aveva molti amici. Viaggiava spesso, e nei periodi in cui era a casa, preferiva passare il tempo con la propria famiglia piuttosto che fare catch up con chi si era lasciata alla spalle. Faticava a mantenere i rapporti a distanza, mettendo a repentaglio anche quelli che potenzialmente avrebbero potuto esserlo anche con pochi incontri l’anno. Ma! Ma. Aveva parecchie conoscenze amichevoli, persone a cui sorrideva sincera agitando la mano, con cui scambiava volentieri convenevoli, e talvolta offriva perfino spontanei appuntamenti per un caffè ed una chiacchierata.
    Era davvero convinta che Nathaniel rientrasse in categoria.
    Poi aveva visto la sua espressione pregna di aspettativa spegnersi come un cerino di manifestazione, il tono farsi piatto e lo sguardo stanco. Il sorriso, seppur confuso, dell’americana, era sparito in fretta. Ora. Non saranno stati migliori amici, ma «...non sono neanche sorpreso» anche meno? La De Thirteenth, che raramente non prendeva qualcosa sul personale, battè lenta le palpebre portando un’oltraggiata mano al petto. «scuuusa. la mia presenza ti offende?» Mostrò il palmo a Nate, appiattendo le labbra fra loro. A parte che aveva davvero sperato che il segno e l’altro fossero il cane – forse non voleva i suoi organi, forse voleva dirle che nel suo futuro vedesse una riserva felice di animali e creature magiche che la amavano e con cui non doveva essere politicamente corretta evitando il gesto dell’uccello – ma poi scusa, da cosa non era sorpreso. Che vendesse organi? Che – CHE COSA. Manco le interessava, l’attitudine fu abbastanza per farle drizzare le spalle, ed incrociare le braccia al petto, facendo atterrare deliberatamente gli occhi verdi sulla vecchia. «cioè. capito» girls support girls, perfino quando la girl puntava agli organi interni e già sognava il prezzo della sua milza al mercato nero – si faceva quel che si poteva. Il cane sbuffò, e Fray seppe fosse un cenno d’assenso nei suoi confronti. Il periodt queen canino, perfino.
    «Fray»
    «friday*» corresse. Cos’era quella confidenza, dopo il nOn sOnO nEaNcHE sOrPrEsO. Al prossimo incontro al Ministero, avrebbe aspettato che fosse vicino alle porte dell’ascensore prima di chiudergliele in faccia, anziché attendere come faceva di solito. «Ci conosciamo già» Non avrebbe potuto sembrare meno felice neanche se ci avesse provato. Ma che… problema aveva. Conscia di avere la coscienza pulita – dopotutto, aveva passato mesi in Siberia, poi c’era stata la guerra; aveva avuto poco tempo per fare danni sociali – riportò uno sguardo corrucciato sull’Henderson. Curvò le labbra verso il basso, scuotendo il capo con disappunto. «a malapena» concesse, in direzione della veggente; fosse mai che credeva si conoscessero davvero e Friday De Thirteenth fosse il tipo di donna che accettava di farsi trattare così. EVIDENTEMENTE, non lo conosceva affatto.
    Cioè. Entravi in una tenda occupata di qualcuno che prometteva una visione sul futuro, ed anziché sorridere – confuso ma piacevolmente sorpreso di avere ancora entrambi i reni ed essere IN OTTIMA, mind you, compagnia – e domandare perché foste lì, accettandola poi come la sfida avventurosa che era, dovevi comportarti da infame? Non era il genere di amicizia che la ex Grifondoro voleva nella sua vita.
    Non ricambiò il sorriso di scuse di Nate. Perlomeno, non alzò il dito medio – e solo perché era matura. Lo osservò prendere posto con il cinismo che meritava, lasciando trapelare sincera preoccupazione solo all’idea che gli spiriti si prendessero cura del Labrador. Uh? Approfittando dell’intenso scambio di occhiate fra Nate e la Veggente – ma che… affari avevano fra loro. Oddio. Che in realtà Nate, dicendo di conoscerla, volesse preservarla dal mercato nero suggerendo un’altra vittima? Thinkin. Assottigliò le palpebre, osservandoli entrambi – si avvicinò un po’ di più a Nathaja. Poteva anche non essere contenta del comportamento del suo padrone, ma avrebbe difeso il cagnolone a spada tratta da qualunque spirito nei paraggi.
    «C'è qualcosa fra voi»
    Lei e Nate….?
    «Un mistero»
    In che senso….
    «Un segreto»
    «signora veggente, sarò onesta con lei -» stava per farle notare, gentilmente e con rispetto, che non fosse lì per… quello, qualunque cosa quello fosse. Voleva risposte sul futuro, non una missione Goonie sul passato, soprattutto se riguardava lei e Nate. Nulla da togliere al responsabile special, ma non credeva avessero intercorsi così interessanti, o segreti particolari che valesse la pena svelare. Insomma, Friday De Thirteenth era troppo trasparente per possedere scheletri nell’armadio.
    «Ma solo uno di voi lo sa» Un… segreto davvero strano.
    A quel punto, necessità virtù, cercò interrogativa e solidale lo sguardo di Nathaniel, perché certo anche lui doveva essere smarrito quanto – uh.
    Uh.
    Vorrei ricordare al pubblico a casa, che per quanto Friday fosse impulsiva, e tendesse ad agire prima di pensare, non era stupida quanto le sue scelte la facevano sembrare. Era sveglia, in grado di cogliere le espressioni delle persone e tradurle in significati – aveva lavorato nella CIA, per la miseria, ed era una sorella maggiore. Forse quello, più dell’agenzia segreta americana, giustificava il piglio sempre critico ed attento. Battè le palpebre, la testa sulla palla mentre osservava l’altro.
    «hai un segreto per me Fray?»
    Oh, baby boy. Evil. Quel sorriso avrebbe anche potuto funzionare su una Friday più giovane (e infatti.) ma l’unico tipo di fascino che colpiva la De Thirteenth, ormai, era la stabilità mentale, e lungi dall’Henderson sembrare il tipo di persona che avesse la propria vita in ordine. Ricambiò comunque il sorriso, l’indice a far segno di no e lo sguardo ridotto ad una fessura: ci hai provato. «tu sai di cosa sta parlando» sembrava un’accusa, perché la era.
    «certe cose è meglio non dirsele, forse»
    Nei suoi sogni, forse. Inspirò profondamente, facendo scivolare il sorriso dalle labbra in favore di un’espressione seria e risoluta. «cos’hai fatto» severo, e che ammorbidì appena tenendo in considerazione che… beh, non era stato carino quel giorno, ma tendenzialmente Nate era un tipo a posto, e le piaceva. Era disposta a concedere il beneficio del dubbio. «tutto ok?» Si era infilato in qualche… brutta situazione? Il destino l’aveva voluta lì perché Nathaniel Henderson diventasse la sua causa? C’era solo onestà negli occhi curiosi della giornalista, un «posso aiutarti?» sinceramente interessato. Aveva i suoi :sparks: problemi :sparks: ma era ben più che felice di metterli da parte per concentrarsi su quelli di qualcun altro.
    La risata della Veggente la fece trasalire. Una risata… roca, bassa, e decisamente meno divertita, a giudicare dall’espressione deadpan del suo volto, di quanto la durata avesse lasciato intendere. Ma che stava succedendo. Forse gli spiriti si erano annoiati a giocare al riporto con Nathaja, ed avevano deciso di possederla. Forse Sara ed Arianna sono di nuovo incastrate con il Gargoyle King. Forse la droga sarebbe stata il per sempre delle loro role.
    «STA SUCCEDENDO»
    Si avvicinò maggiormente al cane. Non si sapeva mai. Lo sguardo di Fray rimbalzò dalla donna all’Henderson, un silente oh, amica tua che non giudicava, per carità, ma chiariva che non avrebbe preso parte a quella follia.
    «il futuro non è altro che il passato sotto una nuova lente»
    Uhm… uhm. Molto filosofico, ma anche… inesatto. Sperava.
    «quello che sarete domani, è il frutto di quello che siete stati»
    Non aveva paura, ma… quasi.
    «O QUELLO CHE AVRESTE POTUTO ESSERE!» La Veggente schioccò le dita, e due fili di fumo uscirono dalla punta dei polpastrelli. Un trucco da prestigiatore, ma comunque ad effetto. Annuì ammirata, perché un po’ di scenografia faceva sempre la sua figura. La donna indirizzò il fumo alla palla di cristallo poggiata sul tavolino, blaterando parole incomprensibili – le parve di cogliere chiaramente ”biblietto” nella sua litania – e scuotendosi tutta.
    «tu c’eri al corso di aggiornamento del primo soccorso?» domandò, temendo che fossero le prime fasi di un attacco epilettico. «dobbiamo -»
    «e se.
    E se……..»

    Inspirò, sentendo qualcosa di diverso nell’aria. Aveva un gusto… dolce, tanto che potè sentirlo sulla punta della lingua. I contorni della stanza sembrarono sciogliersi, e la De Thirteenth fu presa da momentanee vertigini. «già ai reni?» mormorò.

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    non ho specificato la fine nel post così ti lascio il Grande Potere del libero arbitrio, ma what if. what if. la sciura ci drogasse a andassimo un po' a spasso nei ricordi?? WHAT IF!! dai, come ospiti ad osservare i mini noi!!&& pensaci
     
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    nathaniel henderson
    Nathaniel non era totalmente estraneo ai segnali sociali, e non era neanche così pieno di sè (forse.) da non essersi reso conto che avrebbe potuto essere più gentile con Fray- Friday.
    Alla terza risposta scocciata della donna, le lanciò uno sguardo apologetico, un muto "non sei tu, è quella vecchiaccia" che, giuro, era sincero. Non era la rossa il problema - e neanche la possibilità, seppur remota, che qualcuno potesse vedere in loro una possibile coppia funzionale. Era solo stanco di porgere una mano, e farsi prendere tutto il braccio. E perderlo. E restare monco a vita.
    «ci conosciamo»
    «a malapena»
    Che era- non propriamente vero, decisamente non per Nathaniel, almeno, ma se l'era meritato. «Lavoriamo al ministero insieme» Lo disse senza distogliere lo sguardo da lei. Divertito della minimizzazione di lei? Dispiaciuto di essersi giocato punti amicizia così?
    Pensò di aggiungere, per riacquistare fascino ai suoi occhi, che quando aveva bisogno di una mano con un obliviante, andava sempre dalla DeThirteenth.
    Sarebbe stata una bugia.
    Non la evitava, ovviamente, ma non la cercava neanche. Santo cielo, le aveva cancellato la memoria: era già troppo assurdo che l'americana avesse seguito una carriera come obliviante, e Nathaniel, quando se l'era ritrovata in inghilterra, aveva passato giorni a chiedersi se fosse stata colpa sua, se una parte nascosta della rossa non avesse desiderato uscire dalla nebbia in quel modo.
    E poi, il segretogheddon.
    «tu sai di cosa sta parlando»
    HHHHHHHH
    sorrise, perchè Nathaniel aveva un bel sorriso e sapeva di averlo. Arricciò il naso, la testa leggermente inclinata. "Dai, Friday, guarda quanto sono innocente; non vorrai interrogare ME?"
    «cos’hai fatto»
    Ok, voleva farlo.
    Agitò una mano in aria, mordendosi la guancia per non rispondere a brucio sulla difensiva con un "perchè dovrei aver fatto qualcosa?". Era un bugiardo migliore di così.
    «tutto ok?» oh no. «posso aiutarti?» oh no. Usava la tattica della mamma chioccia? CON LUI?? NOOO ora voleva dirle tutto!! La gente non poteva essere gentile con lui!! Aveva carenze d'affetto, evidenti problemi ad affezionarsi troppo velocemente!!
    «Friday, non...» lasciò la frase in sospeso, scuotendo la testa. "Non farmelo dire". Gli occhi azzurri erano puntati in quelli dell'altra, la mano piena di anelli, sul tavolo, ad allungarsi impercettibilmente verso di lei. "Non vuoi davvero saperlo. È meglio così".
    Anche avesse voluto continuare (magari con più tempo), non ne ebbe l'occasione.
    La risata della vecchia spezzò il silenzio.
    «STA SUCCEDENDO»
    A malincuore, distolse lo sguardo e-
    cosa
    cosa stava accadendo.
    che succede dov'è bugo.
    Quella era nebbia? Perchè iniziava a girargli la testa? «Cosa c'era- ci hai drogati?» Esasperato- e improvvisamente preoccupato quando si ricordò che in quella tenda c'era anche il suo labrador.
    Si alzò in piedi di scatto, sentendosi instabile e appoggiando le mani al tavolo e alla sedia per non cadere.
    «Che stai facendo?!» Puntò gli occhi su Fray. Doveva portarla fuori? Doveva salvarla? Non era un uomo d'azione, passando per lo più i suoi giorni in un ufficio o a scuola, ma forse fra i due era quello che viveva di più missioni violente sul campo-
    Passato, futuro, cosa- stava cercando di obbligarlo a confessare che- «ASPETTA!»
    Era veritaserum nell'aria, forse? Non era pronto!
    Ma la vecchia continuava a recitare parole a caso.
    Nate sentì che fray gli stava parlando. Colse a metà le sue parole, concentrato sulla vecchia.
    «Non così!» Ma così come, non lo sapeva neanche lui. Era però certo che se c'era magia involved, era roba brutta.
    Fu il buio.


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    «Siete così incivilizzati nelle colonie» Il ragazzo posò il vassoio con i dolci al cioccolato sul piccolo tavolino di fronte ai divanetti. «Non conoscere neanche i brownies... e dire che sono roba vostra» Alzando gli occhi al cielo, il ragazzo si lasciò cadere sul divanetto, allargando le braccia dietro di sè e accavallando le gambe.
    «oh no.»
    «non vi obbligherò a mangiarli con il tè, ma sappiate che vi perdete la più bella accoppiata anglo-americana mai scoperta»
    «Oh- no»
    Era un sogno.
    Era un sogno vero?
    Il suo personale incubo, il fantasma del natale passato che gli faceva rivivere uno dei momenti di cui più si vergognava.
    Nathaniel guardò se stesso. Un giovane se stesso, per la precisione, che con un sorriso affabile ora versava il tè al ragazzo che ridendo aveva detto che avrebbe fatto un tentativo.
    Cosa era successooooo hhhhhhhh
    Fece un grosso respiro. Si portò due dita al ponte del naso. Elaborò le informazioni che aveva:
    1) il sè stesso più giovane che vedeva di fronte a sè, non sembrava vederlo (o non l'aveva notato, ignorandolo. Poco realistico: baby Nate non si sarebbe mai fatto sfuggire l'occasione di flirtare con un uomo adulto e belloccio)
    2) era la serata in cui aveva fatto l'oblivion a Friday. Aveva rivissuto questi momenti mille volte nella sua testa
    3) l'ultimo ricordo logico che aveva come adult!Nate, era nella tenda di La Veggente, che dopo una formula mistica aveva drogato lui e
    «Fray- Friday» si voltò a cercarla. «stai bene?»
    Si mise fra lei e la scena, sperando bastasse a distrarla. «Non so cosa stia succedendo, ma sono sicuro ci sia un modo per svegliarci-...»
    Si guardò in giro. Forse erano in un pensatoio.
    Era un oggetto raro, ma per quanto ne sapeva lui, La Veggente poteva avere metodi per estrappolare ricordi, e poi farci finire la gente attraverso i fumi-...
    L'importante, era andarsene da lì in fretta, prima che accadesse- tutto.
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    friday de thirteenth
    L’adolescente Friday De Thirteenth, aveva odiato tutto dell’Inghilterra.
    Partendo dagli inglesi. Inesplicabile, la loro ossessione per il tè; assolutamente non condivisibile, l’assenza di patatine fritte ed hamburger nel menù della mensa, così come la mancanza di bibite gassate ed estremamente zuccherate. Per non parlare dell’accento. Hogwarts, poi? Regole in cui era sempre stata stretta, e da cui riusciva a scappare con il suo pureblood privilege strizzandosi in ogni angolo delle più infime concessioni, ed adottando ogni tipo di sotterfugio. Pur essendo la nuova arrivata, non aveva avuto problemi ad inserirsi, incapace com’era a tenere la bocca chiusa o farsi i fatti propri. Si era inserita a forza nelle dinamiche pre esistenti, sempre con una piuma a pendere dalle labbra ed una pergamena su cui prendere appunti fra le mani. Costantemente con qualcosa da dire, e farlo nella peggior maniera possibile.
    Polemica. Rumorosa. Crescendo aveva limato quegli angoli di se stessa, ma senza privarsene: era ancora rumorosa, e polemica, ed incapace di tenere la bocca chiusa o farsi gli affari propri. Aveva solo più esperienza alle spalle per uscire dalle situazioni scomode con (quasi. All’incirca. Ogni tanto?) classe.
    Nota a piè di pagina dell’autore, yours truly Sara: ho letto la scheda di Friday, ed ho scoperto cose sconvolgenti. Non solo era amica di Akelei, ma era perdutamente innamorata di Euge. Eugene Jackson! Bruh. Per la sacralità della narrazione, diremo che anche quel ricordo fosse un effetto dell’oblivion di Nate, tanto sfiga per sfiga il livello era quello, e quelli i peculiari gusti di una De Thirteenth sedicenne: buffi e seccanti. Back on crack.
    Battè le palpebre un paio di volte, l’americana, fino a riuscire a mettere a fuoco le pietre che componevano le pareti della stanza. Gli occhi verdi scivolarono sui divanetti rossi, il tavolo disordinato di fronte al camino, le coppe dorate sulle mensole. Riuscì quasi a sentire il calore del fuoco acceso. Abbassò corrucciata lo sguardo sul tappeto sotto i propri piedi, sul quale si soffermò più del necessario, perché non riusciva a sentirne la texture morbida sotto le suole delle scarpe. Provò, come esperimento personale, a battere i piedi.
    Si rese conto che, pur vedendoli, non percepiva realmente di avere dei piedi.
    Fu più o meno a quel punto, in una peculiare epifania nella quale rifletteva su quanto avesse dato per scontato di avere dei piedi fino a quando non li aveva persi, e come avrebbe fatto a continuare la sua vita senza sentire la gravità ancorarla a terra ed il tallone dolere nelle scarpe nuove?, che sentì le voci. Familiari nella maniera in cui lo erano i sogni del dormiveglia, incerti. Fragili. Reclinò il capo sulla spalla, osservando di sottecchi che ci fossero altre persone lì dentro, e rimase pietrificata nel realizzare che seduta di fronte a lei, arrampicata sul sedile del divanetto, a sbuffare sdegnata, ci fosse… lei. Più giovane, certo. Qualche brufolo sulla pelle chiara, fianchi più larghi in memoria di quando sopravviveva di soli conservanti, ma lei, con lo stesso curioso sguardo verde ad osservare qualcosa. Qualcuno. Riconobbe quell’occhiata perché conosceva se stessa abbastanza da sapere cosa significasse; ne perse il senso quando vide chi stesse guardando con tutta la rapita di attenzione. Quella di chi avesse la concezione fuori posto dell’artefice delle stelle, e delle onde, e dei seccanti scrosci gelidi sulla pelle dei poveri comuni mortali che cercavano di abituarsi con calmezza alla temperatura dell’acqua.
    Adorazione. Confusione. Fastidio nella linea stretta delle labbra. Poteva individuare anche un principio di rabbia, ma sapeva fosse una furia complice e giocosa.
    Uhm.
    «avete ancora una regina. Non siete nella posizione di giudicare nessuno.»
    Curvò gli angoli delle labbra verso il basso. La risata del ragazzino seduto con lei sul divanetto, la fece automaticamente sorridere in entrambe le versioni di se stessa, perché Elijah Dallaire le aveva sempre fatto quell’effetto. Quello dei cuccioli che inciampavano nelle loro stesse zampe, per intenderci – intenerito, ed un boost di serotonina. Si era unita alla squadra di Quidditch anche per lui, oltre per dare fastidio a Piz (perché a quanto pare dalla scheda ho scoperto avesse un problema con i texani), malgrado non sapesse giocare. Un fatto riconosciuto anche dal Dallaire, che era troppo buono, certo, comunque non abbastanza da metterla titolare. Con giusta causa. Era il ragazzo perfetto di cui innamorarsi a quell’età, il principe azzurro che ogni ragazza avrebbe desiderato, con quei sorrisi perfetti e le forme gentili dell’uomo che sarebbe diventato (giusto perché Fray si era persa l’era Gollum.).
    Ovviamente, non Friday De Thirteenth. Nossignore. Lei non era come le altre ragazze, lei era peggio. Il suo cuore era per le cause perse e disperate, per i casi umani conclamati, per le personalità cringe ed i ratti che piacevano a Giada da Napoli. Infatti il suo primo amore da diario e risatine era stato Eugene Jackson…. No? Non stava guardando Eugene Jackson.
    «cosa sta succedendo» inflessibile, senza punteggiatura.
    Davvero non lo sapeva, la Friday trentunenne.
    Non una novità, mi direte.
    «Fray- Friday. stai bene?» Ci mise qualche secondo più del necessario prima di rendersi conto che qualcuno le stesse parlando davvero, e per ricordarsi che - la tenda. La Veggente. Il cane. Spostò gli occhi verdi dalla versione giovane di Nate, a quello adulto in carne ed ossa. Erano in carne ed ossa? Strizzò una delle proprie guance fra le dita, tirandola verso l’esterno. «non sono certa di esistere come entità fisica, non ho assolutamente di cosa sia successo o come, non so dove siamo. ma direi di sì?» La conversazione all’interno della stanza andò avanti senza di loro, con una mini Fray ad aggiungere tonnellate di zucchero alla propria tazza, ed a rubare sguardi verso Nate ed Elijah. «si vede che non avete mai bevuto un pumpkin spice latte. tè. Ugh. Eli, ti credevo migliore di così» con tanto di note sulla propria pergamena, presumibilmente per l’articolo successivo in cui avrebbe diffamato il Capitano della squadra. Sembrava… qualcosa che avrebbe detto lei, in effetti.
    «Non so cosa stia succedendo, ma sono sicuro ci sia un modo per svegliarci-...»
    Svegliarci…? Era un sogno? Battè le palpebre, spostandosi per guardare il trio oltre Nate.
    «siamo...noi» cercò di superarlo, piazzandosi direttamente davanti ai tre Grifondoro. «è un ricordo? Sembra un ricordo» Aveva problemi di memoria – come i PC, doveva formattarsi ogni tanto per immagazzinare nuove, inutili, informazioni – quindi non la stupiva non ricordarsi nulla di quell’incontro. Sembrava piuttosto… banale. Nella norma. Del tutto dimenticabile. «figlio mio.» Posò un morbido sguardo sull’Henderson più giovane, prima di tornare sulla sua versione adulta. Sospirò. «sei cresciuto bene, dai» tentò un sorriso. Ritenne fosse meglio del dirgli che fosse stato un mostrillo deforme. Non era una grande ammiratrice dell’Henderson al momento, ma non era il tipo da giudicare qualcuno per il proprio aspetto. Si era cresciuta meglio di così. Guardò il modo in cui il viso del mini Nate si illuminava ad ogni sorriso del Dallaire. Vide qualcosa, nell’espressione del giovane Grifondoro, quando Elijah rise reclinando il capo all’indietro, con abbandono e sincerità.
    Mh. Aveva visto film che iniziavano così – cit.
    «è un… tuo ricordo?» oddio. Era una memoria core della sua relazione omoerotica con il suo migliore amico? Si sentì un po’ a disagio. «mh. mh. Se è questo il segreto… sto… bene così» Lanciò un’occhiata di sottecchi al Ministeriale, indicando con un cenno i giovani Nate ed Eli. «non un grande segreto, comunque» un’espressione gentile, che provò a non rendere la situazione più strana di quanto non fosse.
    Ti prego signor Veggente non farmi vedere limonare due adolescenti NON HO MAI FATTO DEL MALE A NESSUNO. Capiva perché non avesse memoria di quel momento: rimozione dei ricordi traumatici.
    I’m not the same
    That I was When I was seventeen
    All those old friends
    That I had They don’t remember me

    31 y.o.journalistdeja uh?
     
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    "what are you, twelve?"
    yeah on a scale of one to ten BYE

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    nathaniel henderson
    «Cosa sta succedendo?»
    Fray voleva la versione corta e facile, o quella onesta?
    Aspettò l'assicurazione che la rossa stesse bene, soppesandola da capo a piedi, e annuí ai suoi commenti sul non sentirsi fisicamente, capendoli un po' troppo perfettamente. Cazzo, allora stavano davvero rivivendo il ricordo esatto? Non era solo un trucco della Veggente?
    Spostandosi provò, inutilmente, a nascondere ancora il se stesso più giovane e compagni dalla vista dell'americana, ma avrebbe dovuto placcarla fisicamente per riuscirci del tutto, e non gli pareva il caso (non conoscendo Fray: per scoprire cosa stava cercando di non fargli vedere, sarebbe arrivata a picchiarlo e farsi del male). Con un mezzo sospiro si lasciò superare, permettendole di assistere al dialogo fra i grifondoro - e all'inizio di uno degli errori più grandi della sua vita. Sapeva quanto fosse pericoloso giocare con la testa e con i ricordi delle persone, ed era una miracolo non le avesse cambiato la vita con quell'incantesimo-... o forse l'aveva fatto e non lo sapeva. Gli ultimi MAGO che aveva seguito avevano gettato sale su una ferita mai rimarginata, ma solo ignorata.
    «È un ricordo? Sembra un ricordo»
    «Questa serata non ti dice proprio nulla?» forse poteva ancora fingere con la donna, dirle che niente di quello a cui stavano per assistere era vero-... un pensiero tentatore, ma sbagliato. Avrebbe salvato l'amicizia con l'americana, ma per quanto ancora? Finchè non avesse casualmente scoperto comunque la verità, odiandolo ancora di più?
    «è un tuo ricordo?»
    Si passò una mano fra i capelli che iniziavano a brizzolare, e si condannò al proprio destino, sperando che la caduta non avrebbe fatto troppo male: «»
    e non uno che amava rivivere.
    Per quello che aveva fatto a Fray, per la propria stupidità - a cui non voleva pensare. Arricciò il naso seguendo il suo sguardo verso il biondo Dallaire.
    «Io e Elijah non abbiamo mai- non c'era mai stato niente di romantico fra noi»
    Non era il luogo o il momento per indagare al riguardo: l'importanza di quel ricordo non era tanto su Nate e i sorrisi che gli procurava il suo migliore amico, o la fitta al petto che ricordava di aver provato a ogni sguardo rubato.
    «mi dispiace Fray. Davvero. Potessi tornare indietro-... non ero in me» Era così stupido ripensarci adesso. Ancora, si tormentò le mani, mentre la conversazione davanti a lui avanzava. Il tempo stringeva. Se voleva dirle la verità prima che l'altro Nate gliela mostrasse, doveva trovare le parole giuste.
    Elijah si alzò, lasciando Nath a seguirlo con lo sguardo per qualche secondo. "Puoi farcela. Puoi dirglielo, prima che sia tardi-"
    «Sto cercando di trovare le parole. Dammi un secondo- Ok, storia breve? Io ricordo questa serata. E so-... perchè tu non la ricordi. Non volevo la ricordassi» pensava che si sarebbe sentito meglio. Si sentiva peggio.
    Dio, parlare era difficile, soprattutto quando hai un cronometro che gira e il te adolescente pronto a fare una puttanata in nome di un amore che non sarà mai corrisposto nel modo sperato. «sono sempre stato bravo con gli incantesimi mentali»
    I often wonder why the things
    that I want are so hard to find
    but I often fail to see the things I need
    are right here by my side

    deatheater32 y.o.hopeless romantic
     
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5 replies since 31/7/2023, 00:41   173 views
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