My bones will bleach, My flesh will flee.

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  1. Mademoiselle~
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    ⋆ Zephyrine Worley ⋆
    « The heart lies and the head plays tricks with us, but the eyes see true »
    L'aria sibilava feroce mentre la lunga frusta scendeva sulla sua coscia lasciandole una striscia scarlatta a ricordarle come doveva comportarsi. Andava avanti così ormai da una buona mezz'ora nella quale la donna che la stava punendo cambiava di tanto in tanto l'arma. Prima aveva usato semplicemente le parole; la lingua a volte può ferire più di ogni altra cosa e nel suo caso era stato così: probabilmente prima di punirla aveva letto qualche informazione su di lei, altrimenti non si spiegava come faceva a sapere di sua madre. Più di ogni taglio sulla sua pelle, più di ogni abrasione o bruciatura che fosse ormai presente sul suo corpo, quello che le aveva fatto più male era ripensare a tutto quello che aveva perso, a ciò che non aveva. Zephyrine non aveva mai odiato così tanto qualcuno come la giovane donna che la stava punendo. Perché fare tanto del male a qualcuno che nemmeno conosci solo per aver ribattuto alle insinuazioni false di un altro? Come poteva essere così certa che meritasse tutte quelle frustate, quei tagli superficiali che non l'avrebbero messa in pericolo di vita ma che avrebbe ricordato di sicuro? La Tassorosso non era mai stata una ragazza presuntuosa, ma di fronte a quei comportamenti non poteva fare a meno di pensare quanto fosse almeno due volte più intelligente di chi obbediva ciecamente senza conoscere i fatti. E ad ogni minuto che passava il suo corpo era sempre più lacerato, lacrime di sangue scendevano dalle lesioni soprattutto superficiali, mentre la frusta continuava il suo balletto fiera dello spettacolo, ma totalmente insoddisfatta. Zephyrine non provava dolore per colpa, o fortuna in quel caso, della malattia che la affliggeva sin da quando era piccola; aveva fatto bene a non dire a nessuno lì ad Hogwarts di tutto quello, almeno non avrebbero cercato altri modi per ferirla. Passarono ancora una decina di minuti prima che la sua persecutrice decidesse che la sua punizione poteva dirsi finita. Così Zephyrine riprese in fretta la felpa e i pantaloni che aveva dovuto togliersi e si rivestì più alla svelta che poteva, ignorando tutto quello che la donna le diceva, minacciandola di altre torture.
    Imprecò uscendo dalla sala dove si trovava quando notò l'orario: era tardi, troppo per i suoi gusti. Aveva un appuntamento e non se lo sarebbe lasciato sfuggire, sebbene ciò poteva costarle un'altra seduta con la persona che aveva appena imparato ad odiare. Corse il più velocemente possibile per i corridoi di Hogwarts, stando attenta a non incrociare nessuno sul suo cammino. Per più volte ebbe come l'impressione che qualcuno la tenesse d'occhio, ma ovviamente era solo la paranoia dovuta a quasi un'ora di torture.
    Dopo aver salito infinite scale raggiunse la sua meta: la torre dell'orologio. Era qui che la sua amica la doveva attendere e sperò vivamente avesse sentito della punizione che le era stata data e che non se ne fosse andata. Aveva proprio bisogno di sfogarsi. Salì l'ultimo gradino ed entrò nella stanza; sentiva qualcosa di fresco scenderle lungo la coscia. Probabilmente qualche taglietto sanguinava ancora, non che le importasse molto. Ma dov'è? Pensò mentre camminava cautamente sulle assi di legno vecchie del pavimento. Cercava la chioma castano chiara dai riflessi arancioni della mia amica, evitando di fare troppo rumore.«Elsie, dove sei?» Sussurrò nel buio illuminato solo dalla luce della luna. Almeno aveva la bacchetta con cui farsi luce.
    Sheet ⋆ età ⋆ Strega ⋆ Ribelle ⋆ single

    schema role © psìche

     
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  2. fuck yeah caskett
         
     
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    ⋆ ELSIE LUNA BECKETT ⋆
    « Oh, you're in my veins »
    Era stata una giornata pesante. Pesante? Sicuro che fosse il termine azzeccato per descrivere la situazione infernale alla quale era stata sottoposta durante l'intera giornata? Pesante era un aggettivo che poteva trovarsi in un qualsiasi dizionario, perfino quelli che ti insegnano l'ABC della grammatica, le basi. Non esisteva parola che si adattasse perfettamente a quello che aveva passato la giovane tassa durante quella mattinata, conclusasi con un pomeriggio altrettanto detestabile. Ma ancora, detestabile non era esattamente il termine giusto. Era stanca di cercare sinonimi, tanto non li avrebbe trovati. A dire il vero, era stanca di pensare, in quel momento.
    Guardava l'orologio che ticchettava rumoroso. Un rumore che le dava fastidio, le entrava nel cervello fino a farle scoppiare le membra. Era decisamente odioso, in quel momento. Dopo averlo guardato per tutto il giorno nel tentativo di far spostare le lancette verso destra, di qualche numero in più insomma, quel tanto da farle passare in fretta le lezioni. Da studentessa modello, ragazzina studiosa e orgoglio dei tassi, si stava trasformando in qualcosa di completamente differente. Aveva giurato a suo padre che avrebbe sempre curato la sua cultura, ma ormai con i ribelli al potere, sua madre che non faceva che ripeterle quanto il titolo fosse rilevante, e i suoi concasati con i quali stava perdendo vergognosamente il rapporto, non sapeva più in che direzione remare. Remare era un termine giusto, a differenza degli altri. Le ricordava il mare di stronzate nel quale ultimamente era costretta a navigare. E il problema era che non riusciva in nessun modo a controllarlo, scorreva impenetrabile, nella sua mente, nel suo cuore. Tutte le certezze avute fino a quel momento stavano crollando. Il suo passato da brava scolaretta sembrava un lontano ricordo. Forse sarebbe dovuta tornare a casa, parlare anche solo una volta con suo padre per tornare quello che era. Ma ci avrebbe pensato un'altra sera.
    E poi, era arrivata quella fatidica notizia a peggiorare la sua giornata. Nulla poteva andare nel modo giusto. Non sarebbe stata la sua vita, altrimenti. L'umanità era sempre messa a dura prova, soprattutto dagli imprevisti che peggioravano la vita già precaria dei poveri esseri umani. E quel pomeriggio era toccato a lei. Una tassa innocente, una ragazza che come unica pecca aveva quella di essere troppo dolce e gentile, era stata rinchiusa nella sala delle torture. E stava subendo le peggiori punizioni possibili. Un suo amico l'aveva informata, ma ormai era troppo tardi per tirarla fuori dai guai. Dopotutto, avrebbe cercato di salvare il salvabile quella sera, dato che dovevano ritrovarsi alla torre dell'orologio. Eppure, le lancette erano ferme sempre allo stesso punto. Non avanzavano, nè retrocedevano purtroppo, perché avrebbero fatto in tempo a rifare il giro all'incontrario per la lentezza inaudita che stava accumulando.
    Eppure, miracolosamente, l'orario arrivò. Sapeva che avrebbe dovuto prestare maggior attenzione, l'essere scoperta le avrebbe procurato un sacco di guai, e ora quelli erano l'ultima cosa di cui aveva bisogno. Perciò, nonostante il brivido del rischio bussava imperterrito come un boia alla porta del condannato, dovette convincersi a passare inosservata. Indossò un paio di jeans e una maglietta larga per star più comoda. Ci sarebbe volentieri andata anche in pigiama, a dire il vero. Prese uno zaino, dove mise una bottiglia di whisky Incendiario che si era procurata grazie ad un suo amico, e un po' di bende e disinfettante. Avrebbe aiutato la sua concasata, ne era certa. Sgattaiolò silenziosamente fuori dalla sala comune. Avevano intensificato i controlli, alcuni ragazzini del secondo anno erano stati beccati a far festini di notte e le autorità superiori non avevano di certo gradito quell'affronto. Scavalcò due prefetti che stavano controllando le scale, e finalmente riuscì ad arrivare alla torre dell'orologio. Sperava che il breve ritardo non avrebbe fatto scappare Zephyrine.
    Una voce, però , rispose immediatamente alla sua muta domanda. Si voltò, osservando una fonte di luce che aveva investito il suo volto. Si ritrovò a coprirsi il volto con il braccio, la luce era troppo forte, e la accecava. Ma la voce della sua amica le fece capire che non era stata scoperta da nessuno. Le regalò un breve sorriso, abbassando il braccio man mano che i suoi occhi si abituavano alla luce che fuoriusciva dalla bacchetta.
    «Scusa per il ritardo Zeph. Ho dovuto seminare due prefetti» disse sinceramente dispiaciuta, fiondandosi su di lei e abbracciandola brevemente con un sospiro.
    «Come stai? Ho saputo della sala delle torture!» disse preoccupata, sistemandosi lo zainetto sulle spalle con un'espressione tremendamente dispiaciuta ad occultarle il volto.
    #goodgirl ⋆ 16 anni ⋆ witch ⋆ neutrale ⋆ pureblood

    schema role © psìche

     
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1 replies since 7/4/2015, 18:29   146 views
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