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.prelevi? // i panic at a lot of places besides the disco«scendi da lì» Sentì la propria bocca curvarsi in un sorriso, i muscoli delle spalle tendersi mentre, andando contro le indicazioni appena ricevute, saliva un po’ più in alto. I contorni dell’albero non erano nitidi, e si presentavano sfocati all’estremità fondendosi con il cielo incredibilmente bianco sopra le fronde. Era un mondo in bianco e nero, quello – ma non c’era nulla di strano, o all’infuori dall’ordinario, in quella drastica visione del mondo. Sentiva il petto scuotersi in una muta risata folle, i palmi a graffiarsi contro la corteccia lasciandovi pallide impronte insanguinate; non sentiva alcun male. «ti ho detto di scendere da lì, sUBITO» Malgrado il tono fosse seccato, non potè impedirsi di ridacchiare: non sapeva perché, ma trovava quella situazione esilarante.
D’altronde cosa non lo era, per i bambini.
Si chinò per sbirciare oltre le foglie e rubare uno scorcio di sua sorella, le braccia incrociate ai piedi dell’albero. Non riusciva mai a vederla davvero: percepiva la sua presenza, ma i suoi occhi non riuscivano a registrare se i capelli fossero chiari o scuri, se le labbra fossero morbide o sottili, se l’iride riflettesse il cielo o la terra. Perfino la voce tendeva a sfumare impedendo un timbro preciso e riconoscibile.
Si sentiva felice senza alcun motivo apparente. Forse era il sole a scaldare la nuca; forse era il profumo delle gemme in primavera.
Forse era la sensazione di sentirsi a casa, una sensazione bollente ingurgitata come cioccolata calda d’inverno. «NON FARMI SALIRE Lì SOPRA, F-»
Spalancò gli occhi sul soffitto della sua stanza, il fiato corto e le lenzuola madide di sudore incastrate all’altezza delle caviglie. Battè le ciglia un paio di volte, cercando - e fallendo - di ricordare cosa avesse sognato. Non riusciva mai a riportare a galla i dettagli dei propri sogni, Jane, ma non significava che smettesse di provarci. Cercò di serrare le palpebre per richiamare la sensazione di calore che ricordava di aver provato, appigliandovisi per tentare di ricadere nel sogno così da proseguire laddove l’aveva interrotto. Testarda ed irrazionale, sapeva di dover finire quel sogno; sapeva, l’elettrocineta, che c’era qualcosa nel suo subconscio che mirava a tornare in superficie - e non lo tollerava, Jane Gabriel Darko. Non accettava che qualcosa, qualsiasi cosa, potesse approfittare dei suoi momenti di vulnerabilità minacciando un già friabile equilibro, e odiava quel lacerante senso d’attesa: le sembrava di vivere con il fiato sospeso, attendendo il momento che sapeva sarebbe arrivato, ma non aveva idea del quando. Voleva finirla il prima possibile con quella metafisica, ed insensata, stronzata.
Quella metafisica ed insensata stronzata era, per inciso, la sua vita – o almeno, una parte di essa. Non voleva avere niente a che fare con i ricordi; non voleva vivere nel passato, e onestamente, anche il presente non la mandava in brodo di giuggiole. La Darko preferiva di gran lunga il futuro, per quanto incerto – e forse proprio per quello – potesse essere: aveva seppellito tutta la propria fede e speranza esistenziale in vista di Un Giorno che confidava, prima o poi, sarebbe giunto, disinteressata al viaggio che l’avrebbe portata a quel punto. Non poteva certo passare tutta la sua esistenza rimbalzata da un ghetto all’altro del mondo magico, giusto?
Giusto?
Meh (e non lo strano amiketto di Nah, s’intendeva il meh più ancestrale). Si arrese infine a socchiudere gli occhi, le dita a scorrere istintive sul costato dove, dopo quasi un mese, ancora portava le fasciature dalla seduta di torture con la Queen. Il dolore fisico non l’aveva disturbata quanto avrebbe dovuto, oramai avvezza ad essere quella che le prendeva, ma in compenso, ancora le giravano le ovaie per quella cazzata dell’accompagnare gli adulti al Ministero. Quella sì che era stata una presa per il culo; quando avevano smollato lei e Tom insieme ai Cacciatori, a Jane non era certo sfuggita l’ironia della situazione: nessuno dei due avrebbe mai potuto lavorare per il Governo, e tant’era li avevano affidati proprio al piano dove si occupavano degli special fuori controllo. Probabilmente la Hallmark non aveva biglietti che facessero al caso loro per far notare a Jane ed all’amico quanto poco fossero i benvenuti.
Yay. Esilarante, vero? Come se fossero stati Jane e Thomas a decidere di entrare nel loro mondo, e non fossero stati dei maghi a trascinarceli. La Darko non aveva nulla contro i Laboratori (l’avevano salvata, giusto?) ma non significava che, potendo scegliere, sarebbe volontariamente andata a vivere in un mondo dove gli esseri umani agitavano rami e parlavano in latino – skste tanto se, avendone la possibilità, avrebbe preferito Narnia ed il buon Tumnus.
Si immobilizzò, le dita a sfiorare il costato, infantilmente convinta che se avesse trattenuto il respiro, non sarebbe stato vero. Un’imprecazione soffocata sfuggì dai denti serrate, la mano a scivolare verso capelli troppo corti perché potessero essere i suoi. «merda» soffiò seccata, rabbrividendo al suono della sua voce.
Non di nuovo. Non di nuovo - merda. Arricciò il naso, le guance ad avvampare mentre i polpastrelli osavano spingersi un po’ più in basso: c’era un solo modo per assicurarsi che stesse accadendo quel che pensava stesse accadendo, e non era propriamente la sua cosa preferita. Sentì la schiena irrigidirsi mano a mano che la mano scendeva, cogliendo dettagli di cui il suo corpo era privo – come la sottile peluria sotto l’ombelico. Non ebbe più dubbi quando l’indice sfiorò qualcosa che sicuramente Jane Gabriel Darko non avrebbe dovuto avere, gli occhi a girarsi seccati verso l’interno del cranio. Ma perché a lei? Perché? Cosa stava succedendo. Mascherò il terrore con una ben più tollerabile rabbia, alzando le coperte fino a sopra la testa con un grugnito seccato a prudere la gola. Si sentiva oltraggiata e violata, Jane.
Ed a ragione. Non era la prima volta che succedeva, ma ogni - ogni fottuta volta - sperava davvero sarebbe stata l’ultima. Deglutì febbrile, le palpebre a serrarsi mentre cercava di elaborare un piano di fuga. Non poteva farsi trovare da nessuno in quelle, miserabili, condizioni: non solo non aveva idea di come spiegare cosa stesse capitando al suo corpo, considerando che anche lei non lo sapeva, ma era piuttosto certa che nessuno le avrebbe dato modo di spiegarsi. Gli adulti l’avrebbero ritenuta difettosa, e gli altri studenti un fenomeno da baraccone - sempre che le avessero creduto.
Gabriel era il suo segreto.
E la sua stra fottuta croce. La prima volta ch’era successo, era rimasta chiusa in un bagno fino a quando le mani, smettendo di tremare, non erano tornate quelle affusolate e sottili di Jane; la seconda era riuscita a scappare, lasciando un bigliettino a Narah perché –se fosse servito – coprisse la sua assenza con i professori. La terza e la quarta volta non erano state molto differenti; la quinta, aveva infine avuto il coraggio di guardarsi allo specchio, non riconoscendo nulla – nulla! – del riflesso allo specchio, fatta eccezione per la cicatrice al sopracciglio.
Quella era la sesta. Sei, fottuti!, mesi di quella cazzata: cos’aveva fatto di male?
Non ne aveva idea. La terrorizzava molto più di quanto non desse a vedere, perfino a se stessa, svegliarsi in un corpo maschile senza apparente motivo. Non aveva senso: non era un’empatica, non era una metamorfa, non aveva la mimesi – com’era possibile?
La risposta era: non avrebbe dovuto esserlo. Tremava nei vestiti troppo stretti che rubavano ogni sputo d’ossigeno dai polmoni, le mani premute sugli occhi e le dita intrecciate ai capelli – capelli bruni, come aveva scoperto a Dicembre. Nell’ultimo mese, poi, credeva davvero di essere impazzita: le era parso di intravedere se stessa (o almeno, quel se stesso) in giro per le strade del mondo magico. Lo vedeva ovunque, Jane; ne ricordava perfino la risata dalla festa di Capodanno, ma era stata troppo sbronza per essere un testimone affidabile di se stessa. Forse gli adulti avrebbero avuto ragione.
Forse era davvero difettosa, ed abbatterla era l’unica soluzione a quel cazzo (letteralmente) di problema. Abbassò la coperta e, cercando di far meno rumore possibile, si alzò in piedi. La maglietta che come Jane usava per dormire e, normalmente, le arrivava alle cosce, arrivava solo fino ai fianchi, dando un’ottima visione delle mutandine decisamente poco adatte al loro, attuale, contenuto.
Doveva recuperare dei vestiti. Doveva andarsene di lì. Lanciò uno sguardo verso il letto di Narah, aspettandosi di trovarla addormentata, ma, con sua immensa sorpresa, era vuoto. Dev’essere andata in bagno – merda. Grattò nervosamente la nuca, sospirando nel palmo mentre, cauta, evitava i servizi avviandosi verso il salotto. Era notte, buon Dio, contava di non incontrare nessuno; approfittò del buio per mimetizzarsi con le ombre, scendendo le scale con prudenza. Aveva nascosto degli abiti maschili sotto il divano (beh? Tanto gli elfi si facevano i cazzi loro, e nessuno degli abitanti di Different Lodge guardava sotto i maledetti mobili), quindi la prima parte del piano implicava raggiungerli.
Alla seconda parte, doveva ancora pensarci.
Si appiattì al muro, camminando in punta di piedi – mancavano solo un paio di metri al divano, poteva farc. Si bloccò a metà passo, spalancando gli occhi verso la figura al centro del salotto. Merda, merda, mERDA. Sigillò le labbra tenendo sulla lingua il respiro, pregando Superman e gli x men che non si fosse accorta slash accorto di lui slash lei. Ovviamente, dato che la fortuna non era mai stata la qualità migliore di Jane Darko, in quel momento si accese il fuoco fatuo all’interno del faretto, e la luce inondò cruda la stanza. Battè le palpebre cercando di abituare la pupilla alla nuova luminosità, i denti serrati e le mani attorcigliate al bordo della maglietta. «porca -» e quando, dopo un paio di secondi, le figure smisero di essere sfocate e presero nuovamente forma, gli occhi blu si posarono su Narah.
Fu così inaspettato, che non ebbe tempo di reagire – o pensare ad una scusa. Abbassò lo sguardo verso i propri vestiti, chiaramente suoi / ma non suoi, tornando poi a fissare la ragazza a bocca spalancata. Diversi esordi frullarono nella mente di Jane (non è come sembra; posso spiegare; sono l’amante di jane??) ma alla fine, corrugando le sopracciglia, non potè che domandarle: «perché sei vestita così?» che, fra tutto quel che poteva scioccarla, era sicuramente in cima alla lista. Sollevò un palmo prima ch’ella potesse, superflua, intervenire. «so che puoi fare la stessa domanda a me, ma io l’ho chiesto prima.» sancì, incrociando le braccia sul petto.
Severa ma giusta.Some princes don't become kings -------gabejane darko15 y.o. (jackson) muggle electrokinesis
Edited by t.h.u.g. - 4/3/2019, 20:49. -
.prelevi? // i panic at a lot of places besides the disco«Jane??» Aveva mai accennato a quanto odiasse i telepati? In un mondo giusto sarebbero tutti stati denunciabili per violazione della privacy e delle linee guida della comunità, ma in un mondo quale il loro l’unica giustizia che ottenevano i civili come Jane Darko riguardo alla tutela personale, era essere privati dei capezzoli su tumblr: yay. Piegò il capo sulla spalla, le sopracciglia corvine a schizzare verso l’alto. Non avrebbe permesso che il suo pene segreto diventasse una debolezza, e non avrebbe mostrato di sentirsi a disagio di fronte a Narah Sono-In-Giro-Dopo-Il-Coprifuoco-Vestita-Meno-Di-Te Bloodworth: c’era una sola perdente in quella battaglia, e sicuro come l’oro non sarebbe stata lei. A nervi saldi, d’altronde, di suo non c’era paragone – se si metteva a confronto con Narah, era come vincere picchiando a sangue con El Primo un povero Bombardino. «Ti prego, mettiti dei pantaloni, si vede tutto!»
Cioè. Ma sul serio. Abbassò lo sguardo verso le proprie (effettivamente inappropriate) mutande, le labbra lievemente piegate verso il basso. Non riusciva a essere imbarazzata da quella protuberanza, malgrado fosse generalmente una ragazza riservata; per quanto sapesse che quel membro fosse suo, non riusciva a trattarlo come tale. Era una specie di…dildo incorporato. «tutto - intendi questo?» chiuse il palmo attorno al pacco accennando un sorriso asciutto e ruvido, trattenendosi solo per amor proprio da rotearlo facendo l’elicottero. Fece il punto limitandosi ad una stretta amichevole ed uno scuotere di parti del corpo che solitamente non possedeva, sotto il palmo della mano. Arricciò il naso stringendosi nelle spalle. «cioè, invece di guardarmi in faccia, hai subito controllato la mercanzia? bloodworth, non ti facevo così mangiatrice di uomini» il tutto condito con il solito, simpatiko, tono neutrale e privo d’inflessione, ammorbidito solo dalla curva divertita delle labbra. «Tu sei nel corpo di un ragazzo, io sono più confusa di te. Perché sei un ragazzo? Spacci sotto copertura? Avvisami quando ti sarai coperta, non voglio proprio togliere la mano prima di quel momento.» Non le avrebbe permesso di rigirare la frittata, malgrado avesse – letteralmente – tutte le ragioni per essere confusa. Era una questione di principio, e la Darko era disposta, in maniera molto meschina e subdola, ad usare l’artiglieria pesante: «quanti anni hai, dodici?» La carta Baddest Bitch. Preferiva non usarla mai, principalmente perché, come le cacche rosa di Arale, se non le rompevi le palle con un bastoncino tendeva a farsi i cazzi propri, ma c’erano occasioni in cui doveva far valere la propria Supremazia (di solito con i bambini), o semplicemente ricordare al suo interlocutore che non solo era un essere umano anche lei, ma un essere umano in grado di fargli il culo a stelle e strisce – ed ecco spiegata l’esistenza della BB 2.0, diversa dalla Basic Bitch quotidiana che soffiava baci e dita medie come cuori della D’Urso. Nah non rientrava, neanche in quel momento, in nessuna delle categorie, ma Jane sapeva quale effetto avesse la Carta BB 2.0 sulla delicata, tenera, Narah Bloodworth: ansia. E fra le (poche) cose che la telepata sapeva gestire, l’ansia non faceva testo. «è un pene, mica il trailer di after» per quello sì che c’era da coprirsi gli occhi. Battè lentamente le ciglia tornando ad incrociare le braccia sul petto, cocciuta nel non coprire le proprie grazie. E poi, perché avrebbe dovuto? «e dovresti approfittare a guardare questo, perché gli altri non saranno altrettanto gentili con te. hanno la tendenza a cercare sempre buchi»come roberta nelle calze di sara«prendilo come un esperimento scientifico» ancora si strinse nelle spalle, giustificando il proprio apparato con la non curanza che avrebbe riservato a tavola chiedendo se le passassero il sale. Il trucco era fingere fosse tutto nella norma - ed allora, forse, un giorno lo sarebbe stato sul serio. «prima dimmi dov’eri e perché sei vestita così» rilanciò, indicandola con un vago cenno della mano. «e poi possiamo tornare ai cazzi miei» in tutti i sensi, ihih.Some princes don't become kings -------gabejane darko15 y.o. (jackson) muggle electrokinesis . -
.A delicate mistakeNarah BloodworthNarah voleva un mondo di bene a Jane. Era la sua migliore amica, passavano molto tempo insieme e quando lei non aveva il coraggio di fare qualcosa c’era Jane che, sempre molto gentilmente, era pronta ad afferrarla per le spalle e buttarla senza pietà in mezzo alla mischia. Jane era leggermente rude, indifferente di tutto e andava bene così: altrimenti non sarebbe stata l’amica con cui condivideva la stanza, la pizza – non sottovalutiamo la straordinarietà di questo gesto – e i calzini, dato che Nah aveva una fissa per le calze e quelle di Jane erano carinissime, almeno secondo lei. Si divertiva quando andavano in giro e Jane scattava foto ai passanti e poi insieme provavano a immaginare come fosse la loro vita, costruendo tutto sulla base della loro immaginazione, e si divertiva quando Jane riusciva a far funzionare Netflix e lei ogni volta ne rimaneva affascinata.
Quando ci si metteva, però, la Darko sapeva essere una grandissima stronza. E sapeva quali tasti toccare per imbarazzarla come nessun altro.
Lei una mangiatrice di uomini?? Solo a quella definizione si sentì morire e, oh accidenti, non aveva mai dato un bacio e non era mai uscita con un ragazzo! Jane lo sapeva ed era per questo che sicuramente neanche lei credeva alla propria affermazione, ma ciò non le aveva impedito di lanciare la frecciatina. Come se lei non si sentisse già abbastanza in difetto di suo, stando davanti alla sua compagna di stanza vestita da odalisca! Prima o poi sarebbe successo, ne era consapevole, ma… nei suoi film mentali Jane non era un ragazzo. Comprensibilmente.
Sbirciò l’espressione di- di quella che doveva essere Jane, che però aveva sembianze prettamente maschili; non sembrava arrabbiata con lei e del resto erano entrambe in difetto, a quel punto. «I-io- non ho dodici anni!» quasi squittì, facendosi coraggio per togliere la mano dal proprio volto, tenendo lo sguardo ostinatamente puntato verso l’alto. Era inevitabilmente arrossita, ma la situazione peggiorò quando si rese conto che Jane non aveva alcuna intenzione di mollare l’osso e coprirsi. «Jane!» gemette, scuotendo il capo. Non avrebbe preso come esperimento scientifico proprio nulla, cosa le poteva importare se le sue parti basse non… non cercavano buchi! Era inutile, Narah non ce la poteva fare. Non si scandalizzava più di tanto, non aveva davvero dodici anni, ma non era abituata a certi discorsi! Men che meno con la coinquilina con una parte intima che non era la sua, ecco.
Quasi, quasi si era dimenticata di essersi fatta beccare con dei vestiti simili addosso, che al cento per cento non appartenevano al suo armadio. Non c’era neppure bisogno che Jane ne vedesse il contenuto ogni giorno per tirare a indovinare, bastava guardare le felpe e i maglioni con cui Nah amava uscire – quelle volte che usciva –. «Guarda che lo so che stai cercando di distrarmi...» Certo. Peccato che ciò non escludesse che le doveva delle spiegazioni e che non aveva la benché minima idea di come tirare fuori le parole dalla bocca. Si sarebbe liberata da un peso, non avrebbe più mentito o nascosto nulla a Jane – il cui cambiamento la lasciava ancora sconvolta –. Doveva essere sollevata di avere l’occasione perfetta per svuotare il sacco, no? Be’, di fatto… no. C’erano stati giorni migliori.
Sentendo l’ansia prendere possesso dei propri pensieri, Nah si cinse la vita con le braccia sedendosi sul divano del salotto, lo sguardo che rifuggiva a quello di lei-lui, Jane insomma. Giocherellò a capo chino con il velo del vestito, schiarendosi la voce sicura che, altrimenti, sarebbe stata tremante e colpevole. La fu comunque. «Io… non l’ho fatto per… è successo che...» Inclinò di lato la testa per spiare che espressione avesse Jane, un sospiro a sfuggire dalle sue labbra mentre si mordeva quello inferiore. Avanti, tanto se ti odierà per averle tenuto nascosto tutto lo farà anche se balbetti. Avrebbe potuto tergiversare, o deviare il discorso come aveva fatto l’altra, ma non sapeva tenersi la verità dentro se era sotto pressione.
«Potrei aver… iniziato a lavorare al… al Lilum» Ecco, l’aveva detto. Alzò di scatto la testa, spalancando gli occhi. «Solo come ballerina! Io non…» Si strinse nelle spalle, sconsolata. «Mi dispiace averti tenuta all’oscuro. T-te l’avrei detto, al momento giusto.» Non gliel’aveva detto perché aveva avuto e aveva paura che l’avrebbe giudicata male. Non voleva perdere la sua amicizia, ma se l’avesse fatto sarebbe stata solo colpa sua, sua e della sua codardia. Momentaneamente, per quanto assurdo, tralasciò la pretesa di chiedere spiegazioni su perché Jane fosse un ragazzo. Le osservava i capelli, il viso, le spalle, ma in quello sconosciuto, della sua amica, l’unico indizio era la luce astuta che le illuminava gli occhi sagaci e affilati. Adesso, era ansiosa di assicurarsi che fosse tutto a posto.16 y.o. | telepathwhite lies and guiltThere's no hiding now
I'm paper thin
paper thin.I'm so sorry I disappointed you.. -
.prelevi? // i panic at a lot of places besides the discoAvrebbe potuto trovarsi passatempi più sani e meno controproducenti, Jane Darko, ma cosa poteva farci lei, povera anima tratta in tentazione!, se prendersi gioco di Narah Bloodworth era così facile ed esilarante? Strinse le labbra fra loro strozzando un sorriso ilare fra i denti, piazzando i palmi delle mani l'uno contro l'altro per impedirsi fisicamente di coprirsi anch'ella gli occhi: sentiva perfino un po' di secondhand embarrassment, ma non abbastanza da volersi privare della vista di Nah in difficoltà. Oramai, con la scusa del siamo bff4e della telepata, era difficile che Jane being Jane riuscisse a metterla a disagio o ad imbarazzarla come ai good ol days; Jane being Gabe sembrava invece suscitare l'effetto preferito della Darko nel proprio interlocutore: confusione.
Le piaceva proprio tanto, la confusione.
Il rossore sulle guance di Nah le fece alzare gli occhi al cielo, un sonoro sospiro a sgusciare dalle labbra; quella reazione spiegava perfettamente da sé perché Jane non parlasse dei fumetti che leggeva (neanche troppo) di nascosto, alla mora: non avrebbe retto l'esuberante peso dello yaoi. Sarebbe implosa prima ancora che Jane potesse scandire ÖMËGÂVËRSĒ. Il sorriso che le rivolse quando infine ebbe il coraggio di incrociarne lo sguardo, fu sporco di orgoglio e affetto - perché girava che ti rigirasse, a quella pirla di Nah voleva bene davvero. Poteva sembrare un progresso minuscolo date le normali interazioni del genere umano, ma come diceva una frase divenuta oramai famosa, un piccolo passo dell'uomo era un grande passo per Nah. Come pegno di buona fede, prese una coperta gettata alla rinfusa sul divano e se la avvolse attorno coprendosi dalle spalle ai piedi, tornando così ad essere il familiare burrito che Different Lodge meritava, ma non quello di cui aveva bisogno. Seguì Nah, prendendo però posto sul poggiabraccio anziché al suo fianco. Okay che aveva fatto progressi, ma non voleva rischiare le venisse un infarto solamente perché, per uno strano gioco del destino, quella notte la sua migliore amica aveva perso (l'aereo) le ovaie.
Aveva diverse teorie in merito ai particolari abiti di Narah Bloodworth: prostituzione incosciente; sugar Daddy con uno strano fetish; il più accreditato, restava una forma di bullismo di cui Jane non fosse a conoscenza (qualcuno la obbligava a ...fare.../cose/?). Di certo
Di certo
Non si era aspettata la risposta farfugliata dalla telepata. Rimase in silenzio un paio di secondi di troppo, palpebre socchiuse in piena modalità concentrazione. Come l'internet explorer tanto di moda nella generazione precedente, ci mise più del dovuto ad elaborare le informazioni appena ricevute - e qualche altro istante, per decidere come rispondere.
«hai detto lilum?» cosa stava dicendo. Il lilum degli SPOGLIARELLI? il lilum di SVETLANA?
LA BALLERINA?
«...non mi dire che hai dabbero uno sugar daddy.» perché era più naturale per Jane credere che Nah le avesse appena mentito cercando di coprire qualcosa di Più Losco™, che pensare la Bloodworth fosse una ballerina dello strip club. Cioè, non aveva nulla contro il lilum, ma le sembrava così....non Nah. Perché avrebbe dovuto?
«perchè avresti dovuto?» pensarlo non era bastato, quelle erano domande che necessitavano di risposta.
Anche perché, più rimaneva in silenzio,. più la risposta di Nah sedimentava nel suo raziocinio, più era.... fottutamente divertente. Iniziò con un lieve tremore delle spalle, che si propagò poi alla schiena ed alle braccia. La gola le faceva il solletico, i polmoni vibravano d'aria.
Ed alla fine che senso avrebbe avuto trattenerla oltre, quella risata. La lasciò scivolare dalle labbra dischiuse con la morbidezza di un sospiro a fine giornata, densa e calda nel piccolo locale del loro dormitorio. Jane Darko era più tipa da sorrisi sardonici che da risate gutturali, così estranee da lasciarla sempre con un lieve singhiozzo. Solo quando riuscì a placarsi, con la vista ancora offuscata dalle lacrime e gli occhi a bruciare, si rese conto che la cosa più seria, indipendentemente da quale fosse realmente il contesto, era un'altra.
«narah...» si chinò lievemente per incrociarne lo sguardo, donandole il solenne peso delle iridi blu - diverse da quelle di Jane, ma con la stessa sfumatura Darko.
«avevi...» no, dai. Le aveva appena mostrato le proprie protuberanze, si conoscevano da anni, da quella che per Jane era quasi una vita, non poteva credere che
«...paura di dirmelo?» Narah era effettivamente troppo bella, per essere anche intelligente.
❤Some princes don't become kings -------gabejane darko15 y.o. (jackson) muggle electrokinesis .