cheetah print makes me a liar so I tell you I just like you for your smile

ouroblixmas | ft. java

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    Alzò un dito per attirare l’attenzione della barista, indicandole con la punta dell’indice l’interno (vuoto) del bicchiere, prima di sospirare ed affondare nuovamente la fronte sugli avambracci. Non era l’unico pronto ad affogare i dolori nell’alcool, a quella Vigilia di Natale, ma era l’unico a farlo senza motivo. Da Madama Piediburro, poi, sembrava esserci la riunione dei cuori spezzati, una che Poor si era perso per ovvi motivi – come diceva Effy Stonem: nessuno mi spezza il cuore - e per la quale pregava di non farsi riconoscere da nessuna delle presenti. Mentirebbe a voler dire di non essere stato la causa di un cuore infranto o due; il senso di colpa, seppur presente, era ancora nuovo e delicato, quasi effimero sulla punta della lingua. Aveva deciso di diventare una persona migliore, più cauto nelle proprie romanticherie. Forse si era preso un pugno di troppo; forse aveva deciso che il karma andasse pagato in qualche modo, perché non era quello il modo in cui gli piaceva essere fottuto.
    Forse stava maturando. Come una vera persona adulta, finalmente consapevole dei propri errori giovanili. Chi poteva saperlo - non Poor Withpotatoes, perché non era quello il genere di dubbi che lo tenevano sveglio la notte.
    Immaginava che in bar meno appariscenti, ci fosse qualcuno a piangere nel proprio boccale per il primo natale senza un amico, un cugino, un fratello o un genitore. Poor, al contrario, versava metaforiche lacrime per averli ritrovati tutti. Di tutte le vite, per inciso, ma ai suoi coinquilini aveva deciso di non pensare.
    I Withpotatoes, invece, non gli permettevano di non pensare. Erano una famiglia… impegnativa, a voler essere generosi. Una per la quale credeva fermamente, per quanto poco lo dimostrasse, che valesse la pena, ma che tendeva, in special modo sotto le feste, a pesare un po’ di più. Sapeva quanto Idem ci tenesse, ad averli tutti a casa. Quanto fugace e delicata fosse la loro presenza su quella Terra, un battito ed addio. Quanto sempre precario fosse l’equilibrio delle conversazioni, fra il taboo ci siamo dimenticati di Poor per anni e Reese non ricorda chi siamo e Darden era nei Laboratori e nessuno lo sapeva e è successo qualcosa ad Isaac; le sedie sempre vuote di Nathan ed April. Quel genere di elefanti nella stanza che, per quanto fosse bravo ad ignorare, non potevano che rendere l’ambiente soffocante e invivibile.
    Sapeva anche che l’avrebbe sopportato. Di nuovo. Perchè li amava, erano la sua famiglia, e Poor Withpotatoes non era il genere di persona che voltava le spalle a -
    «vengo io con te»
    Sì, invece. Poor Withpotatoes era esattamente quel tipo di persona, il più lontano possibile da ogni cosa avesse anche solo la forma di essere un problema o una responsabilità. Sì che stava cercando di essere una persona migliore, ma non aveva ancora fatto i voti per la santità. Davvero, davvero, non se la sentiva di presenziare all’ennesima, imbarazzante, cena di famiglia, e per quanto sapesse avrebbe spezzato il cuore di Idem, sapeva anche che… che lo stava facendo per una buona causa! Stava aiutando una persona a sopravvivere ad una figuraccia! ERA UN MARTIRE, E IDEM L’AVREBBE CAPITO, dandogli il suo appoggio!
    Sorrise, un poco più convinto, portando il bicchiere riempito da poco dalla graziosa cameriera di Madama (ma! ma. aveva un viso familiare, e di quei tempi, c’era il 70% di probabilità che fossero parenti: se ne sarebbe stato buono.) alle labbra. Chi aveva parlato? Non gli importava abbastanza, fintanto che se lo fosse tenuto come appuntamento. Potevano tutti confermare ne valesse la pena!
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    — Sei seduto al tavolo/bancone di un locale; senti qualcuno lamentarsi col barista del fatto che sia stato incastrato per la cena Natalizia con i parenti e che ora gli serva un partner da portare con sé perché potrebbe o non potrebbe aver detto loro di averlo trovato. Ti offri come volontario.
     
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    Chi è causa del suo mal, pianga se stesso.
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    Esisteva sempre l’alternativa: trovare soluzioni poco ortodosse al proprio problema. Nessun guaio era troppo grande da non poter essere risolto; poteva servire una particolare attenzione e un po’ di sforzo per capire dove avesse sbagliato, per rintracciare quale delle sue tante scelte avesse generato l’errore, ma alla fine lo trovava sempre.
    Java Spring C. Sharp era il tipo di persona che sceglieva di non darla vinta alle difficoltà, di provarci sempre perché, prima o poi, la fortuna girava e risolveva le cose.
    Era solo questione di (culo) perseveranza.
    Il problema principale, dunque, non era risolvere il problema: era trovare finalmente il modo, alla veneranda (!) età di ventisette anni, di non generarlo a priori. Però era più facile a dirsi che a farsi, quando il novanta percento delle sue sfighe nasceva dalle bugie o da azioni che Java nemmeno si rendeva conto di aver detto o fatto. Sapete cosa le avrebbe fatto comodo? Un diavoletto (si conosceva abbastanza bene da sapere di non meritare un angioletto.) sulla spalla che le gridasse “ERROR!! ERROR!!”, sottolineandolo di rosso nel momento stesso in cui la Sharp dava fiato alla bocca, così da poter correggere subito il tiro. E non doversi ritrovare, a pochi giorni dal Natale, a dover mettere le pezze ad una bugia che le era completamente sfuggita di mano.
    Era nata come una frase innocente, dettata dall’esasperazione di un decennio fatto di “e allora, questo fidanzatino?”; come se una donna, di quei tempi, non potesse decidere di essere indipendente!! Come se marito, casa e figli fossero i pilastri su cui si eregeva una vita intera. Detto dalla sua famiglia, poi!! Lei e i suoi fratelli avevano in comune un (1) genitore: era abbastanza ironico che le venisse chiesto di continuo quando avesse intenzione di mettere la testa a posto.
    Beh, fatto sta che Java aveva ceduto alle pressioni del parentame vario e aveva mentito.
    Non aveva riflettuto affatto abbastanza quando, di getto, aveva risposto con un «sapete cosa? In effettì sì. Ho trovato qualcuno.» e allora, loro, senza nemmeno nascondere lo shock in cui quella notizia li aveva gettati: «lo porti a Natale, vero???» che non era proprio una scelta, quanto più un dovere a gravare sulle spalle della strega.
    Ai “??????” di Php e al “chi è il poverino?” di Python aveva risposto con una scrollata di spalle: non poteva dire la verità nemmeno a loro, altrimenti avrebbero (accidentalmente o meno) vuotato il sacco con le zie, che di conseguenza avrebbero bruciato le orecchie di Java con i vari “mentire al sangue del tuo sangue è vergognoso, Java Spring C. Sharp” o, ancora peggio, “hai intenzione di rimanere sola per tutta la vita?”
    Che, vi dirò: come piano a lungo termine non era male. Aveva una casa tutta sua (piccola e diroccata, ma almeno aveva il tetto), un lavoro ministeriale (dove la sfruttavano e pagavano una miseria), e un gatto (che passava le sue giornate fuori e non si faceva mai accarezzare): la sua vita da sola non era così terribile, checché ne dicessero le arpie del clan C. Sharp.
    Ma ormai il danno era fatto.
    «Non posso presentarmi senza qualcuno, e non posso inventarmi nessuna scusa del tipo “ci siamo lasciati da poco” perché capirebbero subito che è stata una balla sin dal primo momento.» Come se alla ragazza dietro il bancone potesse davvero interessare qualcosa, Java aveva raccontato per filo e per segno il guaio in cui si era cacciata. Sapete come si dice, no? Racconta ad un estraneo quello che non puoi raccontare a nessun altro e non verrai giudicato.
    O forse non era proprio così, ma era quello il modo in cui Java lo ricordava.
    «Quindi devo trovare qualcuno disposto a venire con me.» Una smorfia di dolore piegò le labbra ciliegia. «Non è una cosa semplice, anche il più coraggioso scapperebbe dopo mezzo minuto passato in compagnia dei miei parenti.» Che non erano propriamente serpenti, ma nemmeno tutto questo Carnevale di Rio. E, soprattutto, erano tantissimi. Ci voleva davvero un gran fegato per decidere di sorbirseli al gran completo il giorno di Natale.
    «Forse dovrei chiedere ai miei capi di darmi turni extra per quel giorno.» Non era un’idea così sbagliata, dopotutto: i soldi in più le avrebbero fatto comodo; poteva passare il giorno di Natale all'Isola insieme a bambini che avevano problemi ben più grandi dei suoi. «Così almeno avrei una scusa plausibile per non andare alla cena.» Era un fottuto genio! «Sì, potrei fare così! E non avrei il problema di trovare qualcuno che -»
    «vengo io con te»
    Gli occhioni azzurri si spostarono dall’Amortentia Cake che si era concessa come piccolo strappo e consolazione per tutti i suoi drammi, e finirono sulla figura del giovane che aveva parlato. Sì guardò un attimo intorno, Java, cercando di capire se parlasse con lei. «Di- dici a me?» Se da una parte sperava di sì, dall’altra temeva una possibile risposta affermativa: non aveva davvero ipotizzato di potersi presentare a casa per Natale con un finto fidanzato, anche se si era lamentata esattamente di quello per l’ultima mezz’ora.
    «Uhm....» lo squadrò un attimo, prendendo nota dei lineamenti giovani, dei riccioli scuri e dell’aria da Don Giovanni: tutti ingredienti per un disastro assicurato. «Okay.» Lo scrutò ancora. Intensamente. Occhi ridotti a due fessure e incredibilmente seri. «Sei -» un po’ troppo giovane, forse, ma nemmeno Java dimostrava la sua età perciò non era classificabile come “problema”, quello lì; e poi, il toyboy andava di moda ormai.
    Decise di cambiare domanda. «Vivi a New Hovel?» Ci capitava abbastanza spesso, considerato il suo lavoro di Legionaria, da aver imparato a riconoscere almeno qualche viso. Che poi non riuscisse sempre ad associarli ai nomi, era un altro discorso. E non conosceva proprio tutti i redisenti del quartiere magico. «Io lavoro lì.» Anche “sticazzi”, probabilmente, ma non sapeva bene cosa dire al ragazzo che si era offerto come suo finto fidanzato per le feste natalizie: doveva fargli firmare un contratto? Darle una lista di nomi e spiegarle chi-fosse-imparentato-con-chi? Fargli un background check per assicurarsi non fosse un folle? (No, beh: in caso lo fosse stato, si sarebbe trovato perfettamente a suo agio nella famiglia, perciò era un punto a suo favore.)
    «Ahem... Posso offrirti qualcosa?» Gli indicò il posto vuoto accanto a sé. «Eri serio? Possiamo parlarne, se vuoi.» Oh, alle brutte avrebbero solo fatto due chiacchiere, non era scritto da nessuna parte che dovesse andare bene il primo candidato a quelle strampalate selezioni, no?
    «Ah, per inciso: non posso pagarti.» A malapena riusciva a sbarcare il lunario così, figuriamoci se poteva sperperare galeoni dietro le sue folli, follissime!, idee.
    «Sono Java, piacere!» Si doveva pur iniziare da qualche parte!!
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    tanto ne stiamo chiudendo alcune, no? CIAO AMAMI BACINI

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    QUOTE
    2) [ON] Amortentia's Cake: torta un tempo venduta da Madama Piediburro, prima del cambio gestione (ma ancora trovabili di tanto in tanto in occasioni speciali): delicata e vellutata, l'amortentia's cake nasconde nel suo impasto una dolcezza indescrivibile, che pare assuma una sfumatura diversa a seconda di chi la assaggia.
     
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    «Di- dici a me?» Poor mise davvero a fuoco la ragazza, un lento sorriso a curvare gli angoli delle labbra. Non gli capitava spesso di essere fortunato, ma aveva i suoi momenti. Fu con sincero sollievo ed interesse che si volse completamente verso la mora, perchè non si era appena proposto come finto fidanzato ad una ragazza brutta e … niente, brutta bastava per finire in fondo alla lista di interessi del Withpotatoes. Era un piccolo bastardo superficiale? Sì. Jackpot. Non dovette nemmeno fingere l’interesse negli occhi bruni, o forzare il linguaggio corporeo nei confronti della sua interlocutrice. «Uhm....» Non arrossì sotto lo sguardo attento dell’altra, rimanendo sicuro di sé e con l’affabile sorriso stampato sulla bocca. Voleva fare check della mercanzia? Che facesse pure, non era pudico e non aveva nulla di cui vergognarsi. «Okay.» Non l’entusiasmo che avrebbe gradito, ma se lo sarebbe fatto bastare pur di non dover sopportare una cena con i propri parenti.
    Il cliente aveva sempre ragione.
    «vivi a new hovel?» Si conoscevano? Di nuovo? Ma cos’era quella, una maledizione? Corrugò appena le sopracciglia, lasciando indugiare lo sguardo sui tratti fini ed eleganti del volto di lei, il taglio sottile degli occhi. Avrebbe dovuto guardare altro per assicurarsi di non averla mai vista, ma al contrario di molti altri womini, aveva un senso dell’onore e della decenza. Una condanna di tutti i Withpotatoes – lezioni che Reese doveva aver dimenticato, ma quella era una storia per un altro momento ed un altro pg di Sara. «se dalla sentenza deciderai se accettare o meno la mia proposta, mi avvalgo della facoltà di non rispondere» tirò le labbra carnose in un sorriso sornione. Non era neanche un modo per prendere tempo, ma esattamente quello che aveva annunciato – una rarità! «Io lavoro lì.» Lavorava… lì? Poor annuì interessato (non lo era), guardandola come se dalle sue risposte avesse potuto dedurre l’essenza stessa dell’universo. Aveva qualcosa da aggiungere? Era il momento di ascoltare, o di dimostrare che stesse prestando attenzione? «non ci si annoia mai da quelle parti. Hai sentito di quello che ha cercato di rubare il televisore ai vicini, e l’ha nascosto sotto un cappotto invisibile?» Lui sì: si chiamava Swag, e Swag era sicuro, bro, ne sono certo che avrebbe reso invisibile anche l’oggetto celato nella stoffa, se ci avesse creduto abbastanza. Non era stato così. «e bisognerebbe ingrandire i numeri civici» non elaborò, perché nessuno meritava di sapere che avesse sentito sua cognata lamentarsi di non aver ricevuto il vestito sexy che aveva ordinato per Gemes, ed invero si era ritrovata con due bacchette per la batteria – bacchette che Poor sapeva, perché da ciatella sapeva sempre tutto, che fossero di Maddox; ovviamente non aveva detto un cazzo a nessuno, perché non era un suo problema. «e rinforzare le serrature.» perché Poor aveva trovato sul pavimento una chiave, ed aveva scoperto che non solo apriva la porta del suo appartamento, ma anche quella della sorella.
    E di tutti i suoi vicini di casa, come aveva scoperto un Posh ubriaco rientrato in nottata nell’appartamento sbagliato. «interessante» commentò ancora, facendo guizzare un sorriso divertito.
    Un modo come un altro per descrivere quanto fossero fottuti.
    «Ahem... Posso offrirti qualcosa?» Ma quindi aveva davvero accettato…? Voleva testarlo? Era davvero un gentiluomo, eh! Portò una mano al petto, arcuando entrambe le sopracciglia. Sarebbe stato molto misogino e poco evoluto da parte sua declinare una così gentile offerta, quindi prese volentieri posto al fianco dell’altra. La tossicità mascolina? Mai conosciuta. Studiò un paio di secondi gli speciali di quella sera – un lusso rispetto al blando rum sottomarca a cui era abituato – e puntò il dito contro una bevanda dal sapore un po’ cringe, ma dall’effetto… opportuno. Gioia liquida? Ok Picasso, facciamolo. «l’hogsmeade dream non sembra male. Mi fai compagnia?» Le stava offrendo da bere…. Con i suoi stessi soldi? Sì, esatto. Poor Withpotatoes al suo meglio, con sorriso smagliante sfoggiato senza timore di nulla. «Eri serio? Possiamo parlarne, se vuoi. Ah, per inciso: non posso pagarti.»
    Quello lo offese.
    (In che senso non poteva pagarlo.)
    Sembrava un escort? Bello, fantastico, ci avrebbe provato più spesso allora. A lei rivolse però un espressione seria e solenne, la lingua a schioccare sul palato. «non lo faccio per soldi» era il momento di abbassare il tono e renderlo sincero; di rinforzare il calore delle irid brune, e renderle bollenti. Doveva essere il ritratto, l’apogeo, della sincerità.
    Che ovviamente, mai sarebbe stato. Ma un po’ ci si avvicinava pure.
    «mi sei sembrata in difficoltà, e averti sentita sopra tutto il vociare del locale? destino» battè una pacca sul proprio petto. «non sono un missionario» e fu così maturo da non ammiccare, lui; io no. «ma se posso fare una buona azione, non mi tiro indietro» e poi si annoiava, e davvero non voleva andare a quella cena.
    Quindi. Affari.
    «poor withpotatoes» allungò una mano verso la fanciulla. Se gliel’avesse permesso, l’avrebbe tenuta quanto bastava per farle il baciamano – senza toccarla, perché non era ciro un barbaro. «ci sono argomenti tabù? Cosa devo sapere, e cosa devo fingere di non sapere chiunque avesse una famiglia numerosa, come immaginava la ragazza, avrebbe Capito TM la differenza. «quello che ho da offrire è: un giovane ed ambizioso imprenditore» Era anche stato invitato alla Helius! Da un molto divertito Charles - fuck you, Charles - quindi immaginava non seriamente, ma aveva comunque fatto una grande presentazione sulle pietre. CHI ERA IL VERO VINCITORE, EH? Ci aveva anche guadagnato una fan (dai ok, Tupp lo conosceva già ed era come barare, ma comunque.) ed un anello di plastica arancione, che la bambina aveva dipinto e estratto dal disegno. A quanto pareva, avevano inventato dei colori magiki che permettevano di fare le stesse cose della realtà artistica.
    Gente superata. Andiamo avanti.
    Tastò le tasche, tirandone fuori un cartoncino che offrì a Java. «e un buono per una consumazione gratuita al SUB durante la serata delle esibizioni» Si strinse nelle spalle, sorridendo da sopra il bicchiere dell’ordinazione giunta poco prima. «non so a te, ma a me sembra un affare.» Ammiccò.
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    i don't think you're ready for this jelly

    CITAZIONE
    3) [PROMPT] stavi aspettando un pacco ma c'è stato un po' di marasma alle poste magiche, e hai ricevuto quello sbagliato. Tutti quelli che hanno questo prompt mi scrivano per mp (nda ad ari) l'oggetto che dovevano ricevere, e io gli dirò cos'hanno ricevuto

    CITAZIONE
    4) [ON] un cappotto di pelliccia finta. una volta indossato, diventa invisibile (lasciando voi e gli altri vestiti visibili)

    CITAZIONE
    10) [PROMPT] L'Helius Foundation (scuola materna e primaria) ti ha contattato per andare a parlare con i suoi studenti.

    CITAZIONE
    11) [ON] un buono per un locale di quo vadis! Puoi scegliere tu quale (magari chiedendo al proprietario dello stesso)

    CITAZIONE
    15) [ON] Hogsmeade Dream: bevanda un tempo venduta da Madama Piediburro, prima del cambio gestione (ma ancora trovabili di tanto in tanto in occasioni speciali). Un cocktail alcolico dal sapore dolce e prelibato, che vi manderà subito in estasi; l'effetto secondario di questa bevanda, è che per qualche ora non potrete fare a meno di sorridere.

    CITAZIONE
    16) [ON] colori per dipingere incantati: questi pigmenti magici permettono di tirare fuori dalla tela, come un oggetto in 3D, qualsasi cosa dipingerete (bella o brutta che sia); non può creare oggetti magici, nè cose vive

    CITAZIONE
    19) [ON] una chiave che apre qualsiasi porta chiusa (purchè non sia chiusa con un incantesimo di magia superiore; funziona come un alohomora)

    I DID IT!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
     
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    Java non era proprio estranea alle follie fatte seguendo il cuore, o l'idea del momento; era sì una persona riflessiva ed estremamente metodica, quando serviva, ma certe volte rompeva gli equilibri e sceglieva la via del caos.
    Quel pomeriggio, era uno di quelle volte.
    Lamentarsi non era da lei, e non lo faceva mai troppo palesemente, preferendo condividere i problemi in una maniera meno evidente e sottoporli come incomprensibili stringhe di errore nelle quali era difficile cogliere un inizio ed una fine; lamentarsi senza lamentarsi davvero era un po' la sua thing. A conti fatti, era più un esternare e condividere col mondo i pensieri che l'affiggevano in un determinato momento, e poi da lì muoversi a seconda del modo in cui quei commenti venivano recepiti.
    O affrontati.
    Tuttavia, capire chi aveva di fronte, e come approcciarsi a loro, era uno dei punti fondamentali del piano; ciascun essere umano funzionava a suo modo, e sapere con chi aveva a che fare era importantissimo.
    Anche perché, siamo onesti, era una ciatella fatta e finita e le piaceva chiacchierare, fine.
    «se dalla sentenza deciderai se accettare o meno la mia proposta, mi avvalgo della facoltà di non rispondere»
    Oh, stellina del cielo. Amorino santo. Cuore dolce.
    Java aveva già deciso. Non era forse chiaro?
    Allargò il sorriso felino, occhi stretti e schegge chiarissime a posarsi con ancora più attenzione sul giovane, «se continui così, ti porto anche al pranzo con la famiglia materna» eh, il dramma dei figli di cuori separati: ogni festività raddoppiava e, con esse, anche gli impegni improrogabili a cui dover trovare scuse per non presentarsi.
    «dimmi un po',» azzannò un altro pezzo di torta, l'attenzione solo in parte rivolta al ragazzo: un dolce era un dolce, ci stava poco da fare, «cosa ne pensi, dunque, di new hovel?» nel suo linguaggio andava molto forte il detto “chi tace acconsente”, perciò aveva dato per scontato che la risposta alla sua domanda fosse stata affermativa.
    Lavorava come legionaria da qualche tempo, oramai, ma aveva troppi anni di durmstrang alle spalle per essere totalmente a favore degli special; i suoi genitori, poi, non avevano aiutato granché — l'odio razziale era l'unica cosa su cui fossero mai andati d'accordo.
    Java credeva che l'opinione degli special fosse una delle chiavi per comprendere un mondo a lei lontano e che gli ideali altrui avevano irrimediabilmente plasmato per lei.
    «non ci si annoia mai da quelle parti. Hai sentito di quello che ha cercato di rubare il televisore ai vicini, e l’ha nascosto sotto un cappotto invisibile?»
    Ok.
    Ok.
    Non il genere di informazioni che si era attesa ma, d'altronde, ci viveva lui! Doveva fidarsi che fossero questioni di un certo rilievo.
    E avrebbe mentito dicendo di non essere stranamente affascinata da quel racconto bizzarro. «Ho saltato giusto un paio di turni di ronda e guarda un po' quante cose mi son persa!» uno non poteva distrarsi un attimo, eh! «Il–» non dire ghetto non dire ghetto chiamalo “quartiere”, ma Java per l'amor del cielo non dire ghetto «ghetto special è davvero un posto dove succede di tutto.» ugh, aveva detto ghetto.
    Ugh!! Maledette variabili dai nomi stupidi.
    Rivolse un sorriso non abbastanza mortificato all'altro: she said what she said, non era colpa sua se tutti lo chiamvano così; infondo era esattamente quello. E Java stava ancora imparando come non essere la strega poco inclusiva che il mondo aveva deciso dovesse essere.
    «e bisognerebbe ingrandire i numeri civici»
    «...lo farò presente ai miei superiori» non sembrava una necessità, ma se lo diceva lui...
    «e rinforzare le serrature.»
    «dirò anche questo...» ok, quello magari era già un discorso più serio; non tanto per tenere fuori qualcuno, quanto più per tenere dentro gli altri.
    Ah, non funzionava così? Oddio, ma pensa.
    E poi va beh, da un discorso andiamo ad un altro perché Java Spring C. Sharp era perfettamente in grado di sostenere più conversazioni contemporaneamente, chiedere a chiunque per credere!
    «l’hogsmeade dream non sembra male. Mi fai compagnia?» indicò l’Amortentia Cake che stava già mangiando: «sono a posto, grazie. troppi zuccheri mi mandano su di giri... come i bambini» e finivano tutti su fianchi e pancia, mh mh.
    E anche se la tortina era quasi finita, non poteva cedere. «ma tu fai pure» nij avrebbe ritrattato sull'offerta.
    A proposito di affari e proposte.
    «non lo faccio per soldi»
    Java era caotica, non stupida; ad essere del tutto sinceri, era tra i linguaggi parenti Sharp più sveglia e veloce ad afferrare le cose, grazie tante.
    «mi sei sembrata in difficoltà, e averti sentita sopra tutto il vociare del locale? destino» Assottigliò le palpebre, guardinga: was she supposed to trust this guy?
    (Sì, perché portare uno scammer in casa dei suoi nonni era esattamente il tipo di cose che Java C. Sharp finiva col fare — per divertimento, e per slancio.)
    «non sono un missionario» a quello, il sopracciglio svettò, incuriosito, «ma se posso fare una buona azione, non mi tiro indietro» «ma guarda un po’, deve essere la mia giornata fortunata, allora» fece per afferrare la mano tesa dall’altro, e finì quasi col dargli inavvertitamente un ceffone, avendo frainteso le sue intenzioni; ma lo lasciò fare il baciamano, presentandosi a sua volta «java, java c. sharp» e se lo reputava un nome strano, doveva aspettare di conoscere suo fratello python o zio heskell o la vecchia browser.
    «ci sono argomenti tabù? Cosa devo sapere, e cosa devo fingere di non sapere?»
    Ah, dunque questo è il momento in cui pandi inventa altri headcanon senza dire nulla ad eli e ali? OK, perfetto.
    Prese il buono per il SUB, osservandolo alla luce del locale, e poi con una scrollata di spalle lo accettò di buon grado; oh, chi era lei per rifiutare una consumazione gratuita.
    «hai abbastanza tempo? siamo una famigli molto numerosa. molto stava per raccontare gli affari degli Sharp ad un perfetto sconosciuto, e non aveva alcuna intenzione di limitarsi: nessuno in casa loro aveva pudore o la capacità di provare sensi di colpa, e tutto quello che combinavano era di pubblico dominio.
    «importante: non si nomina bruno. vorrei fosse una battuta ma non lo è: in casa Sharp è diventato un tabù prima che la Disney lo trasformasse in un tormentone.» davvero... davvero. Bruno. Ugh. «ex marito di zia Catalina, un vero tipaccio. lo abbiamo soprannominato Drupal ma non è importante sapere perché» e lo capiresti, caro Poor, solo se Sara lavorasse con pandi.
    «oh, cugino HTML ha progettato alcune delle case di new hovel, lo sapevi? adesso però sta costruendo rifugi per maghi in africa» credeva, nessuno aveva sue notizie da un po'.
    «un'altra cosa molto importante: non giocare mai a dadi contro zio Jenkins, bara ogni volta. ah, e forse faresti meglio a non dire... si insomma....» lo indicó con la punta della forchetta, dalla testa ai fianchi perché erano entrambi seduti #wat «sei bravo a mentire? perché non voglio che mio padre mi attacchi il pippotto» termine tecnico, «e vorrei tenere la litigata almeno per il boxing day. già è difficile evitare che insulti mio fratello,» py o vue, non abbiamo ancora capito chi sarà lo special, «se riuscissimo ad evitare il drama per qualche ora sarebbe fantastico. Nulla di personale, eh! Non è per te, sembri anche un bravo ragazzo.» erano i suoi genitori, entrambi, il problema. «la tua presenza servirà solo a scollarmi di dosso le zie che credono finirò col morire zitella e gattara» addentò l'ultimo pezzo di torta e, con la bocca ancora piena, esclamò: «che poi!!!! non ci vedo nulla di male!!»
    E allora perché stava cercando in tutti i modi una soluzione ad un problema che sosteneva non esistesse??? Non era chiaro; occorreva consultare i file di log dell'errore per capire Java.
    E non era quello il momento o il luogo per farlo.
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    secondo me non ha senso quindi DAJE
     
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    «se continui così, ti porto anche al pranzo con la famiglia materna» Ecco, quello iniziava a sembrare un po' estremo, soprattutto considerando che la ragazza avesse detto di non poterlo pagare. Non che fosse così attaccato ai soldi (sì, invece) ma non aveva alcun pranzo da evitare, al contrario della cena, il che lo rendeva superfluo. Funzionava abbastanza a risparmio energetico da non contemplare l'idea seriamente, ma le sorrise comunque arcuando allusivo le sopracciglia. Si strinse nelle spalle, passando la mancina fra i capelli scuri, sospirando divertito e asciutto. «si fa quel che si può» sorrise, liquido come le bevande colorate intrappolate nelle bottiglie dietro il bancone. Una risposta che voleva dire tutto e nulla, che stava al gioco senza pretese o conferme - insomma, Poor being Poor. Per quanto ne sapeva, dopotutto, la legionaria era una psicopatica assassina ricercata in tredici stati, e quello il metodo con cui approcciava le proprie vittime. Era disposto a correre il rischio pur di evitarsi una cena imbarazzante con i suoi (non, ma come lo fossero stati) consanguinei? Si, perché quello era il livello procrastinazione ed emotività stitica del Withpotatoes. Faceva pur sempre parte della generazione Z, il deathwish era parte della loro personalità. Un rischio calcolato, ma nessuno dei loro anni era bravo in matematica.
    «Ho saltato giusto un paio di turni di ronda e guarda un po' quante cose mi son persa!» Osservò la ragazza di sottecchi, studiandola da sotto ciglia scure. Non le disse che fatti come quello fossero all'ordine del giorno, perché se ancora non lo sapeva, significava che i colleghi non avessero ritenuto opportuno informarla, e magari avevano perfino avuto dei buoni motivi per non farlo. Lungi dal moltiplicante mettere dito in questioni che non lo riguardavano in prima persona, soprattutto se rischiavano di smuovere acque che non aveva idea di quanto fossero profonde. «Il–ghetto special è davvero un posto dove succede di tutto.» Ecco, appunto. Il fatto che anche lei, pur lavorando a stretto contatto con loro, lo chiamasse ghetto, aiutava a spiegare come mai non fosse aggiornata della quotidianità di New Hovel. Era quel tipo di Legionario. Non necessariamente dispregiativo, ma neanche il complimento migliore che potesse ricevere dal suo fidanzato special nuovo di pacca. Personalmente, non gli importava quanto avrebbe dovuto: potevano chiamarlo anche favelas, se continuavano comunque a pagargli vitto ed alloggio. «te l'ho detto che non ci annoiamo mai» ribadì, spingendo il bicchiere verso la mora mimando un brindisi, portandolo alle labbra per saggiarne sapore e consistenza con la punta della lingua. C'era un po' troppa panna perché il Withpotatoes potesse prenderla sul serio; si sentiva una comparsa sul set del nuovo video di Katy Perry.
    Tempo di tornare agli affari. Java C. Sharp sembrava il genere di persona affidabile che da qualche parte possedeva un quaderno ed una penna, e che gli avrebbe offerto uno schemino che Poor avrebbe adattato alla sua brillante personalità. Sperava. Gli piaceva sapere entro quali parametri potesse muoversi. «hai abbastanza tempo? siamo una famigli molto numerosa. molto.» Divertente dirlo ad un Withpotatoes. Le sorrise agitando vago la mano nell'aria, senza offrirle più informazioni personali di quelle necessarie alla transizione, tamburellando poi l'indice sul legno del tavolo per segnalare che non andasse da nessuna parte. Prendeva sul serio i propri compiti, l'ex Serpeverde.
    ...Magari non a lungo. Ma sul serio? Sempre.
    «importante: non si nomina bruno. vorrei fosse una battuta ma non lo è: in casa Sharp è diventato un tabù prima che la Disney lo trasformasse in un tormentone. ex marito di zia Catalina, un vero tipaccio. lo abbiamo soprannominato Drupal ma non è importante sapere perché» Erano molte informazioni, e non c'era neanche un Power Point. Batté le palpebre, gli angoli delle labbra lievemente curvati verso il basso, cercando di incastrare quelle conoscenze in un senso logico che potesse permettergli di ricordarle (bruno, derogatory, zia cata single). Non era neanche curioso di sapere perché Drupal fosse stato cancellato: se Java avesse voluto dirglielo, l'avrebbe fatto; rispettava i confini, Poor. Il consenso era importante, and all of that.
    «oh, cugino HTML ha progettato alcune delle case di new hovel, lo sapevi? adesso però sta costruendo rifugi per maghi in africa» Annuì fingendo gli importasse. Perché mai avrebbe dovuto sapere chi aveva costruito le case in cui viveva? Neanche sapeva il nome di chi l'aveva messo al mondo, andiamo, figurarsi se poteva sbattergli qualcosa di chi aveva progettato le catapecchie.«un'altra cosa molto importante: non giocare mai a dadi contro zio Jenkins, bara ogni volta. ah, e forse faresti meglio a non dire... si insomma....» Si stava annotando mentalmente con chi non giocare a dadi, perché perdere non piaceva a nessuno, quando Java esitò su cos'altro non dovesse dire.
    Mh...mh? Corrugò le sopracciglia, seguendo il movimento della forchetta fra loro. Intendeva che fosse una relazione...falsa? Perché, beh, quello gli sembrava piuttosto scontato che non dovesse venir fuori. «sei bravo a mentire? perché non voglio che mio padre mi attacchi il pippotto, e vorrei tenere la litigata almeno per il boxing day. già è difficile evitare che insulti mio fratello, se riuscissimo ad evitare il drama per qualche ora sarebbe fantastico. Nulla di personale, eh! Non è per te, sembri anche un bravo ragazzo.» Poor non era stupido. Derogatory, nel senso che ogni tanto l'avrebbe preferito, perché era seccante essere l'unico a portare il peso del neurone fra i suoi coinquilini e doverli quindi sopportare in solitudine neuronale. Ci mise un paio di battiti di ciglia, ma alla fine connesse i puntini. Era una...legionaria... e il problema della sua famiglia era con ...gli special? Come avrebbe detto un grande saggio (May): fascisti di merda. Si drizzò sul posto, schiena poggiata alla sedia ed un sorriso cortese e divertito sulle labbra. Incrociò le braccia al petto.
    Forse, dopotutto, era meglio la cena con la propria famiglia. Imbarazzante e terribile, ma almeno non avevano simili pregiudizi. Cioè, se l'avesse pagato ancora ancora, ma pure gratis? Minchia, si sarebbe seduto vicino a Reese o Isaac piuttosto.
    «la tua presenza servirà solo a scollarmi di dosso le zie che credono finirò col morire zitella e gattara che poi!!!! non ci vedo nulla di male!!» Se fosse stato più crudele, avrebbe accettato di buon grado e rovinato tutto sul momento, magari sdoppiandosi per avere il bis di arrosto di maiale, ma era un Withpotatoes, e seppur pochi alcuni principi ancora li possedeva. «quindi non dovrei dire di betta che vuole fare sesso nel mare cit che sono special? mah» schioccò la lingua sul palato, addolcendo il tono con un sorriso e le labbra avvolte sulla cannuccia. «scusa, sembri una brava ragazza, ma ho dei principi. amici come prima?» bevve un sorso della bevanda, continuando a sorridere. Si sentiva leggero e felice, tutto sommato. Sapeva che persone così esistevano, ma Poor Withpotatoes faceva buon viso a cattivo gioco solamente quando poteva ottenere qualcosa, e scansarsi una cena non era abbastanza. Forse l'avrebbe anche fatto, calpestando la propria dignità, se non avesse visto i grandi occhi azzurri di sua sorella osservarlo feriti. Se non avesse pensato a Darden e Gemes. April. Perfino Swag, Posh e King, per l'amor di Dio. «ti ci vedo con dei gatti. magari anche dei pesciolini rossi»



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    «te l'ho detto che non ci annoiamo mai»
    Beh, oddio: Java non si annoiava mai di natura perché trovava sempre un modo per mantenersi in attività o con le mani - e la mente - occupate, ma stando alle lamentele di tanti suoi colleghi quella non era proprio la verità.
    Ma al giovane special non lo disse, limitandosi a stringere le labbra e avvicinare il bicchiere al suo, per brindare.
    (Io non ricordo minimamente cosa stia mangiando o bevendo Java, ma secondo te mi va di cercare? no, appunto, quindi va bene così. Nuova era: non si rileggono i post, nemmeno quelli precedenti, si va a braccio. Viva gli appunti già presi.)
    Brindò, dunque.
    E poi si lanciò in un rant di quelli che solo Python poteva sperare di superare; un rant sulla propria famiglia, quindi con il potenziale di tenere entrambi lì fino al 2030. Però insomma: lui si era offerto di partecipare alla cena a casa C.Sharp, e Java non poteva assolutamente pensare di portarlo in mezzo alla famiglia senza dargli almeno un’infarinatura generale sui componenti del clan. La documentazione era importante.
    E, come ogni altra documentazione nella storia, era approssimativa, scritta male, ed incomprensibile. Anche quel giorno Java Spring C.Sharp aveva dimostrato qualcosa che (tutti) sapeva(no) già, ovvero: comunicare con gen z era difficile, più complicato e rischioso che attraversare un campo minato con una benda sugli occhi e un paio di sci per la neve ai piedi – calpestare una mina e saltare per aria non era solo un rischio, era inevitabile. E lei, per tutti i Troll, aveva la stessa grazia di un elefante sotto morfina quando si trattava di dialogare con la gente: ci provava, certo che ci provava, ma non era programmata per le small talks o per essere compresa da chi non parlava la sua lingua – o linguaggio, sarebbe stato più corretto dire.
    Le piaceva però (credere.) sostenere di essere abbastanza brava, se non a capire, almeno ad inquadrare vagamente gli altri; ma la verità era che le mancassero tutta una serie di librerie installate che le rendessero più facile l'interazione con le altre persone; delle librerie che, tra l’altro!, andavano aggiornate almeno due o tre volte l’anno perché quei marmocchi cambiavano trends e vocabolario come cambiavano i tagli di capelli – e la diceva lunga il fatto che Java portasse lo stesso taglio e lo stesso colore da quando aveva qualcosa come tredici anni. Aggiornarsi e rimanere al passo coi tempi, per lei, si limitava al mondo del lavoro, non a quello delle relazioni interpersonali.
    E poi, doveva ammetterlo, gli altri un po’ la spaventavano nella loro normalità; se appartenevano poi alla generazione di sua sorella, allora, era proprio la fine. Non c’era speranza per la legionaria.
    Non se ne rese conto subito, comunque.
    In un primo momento, presa com’era dall’elencare membri della famiglia e relativi quirks, non si era nemmeno accorta di aver messo un piede in fallo e di aver detto la cosa sbagliata; ancora peggio, nella sua testa non era affatto una cosa così problematica, o per cui rimanerci male. Era la verità, e se non altro Java stava facendo un favore anche a Poor nell’avvisarlo di non palesare la sua natura, non di fronte al padre bigotto e razzista che la C.Sharp si ritrovava; poteva omettere la cosa per la durata di una cena, no? Non era…. mentire. Non davvero.
    Si rese conto solo con un attimo di ritardo dell’errore.
    Vide chiaramente il momento in cui l’atteggiamento del ragazzo cambiò, nonostante il sorriso cordiale ancora lì, a piegare appena gli angoli delle labbra piene verso l’alto; era chiaro che si stesse trattenendo dal mostrare apertamente la propria delusione.
    Che forse non era nemmeno la parola adatta ma, ancora una volta, Java doveva chinare il capo e ammettere di aver fallito, yet again, la comunicazione con un altro essere umano.
    «quindi non dovrei dire che sono special? mah» Java si lasciò andare ad un sospiro profondo, pensando che sì, sarebbe meglio evitare – ma ebbe almeno la compiacenza di non dirlo ad alta voce. Allora, come risposta, gli offrì semplicemente uno sguardo serio e spalle strette.
    Poi rifletté che non sapeva che genere di capacità possedesse l’altro, ed arrossì per aver comunque pensato la peggior cosa possibile, e nascose l’espressione mortificata dietro un boccone di torta, sguardo basso e attenzioni rivolte ovunque fuorché al giovane.
    C’era un motivo se Java C.Shapr passava tutto il suo tempo lavorando: non poteva fallire, non poteva sbagliare. In tutto il resto? Eh! Una lunga lista di errori uno dietro l’altro.
    «No, hai ragione. È— »
    «scusa, sembri una brava ragazza, ma ho dei principi. amici come prima?» Poteva davvero biasimarlo? No, certo che no, ma riuscì ugualmente a sentirsi offesa per il modo in cui lui non aveva voluto capire. E il rossore delle gote raggiunse anche la punta delle orecchie. «Non serve,» lui sembrava un po’ troppo divertito e felice per essere uno che era appena stato insultato; e quello le faceva storcere il naso un pochino di più. «Cercherò qualche altro volontario», borbottato a denti stretti, forchettina infilzata nel pan di spagna morbido. Infondo aveva ancora tempo… giusto?
    (Sì, per la cena di natale 2023.)
    «ti ci vedo con dei gatti. magari anche dei pesciolini rossi»
    Allora, a quel punto, alzò lo sguardo. «Grazie.» Ancora a denti stretti, sguardo fisso sull’altro e un po’ troppo serio, prima di scoppiare a ridere in faccia a Poor. Senza apparente motivo. «Scusa, io non–» scoppio a ridere in faccia alla gente, di solito? Portò una mano a coprire la bocca, cercando di fermare la risatina. «Forse chiederò di mettermi un turno di lavoro extra per il giorno di Natale», commentò, più rivolta a se stessa che non a Poor, perché se quella breve, ma brutale, conversazione le aveva fatto capire qualcosa (oltre il fatto che i gen z sarebbero rimasti per lei un mistero) era che probabilmente il karma non voleva che portasse qualcuno a casa, per Natale.
    Meglio sola.
    O meglio non andarci affatto.
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    Vantava di capire le donne, Poor, ma Java lo stava seriamente mettendo in difficoltà. Lo guardava seria, ed insolitamente immobile, come stesse processando le informazioni (badum tss), ed il Withpotatoes si sentiva sotto esame pur sapendo di non doverle assolutamente nulla. Giudicato, addirittura. Corrugò lievemente le sopracciglia, incapace di togliersi il sorriso dalle labbra – ed allora incolpò la bevanda, perché perfino lui conosceva dei limiti – ma confuso al riguardo di quella interazione. Era… offesa? Era… arrabbiata. Si sentiva… tradita… dal fatto che avesse rifiutato l’invito… malgrado gli avesse chiesto… di nascondere … ciò che era…? Sarà che esclusi i coinquilini, da quando era riemerso (poco) trionfante dai Laboratori, Poor aveva sempre avuto a che fare con gente assennata, ma trovava irreale che quella dovesse essere una discussione vera. Fu tentato di cercare una telecamera nascosta, perché anche se comprendeva esistessero mentalità simili al mondo, trovava allucinante che qualcuno stesse avendo quella conversazione con lui. Uno special. Dov’erano gli opportunisti ed i bugiardi, quando servivano a mantenere un frontespizio di falsa ideologia sociale? Che… invidiabile faccia tosta. E con quell’innocenza, poi! Era mediamente conquistato, non avrebbe negato. «Non serve,» Una parte di lui, quella più irrazionale e uomo (derogatory) avrebbe voluto scendere mollamente nei panni di se stesso, sorriderle, e dirle che non dovesse servire. Che magari, volesse e basta.
    Ma voleva?
    Non era Idem, Poor. Non puntava a cambiare il mondo, e non credeva che l’individuo, nel Grande Schema, facesse la differenza. Non era un’associazione benefica, e non aveva alcuna intenzione di guidare Java nel suo – loro – mondo, o di aprire gli occhi agli Sharp su come funzionasse il ventunesimo secolo. Non erano, a conti fatti, strettamente un suo problema, ed il moro già faticava a farsi carico di quelli pressanti. La sindrome del paladino che aveva colpito metà dei Withpotatoes – Idem, Nathan, April, Isaac, talvolta perfino Darden – aveva saltato qualche generazione, lasciando a Poor, Reese e Gemes l’ingrato compito di guardarsi in faccia, e stringersi nelle spalle. Non era molto, ma era un lavoro onesto. «Cercherò qualche altro volontario» A quello poteva rispondere con naturalezza ed un sorriso ammaliante. «non lo vedo difficile» di gente disperata per Natale ce n’era ovunque, e Java era una bella ragazza. Certo, non avrebbe trovato un altro Poor, ma non poteva farne colpa alla legionaria: era unico ed inimitabile.
    Quasi, considerando che aveva la moltiplicazione. Ma non era totalmente un male, anzi - e per quello biasimava Ciruzzo Linguini.
    «Grazie.»
    Non sembrava felice del suo complimento. Perlomeno, poteva finalmente incrociarne ancora lo sguardo. Ammiccò gentile quando iniziò a ridere, anche se non aveva idea del perché stesse ridendo; Poor si faceva il minor numero di domande possibili alla sopravvivenza della specie. «Forse chiederò di mettermi un turno di lavoro extra per il giorno di Natale» Una soluzione.
    Oppure…
    Sentì la voce di Idem – minchia ma che palle, i cazzi suoi non se li faceva mai la sua coscienza? - suggerire che potesse farsi forza ed essere coraggiosa, puntare il piede e dire che una relazione non la definisse, che fosse la sua persona da sé. Sicuramente ottimi consigli, ma impraticabili: se ci fosse riuscita, Java l’avrebbe già fatto. L’ex Serpeverde era un ragazzo pragmatico, con soluzioni solide e funzionali. Non a caso in meno di un anno sarebbe stato scelto dalle stelle per aprire un Centro per l’Impiego, che più passa il tempo, più mi sembra stranamente opportuno per il buon rubacuori di quartiere.
    Soluzione #01: «puoi dire che il tuo partner è mancato di recente, e quindi non vuoi parlarne perché fa troppo male»
    Soluzione #02: «oppure puoi dire che è stato obbligato a tornare a lavoro, la giustizia non dorme mai»
    Soluzione #03: «partito per un viaggio all’estero con la famiglia?»
    Soluzione #04: «risveglio queer – o peggio, etero -, e fuga con l’amante?»
    Aprì il palmo, offrendo l’ultima alternativa. «hai firmato un contratto di non divulgazione, e non puoi dire il suo nome né presentarti con lxi in pubblico»
    Un uomo dalle mille risorse.
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    Al «non lo vedo difficile» di Poor, Java inarcò elegantemente un sopracciglio ma non rispose. Era abbastanza sveglia da riconoscere che dietro quel complimento ci fosse ben altro: forse un sarcasmo sapientemente celato che lasciava intendere l’esatto contrario, o magari la velata accusa di non essere l’unica alla disperata ricerca di un modo per far stare buoni i propri parenti il giorno di Natale, o ancora che fosse testarda al punto da continuare ad insistere fino a che non l’avesse spuntata. Quale che fosse il vero significato delle parole di Poor, Java decise di non voler approfondire e di accettare invece quel commento per ciò che poteva essere e non ciò che era davvero.
    Il suo “grazie” non fu comunque educato quanto avrebbe potuto renderlo, ma si sentiva ancora un po’ offesa per il modo in cui l’altro non aveva voluto capirla, ugh. Ma se c’era una cosa in cui Java era molto brava – beh, una delle tante – era anche farsi scivolare addosso atteggiamenti che non condivideva, o parole che non comprendeva; la sua vita sarebbe stata estremamente più difficile, se non avesse masterato quel genere di arte. Per questo – e forse per via del drink che stavano bevendo? unclear; di sicuro era piacevole sentirsi così leggera e felice, nonostante Natale incombesse su di lei, insieme a tutte le zie e i parenti e le loro aspettative – informò comunque lo special dei suoi piani di riserva, come se a lui potesse interessare qualcosa.
    (Non era così.)
    E, sapendolo, non riuscì a trattenere l’espressione confusa e il guizzo curioso a scintillare negli occhi chiari, quando l’altro le offrì ciò che Java amava di più al mondo, dopo le brioches al cioccolato e il vino: una lista di possibili soluzioni da attuare nel caso in cui i suoi piani non fossero andati come sperato.
    Delle vie alternative.
    Delle opzioni da valutare.
    «puoi dire che il tuo partner è mancato di recente, e quindi non vuoi parlarne perché fa troppo male»
    Sì, avrebbe potuto, ma poi avrebbero cominciato comunque a fare domande perché il tatto non era parte del corredo genetico dei C.Sharp, come Poor aveva potuto notare parlando con Java stessa. E poi, «non funzionerebbe: non ci crederebbero mai» nonostante non fosse così impossibile, nella realtà in cui vivevano. «Troverebbero molto sospettoso il fatto che non ne abbia mai parlato, né l’abbia mai fatto vedere a nessuno. Non che sia il genere di persona che mette in mostra gli altri come fossero trofei, sia chiaro.» Per farlo, tra l’altro, avrebbe dovuto prima avere qualcuno di cui fare sfoggio — e le volte in cui Java C.Sharp si era frequentata con qualcuno, in maniera seria, potevano contarsi sulle dita di una mano. I suoi parenti erano cani da tartufo allenati a riconoscere le bugie, e avrebbero impiegato meno di mezzo secondo a fiutare l’inganno. «Ma era un tentativo valido, lo apprezzo.»
    Così come apprezzava il fatto che fosse ancora lì e non l’avesse abbandonata al suo triste destino dopo i suoi commenti non proprio carini.
    «oppure puoi dire che è stato obbligato a tornare a lavoro, la giustizia non dorme mai»
    «a questo potrebbero credere.» Valutò per un attimo l’ipotesi, poi la luce nei suoi occhi, così come si era accesa, si spense. «No, non è vero. Pretenderebbero di sapere che lavoro fa, ed è molto difficile trovare una carriera, o un luogo di lavoro, dove almeno uno dei miei numerosi parenti non abbia conoscenze. Mi chiederebbero nome e cognome, e a quel punto saprebbero che è una bugia.»
    «partito per un viaggio all’estero con la famiglia?»
    «chiederebbero di fare una videochiamata,» l’equivalente magico di un FaceTime, qualunque esso fosse, «per salutare lui e la famiglia, e scambiarsi gli auguri di Natale.»
    Oddio, più ne parlava, più si rendeva conto che la sua famiglia era impicciona e rompiscatole come una qualsiasi famiglia del Sud, mentre lei era Nord Core ™; tutto terribile.
    «risveglio queer – o peggio, etero -, e fuga con l’amante?»
    «ma sai che…» etero, non etero — quello era davvero il minore dei suoi problemi: il clan poteva accettare che il suo partner non fosse un uomo bianco cis etero, fin tanto che non fosse stato babbano o special; già sul mezzosangue qualche naso iniziava a storcersi.
    Le loro priorità erano molto chiare.
    Evidentemente non quanto quelle di Java, che aveva frainteso il suggerimento di Poor. Arrossì, nascondendo la faccia dietro il bicchiere. «Ah, intendevi… intendevi un risveglio– per l’altro.» Ah ah, sì, certo, lo aveva capito subito.
    Andiamo avanti.
    «hai firmato un contratto di non divulgazione, e non puoi dire il suo nome né presentarti con lxi in pubblico»
    «Nemmeno questo fermerebbe l’armata, e mi sembra alquanto improbabile Ma sapete cosa? SAPETE COSA? Nella sua assurdità, aveva quasi senso. «Mi piace. Cercherebbero comunque di strappare quante più informazioni possibili, ma confido nel potere del vino e dell’eggnog per stordirli tutti prima che possano arrivare alle domande più intime e personali.» Alzò lo sguardo su Poor, l’accenno di quel sorriso felice ancora a piegare le labbra, e lo osservò per qualche secondo con intensità. «Li critico molto, ma giuro che gli voglio bene. Sono solo… tanto da mandare giù. Ci vuole la giusta dose di pazienza, bravura e familiarità. Non sono brutte persone.» A parte per la piega un po’ razzista di alcuni di loro, certo. «Forse dovrei solo dirgli la verità.» Mugugnò, non sapendo nemmeno lei quale fosse: che sola, Java C.Sharp, ci stesse per scelta altrui? Per scelta sua? Che la carriera – quella del momento, qualunque essa fosse – le rubava del tempo che non poteva permettersi di sprecare con nessun altro? Che non vedeva per quale motivo la sua felicità era strettamente legata all’avere qualcuno al suo fianco? Perché non poteva bastarsi da sola?
    Fece un bel respiro, e mandò giù il resto del drink.
    «Mi dispiace averti quasi incastrato a passare il Natale con loro.» Beh, ad essere onesti doveva inserirsi nel quadretto: nemmeno lei era una passeggiata, da sopportare. «Con noi.» Gli rivolse ancora un sorriso, indicando i bicchieri. «Posso offrirti un altro giro, se vuoi, per esserti comunque offerto.» O potevano passare a qualcosa di più forte, ma dubitava servissero il genere di alcolici che servissero a lei, da Madama. Sempre che a Poor andasse di rimanere per un altro giro, certo; non l’avrebbe biasimato se si fosse alzato e se ne fosse andato. Al diavolo, l’avrebbe persino compreso.
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    Poor, di fronte al problema della ragazza, aveva offerto soluzioni validissime, e Java le aveva smantellate una per una, pezzo dopo pezzo, come fosse stata una Cacciatrice in un Laboratorio Estremista. Si era ritrovato a battere le palpebre senza parole, labbra dischiuse in procinto di aggiungere qualcosa ma senza il vero spirito per farlo. Poor Withpotatoes non aveva problemi con le persone - a meno che non fossero i suoi coinquilini slash fratelli di un'altra linea temporale: lì non se la sentiva di mettere etichette - e tendeva ad adattarsi a qualunque contesto senza giudicare (troppo) le scelte altrui, ma Cristo Santo la famiglia della Sharp sembrava terrificante. Non si sarebbe mai più lamentato di nonna Seti: lei sapeva rispettare i boundaries; le sue paternali, così come quelle di Lena, riguardavano solo il fatto che fosse un indolente pigro senza principi morali, ma nessuno si faceva i cazzi personali degli altri, se non erano loro stessi a metterli in piazza. Sembrava ...invasivo. «Li critico molto, ma giuro che gli voglio bene. Sono solo… tanto da mandare giù. Ci vuole la giusta dose di pazienza, bravura e familiarità. Non sono brutte persone.» Mh...Certo. Sicuro. Immaginava fosse la stessa risposta di chi soffriva da sindrome di Stoccolma, ma lungi dal moltiplicante farlo notare. Si limitò a imitare una risata, ed offrire un cenno con il capo - per poi voltare gli occhi scuri su un angolo della stanza, The Office style, e cercare supporto morale nel pubblico. Non dubitava volesse loro bene, purtroppo le famiglie tendevano a fare quell'effetto, ma certo non la invidiava; "pazienza, bravura e familiarità" sembrava il motto di un'azienda più che un approccio al parentame, ma in effetti che ne sapeva lui. Era stato adottato (una scusa che usava spesso).
    «Forse dovrei solo dirgli la verità.»
    Tornò a guardare Java, il labbro superiore stretto fra gli incisivi. Fece spallucce, perché «è un'alternativa valida anche questa» ma aspirò l'aria fra i denti, abbandonando il mento sul palmo della mano. Non era interessato a fingersi mago per il quieto vivere di una famiglia che non conosceva - e gratis per di più - ma non poteva non dirsi intrigato dalla situazione. I drammi altrui tendevano a fare quell'effetto, appiccicandosi dolci al palato di un annoiato Withpotatoes finché non perdevano sapore. Sempre meglio dei propri; quelli, tendeva ad ignorarli finché non diventavano un problema, ed allora lasciava che se ne occupasse qualcun altro come una qualsiasi altra persona matura e funzionale. Period. «però resta il fatto che non siano affari loro» agitò vago una mano di fronte a sé, sottolineando la basica verità con cui forse avrebbe dovuto esordire dall'inizio. Java avrebbe dovuto sentirsi libera di non dire niente punto; mentire, al Withpotatoes, sembrava l'atto di ribellione migliore.
    «Mi dispiace averti quasi incastrato a passare il Natale con loro.» A quello, rispose con una risata sincera, lasciando aleggiare il sorriso divertito sulle labbra. «nah, mi sono offerto io» e se ne era anche già tirato fuori, perché quella era la persona che era - scostante, fra le altre cose. «più ne sento parlare, più sono contento di non esserci. senza offesa» precisó, alzando un palmo in segno di resa anticipata. «sembrano... impegnativi» perché paragonarli ad alta voce a dissennatori ed Azkaban, sarebbe stato estremo. Tenne quella specifica solo per se. «e io sono troppo pigro per applicarmi» ammise, ammiccando leggero con dita premute sul cuore. Anche ai tempi di Hogwarts, Poor era stato il ragazzo brillante che non ci provava abbastanza. Un disonore, considerando che la sua casata demandava un certo livello di ambizione, ma le sue mire di conquista avevano sempre avuto risvolti diversi. Usava la sua energia in maniera chirurgica e selettiva, fategli causa. «Posso offrirti un altro giro, se vuoi, per esserti comunque offerto.» Di nuovo, non un grammo di tossicità mascolina nel fisico asciutto di Poor: se una bella ragazza voleva offrirgli da bere, non si sarebbe certo rifiutato.
    «accetto volentieri. ricambio con sapienti consigli di vita, ed ottime capacità di ascolto.» stava citando il suo curriculum? Ebbene.


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    Agli occhi di chi non c'era nato e cresciuto dentro, il grande clan C.Sharp poteva sembrare terrificante — e forse un po' lo era , visti i numeri, e le personalità a dir poco interessanti di ogni membro che ne faceva parte, ma avevano tanti lati positivi anche loro.... stava tutto nello scoprire quali fossero, certo, e come farli prevalere su quelli negativi. Java aveva impiegato quasi tutta la vita per venire a capo di quel complicato rebus, fatto di precari equilibri facili da distruggere, intorno ai quali muoversi con una certa pacatezza e attenzione, doti che per sua fortuna la strega aveva, e che nel tempo, e con la pratica, si erano affinate ancora di più, contrariamente a quanto poteva dirsi di altri membri della stessa famiglia (e perché proprio i suoi fratelli).
    Non poteva dunque pretendere che Poor, uno che gli Sharp non li aveva mai neppure incontrati, capisse; e di certo, non al primo colpo.
    Né con la poco adulatoria (seppur precisa e dettagliata - forse un po’ troppo) descrizione che Java aveva fornito; purtroppo (o per fortuna, dipendeva sempre molto dai punti di vista) la ragazza era una tipa molto pragmatica e molto onesta, e soprattutto non le piaceva inventare ricami o abbellimenti per guarnire delle storie: i fatti, nudi e crudi e onesti erano l’unica cosa che Java riuscisse a processare, poco avvezza alle chiacchiere di contorno o lusinghiere. A Poor, quindi, non aveva offerto nulla se non la verità, quando magari, in una situazione del genere, sarebbe stato meglio glissare su alcuni particolari e non far luce su altri dettagli un po’ troppo personali, che non favorivano chiaramente i membri della sua famiglia.
    Eh, vabbè, troppo tardi.
    La legionaria offrì quindi un sorriso mesto, spalle curve e molte altre cose che avrebbe voluto dire ma che tenne per sé, perché parlare (ancora) della sua famiglia non avrebbe giocato affatto a suo (e loro) favore.
    «però resta il fatto che non siano affari loro»
    Vero, ma comunque non rilevante nell'household C.Sharp. «Vorrei fosse sufficiente come deterrente.» Non lo era, purtroppo, e avrebbero continuato a farsi gli affari non loro vita natural durante: erano semplicemente fatti così e non poteva negare, Java, di preferire, sotto quell'aspetto, il lato materno della sua famiglia, riservato e distaccato, più preoccupato a portare a casa risultati piuttosto che pensare alla vita, amorosa o meno, di fratelli, cugini, zii o nipoti. Chiunque la conoscesse, e chiunque conoscesse anche Ilke de Vries, non faceva fatica ad associare, per comportamento e ambizione, la C.Sharp a quella mamma rincontrata solo in età adolescente e che, comunque, era stata in grado di influenzare profondamente il carattere di Java. Forse, il suo sentirsi fuori posto nel clan Sharp, nasceva proprio da tutte quelle sostanziali differenze fra lei e loro. Ma comunque, erano la sua famiglia e l’avevano cresciuta, contribuendo alla sua formazione ben prima che Ilke facesse la sua comparsa, e Java li amava davvero.
    «più ne sento parlare, più sono contento di non esserci. senza offesa. sembrano... impegnativi»
    «nessuna offesa, lo sono. Ed è vero anche che ti sei offerto,» annuì, sorseggiando da bere, «ma comunque…» lui era stato gentile, ma Java avrebbe dovuto saperlo, e non accettare — nemmeno per riderci su. Inoltre, non pensava che Poor potesse essere così disperato, o avere una famiglia così terrificante, da preferire le feste passate con gli Sharp anziché che con loro. A meno che… «piuttosto,» alzò lo sguardo limpido allo special, osservandolo con attenzione nascosta dietro il bordo del bicchiere, «la tua offerta era un gesto altruista, o cercavi di svignartela da qualche impegno precedentemente accordato?» a lei poteva dirlo. O magari no, come credeva meglio: non avrebbe premuto affinché le raccontasse tutta la verità, nient’altro che la verità, ma secondo il suo giudizio lei aveva parlato a lungo dei suoi problemi con quello zio o quell'altro cugino, ed era giusto offrire un po' il Bastoncino della Voce anche a lui, e lasciarlo parlare liberamente di qualsiasi cosa volesse: andavano bene anche bugie, tanto Java non avrebbe comunque saputo quale fosse la verità, no? E di norma era abbastanza cordiale da accettare qualsiasi cosa gli altri decidessero di raccontarle, che fosse la verità o meno, perché spesso si aveva bisogno di nascondere certe cose, e lei lo accettava. Non tutti erano come lei, programmati in un certo modo ed incapaci di sviare dal percorso impostato.
    O così trasparenti che anche la più piccola bugia era leggibile sui lineamenti delicati e negli occhi azzurri.
    Scosse la testa solo quando Poor, accettando la sua offerta, si offrì come punto di ascolto e fornitore di consigli. «credo di averti ammorbato già abbastanza, non trovi?» alzò la mano, per farsi vedere dalla cameriera e piazzare il nuovo ordine, poi tornò a guardare Poor, «basta parlare di me o dei C.Sharp.» Era stanca persino lei, e quanto al suo problema, avrebbe trovato un modo per venirne a capo. «raccontami tu qualcosa,s e vuoi. Per sfogarti con una completa sconosciuta, ho sentito faccia bene.» Si strinse nelle spalle, sorridendo. Forse era vero, forse no, e Poor avrebbe potuto davvero parlare di qualsiasi cosa: Java era lì per due chiacchiere senza impegno e per temporeggiare ancora un po’ sulla risposta da dare alle zie, per far sapere loro se sarebbe andata al pranzo di Natale o meno.
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    E quindi, il momento della verità era giunto. A Poor piaceva circondarsi di persone egocentriche e narcisiste così da non dover mai entrare attivamente nella conversazione dando spunti personali. Era un ragazzo estroverso, loquace, ma per quanto adorasse il suono della propria voce, non amava… condividere. Nulla. Non c’era molto di lusinghiero da dire, d’altronde. Tipo, al «la tua offerta era un gesto altruista, o cercavi di svignartela da qualche impegno precedentemente accordato?» del tutto legittimo di Java, non poteva mica essere onesto e risponderle che fosse troppo pigro per affrontare le complicazioni della sua famiglia. Non aveva reali giustificazioni, nulla da nascondere o fastidi da evitare, semplicemente era tutto un po’… troppo. Soprattutto durante le feste, quando si sforzavano a far funzionare tutto malgrado i cavi scollegati. Non aveva nulla da perdere a guardare la C. Sharp negli occhi e dirle guarda, l’amore non è mai facile, ma implicava anche esporre una parte un po’ troppo intima di sé allo sguardo limpido di una sconosciuta. Era quello il punto, no? Le relazioni sane non erano il punto forte dell’ex Serpeverde per un buon motivo, considerando che comunicazione ed onestà non facevano parte della sua indole. Voleva funzionasse, e non sapeva come farlo, quindi si toglieva dall’equazione sperando che il problema si risolvesse da solo, e lo invitassero quando tutti fossero nuovamente tornati sulla stessa pagina.
    «entrambe?» tentò, piegando le labbra in una smorfia divertita.
    «credo di averti ammorbato già abbastanza, non trovi?» Era il suo modo gentile per dirgli che fosse stanca di pagare per lui, e visto che manco si sprecava a rendersi utile alla cena di Natale, le loro strade potevano anche prepararsi? Perchè lo accettava, umilmente, anche se gli piaceva essere viziato da belle persone (gender neutral: chiunque volesse farsi carico di offrire cibo e bevande a Poor, era ben accetto e apprezzato) nei bar del mondo magico e non. Come diceva Nelly Furtado, all the good things come to an end, ed il Withpotatoes non aveva certo la fama di aggrapparsi alle situazioni tentando di prolungarle – anzi, di solito era il primo a battere le mani fra loro, sorridere, e congedarsi. «la tua vita è interessante.» offrì, arcuando le sopracciglia e sollevando gli angoli della bocca verso l’alto. Come a Sara, sapere che ci fosse qualcuno messo peggio, lo faceva sempre sentire meglio.
    Mai affermato di essere impeccabile. Perfetto sì - sempre mentendo, ma a chi importava?
    «raccontami tu qualcosa, se vuoi. Per sfogarti con una completa sconosciuta, ho sentito faccia bene.» Umettò le labbra, lo sguardo scuro a rimbalzare dal bicchiere fra le mani al volto di lei. Era una proposta… accettabile e lecita, ed era vero che sfogarsi con uno sconosciuto facesse bene. Ma voleva? Forse. In parte. Bastava glissare sul come le varie situazioni si riflettessero su di lui, perché quello richiedeva molto più alcool di quanto in quel momento ne avesse in corpo (e ne aveva, per inciso.). Arrotolò la lingua sugli incisivi, inspirando dalle narici. Quando soffiò l’aria dalle labbra dischiuse, aveva già drizzato le spalle e preso una decisione.
    «uno dei miei fratelli ha perso la memoria. Un altro ha crisi psicotiche senza motivo, ogni tanto – e continua a farsi lasciare dalla ragazza, ma non mi stupisce: lei è troppo per lui, sempre affermato. Uno dei miei fratelli ha sempre finto di non amarci perché vuole credere di avere una reputazione da tsundere. Una delle mie sorelle è… volatile, sempre in giro per il mondo.» Tenne per sé che si fossero tutti dimenticati di lui per anni, e che fosse un’altra delle questioni che aleggiavano alla tavola Withpotatoes insieme alle sedie sempre vacanti di April e Nathan. Tacque anche sull’avere una seconda famiglia con un padre glitterato, un fratello tossico, un trapper ed un King: c’erano cose che dovevano rimanere solo fra lui e Dio. «e siamo tutti special, quindi c’è anche quello da tenere in considerazione.» che fosse giunto il momento di bullizzare Isaac perché si facesse rapire? Rovinava l’estetica della famiglia: medium, emocinesi, moltiplicazione, telecinesi. Reese non contava, era stato nei Laboratori e neanche loro l’avevano voluto, quindi immaginava fosse già troppo speciale di suo.
    Esattamente come a New Hovel, «non ci annoiamo mai.» E allora perché non vuoi tornare a casa? «sono tante persone osservò, prendendo la minima parte del problema e sventolandola come spiegazione di fronte alla legionaria. Siamo cresciuti, è cambiato tutto era qualcosa che tendeva a non affrontare neanche in solitudine con se stesso.
    Quindi. «se vai tu, però. Immagino di poter fare lo stesso» Sospirò, prendendo il telefono dalla tasca per porgerlo a Java. «se mi lasci il tuo numero, possiamo aggiornarci in diretta.» E non era neanche (solo.) una scusa per ampliare la sua rubrica come booty call! Ma non si sapeva mai, ecco. «e se mi scrivi s.o.s, ti chiamo e fingo un’emergenza.» la vera amicizia!
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    «la tua vita è interessante.»
    Lo era?
    «Non direi.» Un commento sincero, quello di Java, affogato in gola con quel che rimaneva del drink. La sua vita non era interessante — persino lei non lo era, ma le piaceva essere se stessa, e vivere quella vita che aveva scelto per sé, solo in parte incoraggiata da sua madre. Le piaceva. Davvero.
    Non importava quante volte Python le dicesse di lasciarsi un po’ andare, di fare qualcosa di diverso come – urca, follia! – cambiare colore o tagli di capelli, o comprare una camicia leggermente più audace solo per il gusto di farlo; o quante altre Php l’avesse criticata per il suo “non saper vivere” o per il modo in cui vedesse solo una cosa (il lavoro) e non lasciasse entrare nient’altro nella sua vita.
    Java c’aveva provato a spiegare ai fratelli perché essere com’era le piacesse, ma non era servito e aveva accettato il fatto che non sarebbero mai andati d’accordo (fine.) su quello.
    Non doveva nulla, spiegazioni comprese, a nessuno.
    Nel suo “grigiore”, per citare i fratelli, ci stava bene; c’era un che di rassicurante nell’essere abitudinaria, precisa, prevedibile; un qualcosa di sicuro e certo. Java non andava particolarmente d’accordo con le sorprese o i cambi di programma.
    «Ma mi piace. »
    Le lamentele sui C.Sharp non erano nulla di serio, niente che la legionaria non avesse già affrontato più e più volte, e alle quali fosse sempre tornata, infondo. Le piaceva così: lamentarsi, nemmeno troppo spesso in verità, pur sapendo che non avrebbe cambiato quella vita, o quella famiglia, con nessun’altra al modo. Era solo un po’ *stelline* catartico *stelline* ricordare, in primis a se stessa, che avesse il diritto di storcere un po’ il naso e lamentarsi come chiunque altro.
    Sostenne lo sguardo di Poor nel vederlo riflettere sul suo invito, divertita dal fatto che l’altro dovesse pensarci su prima di accettare o meno di sfogarsi a sua volta: di cosa aveva paura, di annoiarla? Difficile, doveva vedersela con i suoi racconti, che avevano già tediato lo special abbastanza. Oppure temeva che non lo avrebbe compreso? Che avrebbe giudicato la sua storia, con la stessa facilità con cui aveva giudicato la propria? Arricciò le labbra, a quel pensiero, reputandosi il tipo di persona che non giudicava dalla copertina — ma ricordandosi poi, in un istante di difficile verità, che fosse esattamente così. Come l’avevano voluta.
    Perciò non disse nulla, limitandosi ad attendere.
    «uno dei miei fratelli ha perso la memoria.»
    Uh, okay. Triste? E ora ricordava qualcosa, o era ancora un estraneo nella propria pelle?
    Non chiese.
    «Un altro ha crisi psicotiche senza motivo, ogni tanto – e continua a farsi lasciare dalla ragazza, ma non mi stupisce: lei è troppo per lui, sempre affermato.»
    Mh, magari le crisi psicotiche erano anche dovute in parte alla relazione? Chissà. Non chiese nemmeno quello.
    «Uno dei miei fratelli ha sempre finto di non amarci perché vuole credere di avere una reputazione da tsundere.»
    Co…cos’è uno tsundere?
    Indovinate? Non chiese. Ma le sopracciglia appena corrucciate forse parlavano da sole.
    «Una delle mie sorelle è… volatile, sempre in giro per il mondo.»
    Urca, ma quanti erano di preciso? Potevano quasi fare a gara con il clan C.Sharp. Ovviamente: non chiese.
    Il bello di aver già chiesto, era che Poor stesse raccontando esattamente ciò che aveva voglia di raccontare, non serviva indagare ulteriormente ed entrare in dettagli che, magari, preferiva non condividere.
    «e siamo tutti special, quindi c’è anche quello da tenere in considerazione.»
    Oh. Mh. Oh.
    «Proprio.. tutti?»
    Chissà com’era crescere e vivere in una famiglia di special. Probabilmente non era stato né facile, né grandioso; e quelli come Java non avevano di certo reso le loro vite più semplici. Indossare la divisa di legionaria per qualche mese non la rendeva più innocente di tanti altri — e non stava nemmeno cercando di espiare nessuna colpa.
    «non ci annoiamo mai. sono tante persone.»
    Poggiò il mento sul palmo aperto, osservandolo con un sorriso genuino. «oh, come ti capisco», affermò, rivolgendogli un’occhiata complice. «noia e silenzio, due cose che mancano in tutte le famiglie numerose.» E anche una buona dose di sanità mentale. Ma quello, per rispetto di entrambi, lo tenne per sé.
    «se vai tu, però. Immagino di poter fare lo stesso»
    Il sorriso di Java si allargò, felice di aver fatto l’unica cosa che le riusciva bene: la persona matura e responsabile, e con il suo comportamento aver involontariamente spronato qualcuno a fare altrettanto.
    «se mi lasci il tuo numero, possiamo aggiornarci in diretta.»
    «solo se posso mandarti note vocali rubate» come fa pandi con sara, quando deve farle capire la gravità di certe situazioni, «ma ti avverto, non sono molto brava ad utilizzare strumenti di messaggistica babbani.» Praticamente: una boomer. Prese comunque il telefono di Poor, e nel mettere avanti le mani, aggiunse il proprio numero in rubrica. «ecco fatto.» Gli riconsegnò il telefono.
    «e se mi scrivi s.o.s, ti chiamo e fingo un’emergenza.»
    «ohh, come fanno nei film?» Si illuminò, ricordandosi una delle ultime pellicole che Py l’aveva costretta a guardare, con i commenti dal vivo (e per tutta la durata del film) di Philippa. «Va bene! Ci sto!» Sembrava divertente — pur sapendo che non l’avrebbe mai fatto: Java Spring C.Sharp non era brava a chiedere aiuto, nemmeno per gioco. «allora.. buon natale, Poor.» oddio, un anno dopo!! «e in bocca al lupo!» Il Drago solo sapeva quanto entrambi ne avessero bisogno per affrontare la propria vita.
    Cavolo, facciamolo diventare un appuntamento annuale dai: ogni anno, prima di Natale, Java e Poor si incontrano per lamentarsi delle proprie famiglie, sfogandosi il giusto per prepararsi poi ad affrontarle! BROS!
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    «non direi. ma a me piace» Con quanta sfacciata naturalezza, l'aveva detto. Non la giudicava, Poor credeva che ognuno fosse libero di vivere la propria vita nel modo che preferiva e meglio si adattava alle condizioni di ciascuno, ma era cresciuto con una wannabe psicomaga, e sapeva che quel genere di consapevolezza di sè non fosse affatto scontata. L'animo umano tendeva sempre verso il di più, e l'irraggiungibile. Si tendeva a sentire la mancanza di qualcosa per principio, perchè si veniva indottrinati a dare il meglio e sentire che non fosse abbastanza. Non - propriamente. - il caso di Poor: era felice con quel che aveva; voleva comunque di più per principio, perchè sapeva di poterlo ottenere. La mediocrità non faceva per lui, ma ehi, a Java donava. Le sorrise aggrottando lieve le sopracciglia, decisamente non il tipo di persona da addentrarsi, volontariamente, in una discussione filosofica - soprattutto se, come in quel caso, non era intenzionato a spillarle soldi o favori. Era stato un incontro... particolare. Capitava di rado che Poor avesse conversazioni senza un doppio fine, solo per chiacchierare a vuoto con le persone, e nel sentire fosse giunto il momento di congedarsi, si domandò se non dovesse trovare una scusa per prolungare quell'incontro fintanto che non avesse trovato un'opportunità. Qualcuno avrebbe detto che avesse già trovato un'amica, e fosse abbastanza, ma quel qualcuno non era Poor Withpotatoes, perchè gli amici - come il tempo - erano solo investimenti. Rispettosamente parlando, s'intendeva.
    «ma ti avverto, non sono molto brava ad utilizzare strumenti di messaggistica babbani.» Chissà perchè, ma non aveva avuto dubbi. Consapevole che sarebbe stato un altro scambio venato di polemica sugli usi ed i costumi del mondo magico, Poor si limitò ad una smorfia divertita ed a liquidare la questione con un cenno della mano. Non era da lui farsi paladino di un'ideale, aveva una caterba di parenti più propensi a farlo, e seppur parte delle loro dottrine si fossero incollate anche alla sua pelle, insisteva nel rimanere coerente a se stesso, stabile nel rimanere pigro e non salvare il mondo di nessuno. A qualcuno doveva toccare la carta egoismo, ed il Withpotatoes se l'era intascata prima che un ritrovato Reese se ne facesse una fotocopia: era sua di diritto. «come fanno nei film» confermò, inserendo il nome della ragazza in rubrica. Una lista contatti così lunga, da essere costretto ad inserire una breve descrizione vicino al nome (in quel caso specifico: Java, Madama, fam razzista, smash - lo smash sempre necessario; di pass ce n'erano pochi.) di modo da avere perlomeno una vaga idea di chi quelle persone fossero, e cosa, nel dettaglio, volessero da lui chiamandolo o scrivendogli messaggi. Buona parte di loro voleva dei soldi. Erano tutti in lista nera.
    Manifesting che la Guerra che sarebbe esplosa di lì a qualche mese, avesse fatto piazza pulita.
    Cosa? Cosa ma in cash cash money.
    Sospirò, premendo il palmo libero sul tavolo per alzarsi in piedi. «allora.. buon natale, Poor. e in bocca al lupo!» Yikes. Arricciò il labbro superiore, socchiudendo le palpebre. Gli sembrava passata una vita da quando avevano iniziato a parlare di quel Natale (quasi un anno) ed al contempo, era stato impossibile perderlo di vista (perchè è tornato: 354 giorni.). Non gli dispiaceva neanche più di tanto l'idea di farsi sprimacciare le guance da sua sorella, o farsi gentilmente bullizzare dal resto di cazzoni con cui non condivideva il sangue, ma tutto il resto sì. «speriamo morda piano» il lupo, ma anche la sua famiglia. Le offrì il palmo, chiedendole la mano nella propria per poterle soffiare un bacio sulle nocche, senza toccare la pelle. Non era mica un maniaco. «buon natale anche a te, java»
    punto.


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