I'm an international super spy... suPeR sPyYyYy

fray ft. thor

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    «un latte macchiato» sorrise al ragazzo al bancone, che non ricambiò. Non poteva biasimarlo: quell’occhiata mista a stupore e disgusto era alla base di chiunque avesse a che fare con la buon anima di Fred, e Fray si trovava perfettamente d’accordo con le loro reazioni.
    Era brutto. Inguardabile. Sembrava un maniaco. Con quella barba incolta, poi – dopo gli anni passata intrappolata in quel corpo, aveva deciso di non rivederlo mai più, ma quel mai più si era rivelata essere una pausa di qualche anno: tornava comodo, avere una faccia come quella di Fred, in certi ambienti - appariva pure come un barbone. Pagò la bevanda prima ancora che fosse pronta, fosse mai che lo cacciassero perché credevano non potesse permettersi un latte macchiato - duh - e, con il suo bicchierone in mano, prese posto in uno dei tavolini più lontani dall’entrata.
    Nello specifico, quello dal lato opposto alla finestra, incastrato dietro il banco delle brioche, perfettamente in linea d’aria con quello rettangolare a cui sedevano quattro uomini in abiti antiquati. Sembrava quasi una riunione d’affari, la loro; un gruppo di colleghi in pausa pranzo che bevevano una cioccolata calda in attesa di tornare al Ministero.
    Friday sapeva non lo fossero.
    Innanzitutto, lei lavorava al Ministero e non li aveva mai visti. Non conosceva proprio tutti i dipendenti, ma voleva credere che avrebbe colto le vibrazioni negative delle loro anime se avessero varcato il suo stesso ascensore ogni giorno. In secondo luogo, puzzavano di soldi antichi e lavorare è da plebei, come indicava anche lo scarso rispetto riservato al povero cameriere cui era toccato servire la loro banda. E poi li stalkerava da mesi, quindi insomma: sapeva chi fossero, e chi non fossero. Sorseggiò il latte, troppo zuccherato per chiunque eccetto l’eccelsa Friday De Thirteenth – un meccanismo di difesa: riempire le bevande di zucchero faceva sì che in casa solo lei fosse in grado di berle, così che Thor e Sandy smettessero di rubargliele. - e li osservò sistemando il marchingegno all’orecchio per riuscire a sentire di cosa parlassero.
    Aveva appreso della loro esistenza solo quell’estate, finendo – come sempre – nel posto sbagliato al momento sbagliato, ed inizialmente, era stata scettica: erano nel ventunesimo secolo, e pur sapendo esistessero ancora dei tradizionalisti, non immaginava potessero essersi organizzati in veri e propri nuclei estremisti. Le dicerie si erano sommate, attirando l’attenzione della giornalista, ed eccola finalmente sul campo.
    A origliare i malvagi piani dei pappacrepa.
    Friday non era simpatizzante dei Traditori. Non li trovava diversi da quei soggetti ora seduti a discutere di come minare ulteriormente le già deboli basi di potere di chi non avesse sangue impeccabile. Credeva nel proprio posto nel mondo; aberrava la tortura, ma il resto lo trovava semplicemente… ordine, ed era così che andavano le cose. Non voleva una guerra.
    Ma credeva nelle parità dei diritti e nell’uguaglianza.
    Associazioni come… quella, andavano contro tutti i suoi principi.
    Reclinò il capo sulla spalla, sistemando l’attrezzo all’orecchio, e prese il proprio taccuino per prendere appunti – e fingere di star facendo altro: sarebbe stato alquanto strano se si fosse limitata a fissarli sorseggiando il proprio latte macchiato. Non era mica una principiante. Aveva perfino organizzato un appuntamento con qualcuno per essere il meno sospetta possibile: qualcuno interessato alla sua causa, con cui aveva discusso del piano? Qualcuno incontrato su Tinder assolutamente a caso? Uno dei suoi giovani wannabe giornalisti? Non lo sapremo fino a che qualcuno non risponderà alla role, ma questa è solo una rottura della quarta parete.

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    BEH SIGNORI E SIGNORE! VENGHINO! Fray sta spiando i pappacrepa - un'associazione che protegge i purosangue e le antiche tradizioni contro le barbarie moderne fra cui, ew, gli special - quindi... unitevi? CHI VUOLE
     
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    Era offesa. Anzi, molto offesa. E quel silenzio la stava quasi assordando. Così, giusto per rimanere in tema, accese la musica a tutto volume e prese a cantarci e ballarci sopra, il tutto saltando su e giù dal divano. Forse, ma appunto, forse voleva che l’unica altra persona in casa facesse capolino dalla propria stanza e le dicesse qualcosa. La sgridasse, magari. Sì, persino una ramanzina sarebbe andata bene – anche perché, a dirla tutta, sapeva benissimo che non sarebbe mai successo, quindi non aveva realmente nulla da temere –. Voleva solo… essere considerata. Voleva che qualcuno stesse lì, con lei, che la volesse accanto a sé. Ma Wendy e Sandy erano andati non si sa bene dove e Fray… beh, lei era in casa. Ma non si avvicinò nemmeno lontanamente alla porta dietro alla quale se ne stava chiusa da fin troppo tempo, almeno per i suoi gusti. In compenso ci pensò il vicino del piano di sopra, che la intimò di smetterla, chiedendo di… un momento, chi erano le due ragazze che vivevano in quell’appartamento, per lei? «Le mie due madri. Sì, sono sorelle gemelle», spiegò Thor come se la cosa fosse ovvia, per poi chiudere la porta in faccia al vicino esterrefatto. Tanto le sue sorelle erano strambe di loro, proprio come lo era lei, quindi non stava rovinando alcuna reputazione. Semplicemente, per qualche istante, si passò il tempo. Ma tutto svanì in un attimo, lasciandola di nuovo sola con quel senso di, appunto, solitudine. Spense la musica, visto che non serviva a niente e, sbuffando, si lanciò sul divano.
    Forse si appisolò, ma quello che è certo è che, dopo un tempo non ben precisato, le sembrò di scorgere Friday uscire di casa di soppiatto. Anzi, non era Friday: era Fred. Per un attimo pensò di esserselo sognato, dato che sapeva benissimo che, dopo essere rimasta intrappolata in quell’orribile corpo – perché maschile, ovviamente – per anni, sua sorella adesso evitava di passarci troppo tempo. O meglio, di tanto in tanto ci ricadeva, ma era sempre qualcosa di passeggero e… di losco. Controllò quindi che in casa non ci fosse davvero nessuno e, dopo essersi accertata della cosa, dovette arrendersi all’evidenza: Fred era tornato sul serio e aveva fatto di tutto per sgusciare via senza essere nemmeno notato. Certo, magari Fray, sentendo la casa all’improvviso silenziosa, poteva aver pensato che fosse uscita, ma non le sembrava comunque plausibile. Sua sorella nascondeva qualcosa.
    Era sicuramente in pericolo!
    Ogni secondo più certa di quell’intuizione si era quindi messa sulle sue tracce, riuscendo a riacciuffarla, anzi, riacciuffarlo poco dopo. Non era nata ieri (come no), però, Thor: non doveva farsi notare. Per aiutare sua sorella, per salvarla, doveva agire nell’ombra. Così, via dopo via, svolta dopo svolta, si era aspettata di ritrovarsi nella più losca delle location, in mezzo a gente ancora meno raccomandabile dei Serpeverde dopo l’ultima partita. Ne era profondamente convinta, quindi ci mise parecchi istanti per realizzare che, di tutti i posti in cui Friday poteva essersi cacciata, era appena entrata nel… Red Velvet? Il locale di dolciumi? Il luogo preferito sulla terra, e probabilmente anche oltre, di Dylan? Non poteva crederci.
    Riprendersi dallo sconvolgimento non fu facilissimo, ma una volta che una vaghissima lucidità tornò a fare capolino nella sua mente – ovvero il suo stato normale, visto che lucidità e Thor non andavano esattamente d’accordo –, la Tassorosso prese a spiare le mosse della sorella dentro la pasticceria. La, o meglio, lo vide ordinare qualcosa, quasi sicuramente un latte macchiato vomitevolmente dolce, quindi sedersi in un tavolino appartato e… aspettare. Fred aspettava e aspettava, e Thor faceva lo stesso.
    Dopo quella che le parve un’eternità, dunque sì e no una manciata di minuti, data la sua proverbiale impazienza, la ragazzina giunse a una conclusione. Non che volesse fare la guastafeste, però… perché Fred? Fray era forse impazzita? Adesso, se non altro, la sua risoluzione di salvataggio si era fatta ancora più decisa.
    Veloce e stranamente silenziosa come sul campo da Quidditch quando tentava un fallo, entrò a sua volta nel locale e senza farsi notare da nessuno, o almeno, così sperava, prese posto al tavolo dove era seduto suo fratello. Poi, come se nulla fosse, agguantò la tazzona fumante che aveva davanti e ne bevve un gran sorso. «Bleah!», si lamentò con una smorfia plateale, anche se, comunque, tenne un tono di voce stranamente basso per i suoi standard, e un mezzo conato. «Sembra di bere del… del vomito Incrociò le braccia sul tavolo, per nulla educata, e grugnì esasperata. «E anche tu stai da schifo, Fred. Non credo che il tuo appuntamento si presenterà mai.»
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    Ovviamente non è lei il suo appuntamento, ma l'ha pedinato e fa la sorella rompipalle <3.
     
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    Origliare le conversazioni dei Pappacrepa, era un po’ come aprire wizbook: critiche, polemiche, commenti da boomer su come i giovani fossero sempre meno civili, frecciatine casuali agli special, hashtag prima i maghi. Fred arricciò il naso, aggrottando due importanti sopracciglia cespugliose, prendendo nota di tutto quello che, tristemente, riusciva a carpire dal tavolo affianco.
    A quanto pareva, non c’era alcun piano in gioco. La loro era un’attitudine, uno stato mentale, ma non un progetto a lungo termine. Non c’era scopo, dietro l’odio sputato fra un boccone di torta al limone e l’altro. La consapevolezza la fece esitare con la piuma a pochi centimetri dalla pergamena, distratta e distante dal tavolino che aveva occupato al locale.
    Inutile dire che quando qualcuno si sedette di fronte a lei, appropriandosi del suo latte macchiato, un pochino strillò. Non tantissimo, giusto quanto bastava a far voltare un paio di teste nella direzione sua e di Thor.

    … E di Thor?
    «è stata lei» giustificò agli sguardi giudicanti, indicando la sorella. Si rese conto dopo un paio di interminabili secondi, che non fosse la risposta giusta da dare: non stava proprio proprio bene, incolpare una ragazzina di strillare quand’era in compagnia di un uomo adulto e vaccinato – soprattutto quando l’uomo in questione sembrava un maniaco. «perchè è molto felice di vedermi» Il pubblico non era impressionato, e gli sguardi si erano fatti più affilati. «è mia sorella.» con un cenno della mano, invitò Thursday a chiarire il loro stato di sangue prima che chiamassero i Pavor e Fray si ritrovasse con l’ennesima spiacevole storia da raccontare ai pranzi della domenica. «bleah, sembra di bere del… del vomito.» Allungò le mani per riprendere possesso del proprio bicchiere, labbra strette fra loro ed un’occhiata auto esplicativa alla Tassorosso. «adattati o muori» soffiò, lasciando che un sorriso trionfante curvasse la bocca sottile. Non accadeva spesso che avesse ragione, ma quando l’aveva, e la sorella minore ne aveva la prova, si sentiva sempre arrivata.
    (Ma voi dove andate)
    Arrivata nella vita, come se finalmente avesse fatto qualcosa di giusto. D’altronde, che a lei piacesse o meno (lei being Garfield, aka la De13th minore), Thor era una sua responsabilità, e darle degli insegnamenti sensati la faceva sempre sentire… bene. Completa. Il fatto che la competizione ai consigli assennati fosse con Sandy, Wendy e Alpaca, avrebbe dovuto volgere a suo vantaggio, ma stranamente non lo faceva spesso quanto sarebbe stato lecito fosse. «E anche tu stai da schifo, Fred. Non credo che il tuo appuntamento si presenterà mai.» Resistette alla tentazione di farle il verso solamente perché era lei la sorella maggiore, e talvolta doveva fingersi matura. Lo fece solo nella propria testa, limitandosi ad esternare solo seccata bocca a culo di gallina. «lo so che la vagina mi dona di più, ok?» Non che la aiutasse con gli appuntamenti, ma non l’avrebbe detto a Thor. Visti gli insuccessi di Sandy e Wendy, doveva almeno fingere di dare speranza alla sorella nell’ambito relazioni sane e vita amorosa. «ma nella vita bisogna imparare ad arrangiarsi. E poi scusa, magari qualcuno sarebbe arrivato, ma di certo non ora che ci sei tu» ma poteva avere la sorella cockblocker? Non che volesse mettere il proprio cock da qualche parte, ci mancava solo, ma era il principio.
    Ed a tal proposito. «perchè ci sei tu?» L’aveva lasciata a casa…….? Credeva. Era abbastanza…. Sicura.
    Forse.
    «non hai compiti da fare?» Pausa, sguardo a rimbalzare dalla sorella al tavolino dietro di lei. Sorrise, Fred, perché sapeva quali tasti toccare per rompere il mood petty della sorella minore e mandarle in errore.
    Quanto la adorava.
    «o amiche su cui fare colpo?» Sorseggiò sonoramente il latte macchiato.
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    Quando Fred gridò, per poco non scoppiò a ridere. Che poi, Fred. Era possibile che sua sorella avesse una voce più acuta da uomo che da donna? No, sul serio, non ci aveva mai davvero riflettuto, però… era così?? La voce di Fray aveva un che di profondo che qualcuno avrebbe persino potuto definire (bleah!) sensuale. Quella di Fred, invece… non esattamente. E fu proprio quel gridolino a farglielo realizzare, così come la fece scoppiare a ridere in modo sguaiato. Non si preoccupò minimamente di trattenersi e, anzi, rise ancora di più, quando il fratello accusò lei aver urlato.
    «Io??» Rise ancora di più, spiaggiandosi meglio sulla sedia. Non amava stare al centro dell’attenzione, ma se questo voleva dire mettere in imbarazzo o, ancora meglio, infastidire i suoi fratelli, be’… improvvisamente diventava la sua grande passione. «O magari potrei davvero urlare, perché tu… potresti avermi rapita…?» Borbottando quelle parole in direzione di Fred si rese conto di aver fatto lo stesso ragionamento del fratello. E probabilmente di tutto il locale, in effetti, visto che lui si affrettò a peggiorare ulteriormente la situazione: «perchè è molto felice di vedermi».
    Stavolta Thor si nascose la bocca e camuffò le risate dietro un finto attacco di tosse, per rendere ovviamente le cose ancora più difficili. «Così però mi togli tutto il lavoro!! Ti fai dei casini da solo…!», si lamentò con una smorfia, senza però riuscire a smettere del tutto di ridacchiare. Tornò a tossicchiare per schiarirsi la voce e si mise a sedere un po’ più dritta, ma solo per pochi istanti. «Umh, sì, sono molto, molto felice di vedere il mio… il mio…» Avrebbe tanto voluto dire qualcosa di ambiguo, ma tutta quella sfera era per lei così rivoltante che nemmeno l’idea di infastidire Fray riuscì nell’impresa. Eppure se lo sarebbe meritato così tanto, visto che stava cercando di darle ordini gesticolando! Sbuffò sonoramente e tornò ad accasciarsi sulla sedia a braccia incrociate, fissando Friday con fare torvo.
    «È mia sorella», disse invece all’unisono con lei, o meglio, con lui, ottenendo comunque, così facendo, un buon risultato. E dire che, in questo caso, non era nemmeno voluto! Tra il pubblico, perché ormai di quello si trattava, si diffuse un mormorio. «Sì, sorella. Sembra un uomo ma non lo è!!» Che fosse una presa di posizione in favore delle persone transgender o una semplice descrizione della realtà poco importava: in un caso o nell’altro, Thor ci credeva e sapeva che quella era la verità.
    Così passò all’orribile bevanda di Fred, mimando un conato di vomito al suo commento. «È persino peggio di quando Dylan mi ha fatto bere il caffè con il succo d’arancia perché l’aveva visto su TikkeTokke», sentenziò con un brivido, ponderando se tentare uno sputo al volo nella tazza, mentre la sorella se la riprendeva. Specie perché… cosa aveva da sorridere? Credeva di aver vinto solo perché si era ripresa la bevanda gusto vomito? Oh, povera illusa…
    «Ewww ti prego, non fare quella faccia! Ho ancora gli incubi per quelle foto tue e di Wendy a Hogwarts! ARGHHH!» Si coprì gli occhi per non vedere ancora Fray esibirsi nel culo di gallina, così anni duemila che peggio non si può, ma… «Ovviamente al peggio non c’è mai fine». Perché ora sua sorella le parlava, letteralmente, di vagine? «Guarda che se è tutta una tattica per farmene andare non attacca, eh. Piuttosto vomito, ma rimango qui.» Ovviamente non si sarebbe arresa mai e poi mai, ma Friday stava davvero rischiando di farla vacillare. «ma nella vita bisogna imparare ad arrangiarsi. E poi scusa, magari qualcuno sarebbe arrivato, ma di certo non ora che ci sei tu» O forse no.
    Tornò a rilassarsi, e soprattutto a ghignare, scivolando ormai quasi sdraiata sulla sedia, le gambe divaricate e le braccia stese sul tavolo, con le mani, in fondo, a tamburellare. «Non dare la colpa a me. È ora di fare i conti con la realtà: non sarebbe venuto nessuno comunque», gli fece notare con finta noncuranza, continuando a tenere un ritmo che sentiva solo lei sul piano di legno. Non che credesse che sua sorella non avesse possibilità, anzi: il problema era esattamente quello. Se mai, egoisticamente, Thor non voleva che sua sorella avesse possibilità. Non voleva neanche immaginare cosa sarebbe successo se Fray, o Wendy, si fosse messa con qualcuno e, incubo degli incubi!, si fosse sposata, avesse messo su famiglia e… «perchè ci sei tu?» «Uh? Rude!! Non sei felice di vedere la tua adorata sorellina??» Non era una risposta, naturalmente, ma il fatto è che Thor non ne aveva una. Era lì perché… si annoiava. E non voleva stare da sola. Di certo non avrebbe svelato a suo fratello di essersi sentita abbandonata.
    Quel sentore di fragilità durò però solo un istante, per fortuna, perché Fred trovò subito il modo per far tornare alla sorella il suo proverbiale cattivo umore. «non hai compiti da fare?» Thor risposte con una smorfia e strinse un pugno sul tavolo. «C’è già Wendy per queste cose… almeno sforzati di inventartene delle altre di rotture, tu!!», replicò scocciata, sorvolando sulla vera risposta: ovviamente aveva dei compiti. Ma altrettanto ovviamente non li avrebbe fatti, o li avrebbe fatti all’ultimo, lamentandosi, e scopiazzandoli dalle sue amiche. Di certo non avrebbe sprecato un pomeriggio ad annoiarsi con lo studio quando poteva annoiarsi facendo qualsiasi altra cosa. E, già che c’era, poteva anche annoiare uno dei suoi fratelli.
    Si sporse un po’ per rubargli di nuovo la tazza, anche se quella roba le faceva davvero schifo, quando accadde. A quella domanda sul fare colpo Thor sussultò, avvampando, e prese contro al recipiente, rovesciando il liquido caldo per tutto il tavolo. «BLEAHHH!!» A cosa? Nel dubbio, a tutto. «Non ci provare.» Guardò negli occhi la sorella. «Non cambiare discorso.» Voleva infastidirla, sì, ma, all’improvviso, era anche in ansia. «Su chi vuoi fare tu colpo?»
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    Thursday De Thirteenth era proprio una bestia, e non necessariamente in senso buono. La era letteralmente, con tanto di ringhi e bava alla bocca, ferale come un animale selvatico sul punto di attaccare e fuggire. Una peculiarità dell'età terribile in cui si trovava, certo, ma anche, se non soprattutto, di lei come persona. Non riusciva ad immaginarla a trent'anni, se non da eremita e con una fattoria piena di creature come lei (un ospedale psichiatrico? anche, ma pensava più a una riserva di qualche specie a rischio estinzione). La osservò assottigliando le palpebre, il giudizio dell'anzianità palese nelle schegge verdi.
    Chissà dove avevano fallito.
    (Da nessuna parte. Era perfetta. Fray era particolarmente orgogliosa del fatto che fosse sua sorella, e lo dimostrava quotidianamente, per quanto quella volesse vederlo solo a giorni alterni.)
    «Ewww ti prego, non fare quella faccia! Ho ancora gli incubi per quelle foto tue e di Wendy a Hogwarts! ARGHHH!»
    Ma pensa te. Una Friday slash Fred non impressionata, aspirò dalla cannuccia ed arcuò un sopracciglio. «ti ho spalmato la crema fissan sulle chiappette arrossate. abbassa le ali» così, per ricordarle che lei l'avesse effettivamente vista e vissuta al suo peggio, quindi non aveva alcuna leva dalla sua parte. Ingrata! «Guarda che se è tutta una tattica per farmene andare non attacca, eh. Piuttosto vomito, ma rimango qui.» Le rivolse un ghigno, allargando lentamente le labbra sui denti. «mi ami troppo» le fece anche la linguaccia, perché se la meritava. Cioè, doveva essere una minaccia quella di rimanere con lei? Non sarebbe mai stata un buon cattivo neanche in una serie tamarra come Riverdale; al massimo il sidekick di Mortino. Come facesse a conoscere la vena villain del Rainey? Non lo faceva, ma Sara si, quindi.
    (quindi niente)
    «Non dare la colpa a me. È ora di fare i conti con la realtà: non sarebbe venuto nessuno comunque» conosceva Thor da tutta la vita. Il sorriso beffardo, la medesima sfumatura di verde che la legava indissolubilmente alle gemelle, la posa rilassata a nascondere insicurezze e spalle tese. Se pensava di fregarla così, aveva davvero passato troppo tempo con Sandy. La osservò un paio di secondi, liquidando poi la questione con un vago cenno della mano. «non sei male come compagnia. mi accontento» le soffiò anche un bacio, con quella bocca da rana che Fred si ritrovava, lasciando aleggiare un vago sorriso sulle labbra. Sappiamo tutti che se avesse voluto un appuntamento, l'avrebbe avuto - non perché fosse particolarmente affascinante, ma persuasiva lo era di sicuro: avrebbe convinto anche Boris Johnson ad un date, se solo avesse voluto (ugh. il solo pensiero le faceva contorcere le budella). Il fatto era che a Friday, di base, piacesse essere sola: non doveva sacrificare né libertà né indipendenza, non doveva sprecarsi a ricordare annuali e regali, e un sacco di altre cose che sicuramente erano presenti in una relazione ma che Sara aveva troppo caldo per pensare. Se solo non si fosse ridotta all'ultimo giorno possibile per l'ultima role da attivare l'utenza, e se solo quel giorno avesse avuto più tempo per fare le cose! Invece no, quindi scusa Sara altra, mi farò perdonare.
    Spostò la sedia in tempo per evitare il caffè rovesciato dalla sua cara sorellina. Osservò la bevanda con tristezza, e mestizia, mentre andava ad annaffiare tavolo e pavimento. mio dio, quella drammaticità l'aveva tutta presa da suo fratello. «bleah cosa» corrugò le sopracciglia, agitando la bacchetta per sistemare il casino di Thor, gli occhi alzati al soffitto. «vammene a prendere un altro, pelandrona. e non voglio fare colpo su nessuno» quatta come un ninja, indicò con un secco cenno del capo il tavolo adiacente al loro. «sto lavorando» Bisbigliò, mimando di scrivere su un taccuino. «un articolo politico. non i miei preferiti, ma» fece spallucce. «qualcuno deve pur farlo»



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    Alle volte, se non sempre, Thor si chiedeva come riuscissero a sopravvivere le persone senza fratelli da tormentare. C’erano sempre gli amici, certo, ma non era la stessa cosa. Non che amasse le sue furie di meno, anzi, ma si trattava di un tipo diverso di amore da quello che provava per le gemelle e per Sunday. E poi loro… c’erano sempre stati. La prima cosa che le passava per la mente, pensando a casa, non era sicuramente la villa dei De Thirteenth, né tantomeno i suoi genitori. Erano Wendy, Sandy e Fray. Non riusciva a immaginare una vita in cui non poteva comportarsi da sorella minore il cui unico obiettivo era infastidirli e mettere loro i bastoni tra le ruote. Non voleva pensare a come sarebbe stato non averli e non poterli amare.
    Perché sì, Thor era una bestia, ma anche le bestie hanno un cuore. E il suo non si sarebbe mai stancato di battere per le persone importanti della sua vita, persino quando, come in questo caso, avevano i connotati di un uomo ranesco che parlava quasi in farsetto. Ricambiò dunque lo sguardo del fratello, sollevando a sua volta un sopracciglio per scimmiottare l’espressione di lui. Fred se l’era cercata, dopotutto: avrebbe dovuto invitarla, invece di abbandonarla sola soletta a casa!! Sbuffò, sentendolo ricordarle di averla vista nel momento peggiore della sua vita, ovvero quando, ancora troppo piccola, non era in grado di fare a botte… e, ancora peggio, non sapeva, né poteva, anche volendo, volare su una scopa. «Stavo solo dicendo la verità», brontolò, arrossendo appena.
    E divenne ancora più rossa, qualche istante dopo, a quelle parole: «mi ami troppo». Finse di vomitare, sporgendosi da un lato del tavolo, ma non fu abbastanza veloce da nascondere del tutto un sorriso. Continuando a mimare un mezzo attacco di stomaco appoggiò pesantemente un gomito al piano di legno, intercettando di nuovo lo sguardo del fratello. «È vero», buttò lì come se nulla fosse, cercando così di evitare l’imbarazzo. Non si vergognava dei sentimenti, o meglio, di quei sentimenti, ma un conto era non nasconderli, un altro era esplicitarli. Una parte di lei avrebbe voluto essere più brava a farlo; non a parole, naturalmente, ma almeno a gesti che non fossero fraintesi come violenti. Dylan e Kaz erano esagerati, certo, però, qualche volta, avrebbe voluto essere capace di fare cose carine per le persone a cui voleva bene. Anche perché alle volte – per non dire spesso – temeva che potessero dimenticarsene o, ancora peggio, che arrivassero a pensare l’esatto opposto.
    Tuttavia, era troppo Thor per continuare a perdersi in sentimentalismi. Se li scrollò di dosso, o meglio, ci provò, ributtandosi invece su qualcosa che le riusciva bene: infastidire suo fratello. Tornò quindi a canzonarlo sull’appuntamento mancato, sentendosi però vagamente in colpa all’idea di averlo fatto saltare. Anzi, in realtà si sentiva in colpa perché era contenta di aver mandato all’aria i piani di Fred. Si sentiva in colpa perché avrebbe dovuto sentirsi in colpa, invece di essere soddisfatta… Insomma, era un gran casino, lì nella sua testa: ecco perché odiava sentimenti e affini. «non sei male come compagnia. mi accontento» Fece una smorfia e ringhiò a bassa voce, mentre le labbra, però, assumevano sempre di più la forma di un sorriso. «Siamo in due allora… non è che sognassi di passare il pomeriggio in mezzo ai vecchi, eh», ribatté con finta sufficienza, prendendo a giocherellare con una bustina di zucchero che aveva estratto dal contenitore al centro del tavolo. «Ma ormai non posso lasciarti da solo a piangerti addosso per il pacco…» Scansò via con una mano il bacio che la sorella le aveva mandato, facendo una faccia schifata, ma, proprio come sulle labbra di lei, anche su quelle di Thor si fece nuovamente spazio un vago sorriso. Sì, non era il pomeriggio che si era immaginata: era meglio. A Hogwarts il tempo passava in fretta e aveva sempre con sé le sue amiche, ma, rinchiusa là dentro, le sue sorelle le mancavano. Il tempo che poteva passare con loro, di conseguenza, era prezioso quasi quanto la coppa delle case di quidditch… o, chissà, molto di più.
    Friday, però, era bravissima a rovinare tutto, donna o uomo che fosse. Perché aveva ritirato fuori i sentimenti? E soprattutto i suoi?! Se non altro, Thor le cose le aggiustava, per quanto assurdo potesse sembrare, dato il suo amore per la distruzione. Ma, si sa, la pars costruens nasce sempre da quella destruens; per costruire, insomma, bisogna sempre prima distruggere. Ecco perché l’aver rovesciato l’orrenda bevanda era in realtà una benedizione. «Bleah, sì! Dovresti ringraziarmi… ti ho salvato dal beverone più vomitevole del mondo», fece quindi notare al fratello, già impegnato a ripulire tutto con un colpo di bacchetta. «Guarda che esistono i camerieri per questo…» Thor non era cattiva, ma un po’ (tanto) viziata sì: da quando in qua bisognava pulire le cose in prima persona, invece di aspettare che lo facessero gli altri?!
    «vammene a prendere un altro, pelandrona. e non voglio fare colpo su nessuno» «Ma non mi ascolti? Non devi più bere… oh Si zittì, di colpo, protendendosi a sua volta verso il fratello, così da non perdere nemmeno una parola di quello che stava dicendo. Per quanto fastidiosa – e viziata – riconosceva l’importanza del lavoro e, d’accordo, sperava che Fray avesse tra le mani qualcosa di grosso. Tipo un furto. O un omicidio, ancora meglio. «Un articolo… politico?! UGGGHHH», gemette delusa e, manco a dirlo, annoiata. Non capiva nulla di politica, né voleva capirci qualcosa, in realtà. «Perché spiare, allora? Non puoi andare là e chiedere quello che ti serve? Se sono politici…» Insomma, era ovvio, no?! «Se vuoi davvero altra di quella robaccia, comunque, sgancia. E con gli interessi.»
    Intascato il bottino si alzò rumorosamente dalla sedia e andò a ordinare un (orribile) latte macchiato, una doppia fetta di Victoria Sponge Cake (per lei da sola, ovvio) e una cioccolata calda. Il tutto mandando un avvertimento con lo sguardo, e le dita, al fratello: Ti tengo d’occhio. Non osare scappare.
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    C’era (più di.) un motivo se aveva provato a coprire una supplenza ad Hogwarts una (1) volta, e poi si era lasciata alle spalle la cattedra. Avere a che fare con gli adolescenti richiedeva una dose di pazienza che la De Thirteenth non voleva possedere, come dimostrò incrociando le braccia sul tavolo e lanciando un’occhiata torva all’ennesima corbelleria della sorella. In più, un dettaglio non così inconsiderabile, era invidiosa della facilità e la leggerezza con cui ancora potevano permettersi di affrontare il mondo – e lo diceva una che di preoccupazioni sincere non ne aveva: non doveva preoccuparsi delle bollette o le spese della casa; non doveva fare sacrifici in merito a cosa o meno comprare, o dove o meno andare. Non aveva la consueta vita di un adulto ordinario, e sapeva di essere privilegiata. Ma, ma – essere quel tipo di persona a sedici anni, era considerato opportuno e lecito; a trent’anni, vergognoso.
    Odiava gli stereotipi.
    «lo so» L’ombra di un sorriso carezzò le labbra sottili e piatte di Fred. Certo che sapeva Thor la amasse, indipendentemente da quante mosse tsundere la minore avesse voluto giocarsi. Poteva fregare (quando mai.) i suoi coetanei, ma le mosse che funzionavano con i ragazzini, non avevano alcuna presa su chi le aveva insegnato come pedalare su una bicicletta. Un’esperienza, per altro, drammatica per tutti, e che aveva fatto valutare alle gemelle di dare finalmente la possibilità a Sandy di praticare un esorcismo sulla piccola di casa.
    Ma quella era un’altra storia.
    «Siamo in due allora… non è che sognassi di passare il pomeriggio in mezzo ai vecchi, eh» Inspirò profondamente, assottigliando le palpebre verso la bestia consanguinea seduta di fronte a lei. Era su ghiaccio sottile. La società non mancava mai di ricordarle che superati i ventinove anni, fosse ormai roba da riciclare (non buttare, i gen Z stavano cercando di creare un sistema più ecologico) e non era facile scrollarsi di dosso quel genere di pressione mediatica. Il fidanzatino… i figli… la famiglia... Ugh. Sembravano un incubo all’indipendenza di ciascun essere umano, ed a Friday piaceva troppo farsi gli affari propri. Era stata così felice quando Thor aveva raggiunto l’autosufficienza necessaria a non aver più bisogno – fisico, si intendeva; emotivo e spirituale, sempre – di lei! Non che fosse stata un peso, ma impegnativo? Sì, e non avrebbe mentito in proposito. Chiunque avesse a che fare con bambini sarebbe stato d’accordo con lei. «Ma ormai non posso lasciarti da solo a piangerti addosso per il pacco…» «come farei senza di te» una frase ironica, ma dal tono affettuoso e sincero. Non era neanche completamente una menzogna: Thor c’era stata quando aveva avuto bisogno della sua famiglia dopo la drammatica rottura con Innominabile, con minacce ringhiate fra i denti e guanciotte rosse per la rabbia. Una bambina. Era ancora una bambina, per Fray. «Bleah, sì! Dovresti ringraziarmi… ti ho salvato dal beverone più vomitevole del mondo» «mio eroe» atono, perché a quel giro meritava l’ironia secca nella sua forma più pura. «Guarda che esistono i camerieri per questo…» Assottigliò lo sguardo, un’occhiata torva verso la minore. «come prego Qualcuno aveva passato troppo tempo con Wendy, evidentemente, viziata oltremodo a fare quello che le pareva. «non fare la maleducata. noi abbiamo combinato un disastro, noi sistemiamo le cose» ed a proposito di camerieri… Lanciò uno sguardo al bancone oltre le spalle della rossa, un breve sorriso a lampeggiare sulla bocca. «anzi, sai che c’è? hai ragione» L’espressione di Friday, puntata sul cartello della ricerca personale, era raggiante. «è il momento che inizi a prenderti le tue responsabilità. Sei una giovane donna, ormai – non fare la sanguisuga come tuo fratello. cercati un lavoro.» le indicò il foglio, arcuando le sopracciglia. «a meno che il mondo degli adulti non ti faccia...» pausa di sospensione. Si chinò sul tavolo, abbassando inquietante il tono di voce, senza mai distogliere gli occhi da Thor. «paura» UuUuUuH!
    Voleva i soldi? Bene. «sono gli ultimi che vedrai da me. Usali con cautela.» la lasciò andare al bancone, approfittando della quiete per origliare le conversazioni al tavolo vicino. Sibilò fra i denti quando li vide spolverarsi gli abiti, ed andarsene.
    Thor tornò al tavolo da una Friday sconfitta e di pessimo umore.
    «non quel tipo di articolo politico. Pare che» ”pare che” era una delle sue frasi preferite, perché Friday ascoltava tutto, e prendeva ogni singola circostanza in considerazione. I complotti erano la sua tazza di tè quotidiana. «ci sia una… corrente di estremisti intenzionati a riportare la società alle vecchie tradizioni. Ricordi quando Sandy è sparito? Ecco. Quel tipo di tradizioni lì» Assaggiò la bevanda; non c’era lontanamente la quantità di zucchero desiderata, ma per quella volta poteva soprassedere. «speravo in voci su un colpo di stato. Invece pare vogliano solo lamentarsi e non fare nulla in proposito.» schioccò la lingua sul palato, accasciandosi sulla sedia. «non ci sono più gli ammutinamenti di una volta.» (quale volta.)
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    «lo so» Avvampò, Thor, affrettandosi a sfuggire allo sguardo della sorella, facendo saettare gli occhi in tutt’altra direzione, con una noncuranza troppo perfetta per essere vera. Per un solo istante desiderò avere i capelli lunghi, così che riuscissero a coprirle le orecchie che, come tutto il resto, sentiva andare a fuoco, anche se in fondo sapeva benissimo che sarebbe stato inutile. Che lo manifestasse o meno, Friday lo sapeva. Sapeva che si sarebbe imbarazzata e, soprattutto, sapeva che le voleva bene.
    Sì, i sentimenti facevano davvero schifo.
    Quasi quanto faceva schifo l’orribile beverone ordinato da Fred.
    E, a fare schifo, era anche l’idea la sorella che mettesse su famiglia. Era un pensiero egoista, ma era anche sensato, almeno nella sua ottica: Friday aveva già una famiglia. Wendy, Sandy, MamaLama… e lei, naturalmente. Forse avrebbe dovuto contemplare anche i loro genitori, ma, negli anni, si era imposta di non farlo, visto che non sembravano della stessa idea (e allora perché, nonostante tutto, quel pensiero continuava a farla soffrire?). Certo, conoscendo Fray non sarebbe mai successo: non perché lei le rovinava gli appuntamenti, ovvio, ma perché… era Fray. Lei non voleva quelle cose. Insomma, la sacra triade con la F. No, non quella che piaceva a Thor (cosa? Cosa). L’altra. La famigerata FFF: fidanzato, figli, famiglia. A Thor piaceva illudersi che certe domande non le sarebbero mai state rivolte, ma sapeva fin troppo bene la verità. Aveva ancora parecchi anni di bonus, a differenza di Fray.
    Ecco perché ghignò, da vera bestia, assaporando la sua reazione contenuta, ma che nascondeva ben altro, dopo averle detto di essere vecchia. Ma non era colpa sua se quella era la verità! La sua stessa presenza, lì dentro, non riusciva minimamente a scalfire l’età media prossima alla tomba che c’era lì dentro. Eppure… «come farei senza di te» Annuì solenne, e, mentre si lasciava scivolare addosso la canzonatura, trattenne invece la piacevolezza di quelle parole. «Ti annoieresti a morte», sentenziò, nascondendo una punta di compiacimento in un mare di ironia. Thor non riusciva neanche a concepire, né voleva farlo, come sarebbe stato vivere senza i suoi fratelli. Non era neanche una possibilità remota, per lei. Era semplicemente impossibile.
    Più che una eroina, quindi, era una santa. Digrignò i denti, emettendo un basso ringhio, e arricciò il naso stizzita. «Non è che solo perché a voi tre piace saltellare da un sesso all’altro debba piacere anche a me…», le fece notare, contrariata da quell’appellativo al maschile. Di certo non si sentiva un maschio, e non voleva neanche esserlo, ma c’erano volte in cui le riusciva difficile considerarsi anche femmina. Era già abbastanza un casino essere sé stessa; perché complicare tutto ulteriormente?
    E perché fare fatica, quando, come aveva appena detto, c’erano i camerieri? Fray, però, non era dello stesso avviso. Thor conosceva benissimo quel tono. «Oh no, non prego…!», si lamentò con una smorfia, tappandosi le orecchie. Odiava quando la sorella usava quell’espressione in quel modo, perché preludeva sempre, sempre, sempre a qualcosa di spiacevole. «non fare la maleducata. noi abbiamo combinato un disastro, noi sistemiamo le cose» Ecco appunto. Rispose con un verso gutturale, spiaggiandosi con le braccia e la testa sul tavolo. «Ma a me piace fare la maleducata.» Non era del tutto vero, ma nemmeno falso. «Però mi prendo le mie responsabilità. Non c’è nessun noi», aggiunse tra un lamento e l’altro, sentendosi punta nell’orgoglio: se c’era una cosa che le dava più fastidio del prego di Fray, era essere trattata da bambina. Rialzò quindi la testa, raddrizzando la schiena, e si scrollò nelle spalle.
    Sua sorella, però, non la stava guardando. Fece schioccare la lingua, indispettita, già pronta a contrattaccare, ma Fred fu più veloce di lei, facendole sgranare gli occhi per la sorpresa… e la paura. Perché le dava ragione? Sus. «è il momento che inizi a prenderti le tue responsabilità. Sei una giovane donna, ormai – non fare la sanguisuga come tuo fratello. cercati un lavoro.» «???!!!!» Lo stava. Dicendo. Davvero.
    Era tutto sbagliato. Responsabilità. Giovane donna. SanguiSandy. E… «Dov’è finite la storia dello studio prima di tutto?? Non devo dare la priorità ai – ugh – libri??», cominciò a ribattere, calcando la mano sull’esasperazione del suo tono. D’accordo, quello era un discorso che le faceva più che altro Wendy, ma spesso Fray le dava manforte, sottolineando quando fosse importante l’istruzione e bla bla bla. «E comunque un lavoro ce l’ho già!! Cioè, ok, non ora, ma ce l’avrò quando avrò finito al Castello. Piz mi ha anche regalato una Broomyota Ajò!!! NON TI RICORDI??? UNA BROOMYOTA!!! Se non è un segno, questo…!!» Più chiaro di così, insomma. Morley Peetzah la voleva assolutamente in squadra, una volta diplomata. Ecco il (solo e unico) motivo per cui si sforzava di fare il minimissimo indispensabile per non farsi bocciare.
    Ma ovviamente era troppo tardi. Friday era partita per la tangente. «a meno che il mondo degli adulti non ti faccia… paura» In effetti, a quelle parole, Thor rabbrividì. E diede una spinta al fratello, sporgendosi a sua volta sul tavolo, per farlo indietreggiare. Non solo il mondo degli adulti le faceva paura – e schifo –, ma la terrorizzava anche. La terrorizzava tanto, tantissimo. «I am not okay with this.»
    Però i soldi se li prese lo stesso, scimmiottando il fratello e le sue ultime parole mentre si alzava per andare a ordinare. Al bancone si guardò intorno, cercando di carpire chi mai, lì dentro, potesse essere l’appuntamento di Fred. Oltre al fatto che erano tutti vecchi, ma fin lì poteva anche capirlo, visto che lo era anche Fray, la gente lì in mezzo non era… all’altezza. Insomma, persino come Fred, sua sorella poteva fare molto, molto di meglio.
    Ad ogni modo, l’ordinazione era pronta, quindi farfugliò un impacciato ringraziamento al barista, si ficcò in tasca una manciata di tovaglioli e tornò al tavolo con il vassoio carico di cibo, appoggiandolo, o meglio, sbattendolo sulla superficie. «Prego», fece nuovamente il verso alla sorella, ributtandosi a peso morto sulla sedia. Un attimo dopo aveva già la bocca piena di una gran forchettata di torta: da fuori non doveva avere un’aria particolarmente intelligente, ma tutta la sua attenzione era focalizzata sul serio sulla spiegazione di Friday. Era bastato quel pare che a farle aprire per bene le orecchie. «… Ricordi quando Sandy è sparito? Ecco. Quel tipo di tradizioni lì.» Confrontato a questa, la paura del mondo degli adulti non era niente. Ricordava perfettamente ogni attimo di quei giorni. L’angoscia. Il terrore. La tristezza. La torta le andò di traverso, facendola cominciare a tossire, la faccia ancora più rossa del solito. La cioccolata bollente che bevve poco dopo le ustionò la lingua, ma almeno riuscì a farla smettere di tossire. «E…?» Non osava neanche chiedere per davvero; non a voce alta, almeno. Perché Fred sembrava così tranquillo?! Si accigliò.
    «speravo in voci su un colpo di stato. Invece pare vogliano solo lamentarsi e non fare nulla in proposito.» «… E non è… un bene?» Per quanto lo detestasse, poteva comunque comprendere l’amore di sua sorella per il gossip. Ma si trattava di una faccenda infinitamente più grossa… O non ci stava capendo nulla lei? «non ci sono più gli ammutinamenti di una volta.» La seconda. Si ributtò sulla torta, sentendosi terribilmente stupida. «O forse non sono così stupidi da parlarne qui, dove tutti possono sentirli… dove tu puoi sentirli.»
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    «Ma a me piace fare la maleducata.» Fray corrugò le sopracciglia, sinceramente risentita dalle parole della sorella minore. In quale senso, esattamente, le piaceva fare la maleducata? Nè lei, né Wendy, e sicuro non Mama, l’avevano cresciuta così. Si allungò sul tavolo, raggiungendo con il palmo aperto la nuca della rossa, che colpì con uno scappellotto secco e meritato. «male» sibilò, tornando al proprio posto ed incrociando seccata le braccia sul petto – era sempre strano non doverle incastrare sotto il seno, o comprimersi le tette nel tentativo di farlo; non che ne avesse molte, ma comunque abbastanza da trovarlo disagiante – perché non voleva credere di averla viziata tanto da essere giunti a quello. Sapeva che, in parte, fosse facciata, ma poteva essere sicura non ci fosse una parte che ci credesse veramente? Friday De Thirteenth aveva tanti, troppi, difetti, ma la mancanza di rispetto o educazione non erano fra quelli.
    Di certo non lo sarebbero stati per Thursday De Thirteenth. OVER. MY. DEAD. BODY. Per responsabilizzarla su questioni come l’educazione ed il rispetto, le parse del tutto giusto ed opportuno proporle di cercarsi un lavoro. Avere dei privilegi, non significava doversene approfittare; un po’ di umiltà, le avrebbe fatto solo che bene. «Dov’è finite la storia dello studio prima di tutto?? Non devo dare la priorità ai – ugh – libri??» Schioccò le labbra fra loro, un mezzo sorriso mentre le agitava davanti al naso un indice. «hai sedici anni. Impara a fare due cose insieme. Si chiama “gestione del tempo”, te lo detto se non sai come si scrive» le mostrò la lingua, arricciando il naso in un ghigno divertito. Friday sapeva gestire il proprio tempo? No. Almeno, non in modo funzionale, ma non avendo mai smesso di provarci, era riuscita a portare sempre a compimento i propri obiettivi, e le mansioni che le venivano richieste. Diligente.
    A suo modo. Ma diligente.
    «E comunque un lavoro ce l’ho già!! Cioè, ok, non ora, ma ce l’avrò quando avrò finito al Castello. Piz mi ha anche regalato una Broomyota Ajò!!! NON TI RICORDI??? UNA BROOMYOTA!!! Se non è un segno, questo…!!» Non voleva essere il tipo di persona che tarpava le ali a qualcuno. Mai. I sogni, a dire di Fray, andavano rincorsi a cento all’ora, raggiunti e strappati con i denti. Ma, innanzitutto, non erano un buon motivo per dormire sugli allori, e in secondo luogo… il Quidditch non era una carriera facile. Piz si era re inventato come coach, ma perché era abbastanza in gamba, coraggioso, e volenteroso dal farlo; molti giocatori, dai loro infortuni, non si erano mai ripresi. Attese che recuperasse l’ordinazione e tornasse al proprio posto, prima di continuare la filippica che avrebbe reso fiera ogni madre di qualunque serie tv. «non hai ancora finito al castello. Se non vuoi passare i restanti mesi a fare l’elemosina alle tue amiche» inarcò le sopracciglia. Non ce la vedeva proprio Thor a chiedere soldi alle sue Furie. «o a non offrire neanche un gelato a nessuna di loro» e perché proprio Sana, direte voi. «trovati un lavoretto part time. Cercano davvero ovunque» se non ci credi, guarda la lista lavori! «e non iniziare con il “ma le altre non devono farlo boohoo” perché le prendi .» chiuse secca le labbra attorno alla plastica del bicchiere.
    Sul discorso cospirazioni, non potè che trattenere un sospiro fra le labbra. Thor era… proprio giovane. Le offrì uno sguardo intenerito, sperando il mondo non la obbligasse a cambiare e conscia che l’avrebbe fatto lo stesso. «gli altri non sono nessuno per loro. Letteralmente, non importiamo - neanche noi. Ci sono famiglie purosangue, e “famiglie purosangue”» i De Thirteenth si erano incentrati sul denaro piuttosto che sui giochi di potere politico. La loro influenza era pari a zero, se messa a confronto con chi dell’onore s’era fatto vanto e orgoglio. «non vogliono apertamente che qualcuno li senta, ma non gli interessa se invece lo fanno» agitò vaga una mano nell’aria, sospirando e trattenendo un sorriso. «lo capirai quando sarai più grande» conscia che fosse la origin villain story di chiunque.
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    Stavolta aveva davvero esagerato. Si convinse di non star facendo trapelare nulla, ma accusò parecchio il colpo, nella realtà, quando Friday prese a guardarla in quel modo. Un conto erano i rimproveri, le battute, persino, se non soprattutto, gli sfottii; un altro era il risentimento. La delusione. Fu proprio quella che comparve sul volto di Fred, dopo la sua uscita sull’essere maleducata. Thor era una bestia fatta e finita, sotto tanti, troppi aspetti, ma maleducata?
    Forse.
    «Ahia! È violenza contro i minori!!!», si lamentò con una smorfia, mentre il viso diventava ancora più rosso dei capelli. L’aveva detto senza pensarci davvero, come d’altronde un buon novantanove (virgola nove) percento delle cose che diceva e, forse, appunto, c’era persino un fondo di verità. Ma la faccia di sua sorella fece fuggire tutto a gambe levate, lasciandole addosso solo un gran senso di vergogna, e di rimorso. Era oggettivamente viziata, Thor, pestifera e testa calda, ma non era maleducata. Non l’avevano cresciuta così.
    Sì, perché il fatto, prima di tutto, era quello. Poteva dire quello che voleva, e soprattutto mostrarsi come voleva – ovvero aggressiva, violenta, rancorosa, bestiale - ma non sarebbe mai davvero riuscita a venire meno alla sua vera natura, a ciò che era realmente importante per lei. Né voleva farlo, in effetti. E l’amore delle persone che amava era in cima alla lista. Voleva che stessero bene, che fossero felici. E orgogliose di lei.
    Ma Thor aveva anche un personaggio da portare avanti, quindi continuò su quella strada, nonostante le guance e il collo e le orecchie le bruciassero per la vergogna – e il dispiacere. E, d’accordo, un po’ di vittimismo, almeno con i suoi fratelli, non poteva mancare. Dopotutto era stancante dover essere sempre quella forte davanti al mondo. Almeno con loro meritava di comportarsi, di essere, la sorella minore, di nome e di fatto. E dunque, tra le altre cose, fare pure la viziata.
    Fissò il dito che Fred le stava sventolando davanti, spalancando gli occhi già grandi e incrociandoli. Rabbrividì per le sue parole, facendo una smorfia disgustata. «Sono capace di essere multitasking Fece una pausa per fissare il fratello, replicando senza rendersene conto la sua espressione: chiunque, osservandoli, sarebbe riuscito benissimo a indovinare la loro parentela. «Ma lo faccio solo nelle cose davvero importanti.» Altra pausa. «Quidditch.» Qualcuno aveva forse dei dubbi?
    Sebbene l’aspetto vergogna non fosse ancora del tutto archiviato, il suo amore per il volo e le scope e le palle presero il sopravvento, facendola infervorare nel raccontare a Friday i piani per il futuro. Non che sua sorella non li conoscesse; tuttavia, per quanto si trattasse di Quidditch, non era esattamente l’argomento preferito di Thor, quello. Odiava studiare, ma non odiava Hogwarts. Il Castello era casa tanto quanto villa De Thirteenth e l’appartamento delle gemelle. Wendy era lì, la maggior parte del tempo. E c’erano le sue amiche, soprattutto. Fuori da quelle mura tutto sarebbe cambiato. Le sue Furie sarebbero diventate persone adulte, con degli impegni, degli interessi, delle vite diversi dai suoi. E lei?
    Lei non aveva il coraggio di pensarci.
    E poi era abituata ai rubinetti sempre aperti dei loro genitori, troppo presi da qualsiasi cosa al di fuori dei loro figli.
    Di conseguenza la ramanzina di Fred scatenò una nuova sfilza di smorfie… e di rossori. Piuttosto che chiedere l’elemosina a qualcuno, specie poi le sue amiche, avrebbe… avrebbe tifato i Falcons! Sorriso a tutto e a tutti! Si sarebbe comportata da signorina! «trovati un lavoretto part time. Cercano davvero ovunque» «Sei malvagia. Sul serio», sbuffò, ormai mezza accasciata sul tavolo. «E poi non c’era crisi? Niente posti di lavoro? Persone che mandano cv a destra e manca e non vengono mai chiamate, manco per lavare le scale?» (Ogni riferimento a cose o persone è puramente casuale.) «e non iniziare con il “ma le altre non devono farlo boohoo” perché le prendi.» Roteò gli occhi, Thor, spalancandoli, ed emise un brontolio gutturale. «Bene», concesse, per poi affrettarsi a nascondere la bocca dietro la forchetta. Non voleva che Friday vedesse quel principio di sorriso. Non voleva darle quella soddisfazione.
    Ma il fatto è che Thursday era felice quando i suoi fratelli – e MamaLama, ovviamente – la sgridavano. Voleva che lo facessero. Non si trattava di masochismo, ma di amore. Quando Friday, Wednesday e persino Sunday la riprendevano per qualcosa, mostravano di preoccuparsi per lei. Di tenerci. Di amarla. Le ramanzine infinite e pungenti di Fray, quelle così dolci da non sembrare nemmeno sgridate di Wendy, il fare manesco, così simile al suo, di Sandy, erano tutti segni inequivocabili del loro essere una famiglia. I suoi fratelli erano tali, sì, ma erano anche i suoi genitori, molto di più di coloro che, sulla carta, risultavano esserlo.
    Ecco perché a Thor piaceva essere sgridata. Ecco perché non voleva più vedere quell’espressione delusa negli occhi di Fred.
    Quando quindi lui le sorrise non fece nulla per camuffare il sollievo che la pervase. E lo ascoltò attenta, perché, in fondo, quella storia delle cospirazioni cominciava a sembrarle quasi interessante. «gli altri non sono nessuno per loro. «Ma è… orribile», non riuscì a non commentare, aggrottando le sopracciglia. Del giudizio altrui non le importava nulla (forse), ma degli altri in sé, come esseri viventi, come persone… tantissimo. Non riusciva neanche a concepire, né voleva farlo, come si potesse essere così menefreghisti nei confronti degli altri. «Ma come… come possono? Fregarsene così degli altri, dico. Sapere che gli altri stanno bene… o peggio, che stanno male… Come fanno a, be’, vivere, rifletté ad alta voce, stranamente assorta. La questione purosangue, invece, quella sì che le importava fino a un certo punto. O meglio, era qualcosa di totalmente scontato e assodato, su cui non si interrogava poi così tanto. Tuttavia, per quanto fuori dalla politica (e dal mondo) fosse, sapeva che la sua, di famiglia, era ritenuta purosangue di serie b.
    Ascoltò ancora le spiegazioni del fratello, pensosa, e stava per controbattere, ma Fred fece un passo falso. «lo capirai quando sarai più grande» «… eh? No!!» Si raddrizzò sulla sedia, guardando Friday negli occhi. «Non… non farmi questo discorso da Simba con Kiara!», continuò, con un tono che, non conoscendola, sarebbe potuto sembrare quasi serio. «Non hai appena detto che devo trovarmi un lavoro? Che sono abbastanza – bleah – grande da farlo?» Continuò a reggere il suo sguardo. «Parlami. Spiegami. Voglio sapere. Voglio… aiutare
    Ora non poteva più tornare indietro.
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    Doveva essere un post veloce e indolore, invece... È andata così.
    Sono sconvolta.

    Evidentemente l'aria dell'ufficio mi ispira, chissà.
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    «Sei malvagia. Sul serio»
    Fred sorrise mostrando tutti i denti, mento all’infuori ed una spalla scrollata con noncuranza. «non ci dormo la notte» per sottolineare quanto la cosa non la disturbasse, bevve sonoramente un altro sorso dal suo bicchierone di plastica. Entrambe sapevano non lo intendesse davvero, perché quello era semplicemente un piccolo sipario del loro rapporto: erano sorelle, sì, ma quei quattordici anni di differenza avevano da sempre portato con sé un senso di responsabilità che andava oltre la fratellanza. Friday sentiva, sapeva, che Thor fosse affar suo molto più di quanto non lo fosse di mamma o papà.
    Meglio così. Sapeva May e August De Thirteenth li amassero, ma da adulta, si rendeva conto che non fosse il modo corretto per amare i figli: per Sandy e Thor, Fray aveva - ed avrebbe sempre - cercato di essere una versione migliore di se stessa e dei loro genitori. Quella che entrambi meritavano. «E poi non c’era crisi? Niente posti di lavoro? Persone che mandano cv a destra e manca e non vengono mai chiamate, manco per lavare le scale?» Forse da giornalista non avrebbe dovuto dirlo, ma proprio perché praticava il mestiere, si sentì in dovere di sospirare ed incrociare le braccia dietro al collo. «non credere a tutto quello che senti in giro. C’è una seria mancanza di manodopera e di figure professionali formate adeguatamente» insomma, il problema non era trovare lavoro, era trovare quello dei sogni. Troppi laureati in una Italia Gran Bretagna non adeguatamente aggiornata per ospitarli offrendo loro le opportunità che meritavano: ecco perché la fuga di cervelli. «e di persone che abbiano effettivamente voglia di lavorare: le piccole realtà hanno sempre bisogno di mani in più. Il quidditch ti aspetta dopo il diploma, e ne avrai per tutta la vita: fai qualche esperienza diversa ora che puoi.
    Ti ho mai raccontato di quando io e Wendy abbiamo lavorato al circolo del golf di papà?»
    Sorrise entusiasta, gli occhi verde muschio ad illuminarsi.
    (Le avevano cacciate perché Fray aveva sputato nel piatto di un convinto colonialista. Era stato molto divertente.)
    Era il momento di tornare al discorso serio, ed anche l’espressione di Friday lo dimostrò. «Ma è… orribile» Non sapeva se essere felice o triste che la sorella fosse così ignorante riguardo il mondo in cui vivevano. Era un segno che le nuove generazioni stessero portando una ventata di novità? O che fossero così abituati a come funzionasse da non rendersene conto? Come già detto, loro erano e restavano una famiglia privilegiata. Anche togliendo il denaro, ed era molto da ignorare (in tutti i sensi) erano una famiglia con pedigree. Avevano avuto tutto ciò che avevano voluto, senza faticare più del necessario. Essendo parte del mondo magico, non avevano neanche dovuto combattere il patriarcato. Fray trattava i pregiudizi di sangue esattamente come un babbano avrebbe trattato quelli razziali: sapeva che il mondo fosse così; cercava, almeno lei, di essere diversa. Fare qualcosa in merito. L’idea della Resistenza non l’aveva neanche mai sfiorata, perché – da cittadina comune – li reputava solamente dei fanatici che creassero disordini di cui davvero, davvero, non avevano bisogno.
    Ci credeva davvero, che andasse cambiato dall’interno. Non rivoluzionato, solo alterato.
    «Ma come… come possono? Fregarsene così degli altri, dico. Sapere che gli altri stanno bene… o peggio, che stanno male… Come fanno a, be’, vivere?» Le rivolse un’occhiata dubbiosa, labbra strette fra loro e sopracciglia corrugate. Non era forse così che aveva vissuto tutta la sua vita? In modo meno estremo, ma comunque. Fray, da adulta badger, riconosceva i propri privilegi ed errori. Non ne andava fiera. Sorrise all’entusiasmo di Thor, riconoscendo nell’indignazione della sorella la propria.
    Minchia. Aveva proprio preso tutto da lei.
    «Non hai appena detto che devo trovarmi un lavoro? Che sono abbastanza – bleah – grande da farlo? Parlami. Spiegami. Voglio sapere. Voglio… aiutare.»
    Non era certa di saperlo fare. Studiò l’espressione di Thursday, la lingua ad umettare le labbra. Era abbastanza grande da aver sviluppato un senso critico proprio, no? Fray alla sua età istituiva rivolte presentandosi a lezione con la divisa dei Wildcats – casata a cui non poteva accedere perché gender specific; ugh, my ass – e non trovava quel discorso particolarmente… diverso. Sapeva anche Thor fosse consapevole che il trattamento non fosse eguale per tutti. Cosa le stava chiedendo, esattamente? «parlano così perché sanno di poterlo fare» spiegò, gentilmente. «non ho un’idea specifica di quale articolo scrivere in merito. Mi occupavo solamente di… indagini generali, per farmene un’idea. La “vecchia scuola” non dovrebbe essere una priorità» sì, avevano diritto di voto (teorico, mica si votava davvero) e detenevano il potere in quel momento, ma era nel futuro che Fray nutriva speranze. Nei giovani. In Thor, ed i suoi compagni. «aiutare?» potevano? Forse era una discussione che non erano pronte a fare, né l’una né l’altra. Richiedeva più strategia di quante entrambe in cuor loro avessero. «basta non essere come loro. Il cambiamento inizia da te» che saggia, Friday.
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