tits are cold, so am i

@ casa jericho | post mini

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    Due giorni in una struttura russa sperduta nella fottuta Siberia, circondata da quattro pareti bianche e lasciata da sola con i propri pensieri. Era tutto ciò di cui aveva bisogno dopo aver massacrato un gruppo di bambini, dopo aver ucciso a sangue freddo Dinara come se fosse una zanzara che le sue era posata sul braccio. Le urla, il tonfo dei cadaveri sul pavimento, un pupazzo di pezza che si tingeva di cremisi, un loop che aveva preso a vivere dietro alle sue retine ogni qual volta si azzardava a chiudere gli occhi. Aveva fatto la sua scelta, quella più giusta, l’unica che le era concessa, ma non significava che non rimpiangesse ogni secondo. La Larson si era imposta di mantenere la schiena dritta, gli occhi a vagare sui corpi esanimi dei bambini a cercarne un ultimo segno di resistenza, una figura inflessibile che rifiutava di piegarsi sotto la pressione della propria coscienza. Era un soldato, aveva imparato a gestire quei momenti, anche quando avrebbe voluto rannicchiarsi in un angolo con la testa nascosta tra le ginocchia. Per quello ci era stato tempo nella struttura russa, quando nascosta agli occhi del mondo, nella privacy del suo purgatorio, aveva potuto scomporsi pezzo per pezzo e dissolversi nel rumore bianco che imperversava nella sua testa. Non aiutava che essere chiusa in quella stanza le ricordasse la cella di un laboratorio, ma era così out of it che avrebbero potuto chiuderla in una teca di vetro e spedirla al Carrow’s e a malapena avrebbe battuto ciglio. Quando finalmente era stata dimessa, e si era trattato di tornare a casa, era in uno stato mentale più stabile. Non ottimale, quella era ormai una battaglia persa, ma almeno non rischiava di chinarsi in un angolo e vomitare al mero accenno di occhi vitrei a fissarla dall’altra parte della stanza. Sapeva che avrebbe dovuto accertarsi delle condizioni di Ryuzaki e Grey, di Twat e Mac, che forse nemmeno quelli che avevano vissuto quella parentesi di Inferno con lei come Dominic e Mads, Willa e Wind, ne erano usciti indenni. Al momento, però, voleva evitare qualsiasi presenza che le ricordasse della missione. Perché incrociare i loro sguardi, leggere nel loro volto lo stesso malessere che la avvolgeva come una coperta fin troppo opprimente, era troppo da sostenere in quelle condizioni.
    In quel momento, fuori dalla porta di Jericho Lowell, Darden arrivò alla conclusione che forse era meglio il freddo e il sangue a tingere la neve della Siberia a qualsiasi cosa la aspettasse oltre quei confini. La stessa, medesima e patetica, scena riportava più di un déjà-vu alla mente della special quando fin troppi anni prima si era presentata per cercare di riparare un rapporto ormai tirato all’eccesso, come una corda che rischiava di spezzarsi da un momento all’altro, fragile ma che si aggrappava testardamente alle poche fibre che legava insieme le due estremità. Quella volta, almeno, era riuscita a mantenere la sua promessa: le aveva detto che sarebbe tornata, no? Certo, con un paio di giorni di ritardo, ma era sempre meglio di due anni di ritardo. Se Jericho le avesse chiesto perché si fosse presentata davanti a casa sua quella mattina, avrebbe risposto che era per riprendersi Dracula, il gatto che le aveva affidato in sua assenza- non certo perché era preoccupata di non tornare affatto dalla Siberia, e gliela avesse lasciata precauzione. Era una motivazione perfettamente valida, che non c’entrava niente con il fatto che volesse semplicemente vederla, che al momento aveva bisogno della sua presenza per sentirsi normale ancora una volta. Lasciò la presa sul sacchetto di plastica per incastrarlo nell’incavo del gomito, mentre con una mano reggeva due tazze di caffè e latte, le nocche della sinistra a fare contatto con il legno. Bussò una volta, due, e attese che qualcuno le aprisse. Era sicura che Jericho fosse in casa, anche se nessuno si degnò di lasciarla entrare. Sospirò piano, lo sguardo a saettare tra la porta e la strada dietro alle sue spalle- forse era meglio andarsene? Ma no, andarsene avrebbe significato peggiorare la situazione, e non voleva dare la soddisfazione alla Lowell di avere ragione per l’ennesima volta. Si lasciò entrare nella casa, per niente sorpresa dal fatto che non fosse chiusa, dopotutto Jericho era l’unica ammonizione di cui avevano bisogno gli intrusi, aspettandosi per un momento di veder arrivare Dracula a strusciarsi contro la sua gamba. E invece niente, silenzio tombale. Darden deglutì, e continuò ad avanzare per la casa anche quando sapeva che qualsiasi presagio stesse avvertendo nell’aria prometteva solo violenza. Alla fine, nascosta dietro la sagoma di una sedia, riuscì a scovare Jericho Lowell. Si fermò appena prima di mettere piede nella stanza, cauta e in cerca di un permesso esplicito come se stesse per avventurarsi nella tana di una tigre. Si schiarì la voce, anche se sapeva bene che la special fosse perfettamente conscia della sua presenza «ciao. sono tornata» hai visto, che questa volta non ti ho mentito? Che sono tornata davvero? Che fosse tornata in un pezzo era discutibile, ma Jericho non aveva bisogno di sapere dei terrori che infestavano la sua mente «ho pensato di portarti la colazione, nel caso non l'abbia già fatta» dio santo non era fatta per quelle situazioni, non poter leggere l'espressione sul suo volto la metteva in difficoltà, sperava solo che non la cacciasse. Aveva pur sempre Dracula da portare a casa, il suo piccolo mostriciattolo venuto dall'Inferno.
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    scusate vi stanniamo dominice, volevamo la role stupida delle tette
     
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    Jericho era pronta.
    Non aveva passato i giorni precedenti a preoccuparsi per Darden. Ma neanche (e soprattutto a dire il vero; un’altra storia, per un altro momento) per il cazzo. Jericho Karma Lowell, da quando aveva accolto una Darden alla sua porta qualche mattina addietro, ed aveva preso confusa una micia fra le sue braccia, aveva fatto solo una cosa: affilare le sue lame.
    Tutte. Erano tante.
    Era partita dai coltellini da lancio (16) e gli shuriken (8), poi era passata ai pugnali (23) ed alle daghe (3), alle katane (5), le asce (4), i machete (3) ed alle spade (12), finendo con i sai (2) ed iniziando a contare le munizioni per tutte le sue armi da fuoco. Metodica e funzionale come solo con i suoi bambini (le armi) (questo vi dice tanto dei suoi figli veri, uh? Molto freudiano da parte sua) sapeva esserlo. Si fermò solo quando scintillarono abbastanza da far male a guardarle, così taglienti che tagliavano la tensione nell’aria senza alcun contributo da parte delle telepate, ed allora.
    Solo allora.
    Aspettò.
    Un’attesa che sapeva già di sangue, perché in un modo o nell’altro la sua quota di carne l’avrebbe avuta. Un’attesa che sapeva di perchè cazzo mi stai di nuovo facendo questo, e di vaffanculo.
    Le sembrava di aver aspettato Darden Larson tutta la sua vita. L’aveva attesa dal suo ritorno in giro per il mondo, la prima volta; l’aveva attesa dalla cazzo di Bodie, la seconda; l’aveva attesa dai Laboratori, la terza e credeva ultima volta.
    Poi quello.
    Era … era stanca. Era stanca di essere arrabbiata, ed era stanca di farsi fottere, ogni santiddio cristo di volta, dalla vana promessa che sarebbe tornata – una promessa che sapevano entrambe non fosse in nessuna cazzo di posizione per mantenere. Continuava a farsi prendere in giro, ancora ed ancora, per … per cosa, esattamente? Per chi? Ci cascava.
    Sempre.
    Voglio dire. Capitava di sbagliare una volta, ed era da stupidi sbagliare una seconda, ma alla terza ed alla quarta iniziava a diventare così imbarazzante che la tentazione di lanciarsi sulla parete scintillante delle sue lame, era davvero fortissima.
    Invece. Invece.
    Era lì, impegnata in un’intensa sfida di sguardi con Dracula, ad aspettare di essere presa per il culo ancora, perché evidentemente era nei geni maledetti dei Lowell l’essere puttane della sorte o chi per esso. L’unica cosa che avevano in comune lei e Nate: un cognome e una condanna.
    Cristo SANTO, stava diventando SUO FRATELLO? Era terribile. Inconcepibile. La sola idea, la fece quasi alzare dalla poltrona per afferrare una katana, e darsi una fine dignitosa prima che fosse troppo tardi. Quale sarebbe stato il secondo passo, andare a lezione degli special e approcciare quinti anni? Pomiciare con sconosciuti di fronte ai bambini? Darden. Darden. Guarda - guarda cosa mi stai facendo.
    Capite, perché la odiasse. Perchè volesse piantarle i coltellini da lancio (tutti e 16), gli shuriken (tutti e 8), i pugnali (tutti e 23), le daghe (tutte e 3), le katane (tutte e 5), le spade (tutte e 12), le asce (tutte e 4), i machete (tutti e 5) e perfino i sai (entrambi) nella carne, fino a che di lei non fossero rimaste neanche ossa da seppellire? Si sentiva del tutto giustificata e legittimata a voler porre fine a quella sofferenza.
    Delirio. Delirio e follia, non sofferenza – DANNATO AUTOCORRETTORE. LEI NON SOFFRIVA! MAI! NEANCHE UNA VOLTA!
    Eccetto quando lo faceva. Spesso. Ogni giorno. Di quel languore fottuto che stava lì, compresso fra una costola e l’altra, senza uno sfogo fisico per liberarsene.
    Ci provava. Ci provava, ad ignorarlo. Anche in quel momento, piuttosto che soffermarsi sul silenzio del suo appartamento, preferì elencare al gatto di Darden tutti i modi in cui avrebbe scorticato la sua ex - aveva tenuto a sottolinearlo più volte – padrona, per poi rivendere i suoi tarsi al mercato nero per i feticisti gotici.
    Poi lo sentì.
    Anzi, no: lo percepì. Una vibrazione familiare nella parte più esterna della sua coscienza, quella che indipendentemente da tutto - indipendentemente da Jericho - rimaneva sempre all’erta alla ricerca di una forma conosciuta. Un colore specifico. Una sensazione precisa.
    Drizzò la schiena sulla poltrona.
    Scambiò un cenno con Dracula, invitandola con un movimento della mano a saltarle in braccio.
    Ignorò il battito, infimo bastardo e traditore, sulla punta della lingua ed in gola, scegliendo di scendere nella sua sfera nulla che anticipava ogni omicidio commissionato. Con quelli passionali, e ce n’erano stati parecchi, non funzionava così bene. Aveva bisogno di [troy bolton’s voice] getcha head in the game.
    LA PORTA JERICHO, LA PORTA – dannazione, doveva aprirla? Lasciarla socchiusa in maniera ominous? Tergiversò sul posto un paio di secondi, gli occhi a saettare dalla finestra alla maniglia.
    Decise che il fato avrebbe fatto la sua parte, e ruotò la poltrona da gamer per dare le spalle all’entrata.
    Inspirò. Espirò.
    Espirò.
    Espirò.
    Darden, ma che CAZZO YOU HAD ONE JOB. I denti scattarono fra loro; fece per girarsi e rovinare tutta la scenografia, quando sentì le dita sul pomello.
    Sorrise.
    Non necessariamente un sorriso crudele; un segreto che Dracula avrebbe mantenuto.
    Mind yall business.
    La sentì fermarsi. Schiarirsi la voce. Non si voltò, le dita della destra gentilmente poggiate sul corpo del gatto, e quelle della mancine strette ad un coltellino da lancio perché non si sapeva mai. Magari la Russia le aveva rinfrescato le idee.
    Haha. Se nella sua vita fosse andata male come sicario, avrebbe sempre potuto candidarsi a comica.
    «ciao. sono tornata»
    Pensa.
    «ho pensato di portarti la colazione, nel caso non l'abbia già fatta»
    Rimase in silenzio qualche altro secondo. Cercò di annusare l’aria, ma il sacchetto di carta soffocava i profumi. «è un muffin al triplo cioccolato?» il suo preferito; una volta, Darden lo sapeva. «non che mi importi.» le importava eccome. Con lentezza studiata, ruotò sulle ruotine della sedia fino a trovarsi dirimpetto all’emocineta. Dalla sua reggia – poltrona da gamer – la studiò a palpebre socchiuse, le dita a vibrare per le fusa di Dracula. Lanciò un’occhiata di sfida alla Larson, mostrandole che oramai il felino fosse suo, e la amasse più di quanto non amasse lei.
    «ciao. sei tornata» osservò impassibile, perché fra Grifondoro era sempre cosa buona e giusta rimbalzarsi l’ovvio – fosse mai che si perdessero nella traduzione. Umettò le labbra, studiandola ancora. Qualcosa, qualcosa che non voleva sapere, solleticò i margini del suo potere; lo ignorò, perché non era – ancora, finché Darden non avesse voluto – affar suo.
    Voleva pugnalarla. Non per forza per ucciderla, solo per farle un po’ male. Voleva essere arrabbiata. Voleva tante cose, la Lowell, ed alla fine le disse solo «per quanto?» perché di quello si trattava, no? «è il tuo marchio di fabbrica. andartene, dico» e tornare, e andarsene, e tornare, e andarsene, e per quanto ancora doveva farle quello. «per quanto?» ripetè allora, lasciando che la voce si facesse più calda ed arrabbiata - più Jericho che fottuta Lowell.
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    Darden sapeva bene di non avere un track record particolarmente brillante quando si trattava di partire per missioni. Di solito, finivano con la sua scomparsa per due, tre anni a seconda di come girava al Fato. Quella volta, però, aveva promesso che sarebbe tornata e così era stato- a costo di uccidere a sangue freddo dei bambini, di passare due notti in un ospedale infestato. Non aveva niente da dimostrare a nessuno, ma a qualcosa doveva pur contare no? Glielo aveva detto a Jericho che quella volta sarebbe stato diverso. Che poi, cristo santo, Darden non capiva perché continuasse a fare quelle promesse, a presentarsi ogni volta davanti alla porta della Lowell. Sicuramente, doveva aver di meglio da fare. Allenarsi al quartier generale, cercare di capire quanto l’avesse fottuta nel cervello la permanenza dei laboratori, riallacciare i rapporti con la sua famiglia. Forse era una masochista, in cerca di qualcuno che le dicesse ciò che nessuno aveva il coraggio di dirle in faccia. Idem era Idem, Gemes e Isaac erano le ultime persone che potessero farle la predica, Reese ormai era uno sconosciuto agli occhi della Larson, e- beh Nathan e April ormai non c’erano più da anni. Non si soffermò su quell’ultimo pensiero, ne aveva abbastanza del sapore di sangue e cenere in bocca, di portare avanti un lutto che ormai non aveva senso di esistere. Né per i bambini, né per i suoi fratelli. O almeno, era quello di cui si era convinta. «è un muffin al triplo cioccolato?» Darden non sorrise, nemmeno per un momento. Se, per puro caso, l’angolo del labbro guizzò in alto per qualche istante non era affare di nessuno. E poi, Jericho non poteva vederla. «non che mi importi.» naturalmente, non le importava. Conosceva Jericho da un’infinità di anni, sapeva bene con chi avesse a che fare, e al momento le aveva messo il broncio. Dio, era già tanto che l’avesse lasciata entrare in casa senza lanciarle niente di affilato contro, il broncio era il minimo in cui poteva sperare. «certo che è al triplo cioccolato. è il tuo preferito, mi ricordo ancora» fatele causa, se alle volte e per la persona giusta, era un po’ sottona. Stava cercando di racimolare tutti i punti brownies che poteva, e il palato di Jericho era un punto debole che era disposta a sfruttare. Osservò la poltrona ruotare verso di lei, il respiro a bloccarsi nel petto per una frazione di secondo- cosa si aspettava, Darden? Di certo, non quella bestie di Dracula che aveva già cambiato alleanze. «traditrice» soffiò verso il gatto, assottigliando gli occhi per fulminarla con lo sguardo. Ma come osava, due giorni e già si era dimenticata di lei? Oltre a Dracula, la Larson notò che la special stringeva nella mano un coltellino da lancio. Ah ecco, le sembrava strano che non le avesse ancora tirato niente addosso. «per me?» fece un cenno del capo verso la lama, il tono di voce a sfiorare il confine tra divertito e fottutamente serio. Quella volta, non se lo meritava, davvero. Ma se fosse servito a placare l’ira di Jericho, sarebbe stata il suo bersaglio- poteva di certo provarci, l’ex grifondoro non si sottraeva mai a un duello. «sei tornata. per quanto? è il tuo marchio di fabbrica. andartene, dico» ah, quindi stavano avendo quella conversazione. Era conscia del fatto che prima o poi sarebbe dovuto arrivare il momento, ma non era nello stato mentale migliore per affrontarlo. Ma dopotutto, quando mai lo era. Non rispose subito, preferì prima poggiare i bicchieri di carta su un tavolino lì vicino, prendersi quell’attimo in più per raggruppare i suoi pensieri. «hai ragione» ammise alla special, ancora voltata verso il tavolino, lo sguardo a indugiare per qualche secondo sul legno prima di alzarsi verso la sua figura. «hai tutto il diritto di dubitare di me» cristo, fosse stata al suo posto non era sicura di cosa avrebbe fatto- non aveva tutta quella pazienza, non era mica Gesù. «ma questa volta sono tornata, no?» deve pur valere qualcosa. C’era speranza nella sua voce, una punta di rimorso e frustrazione per tutte le circostanze che l’avevano portata a sparire. Mosse un passo verso Jericho, piano, la stessa cautela che usava per approcciare Dracula «e ho intenzione di restare» si fermò vicino alla parete, poggiandosi al muro prima che potesse fare qualcosa di stupido, come varcare quella soglia immaginaria tra lei e la ragazza. Stringeva ancora il sacchetto con il muffin in mano, se Jericho li voleva tanto, poteva venirseli a prendere- basta con quella scena da Padrino, preferiva che sfogasse la sua rabbia su di lei ed essere sbattuta al muro. «cosa devo fare perché tu mi creda?» spalancò le braccia davanti a sé, lo sguardo a cercare quello di Jericho. Non era una supplica, perché non era ancora così disperata, ma un sincero invito. Per una volta, voleva dire la cosa giusta, ma sentiva che qualsiasi cosa proferisse, era un passo più vicino ad avere quel coltellino conficcato in mezzo alle costole.
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    Edited by ambitchous - 4/4/2023, 03:21
     
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