just some unspoken thing

murphy + shot

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    prelevi? // i panic at a lot of places besides the disco
    non poteva
    fottutamente
    crederci.
    oh mio dio ho pensato la parola fottutamente. ecco l'ho fatto di nuovo. non ci posso FOTTUTAMENTE credere.
    Non poteva, ok?
    E quando murphy skywalker, che in genere conservava sonori accipicchia per i momenti di maggior sconforto, arrivava a pensare una parolaccia allora significava che la situazione era davvero disperata. Spesso esagerava nel definire il grado di tale disperazione, come quella volta che di rientro dalla spesa aveva cominciato a piangere gettata sul divano al punto da far preoccupare sin, solo perché si era dimenticata di comprare la farina per i pancakes, ma non in quel momento. In quel momento chiunque le avrebbe dato ragione.
    «murphy, davvero, adoro quel vestito! devi troppo dirmi dove l'hai comprato.» per un'interminabile manciata di secondi la geocineta si limitò a sorridere, conscia del fatto che se avesse anche solo per un istante sciolto quella paralisi facciale la risposta conseguente sarebbe stata 'in quel negozio tra la "fatti i cavoli tuoi" e "crepa", e quel genere di psicosi proprio non se la poteva permettere. Non finché shot le stava seduto di fronte, dall'altra parte del tavolo, seduto evidentemente nel posto sbagliato. Accanto alla ragazza sbagliata.
    La stessa ragazza che murphy meditava di uccidere da almeno mezz'ora, tempo passato da quando quello stupidissimo appuntamento a quattro era cominciato. Già detto che non poteva fottutamente crederci? Quando raul l'aveva invitata a cena per mantenere la loro copertura, murphy aveva accettato di buon grado, perché in fondo sempre di cibo gratis si trattava; quando il maestro di yoga aveva aggiunto che forse ci sarebbe stata anche una coppia di amici, lei non si era scomposta. La presenza di altre persone avrebbe avvalorato la sua farsa intricatissima, per non parlare del fatto che conoscere gente nuova e fare amicizia rientrava da sempre nelle sue competenze. Ne aveva poche, di competenze e di amicizie, ma buone. Insomma, era partita tutta gasata, con tanto di messa in piega e vestito nuovo, già pregustando i famosi dolci con la panna grande vanto del ristorante scelto da raul - che, lo ricordo, non si chiamava affatto raul -, ed era finita miseramente a conoscere la tipa con cui si stava frequentando shot. Shot, capite? E che cristoforo, stava facendo tutto quello (si, nella sua mente si trattava di un piano geniale) per farlo svegliare una buona volta e quella testina di vitello nel frattempo si trovava una ragazza.
    Surprised and very fucking disappointed
    «veramente di comprato c'è solo la stoffa, al resto ci ho pensato io» e vabbè, non era vero, ma non riusciva a resistere all'impulso di sbatterle in faccia qualcosa: se il proprio ego o un piatto di pasta quello dipendeva dal livello del suo sistema di allarme personale, in quel momento abbastanza stabile sull'arancione. Non una buona notizia, considerato che il passo successivo era il rosso, roba da attacco nucleare, con conseguenze catastrofiche. «mi ha aiutato kieran a confezionare l'abito. lei è nostra-» eee ma che voglia di dire figlia. Ce l'aveva proprio sulla punta della lingua, che si morse in tempo mentre le iridi cioccolato abbandonavano il volto di rosita (la ragazza si era presentata ma murphy aveva ovviamente dimenticato il suo nome in cinque secondi, quindi era diventata subito rosita) per fissarsi in quelle altrettanto scure di Shot, una forma di muta accusa che non parve fare breccia. Ad essere sinceri non riusciva a leggere nulla sul volto del ragazzo, il che la mandava - se possibile - ancora più in bestia. «amica. è una nostra amica.» Era troppo intenta a cercare di incenerire shot con lo sguardo, per rendersi conto degli innumerevoli scambiati tra raul e rosita, impercettibili cenni di complicità a confermare un piano ben studiato, liscio come l'olio. Il loro sì, che stava funzionando a dovere. Quello di murphy un po' meno, ma la sua debolezza stava nel fatto che i sentimenti le stavano ormai da tempo offuscando la ragione, mentre i due (cugini e non solo amici, come avrebbe scoperto poi), al pari di tutti i membri dello shipper club quando in gioco c'era il futuro di una otp, sapevano ancora usare la testa.
    «complimenti ad entrambe, davvero lo amo.»
    sparati.
    «grazie rosita, sei molto gentile.»
    no, avvero, ammazzati.
    Se la cosa non fosse risultata sconveniente, l'avrebbe aiutata murphy premendole la faccia nel piatto - si può annegare nel puccio del pollo alla pizzaiola? - ma qualcosa le suggeriva che non ci avrebbe fatto una bella figura. Afferrò istintivamente la mano di raul tirando il ragazzo verso di sé, quest'ultimo gliela strinse di rimando dando una lieve pacca al dorso, come faceva sin per rincuorarla quando finivano le ciambelle e nessuno dei due aveva voglia di alzare il sedere dal divano per andare a comprarne altre: in modo un po' troppo paterno. Ok che era gay e tutto il resto, ma lei a yoga ci aveva messo l'anima e il minimo che potesse fare il maestro era rispettare i patti e infuocare l'atmosfera con un po' di paprika piccante. If you know what i mean (probabilmente no, murphy come rob ha il delirio facile). «scusate, vado un attimo al bagno e torno.» stava forse ghignando sotto i baffi che non aveva? forse iniziava a sforare nella paranoia, la skywalker, ma per un istante le parve si intravedere sul volto di rosita un sorrisetto divertito, come un'ombra di malevola soddisfazione a scintillare nelle iridi castano chiaro; i casi erano due, o era lì lì per impazzire o quello era uno strano modo della ragazza per provarci con murphy invitandola tra le righe ad accompagnarla alla toilette. Nel dubbio, la geocineta rimase immobile al suo posto, senza più sforzarsi nemmeno di sorridere.
    Eppure, murphy blue skywalker detta 'i obsess' i segni avrebbe dovuto riconoscerli; erano chiari come il sole, proprio sotto al suo naso, e lei troppo stordita per riconoscerne l'evidente natura. Stare dall'altra parte dello specchio significava questo? Davvero le cavie dei loro esperimenti rimanevano ignari fino alla fine senza il minimo sospetto? No, non parlava dei laboratori, ma dello shipper club. Era la prima volta per murphy, la primissima esperienza nei panni della shippata piuttosto che la shipper, e con il senno di poi avrebbe dichiarato che il gioco non valeva la candela; molto meglio fare la psycho, trovarsi in posizione di comando e manipolare le persone affinché si ritrovassero esattamente dove voleva lei. Chissà cosa avrebbe pensato Nathaniel, vedendola annaspare quando la realtà dei fatti era così evidente. Forse l'avrebbe presa per la spalle e scrollata forte, indicandole i segni come un saggio le stelle al navigatore, perché in fondo lei li conosceva a memoria: quante volte aveva messo in piedi quella scenetta ben architettata? Dieci, cento, mille volte. E mille volte ancora, se fosse stato necessario. Raul e Rosita pensavano di essere i primi a portare la loro otp in un ristorante con l'inganno? Giovani.
    Solo che murphy non vedeva. Non poteva vedere nulla, oltre alla ragazza di shot che si alzava per andare in bagno, e raul pochi minuti dopo di lei che chiedeva «scusa ma devo proprio rispondere al telefono.» Nulla, oltre allo sguardo indecifrabile del suo migliore amico, al quale avrebbe volentieri gettato le braccia al collo: difficile dire se per baciarlo o strozzarlo, libera interpretazione. «sai.. ero convinta mi avresti parlato della tua-» prese tempo, giocherellando con la forchetta e un boccone di cibo avanzato nel piatto, trovando cosi ingiusta quella parola sulla punta della lingua da guastarle quanto di buono assaporato fino a quel momento. «-insomma, che stavi frequentando una. siamo ancora amici, no?» si lasciò scivolare sulla sedia, le braccia mollemente incrociate sotto il seno. In quel momento si sentiva più stanca che arrabbiata, quasi il trovarsi da sola con shot le avesse dato la possibilità di sciogliere la tensione accumulata nelle ultime ore; forse persino tutta quella degli ultimi mesi.
    Poteva odiarlo quanto voleva per essere tanto chiuso in se stesso e la sua straordinaria capacità di renderle complicata la vita più del necessario, ma quel potere lo aveva ancora; abbassava le proprie difese, murphy, consapevole ad un livello talmente profondo da risultare inconscio che nascondervisi dietro avrebbe portato più danno che altro. Con lui non aveva alcun bisogno di fingere,
    sebbene avesse creduto più di una volta il contrario. «almeno questo potresti concedermelo, ti pare?» gli diede anche un calcetto - amikevole, ovvio - sotto il tavolo, beccando il ragazzo in pieno stinco. Erano cose che davano sempre una certa soddisfazione. «bah, lasciamo stare. tanto alla fine mi dirai di pensare ai fatti miei e cambierai subito argomento.» si rese conto di essere già con un piede nell'off-topic, nonostante si fosse ripromessa più volte durante la serata di comportarsi come una persona normale, senza continuare a girare il dito nella sua stessa piaga. Ma era più forte di lei, un'involontaria ed irrefrenabile ricaduta nel regno della passivo-aggressivitá, che di norma trovava sfogo solo picchiando la causa diretta di tale malessere.«come fai sempre, insomma.» stringendosi nelle spalle lasciate scoperte dal abito scelto per l'occasione, murphy distolse finalmente lo sguardo dal volto dell'amico, le braccia ancora saldamente premute contro lo sterno; le prudevano le mani dalla voglia di tirargli un pugno, cosa pronta ad accadere da un momento all'altro. Non poteva sapere, la skywalker, che raul e rosita li stavano spiando da dietro un angolo; che le poche persone presenti nella sala del ristorante non erano clienti casuali, ma amici della coppia sopracitata, fedeli membri dello shipper club parigino. Un intervention con i fiocchi, che - e forse questo non lo avevano tenuto in conto - avrebbe anche potuto concludersi con un omicidio.
    hey captain, welcome to the murder!


    But I can't let go of
    what's in front
    of me here
    murphy
    skywalker
    rebel
    geokinesis
    22.02.2119
    sad bitch
     
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    prelevi? // i panic at a lot of places besides the disco
    Mai, Chariton Deadman, era stato più felice d’essersi sbagliato in tutta la sua vita su una propria prima impressione. Una mano teneva salda la presa sulla pistola, adagiata lungo il fianco come il naturale prolungamento dall’arto che era diventata nel corso degli anni, per ovvia precauzione – sebbene mai si fosse nemmeno posto lo scrupolo di usarla, quella sera -, e le dita della mancina andavano a stringere il cilindro di tabacco lasciato penzolare tra le labbra sottili, mentre si ripeteva quanto fosse stato sciocco da parte sua, nei primi tempi a Parigi, credere che il ventiduesimo secolo fosse davvero tout soleil et arcs-en-ciel così come si era loro presentato.
    Di sicuro idilliaco rispetto al loro tempo, non poteva metterlo in dubbio, ma tutto ciò che vedeva da un anno e mezzo a quella parte era solo terrore ad assetare i francesi, ed ipocrisia servita l’un l’altro in sfarzosi calici dorati per acquietare gole aride e doloranti. Avrebbe potuto soltanto essere Shot troppo scettico, che in quella ritrovata Belle Époque vedeva più marcio di quanto non avessero cent’anni addietro, con l’unica differenza che i francesi avessero imparato dagli sbagli del passato e fossero riusciti a nasconderlo molto meglio che non in precedenza; laddove il contesto in cui era cresciuto lo aveva abituato a grandi mucchi di spazzatura nascosti in bella vista sotto un sottile tappeto di stoffa, là aveva compreso che era più buon costume scavare fosse profonde decine di metri per buttarci tutto il proprio schifo, mettendosi d’impegno per ricoprire la voragine e far germogliare sulla terra smossa un’opulenta e fragrante aiuola. All’inizio, cieco e stanco e frustrato, credette davvero di essere lui quello troppo cinico rispetto ad una nuova realtà, convincendosi anche facilmente che , era realmente possibile fosse tutto così bello: irreale e terribilmente scomodo per lui, quasi quanto insediare un senzatetto nella “casa” della fottutissima Regina d’Inghilterra da un giorno all’altro, ma capace comunque di adattarsi ad una vita più agiata, se proprio doveva fare questo sforzo.
    Ma, benché non gliene fregasse un beneamato cazzo del Crane, aveva visto Al ammalarsi - peggiorare mese dopo mese, bende dopo bende cambiate perché fradice del suo sangue -, e con le iridi d’ossidiana fisse sul biondo s’era domandato, nell’innocenza di un bambino che non aveva mai avuto e che subdola faceva capolino indiscreta da sotto la superficie di ciò che Shot era, se, in un mondo perfetto come quello del ventiduesimo secolo, fosse mai lecita una cosa del genere; quanto fosse apprezzabile, quella parte della loro nuova vita lì. No, non si curava mai realmente dell’uomo – per quanto ormai avvezzo fosse alla sua esistenza, passando dalla mera sopportazione ad un principio di simpatia, non era davvero nessuno per lui -, quanto per ciò che quel che vedeva significasse. Run era nella stessa situazione di merda del suo stesso padre, il quale peggiorando fino all’inesorabile si sarebbe portato dietro persone come Sinclair e Shia: era di loro, che all’adescatore importava. Per principio, per egoismo, non riusciva a comprendere come potesse essere da loro considerata un utopia, il Futuro, se non era in grado di dargli una soluzione a quello - come poteva non considerarlo marcio, sotto tale luce?
    Ed aveva aiutato, ed aiutava anche allora, Will nella sua bellissima quanto poco lecita attività di narcotraffico, notando quanto l’illegalità fosse divagante nella Parigi notturna, quanto gli stessi visi che vedeva fare la carità all’angolo delle strade, calato il sole divenissero bestie affamate di tutto ciò che un morale coprifuoco impediva loro di fare. Che cazzo di gusto avrebbero mai potuto avere dalla droga della Barrow Inc., se la vita di quella società era il Paradiso? Perché mai sarebbero dovuti ricorrere a quello per fuggire dalla realtà, se non per la merda che in verità era? Non era un sociologo, né un maledettissimo strizza cervelli, ma capiva le necessità delle persone, i loro più oscuri incubi: non una qualità che gli piacesse avere, ma certamente la più utile per conquistare qualcuno e poi buttarlo in una cella senza dargli la certezza che avrebbe mai più rivisto la sua famiglia – o quantomeno la speranza, a voler essere onesti. Nessuno, in quella città d’oro, viveva come voleva lasciar credere. Ed a Shot, figurarsi, andava sempre bene così: non gli piaceva la spocchiosa facciata del benestare, se non era tappezzeria a coprire macchie color cremisi.
    Quando poi uno dei clienti di Will gli aveva domandato se fosse disposto a fare qualcosa in più oltre al portargli merce di contrabbando, aveva capito si era completamente sbagliato.
    Scostò appena il pesante tendaggio per osservare furtivamente cosa ci fosse fuori al di fuori della finestra, felice nel notare la calma piatta del vicolo parigino, per poi portare nuovamente lo sguardo scuro al centro della stanza, laddove l’unico pezzo di arredamento degno di nota iniziava a lamentarsi: una sedia, e legato a questa un uomo, opportunamente bendato ed ammutolito da un pezzo di stoffa tra i denti. Era una creatura abitudinaria, il Deadman, e dal momento che gli avevano chiesto di spaventare un tizio che doveva ingenti quantità di denaro persi ad una partita di poker, era come se si fosse portato dietro il giro di conoscenze che si era creato a Londra. Per la maggior parte della propria vita aveva avuto un solo compito, quello dell’adescatore per gli estremisti, e poter calarsi nuovamente nella parte lo faceva sentire nel proprio luogo felice. Nonostante, così come la furbizia delle comunità aveva appreso come ben celare il malcontento del popolo, la gente si fosse – secondo il suo modesto parere, sia chiaro – estremamente rincoglionita, rendendogli l’operato più facile da svolgere. Quasi noioso.
    Il rapimento di Arnaud Martel era stato il suo personale record, e già di suo Shot era il migliore; non aveva nemmeno dovuto avvicinarlo, giocare con il cibo prima di mangiarlo. Gli era bastato farsi dare da Jeanbob Paté, il suo datore di lavoro, nome e cognome della vittima; approfittando dell’avanzata tecnologia di quel tempo aveva scoperto ogni minimo dettaglio della sua esistenza – hobby, problemi clinici, famigliari: tutto quanto.
    Pedinarlo per un paio di giorni, semplicemente per prendere un attimo confidenza con il soggetto e l’ambiente, si era rivelata la più grande perdita di tempo della sua carriera di rapitore: una persona così noiosa ed incauta, ai suoi tempi, sarebbe morta da un sacco di anni; avrebbe potuto benissimo fare tutto quanto da solo, Bob, ma era meglio non gli piacesse sporcarsi le mani. Non si sarebbe di certo fatto pagare poco, Chariton, al quale era bastato aspettare in un vicolo che Martel passasse di lì per tornare a casa, in un outfit scuro quanto la notte che gli permettesse di non essere particolarmente visibile. L’aveva tamponato apparentemente per sbaglio, sciorinando persino un «excuse moi!» mentre poggiava una mano sulla sua spalla, e prima che potesse rispondere aveva già prosciugato gran parte della sua energia vitale, usufruendo delle controindicazioni del suo stesso potere e riducendolo in fin di vita – almeno, tanto da fargli perdere conoscenza e trascinarlo di peso in un locale sfitto sulla stessa strada.
    Il medesimo posto dove l’aveva rimesso in sesto - che animo premuroso! -, e nel quale era in paziente attesa da oramai mezz’ora. Prese il telefono dalla tasca della giacca di pelle nera e digitò sbrigativo il numero di Paté; si diresse verso il buon vecchio Arnaud e, per la terza volta da che l’aveva fatto rinvenire, lo colpì con il calcio della pistola, ammonendogli silenziosamente di non cagare il cazzo: non passava nessuno di lì, solitamente, quindi non c’era rischio qualcuno udisse i suoi lamenti, ma gli dava estremamente fastidio quel mugolare attraverso la stoffa. «non ho tutta la serata,» apatico e distaccato nel fluente francese che solo l’omnilinguismo poteva donargli, non si sprecò in convenevoli quando dall’altra parte della cornetta smise di sentire lo squillo ed udì la voce dell’altro. Fortuna che esistevano persone come Melvin Diesel, disposte a modificare i cellulari delle persone affinché non fossero rintracciabili in alcun modo: non aveva davvero voglia di comprare continuamente telefoni usa e getta. «lo lascio qui.» «ma -» «ho un altro impegno.» roteò gli occhi al cielo, guardando di sfuggita il poveraccio: che poi, chissà perché doveva rapirlo. No, non lo aveva ovviamente chiesto: non gliene fregava un cazzo, francamente. Aveva informazioni segrete? Usava trucchi su Brawl Stars e si meritava di essere picchiato a sangue? Cazzi loro, non di Chariton. «metti i soldi dove ti ho detto. se domani non li trovo esattamente lì, dovrò chiederti gli interessi:» quindi probabilmente gli avrebbe sparato - it be like that sometimes. «siamo intesi.» e chiuse la telefonata, degnando di un’ultima occhiata il rapito; senza dirgli nulla, uscì dal locale, chiudendo la porta a chiave e – così come avevano concordato in casi del genere - nascondendola in un vaso lì vicino.

    Ripensandoci molto attentamente, Shot avrebbe preferito passare tutta la serata con il suo nuovo amico in una casa fatiscente, riflettendo sulla vita ed in quanti modi diversi questa potesse concludersi.
    Non era esattamente una persona empatica, o un ragazzo che cogliesse bene certi tipi di segnale, ma nonostante ciò poteva percepire benissimo quell’angoscia e tensione calata sul ristorante da che avevano tutti quanti preso posto a sedere, così come doveva esageratamente sforzarsi per non farsi cogliere in fragrante mentre si asciugava gocce di freddo sudore imperlargli sporadicamente la fronte.
    Quello era un complotto, e Teresa una gran mignotta. La osservò, critico ed omicida nello sguardo color pece, mentre credeva fosse una buona idea andarsi ad incipriare il naso o a cagare, lasciandolo lì da solo; non lesinò, gli occhi ormai ridotti a due nere fessure, lo stesso trattamento a Raul, il fidanzato di Murphy, quando se ne andò per rispondere ad una telefonata. Lui sarebbe morto, e la ragazza al bagno l’avrebbe seguito all’Inferno.
    Cosa gli era saltato in mente, a tutti e due? Tecnicamente avrebbe potuto perdonare il tipello seduto di fronte a lui, e comunque non lo avrebbe fatto; ma Teresa?
    Sapeva perché era con lei, e perché lei fosse con lui. Avevano un solo scopo.
    Uno solo, ed al quale il Deadman non pensava sarebbe mai arrivato – non di certo al punto di farsi aiutare da qualcuno.
    Ma far ingelosire Murphy Blue Skywalker era diventata una questione di priorità, e sarebbe ricorso ad ogni mezzo possibile ed immaginabile. Perché poteva accettarlo, il guaritore, che non fossero loro due dalla stessa parte del tavolo; era colpa sua, ma aveva i suoi buoni motivi, se così non era. Ma che lei si fosse trovata qualcuno??? No, quello non ci riusciva.
    Non poteva. Non dopo aver passato quasi cinque anni della sua vita a vederla rincorrere Elijah, aspettandola dall’altra parte della sala per ascoltarne gli sfoghi; non quando un anno e mezzo prima, troppo stressati e stanchi, avevano abbassato ogni barriera senza probabilmente nemmeno rendersene conto. Alzò gli occhi cercando quelli della ragazza, dopo un’intera serata in cui aveva cercato di evitare lo sguardo di lei - autodifesa, quella di Shot.
    Se ne pentì? No Certo. Quel siamo ancora amici, no? lo fece tornare fin troppo indietro nel tempo, e non voleva farlo. «certo che lo siamo.» commentò schiarendosi la voce, trovandola comunque più roca del previsto, i gomiti poggiati sul tavolo. E lo sarebbero sempre stati, e sarebbero sempre rimasti migliori amici – era quello il punto.
    Era quello che non andava.
    Per lei non sarebbero mai stati altro che quello, ed avere Kieran a testimoniare un altro futuro che li vedeva protagonisti non avrebbe cambiato le cose - o forse le avrebbe cambiate troppo, e non era comunque quello che voleva il Deadman. Se non fosse stato addestrato a sopprimere ogni barlume di emozione, probabilmente sarebbe esploso molto prima. Minuti, mesi o anni, prima.
    Invece rimase ancora in silenzio, lasciandosi prendere a calci e percependo una certa aggressività provenire dall’altra parte della tavolata; era persino troppo concentrato su di lei, per rendersi conto di quanto dovesse star funzionando la sua strategia. «non è niente di serio, murph» aggrottò le sopracciglia, si strinse tra le spalle tirando così il tessuto color pece della camicia: non era letteralmente nulla di serio, visto e considerato che si trattava di una messinscena per lei. «e non voglio tu ti faccia gli affari tuoi, è solo che… lo sai, non parlo di me» tentò persino un sorriso, Shot, che in altre occasioni gli sarebbe uscito un po’ meglio di quella piega stropicciata sulle labbra: la geocineta aveva quell’assurda capacità di riuscire a farlo sorridere con il suo solo esistere, che non si sarebbe mai riuscito a spiegare. Che non gli interessava, di spiegarsi. «e sei molto impegnata, quindi…» fece ancora spallucce cercando effettivamente di far cadere il discorso, quando l’unica cosa che cadde fu la sua maschera di freddo distacco emotivo, e gli occhi sul piatto immacolato – che già non è che avesse parecchio appetito, figurarsi dal momento che la situazione si era fatta… così ostica. «te invece, sembra vada a gonfie vele con raul, mh?» si morse le labbra, le iridi puntate sul bordo di bicchiere lasciato vuoto – che ci doveva fare con il bicchiere dell’acqua, quando poteva sopprimere tutto quanto con del buon vino francese? – e preso di mira dalle dita del guaritore stesso. «che cosa ci trovi in lui?» domandò, prima di rendersi conto di non volerlo sapere affatto.
    Non aveva bisogno di sentirsi dire tutto ciò che aveva da offrirle in più di lui: già era evidente, che Chariton non avesse poi molto da dare - era fatto così. «sei bellissima, comunque.» ed il tentativo di offuscare la domanda gli si era prevedibilmente ritorto contro. «sì, insomma… stai molto bene, stasera…» eh beh.
    I found love where it wasn't supposed to be
    Right in front of me
    shot
    chariton deadman
    healer
    23 y.o.
    22.02.2119
    mercenary
     
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