you hold the gun, i'll pull the trigger

[ @bde | ft. mood ]

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.     +3    
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Special Wizard
    Posts
    371
    Spolliciometro
    +664

    Status
    Offline

    when
    14.04.2001
    where
    austin, TX
    who
    corycorycory

    f l a m e s
    «allora giovanotto, ci muoviamo?» la voce alle spalle di leonard poteva definirsi tutto tranne che cordiale, ma il ragazzo avrebbe continuato ad ignorarla come nei cinque minuti precedenti, se solo ad accompagnare le ultime due parole non fossero arrivati altrettanti colpetti precisi sul braccio destro.
    gli occhi verdi del vaughan si sollevarono dalla vaschetta del gelato al gianduia, per incrociare quelli spenti e senza vita di un barnaby jagger giunto alla terza ora di un intenso turno da cinque.
    uno sguardo, quello del guaritore, che suggeriva l'ormai rassegnata abitudine non solo al luogo ameno nel quale aveva il disonore di lavorare, ma anche — e forse soprattutto, ai clienti rompicoglioni. gente che ti tocca mentre parla, tanto per fare un esempio «in realtà non ho ancora scelto, signora, mi manca un gusto» come se poi fosse semplice, capito? E veramente, veramente, avrebbe potuto soprassedere e keepare fottutamente going, se solo le dita ossute della vecchia non gli si fossero conficcate un'altra volta nel bicipite.
    Come si dice, errare è umano, perseverare è da coglioni.
    «beh, non sono certo qui ad aspettare i tuoi comodi. c'è gente che ha faccende importanti sa fare» per un attimo, pensò di chiederle quali fossero. poi capì, tutto da solo e senza aiuti esterni, che la risposta non avrebbe cambiato il corso delle cose — e comunque era chiaro dovesse andare in posta a ritirare la pensione; al massimo giretto obbligato al bar della esselunga. quando gli mise tutta la mano sul braccio, con l'intento di spingerlo su un lato, Leo sospirò. Barbie s-s-s-ospirò. Eddie Moonarie sospirò mentre sfilava il borsellino dalla borsa della sciuretta «guardi, ha perfettamente ragione» perché si poteva dire tutto, del Vaughan, ma non che non fosse un ragazzo a modo: uno di quelli che le mamme amano a pelle, cortese ed educato.
    cortesemente ed educatamente, infatti, il ventiduenne fece un passo indietro, indicando alla vecchia in questione il posto lasciato libero davanti al bancone; e le sorrise, pure, perché quando si avevano certe armi valeva sempre la pena usarle «prego» non si aspettava un grazie, e quello non arrivò. ma le passò comunque un braccio attorno al collo, quando la donna lo superò impettita, puntandole al fianco destro un'altra arma — meno accattivante della fossetta nella guancia sinistra, ma altrettanto efficace: un sorriso poteva spezzare il cuore solo metaforicamente, dopotutto «beh» (e non tryhard) si strinse nelle spalle, Leonard, ancora una volta iridi come il mare in tempesta a scontrarsi contro la superficie immota e desertica che erano gli occhi del gelataio dietro al bancone; non aveva fatto una piega, Barnaby Jagger, e questo già diceva molto riguardo le sue condizioni di salute mentale e fisica «a questo punto direi che è una rapina» rientrava già nei piani del biondo, perchè a girl gotta eat eccetera eccetera, ma l'idea non era quella di prendere in ostaggio la clientela.
    Gli era bastato tenere d'occhio qualche ora il Big Dick Energy dalla vetrina principale, per capire che le probabilità di scatenare una reazione nei dipendenti erano minime; il rischio c'era sempre, e per questo aveva optato per la beretta invece che un semplice coltello a scatto, ma non pensava davvero di tirarla fuori. Se proprio doveva, e si trattava di un sacrificio che Leonard era più che disposto a fare, preferiva menare direttamente le mani — o usare la magia: non proprio l'opzione più alla sua portata in quel momento «prendo i soldi in cassa e, se non ti è troppo disturbo, un cono al pistacchio» strinse di poco la presa attorno alle spalle della signora in ostaggio, che per ovvie ragioni aveva perso baldanza e voce «altrimenti mi tocca spararle» concluse, serio.
    Così serio che dovette premere le labbra tra di loro, ridurle ad una riga sottile per non ridere.
    Vide l'angolo della bocca di barbie sollevarsi appena, impercettibile, e qualcosa passò tra di loro: magari. inutile dire che non aveva nessuna intenzione di a) sprecare un proiettile per quella vecchia stronza, b) schizzare di sangue il bancone dei gelati – sebbene avesse visto di peggio. - e c) rischiarsi un'accusa di omicidio così su due piedi.
    Però poteva sempre divertirsi un po.
    Anche il gelataio sembrava averne un estremo bisogno.
    Lo osservò attentamente, il ventiduenne, mentre barnaby svuotava il cassetto e infilava i galeoni in una busta con il logo del locale (non chiedetemi quale sia, in questo momento riesco solo a pensare al vibratore di Salem e sto ridendo da sola ho bisogno di dormire) «v-v-vuoi anche q-quelli d-d-d-dell'altra c-cassa p-p-per caso?» ah.vedi. Allora non erano tutti infami bastardi come suo fratello (oh bro) «ma guarda, se non ti è troppo disturbo» si strinse leggermente nelle spalle, gli occhi chiari a rabbuiarsi quando tornarono per forza di cose a riflettersi nello sguardo spaventato e instupidito della boomer «signora, le mani» cioè, nemmeno in quelle condizioni smetteva di palparlo? Un tentativo maldestro di afferrare la pistola e sgusciare via, ma il vaughan lo lesse come meglio preferiva: giocata rischiata. Touchè.
    «s-s-senti» e intanto era tornato, il jagger.
    Gli occhi nocciola più disperati che mai.
    Stava per rischiare, proprio come la vecchia, perchè evidentemente quella era un po' la sua ultima spiaggia.
    «p-prenditi anche l-l-lui» con la canna della semiautomatica che ora puntava contro lo sterno della donna, leonard ruotò il capo nella direzione indicata dal mento del guaritore, un singolo cenno accompagnato da un brivido: in fondo al locale, c'era un uomo in pantaloncini blu e cerbottana alla mano, che sputava palline di carta addosso ai clienti seduti presso i tavolini — così, en passant. Il biondo seguì con lo sguardo la parabola discendente di un bolo appiccicoso e grondante saliva, finchè non si spiattellò sul coppino della vittima prescelta. sciaf «non credo sia il caso» non che gli dispiacesse la compagnia, eh, ma edward moonarie ad una prima occhiata sembrava un tantino instabile.
    E quindi il contrario di quello che il vaughan aveva bisogno.
    «allora s-s-sparami. La m-mia vita n-non p-p-p» porca puttana «p-potrebbe andare p-peggio di c-c-così» e nell'istante di silenzio che seguì, mentre finalmente l'emozione aveva la meglio e la vecchia maleducata perdeva i sensi accasciata sul bancone come un sacco di patate, leonard valutò attentamente se adempiere alla richiesta. La fronte leggermente corrugata, ciuffi di capelli biondo cenere a interrompere la visuale sul viso sfatto di barbie; sparargli lì e ora non gli avrebbe certo portato via il sonno.
    Nessuno scampanellio violento nel petto a ricordargli che anche lui, da qualche parte, aveva una coscienza.
    Per non parlare del fatto che il guaritore aveva tutta l'aria di meritarselo — il riposo eterno, la fine di tutti i mali.
    Ma scosse comunque la testa, puntando questa volta la pistola contro il pavimento; nessuno alle sue spalle si era reso conto di nulla, i clienti troppo impegnati a capire da quale direzione stessero arrivando loro addosso gli sputazzi «un buon motivo per convincerti che da qui puoi solo risalire.» faceva anche sessioni di terapia gratuite, leonard vaughan, ma era ovviamente il primo a non crederci: lui, che ancora dopo mesi sognava vascelli inesistenti, la spuma del mare sul viso, lo scricchiolio del legno sotto i piedi e il calore di qualcos'altro sotto le dita «quelli te li lascio, a buon rendere» i soldi dell'altra cassa — mancia; ma si prese il cono gelato, e il sacchetto con i galeoni a braccetto.
    La porta sul retro, quella più vicina, gli parve da subito la via d'uscita ideale. Si era studiato un po' la strada, il vicolo alle spalle del BDE e quali alternative di fuga avesse una volta uscito dal locale, ma a quel punto dubitava potessero servirgli. Rivolse lo sguardo acqua marina al cielo terso, la crema al pistacchio disciolta sulla punta della lingua: quando si erano ritrovati, leo e raph, il maggiore gli aveva chiesto di tornare a casa.
    Di stare con lui.
    E per un istante, uno solo, il biondo aveva quasi ceduto.
    Prima che il fratello decidesse di pronunciare l'unica frase che, avrebbe dovuto saperlo, era in grado di far scattare il trigger assoluto — «non puoi cavartela da solo, leo».
    rob che fissa la vaschetta dei piatti con l'acqua sporca e la mozzarella dentro, dopo che sua madre le ha detto di non andare al lavandino con il suddetto latticino:
    rob che vede la sua vita passarle davanti agli occhi mentre sta per volare giù dalla scala dopo che sua madre le ha detto di non salirci da sola:
    cory leonard che vive sotto i ponti e ruba merendine ai ragazzini e rapina yogurterie:
    «ok. Fuck you. Watch this» cit. doverosa.
    Adesso aveva un gelato e un sacchetto pieno di galeoni, alla faccia sua.
    Cosa dovesse farsene del resto della sua vita, rimaneva comunque un fottuto mistero.


    leonard
    vaughan
    But when I near you I feel flames
    I touch the fire I get burned
    I feel this rush beneath my feet it's like I'm falling
    gif: richietozsier.tumblr.com
    i panic! at (a lot of places besides) the disco
    i see it, i like it, i want it, i got it


    guarda freme, casuale come piace a me!!!! sentiti libera (non troppo. NON TROPPO.) di fare davvero quello che ti pare, cory se ne sta sul retro del bde a mangiarsi il suo gelato e ad agitare il pugno al cielo contro ralph, per il resto siamo nelle mani del signore.
     
    .
  2.     +1    
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Bolla
    Posts
    121
    Spolliciometro
    +242

    Status
    Offline

    when
    oct. 2023
    where
    quo vadis
    who
    not your business

    haunted
    Non era che non sapesse essere paziente, era che non volesse esserlo quand'era superfluo. Mood Bigh era perfettamente in grado di aspettare; la sua intera vita era una costante attesa: il momento giusto, la persona giusta, il contesto più adatto. Le coincidenze non si creavano da sole, e gente come il Prefetto doveva basare immagine e conseguente futuro su quello che altri avrebbero biasimato al fato ed al destino. Senza esporsi troppo, un lento divenire a passo d'uomo; spinte le prime pedine, era solo questione di gravità e pazienza. Situazioni specifiche a cui concedeva il proprio tempo, perché serviva lo avessero. Sul rimanente, tendeva ad essere inflessibile: il poco margine di manovra derivava unicamente dall'imprevedibilità del vivere all'interno di una società dove gli altri rappresentavano incognite su cui non aveva controllo.
    Tipo.
    Fece scattare l’orologio da taschino, battendo con deliberata lentezza le palpebre al cambio del minuto. Sarebbe anche stato disposto a soprassedere il ritardo sulla propria tabella di marcia, se la signora di fronte a lui non l’avesse tentato nell’unico modo a cui Mood, pur sapendo dire no, raramente sceglieva di farlo: seminare discordia. Ad ognuno, i propri passatempi. Il primo sbuffo attirò la sua attenzione solo marginalmente; al secondo, lo sguardo del Serpeverde scattò verso l’alto, studiando il linguaggio corporeo dell’anziana. Strinse le labbra fra loro. Un fatto su cui i lettori saranno unanimemente d’accordo, e sul quale nessuno che pensasse di conoscere Mood avrebbe scommesso dei soldi, era che il sedicenne sapesse essere estremamente fastidioso. Non il seccante di qualcuno che continuasse a parlare a voce troppo alta, e neanche quello che attirava bieche occhiate da sconosciuti, ma quello che logorava i nervi. Lentamente. Trovato il primo punto d’appoggio su cui pressare, spingeva fino a spalancare la porta, e raramente le persone si rendevano conto di avergli permesso d’entrare, o di essere state invitate ad uscire. Si affacciò oltre la cliente, prendendo nota della nuca bionda alla cassa che stava rallentando la fila. Forse avrebbe dovuto capire in quel momento che ci fosse qualcosa di familiare nello sconosciuto, e forse, se non avesse passato gli ultimi mesi a fingere che non fosse mai successo, l’avrebbe anche fatto. Era sempre stato più analitico che sentimentale, leale al proprio giudizio fino al midollo, ma c’erano – evidentemente. - questioni su cui non aveva il controllo che pensava di avere. Questioni che Mood Bigh, da persona matura qual era, sceglieva di ignorare.
    Non era la prima volta che gli occhi di Mood indugiavano su sconosciuti vedendo qualcosa che non c’era. L’aveva catalogato come normale, solo legittima curiosità. Una lieve impressione di nostalgia, se si voleva essere ottimisti ed ancora offrire il beneficio del dubbio che il Serpeverde avesse un’anima – argomento molto dibattuto. - scegliendo di non darci peso, perché quantificare avrebbe significato dare importanza. Non ne aveva, e per inciso, non doveva averne. Non era neanche previsto ne avesse, ed il moro avrebbe continuato volentieri a vivere la propria vita di beata ignoranza se Lissette Monrique, come usuale alla sua personalità, non avesse portato alla sua attenzione informazioni non richieste, che avevano a loro volta creato una moltitudine di problematiche a catena a cui Mood aveva deciso di concedere una (1) sola emozione, scelta con cura in mezzo ad un ventaglio di possibilità: noia. Un prurito al palato incostante, ma sempre presente. Lasciare questioni in sospeso (respiro profondo in background) non faceva parte della sua indole - i fili li annodava e chiudeva sempre - ma era statp disposto a fare un eccezione, se significava non doverci pensare più dello stretto necessario - dove con stretto necessario s’intendeva quando non aveva potere decisionale sui propri pensieri; i momenti peggiori. Il vero fulcro del problema, era anche quello che aveva usato come giustificazione: magia. Sapeva fosse una maledetta, stupida, inconsistente questione di magia, e non poteva farci niente. Aspettare, forse.
    Di nuovo: sapeva essere paziente, quando serviva.
    Si ritrasse dietro la signora, sospirando abbastanza forte perché lei potesse sentirlo. Comprovare il comportamento delle persone, soprattutto se sbagliato, funzionava come benzina sul fuoco: si facevano forti dell’appoggio esterno, gonfiando il petto nel farsi portavoce e prenderne una per la squadra. Si scambiarono un’occhiata complice da sopra la spalla; Mood, con ancora indosso la divisa di Hogwarts (senza cravatta, perché i pregiudizi nei confronti della sua casata non gli erano sfuggiti; il prossimo passo, sarebbe stato chiedere in prestito quella di Balt, ed uscire in pubblico con la sua.) le sorrise innocuo, stringendosi piano nelle spalle.
    E poi iniziò a far scattare l’orologio. Lo apriva e lo chiudeva con una cadenza ben precisa, e quando fu certo che l’anziana avesse colto il suono, ed inconsciamente assorbito come scandire del tempo, accelerò di poco il ritmo. Non era passato così tanto da che si trovavano lì, forse solo una manciata di minuti, ma il Bigh era riuscito nell’intento di manipolarne la percezione della signora. Sfibrata, la vide agire.
    Oh, come adorava i litigi.
    Al resto della conversazione, offrì solo un orecchio. Stava già pensando a cosa avrebbe fatto una volta uscito da lì, quando fosse riuscito a prendere i gelati per Hold e Kieran. Sapeva le due facessero pausa pranzo insieme – totally platonic, sia mai! -, e visto che entrambe vedevano la inesistente bontà del suo cuore, Mood aveva deciso come scopo di vita, di dar loro motivo di continuare a crederci; era anche la sua “congratulazione” per il nuovo lavoro della sua adorata sorellina, perché era un caro e bravo ragazzo. Un puro caso che passare al Ministero gli desse la possibilità di incrociare Nice Hillcox, scambiarci due parole, e convincerla fosse il tirocinante adatto a cui fare da tutor nel – uh.
    Il flusso di pensieri di Mood si fermò d’improvviso, schiantandosi contro una barriera fisica.
    Reale.
    Impossibile.
    Una breve occhiata bastò a fargli chinare d’istinto il capo, corrugando le sopracciglia contro il pavimento del BDE. Nascose la propria espressione alle piastrelle, perché c’era qualcosa di intimo ed un po’ troppo personale nella noia di Mood Bigh. Sembrava quasi qualcos’altro; se si fosse concesso il tempo di odiare, forse lo sarebbe stato davvero. Non che dovesse davvero celare la propria presenza: Mood era esattamente quel che voleva e doveva essere per lui. Una faccia come tante.
    Come avrebbe detto un saggio, mannaggia la puttana.
    Avrebbe potuto convincersi fosse chiunque altro – i biondi erano tutti uguali, risaputo - ma purtroppo aveva abbastanza dignità personale da riconoscersi di essere sveglio, più di quanto gli facesse bene esserlo, ed avrebbe riconosciuto ovunque quella sensazione di deja-vu. E di prurito. Fastidio. Noia. Rabbia. Tutte emozioni che compresse nell’improvviso battito accelerato, la lingua stretta fra i molari ed il pugno serrato sull’orologio ancora nel palmo. Tutti gli stadi del lutto – a se stesso, ed alle sue scelte di vita – che aveva superato nei mesi, tornarono alla ribalta con ogni tassello scardinato con cura.
    Ma fottuto pappagallo di merda.
    Inspirò dalle narici, ora perfettamente consapevole che quella voce l’avesse già sentita - e sentita, e risentita. Si ricompose in fretta, una maschera d’impassibile cortesia. Quella era una situazione... come definirla in modo gentile? Scomoda.
    Si permise un solo istante per guardare il suo personale incubo puntare una pistola alla testa della signora. Una frazione di secondo per curvare infinitesimale un angolo delle labbra verso l’alto, ed ancor meno per concedersi qualcosa che era diverso da tutto il resto. Morbido, ma non per scelta. Mai, per scelta.
    Era già rimasto una volta.
    E quando uscì dal locale, non si guardò indietro.
    Dopotutto, aveva una questione da concludere lasciata irrisolta troppo a lungo. Gli aveva perfino concesso la possibilità di sparire, capito? Poteva esistere da qualunque parte del mondo, considerando che era pure un cazzo di ricercato - ma no, perché avrebbe dovuto. Sempre quello che non doveva fare.
    E allora vaffanculo, Cory.
    «kieran? ehi» sorrise nel sentire la voce della Sargent al telefono, scivolando nel vicolo vicino al locale.
    (Che poi, con tutti i locali che c’erano, era andato a derubare quello del suo professore? E perché mai, signore, andava in giro a rapinare pubblici esercizi quando già era su ghiaccio sottile. Doveva rimanere pappagallo, ed evitare a tutti, aka lui, quelle emicranie.)
    «sono mood. scusa se ti disturbo, sei con hold?» sapeva la risposta fosse sì, e l’aveva chiamata unicamente per quello. Hold aveva la tendenza a non rispondere mai al telefono, convinta fossero tutti call center – anche i numeri salvati in rubrica. Kieran Sargent aveva parole gentili anche per gli operatori, quindi chiamando lei, il Bigh era andato sul sicuro. «Sì!! PERCHè SIAMO AMICHE EH!!!» O...k. Rimase in silenzio un istante, abbozzando poi una risata leggera. «uhuh. Me la passi, per favore?» Sentì rumore in sottofondo, ed immaginò fosse Kieran che inciampava su se stessa nell’affrettarsi a porgere il cellulare a Hold; dal silenzio che ne seguì, dedusse che la mimetica fosse caduta esattamente in braccio alla Beer, e che ora si stessero guardando con l’usuale gay panic.
    Mood sospirò. Tutto molto bello, ma non aveva tempo per i riti di accoppiamento delle kold. «è un’emergenza» specificò, schiarendosi la voce. «MOOD?» Allontanò l’apparecchio dall’orecchio. Boomer core, Hold May Beer, con quel suo gridare come se fossero in parti differenti della stanza. «sorellina» Appoggiò una spalla alla parete, controllando ancora l’orologio. Lasciò che il proprio tono si facesse delicato ed esitante, tinto di paura e preoccupazione. «non… sapevo chi altro chiamare. Sono alla gelateria preferita di kieran» specificò, perché sapeva che quello, Hold, l’avrebbe ascoltato. «e c’è un tizio con una pistola…?» deglutì, forzando un sospiro spezzato. «barbie era impaurito, anche se non lo dimostrava» Barbie: vuoi anche i soldi dell’altra cassa? «ho paura possa fargli del male» Barbie: sparami. «e… sì, io sono uscito, ma...» Esitò, ancora, alzando annoiato lo sguardo al cielo. La voce impastata di qualcosa che non provava, ma che suonò egualmente sincera. «non mi sento sicuro» un mormorio. «puoi… contattare i cacciatori? So che hanno una sede qui» Sentì Hold riferire la situazione – nel suo modo, con diversi headcanon – a Kieran, ed il sospiro della ragazza. Loro avevano più possibilità di lui di contattare i Cacciatori in tempo. Mood non sapeva se sarebbero arrivati per fermare il capitano, ma era certo che potesse rintracciare la vecchina, e convincerla ad obbligare le forze dell’ordine a istituire un onesto sistema di sicurezza che funzionasse. Insomma, in un modo o nell’altro, era una vittoria.
    Snip snip snip.
    «per favore» aggiunse al vivavoce della sorella, sottile.
    Le sentì muoversi. «grazie» e sentì la porta sul vicolo aprirsi. Quella chiamata avrebbe potuto farla ovunque, Mood – evitarsi altre emicranie, prendere le distanze – ma non l’aveva fatto, scegliendo la strada su cui si affacciava il retro della gelateria. Perchè? Perchè poteva. «ci vediamo fra poco?» domandò al telefono, distratto. Tenne lo sguardo su un punto imprecisato dei ciottoli, perché era un giorno come tanti, di una strada come tante, e di persone come tante. Lo spostò solamente quando se lo trovò davanti, alzandolo appena verso il suo viso. Ne cercò gli occhi con l’assente premura di uno sconosciuto. Perchè? Perchè poteva.
    Perchè non era nessuno, pur sapendo con estrema e stupida precisione che sapore avesse il suo sangue sulla propria lingua. Un’occhiata fugace che sapeva di niente, perché Mood era un ottimo bugiardo. Offrì perfino un sorriso di cortesia, quello che avrebbe rivolto a qualunque individuo con cui avesse avuto la sfortuna di condividere il tragitto ma in direzione opposte, nel chiudere la chiamata, infilare il telefono in tasca, ed indicare con un ampio cenno del braccio potesse proseguire per primo. E vorrei dire, vorrei dire, che le sopracciglia lievemente corrugate non fossero state intenzionali – un errore del sistema – ma il diavolo era nei dettagli, e con quella micro espressione, concesse all’eventualità che l’altro lo trovasse familiare un briciolo di credibilità. Magari non ne avrebbe avuto bisogno, ma meglio prevenire che curare.
    Già detto fottuto pappagallo di merda? Repetita iuvant.
    bigh
    mood
    It's what you do
    It's what you see
    I know if I'm haunting you,
    you must be haunting me
    gif: ppkritts.tumblr.com
    i panic! at (a lot of places besides) the disco
    i see it, i like it, i want it, i got it


    è il momento giusto per riportare :

    CITAZIONE
    Pappagallo: attacca tutti
    Sara: ma che è sta bestia di satana […] facciamogli un anello
    Fato: vuoi chiedere al pappagallo di sposarti?
    Sara: se vuole
    (nda: fa già ridere così)
    Sara: pensavo più all’anellino che hanno i pappagalletti pirata alla zampina
    (nda: e l’inizio di quella che non sapevo essere la fine)
    Sara: però se devo sedurlo lo faccio, meglio di molto altro lì in mezzo. Sembra già intelligente. Platonic love great again. Soulmates even

    e

    CITAZIONE
    il nostro capitano è stato maledetto, per uscire di qui dovete riportarlo alla sua forma umana. //Off: dovete trasfigurare il capitano della nave in forma umana — l'avete capito chi è il capitano, vero? VERO?? 🌚

    SARA: devo ancora leggere e già spero siaa bandiera e non CORY
    SARA: NO DAI CORY NO!!!
    SARA: NO È LA BANDIERA LASCIAMI STARE
    SARA: LO SAPEVO CHE MI AVRESTE TRADITO
    SARA: MI HAI SPEZZATO UN CUORE CHE NON SAPEVO DI AVERE. VI ODIO

    perchè fa riflettere.
     
    .
  3.     +1    
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Neutral
    Posts
    416
    Spolliciometro
    +931

    Status
    Offline

    when
    oct. 23
    where
    quovadis
    who
    corycorycory

    f l a m e s
    voleva solo mangiarsi in pace il suo gelato, cory: vivere alla giornata, tra uno scippo e l'altro, richiedeva un refill costante di calorie da trasformare in energia. stare fermo, per il vaughan, non era mai stata un'opzione valida.
    «ci vediamo fra poco?» davvero strano come funzionasse la mente umana. la voce del ragazzino ebbe come unica reazione quella di fargli piegare il capo nella sua direzione (esattamente quella che avrebbe dovuto prendere lui per uscire dal vicolo? si, ovvio), ma nel posare le iridi acquamarina sulla figura minuta si rese conto di aver già registrato la sua presenza. ad un livello inconscio, probabilmente: era certo di aver prestato attenzione solo ai dettagli importanti — lo sguardo vuoto di Barbie, il cassetto con i soldi, le mani della vecchia che lo palpavano nel tentativo maldestro di liberarsi dalla presa.
    eppure allo stesso modo sapeva mood fosse stato nel locale tutto il tempo.
    uno studentello qualunque, a giudicare dalla divisa, che non aveva niente di familiare.
    anche perché sarebbe stato peculiare il contrario: gli ultimi che si era trovato di fronte li aveva quasi uccisi; una, in particolare, avrebbe certamente voluto uccidere lui. per tutta una serie di motivi di cui a Leonard, purtroppo, non poteva interessare un cazzo di meno. Se era ancora per la storia del fratello, che liz lo voleva morto, avrebbe fatto bene a ragionare su quanto accaduto e mandare maluma da un bravo psicoterapeuta — un tentativo di suicidio con la testa nel secchio (si, aveva assistito anche a quella scena, cory) poteva essere una coincidenza, due in una sola lezione diventava un problema serio.
    il sorriso di mood, quella piega appena accennata delle labbra, una timida ostentazione di cortesia e buone maniere; creati ad hoc per provocare un effetto ben preciso, stavano scatenando l'esatto contrario: evidentemente aveva un problema con gli adolescenti, il vaughan. Soprattutto quelli che solo a guardarli in faccia provocavano una martellante fitta di dolore proprio in mezzo agli occhi. Punto che andò a sfiorare premendo il polpastrello, la radice del naso stretta tra le dita «e' stato divertente?» mera curiosità. Magari si sbagliava, e la presenza dei riccioli scuri alle sue spalle mentre svuotava la cassa del bde se l'era solo immaginata — difficile, ma non impossibile: gli capitava più spesso di quanto fosse disposto ad ammettere.
    aveva dei bei capelli, però.
    e questo non c'entrava fottutamente niente.
    prese un ultimo assaggio di gelato, in attesa di una risposta che probabilmente non sarebbe arrivata; aveva la possibilità di andarsene e l'avrebbe fatto, Leonard. anche solo per inghiottire a secco un'aspirina come piaceva tanto fare ai babbani. o un po' d'erba, che forse per il suo, di problema, era più utile. si avvicinò ad uno dei bidoni sul retro del locale, lasciandoci cadere dentro quanto rimaneva del cono come un qualunque essere civilizzato che si rispetti: poteva giustificare le rapine a mano armata, e il sesso assolutamente consensuale con un minorenne che non sapeva essere tale, ma tirava una linea sul gettare i rifiuti per terra. antiche reminiscenze di un'educazione, per certi aspetti, piuttosto ferrea.
    per altri, insomma, si poteva dire non fosse servita a molto.
    scusa martha.
    quindi, per chiarire, di nuovo:
    aveva la possibilità di andarsene e l'avrebbe fatto.
    se solo, forse, nel passare accanto a Mood non avesse deciso di lasciar scorrere lo sguardo sul volto del sedicenne (hhh) — per immagazzinare nella mente la fisionomia di un probabile testimone, mica per altro; notando qualcosa con la coda dell'occhio che avrebbe fatto meglio a non notare. la frazione infinitesima di un istante, una domanda ovvia a solleticare la mente e poi subito relegata in un angolo dove non potesse fare danni.
    no, che non lo conosceva, mannaggialaputtana.
    doveva averlo fissato troppo a lungo, perché in un attimo quello che era solo silenzio si trasformò in rumore. il cigolio di una porta d'acciaio, scarpe da ginnastica a pestare il cemento, l'inequivocabile sibilo provocato dalla frizione di due oggetti — décolleté in pelle contro asfalto, a voler azzardare un'ipotesi.
    allora Leonard agì d'istinto, e non certo perché rob aspettasse soltanto una scusa che fosse una: così vicino da dover semplicemente fare un passo di lato e allungare un braccio, avvolgendo le spalle del ragazzo; solo un battito di ciglia, prima di ritrovarsi la schiena di mood aderire al petto. dove se lo tenne, stretto, la canna della semiautomatica a premere contro la colonna vertebrale. doveva essere la giornata del prendi un ostaggio e portalo a casa quella.
    il tipo di attività bonding time che uno come Edward Moonarie poteva solo apprezzare «oops» come lo sticker preferito di rob, l'uomo vestito da marinaretto portò entrambe le mani a coprire la bocca, lasciando così cadere con un tonfo la vecchia tenuta fino a quel momento da sotto le ascelle. era lei che stava trascinando, Eddie, ancora bella che svenuta — mica potevano lasciarla stesa davanti al bancone a sbavare sul pavimento come un qualunque passeggero del 104 Lecce-Pescara, no? spaventava la clientela più della presenza del Moonarie, il che diceva molto sulla gente che frequentava abitualmente il BDE.
    «non volevo interrompere, continuate pure» qualunque cosa stessero facendo quei due nel vicolo, lungi da Eddie giudicare; men che meno aiutare, se è questo che il ragazzino si aspettava (probabilmente no). di nuovo chino sulla signora, la trascinò ancora per qualche metro, sistemando il corpo con la schiena appoggiata al muro — aveva almeno cinque palline di carta appiccicate sulla fronte, nemmeno l'avesse usata come tiro a segno prima che Barbie gli chiedesse GENTILMENTE di portarla fuori.
    avrebbe potuto allentare la presa, a quel punto, Leonard.
    stringere un po' meno l'avambraccio contro il torace del ragazzo.
    non lo fece.
    anche quando Edward sparì nuovamente oltre la porta sul retro del locale, i muscoli del ventiduenne rimasero tesi; mantenne le iridi chiare sulla donna svenuta, perché per qualche motivo sembrava più semplice valutare la situazione (e le possibili vie di fuga) osservando il dito che Eddie le aveva messo nel naso piuttosto che spingere via Mood ed effettivamente levarsi di mezzo «hm— dejavù» la vecchia moribonda o il calore dell'altro a bruciargli i polmoni, questo ovviamente non era dato a sapersi.




    sottone bastardo.

    leonard
    vaughan
    But when I near you I feel flames
    I touch the fire I get burned
    I feel this rush beneath my feet it's like I'm falling
    gif: richietozsier.tumblr.com
    i panic! at (a lot of places besides) the disco
    i see it, i like it, i want it, i got it
     
    .
  4.     +1    
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Bolla
    Posts
    121
    Spolliciometro
    +242

    Status
    Offline

    when
    oct. 2023
    where
    quo vadis
    who
    not your business

    haunted
    Il pensiero che avrebbe dovuto andarsene prima, lo sfiorò appena. Non ebbe neanche il tempo di fermarsi, quell’idea lì; farsi concreta nel fargli girare i talloni, e proseguire la sua strada nell’ennesimo giorno uguale a tanti altri, di mesi come tanti e una vita sempre uguale. Evaporò come neve al sole nel momento esatto in cui sollevò lo sguardo cercando intenzionalmente gli occhi del fu capitano, perché aveva bisogno di vedere. Capire. In parte, perchè voleva e basta, come quei pensieri intrusivi che spingevano i ricercatori a calcare linee moralmente invalicabili. Non così differente dal grattarsi una ferita sapendo che avrebbe solo tolto la crosta, resettando il processo di guarigione; perfino il sangue spalmato sulla pelle, era gradito e familiare.
    Non aveva avuto dubbi prima, e certo non li ebbe in quel momento. Un rapido sfarfallio nello sterno fu l'unico cambiamento nel Prefetto Serpeverde, una scossa di riconoscimento brutale e calda e sincera, ma rimase una confessione fra lui e Dio: dopotutto, gli era sempre piaciuto mantenere segreti; cos'era, uno in più.
    Li trovò ancora trasparenti, quegli occhi lì. Pieni di onde, e tempeste, e respiri che poteva sentire caldi sulla pelle come se entrambi fossero ancora su quella cazzo di nave. Il verde, la precisa sfumatura dei suoi incubi migliori. Li odiò come la prima volta, la rabbia ad inghiottire brevemente noia e cortesia, prima di essere appiattita come una piega fastidiosa. Fu in grado di cogliere l’istante di esitazione, e per la durata di un battito di ciglia, valutò l’ipotesi che nonostante tutto potesse davvero riconoscerlo, e quella fosse stata una pessima idea; non abbassò comunque lo sguardo. Equo, perlomeno, malgrado non ci fosse nulla di pari nel lanciare una sfida a qualcuno che non ne conoscesse le regole: gli offrì lo stesso margine di dubbio che aveva vissuto lui nel riconoscere qualcosa d’impossibile, assurdo ed inspiegabile; quando l'altro scelse di lasciarne andare i bordi, curvò le labbra nel fantasma di un sorriso. Uno personale, e solo per sé; si domandò cosa si provasse a perdere ad un gioco a cui neanche si sapeva di star giocando. Se fosse lo stesso quesito del rumore di un albero che cadesse in solitaria. Immaginava non fosse diverso dall'aver vinto, ed essere l'unico a tintinnare il bicchiere.
    Un sospiro di sollievo. Lo rotolò sul palato, piuttosto che soffiarlo; se avesse potuto tenere per sé tutta l’aria contenuta nei polmoni per l’intera durata di quell’incontro, Mood l’avrebbe fatto.
    «è stato divertente?»
    Oh, Cory.
    Non era la prima volta che Mood partecipava ad una conversazione a doppio senso ed unico di marcia, e non sarebbe stata l'ultima. Rispondeva sempre nel modo giusto, con le parole corrette ed il tono adatto, eppure lo faceva sempre a qualcos'altro. Compresse una risata fra le labbra serrate, strizzandola fino a lampeggiare un sorriso complicato. Prevedibile, nella sua ottica. E quella risposta che Cory sapeva non sarebbe arrivata, Mood la tenne infatti fra i denti. Una bozza nello sguardo, contenuta con la punta delle dita dal prendere forma definita. C'è sempre margine di miglioramento avrebbe funzionato anche per la misera rapina a cui aveva tristemente assistito, ma quel che offrì fu solo una scrollata di spalle ed un'occhiata interrogativa. Canzonatoria, con il cifrario giusto, ma bisognava prima sapere fosse un codice, e Cory non sapeva un cazzo.
    Come piaceva a lui.
    Lo guardò perché poteva; cercò le somiglianze per abitudine. Ora che era certo esistesse, voleva ricordarlo, ed imprimersi a caldo ogni dettaglio per non rischiare di perderlo. Sentimentale? Dipendeva dai punti di vista: un romantico al contrario, nel preferire avere memoria di non averlo sopportato. Aggrapparsi a quello, piuttosto che al resto. Voleva fosse l'unica cosa reale, perché era la più sua che avesse. La sola cosa onesta che potesse concedere, in quella vita - e l'età c'entrava poco quando non c'erano anima, morale o principi; dettagli che sembravano sempre di poco spessore per i lettori, ma che dovevano pur contare qualcosa nel grande piano della vita.
    Non aveva tempo per le complicazioni.
    Neanche quando lo osservavano con quel quasi che non era né nulla né qualcosa.
    Il rumore lo sentì anche lui, ed ebbe una parentesi davvero infinitesimale per intuire cosa sarebbe successo. Percepì la tensione dei muscoli un attimo prima del movimento, il tempo di pensare ah shit here we go again ed accennare un'occhiata di monito al cielo, e chiunque fosse disposto ad ascoltare. L'ultimo avviso, perché da quel momento in poi, era puro effetto domino: azione, reazione; conseguenze, eccetera eccetera. Non lo sorprendeva neanche che fra tutte le opzioni, l’altro avesse scelto quella sbagliata. Per mero istinto, cercò un appiglio stringendo le dita sul braccio dell’altro, sopracciglia corrugate ed un espressione torva alla porta del locale. Fu puro, sincero, ed illibato odio quello riflesso nelle iridi scure posate su un assolutamente ignaro – nella vita, come scelta; beato lui – Edward Moonarie. Denti serrati, ed una promessa di violenza crudele che sarebbe sempre rimasta , contenuta nelle pozze nere, perché al contrario di altri, Mood non era un animale. Avrebbe voluto, e per un paio di pressanti secondi, si diede il permesso di farlo, stringendo con più forza le dita sul braccio di Cory. Senza provare a scrollarselo di dosso, solo per far male. Non lasciando segni, se non un vago ricordo. L’ennesimo. Così strinse, e serrò la mascella, ed inspirò piano cercando di quantomeno rallentare l’andatura altalenante del proprio battito. Una tachicardia giustificata, considerando che un perfetto sconosciuto gli stava fottutamente puntando una pistola addosso, ed anche una che con quel ferro vecchio aveva poco a che fare. Più personale, ed intima; complicata da tanti fattori destinati a consumarsi ed alimentarsi fra loro. Tipo il poterne riconoscere la forma contro le spalle, diverso ma non del tutto, e decisamente non abbastanza da renderlo estraneo malgrado lo fosse. Tipo che senza spazio personale, potesse sentire l’eco dell’adrenalina nella cassa toracica dell’altro premere un ritmo sconosciuto contro la schiena,
    (“A me sembra abbastanza reale”)
    e soprattutto, la questione più grave e tragica di tutte, non potersi tenere per sé il proprio. Dire che odiasse potesse percepirlo, sarebbe stato un eufemismo ed una barzelletta, e non gliene fregava neanche un cazzo che il biondo fosse all'oscuro dei motivi. Era già più di quanto fosse disposto, ancora, a concedere.
    Solido. Concreto. Impossibile. Non cercò di spostarsi. A quel punto, perchè avrebbe dovuto. Attese solo che il proprio corpo recepisse il messaggio dalle sinapsi di non abituarcisi, e che il disprezzo offerto senza filtri ad un marinaretto che non c’entrava un cazzo, diventasse qualcosa di più gestibile. Solo marginalmente prese nota del simpatico siparietto, certamente non aspettandosi di essere salvato da un gelataio – e quello nello specifico. - preferendo usare quel tempo per riflettere. Rincorrere i pensieri fino a renderli qualcosa di sensato, e separato rispetto a tutto il resto che sentiva volersi invischiare nell’asettico raziocinio. Lentamente, molto lentamente, rilassò le dita lasciando che rimanessero semplicemente appoggiate sul braccio del simpatico ladro di quartiere. Lentamente, molto lentamente, controllò il respiro fino a darsi una parvenza di normalità. Quella posizione specifica, gli permetteva di poter pensare lucidamente, senza invasivi occhi verdi a domandare sempre più di quanto volesse rispondere. Si sentiva più se stesso, Mood, se poteva convincersi che avesse esagerato la propria reazione, e fosse tutto sotto controllo. Una passeggiata. Una favola di cui avrebbe deciso il sadico lieto fine.
    Ai Mood Bigh del mondo, non bisognava mai dare tempo. Per pensare; muovere la prima pedina. Di nuovo, Cory avrebbe dovuto sparargli subito, prima che il Serpeverde decidesse che rovinargli la giornata non fosse abbastanza, e prendesse a cuore l’idea a lungo termine di distruggerlo. Non imparava mai dai propri errori.
    «hm— dejavù»
    [screaming internally] i’m gonna murder you and your entire family
    .
    Deglutì, irrigidendosi appena. Sorridendo appena, come se trovasse l’essere preso in ostaggio da qualcuno che ne avesse già memoria, fosse terribilmente divertente. Una smorfia al vicolo, che l’altro non poteva vedere. Non aveva dimenticato di avere la canna di una pistola puntata contro la schiena, ma aveva delle teorie in merito che portavano quella specifica minaccia, sui gradini più bassi delle sue priorità – e poi, morire era così banale da non aver mai interessato abbastanza il Bigh. Si schiarì la voce, giusto per ricordare la propria presenza. Sollevò le dita quanto bastava a poter sottrarre il colletto della camicia dalla stretta, rassettando il tessuto dalle pieghe; bastò a farlo sentire improvvisamente meglio, e considerando le circostanze, scelse fosse una vittoria. Voleva dirgli che quella storia non la ricordasse proprio così; voleva dargli corda, così che potessero fingere entrambi parlasse della vecchia. Fra un battito strizzato fra i denti e l’altro, però, Mood aveva scelto il caos e la violenza. Un compromesso con quella parte di sé che avrebbe voluto solo mordere. «capita spesso?» scandì in tono cauto e colloquiale, come avrebbe fatto con un paziente fuggito dal reparto salute mentale del San Mungo. Avrebbe potuto correggerlo, dirgli non fosse deja vu il termine adatto quando ce n’erano di più opportuni, ma non era lì per una lezione di retorica, o per educarlo sulla linguistica francese. «non è un buon segno. Uno studio li collega ad episodi di epilessia. Hai altri sintomi? Vuoti di memoria... sogni strani... sensazioni di estraneità….» (pump pump pump) Non era d’indole loquace, ma poteva diventarlo. Facilmente. Era vero quello che stava dicendo, o lo stava inventando di sana pianta? Mah. «perchè nel caso, è molto pericoloso. Dovresti farti visitare da qualcuno,» Una pausa. Occhi alzati al cielo. Quello che andava contro la sua religione, ma non era mai stato un bravo cristiano. Quindi, appellandosi ad una delle più mediocri personalità che conosceva (Balt), chiese scusa a se stesso e pronunciò: «bro con appena una curva divertita delle labbra, ed un tono serio e preoccupato. Arricciò appena il naso, sospirando piano prima di reclinare la testa per poterlo osservare di sottecchi. Soffiò un veloce ed audace «ma è vera la pistola?» perché pensava lo fosse; credeva anche fosse troppo povero per permettersi di sprecare pallottole con un ragazzino incrociato per caso in un vicolo, ma anche che potesse essere disposto a rischiarsi la giocata, ed allora non avrebbe fatto altro che indicare la sua posizione ai cacciatori che (manifesting) sperava stessero arrivando, o allarmando qualcuno nei dintorni che non volesse fare la stessa fine. Cos’era la morte, in fondo. Offrì il suo miglior sorriso - ed era un gran sorriso - battendo candido le ciglia, perchè era un gen z ed i gen z non avevano un senso di auto conservazione - o così si diceva.
    Quasi voleva lo premesse, quel grilletto di merda. Sollevò piano le mani, mostrandosi disarmato ed innocuo. Aprì la bocca per suggerire che hey, he was just a little guy, ma venne interrotto da un movimento nel suo campo visivo.
    Un basso mormorio. La vecchia si stava svegliando: bene. Sarebbe stata furiosa quando fossero arrivati i Cacciatori, e gli avrebbe rotto il cazzo finché non avessero fatto qualcosa in merito.
    Abbassò il tono di voce lasciando fosse poco più di un sospiro. Una confessione, fintanto che fossero stati solo loro due.
    Ah, le cose che avrebbe voluto dire e tenne tutte per sé, spremendole contro i denti fino a farle evaporare. Dire che qualcuna sfuggì comunque, sarebbe stato incorretto: non c’era nulla che non fosse intenzionale e calcolato, in quel Mood. Perfino quel vago senso di bisogno era voluto, senza contesto se non misera concessione a se stesso. «penso che ora dovresti» valutò la locuzione abbandonare la nave, ma era troppo presto per il senso dell’umorismo. C’era sempre tempo per essere divertenti. In tribunale, ad esempio. «andartene.» un caldo suggerimento; e non avrebbe detto dove, perché era un signore. «capitano bro.» Punto.
    bigh
    mood
    It's what you do
    It's what you see
    I know if I'm haunting you,
    you must be haunting me
    gif: ppkritts.tumblr.com
    i panic! at (a lot of places besides) the disco
    i see it, i like it, i want it, i got it
     
    .
  5.     +1    
     
    .
    Avatar

    Junior Member

    Group
    Ghost
    Posts
    38
    Spolliciometro
    +51

    Status
    Offline

    when
    oct. 23
    where
    quovadis
    who
    corycorycory

    f l a m e s

    era un gran bel gioco di merda, quello che stava facendo mood.
    gliel'avrebbe anche detto, senza peli sulla lingua, se solo l'altro non fosse stato così codardo da preferire la modalità single player, piuttosto che condividere. un peccato: in due sarebbe stato più divertente. potevano mentire entrambi, fingendo di non ricordare (o che non importasse abbastanza), assaporando la verità mentre si scioglieva loro in bocca; bastava ignorarlo, quel risultato inevitabile che il bigh sembrava convinto di aver già raggiunto — una vittoria di Pirro, effimera e intangibile.
    tra loro due, mood era l'unico con qualcosa da perdere. una maschera finemente decorata da indossare all'occasione, la dignità. costruite un tassello dopo l'altro, con meticolosa pazienza, seguendo uno schema machiavellico atto a portare all'obiettivo. quale, Leonard non avrebbe saputo dirlo; probabilmente nemmeno gli sarebbe importato.
    non si era mai dato peso a creare qualcosa, il Vaughan. l'istinto lo portava da sempre a distruggere: reputazioni, rapporti, occasioni. una natura peculiare, che metteva sempre se stesso al primo posto, privata però della reale intenzione di trarne benessere — teneva alla propria sopravvivenza più che a quella degli altri, e su questo non si discuteva. ma era effettivamente solo quello, un sopravvivere senza troppe pretese. un senso di abbandono che sulla lingua del ventiduenne aveva lo stesso sapore della libertà, così dolce da coprire il retrogusto acidulo del non essere legato ad un cazzo di niente.
    aveva gli occhi ben piantati su Edward Moonarie, quando le dita sottili del ragazzino tentarono di imprimersi direttamente nella sua carne, ma una reazione l'ebbe comunque: stringendo in egual misura la morsa nel quale lo teneva bloccato contro il proprio petto, un movimento facile da scambiare per avvertimento, quando in realtà era puro istinto. dolore per dolore, segni sulla pelle a combaciare con altri marchiati a fuoco — era un fan dell'equilibrio, Leonard. dava esattamente quello che riceveva, anche se spesso in un font diverso
    «non è un buon segno. Uno studio li collega ad episodi di epilessia. Hai altri sintomi? Vuoti di memoria... sogni strani... sensazioni di estraneità….» lentamente, un faticoso gradino alla volta, riemerse dall'au nel quale quella scena lo aveva — di nuovo — catapultato; un battito di ciglia, e gli occhi verdi furono ancora una volta sul profilo dell'altro, la testa inclinata da una parte.
    non era un buon segno?
    e se avesse saputo a cosa era dovuta l'improvvisa accelerazione del battito cardiaco, la prepotenza di quel martellare tra le costole che mood non poteva non percepire attraverso la colonna vertebrale, lo avrebbe considerato un segno ancora peggiore?
    (fa male?)
    «me lo ha detto anche il mio psichiatra» — raph. non era stato difficile mentire al fratello, quando l'altro aveva preteso che tra loro tutto fosse come era sempre stato prima che l'allegra famiglia Vaughan decidesse sette mesi potessero bastare per considerare Leonard ormai defunto. poteva ripeterglielo anche un milione di volte, non ho mai perso le speranze di vederti tornare, ma il risultato non cambiava: il nodo con cui se l'era legata al dito era di quelli che solo i veri lupi di mare sapevano fare «vuoti di memoria in effetti li ho» così aveva raccontato a Raphael: non ricordo nulla e non so chi sei, vaffanculo nel grazie tante «sogni strani... valgono quelli erotici?» chiese, con tono sinceramente incuriosito, mentre teneva il conto dei sintomi picchiettando con l'indice contro la spalla di mood «sensazione di estraneità, direi da vendere» si lasciò sfuggire un sospiro, il biondo, raddrizzando la schiena nel volgere per un attimo lo sguardo alla vecchia.
    iniziava a muoversi un po troppo per i suoi gusti.
    e avrebbe forse agito subito, prima che potesse riemergere dal suo stato di incoscienza, se il ragazzino in ostaggio non gli avesse posto la domanda più stupida del mondo. colto di sorpresa, Leonard si ritrovò a corrugare la fronte: se quella era una reazione alla paura — le domande stupide — non si spiegava la disinvoltura con cui il bigh gli giaceva inerme contro il petto. quasi ci si trovasse a proprio agio, ma fosse comunque costretto a seguire un copione; e chi era lui per rovinargli la battuta successiva? fece scivolare il braccio nascosto dietro la sua schiena in avanti, tenendogli le braccia bloccate mentre la canna della pistola passava dal puntare ad un rene a premere (leggermente, ma non così delicato da evitare un livido) appena sotto il mento. era un revolver a canna corta, di quelli con il tamburo girevole e le cartucce da caricare a mano: costava poco e si trovava praticamente ovunque.
    fece scattare il cane, producendo un rumore metallico che nessuna arma giocattolo di plastica sarebbe mai riuscita a riprodurre in modo così fedele «a me sembra abbastanza reale vera. perfetta per la roulette russa, se sei il tipo a cui piacciono certe cose» la seguente stretta nelle spalle suggeriva la totale mancanza di giudizio in merito. aveva rischiato giocate peggiori, leonard — non a caso il suo subconscio aveva creato un pirata (capitano) come alter ego.
    fottuta DA e fottuta nave.
    fottuto il momento in cui aveva deliberatamente scelto di mettere la propria vita tra le mani di un'altra persona, senza sapere di avere ancora un dopo da vivere. quanto meno, per una volta poteva dire di essere stato sincero: come lo scricchiolio familiare del legno impregnato d'acqua salata, anche cory era stato autentico, tangibile, per un po'. non una finzione deliberata, un personaggio da interpretare. ricordava una vita mai vissuta, quella che un leonard bambino aveva sognato con quegli occhi troppo verdi e trasparenti aperti su un mondo non alla sua misura.
    la vecchia si mosse di nuovo, con un mugolio roco dal profondo della gola che preannunciava grida isteriche e lamentele infinite — tipico degli anziani, rompere tanto i coglioni per niente «ma come, ti sei già stancato di me?» questa volta la presa sul torace di mood decise di allentarla, senza però spostare la canna della pistola: un deterrente come ce n'erano tanti altri e, a conti fatti, assolutamente privo di una minaccia concreta. ci torneremo.
    senza distogliere lo sguardo dalla sciura ancora semi-svenuta, il vaughan fece scivolare la mano libera sotto la giacca del ragazzino, i polpastrelli a premere contro le costole — per i malpensanti all'ascolto, rob ci tiene a precisare la TOTALE e INEQUIVOCABILE mancanza di malizia nel suddetto gesto. cercava la bacchetta (quella di legno), o al massimo qualunque altro tipo di arma mood potesse avere addosso; anche se non portava la cravatta della sua casata, la divisa lasciava poco spazio a dubbi. il catalizzatore fece un rapido passaggio da indumento a indumento, scambiando una giacca con un'altra. non aveva alcuna intenzione di usarla, tho. ne possedeva già una di bacchetta rubata che gli risultasse estranea tra le dita, e per quello che doveva fare era sufficiente.
    «lasciami sistemare una cosa, poi ci penso» se andarsene affanculo o meno, cosa fare con lui in quanto testimone, quando e quanto in fretta scivolare fuori da quel vicolo per tornarsene ovunque avesse attualmente casa. sotto un ponte, forse «bro» un biondo sopracciglio ad inarcarsi su quell'unica sillaba così maledettamente fuori posto, mentre girava attorno al bigh separando la bocca della pistola dalla sua gola.
    «ora—» avrebbe potuto fare molte cose, leonard; e chissà perché, come leggenda narrava, sceglieva sempre quella più sbagliata «puoi tenermela un attimo?» e non gli porse mica il revolver? dalla parte del calcio, la mano stretta sulla canna e un sottile filo dorato a circondare l'anulare.
    oh, cory, il solito sentimentale bastardo.
    cedette l'arma, la testa reclinata su un lato e le spalle nuovamente strette nella giacca troppo grande, una calma quasi eccessiva a tingere le molteplici sfumature verdi e azzurre delle iridi; come insegnava Titanic, il mare senza onde ad infrangersi contro gli iceberg era quello più pericoloso. il vaughan poteva diventarlo, ma non in quel preciso momento. non per mood. al serpeverde stava solo riservando un piccolo esperimento sociale: potendo, e con una così allettante occasione servita su un piatto d'argento, la pistola il ragazzo gliel'avrebbe puntata contro? un po, segretamente, ci sperava — come detto, si trattava di una minaccia (AGGETTIVO CHE NON HO TROVATO NÉ RICORDATO MA GRAZIE COMUNQUE DI AVERMI DATO UNA MANO) vuota.
    per quanto la natura della SmithWesson fosse indiscutibile, senza i proiettili inseriti nei rispettivi vani del tamburo era molto difficile farle fare bang bang : (
    non attese, però, lasciando a mood il tempo di pensarci su mentre gli dava le spalle; un passo seguito da un secondo, e l'altra bacchetta puntata contro la vecchia. per un attimo si ritrovano occhi negli occhi, e sotto i baffi biondi Leonard le sorrise. concesse persino un «mi scusi», fottuto galateo, prima di lanciarle contro il primo incantesimo di trasfigurazione riemerso dalla memoria (e perché proprio un fisbeta) — quella che, come aveva raccontato a Raphael in modo molto drammatico e con terrore puro nello sguardo, aveva perso.
    oh no.
    anyway.

    leonard
    vaughan
    But when I near you I feel flames
    I touch the fire I get burned
    I feel this rush beneath my feet it's like I'm falling
    gif: richietozsier.tumblr.com
    i panic! at (a lot of places besides) the disco
    i see it, i like it, i want it, i got it
     
    .
  6.     +1    
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Bolla
    Posts
    121
    Spolliciometro
    +242

    Status
    Offline

    when
    oct. 2023
    where
    quo vadis
    who
    not your business

    haunted
    Familiare la era davvero, quella situazione. Un già vissuto martellante, venato appena da qualcosa di crudo e amaro come buccia di limone strizzata fra i denti. Mai quanto in quei pochi istanti, Mood Bigh, era stato tanto conscio della forza di gravità; non sfuggì al Serpeverde l'ironico tempismo delle leggi della fisica. Come se il resto - la pressione delle mani sul petto, il battito sulla schiena, l'alito caldo a solleticare i ricci scuri - non fosse stato abbastanza a ricordargli che quella non fosse più una maledetta simulazione in un fittizio microcosmo magico. Vulnerabile, negli occhi scuri abbassati dove le dita stringevano il braccio di Cory. Per i motivi sbagliati, che poco avevano a che fare con la pistola ancora piantata fra le vertebre. Esposto, più nudo in quel vicolo di quanto non lo fosse stato sulla maledetta nave. Cristo. Buon Dio. Era stato stupido da parte sua lasciare al Capitano qualcosa pensando non avrebbe avuto senso non farlo; non gli capitava spesso, di essere stupido.
    Era quello, che si provava?
    Era vergogna, quella a pulsare sulla lingua?
    Non farci questo, aveva implorato. A suo modo, ma l'aveva fatto. Quell'incontro sarebbe stato più semplice, e più divertente, se si fossero presi solamente la pelle, e la carne, e il sudore. Il sangue, che poteva ancora sentire caldo fra le dita come se avesse poggiato il palmo sul taglio in quel momento. La stoffa ruvida sotto i polpastrelli. Troppo semplice, forse - e non ne aveva visto il punto, Mood. Non assuefatto com'era stato dal momento, e da impossibili occhi verdi a pungere come vetro. Così gli aveva ceduto la cosa più preziosa che avesse. Se avesse avuto un cuore o un'anima, forse fra quelle casse gli avrebbe lasciato anche quelli, malgrado avesse un indole più decadente che romantica, e sarebbe comunque stato meno personale di quanto gli avesse concesso: i suoi pensieri. Aveva ritagliato un posto per lui nella parte più Mood che avesse, quella di cui andasse più fiero. La sua arma migliore, ed il suo scudo più resistente. Aveva volontariamente abbassato il ponte levatoio, perché come poteva non volergli far spazio, e quanto avrebbe potuto fare la differenza. Gli aveva dato importanza. Un errore da principiante dare un nome ad un animale destinato al macello; il riconoscimento era la prima causa a rendere una profezia, una condanna.
    L'aveva reso reale.
    E si era reso reale, ai suoi occhi. Sincero nel bisogno viscerale e maledettamente umano del prendere e non farselo bastare, esagerare e non sentirsi sazi. Impenitente nel rubarne ogni respiro, ed arrogante nel soffiare il proprio sulla sua bocca, forzandolo ad ingoiarlo come fosse stato suo.
    E la cosa che meno tollerava dello sconosciuto familiare alle proprie spalle, era che in qualche modo, protetto da quello che erroneamente credeva non fosse possibile, l'avesse desiderato. Sognato ed aspettato. Per il tempo loro concesso, e nel suo essere tristemente umano, Mood aveva voluto esattamente quello, portandone gli strascichi all'alba o tramonto.
    Era facile volere qualcosa quando non era contemplabile averla. Solo seccante quando non poteva comunque, ma era proprio lì.
    Ora capite perché lo odiasse? Rappresentava tutto ciò che Mood disprezzava del mondo: imprevisti, distrazioni, e giochi persi in partenza.
    «me lo ha detto anche il mio psichiatra» Se solo avesse saputo che si riferisse al nuovo docente di cdcm, il Prefetto avrebbe capito il senso di affinità provata nei confronti del Vaughan maggioren(evidente condividessero le stesse condanne: fratelli bestie, ed un Cory) e magari gli avrebbe concesso scacco matto una volta in più. «sembra una persona saggia» scandí piano, impedendo alle labbra di curvarsi in un sorriso compiaciuto. Mantenne piuttosto un'aria di quieta serenità, come se essere sbatacchiato in giro da gente armata fosse il suo pane quotidiano - non troppo lontano dal vero: frequentava Hogwarts, dopotutto. Si schiarì la voce, cercando ancora di liberare la camicia dalla presa del biondo. Evidentemente, e ne aveva la prova con gli abiti da straccione indossati in quel momento, Leonard Vaughan non aveva mai stirato in vita sua, o avrebbe saputo quanto fosse difficile eliminare quelle pieghe, e l'avrebbe perlomeno privato di quella tortura. «dovresti ascoltarlo.» Concluse, senza la minima inflessione a lasciar intendere se fosse un consiglio o l'ennesimo atto di derisione.
    «vuoti di memoria in effetti li ho» Dopo i venti, era tutto in discesa 💅 «sogni strani... valgono quelli erotici?» Alzò d'istinto gli occhi al cielo, coraggioso del fatto che l'altro non potesse vederlo, perché era proprio una risposta del cazzo - così, per rimanere in tema. - ed esitò sul cielo grigio di Londra, domandandosi se stesse parlando di loro. Egocentrico e narcisista da parte sua, nonché megalomane, ma Mood era egocentrico, narcisista, e megalomane, e sperava la risposta fosse sì. Sperava lo sognasse e lo odiasse e non potesse farne a meno. Sperava di averlo infettato come una malattia, e che il fantasma di quel che era stato lo perseguitasse. Sperava di aver fatto la giusta pressione su una psiche già delicata, da farsi cercare in ogni sconosciuto.
    Si chiese se anche lui avesse chiuso gli occhi e finto che le mani d'altri sul proprio corpo fossero le sue.
    Ma quando dischiuse le labbra, fu per un sottile e titubante «mamma non ti ha voluto bene?» con il tono più sincero che avesse, triste al punto da suonare preoccupato. Impossibile guardarlo e credere non fosse onesto, e privo di malizia. Un po' meno credibile considerando lo stesse domandando ad un ladro che aveva pensato fosse una buona idea prenderlo in ostaggio, ma quello era un problema unicamente del biondo. Innocente fino a prova contraria, e nessuno ne aveva mai. «o papà?» O entrambi, perché no. Non se la sentiva di giudicarli. Prima che l'altro potesse decidere di rischiarsi la giocata e sparargli davvero, corrugò le sopracciglia ed alzò un palmo. Una parvenza di panico non così difficile da simulare, con le linee tutte archi del cardiogramma. «deformazione professionale, mi dispiace» impossibilitato a stringersi nelle spalle, optò per un sospiro strozzato ed una risata secca e nervosa. Ridendo e scherzando, credeva (e sara temeva: un mondo terrificante.) esistesse almeno un au in cui fosse vero, che avesse studiato come psicomago. Non quello, ma che ne sapeva Cory. «non volevo farmi gli affari tuoi»
    E quella si, che era una bugia. La prima, probabilmente. Poteva odiarlo, ed esserne comunque incuriosito in maniera leggermente ossessiva, abbastanza da andare contro ogni logica di nostro signore e fermarsi al vicolo dal quale sapeva sarebbe uscito. Come un astronomo che avesse l'assurda possibilità di studiare una stella toccandola.
    Sono molto felice di rispondere a questa role dopo una lezione UFFICIALE in cui tutti hanno visto Mood vivo, perché a quel punto della conversazione, con la canna della pistola direttamente sotto il mento, qualche dubbio sulla sua sopravvivenza mi sarebbe venuto. Passò la lingua sui denti, inspirando dalle narici. Si immobilizzò davvero Mood, più teso di quanto fosse stato fino a quel momento.
    Non aveva paura di morire, ma non significava che volesse farlo. Reclinò il capo all'indietro cercando quantomeno di sottrarsi alla pressione della pistola, appiattendosi contro la spalla del biondo. Era un bugiardo eccellente, ma nessuno era perfetto, e non riuscí a celare del tutto il fastidio a guizzare negli occhi scuri. Uno sguardo in tralice piccato ed indisposto, tinto appena dal cinismo di qualcosa di già visto che non era finito come avrebbe dovuto. «a me sembra abbastanza vera. perfetta per la roulette russa, se sei il tipo a cui piacciono certe cose» Sciolse in fretta la rabbia come un bambino con la nuvola di zucchero filato, lasciando dietro di sé solo grumi e ricordo di com'era stato. Quasi inconcepibile credere avesse mai avuto un'altra forma. Quando tentò di incrociarne lo sguardo, non una posizione proprio semplice in cui farlo, c'era solo stupore sul suo volto. Timore. Esitazione. «era solo una domanda» mormoró, perché era un adorabile ragazzino curioso, privo di filtri o cattiveria, voleva mica sparargli davvero? Batté le palpebre, innocuo come un cerbiatto.
    Se pensava che in un'altra vita gli aveva coperto gli occhi per impedirgli di vedere Liz che si spogliava........... (come sara,) Si sentì tradito come la prima volta. Il mondo non avrebbe mai capito il livello di slealtà, perché non l'avevano vissuto - e se vi sembra un intervento unprompt, è perché lo sia del tutto coerente con l'accozzaglia di emozioni del Serpeverde. Perfino dopo tutto quel tempo, bruciava ancora. In modo casuale ma costante.
    Bastardo.
    Il Fato, ma anche Cory - o qualunque fosse il suo vero nome.
    Torniamo all'effetto collaterale dell'avere una pistola puntata alla testa, oltre all'avere una fottuta pistola puntata alla testa, ovverosia essere pericolosamente vicino al suo interlocutore. «ma come, ti sei già stancato di me?» Abbastanza da abbassare lo sguardo sulla linea della mandibola, ricordando di averla stretta nel palmo. Se avesse avuto poco più spazio di manovra, sarebbe riuscito facilmente a posare le labbra sullo stesso punto baciato ancora ed ancora con bocca diversa e identico sorriso.
    Voleva fargli male. Di nuovo. Stringere le dita attorno ai capelli e sbattergli la faccia contro il muro, e magari far scivolare le labbra sul collo, premere un bacio o l'impronta dei denti. Ricordava tutto, Mood. La fronte sulla sua, il respiro sulle labbra, il naso sulla guancia, la lingua sulla gola. Voleva sentire se avesse lo stesso sapore, la stessa consistenza sotto gli incisivi. Se il sangue fosse sempre rosso; se facesse male.
    Sorriso che lampeggiò verso il biondo senza rispondere alla sua domanda, innocente e lontano dai pensieri poco casti stipati fra i denti. Allargò anche le braccia per permettergli di cercare più comodamente nelle tasche - aveva solo la bacchetta, contanti, l'orologio, caramelle e gomme da masticare - e per quanto fosse un ragazzo intelligente, si sentí obbligato dalla legge e dalla scienza a bisbigliare «deja-vu» perché checché ne dicesse il mondo, Mood Bigh aveva un grande senso dell'umorismo.
    Lo guardò sottrargli la bacchetta con sopracciglia corrugate e triste sguardo bruno sul catalizzatore, palpebre a battere lente. Riflessivo, nella sua mai spontanea confusione.
    Quello era un problema, ma se doveva del tutto essere onesto, affrontò il furto con un senso di sollievo, perché significava anche essersi liberato dalla concreta, e reale pressione del torace contro le scapole. Respirava bene anche prima, Mood, ma si sentì più se stesso con distanza fra se e l'altro. Più ancorato a se stesso, senza dover condividere gli spazi. Libero perlomeno di sentire il cuore contro le costole senza che fossero cazzi di nessuno.
    Ne fu particolarmente grato quando si ritrovò costretto a guardarlo in volto, un opzione comunque migliore rispetto all'abbassarlo sull'oggetto così gentilmente offerto. Aveva un paio d'occhi scuri onesti e seri, Mood Bigh. Chi diceva che gli occhi non potessero mentire, non aveva lunghe ciglia scure ed una madre manipolatrice. Sempre leggermente destabilizzanti, seppur nessuno avrebbe saputo dire perché; immaginava fosse difficile associare tutto quel vuoto alla cornice incantevole del resto. Batté le palpebre, guardando infine la pistola.
    O meglio: avrebbe guardato la pistola, se la sua attenzione non fosse stata inghiottita da quello stupido anello del cazzo, e per un istante fu nuovamente come trovarsi sulla nave,
    («anche tu hai qualcosa che mi appartiene, capitano»)
    e Mood rimase immobile, senza accennare a voler prendere l'arma. Di nuovo. L'ennesima storia già vista, ironica nel suo svolgersi tanto quanto poco divertente. Come un attore sul palcoscenico destinato a seguire il copione, aprí la mano lasciando che gliela facesse cadere sul palmo. Sopracciglia corrugate, e dita ad arrampicarsi brevemente sul filo dorato fingendo non fosse intenzionale. Un tocco casuale e delicato come il bacio di Giuda a Gesù. Il polpastrello premuto ora sul freddo del metallo per remare contro un bruciore che sapeva essere solo mentale.
    Ma guarda te. Bastardo di un volatile di merda.
    Avrebbe davvero dovuto ucciderlo quando ne aveva avuta la possibilità, invece di credere che per una volta potesse allentare le redini senza conseguenze. Arrivavano sempre, le stronze. Facevano giri lunghissimi solo per prendere meglio la mira, ed affondare dove la carne fosse più vulnerabile.
    Di sottecchi, lo guardò allontanarsi. Storia vecchia, ma ripetiamola comunque: se avesse avuto un penny per ogni volta che Cory gli aveva dato la propria arma, avrebbe avuto due penny, che non era molto, certo, ma era comunque strano fosse successo due volte. Strinse la mano attorno al metallo, distogliendo gli occhi dalla nuca del biondo per portarli sulla pistola. Un peso estraneo, una forma che non conosceva. Valutò di buttarla nel cestino insieme al gelato giusto perché poteva, ma l'intrigo vinse sul capriccio facendogli avvolgere le dita sull'impugnatura. Non prese in considerazione neanche per un istante di puntarla sul fu pirata, e non perché attaccare alle spalle non fosse nel suo stile (anzi.) ma perché credeva che se fosse stata carica non gliel'avrebbe affidata, ed anche se lo fosse stata, sarebbe stato alquanto anticlimatico ucciderlo senza neanche presentarsi.
    «ti hanno mai sparato?» domandò, perché se non poteva lui, sperava che almeno qualcun altro ne avesse avuto l'onore. Aveva un accento americano; la risposta, era probabilmente sì. Posó l'indice sul grilletto, una lieve pressione con la canna puntata al pavimento. Non schiacciò fino in fondo perché temeva che avrebbe rovinato l'esperienza - ci teneva alle sue prime volte - ma tenne quella leggera pressione per il puro piacere di immaginare. Che fosse carica, che potesse farlo. Che non ci sarebbero state conseguenze.
    Ma dove cazzo erano i Cacciatori.
    Socchiuse un occhio per prendere la mira su nulla di specifico, sollevando il braccio fino a trovare l'altezza giusta. Abbassò la voce, troppo concentrato ed assorto per ricordarsi di suonare forzatamente allegro e civettuolo. «hai mai ucciso qualcuno?» aprí entrambi gli occhi, osservando incuriosito - e senza neanche uno sbuffo, ma avrebbe voluto - pirata e barbabietola da zucchero. Mimó un bang con le labbra soffiando un sorriso nell'abbassare l'arma, ma senza ridarla al legittimo proprietario. A suo favore, non accennò neanche a chiedere la propria bacchetta indietro. Doveva forse avvallare la propria causa al farsi lasciare andare? Andiamo: si vedeva lontano un miglio, che non fosse una minaccia.
    Schioccò la lingua sul palato, improvviso memore di qualcosa. Parve quasi titubante, nel battere le ciglia verso il biondo.
    Gli aveva dato dello schizofrenico, aveva suggerito avesse daddy e mommy issues, e domandato se avesse ucciso qualcuno. Il tutto senza neanche presentarsi! Mamma l'aveva cresciuto meglio di così.
    E lo so che stai già immaginando cosa accadrà, e ti dirò freme: hai ragione. È proprio quello che pensi.
    «cory, comunque» una pausa, giusto perché voleva. Breve, il tempo di corrugare le sopracciglia e indicare il proprio petto con l'indice. «il mio nome, intendo» fosse mai. Limpido, Mood - e falso quanto mare in acquario.
    Aprì il palmo libero verso di lui, indicando con un timido cenno del capo l'imbocco del vicolo.«posso...?» Chiedere non costava niente 🥺

    bigh
    mood
    It's what you do
    It's what you see
    I know if I'm haunting you,
    you must be haunting me
    gif: ppkritts.tumblr.com
    i panic! at (a lot of places besides) the disco
    i see it, i like it, i want it, i got it
     
    .
5 replies since 9/10/2023, 18:52   189 views
  Share  
.
Top