every little thing is gonna be a—ò

[ torre di astronomia | ouroblivion ft. lollo ]

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    JJ gigio Linguini
    l'8 gennaio 2023, una sera come tante nel dormitorio Serpeverde, gigio linguini aveva avvertito un tremito nella Forza. il sorriso di circostanza che aveva riservato ai cugini dopo il fottutissimo gol di Abraham al 93esimo sarebbe risultato forzato anche a chi non lo conosceva altrettanto bene, e infatti nessuno dei compagno di casata si era stupito nel vederlo scomparire in uno dei bagni — l'urlo conseguente, nemmeno troppo soffocato nella divisa, era stato ignorato come da protocollo.
    ma credeva sarebbe finita lì. un piccolo errore di valutazione, una distrazione innocente dopo mesi di fatica e sacrificio.
    avrebbe dovuto ascoltare meglio quel tremito, gigio.
    perché quel tremito era solo l'antipasto, e portava guai.
    che arrivarono poco dopo, cogliendo il diciottenne impreparato, una lama capace di scavare a poco a poco dentro la ferita che quell'8 di gennaio aveva solo iniziato ad intaccare la pelle: tre giorni dopo, di fronte allo sguardo attonito di un gigio sempre più pallido, il Milan veniva buttato fuori dalla Coppa Italia; altri tre, e pareggiava con il lecce facendosi rimontare per l'ennesima volta; meno di una settimana dopo, il coltello che gli perforava il petto aveva ormai raggiunto il cuore. credeva che perdere la Supercoppa con l'Inter sarebbe stata la ciliegina sulla torta, il famoso fondo dal quale si può solo risalire.
    e invece gigio linguini aveva scoperto, nel peggiore dei modi possibili, che il fondo si può anche raschiare.
    «scusate. devo- devo assentarmi un istante» disse, rivolgendosi ai compagni che in quel momento tentavano disperatamente di stargli alla larga — si erano allontanati man mano che le immagini sgranate scorrevano sullo schermo magico, con tanto di telecronaca polacca per la quale non serviva traduzione. nel giro di pochi minuti, forse avvertendo le vibrazioni negative sempre più forti emanate dal linguini, i Serpeverde presenti in sala comune avevano abbandonato il divanetto per approdare su sgabelli e poltroncine decisamente più scomode, un sommesso ed imbarazzato chiacchiericcio a fare da sottofondo.
    negli ultimi tempi le partite del Milan erano diventate, per il dormitorio verde argento, un incubo ancora più estremo del self love che Costas continuava imperterrito a farsi nelle ore tarde della notte. si aspettavano tutti di vederlo dirigersi verso i bagni, uno straccio di uomo (?) con le spalle basse e la testa china avvolto dentro una maglia troppo grande di Giroud, ma gigio li sorprese imboccando direttamente l'uscita della sala comune: lo shock era stato così forte da fargli persino dimenticare il coprifuoco. e, vi dirò, se il Vibe lo avesse sorpreso per i corridoi e deciso di dargli una lezione, il linguini non se ne sarebbe lamentato — stava già comunque soffrendo.
    era la sera del 24 gennaio, e il cuore spezzato del milanese non avrebbe potuto reggere un solo giorno di più; passi lenti e privi di alcuna convinzione lo portarono fino alla torre di astronomia, un gradino dopo l'altro risalito con lo stesso entusiasmo di un condannato a morte diretto al patibolo. non è ancora finita, cercò di ripetere a se stesso, manca ancora metà campionato, ma ogni parola suonava vuota, vana «oh, Dio [redacted] Ibra, perché ci hai abbandonato?» quite literally, perché le ultime da calciomercato. it non facevano ben sperare nel ritorno di Zlatan dall'infortunio — oltre il danno anche la beffa. salì con immensa fatica l'ultimo gradino della scala a pioli (is on ferie - cit.), ritrovandosi in uno spazio buio sul quale si apriva un'unica finestrella che lo attirava con le sue stelle e uno spicchio di luna.
    una luna che somigliava in modo inquietante al sorriso beffardo di Maurizio Sarri.
    Gianluigi Johannes detto Gigio (.) chiuse gli occhi, stringendo a sé una figurina plastificata che in quel momento rappresentava per l'italiano l'ultima speranza: li dove dio Zlatan sembrava aver fallito (perdonami ibra), forse il sorriso accattivante dell'assistente di arti Oscure poteva ancora avere successo. se la premette sul cuore, la scritta '🙏 no homo tho' a spuntare tra le dita; con la mano libera, il linguini rivolse verso se stesso la bacchetta, un sussurro a fior di labbra per chiunque altro (chi) incomprensibile.
    poi salì sul davanzale.
    e guardò giù, verso il cortile troppi metri sotto.
    una voce dal basso gli giunse flebile alle orecchie «FRATEEE/EEEE NO CO LA LAZIEE/EEE» — la goccia che faceva traboccare il vaso, e anche gigio. che in effetti traboccò dalla finestra, lanciandosi nel vuoto con un perfetto volo d'angelo, braccia aperte e santino di Archibald ben stretto nella mano destra: l'italiano cadde come corpo morto cadde, giù nel vuoto per una decina di metri...
    poi rimbalzò verso l'alto.
    e di nuovo giù.
    poi su.
    come un pupazzo a molla attaccato al (cazzo) nulla.
    che c'è, non avete mai provato il bungee jumping magico???? (sfigati) perfetto per sfogare la propria frustrazione senza causare danno a nessuno, necessità di un luogo molto in alto da cui lanciarsi e uno stomaco di ferro che gigio non aveva perché l'intolleranza al lattosio li aveva reso debole e delicato. non sto dicendo che potrebbe vomitare in testa a Lollo, ma lo dico comunque.

    ad Alice.

    quand'è che riprende la
    formula 1? no, chiedo.


    slytherin, vii2004italian™ 🇮🇹


    PROMPT
    CITAZIONE
    è un alieno quell* che sta cadendo dal cielo? una bomba sexy? un pennuto che ha optato per il suicidio? no, niente di tutto questo. pg1 ha deciso di buttarsi da un palazzo [torre dai same thing] (utilizzando un incantesimo per librarsi in aria) al suono di "helicopter helicopter" [questo me lo sono dimenticata. scusa vins è andata così]

    OGGETTO
    CITAZIONE
    [cam] (anonimo) un santino di arci (clic). Sul retro, la seguente scritta: "🙏 no homo tho"
     
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    romolo linguini
    Se sei italiano e sei romanista, ma soprattutto se hai ventitré anni e l'ultimo trofeo alzato dalla tua squadra del cuore è stato uno scudetto che tu nemmeno ricordi perché avevi un anno e mezzo e del mondo ancora non sapevi un tubo, impari a farti andare bene qualsiasi cosa, anche la Coppa del Nonno vinta in Albania perché è comunque un trofeo e voi quand'è che avete vinto l'ultima e coppa europea, eh, merde infami?
    Eppure, un singolo trofeo, seppur europeo, non era comunque sufficiente per calmare gli animi di una tifoseria che ci metteva davvero troppo cuore, per seguire e supportare la squadra. Forse troppo. Certo, the Special One e il calciomercato (con gli arrivi di Gini – pace all'anima sua, «ma 'n che senso nun è morto, e allora 'ndo sta mortacc-» censuriamo la fine della frase, e scusa Wijnaldum – e la Joya) avevano un po' acquietato la burrascosa tifoseria giallorossa ma... Ma. Servivano certezze, e fino a quel momento non ne avevano avute: essere appena sopra la metà classifica, non aiutava; uno Spina che era a malapena un quarto di ciò che era stato prima dell'infortunio agli Europei, non aiutava; Dybala infortunato, non aiutava; Tammy che non si ricordava manco più come si segnava dal panettiere, non aiutava; Zaniolo (punto.), non aiutava. Mica poteva fare tutto Santo Lollo Capitano, vi pare?!
    (Ma com'è che le responsabilità cadevano sempre sui Lolli della situazione?! Assurdo. Era il destino di quelli che portavano il nome, sembrava.)
    La Roma aveva bisogno di una ritrovata... serenità? fiducia? unione? gioco? No. Ciò di cui aveva bisogno l’unica e vera squadra della Capitale era «'na botta de culo.» ecco quell’era la verità. Anche se, c’è da dirlo, Romolo avrebbe comunque accettato davvero qualsiasi cosa, pur di non vedere più la Lazio sopra di loro in classifica, e punti persi per sconfitte e pareggi che si sarebbero potuti benissimo evitare. Classic Roma, insomma.
    Perciò quando l'anno nuovo (che ricordiamo: “ventitré bucio de culo aiutame te”, doveva per forza essere un anno buono e pieno di successi, altrimenti il lupacchiotto avrebbe fatto fuori qualcuno) portò subito con sé un ritrovato Tammy, Lollo zompò immediatamente sul pulman del “vi spacchiamo anche le ossa brutti figli di migno-”, che aveva già raccolto romanisti di ogni quartiere di Roma e dintorni. Perché, essendo un romano e romanista, ci credeva fortissimo: bastava un pareggio all'ultimo minuto contro il Milan, per riaccendere l'animo di tutta la tifoseria, e Lollo Linguini era un tifoso semplice, si animava con pochissimo.
    A maggior ragione, poi, se la loro fortuna minacciava la serenità degli avversarsi, dei cugini — e perché proprio Gigio.
    (A Lapo ci aveva già pensato la Lega; i giallorossi avevano minato le certezze e la stabilità di Gigio; ora rimaneva solo da far fuori Gin in qualche modo e Lollo puntava tutto sulla sfida al Maradona della settimana successiva agli eventi che stavano per dispiegarsi in quel di Hogwarts.)
    Ma non avrebbe mai – e dico mai - pensato di dover vivere quel preciso momento storico. Era stato buono, era rimasto in sala comune, a fare le macumbe ai laziali nella speranza che perdessero e quegli infami, invece, non solo avevano vinto, ma avevano dato quattro sganassoni ai diavoli di Milano! Era un problema sotto molti punti di vista, e non ci voleva nessun tremito nella forza o neurone condiviso per sapere che, a quel punto, Gigio era a tanto così dal commettere qualcosa di drastico — e Lollo voleva essere con lui quando il cugino si fosse recato a Milanello per dare fuoco a tutti. Diamine, gli avrbebe persino passato la benzina e i fiammiferi!
    Ah no? Non era quello che si intendeva con solidarietà tra cugini? Ma pensa.
    Forse no, perché non era la Smaterializzazione in Italia ciò a cui Giggino Giggetto era ricorso.
    ««FRATEEE/EEEE NO CO LA LAZIEE/EEE»» l'aveva detto non in quel senso, ma Gigio, essendo Gigio, non aveva ovviamente capito un cazzo. Romolo aveva solo cercato di sottolineare quanto non valesse la pena ammazzarsi per aver perso con gli sbiaditi — no, davvero, non se lo meritavano. Contavano meno delle urine di troll.
    Gigio, comunque, non era dello stesso parere: si buttò.
    «Aòòòòòò ma che faiiiii» rimbalzava, lo sguardo scuro di Romolo, seguendo il moto sussultorio del serpeverde che volava giù dalla torre.
    E poi risaliva.
    E poi ricadeva.
    E poi risaliva.
    E poi — «statte bono, che vomitiiiiii» e, manco a dirlo: «cretinoooo te l'avevo detto»
    Lollo fu lesto a togliersi dalla traiettoria della cena processata dai succhi gastrici dell'altro Linguini, ma lo stesso non poteva dirsi per l’ignaro studente che passava di lì; si vedeva che non aveva i geni mannari aveva passato l'infanzia ad allenarsi allo Schivo della Cucchiarella, o dello Zoccolo, quello lì, contrariamente all'italiano. «Ecco,» alzò lo sguardo su un Gigio ancora penzoloni, cipiglio di disapprova che faceva invidia a quello di nonna Rosetta, «hai benedetto il ragazzino.»
    Mh, che culo.
    Poi un doveroso, severo ma molto giusto, «voi scenne da là, cretino» che di certo non era il modo migliore per risollevare uno che aveva appena visto la sua squadra venire annientata dalla lazie, ma le buone maniere Romolo Linguini non le aveva mai imparate. E poi, «un compito, c'avevate» perché, in tutta sincerità, era più oltraggiato lui, dall'esito della partita, che l'intera comunita rossonera.
    «Daje 'mpo, che famo? Scenni, o rimani appeso come 'n salame fino a Pasqua?» Non aveva voglia di parlare con lui della partita, anche se era certamente quello più qualificato (ahilui) per confortare uno che era stato asfaltato dalla Lazio, visti i (non pochi) derby persi — ma non voleva. A ognuno i propri problemi. «Tiè, guarda che ho rubato a Ciruzzo bello.» Che aveva rubato a Lux, che aveva sgraffignato a Crez, che aveva "preso in prestito" da Gin, che al Majorana comprò (semicit.)
    Pescandola da non si sa dove, tirò fuori una bottiglia di limoncello di nonna Rosetta; lo zingaro non era l’unica mano lesta della famiglia. «Famose ‘n goccino e passa tutto.» Ma così, in giardino ai piedi della torre? Ma sì, tanto che c’avevano da perde — Gigio niente, poco ma sicuro. E Romolo pure non se la passava proprio tutta sta meravija.
    Un solo grido,
    un solo allarme,
    Milano in
    — NNNOOO SKE.

    (Forse.)

    grifondoro, viicapo ultrasromano e romanista
     
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    JJ gigio Linguini
    era un bene che gigio non potesse parlare con il sé del futuro, come in certi post strappalacrime su twitter.
    ora stava soffrendo, al punto di buttarsi giù dalla torre di astronomia, ma cosa avrebbe fatto una volta saputo che la semifinale di Champions si giocava contro il Napoli? che Ibra dopo mesi di stop tornava a giocare in nazionale e si faceva male di nuovo? rimaneva solo il rogo a Milanello, con gigio stesso a bruciare su una pira, l'ultima risata isterica di scherno rivolta al cielo.
    quindi insomma, meglio pensare al presente (tre mesi fa. ok.).
    e il presente di gigio linguini era fatto di
    «Aòòòòòò ma che faiiiii»
    sali
    e
    «statte bono, che vomitiiiiii»
    scendi,
    un loop continuo che poteva finire in un modo solo — un battesimo. la mozzarella di bufala proibita, veleno per il delicato organismo del milanese, che gigio aveva ingerito volontariamente per punirsi (il cilicio degli intolleranti al lattosio), fece quello che facevano certi amori: giri assurdi e poi ritornano; in testa ad un primino, povera anima. svuotato, in tutti i sensi, il Serpeverde smise di rimbalzare, rimanendo infine appeso a testa un giù nella più grottesca rappresentazione dell'omonima carta dei tarocchi «scusaaaa» non stava affatto piangendo, gigio. eppure il verso gutturale che gli uscì dalla gola faceva intendere proprio quello (ed era così.), mentre sventolava una mano in direzione dello sventurato che, qualche metro sotto di lui, correva via urlando come il prete de L'Esorcista.
    a Lollo, invece e giustamente, il minore dedicò un dito medio.
    che era insieme [affectionate] e [derigatory], come spesso capitava nelle schermaglie tra i due: erano così incompatibili, da trovarsi sempre «scendo, stronzo» nonostante la posizione alquanto scomoda, gigio riuscì ad afferrare la bacchetta puntando il catalizzatore verso i propri piedi, la formula dell'incantesimo sussurrata a fior di labbra. i metri mancanti, il linguini se li fece dondolando verso il basso leggero come una piuma, atterrando di sedere «odio tutto» la vita, il Milan, Zlatan (NO ODDIO NON LEGGERE IBRA), lo stupido lattosio infame. quando il faccione del romano e romanista gli apparve nel campo visivo come una grossa luna piena dal dialetto incomprensibile, gigio chiuse gli occhi — i pretend i don't see it — «Tiè, guarda che ho rubato a Ciruzzo bello.» ne riaprì uno solo — but in reality i do «ma quello 藻 chanel boots? yes I am il limoncello di nonna rosetta, ma non c'era bisogno che il Serpeverde lo nominasse ad alta voce.
    si sentiva profumo di benzina e agrumi anche attraverso la bottiglietta chiusa.
    non dovette nemmeno pensarci, gigio, che già si era messo seduto: tanto, a conti fatti, aveva già vomitato. «mi hai convinto a 'ciruzzo bello'» commentò, passando entrambe le mani tra i riccioli biondi e compatti, prima di strofinare la bocca con la manica della giacca. e prese la bottiglia dalle mani del cugino, perché era evidente a tutti che le sue pene meritassero il primo goccio «oh» rivolgendosi a Lollo gli porse anche il limoncello, che nel mentre stava scavando una galleria infuocata nel suo povero stomaco già provato dalla mozzarella — quello che non ti uccide ti fortifica kinda thing «non ti vedevo a scuola senza il guinzaglio da una vita» testa reclinata da una parte e braccia appoggiate alle ginocchia, gigio linguini osservò attentamente il maggiore, senza sorridere.
    il fatto che fosse quasi impossibile beccare Lollo senza erisha, a parte nelle giornate dedicate alla famiglia, era cosa risaputa, e ormai avevano esaurito tutte le battute sull'argomento «la tua dama ti ha scaricato?» chiedeva.
    dopotutto, anche la sua aveva scelto altri lidi (LIVY DOVE SEI CI MANCHI CHIMI TORNA DAI STIAMO SOFFRENDO), lasciandolo solo con swag — lungi da lui lamentarsi dello svedese, semmai era il contrario (ma gigio lo sapeva, nel profondo del cuore, che quello di swag era solo un copying mechanism per non ammettere i suoi sentimenti ❤), ma perdere la Hawkins era una vera tragedia.
    quasi quanto quel 4 a 0 contro la Lazio.
    quasi.

    ad Alice.

    quand'è che riprende la
    formula 1? no, chiedo.


    slytherin, vii2004italian™ 🇮🇹
     
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    romolo linguini
    Se avesse saputo come sarebbero andate le cose da lì a qualche settimana, probabilmente Romolo avrebbe rubato due o tre bottiglie in più. Parlava della Roma, certo, ma col senno di poi anche di altro.
    Per il momento, invece, era solo felice che la sfiga avesse colpito il cugino e la sua fede indiavolata, e uno stupido marmocchio del primo anno che si era beccato una doccia di bufala mal processata dai succhi gastrici del serpeverde. «certo che sei proprio masochista» a mangiare mozzarella pure quando significava morte certa, ma d'altronde Romolo non era nella giusta posizione per giudicare: tifava la Roma, e più masochista di lui non c'era nessuno. Ma il dolore era piacere, quindi un po' aveva voglia di giustificare il minore.
    Al ragazzino urlante, invece, rivolse un cenno del capo e un tentativo di avvertimento in un inglese ancora (e sempre) abbastanza maccheronico. «stai attento alle trappole, ragazziiiiii» fine, se lo doveva fare andare bene: nemmeno Lollo sapeva più dove fossero, nascoste talmente bene al limitare della foresta proibita che persino l'artefice non avrebbe saputo più indicare sulla mappa dove fossero ubicate.
    Per fortuna, però, Run aveva la lista con tanto di coordinate geografiche precise che lo stesso romanista aveva stilato come parte del compito affidatogli per il tirocinio. Al cugino, che lo guardava con confusione, rivolse una scrollata di spalle. «è il tirocinio, fratè. Run ha voluto che inventassi e piazzassi delle trappole da mettere nei luoghi di ingresso della foresta» gli spiegò, mentre Gigio finalmente abbandonava la posizione del salame penzolante e adagiava le chiappe a terra. Menomale che tra gli insegnamenti di nonno Lino figuravano anche innumerevoli stagioni di caccia e anni di campeggio selvaggio: Lollo sapeva un sacco di cose sulle trappole.
    E sulle buche #Roma
    «quindi lo dico pure a te,» prese posto a terra, a sua volta, caviglie incrociate e gomiti poggiati sulle ginocchia strette al petto, «occhio quando ti vai ad infrattà» l'occhiata che gli rifilò, la diceva lunga, «potresti cadè in una delle buche che ho piazzato qua e la, non mi chiedere dove» non avrebbe saputo rispondere, «so abbastanza profonde che, una volta dentro, non basta arrampicarsi per uscire» e, come se non bastasse, «tanto, pure fossi un cazzo di uomo ragno, ti bloccherebbe la rete incantata che ci cade sopra» coperchio!!! erano proprio a prova di bestia, infatti una volta, a dieci anni, ci aveva catturato (per sbaglio? non credo.) remo e lapo. «io t'ho avvisato» poi Run avrebbe fatto tutto il resto.
    (Il resto: il terzo grado da psycho shipper, trovando la coppietta ingabbiata nella trappola del Linguini, ma onestamente? A lui non importava — il suo compito era farceli cadere, il resto spettava a Run, e poteva far di loro quello che preferiva)
    Lasciò che Gigio gli prendesse la bottiglia dalle mani, riflettendo che forse sì, ne aveva più bisogno lui.
    Almeno per il momento.
    «oh non ti vedevo a scuola senza il guinzaglio da una vita» l'unico commento di Lollo, se non si conta la smorfia, fu un miserabile «mica so' un cane» che di sentito, comunque, non aveva nulla: alla fine, gli mancavano solo le pulci per essere una bestia a prescindere dalla luna piena.
    Ma non poteva negare che la storia del guinzaglio non fosse, almeno in parte, vera.
    «la tua dama ti ha scaricato?»
    Ci pensò un attimo prima di parlare, riprendendo la bottiglia di limoncello e portandola alle labbra. Un sorso — e poi un altro, quando capì che uno solo non sarebbe bastato. Non cercò subito lo sguardo del cugino, preferendo invece la distrazione fornita dal cortile, almeno altri cinque minuti. O due, insomma: il tempo necessario per decidere cosa farne dell'informazione che premeva contro i denti per essere condivisa. Non teneva segreti ai suoi cugini — c'era un motivo se fossero i Linguini, oltre i professori (che lo sapevano solamente per pura necessità) gli unici a conoscenza del suo segreto più grande; Lollo non lo aveva mai detto a nessuno, non volontariamente, nonostante fosse dichiarato e rispettasse le norme in vigore per quelli con la sua condizione. Ma alla famiglia non teneva segreti. Mai.
    Perciò decise che, alla fine, tanto valeva iniziare da Gigio a confessare la sua ultima malefatta: almeno nel milanese, forse, avrebbe trovato supporto morale. Se lo avesse detto a Gin, invece, avrebbe rischiato di perdere le palle — non in senso metaforico. Un terzo sorso di limoncello e restituì la bottiglia al serpeverde. «aò, se te dico una cosa prometti che non la dici a nessuno?» e forse, forse, inconsciamente, Romolo stava solo cercando una scusa per far venire a galla quella verità senza dover essere onesto in prima persona con la diretta interessata; perché quel genere di notizie, una volta confessate, non c'era modo di farle rimanere un segreto molto a lungo. Eppure.
    Si guardò intorno, e quando fu certo che non ci fosse nessuno oltre a loro due, tornò a parlare — tono di voce più basso e switch tattico all'italiano, così giusto per essere proprio sicuri che nessuno potesse origliare la loro conversazione. «ho fatto una cazzata, gì» l'ennesima di una vita costellata di tante altre cazzate, non le contava nemmeno più, ma «stavolta è veramente grande» molto, molto, grande. «peggio di quando sono andato in trasferta con la curva e m'hanno arrestato» che, già di per sé, figurava nella top five di cazzate compiute dal romano (e romanista), «e pure peggio de quando ho pensato potesse esse' divertente fare il bagno nel tevere» peggior esperienza di sempre, non la raccomandava. Sospirò, abbassando lo sguardo sull'erba tra le gambe incrociate. «ho pomiciato co' una.» e fin lì: niente di nuovo sul fronte occidentale. «una dei Parioli, zì» a quanto pare aveva sbloccato un nuovo kink, il grifondoro: ragazze belle e ricche e decisamente fuori dalla sua portata. «una babbana italiana, ziiii» insomma, per essere più specifico di così doveva solo dire “una che non era Erisha” e via, ma confidava nell'intelligenza (ma quale) del cugino milanista.
    E comunque, Romolo l'aveva sempre saputo: la monogamia non faceva per lui. Quella scoperta di certo non stupiva nessuno, così come difficilmente qualcuno si sarebbe sconvolto nel sapere che Romolo Linguini era un traditore bastardo, a ognuno le proprie qualità, no? Non potevano mica essere tutti perfetti.
    «oh, me raccomando gì, non una parola co' nessuno, specialmente co' gin che poi chi se la sente?» già attaccava un pippotto infinito, ogni volta, su quanto sprecata fosse Erisha accanto ad uno come lui, non le voleva dare la soddisfazione di avere ragione, anche se era proprio così.
    Un solo grido,
    un solo allarme,
    Milano in
    — NNNOOO SKE.

    (Forse.)

    grifondoro, viicapo ultrasromano e romanista
     
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