memories are cold, and so am I

mads ft. darden | post mini

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    «Hai mai pensato ad avere figli?»
    «Боже мой!» daisy scoppiò a ridere. «no, certo che no» Dimitri, che stava facendo addominali mentre la ragazza gli teneva ferme le gambe, non tornò su subito, saltando un conto. Quando lo fece, ignorò lo sguardo della compagna. Daisy attese maggiori spiegazioni, ma non era paziente, quindi domandò lei: «perchè lo chiedi?»
    «Lascia stare»
    «solo perchè mi hanno cresciuto da nobile, buona solo a sfornare altri padroni ingiusti e stupratori? no, non ho mai pensato fosse la strada per me»
    «Ho detto lascia stare»
    La russa mise il broncio ostentatamente, solo per farlo sentire in colpa perchè non voleva darle maggiori spiegazioni. «...Tu vuoi figli?»
    Dimitri ci mise un po' a rispondere: «Forse. , anzi. Quando tutto questo finirà, e il mondo sarà un posto migliore. Mi ci vedo padre.»
    La ragazza scosse la testa, una smorfia sul viso. «Ci sono così tanti bambini infelici, e ce ne saranno ancora di più alla fine della guerra, orfani e soli. Non penso dovresti metterne al mondo altri»
    «Allora li adotteremo» Dimitri si accorse di quanto detto un secondo troppo tardi, ma prima che lo facesse Daisy - che, eventualmente, vedendo il ragazzo spalancare gli occhi e bloccarsi coricato a terra, capì. «Intendevo- io e chiunque- cioè-»
    Daisy sorrise. «guarda che se volevi solo chiedermi di scopare, c'erano modi più affascinanti»
    «DAISY»
    «Dimitri»
    «Non si può fare un discorso serio con te»
    il ragazzo riprese a fare addominali, sbuffando mentre Daisy gli faceva la lingua sorridendo. Sapeva fare discorsi seri (e lo sapeva anche lui), ma raramente che riguardassero se stessa.
    «...Saresti una buona madre»
    «Sarei una pessima madre» tagliò corto. Ricordava quanto aveva odiato la propria. Di come lei e Lev non si fossero mai voltati indietro quando erano scappati in città, come avessero evitato di chiedere aiuto ai genitori anche quando dormivano in una topaia umida perchè gli stipendi in fabbrica non pagavano, o quando la parola del padre avrebbe potuto permettere a Lev di non essere un semplice soldato in trincea ma stare dietro le linee. Non avrebbe rischiato di essere per un altro essere umano quei ricordi.
    «Ok, saresti una madre decente» Ridacchiò, per niente offesa. Era vero: non era mai stata in grado di occuparsi neanche di animali, perchè tendeva a scordarsi le cose e distrarsi facilmente. «...Ma ameresti i tuoi figli, chiunque essi fossero, e qualsiasi scelta facessero; di questo ne sono sicuro. Chiunque sarebbe fortunato ad essere amato da te... e Lev ti direbbe lo stesso» Citare il fratello era un colpo basso, soprattutto perchè era una ferita ancora recente - ma lo era per entrambi, quindi glielo concesse. Solo due giorni prima, si erano persi a fantasticare su dove potesse essere il Peskov, magari in un ospedale degli alleati senza memoria ma con un infermiere carino che gli teneva la mano.
    «tu ti senti fortunato?»
    «Ogni giorno»
    E Daisy era pur sempre soft per quel ragazzo alto e claudicante, apparentemente uscito da una famiglia ricca con i suoi modi pacati e gli occhialetti e la passione per la letteratura, ma con i vestitit rattoppatosi da solo così tante volte che era assurdo ancora gli stessero su.
    Lo afferrò per la maglia prima che potesse scendere nuovamente, e lo tirò a sè per un bacio.
    L'addestratore della squadra sbraito qualcosa, e Daisy si staccò da Dimitri, rosso in viso e frastornato. «non parlarmi mai più di fare figli» Lasciò la presa, e attese che scendesse di nuovo, per aggiungere con un mezzo sorriso: «ma se sopravviviamo, fra cinque o sei anni potremmo riparlare di quella cosa dell'adozione»



    Cadde a terra a carponi uscendo dal varco oscuro, prendendo un grosso respiro e tossicchiando mentre cercava di riprendere fiato e controllo.
    C'era chi aveva bisogno del floortime - di stendersi sul pavimento nei momento in cui si sentiva sovraccaricato di stimoli e pensieri - e chi aveva bisogno di soffocarsi da soli in un mondo oscuro dove il tempo scorreva più lentamente e l'aria non entrava. A ognuno il proprio metodo!! Era sicuramente più economico della terapia o degli psicofarmaci contro i ptsd.
    Ultimamente, faceva di nuovo uso spesso dei varchi - e l'unica cosa positiva al riguardo era che si sentisse un po' più brava a controllare i propri poteri giorno dopo giorno. Era quasi riuscita a creare una persona d'ombra, prima di riconoscere nei tratti - troppo simili ai propri - il fratello.
    Come stava invece mentalmente? Meh.
    Aveva quasi portato fuori da un laboratorio altamente contagiato uno o più bambini, col solo obiettivo di farli morire un po' dopo, e non si pentiva di essere stata debole, e aver ceduto ai sentimentalismi verso quelle povere creature: si pentiva di aver fatto la cosa (forse) giusta, e averle uccise. Forse se lo meritavano, un ultima settimana, mese, anno passato in un ambiente che li avrebbe amati. Si meritavano di morire nel sonno, abbracciati a qualcuno, piuttosto che soffocati o con un proiettile in testa e negli occhi lo sguardo sconvolto dei propri fratellini trucidati. Non era stata migliore della gente che aveva ucciso Dimitri e gli altri anni prima, perchè special, perchè errori, non più utili e pericolosi. A che servivano i muti ringraziamenti di Ptolemy per non aver ceduto, ed essersi dimostrata disponibile a sporcarsi le mani, quando pensava comunque che avrebbe potuto fare di più? Si sentiva pure in colpa verso di lui e gli altri. Non meritava quegli sguardi.
    Per lo meno avevano addormentato Dinara con incantesimi dolci; avrebbe voluto che anche gli altri avessero avuto la stessa fortuna.
    Sperava davvero fossero in un posto migliore. Che le proprie preghiere fossero state ascoltate, che i cristiani avessero torto e anche le persone cremate potessero risorgere dopo il giorno del giudizio. "Hanno fatto del male, ma non è colpa loro. Si meritano di essere liberi almeno nella prossima vita".
    Anche se soffriva, non avrebbe dimenticato. Voleva tenere impresso a mente il viso di Dinara, degli altri bambini di cui aveva appreso il nome solo dopo, e dei giovani che avevano creduto tanto in una causa da perdere la vita per essa. Aveva ancora le targhette, i disegni. Non erano solo esperimenti, erano state persone, e meritavano di essere ricordate finchè avesse potuto.
    Doveva solo imparare a convivere con un nuovo lutto, ma l'aveva già fatto. Avrebbe imparato di nuovo.
    Si sistemò i vestiti, pensando che fosse ora di tornare a casa. Barbie la credeva al ministero, ma in sua difesa all'inizio c'era stata davvero, per rispondere alle domande sulla siberia... poi aveva finto di andare a lavorare come cacciatrice. Gli aveva rotto le palle per mesi dicendogli di voler ottenere quel ruolo, che era perfetto, che sarebbe stata bravissima, se poteva aiutarla a prepararsi. Non se la sentiva di dirgli "Eh, guarda, non volevo uccidere un bambino defective che ha quasi ucciso me e i miei compagni, quindi forse non sarei proprio brava nel lavoro". Lei era quella forte, quella che faceva la cosa giusta, quella su cui gli altri potevano sempre contare.
    Dirgli la verità era un problema per la Mads del domani. O dopodomani.
    Si avvicinò alla porta per uscire e intravide un viso conosciuto che camminava per i corridoi.
    «darden!» si affrettò ad affiancarla. Era quasi certa che nessuno di loro avesse così voglia di vedersi e parlarsi, soprattutto riguardo alla Siberia, ma c'era una questione che la tartassava da allora riguardo alla ragazza, e non aveva intenzione di lasciare correre. Capiva non volesse discuterne con Mads, ma la russa voleva almeno si rendesse conto che un problema c'era, e avrebbe dovuto discuterne con qualcuno.
    «Ehi, ciao. Hai qualche minuto? Vorrei parlarti di... una cosa. Magari davanti a qualcosa da bere, se hai tempo» e no, non voleva solo perdere tempo per non tornare a casa !!! Le piaceva la compagni del Jagger, tanto più quando stava male: lui non chiedeva, lei non diceva, e si confortavano così, mangiando avanzi di gelati e mettendo a volume alto film vecchi che - per ovvi motivi - non avevano visto e nel mentre si mettevano a fare altro ognuno per i fatti loro.
    Doveva davvero parlare con la Withpotatoes
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    ti dirò, puoi leggere dall'ultimo dialogo, tutto il resto è fan service per me stessa . altro che fanfiction
     
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    Darden aveva davvero bisogno di un hobby che non includesse la violenza. Negli ultimi tempi, essa portava con sé tutta una serie di ricordi spiacevoli che avrebbe preferito chiudere stretti dentro un sacchetto e gettare nella pattumiera. Non aiutava che al momento sentisse il sangue ribollire sotto la pelle come il più letale degli acidi. Dio santo, non le piacevano nemmeno così tanto i bambini. Non vedeva perché rimuginare fin troppo su un evento che non poteva cambiare, né allora né tantomeno nel presente. Non era fatta per il rimuginare troppo sulle proprie azioni, non quando sapeva bene che non avrebbero portato a niente se non ulteriore disagio. No, Darden aveva bisogno di agire, di scaricare le proprie energie in qualcosa di produttivo. E dato che al momento non aveva nessun passatempo che non includesse la violenza, l’unico rifugio in grado di canalizzare la sua rabbia erano un paio di manichini e una lama affilata. Era quella che chiamava terapia, una del tutto sana ed efficace. A dire la verità, perdersi nei meandri di Tumblr a spulciare le sue teorie complottistiche preferite ci andava vicino, ma sarebbe stato poco utile in quel caso. Ed ecco come si ritrovò per i corridoi del QG per l’ennesima volta da quando era tornata dalla missione. Ormai passava più tempo lì dentro che nel suo appartamento, e ciò non aveva affatto a che fare con il fatto che restare con i suoi pensieri la metteva a disagio. Preferiva non pensare, circondarsi di persone e di un ambiente familiare piuttosto delle quattro mura di mattoni di casa sua. L’unica nota di colore era Dracula, anche se quell’infame bastardo sembrava aver preso una cotta per una certa telepate. Non era l’unico. MOVING ON. Darden poteva rivaleggiare un atleta olimpionico per la velocità che avevano preso le sue gambe, troppo occupata a scappare dalla sua testa per rendersi conto di star sfrecciando per i corridoi. Ed eccola, la famosa gay power walk in azione. Peccato che si fosse quasi schiantata con un paio di persone, non che avrebbe fatto chissà quale danno- era pur sempre pocket sized. «darden!» oh no. Conosceva quella voce, e la tentazione di ignorarla e proseguire per la sua strada era dannatamente forte. Non aveva nessuna voglia di confrontarsi con i suoi compagni di missione, non quando nel loro volto leggeva la stessa impotenza che doveva aver impresso sul suo. Ma era anche vero che la Larson era stata una grifondoro, e non si tirava mai indietro da una situazione scomoda, non importava quanto fosse allettante. Fece l’immenso sforzo di fermarsi, il capo a voltarsi verso la Wesley ma mantenendo comunque le spalle: sperava fosse una cosa veloce. «Ehi, ciao. Hai qualche minuto? Vorrei parlarti di... una cosa. Magari davanti a qualcosa da bere, se hai tempo» la Larson socchiuse appena gli occhi nel tentativo di decifrare l’espressione della ragazza, sembrava…preoccupata? Ansiosa? Aprì la bocca per dirle di essere impegnata, ma ci fu qualcosa a fermarla. Forse la consapevolezza di essere una persona decente, molto in fondo. Rilassò le spalle, scegliendo di voltarsi completamente verso Mads per darle la sua attenzione «potrei avere cinque minuti. ma solo se con qualcosa da bere intendi alcol, ne ho decisamente bisogno» sapevano entrambe che i fratelli Barrow avevano una scorta impressionante che erano felici di condividere con il mondo. Almeno la minore. «stai bene?» fece un cenno con la mano al suo volto, ma mantenne il tono neutro «hai una cera peggiore della mia» e forse, dopo aver passato quello che avevano passato, vi era un minimo di comprensione tra le due.
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    «Ovviamente alcolico» sollevó un sopracciglio divertita. era russa (e veniva da un secolo dove la medicina lasciava il tempo che trovava in favore dei rimedi della nonna): la vodka era sempre un'opzione.
    «Ho una bottiglia in ufficio»
    Le fece segno verso il corridoio, invitandola camminare con lei verso la stanza delle spie, più vicino della cucina e provvista ugualmente di alcol (abilmente nascosto per non triggerare il loro capo ex alcolista; diciamo che un bicchierino ogni tanto serviva).
    «sto bene» era una piccola bugia, e lo sapevano entrambe, ma agitó la mano in aria per indicare che non era di lei - né della loro ultima missione - che aveva intenzione di parlare.
    «Mi stavo allenando. Si dice cha magia ha sempre un prezzo, giusto?» La guardò continuando a camminare, e con un'idea improvvisa mosse le dita nel vuoto per creare con il minimo sforzo un varco oscuro, indicandoglielo.
    «Vuoi provare? Potremmo raggiungere il bar in fondo alla strada e tornare indietro senza sprecare tempo reale» E avrebbero avuto abbastanza privacy per sentirsi libere di parlare liberamente nel frattempo.
    «personalmente trovo camminare nei varchi oscuri terapeutico» sorrise tornando a guardare davanti a sé
    «non tutti mi capiscono. Lo trovano un potere un po'... inquietante, soffocante» si strinse nelle spalle.
    «ma è come dire che una mano può solo chiudersi a pugno, quando può anche accarezzare e proteggere»
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