We're all a little gay!

StilesxKarma

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    Presi un manico di scopa qualsiasi dal ripostiglio. Firmai con il mio nome sul taccuino là lasciato, che mi avrebbe costretta magicamente più tardi a riportare ciò che avevo preso in prestito. Una cosa giusta, insomma, tanto per una volta. Una cosa che finalmente ci si aspetterebbe da un prefetto. Chiusi con una spallata la porta e fissai la Scopalinda che avevo preso. Non avevo un manico di scopa tutto mio, perciò mi sarei dovuta accontentare. Avevo promesso a quel gay che non vuole ammettere di esserlo di Stiles che lo avrei aiutato con la sua tecnica nel giocare a quidditch. Una scusa per vedermi? Forse. Anche io ne avrei inventata una, fossi stata in lui. Avvampai leggermente pensando alla sera del Winter Party, quando bevendo il veritaserum gli avevo confidato di trovarlo attraente.Tranquilla,K,preso com'è da tutti quei ragazzi che gli ronzano intorno se lo sarà dimenticato. Mi tranquillizzò una vocina nella mia testa, mentre scrollavo le spalle infastidita dal ricordo di tutto quell'imbarazzo. Mostrarmi debole non era cosa mia, non sarebbe mai più dovuto accadere. Avevamo appuntamento alle tre di pomeriggio, dopo le lezioni mattutine e prima di quelle pomeridiane, un'ora e mezza solo io e lui al campo da Quidditch. Con la borsa con dentro una t-shirt ed un paio di leggins pratici e comodi per lo sport sotto braccio, mi avviai nello spogliatoio dei maschi, sicura di incontrarlo per poterci scambiare due chiacchiere prima del nostro allenamento. Due chiacchiere? Tu? Quel ragazzo ti fa male. Corri. Entrai quindi nello spogliatoio non curandomi di non essere una pene-dotata e aspettai l'arrivo del Tasso. Fuori c'era un bel cielo azzurro limpido, senza nemmeno una nuvola. La primavera era vicina...e quell'allenamento, in teoria, era il mio regalo di Natale per Stiles.
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    Edited by m e p h o b i a - 5/1/2017, 00:52
     
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    Stiles
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    Quando si parlava di tempismo, non si poteva pensare a Karma Montgomery. A Natale, quando lui le aveva simpaticamente regalato un’altra boccetta di Veritaserum, lei aveva detto che l’avrebbe aiutato nel Quidditch, campo nel quale –eufemisticamente- non eccelleva. Sin dal primo anno, Stiles era rimasto affascinato dallo sport dei maghi: volavano su delle scope, lanciandosi palle magiche e rincorrendo un affarino dorato dotato di ali. Capite quanto la cosa lo avesse emozionato? Teoricamente Andrew era un mezzosangue, ma essendo sua madre mancata prima di potergli rivelare la verità, ed avendo ella tenuto all’oscuro suo marito, era nato e cresciuto come un babbano. Cosa che, infatti, nessuno mancava di ricordargli. I più simpatici lo definivano un babbano mancato, gli altri riuscivano ad essere così fantasiosi che la mente innocente del Tasso non riusciva nemmeno a riproporli senza arrossire. In effetti, date le scoperte recenti, non vedeva proprio come dar loro torto: non un gemello, due, entrambi babbani. Ancora non aveva compreso come fosse possibile, e difficilmente ne sarebbe venuto a capo senza l’aiuto del padre. Non che, con una semplice lettera, Stiles potesse chiedere al padre quanti piccoli Stilinski la sua defunta moglie avesse partorito. Era un discorso da fare necessariamente a quattr’occhi -o otto per la precisione, contando i fremelli al completo -, e Andrew continuava a cercare scuse per posticipare la rivelazione. Aveva paura di quello che avrebbe scoperto. Non voleva sapere con certezza che suo padre gli aveva mentito per tutto quel tempo; non voleva sapere di essere stato scelto random, fra altri due neonati. Non aveva bisogno di altro materiale per cui sentirsi in colpa. Senza contare il pensiero spontaneo quanto deprimente del: cosa sarebbe successo, se non avesse scelto me? Da quel poco che aveva capito, sia Xav che Jay erano molto diversi da lui. Sarebbe riuscito ad affrontare le loro stesse situazioni, ed uscirne quasi indenne? Sarebbe impazzito nei Laboratori? Sarebbe stato rapito, innanzitutto? E poi pensava a quello di cui aveva privato i due ragazzi: una vita. Avrebbero potuto esserci loro al suo posto, anzi. Al contrario suo, avrebbero potuto avere una vita normale, lontana dalla magia. Quindi, alla fin fine, era tutta colpa sua.
    Strano, quando mai!
    Spinse poco delicatamente Loki, il suo Jarvey, facendolo ruzzolare sopra il copriletto giallo e nero del letto a baldacchino. Come suo solito, la creatura malvagia si era assopita sopra qualcosa che serviva a Stilinski, in quel caso la tenuta sportiva: maglietta grigia con su il simbolo degli Hufflepuff e pantaloni scuri della tuta. Era sempre più convinto che lo facesse apposta, che sapesse ciò di cui Stiles aveva bisogno prima ancora che lo sapesse il ragazzo, così da farlo sentire in colpa ogni qual volta doveva spostarlo. Non che quel senso di colpa durasse poi molto: il figlio del demonio non meritava pietà, nemmeno quando lo guardava languidamente con quei suoi porcini –e adorabili- occhietti animaleschi. Era in ritardo? Non lo sapeva con certezza, ma la cosa non lo toccava particolarmente. Considerando che quel giorno non avevano lezione, Stiles aveva tutta l’intenzione di fare le cose con calma. Il resto della settimana lo passava correndo da un aula all’altra, fuggendo dai bulli di Hogwarts o scappando al lavoro: voleva un attimo di relaz, era chiedere troppo? Inoltre, sicuramente, Monty si sarebbe dimostrata per la giovane Hitler sbaffata che fingeva di non essere. Una dittatrice senza scrupoli. Se la cosa l’avesse aiutato a entrare in squadra avrebbe potuto sopportarlo: sacrifici, giusto?
    Per quanto poco gli piacesse ammetterlo, passare il tempo con Karma Montgomery era divertente. Erano così diversi, che Stiles non smetteva mai di stupirsi ad ogni reazione di lei, qualunque essa fosse. Era acida senza essere particolarmente permalosa, il che gli permetteva di tirare frecciatine come Katniss negli Hunger Games. Aveva ancora i capelli umidi ed i vestiti appiccicati alla pelle in più punti (sì, si faceva la doccia prima dell’allenamento, problemi?), ma era una bella giornata, quindi forse non sarebbe morto. Almeno, perché bisogna sempre precisare, non sarebbe morto di malattia. Non aveva dubbi che se Karma ne avesse avuto la possibilità, l’avrebbe sbattuto giù dalla scopa.
    Non vide la Serpeverde nel campo, per cui dedusse che anche lei era in ritardo. Entrò nello spogliatoio canticchiando una canzoncina babbana, muovendo la testa a ritmo. Senza nemmeno guardarsi attorno, prese un manico di scopa qualsiasi ed iniziò ad usarlo come microfono. Una giravolta, e BAM! Monty era lì, davanti a lui. “AAAHHHHHHHHIIII’m gonna swiiiiiiing from the chandelieeeeeeeer” Dissimulò il grido giusto un poco terrorizzato, continuando la canzone con la stessa passione mostrata precedentemente. Lui non si era assolutamente spaventato, per chi l’avevate preso? “Monty, lo sai che questo è lo spogliatoio dei maschietti? … devi dirmi qualcosa?” Domandò con un sorriso di scherno, lasciando cadere la borsa con il cambio su una delle innumerevoli panchine vuote.


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    Maghetti con la bacchetta inferiore ai 9 pollici (mi dispiace Shane, parlo pure per te.è una bella rottura averla così corta pure a quest'età!) è ora di spegnere la tivù ed andare a nanne! #fasciahard



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    Stavo giusto per togliermi la maglietta,quando la porta dello spogliatoio si aprì. Non mi girai nemmeno, tanto a quell'ora chi altro sarebbe potuto arrivare se non la persona che stavo aspettando? Ma chi volevo prendere in giro? Avrei continuato a spogliarmi chiunque fosse entrato in quello spogliatoio, il prof Viktor compreso quando, al posto di un semplice "Ciao" o un più originale(?) "Ehi,Monty", la voce inconfondibile di Stiles inizia a cantare.AAAHHHHHHHHIIII’m gonna swiiiiiiing from the chandelieeeeeeeer mi girai, ancora totalmente vestita ad eccezione delle scarpe alzando un sopracciglio, per poi rilassare dopo qualche istante il mio viso e rivolgergli un piccolo sorriso. Ottimo modo per mascherare un bello spavento, Stiles. Devo imparare pure io. dissi, aprendo poi la borsa e tirando fuori la maglietta, i leggins e le scarpe da ginnastica.Monty, lo sai che questo è lo spogliatoio dei maschietti? … devi dirmi qualcosa? mi girai ancora una volta, lentamente, verso di lui. Feci qualche passo verso la sua figura mentre ero tornata di nuovo seria, scrutai i suoi occhi per qualche secondo. Poi, con un'espressione innocente degna di un'attrice di Hollywood, abbassai lo sguardo sulle mie scarpe. Assolutamente nulla di particolare. Avevo voglia di fare due parole prima dell'allenamento e mi son detta "Perché perdere tempo a cambiarmi in uno spogliatoio se per lui non c'è alcun problema?" alzai di nuovo lo sguardo, stavolta rivolgendogli uno splendente sorriso a trentadue denti. Tornai per l'ennesima volta alla mia borsa. Mi tolsi la maglietta, rimanendo con solo il reggiseno di pizzo nero semitrasparente nella parte superiore del mio corpo. Girai il busto verso di lui.Dico bene? sussurrai con tono malizioso, facendogli poi l'occhiolino. Mi tolsi anche i pantaloni, rimanendo solo in biancheria intima (le mutande, ovviamente, erano di pizzo nero semitrasparente come il reggiseno. Per chi mi avete presa?) feci un rapido giro dello spogliatoio così, mentre tentavo di rivoltare la maglietta che era al contrario, per poi avvicnarmi ancora una volta al tasso.Hai mangiato, sì? Non voglio che tu svenga sul campo. gli presi un braccio e lo alzai, per poi farlo ricadere. Sembrava non mangiasse mai, magro com'era. Non che io avessi mangiato qualcosa, quella mattina.
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    Stiles
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    La Montgomery era, come al solito, il ritratto dell’allegria: il sorriso che rivolse a Stiles, identico a quello che rivolgeva al resto del mondo, esprimeva solo la sua noia, nonché il desiderio di essere in qualche altro luogo tranne che in quello in cui si trovava. Non necessariamente era davvero quello che Karma pensava, ma sicuramente l’idea che dava. Okay, probabilmente lo pensava anche, ma Stiles preferiva credere di essere solo paranoico. Se perfino per i suoi amici era un peso passare del tempo con lui, la questione cominciava a diventare imbarazzante. “. Ottimo modo per mascherare un bello spavento, Stiles. Devo imparare pure io” Grugnì alzando gli occhi al cielo. “Spavento, ma per favore. Volevo solo cantarti una canzone. Non apprezzi mai Si lamentò, trattenendosi dall’indietreggiare mentre lei si avvicinava. Non era che la temesse, o almeno, non nel senso normalmente conosciuto. Era più… era diverso, ecco. Certamente avere amici come Kent e Hades non aiutava in quel particolare frangente della sua vita. Avrebbero potuto tranquillamente fondare il club castità. Magari avrebbe potuto chiedere a Isaac… almeno lui era sicuro che… ma perché diamine stava pensando ad una cosa del genere? Era Karma Montgomery, per l’amor del cielo. Placa gli ormoni, tassomuffin. “Assolutamente nulla di particolare. Avevo voglia di fare due parole prima dell'allenamento e mi son detta "Perché perdere tempo a cambiarmi in uno spogliatoio se per lui non c'è alcun problema?" “ Ancora con quella storia assurda. Gli rispose facendole il verso, mentre toglieva dal borsone il pacco che aveva portato appositamente per lei. Era un colpo basso, e se ne rendeva conto, ma... a proposito di colpi bassi. Sentì la bocca improvvisamente asciutta, mentre la Serpeverde cominciava a spogliarsi. Lì, davanti a lui, senza nemmeno un pudico telo con il quale coprire le proprie grazie. Grazie ben visibili attraverso il tessuto sottile del completo intimo. Deglutì, portando la mano ad allentare una cravatta che non aveva. “Dico bene?” Annuì meccanicamente, lasciando cadere goffamente il regalo a terra. Si abbassò per raccoglierlo, e quando rialzò lo sguardo, Monty si era tolta anche i pantaloni. Fu inevitabile per Stiles seguire le linee magre delle sue gambe, accarezzando il corpo magro della ragazza fino ad incontrare il suo sorriso malizioso. Piccola infida Serpeverde, marciava troppo sulla gayezza che Stiles non aveva. Cosa che purtroppo stava mostrando abbastanza chiaramente grazie a… ecco, una cosa che proprio non poteva controllare, chiamata afflusso di sangue nel posto sbagliato. La cosa cominciava a diventare imbarazzante. Montgomery La ammonì a denti stretti, strizzando le palpebre. Gattini morti, Stiles, gattini morti. “Hai mangiato, sì? Non voglio che tu svenga sul campo.” La ragazza si avvicinò, sollevandogli il braccio esile che ricadde a peso morto lungo il fianco. Andrew continuò a squadrarla, imbarazzato ma incapace di spostare altrove lo sguardo. Non aveva mai visto una ragazza nuda, ed era tutto così nuovo. Aveva diciott’anni, ma aveva scritto verginello sulla fronte, lontano chilometri. La tensione sessuale che si era creata fra lui e Shane, non aiutava di certo Stiles a farsi la reputazione da womanizer; la tensione sessuale che si era creata nello spogliatoio, ahimè, la sentiva solo lui. Gli ormoni erano una brutta bestia. Annuì, mentre la mano scattava –senza alcun comando del giovane, giuro!- sul petto della ragazza. Si accorse del suo gesto solo quando la mano sfiorò il tessuto sottile del reggiseno. Vi fu un silenzio imbarazzante, mentre Stile sguardava la sua mano sperando che sparisse nel nulla: invece di toglierla, guardò impanicato Karma. “Controllavo solo che fosse tutto a posto” Si schiarì la voce, sorridendo sornione. “Dopotutto sono gay, giusto?” Quasi civettò, felice di aver trovato un utilità a quella voce di corridoio. Grazie, pettegoli, grazie. “Sì, ho mangiato, ma ho portato comunque qualcosa da sgranocchiare prima dell’allenamento” Così dicendo, prese il pacco che prima gli era caduto, sfasciandolo e porgendo il contenuto alla Serpeverde. si trattava di tre dolcetti rotondi, macaròns li chiamavano, i quali altro non erano che due meringhe attaccate fra loro tramite una crema. O una cosa del genere, non ci capiva molto di cibo: lui, nel dubbio, mangiava sempre. Io li ho già mangiati, questi sono per te Sembrava un gesto così sincero, così da Tassorosso, che quasi fu una scena commovente. peccato che Stilinski avesse comprato quei dolcetti da Madama Piediburro, grazie Maeve, e che fossero molto più di quel che sembravano: chiunque li avesse mangiati, avrebbe sentito l’impellente desiderio di tenerezza, e di contatto fisico. Se c’era una cosa di cui aveva bisogno Karma Montgomery, per Morgana, era della tenerezza. Le avrebbe dato della frigida, ma i pettegolezzi erano abbastanza da smentirlo. Si limitava a definirla iceberg.


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    Spavento, ma per favore. Volevo solo cantarti una canzone. Non apprezzi mai. Sorrisi, abbassando la testa per poi guardarlo divertita. Quel ragazzo era un misto di patetico ed esilarante, mix che lo rendeva decisamente adorabile. Mentre mi avvicinavo a lui, Stiles indietreggiò piano piano, cosa che mi divertì ancora di più. Era realmente spaventato dalle attenzioni che gli volevo dare? Come poteva? Tanto era gay. Bastava una parola e io mi sarei allontanata, volevo solamente divertirmi. Lui mi fece il verso ed io gli risposi con una smorfia, trattenendo però una risata. Era così imbarazzato, così evidentemente fuori posto...tanto da farmi dubitare per qualche istante della sua presunta omosessualità e confermarmela al tempo stesso. Era quasi una situazione nuova per me, perché sentivo come se non avessi avuto io il comando ed era la prima volta in assoluto. Quando poi mi tolsi i pantaloni, per lui fu decisamente il colpo di grazia. Mi mangiava con gli occhi, non poteva negarlo. Ma perché? Cioè, insomma, ero bella e lo sapevo, ma così tanto da "convertire" il tasso all'eterosessualità?Tutto a posto, Stilinski? chiesi ironica, guardandolo dritto negli occhi con sicurezza. Poi lo notai. Okay, forse il mio occhio si era posato lì già un paio di volte, ma prima stava...riposando, ecco, ne sono sicura. L'amico di Stiles era sveglio e ricettivo. La sua bacchetta aveva dimostrato di prediligere anche le forme femminili. Sul mio viso si era dipinta un'espressione di sorpresa mista al divertimento precedente. Magari mi ero sbagliata. Magari era bisex,Montgomery. disse lui, con un tono che mi parve leggermente eccitato. Chi lo sa, magari me lo stavo solo immaginando.Cosa c'è, Stiles? Ti da fastidio che il tuo membro ogni tanto ti dia segni di vita? mi astenni dal avvicinarmi ancora un po' di più e posare una mano dove avrei voluto...un minimo di tatto ce lo avevo anche io. Non avrebbe apprezzato, potevo dirlo per certo e non per i suoi gusti. Non riusciva a staccarmi gli occhi di dosso e la cosa non poteva che farmi un immenso piacere. E poi, l'impensabile. La sua mano, La mano di Stiles Stilinsky scattò come meccanicamente sul mio seno sinistro. Abbassai lo sguardo sulla sua mano, poi tornai a guardarlo negli occhi, incredula. Lui sembrava più stupito di me.Cavolo. Cioè, cavolo. Io... mi sentivo strana. Al suo tocco, ero rabbrividita completamente, la pelle d'oca perfettamente visibile. Era un brivido di piacere, ma diverso da qualsiasi altro tipo di piacere avevo mai provato in vita mia. Mi sentivo come se fossi stata svuotata completamente di....qualcosa che non sapevo nemmeno di avere dentro prima. E doveva essere qualcosa di tremendamente brutto, perché mi sentivo come se non fossi mai stata toccata in quel modo prima d'allora. E forse era davvero così.Controllavo solo che fosse tutto a posto Quel momento era finito, ma la sensazione che mi aveva lasciato dentro non mi avrebbe abbandonata presto.Dopotutto sono gay, giusto? Annuì piano, guardandolo rilassata.Sì, ho mangiato, ma ho portato comunque qualcosa da sgranocchiare prima dell’allenamentodetto questo prese dalla sua borsa un sacchetto dall'aria familiare, ma che non riuscivo a ricordare dove lo avevo già visto.Io li ho già mangiati, questi sono per te. Tassorosso. Così dolci da far schifo. ma in quel momento, Stiles mi faceva tutto meno che schifo. Mi lasciò in mano il sacchetto, che io guardai, quasi senza motivo, un po' sospettosa. Quasi, perché l'ultima volta che avevo mandato giù qualcosa che non avevo preso con le mie stesse mani avevo iniziato dire cose piuttosto sconvenienti davanti a troppa gente. E poi quel piccolo furbastro mi aveva regalato una boccetta di veritaserum per natale. Magari era stato proprio lui a...Mi fido. dissi guardandolo dritto negli occhi. Era vero, mi fidavo di lui. Aprii il sacchetto. non avevo molta fame, ma lui era stato così carino e quei dolcetti erano così invitanti. Ne presi uno rosa, probabilmente al gusto di fragola, e lo mandai giù sotto i suoi occhi.Okay, ora credo proprio di dovermi vestire per l'allenamento. Grazie ancora, era molto buono. Magari dopo ne mangio un altro. dissi lasciandogli il sacchetto sulla panca vicino alle sue cose. Mi girai per prendere i vestiti, ma qualcosa mi fermò. Mi sentivo strana, terribilmente strana. Come se fossi attraversata da una scarica elettrica, terribile, forte, che mi lasciava scombussolata e, stranamente...vogliosa. Ma non in quel senso, come mio solito. Volevo affetto. Volevo coccole e tutte quelle cose pure da pappamolli che non hanno che fare perché ce l'hanno troppo piccolo o devono aspettare il matrimonio o cose del genere. Mi girai ancora una volta, verso di lui. Un angolo della mia mente aveva capito tutto e stava già preparando tremende vendette. Ma la parte di me che in quel momento aveva la meglio, mi stava portando da Stiles, l'unica persona a me vicina in quel momento. Lo guardai per qualche secondo, in silenzio. Poi, lo circondai con le braccia, stringendomi a lui. Dopo qualche istante feci scivolare una mano sotto la sua maglietta, per fargli piccoli grattini sullla schiena, mentre l'altra gli accarezzava la testa dolcemente.Coccolami...perfavore... mi sentii dire, con una voce che non sembrava nemmeno mia, una frase che sembrava detta da una bambina di cinque anni all'amichetto dell'asilo, mentre gli baciavo piano piano ogni centimetro del suo collo, inspirando a pieni polmoni il suo fantastico profumo. La piccola parte di me vendicativa fermò le sue teorie malefiche all'istante, per godersi quel momento.Hai un odore così buono...stringimi più forte...
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    La Montgomery era stata forgiata dal male, Stiles ne era certo. Ancora si chiedeva il motivo che l’aveva spinto a stringere amicizia con quella ragazza: non avevano nulla in comune, partendo dal fatto che lei era una Serpeverde, e lui un Tassorosso. Certo che, com’era stato possibile appurare, Stilinski aveva un certo feelings con i verde argento: ananas e puzzle dovrebbero bastare, per rendere l’idea. Erano diversi, però erano simili: viaggiavano sul binario dell’ironia e del sarcasmo, dispensandone come braccialetti colorati in spiaggia, d’estate; mentivano sia a sé stessi che agli altri, fingendosi per ciò che non erano, convinti però di esserlo. Erano buffi, a dire il vero. E forse più simili di quanto entrambi avrebbero mai ammesso.
    Fatto stava che lei era malvagia, e Stilinski no. “Tutto a posto, Stilinski?” Perché doveva metterlo in imbarazzo, più di quanto lui già non fosse? E davvero, Stiles non pensava che quella situazione disastrosa avrebbe potuto peggiorare. Credeva già di essere sulla Concordia, ma forse era finito direttamente sul Titanic. Merda. Il sangue affluì al volto, mentre cercava di nascondere il suo segreto agli occhi della giovane. Stupidi pantaloni della tuta. Il fatto che lei, a vederlo in difficoltà, si divertisse da morire, lo atterriva ancor di più. “Motgomery” Grugnì a denti stretti, dandole le spalle in modo da frapporre qualcosa, fosse anche solo il suo stesso corpo, fra loro due. Almeno non avrebbe più dovuto assistere inerme a lei che si denudava sbattendogli le tette in faccia, per Merlino! Aveva… okay, forse non proprio una dignità, ma aveva comunque qualcosa, Stiles. “Cosa c'è, Stiles? Ti da fastidio che il tuo membro ogni tanto ti dia segni di vita?”
    Ciao Gesù, sono Stiles. Non siamo mai stati molto amici, ed è colpa mia, me ne rendo conto… ti giuro però che se scendi in questo istante per darmi una mazzata in testa e tramortirmi per almeno trent’anni, divento una persona migliore. Ti prego, sottraimi da questo supplizio. Per favore.
    Gesù però non scese negli spogliatoi, e Stiles dovette respirare profondamente per evitare di andare in iperventilazione. Cosa avrebbe dovuto rispondergli? Ma poi, diamine, che razza di domanda era?! Pudico, Stiles, innocente come un fiore di primavera. Ribatti con qualcosa di divertente, Andrew. Si ripeteva con voce ferrea. Il sangue però non arrivava più molto bene al cervello, e comporre una frase di qualsivoglia tipo pareva davvero complicato. Riusciva a pensare solamente a … cose. Perfino il suo automatico meccanismo di autodifesa, ossia la battuta sempre pronta, sembrava essersi inceppato. Maledetto, nel momento del bisogno non funzionava mai. “Montgomery, smettila di guardarmi il membro.” Rispose piccato, lanciandole un’occhiata da sopra la spalla. “E dire che pensavo fosse solo un problema degli uomini, che invece di guardare il viso di una donna, continuano a far scivolare il proprio sguardo su Cap e Zola” Borbottò fra sé e sé, seccato sia da lei che da quell’imbarazzante imbarazzo. Stiles era goffo di per sé (quando camminava, quando ballava, quando mangiava, quando interagiva con il genere umano), ma quando si trattava di donne… non era goffo, era un pachiderma sulla sbarra da danza classica. O un cacciavite a una gara di nuoto sincronizzato Donnie, esci da questo corpo!.
    Quando finalmente si era deciso a voltarsi per affrontare la situazione da vero uomo, era stato abbastanza idiota da palpare una tetta di Karma. Palpare. Tetta. Probabilmente non sembrava tanto grave –erano amici, lei lo pensava gay, ecc. - , ma per Stilinski era catastrofico. Non sapeva nemmeno lui cosa l’avesse spinto ad un gesto tanto eclatante (sì, lui lo sapeva, ma non rendiamo la situazione ancora più scomoda), e di certo la Serpeverde stava pensando la stessa cosa. “Cavolo. Cioè, cavolo. Io...” E l’aveva vista rabbrividire, Stiles ne era certo. Guardò la sua mano quasi fosse una cosa estranea, improvvisamente capace di cose di cui mai l’avrebbe immaginata capace, mentre il volto da arrossato si faceva addirittura paonazzo. I polpastrelli di Stiles stavano ancora comodamente sondando la zona, mentre i due ragazzi si guardavano in silenzio, senza sapere con esattezza cosa dire. Stiles, dal canto suo, si sentì in dovere di rompere quella quiete sparando minchiate a raffica, tipo giustificare quel suo gesto come la preoccupazione di un amico omosessuale per la salute della ragazza. Cioè, una scusa da pacca sulla spalla, proprio.
    Quando lui le diede i dolcetti speciali, Karma li guardò con una diffidenza tale da fargli credere che conoscesse quei dolci, e che avesse capito subito l’inghippo. Sarebbe stato davvero di cattivo gusto, da parte sua, rovinare uno scherzo così ben architettato. Ma ce l’aveva un cuore? Il sospetto lasciò lentamente i tratti della giovane, al che il Tasso comprese che l’iniziale cautela della giocane era solamente dovuta al fatto che quei dolci glieli aveva dati lui. Doveva essere davvero un ragazzo inaffidabile, se nemmeno la Montgomery s…”Mi fido” Disse invece lei, improvvisamente. Il tono lasciava intendere tutt’altro, ma chi era lui per giudicare? I suoi occhi minacciavano vendetta. O forse era solo la coda di paglia di Stilinski che cominciava a far fumo.
    Paletta, una volta era più bravo a fare burle. Era invecchiato, ormai.
    “Okay, ora credo proprio di dovermi vestire per l'allenamento. Grazie ancora, era molto buono. Magari dopo ne mangio un altro” Oh, vestiti. Che bella parola. Non che gli dispiacesse guardare la ragazza priva di abiti, anzi… gli piaceva un po’ troppo, ed era proprio quello a spingerlo a desiderare che invece fosse coperta. Non era abituato a quel genere di intimità. Le sorrise con sollievo, prendendo il sacchetto e riponendolo all’interno della borsa. Non sapeva quando avrebbero fatto effetto, ne quale nello specifico sarebbe stato. Confidava che Maeve non li infarcisse di Ecstasy, da Madama Piediburro. Le intenzioni di Karma erano buone, si stava dirigendo verso il suo borsone… allora perché si era improvvisamente fermata? Per un attimo temette di averla avvelenata – che fosse allergica?-, ma quando la guardò allarmato notò qualcos’altro negli occhi chiari di lei. Era un vuoto, un bisogno primordiale, una necessità. E, a passo spedito, lei si avvicinò a lui. Non ebbe nemmeno il tempo di metabolizzare, e di allontanarsi come avrebbe fatto un qualsiasi altro bambino ritardato di diciotto anni, che le braccia magre di lei gli circondarono la vita. Si ritrovò a trattenere il fiato, le braccia sollevate in una posizione innaturale, gli occhi spalancati e la bocca socchiusa. Si strinse con forza al Tasso, che si morse la lingua e socchiuse con forza le palpebre tentando di reprimere cose che, purtroppo, non dipendevano da lui. Almeno, non razionalmente. Oddio, cos’aveva fatto? Le mani di lei corsero sotto la maglietta, e poté sentire le sue dita sottili sulla pelle nuda della schiena. Sentiva una sensazione strana allo stomaco, una specie di stretta. Quando le unghie di lei graffiarono dolcemente la sua schiena, avanti e indietro, Stiles chiuse gli occhi premendosi il palmo della mano sulla fronte. Brividi correvano lungo la spina dorsale, facendogli sollevare i peli sulle braccia. “Coccolami...perfavore..” C-coccole? Coccole? E come si facevano, le coccole? E, oh, andiamo. Il cuore batteva così prepotentemente, dietro la cassa toracica, che probabilmente la piovra del Lago nero riusciva ad udirne le vibrazioni che si propagavano nel terreno. Lentamente, con la bocca improvvisamente arida, Stiles abbassò le braccia, cingendo le spalle della giovane. E ‘mo? E ‘mo so’ cazzi, Andrew. Ma non quelli che vorresti tu. Poggiò la mano destra alla base del collo, dove cominciò distrattamente, e da vero impedito, a disegnare astratte forme geometriche sulla pelle chiara della prefetta. Si chiedeva dove avesse sbagliato, in quel suo piano, si malediceva ad al contempo…. Al contempo tante cose. Perché era bello stringere Karma, perché quando lei glielo chiese trovò naturale (oddio, forse naturale non troppo: era pur sempre quel ritardato di Stilinski) stringerla più forte, respirare il suo profumo dolce. Cosa mi sta succedendo salvatemi fate qualcosa. Avrebbe apprezzato perfino un incursione di Lilia. Forse, addirittura, avrebbe cominciato a volerle bene, se fosse piombata nello spogliatoio in quel momento. E l’avrebbe odiata, tantissimo. Perché la vita doveva essere così incoerente? Gesù, ciao, sono sempre io, Stiles. Ti prego, dammi la conoscenza, dammi qualcosa, DIMMI COSA DEVO FARE. Le preghiere non cessarono, anzi, aumentarono quand’ella cominciò a posare delicati baci sul collo di Stilinski, che nemmeno sapeva che una parte così innocente del proprio corpo potesse dargli tutto quello. Sentiva le ginocchia così molli, che da un momento all’altro sarebbe caduto come una pera troppo matura. Non sapeva dove mettere le mani, dove mettersi la testa, dove mettere qualunque cosa. Non riusciva nemmeno più a preoccuparsi del fatto che lei fosse troppo vicina al suo Lui più piccolo. Non ricordava nemmeno perché prima avesse avuto quell’importanza.
    Aveva già accennato a quanto la vita fosse ingiusta? “M-montgomery” Disse piegando il capo dalla parte opposta, cercando di sottrarsi alle sue attenzioni. E dire che, in realtà, non voleva per nulla farlo. Ma proprio per nulla. “Fo-forse dovremmo andare a… oh, no aspetta” Un risolino sfuggì dalle labbra morbide del Tassorosso, quando i capelli di lei gli carezzarono la spalla. Stava morendo, lo percepiva. Era troppo per il suo povero cuore. “A.. a giocare. Quidditch” Riuscì a concludere, prendendola per le spalle ed allontanandola da sé. Okay, okay, forse riusciva ancora a respirare. Forse non sarebbe morto.
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    Si capiva con un solo sguardo che il sangue non gli arrivava più al cervello. Era troppo occupato ad affluire in altre parti, in quel momento. Rimasi anche abbastanza scioccata dal fatto che non tirasse fuori una delle sue stupide battute, cosa alquanto preoccupante perché dovevo averlo messo davvero in difficoltà. Ma poi, quando lo avevo stretto a me, era stato ancora peggio. Così, l'uno tra le braccia dell'altra, potevo sentire il suo cuore battere forte ed il quel momento non volevo e anzi, non riuscivo a sentire nessun altro rumore. Perché lui aveva ricambiato il mio abbraccio e per quanto poco potesse valere per me un abbraccio in situazioni normali, in quel momento mi sentivo più che soddisfatta. E quasi senza rendermene conto pure il mio cuore iniziò a picchiarmi violentemente in petto. C'era ancora qualcosa di non "contagiato" in me, una piccola parte razionale che si chiedeva quanto era stata stupida a cascarci, quanto fosse sbagliato tutto quello che stava succedendo e come sarei potuta uscirne traendone qualche vantaggio. Ma il vantaggio stava proprio in quella situazione e non volevo capirlo. Io che odiavo il contatto fisico se non al fine dei più profondi piaceri carnali, stavo facendo le coccole mezza nuda negli spogliatoi maschili col più improbabile dei Tassorosso. Chiunque fosse entrato in quel momento avrebbe capito che c'era qualcosa che non quadrava. Ma persino la mia parte razionale si calmò per un istante, quando il giovane prefetto iniziò tracciare sulla mia schiena forme indefinite in un modo estremamente dolce e così...inesperto da farmi venire i brividi. Sorrisi. Perché era bello essere stretta a Stiles, perché nonostante fosse tutto grazie ad un incantesimo ero riuscita a capirmi e a capire cosa stava succedendo. Per completare il puzzle...oddio no, facciamo lo schema riassuntivo di tutta quella situazione mi mancava un pezzo: perché mi aveva dato quei dolci? Perché voleva che accadesse tutto ciò che stava realmente succedendo o semplicemente voleva prendersi gioco di me? la più probabile mi sembrava la seconda, visto che non sembrava sentirsi proprio a suo agio, ma pensare che fosse davvero così faceva male.M-montgomery... mi chiamo tentando di liberarsi dai miei baci, cosa che la me sotto incantesimo non apprezzò affatto. E nemmeno la me razionale.Tu ti sei messo in questa situazione, Stiles. Ora te ne prendi la responsabilità.Fo-forse dovremmo andare a… oh, no aspetta Dio. Era così dolce, ingenuo...con quelle sue frasette balbettate mi faceva venir voglia di continuare, altro che smettere.A.. a giocare. Quidditch e così dicendo mi allontanò da lui, mentre io lo guardavo stralunata, con dipinta in faccia una sola parola:"Perché?"S-sì...forse dovremmo... disse non so più quale delle due me. Ma al solo pensiero di doveri allontanare di poco da lui mi faceva star male. Erano quei cosi. Non potevano essere altro che quei stupidi osi, che mi avevano ridotta ad una bamboccia bisognosa d'affetto.Caro mio, non dovevi darmi i dolcetti se volevi giocare a quidditch. pensai, mentre mi avvicinavo ancora a lui.Ma possiamo andare anche dopo. Abbiamo tempo... E fu questione di un solo attimo. Ormai né il mio corpo né le mie parole facevano ciò che volevo io. Ero in balia di una me stessa a me sconosciuta. Ed era terribilmente strano e terribilmente bello essere guidata da questa nuova Karma che sapeva esattamente cosa doveva fare. Buttarsi sulle labbra di Stiles. Ma io un bacio così non l'avrei dato mai, non lo avevo dato mai. Ero semplicemente lì, con le labbra posate sulle sue, sentivo a malapena il suo sapore. E un attimo dopo i nostri visi erano di nuovo distanti quanto bastava per non sentire più la pelle dell'altro sulla propria. E lo abbracciai di nuovo. La Karma razionale in quel momento era furiosa. Sarebbe voluta uscire da quel stramaledetto corpo e menare Stilinski a sangue per il tiro mancino che le aveva tirato. Ma al contempo si godeva il momento. Ero un paradosso vivente e doveva andarmi bene così, almeno fino a che non fosse terminato l'effetto dei dolci. Dopo averlo stretto a me ancora una volta, sospirai.Okay, ora se vuoi possiamo andare ad allenarci. Però iniziamo sulla stessa scopa, così ti spiego bene in che posizione devi stare. Non uno sguardo molesto, non una risatina. Lo avrei fatto sé fossi stata me, ma non lo ero. E nella frasse che avevo appena detto non trovavo alcun doppio senso. Ero tornata terribilmente innocente contro la mia volontà. Ma mi sarei vendicata. eccome se mi sarei vendicata.
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    Stiles avrebbe tanto voluto essere un ragazzo normale, ma purtroppo per lui la vita gli aveva riservato un altro destino: era uno Stilinski, e di normale c’era ben poco nella sua famiglia. …In realtà, l’unica cosa fuori dalla norma era proprio lui, ma amava credere che ci potesse essere una spiegazione razionale al suo essere un disagio tridimensionale. Il sangue sembrava un ottimo capro espiatorio. Le braccia di Karma attorno alla sua vita, il suo calore, erano qualcosa a cui era dannatamente poco abituato. Non aveva mai avuto con nessuno quel genere di intimità, e non sapeva come… non sapeva nulla, ecco, nemmeno perché avesse avuto la brillante idea di quello scherzone. Non poteva, che so, riempirle il cuscino di dentifricio, come ogni altro dodicenne iperattivo? No, lui voleva fare l’alternativo, e rende la Montgomery una tenera puffola pigmea. Aveva pensato sarebbe stato divertente, ma non lo era affatto. Almeno, non lo era nel modo in cui aveva immaginato: non si stava annoiando, ve lo assicuro. La loro amicizia era sempre stata particolare, così come lo erano i due ragazzi presi singolarmente. Una coppia improbabile a dire il vero, agli occhi di tutti, ma il Tasso si era sempre trovato bene in sua compagnia. Non aveva però mai azzardato pensare a Karma Montgomery in un modo diverso da un’amica, perché avrebbe dovuto? Lei sembrava sempre così poco interessata al resto del genere umano, se si faceva eccezione per passatemi che Stiles non avrebbe nemmeno saputo pronunciare senza arrossire come un pudico hamish; lui, dal canto suo, non aveva mai visto la necessità di avvicinarsi a qualcuno. Né mai ne aveva avuto la possibilità: aveva sempre preferito mantenere uno spazio invisibile fra sé e gli altri, impedendo che loro potessero vedere dietro la maschera del buffone e scorgere l’Andrew che di divertente non aveva nulla, che guardava il soffitto della sua stanza domandandosi perché suo padre, ogni notte, piangesse. Eppure la ragazza, sotto l’incantesimo dei dolcetti, era lì fra le sue braccia, e lui riusciva a sentirla. La cosa più patetica era che Karma aveva una giustificazione per quell’assurdo comportamento, mentre il Tasso era solo un adolescente con gli ormoni a mille ed un seccante nodo allo stomaco. Non riusciva nemmeno a pensare, figurarsi porsi domande le cui risposte avrebbero potuto non piacergli. Però stava bene lì, a discapito di tutto. A discapito del fatto che quella non fosse la vera Karma, mentre lui era sempre lo stesso inopportuno Tassorosso, le cui dita scorrevano impacciate sulla pelle di lei. Voleva smettere, davvero, ma non sapeva come farlo. Voleva continuare, davvero, ma non sapeva come farlo. Era tutto troppo complicato per la sua mente semplice ed infantile, un mondo sconosciuto e pieno di terrori. L’avrebbe preso in giro a vita. In effetti, anche lui si sarebbe preso gioco di sé stesso, se solo non fosse stato così imbarazzante. Lei gliel’avrebbe rinfacciato, ricordandogli con malizia quel momento, ricordandogli quanto fosse stato inadeguato; sottolineando la debolezza che non aveva potuto impedirsi di mostrare, dandogli un motivo per sorridere, scrollare le spalle, e ribattere con una battuta squallida. Non sarebbe cambiato nulla, in sostanza. Eppure, in quel momento lui si sentiva diverso. Riuscì a racimolare quelle poche forze che gli erano rimaste per allontanarla da sé, rimembrandole il motivo per il quale si erano incontrati quel giorno: lezioni di quidditch, squadra, incapacità di tenere una mazza in mano –anche più di una, come stava eloquentemente dimostrando. Lo sguardo della serpeverde sembrava… ferito? Dubbioso? Dovette continuare a ripetersi che erano i dolci a parlare, a pensare. Non era davvero la Montgomery. “S-sì...forse dovremmo..” Stiles tirò un sospiro, sollevato che , nonostante tutto, la pensasse come lui. Quella stava diventando la situazione più assurda della sua vita, perfino peggiore di quando si era scontrato, letteralmente, con Jay. Aveva vissuto tanti momenti strani, nella sua vita, ma aveva sempre saputo come affrontarli (sparando minchiate, ballando, improvvisandosi la regina Elizabeth #godblessthequeen). Lì invece era rigido come un tronco, dimentico perfino di come si facesse a respirare senza sembrare un carlino in pieno Agosto. Annuì rivolgendole un sorriso sghembo, mentre cercava di mettere più spazio fra loro. Pensò di essersi salvato in zona cesarini, ma la ragazza sembrava pensarla in maniera ben diversa: gli si avvicinò di nuovo, e Stiles non lasciò nemmeno per un secondo che i suoi occhi lasciassero il suo volto, temendo – e con giusta causa- ciò su cui altrimenti si sarebbero soffermati. Poteva anche essere un po’ ritardato, ma non era così idiota. Ed era pur sempre un ragazzo. “Ma possiamo andare anche dopo. Abbiamo tempo...” E come controbattere a quella logica schiacciante senza sembrare un bambino capriccioso? In fondo, in cuor suo, nemmeno voleva controbattere. Cioè, voleva e non voleva; era difficile da spiegare, principalmente perché non riusciva a mettere a fuoco nemmeno lui. Si trattenne dall’indietreggiare nuovamente quand’ella si avvicinò, pronto a qualche flebile scus-… Oh. Prima ancora che potesse anche solo accorgersene, le labbra della ragazza erano sulle sue, incredibilmente morbide. Sentì una specie di scossa, probabilmente adrenalina, che gli fece balzare il cuore in gola. Era solo stupito. Solo stupito, davvero. Nient’altro. Sul serio. Stupito. Sì. Rimase con gli occhi spalancati e le mani alzate in segno di resa, i pugni ormai chiusi perché Andrew non sapeva più che farsene. Fermo, non ricambiò e nemmeno allontanò la ragazza. La cosa buffa era che per una frazione di secondo, Stiles aveva pensato a Shane Howe. Cioè, in quel frangente, il Serpeverde era riuscito comunque a far breccia nei suoi pensieri. Quel bacio rubato ai tre manici di scopa, e per il quale non aveva mai smesso di sfotterlo, era stato il contatto più vicino che Stiles avesse mai avuto con un altro essere umano: sì, il suo primo bacio. A Shane. La vita è mainagioia. Ma in quel momento, giusto quel battito di ciglia, Stiles si rammaricò di non aver approfondito quel bacio: se doveva fare una figura di merda, preferiva con uno Shane Howe sotto Amortentia che ci perdeva più di lui in quanto a reputazione, che con Karma Montgomery. Perché, Stiles, vuoi approfondire la conoscenza della Monty? Io? Io che? Ma cosa pensi? Non dire assurdità. Non… dai, smettila di guardarmi così! Ti ho detto di smetterla. Dai che arrossisco.
    E finì, rapidamente com’era iniziato, senza dar tempo a Stiles di scegliere come reagire. Avrebbe voluto… Non lo sapeva. Lo sapeva. E ‘mo? Dai, ma che merda. La Montgomery si era allontanata, e lui non era nella posizione di fare alcunchè. Insomma, avrebbe potuto, ma al contrario di lei non avrebbe avuto alcuna scusante. E sarebbe stato imbarazzante, per entrambi. Così rimase a guardarla, mentre Karma lo stringeva, chiedendosi perchè fosse così handicappato. Cioè, per intenderci, più del solito. Le ragazze gli facevano uno strano effetto, ma quello era quasi delirante. Se fosse servito a smorzare la tensione, avrebbe improvvisato un limone con la scopa alla Miley Cyrus. Ma non sarebbe servito, e Stiles riusciva ancora a sentire… Dai, fallo. No, Stiles, per carità divina, stai buono. Ma no, perché? Domani potrai sempre dirle che l’hai fatto per prenderla in giro. Anzi, meglio ancora, potrete entrambi far finta di niente. AH NO. Dai. No, dai cosa. Oddio, ho bisogno di respirare. Diede le spalle alla ragazza, poggiando un braccio sul muro e su questo la fronte. Respira, per la bontà divina, respira o ti verrà un ictus. Okay, dai. Puoi farlo. Non essere codardo, è solo… curiosità. Certo, curiosità. Solo per spiazzarla, no? Certo, perché lei non se lo aspetterebbe, di conseguenza potrebbe essere stato tutto una parte di quell’ingegnoso piano –che avrebbe fatto credere sarebbe stato un ingegnoso piano, ma il quale in realtà era solo una fortunata coincidenza di eventi- messo in atto per divertimento. Inspirò, pronto alla carica, quando fu nuovamente lei a prendere le redini. “Okay, ora se vuoi possiamo andare ad allenarci. Però iniziamo sulla stessa scopa, così ti spiego bene in che posizione devi stare” Era dispiaciuto? Perché le sue sopracciglia erano aggrottate ed il labbro inferiore sporgeva in un broncio ? Tornò ad un espressione neutra sotto gli occhi chiari di Karma, annuendo alle sue parole. Ma no, poi, certo che non era dispiaciuto. Anzi, meglio se andavano ad allenarsi, erano lì per quello. Ed era stato lui a proporre che se ne andassero, sarebbe stato alquanto sciocco non volerlo più. Giusto? Giusto. “Scopa. Insieme. Certo” Aspetta, cosa… “Cioè, intendevo la scopa di legno. Noi due sopra insieme ma separati. Cioè, ehi, perché stiamo aspettando? Andiamo!” Prese una scopa a caso, senza nemmeno guardare che modello fosse, ed uscì da quel dannato spogliatoio, sotto il sole di quel pallido pomeriggio.
    Oh mio dio, aria.

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    Almeno una volta tutti, nella nostra vita, facciamo qualcosa senza realmente saperne il motivo. Chi si taglia i capelli in un certo modo sapendo che non si piacerà affatto, chi lascia il proprio partner sapendo che se ne pentirà e chi rifila dolcetti magici alla prima persona che gli viene in mente. Sa che non deve farlo. Ma lo fa. E poi se ne pente. Io in quel momento, nella mia piccola particina sana, ero convinta che per Stiles fosse uno di quei momenti. Era stanco, magari annoiato e aveva voglia di farsi due risate. Alle volte ripetersi battutine allo specchio stanca e bisogna ricorrere ad una seconda persona per divertirsi un po'. E aveva scelto me. Come, non so. Magari aveva lanciato una monetina, oppure era salito sulla torre di astronomia e si era detto "Il primo che quasi becco con lo sputo gli do qualcosa da mangiare per farmi coccolare" o ancora si era diretto nella sua libreria personale, aveva tirato fuori un grosso album dalla copertina rosa dove teneva foto e descrizioni di tutte le persone che gli era capitato di incontrare e si era soffermato sulla mia. Sembravano tutte teorie bizzarre, ma quasi plausibili. E cattive. Perché ormai non mi veniva in mente più nulla se non che tutto questo mi stesse capitando perché uno stupido ragazzino mai cresciuto non aveva a che fare e voleva mettermi in ridicolo. Non feci fatica a mettere da parte l'orgoglio, ma soltanto perché ero obbligata dall'effetto dei dolci. Lui mi stava di fronte con quell'aria da cucciolo impaurito e io volevo picchiarlo, picchiarlo forte, ma invece lo stringevo a me. E da un certo punto di vista sapevo che gli procurava lo stesso effetto di una grossa sberla. Non ci conoscevamo davvero bene. Non avrei saputo dirvi cosa mangiava a colazione o di che colore era il suo spazzolino da denti informazione che comunque, molto probabilmente, non mi sarebbe servita a molto.Eppure mi sembrava di conoscerlo fin troppo a fondo quel Tasso intimorito. Perché in realtà eravamo stramaledettamente simili, nonostante nessuno dei due lo avrebbe mai realmente accettato. Lo vidi, una volta terminato il nostro breve bacio, indeciso sul da farsi. Da fuori dovevo sembrare tranquilla e vogliosa di affetto, con due occhioni dolci che lo osservavano dubbiosi. Ma dentro era un cavolo di casino. Dentro capivo, sentivo cosa stava per succedere.No. Stiles, no. Cioè sì. Cioè, che dico, no. Ti arriva un pugno. Un bel calcio, là dove è concesso solo ad Howe vedere. Non ci provare, sai? Sennò finisce che...sennò come finisce? Come non dovrebbe. Tu lì, ed io qui, lontani lontani.Lontani.... vicini. Eravamo ancora molto vicini quando Stiles concordò con me in modo impacciato e molto buffo che adesso sì, potevamo salire sulla scopa.Noi due insieme ma separati Soffermai il mio sguardo su di lui solo per un istante, per poi rivestirmi in fretta, prenderlo per mano ed uscire.

    Lo trascinai verso il centro del campo, mano nella mano, incastrando la mia testa tra la sua spalla e il suo collo in quel piccolo tratto. Una volta arrivati al centro perfetto, gli feci posare la scopa a terra.Mi fai vedere come sali sulla scopa? Così io ti correggo. Gli dissi accarezzandfogli piano la spalla.
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    Doveva solo imparare a respirare come una persona normale, non era così difficile. Doveva solo cercare di non farsi prendere dal panico, perché avrebbe dovuto poi? Era solo Karma Montgomery, mica… mica Karma Montgomery #wat. Chiuse gli occhi, inspirando profondamente e pensando a tanti teneri gattini morti di modo da distrarsi dal problema, indubbiamente si trattava di un problema, davvero urgente e davvero vicino. Xavier mica gliele aveva dette quelle cose lì, fremello da due soldi. Maledetto, infido, e tante altre brutte parole che non è carino citare in questo contesto; mai guru, mai fader master, hai fallito. Era l’unico sul quale Stiles potesse basarsi, considerando che il resto dei suoi amici erano… beh, erano. Jay non sembrava particolarmente ferrato, quindi Xav era stata la sua ultima speranza, un’ancora di salvezza. Se solo avesse saputo che Nicole era molto più esperta di quanto non lasciasse intendere –chiedete a Russ Biondo #mlmlml- avrebbe domandato a lei, anche se quasi sicuramente sarebbe incorso in occhiatacce ed in quel respiro stretto dal naso che tanto, in un solo gesto, diceva (che schifo i poveri, ma che è sta plebe, Andrew cosa vuoi da me smollami, devo studiare, non si fanno queste domande ad una signora, omg che vergogna ma non te lo lascerà intendere perché sono una futura first lady). Sfregò le mani fra loro, volgendo un sorriso imbarazzato alla Serpeverde. Lo scherzo era suo, quindi il minimo che poteva fare era adattarsi alla situazione. Come potesse essere stato così stupido da far diventare una presa in giro nei confronti di qualcun altro una trollata a sé stesso, era un mistero anche per lui. Certe code cose era meglio non saperle. Eppure, non riusciva ad impedire allo sguardo caramello di scivolare sulle forme pallide ed appena accennate della mora, in quel vedo non vedo, ma vedo fin troppo di cui tanto aveva sentito parlare senza mai avere testimonianze di prima mano. Sarebbe stato così semplice, e naturale, allungare le mani sulla sua vita, stringerla a sé ed impedirle di allontanarsi come invece era sempre solita fare. Così spontaneo, se solo non si fosse trattato di Andrew Stilinski, le cui mani sudate continuavano a sfregare i pantaloni della tuta trattenendosi dal fare qualcosa di stupido e del quale, con il senno di poi, si sarebbe pentito. Abbassò infine gli occhi sui propri piedi, arrossendo visibilmente mentre Karma, finalmente –o forse no?- si rivestiva. Poteva ancora sentire il sapore delle sue labbra, delicate e dolci, sulle proprie; si disse che era solo colpa dei dolci, che non c’era niente in Karma di dolce. Si disse che in ogni caso non avrebbe avuto importanza, perché da lì a qualche ora sarebbe morto, proprio per mano della Prefetta.
    Si disse un sacco di cose, ma l’unica cosa a cui riusciva a pensare era che, malgrado tutto, avrebbe voluto di più. Perché? Cosa c’era che non andava in Andrew Stilinski? Erano solo amici. Quando si mostrò, incomprensibilmente, d’accordo con lei sul cominciare l’allenamento, e tentò goffamente di nascondere i pensieri che fino a quel momento avevano affollato il suo sguardo, notò gli occhi chiari –mio Freeman, erano sempre stati così belli?- soffermarsi qualche secondo di troppo su di lui, come a ricordargli che era ancora in tempo a cambiare idea. Nessuno di loro due però lo voleva davvero, e lo sapevano entrambi. Sarebbe cambiato tutto, e per cosa poi? Per uno scherzo nel quale Karma non rispondeva di sé stessa, e Stiles… Stiles era Stiles, non interroghiamoci oltre.

    Perché continuava a toccarlo? Eddai Montgomery, non mi stai facilitando il lavoro. Rimase rigido per tutto il tragitto, temendo perfino di respirare troppo forte, mentre lei intrecciava le dita alle sue e poggiava la testa sulla sua spalla. Il profumo di Karma sembrava invitarlo a scoprirlo oltre, ad assaggiarlo sulla punta della lingua per assicurarsi che fosse realmente buono anche per le papille gustative; alzando gli occhi ad un cielo neanche troppo azzurro, Andrew pregava Superman perché lui, almeno lui, gli desse la forza e non lo abbandonasse. «Mi fai vedere come sali sulla scopa? Così io ti correggo» Come saliva sulla scopa?
    Ah, perché sulla scopa bisognava salire?
    Rabbrividì quando lei gli sfiorò la spalla, allontanandosi di qualche passo per mantenere una distanza di sicurezza sia per sé stesso, che per Karma: diffidare sempre di uno Stilinski con in mano una scopa, i fremelli non andavano d’accordo con i bastoni (se esiste la jastrello, è giusto che abbia vita anche la stopa – e Xav, tu vuoi il mocio? #Xocio). Allungò una mano sopra la scopa, attirandola a sé; strinse con forza il manico, quindi –ben attento a non guardare la Montgomery manco per sbaglio- cavalcò la scopa tenendo stretto il bastone fra le gambe per timore che quello, preso da un momento di follia, gli sfuggisse da sotto le chiappe. Miei dei, ma quanto era scomodo? Gli dolevano posti che non avrebbero dovuto dolere, ed ancora doveva cominciare a volare. Evvai. Roteò gli occhi verso la ragazza, nascondendo un espressione vagamente colpevole. La situazione nel giro di mezz’oretta era diventata oltremodo imbarazzante, e la colpa, come al solito, era solo sua. «Come un cowboy, cavalcare è la cosa che so fare meglio» Senza rendersi conto dei sottintesi di quella frase, ritenne perfino opportuno ammiccare alla sua compagna. «Il problema è centrare il buco. È troppo… piccolo» E continuava imperterrito, Stilinski, a scavarsi innocentemente la fossa da solo.
    E dire che lui voleva solo fare il cacciatore.


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    Mentre venivo costretta dal mio stesso corpo a cercare il contatto fisico con l'impacciato tassorosso, mi accorsi che era rigido come il manico di scopa che teneva in mano. La cosa deluse alquanto la mia nuova me iper emotiva ed iper affettuosa, mente la me di sempre, perfettamente lucida ma segregata all'interno della mia testa, la trovò una cosa più che ragionevole. Ed era anche meglio così, a pensarci bene! Probabilmente se si fosse fatto prendere dal suo stesso scherzo e avesse iniziato ad assecondare le mie avances, una volta finito l'effetto dell'incantesimo non lo avrei picchiato, lo avrei direttamente ucciso. La sua rigidità però mi fece riflettere. Mi resi conto che, probabilmente, la sua stessa bravata si stava lentamente rigirando contro di lui. Ovviamente lo aveva fatto fin dall'inizio, perché quando mai si è visto Andrew Stiles Stilinski ricercare il contatto fisico di una donna? Mai, appunto. La mia ipotesi che fosse gay, però, vacillava sempre di più. Il rossore mentre mi rivestivo e la sua seconda bacchetta che mi faceva "ciao ciao!" poco prima non erano dettagli che erano passati inosservati. Guardai il ragazzo con la coda dell'occhio. Guardava il cielo, quasi implorando un aiuto divino che, a dire il vero, dal mio punto di vista serviva più a me che a lui. Lo imitai. Il cielo, poche ore prima privo di qualsiasi nuvola, stava lentamente iniziando a coprirsi. Ancora non era possibile capire se ci sarebbe stata della pioggia, ma certo non era un tempo ottimale per allenarsi a Quidditch. In ogni caso ormai eravamo lì, al centro del campo. I vestiti erano stati tolti, il dolcetto mangiato, i vestiti erano stati rimessi e di lì a poco avremmo iniziato l'allenamento vero e proprio. In realtà non mi ero preparata una lezione precisa. Ero sì brava nel quidditch, ma non avevo la minima idea di come lo si potesse insegnare. La mia idea iniziare era quella di presentarmi lì e improvvisare, facendolo impazzire con mille attenzioni di cui lui probabilmente non avrebbe mai pensato che una ragazza sarebbe stata capace nei suoi confronti. Ma uno spuntino particolare del quale ormai abbiamo largamente parlato aveva cambiato le carte in tavola Archie, questa è per te! (?) Quando gli toccai la spalla, lui si scostò immediatamente, prendendo le distanze da me. Associai quell'improvviso spostamento alle mie troppe attenzioni, così girai la testa per nascondere il broncio che la nuova me aveva deciso di mettere su per via dell'accaduto. Aspetta un attimo... ero riuscita a girare, in piena consapevolezza, la testa dall'altra parte.Si mise a cavalcioni della scopa, mentre io lo osservavo con il solito sorriso diabetico dipinto sulle labbra. Solo allora roteò gli occhi verso di me perché, mentre si stava posizionando, aveva preferito non guardarmi neanche di striscio.Come un cowboy, cavalcare è la cosa che so fare meglio Niente. Non dissi niente. Gli rivolsi un sorriso innocente, mente di me si affollavano mille possibili cose da dire, se solo avessi potuto dirle.Il problema è centrare il buco. È troppo… piccolo La posizione non era corretta. Teneva il bastone in maniera troppo rigida, lo stringeva talmente forte con le gambe che probabilmente si stava disintegrando i gioielli di famiglia. La mia nuova me poteva dirlo, in modo zuccheroso e adorabile. Ma non lo disse. Perché la nuova me, finalmente, non c'era più. Forse avevo beccato un dolcetto "difettoso", che durava meno degli altri. Forse ne dovevo mangiare due o tre per avere l'effetto che Stiles desiderava. Fatto sta che l'incantesimo era terminato. Come quando da piccola, nella vasca da bagno che dovevo riempirmi da sola, giocavo con la saponetta color lampone, che tanto avrei voluto mangiare - era così invitante! - ma che qualcosa mi diceva che non sarebbe stata una buona idea. Prendevo quel pezzo di sapone, ormai scivoloso perché caduto nella vasca e lo stringevo forte finché, lentamente, non mi scivolava dalle mani e cadeva ancora una volta in acqua con un pluf! sommesso. Anche io feci pluf. Ma il mio fu un poco più rumoroso. Il sorriso che avevo dipinto sulle labbra scomparve molto lentamente, di modo che lui si potesse accorgere di ciò che stava succedendo. Poi, ancora più lentamente, mi avvicinai a lui, fino ad arrivargli ad un soffio dal viso. Lo osservai a lungo, furente. Quando mi sembrò volesse dire qualcosa - ma forse fu solo una sensazione - passai all'azione. Gli tirai uno schiaffo. Un fortissimo schiaffo, il più forte mai dato in vita mia. Il suono secco che fece il palmo della mia mano stampato sulla sua guancia fu per soddisfazione pari ad un orgasmo. Guardai ancora per qualche istante la sua espressione e le mie cinque dita ben distinte sulla sua gota, poi, a grandi passi, mi diressi verso il castello.
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    E con questa ho anche portato a termine la penitenza di Settembre xD
     
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10 replies since 4/3/2015, 21:49   477 views
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