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Strinse le labbra in una linea retta, riservando poco più che uno sguardo al cadavere abbandonato a terra — di gran lunga meno interessante della strana danza che il Moonaire gli stava facendo attorno. Rimase in attesa, forse, di una scintilla nelle iridi chiare dell’altro che gli segnalasse di spingere la punta della scarpa contro il suo ginocchio e obbligarlo a tornare al suo dovere di soldato. Lui e le sue fascinazioni macabre; menomale che almeno Dick era normale! (risate nervose.)
Riportò la tensione sull’arco, lo sguardo di nuovo perso sui nemici in lontananza. E sapete cosa — ottima idea, quella di trascinarsi dietro l’arma meno efficace possibile. Il giusto compromesso per il Quinn: gli permetteva di mantenere le sue distanze di sicurezza, di spegnere le voci e concentrarsi unicamente sulle vibrazioni della stringa che tendeva contro il legno, e possedeva il genere di leggerezza che l’arma da fuoco non sapeva neanche cosa fosse; sempre troppo imponente, troppo aggressiva. Difettosa di natura.
«sai cosa, Riccardo?» lasciò la presa, permettendo alla freccia di partire verso la sua meta. Che era Diana, tra parentesi; per sicurezza, glie ne spedì gentilmente anche un’altra.
Non rispose. Una breve occhiata nella sua direzione per segnalare che lo stesse ascoltando, contro il suo stesso interesse. Abbassò l’arco, cercando e fallendo di non farsi sbilanciare dall’improvviso peso contro la sua spalla; e allora sì, che gli rivolse le sue piene attenzioni per fulminarlo.
«chiama la mamma, chiama l’avvocato»
… e corrugò la fronte.
«non vedo perché dovrei interpellare mia madre» ovvio che non aveva colto la reference. Era pur sempre Dick. «ma per il resto—»
Per la gioia di tutti gli spettatori infelici di quella scenetta domestica, si lasciò zittire. E zitto ci rimase anche a bacio concluso; glaciale, mentre lo guardava allontanarsi.
Si era ufficialmente giocato l’ultima occasione di essere preso sul serio dal resto dei Mannaggia. E si consolò lo stesso dicendosi che quantomeno il clima neutrale era durato più del previsto. La disperazione delulu portava a quello.
«ok.» quindi. Schiarì la gola, e riprese in mano la bacchetta; ondeggiando il polso in direzione della stronza cafona cit, educata attesa prima di scaraventarla via con un everte statim.
E ci riflettè pure lui, nel dubbio.
«la morte è una prospettiva infelice solo se non la si considera da un punto di vista metafisico.» strinse i denti contro l’interno della guancia, e portò gli occhi su di un punto imprecisato dell’orizzonte. «o se non si considera il processo scientifico come quello che è davvero, cioè una rinascita.»
Rubinetti aperti, e ci andò sotto per altri tre minuti buoni — qualcosa che ci risparmieremo di narrare non come gesto altruista, ma causa necessità.
Giulia non ha tempo.
Dick sì, evidentemente.