I might have accidentally let the darkness eat the light

ghost-0325 + contenitorediplastica-0987

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    Fare dolcetto o scherzetto non è mai stato così divertente, vero? dopo aver raccattato cataste di cioccolatini che forse contenevano del liquore o chissà cosa(adulti infami) vi ritrovate per strada i corridoi convinti che il demonio vi stia seguendo, ed effettivamente avete ragione: qualcuno vi sta seguendo.
    ma sarà effettivamente il demonio?
    ghost-0325 +
    contenitorediplastica-0987
     
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    Mood non condivideva l’adolescenza dei suoi coetanei. La capiva? Sì, grazie tante, non ci voleva molto per comprendere che avessero tutti bisogno di attenzioni, e le cercassero nel modo che a loro venisse più comodo. Riconoscimento dagli adulti, dalla famiglia, dagli amici, dal mondo, a conti fatti poca differenza faceva, così come non portava diversità alcuna sul piatto che lo facessero con droghe, istinti suicidi, o tendenze assassine. Perfino Check comprendeva la basicità della loro generazione, e se ci arrivava il Vibe, era un informazione davvero alla portata di tutti.
    Ed era così triste. Così patetico, che nessuna delle cose alt grunge che facessero, fosse semplicemente per loro stessi. Era sempre per o a causa di, e mai per merito. Un’ideologia troppo diversa dalla sua perché potesse trovarcisi affine, perfino quando fingeva di essere come loro. Non gli interessava il riconoscimento. Otteneva sempre quel che voleva perché se lo guadagnava, e non gli importava affatto che gli altri non capissero che fosse lui l’artefice – del suo destino, ma banalmente anche del loro, quando si annoiava. «odiate il gioco, non il giocatore» mormorò con un mezzo sorriso, infilando una mano in tasca e porgendo quella libera al gruppetto di ragazzini incrociato nei corridoi. Caramelle speciali, le avevano definite fra un bisbiglio e l’altro. Quasi sicuramente l’unica cosa di speciale che avessero era il tetano, ma già che si trovava da quelle parti, era suo onere ed onore rovinare il divertimento dei suoi compagni. Caso mai si fosse trattata davvero di droga, e stessero per fare il trip della vita.
    Non era molto, ma era un lavoro onesto.
    Avevano cercato di resistere alzando il tono di voce – oh, vi prego - e tentando di intimidirlo con la stazza – sapeva di essere un pidocchio; amen – ma Mood aveva dalla sua parte un intero sistema fondato sulla paura e sul terrore. Il bello di unirsi ad una partita conoscendo le regole, e non alla cazzo di cane come tutti gli altri. Il manuale dell’esistenza, se l’era letto e annotato. «potete fermarmi dal prendervi la caramelle, ma poi dovrei… togliervi punti. Non vorrei che i vostri compagni vi odiassero per una cosa così banale» Mood Bigh non faceva paura. Sapeva di non fare paura, e non era mai stata alcuna delle sue intenzione farne – anzi. Poteva però giocarsi tutte le altre carte, e quelle dipendevano dal suo interlocutore: l’astio dei compagni; la delusione del responsabile casata; chiamare in soccorso colleghi di spilla che incutessero più timore di lui (chiunque. Davvero chiunque. Perfino Mort Rainey); la sala delle torture. La sua preferita, ad essere onesti. Un Jolly che si giocava molto più spesso di quanto nessuno sapesse.
    Ovviamente, avevano ceduto. Si era beccato i soliti insulti per i quali avrebbe pianto tutta la notte chiedendosi perchè non fosse come gli altri, perché nessuno lo amasse, ah vita tapina, tutti ce l’hanno con me, non vogliono essere miei amichetti, morirò da solo eccetera eccetera, la sua vita era rovinata ufficialmente dall’opinione che di lui avevano persone che manco sarebbero arrivate al diploma, e via dicendo. Tutta la trafila dell’umiliazione e la vulnerabilità emotiva di un quindicenne, perché fosse mai che se ne fottesse meno di zero. Dopo quanto si erano impegnati? Avrebbe ricordato le loro parole per sempre, davvero sempre, tipo 0.03 secondi. Non sarebbe mai andato avanti.
    Andò avanti.
    Proseguì la ronda per le scale, salendo al piano infestato. Stava contando la refurtiva in tasca – poteva rivenderla? Voleva rivenderla? Magari avrebbe fatto la buona azione del giorno, e le avrebbe regalate a Check; che ci facesse quel che preferiva – quando percepì la Presenza.
    Si fermò. Corrugò le sopracciglia.
    Convinti che il demonio vi stia seguendo.
    Quindi sicuramente «check?»
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    «Fai dolcetto e scherzetto come i bambini, Otaku
    Dara si prese il proprio tempo per girare la testa e guardare il ragazzo. Non lo squadrò neanche, si limitò a fissarlo con sufficienza e noia. Il coetaneo rideva, i suoi due amici stupidi ridevano - ma tutti e tre sembravano sulle spine, molle pronte a scattare alla rabbia del coreano o a suoi gesti improvvisi... che però non arrivarono. Dara, invece che arrabbiarsi, si tolse di bocca con calma il leccalecca con un sonoro "pop", facendo ondeggiare con l'altra mano il secchiello di caramelle. A volte il freaks che gli piaceva di più essere, era il flemmatico Barrow; non poteva mica sporcarsi di continuo le mani (anche perchè non eccelleva così tanto in corpo a corpo da averla vinta uno contro tre e ficus era lontano).
    «sei proprio stupido come sembri, cazzone» alzò le caramelle. «non lo sai che il vostro dolcetto o scherzetto nasce da un'antica tradizione magica coreana?» sollevò le sopracciglia. C'era solo una cosa che zittiva sempre i razzisti moderni, soprattutto quelli giovani: «o forse lo sai ma sei un razzista di merda?» che gli venisse detto che lo fossero.
    li vide arrossire, borbottare cose, dire che no, certo, razzisti loro? Mai! Non contro altri maghi !!11 Intendevano fai dolcetto o scherzetto come i bambini inglesi ma nel senso buono!!1 Cioè no davvero erano seri non stavano mica prendendo in giro le sue tradizioni perchè era coreano, ovvio, tradizioni coreane, sì certo la conoscevano (pazzesco, visto che Dara se l'era appena inventato; non faceva che avvalorare la tesi che fossero stupidi e razzisti).
    Ma dara manco li ascoltava più.
    Agitò una mano in aria, e tornò sul suo cammino, per controllare il bottino che aveva racimolato dalle cucine e dai dei ragazzini.
    A parte che dolcetto o scherzetto era fikissimo, e quindi non si potevano permettere di insultarlo per quello e basta (ma, again, non era il giorno per fare a botte) ma poi no, non lo stava facendo davvero il famoso trick or treat (a hogwarts........ duh ma in che senso che si fumavano quelli?), non proprio. Era a caccia.
    Aveva sentito dire che giravano per la scuola delle dosi di una potentissima droga allucinogena, pura e fantastica, di quelle che producono i mafiosi più dark per poi farle vendere alle loro figlie adolescenti nei locali clandestini di cui tutti sanno l'esistenza. Ci avevano anche dedicato un'intera serie tv i babbani, quindi doveva essere roba buona, di qualità eccelsa. Jingle Jangle. Il nome era ridicolo forse, e a quanto pareva andava forte fra i nerd che amavano G&G, ma che importava? Se ti faceva fare viaggioni assurdi, voleva trovarla, per portarla ai Ben10 e passare una serata diversa - basta erba, basta roba da poveri: giocavano con i grandi adesso, facevano quasi tutti il quinto anno ormai !! Non si era mai fatto di roba pesante - non fumava neanche se non per compagnia - ma sembrava perfetta per iniziare. Amava le caramelle!!
    ... peccato che ad ora non avesse capito quali caramelle fossero le Jingle Jangle, e se fosse riuscito a prenderle o no. Aveva assaggiato qualche caramella nell'arco della caccia (*furti ai bimbetti; c'è un motivo se si dice "facile come rubare una caramella a un bambino"), ma si sentiva... sempre il solito? Non poteva portare l'intero cestino ai suoi amici, lo avrebbero preso per idiota! E se neanche ci fosse stata la droga fra quei dolci, ma erano normalissime stringhe di zucchero?
    Continuò a camminare per il castello con l'idea di tornare nei dormitori perchè doveva starsi avvicinando l'ora del coprifuoco... non ne era sicuro... il tempo sembrava essersi dilatato... - ma non se ne preoccupò, era normale per lui sentirsi così: Dara aveva sempre sonno, e quindi era sempre un po' con la testa fra le nuvole; era parte del suo fascino, e dormire solo due ore al giorno gli donava il perfetto aspetto svogliato che tanto i suoi fan amavano.
    Si stropicciò gli occhi, girò l'ennesimo corridoio, scese (o salì...?) le scale... svoltò a destra... solo le sue scarpe di marca a pestare la pietra e rimbombare per i corridoi e il suono del leccalecca che ciucciava ancora e quegli altri toc toc toc lenti che potevano essere zoccoli sul pavimento.
    ...
    ...
    neeeeah doveva essere l'eco dei propri passi. Non c'era nessuno in vista.
    ...sentì qualcuno parlare.
    Erano i quadri, per forza.
    Si fermò. Il rumore dei passi continuò.
    Uh.
    Si guardò intorno, e si rese conto di essersi perso. Cercò alle proprie spalle nel buio, ma non vide nessuno. Eppure chiunque fosse che aveva parlato, che stava camminando nello stesso piano, lo stava seguendo. Ora ne era convinto! Sì, certo! Lo sentiva nelle ossa lo stavano inseguendo volevano lui lo avrebbero ucciso.
    Dara deglutì e provò ad aprire una porta. Chiusa. Riprovò. Di nuovo chiusa. Perchè era csì buio? Perchè era tutto chiuso?? LE aule non restavano sempre aperte-...?
    ...finalmente, finalmente capì dov'era. Perchè il buio, le aule chiuse. Qualcuno.
    Il piano infestato.
    Il cuore iniziò ad aumentare il suo battito.
    No... no non era sicuramente niente di pericoloso a starlo seguendo.
    Poteva essere un prefetto. Poteva essere il custode.
    Le storie del piano infestato erano false. Per forza! Non era finito lì perchè... attratto... magicamente... dalla forza oscura... perchè lui era il principe delle tenebre...
    oddio era stato attratto lì dalla forza oscura perchè lui era il principe delle tenebre.
    «Il gargoyle king.............» non aveva mai sentito - pensato - prima questo nome ma ora !! lo sapeva !! era lui !!!
    Apparve una luce oltre un angolo in fondo al corridoio, e si schiacciò al muro per nascondersi.
    "Un prefetto. Un professore. Un-"
    Qualcosa di grosso, più di un essere umano normale.
    "UNA PERSONA MOLTO ALTA!"
    Ci fu un belato. Come quello di una capra. Come quello che avrebbe potuto fare satana se fosse stato come lo rappresentavano metà capra.
    "NOPE DARA OUT!!!!!!"
    Senza pensarci oltre, iniziò a correre per la parte opposta del corridoio, facendo cadere a terra, nella fuga, dei dolcetti - senza neanche farci caso. Si guardò alle spalle, per assicurarsi il demone non lo stesse seguendo-
    E sbattè contro qualcosa.
    «AAH!» IL GARGOYLE KING L'AVEVA PRESO si voltò di scatto-
    No era solo il prefetto serpeverde.
    Ci pensò, eh, di usarlo come esca e mandarlo nelle fauci della capra gigante, e alla fine decise che era più utile da vivo che da morto.
    Poteva fargli da scudo umano. Oppure seplicemente fare numero perchè negli horror non bisogna restare da soli sennò sei quello che morirà di sicuro.
    «puoi credermi o non credermi ma il gargoyle king mi sta inseguendo per rendermi il suo vassallo e dobbiamo scappare. ORA!»
    No non lo afferrò per manina come in un romantico yaoi in cui i due poi si chiudono in una stanza tutti soli: mood bighera un dito nel culo, e non in senso buono. Dara non scherzava quando pensava che l'avrebbe abbandonato alla Bestia, se fosse servivo, perchè sapeva che l'altro avrebbe fatto lo stesso. Lo conosceva? no. Ma shentiva che era così: esistono i prefetti fighi come sersha kavinsky, cj knowles e barry cooper...
    e poi esistono i mood bigh, i tipi di prefetto che i suoi genitori avrebbero voluto dara fosse. Quindi grazie, ma no grazie.
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    4:09
    ci penso, domani



    scusa sara so che vuoi nuovi amiki per mood e di dara magari prenderai la figurina da ben ma avevo già role con gli adulti che volevo ruolare e potevano starci #wat avevo già deciso di portare dara ahogwarts


    non ha senso niente l'unica certezza è la droga il resto lo scopriremo
     
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    Non era Check.
    Onestamente, l’avrebbe preferito - che era tutto dire.
    Sbattè contro qualcosa, disse Dara, senza tenere in considerazione il fatto che Mood gli arrivasse poco oltre le spalle, fosse fermo, e quel contatto fosse inaspettato. Dire che l’impatto fosse stato poco piacevole, sarebbe stato un eufemismo. Soffiò d’istinto la poca aria rimasta nei polmoni, spalancando gli occhi scuri sul lanciatissimo proiettile coreano, afferrando con una mano l’angolo della parete per restare in equilibrio e con l’altra il minchione compagno frenandone l’andatura.
    Ma che
    cazzo.
    Non ebbe neanche modo di fingere che gli importasse con un tutto ok? né di ingoiare il proprio piccato risentimento, prima che l’altro aggiungesse qualcosa di totalmente senza senso (gli ricordava qualcuno: how to be random. I won’t elaborate.) che sancì, per l’ennesima volta, l’estrema alienazione di Mood Bigh rispetto al resto dei suoi compagni. «puoi credermi o non credermi ma il gargoyle king mi sta inseguendo per rendermi il suo vassallo e dobbiamo scappare. ORA!»
    Lui -
    Cosa.
    Ovviamente, Mood non lo seguì. Non fu neanche in grado di appiccicarsi in volto un’espressione amichevole, impegnato com’era a mantenerla neutra ed evitare che il fastidio vincesse su tutto il resto. Rimase immobile, battendo lentamente le palpebre verso il compagno, cercando – e fallendo – di dare un senso a quanto appena pronunciato. A parte che, come poteva dirlo senza essere rude, non era un suo problema chi volesse o meno renderlo suo vassallo, e non vedeva come quel fatto implicasse dovesse scappare anche lui, ma poi – mh. Gargoyle King.
    Ma che cazzo fumavano in quel di Hogwarts.
    Si prese un battito di secondo per decidere come muoversi, chi essere, ed alla fine concluse che visto lo stato alterato di Dara, poteva permettersi di essere un misurato se stesso. Abbozzò un mezzo sorriso, e fece Il Gesto – pollice a sfregare sul naso; per veri intenditori – reclinando il capo sulla spalla. «scappare non ti rende forse già un suo vassallo?» Non credeva fosse inseguito da qualcosa, ma in effetti… perchè no, ad Hogwarts succedevano cose strange forti. Alzò la voce per farsi sentire nonostante il coraggiosissimo Serpeverde gli avesse già dato la schiena, e fece spallucce.
    Magari qualcosa lo inseguiva davvero e l’avrebbe ucciso (oh no. Anyway) o magari no: in entrambi i casi, sembrava divertente. Lo osservò di sottecchi, arricciando il naso. «non mi permetterei mai di giudicarti, ma sembra un po’ … sai.» gli indicò la via di fuga davanti a lui, stringendo le labbra e offrendo nuovamente una scrollata di spalle.
    Vile.
    Codardo.
    Meschino.
    Poteva pescare dal mazzo.
    «non sarò io a fermarti. Vai pure» alzò le mani in segno di resa.
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    i ben10 la sua condanna. escono dalle fottute pareti ..............................
     
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    Non perse tempo a pensare che la tachicardia e il senso di disagio potessero essere frutto della propria immaginazione, della droga, o di un disturbo di ansia generalizzato non diagnosticato perchè la psicomagia era una branca relativamente nuova e i suoi genitori, come il peggior stereotipo di famiglia asiatica che si rispetti, non erano grandi fan del concetto nonchè di ammettere che i propri figli potessero avere problemi da guarire per cui non bastasse la loro volontà (cosa? cosa) - serviva a poco soffermarsi su quisquiglie, quando il rischio, se il suo sentirsi seguito fosse stato vero e i suoi sensi non lo stavano ingannando, era essere uccisi.
    Peccato il prefetto serpeverde non paresse interessato. Ho già detto che era una piaga?
    «scappare non ti rende forse già un suo vassallo?»
    Miiiiiiiinchia. Dara si voltò di nuovo a guardarlo, sguardo confuso e scocciato. «vassallo, sostantivo maschile. Nella società feudale, uomo libero che si rendeva soggetto a un signore mediante il contratto di vassallaggio. Per estensione e senso figurato, suddito o subordinato; come aggettivo allude a uno stato di vergognosa servitù.» di solito non recitava il vocabolario inglese a memoria (seppur fosse ancora il suo coping mechanism per calmarsi; la storia nel dettaglio del figlio di immigrati che si studia definizioni a caso per imparare meglio la lingua inglese, visto che parla solo il coreano in casa, per evitare così di venir preso in giro, la rimandiamo a un'altra volta), ma di solito non era (fatto come un cocco) inseguito da una bestia con la sola compagnia di una palla al piede.
    «se scappo non divento suo vassallo» forse il prefetto intendeva mOrAlMeNtE, perchè lo obbligava a scappare, ma... no. Preferivo scappare ciao. fece una smorfia alzando le braccia, e poi quotò la grande saggia: «duh?» non billie, sara sr. Sei tu la grande saggia ti penso sempre scrivendo "duh".
    Ma no.
    Niente.
    La merdina insisteva.
    «non mi permetterei mai di giudicarti, ma sembra un po’ … sai.»
    Strinse gli occhi.
    Sapeva cosa stava facendo: dara poteva non essere del tutto in sè (questo se lo riconosceva), ma capiva quando veniva (preso per il culo e) sfidato.
    Si morse l'interno della guancia, soppesando la cosa.
    Ovviamente avrebbe... rifiutato... non sarebbe caduto nella trappola....... sapeva che era una trappola......................sarebbe stato stupido....... caderci.......... «non sarò io a fermarti. Vai pure»
    che figlio della merda.
    Già se lo vedeva, a decantare per la scuola che dara sunwoo (sapeva il suo cognome? Avrebbe dovuto) se la dava a gambe di fronte al pericolo.
    "Sono un serpeverde. Scappiamo per vivere un altro giorno. Non c'è niente di male a scegliere le proprie battaglie..........................."
    Se non che era tutta la vita che doveva dimostrare di essere in grado di fare come - meglio! - degli altri.
    «d'accordo, non mi credi» aprì il braccio, e sorrise. «se non mi credi e non hai di meglio da fare, puoi andare tu»
    Intanto, i passi di capra si avvicinavano, da qualche parte del buio.
    Dara era competitivo, non stupido.
    ...cioè era anche stupido, ma non a livello di un grifondoro. Non cadeva subito in trappole mortale.
    ... ... ... «...davvero non senti niente?» non sei fatto un pochino? non c'è più la presenza di check in giro? rude.
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    ci penso, domani
     
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    «vassallo, sostantivo maschile. Nella società feudale, uomo libero che si rendeva soggetto a un signore mediante il contratto di vassallaggio. Per estensione e senso figurato, suddito o subordinato; come aggettivo allude a uno stato di vergognosa servitù.» Chiunque fosse così insicuro delle proprie scelte – di parole, di vita – da dover dare spiegazioni, non meritava la considerazione di Mood. Dopo averlo osservato una manciata di secondi, aggrottò lievemente le sopracciglia, mostrando una confusione che non provava, ed una tenerezza, nel sorriso curvato verso il compagno, che non sentiva. «grazie» detto con il tono morbido e sincero con cui avrebbe ringraziato qualcuno che gli avesse passato il sale anziché l’olio a tavola: apprezzando il pensiero, e chiedendosi al contempo cosa fosse andato storto nelle loro capacità cognitive e comunicative. «se scappo non divento suo vassallo. duh» oh, amore [condiscendente]. Era il momento in cui gli citava la sua stessa risposta rimbalzandogli lo stato di vergognosa servitù? Nah, al Bigh non piaceva sottolineare quanto gli avesse dato ragione ragione, e nella sua spiegazione si fosse insultato da solo; era quel genere di battuta per pochi che amava tenere per sé. Come diceva tiktok il detto: the girls who get it, get it; the girls who don’t, don’t. Inarcò le sopracciglia stringendosi debolmente nelle spalle. «probabilmente hai ragione» perché dare il contentino faceva il lavoro meglio che continuare a remare contro. «d'accordo, non mi credi. e non mi credi e non hai di meglio da fare, puoi andare tu» Chi aveva detto che non gli credesse? Lo reputava improbabile, certo, ma non era quello il fulcro della questione: a Mood, non importava, che fosse o meno vero. Era diverso. Non l’avrebbe corretto, perché aveva una reputazione. Lo osservò incuriosito, spostando l’attenzione da Dara al corridoio alle sue spalle.
    Li sentiva, i passi?
    Ebbene. Ora che Dara aveva smesso di parlare e tintinnare come una campanella, poteva percepire qualcosa provenire dalla direzione indicata. L’interesse atipico e selettivo del Serpeverde drizzò le orecchie, lasciando al Mood l’ingrato compito di mantenere un’espressione del tutto neutra, eccetto per una chiazza di sincera preoccupazione nei confronti della salute mentale del compagno. «sei sicuro di stare bene?» suonò impensierito, come se il benessere di Dara potesse avere un qualche peso specifico nella sua esistenza, ma non allarmato. Rimase a guardarlo ancora per qualche secondo, lasciando che lo sguardo scuro indugiasse sul compagno con una nota di vago compatimento.
    Poi si affacciò.
    Il corridoio del piano infestato non era illuminato quanto il resto di Hogwarts – su cui comunque, si tendeva a risparmiare, lasciando sempre un sentore di pericolo ed inquietudine a permearne le pietre: c’era la crisi – e perfino i quadri erano deserti, mostrando principalmente paesaggi. Dalla sua posizione, riusciva ad intravedere il dipinto di una magione abbarbicata ed abbandonata su una collina. Mood non provava paura. Come base di vita, gli mancava quel tocco di sopravvivenza che un giorno – chissà. Magari a breve – avrebbe fatto la differenza fra vivere o morire. Non era una scelta, era un effetto collaterale dell’avere una mente troppo veloce, e più pensieri di quanti potesse contenerne: non c’era posto per il timore. Così come la sorpresa, difficile da leggere nei tratti allenati, e ben addestrati, di un sempre imperturbabile Mood Bigh.
    Lo vide. Con la coda dell’occhio, lo vide.
    C’era qualcosa in avvicinamento, qualcosa di alto, e bianco. Non traslucido come i fantasmi, ma bianco come l’assenza di colori, una tela intonsa che assorbiva vernice anziché lasciarsi imprimere dal pennello. Aveva una maschera che pareva fatta d’ossa, ma del colore sbagliato - nessun osso era così bianco, non quand’era vero. - ed un paio di corna rosse e affilate, lame già intinse di sangue secco.
    Magari era uno scherzo a Dara. Magari era uno scherzo a lui. Magari quel genio incompreso del suo compagno di casata, aveva davvero fatto un qualche tipo di patto di sangue proprio nei giorni in cui il confine fra i mondi era più sottile.
    Sospirò piano, la lingua ad umettare le labbra. «dara...» corrugò le sopracciglia, spostando lo sguardo dal corridoio al ragazzo. «qui non c’è niente» I haven't gaslighted anyone in a couple days. feeling: incomplete. Cit
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    "Posso cercare di capire che mi sta raccontando cazzate?"
    Eli's voice: ok, fammi un tiro di percezione.
    "12+1(sag)"
    Mmmmh capisci che c'è qualcosa che non funziona, ma non riesci a capire esattamente cosa. Non ti fidi di Mood, ma non puoi essere certo ti stia mentendo.


    Dara strinse lo sguardo, occhi scuri sul nanerottolo serpeverde. Il suo cuore gli diceva che il prefetto si stava prendendo gioco di lui, ma la sua mente era annebbiata come sarebbe stata da una birra di troppo, e non riusciva ad afferrare con precisione la realtà: era lucido, ma non abbastanza.
    «sei sicuro di stare bene?»
    No, onestamente no. Gli girava la testa, ma si sentiva allo stesso tempo euforico e pieno di energie. Stanco, ma senza il desiderio di andare a coricarsi, anzi. Era sorpreso dalla domanda, ma ancora troppo sul chi vive per emozionarsi e credere che il Bigh fosse più gentile di come una prima impressione gli aveva dato. Si sentiva brillo e confuso e sovreccitato e in ansia, pur senza aver bevuto alcunchè.
    «sto bene» mentì secco.
    Se anche non fosse stato bene, non lo avrebbe detto a lui, non quando lo guardava con sufficienza. Oppure... oppure gli interessava davvero di lui...
    «dara... qui non c’è niente»
    1) non sapeva fossero così in rapporti intimi da usare i nomi propri.
    2) gli stava dicendo una puttanata.
    Per forza.
    Dara sentiva il gargoyle king fosse vicino, sempre più vicino. Come poteva non percepirlo anche l'altro, nello stomaco e nell cuore in gola?
    «perchè» indietreggiò, per non perdere tempo, ma non diede le spalle al Bigh e al mostro in avvicinamento. «perchè neghi. Lo sai che ho ragione»
    Non poteva ancora vederlo, ma nella sua mente l'immagine del Re caduto era sempre più netta.
    Vestito di nero come la morte, rami e foglie del bosco ornate di bacche rosse come il sangue, una maschera bianca come il silenzio. Non aveva bisogno della vista, per sapere che era lì, per sapere com'era fatto. Prima di allora non ne aveva mai sentito parlare che ricordasse, ma non ce n'era bisogno.
    «lo senti anche tu»
    (mood: ??? no
    fine.)
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    «perchè...perchè neghi. Lo sai che ho ragione»
    Era un’immagine patetica. Triste. Umiliante.
    Mood Bigh gli volle sinceramente bene, negli zero punto tre secondi in cui il compagno guardò oltraggiato e combattuto. Lo vide indietreggiare, e provò un senso di profonda soddisfazione nel sentire quanto fosse terrorizzato, ed allo stesso tempo esitante. Curvò le labbra verso il basso, arcuò entrambe le sopracciglia, e si piazzò negli occhi il suo miglior sguardo onesto, ed impensierito. «mi… dispiace?» tentò, mostrandosi mortificato, abbassando lo sguardo sul pavimento e re indirizzandolo poi verso il corridoio. «non sto … perchè dovrei mentirti» perché era una merda, ed anche felice di esserlo, ma non era un problema che riguardava il moro. «magari hai visto l’ombra di qualcuno? Possiamo andare a controllare, se ti va» si affacciò ancora oltre il corridoio dal quale proveniva il re gargoyle. Ma cos’era. Mood non era fatto, eppure riusciva a vederlo. Non sembrava una...persona mascherata. Che qualche medium si stesse divertendo con il proprio amichetto infero? Gli sembrava in assoluto l’opzione più probabile, ma la Fitzgerald si era diplomata – e sì, avevano frequentato solo pochi mesi insieme, ma la sua fama la precedeva, e sapeva che quel genere di cosa sarebbe stata perfettamente nelle sue corde, con un’entrata in scena altrettanto trionfale. «non sento niente» [channeling: betta voice] anche se infuse il tono piatto dell’infermiera con un minimo di calore, giusto per fingere di avere un’anima. «tu cosa...senti»
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    Mood Bigh stava riuscendo perfettamente a far vacillare la sicurezza di Dara, ma c'era una cosa da considerare: non gliene fregava una sega di quello che pensava l'altro. Se anche il prefetto fosse stato sincero nel non sentire la presenza del Gargoyle king, se anche davvero stava considerando il compagno serpeverde pazzo... beh, che importava? Poteva andare a dire quel che voleva del Sunwoo - anzi; gli avrebbe fatto un favore a raccontare in giro che era fuori di testa. Tutti punti freaks per la sua scalata verso il successo.
    Bene o male, l'importante è che se ne parli, giusto?
    «non sto … perchè dovrei mentirti»
    «perchè non siamo amici» erano al di più conoscenti, seppur non nemici in quanto mai si era presentata l'occasione di esserlo. Peccato: ogni grande protagonista ha la sua palla al piede; mcmort anyone? «Perchè ti annoi. Perchè sei alleato di quella cosa. Perchè sei un bastardo» si strinse nelle spalle. «Scegli la tua versione; ne ho altre» cit le follie dell'imperatore, perchè le serate film con la gemella ogni tanto si rifacevano vive nei momenti peggiori.
    «magari hai visto l’ombra di qualcuno? Possiamo andare a controllare, se ti va»
    Strinse lo sguardo nell'osservarlo, cercando di capire quanto si stesse trattenendo dallo strabuzzare gli occhi al palese mostro in avvicinamento nelle ombre. Ormai il Re sapeva che erano lì, e o scappavano subito, o scappavano subito.
    Ancora lo sfidava a rischiare la vita per dimostrare di avere ragione; quanto ci teneva, Dara, ad averla? Abbastanza da rischiare la vita?
    «non sento niente» ancora. «tu cosa...senti»
    «cazzate.» allungò la mano così rapida che il Bigh non avrebbe avuto l'occasione di spostarsi (sebbene avrebbe potuto farlo... tipo subito dopo), una mano a tenerlo fermo e l'altra sul collo dell'altro. No, non per strozzarlo (ma sarebbe stato bello............... il primo assassinio!! che emozione!! ma non ne valeva la pena sprecarlo così meh) ma piazzargli indice e medio sulla giugulare, il luogo dove di più si sarebbe sentito il battito del cuore dell'altro. Puoi essere un bravo bugiardo, ma (i telefilm insegnavano che) ci sono modi in cui il tuo corpo può tradirti. «sento che non sei sincero. E sento dei passi strani, non di scarpe sul pavimento. sento che c'è qualcosa di oscuro, qualcosa di potente. Sento la magia nell'aria fremere. Sento un formicolio addosso come se qualcuno mi stesse osservando. Sento che il Gargoyle king ci vuole. E l'ho visto» di sfuggita, ma l'aveva visto. «siamo a hogwarts. È il posto più pericoloso del mondo: un re dei demoni che passeggia per un corridoio mi pare più che credibile, mi pare probabile. a te no?»
    si staccò. Sempre se l'altro non gli aveva staccato le mani X D chissà. Chissà!! se mood avrebbe fatto cose, ignora pure il resto.
    «...d'accordo, andiamo a controllare. Sei prefetto, è tuo dovere farlo» c'era un limite alle sfide che sapeva accettare. purtroppo. si scansò stringendo la bacchetta, e spingendolo in avanti. «ma tu stai davanti» tanto non aveva paura.
    Se fossero sopravvissuti, sarebbe stata una favola pazzesca da raccontare ai suoi bro
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    «perchè non siamo amici» Mood avrebbe voluto roteare gli occhi al cielo, o perlomeno fissarlo, privo di espressione, fino a che non si fosse reso conto di quanto quella replica fosse stupida e vuota. Non nutriva particolari speranze verso il genere umano, ma capitava che le sue aspettative scendessero comunque sei metri sotto terra. Un giorno avrebbe compreso da sé quanto ridicola fosse stata quella presa di posizione, quando avesse capito che agli amici si mentisse eccome, e che le bugie non dipendessero da alcun legame emotivo, neanche il più sardonico e asciutto. Non erano neanche nemici.
    A nessuno dei due importava abbastanza dell’altro.
    Doveva trovare una motivazione un po’ più solida. «Perchè ti annoi. Perchè sei alleato di quella cosa. Perchè sei un bastardo» Mh, ok. Molto da spacchettare. Battè incredulo, innocente, le ciglia, stringendo il labbro inferiore fra i denti ed osservandolo spaesato. Per carità, era tutto vero, ma non aveva mai dato modo di far credere a nessuna delle precedenti. Avrebbe potuto concedere un margine di dubbio a chiunque sulle capacità di guardare oltre, e capire gli schemi dietro lo sguardo caldo del Bigh, dopo quelle parole; non a lui, però. Non era chiaramente abbastanza furbo per aver partorito teorie simili tutte da solo. «che gente frequenti?» domandò, sempre un poco preoccupato. Avrebbe potuto rispondere che non lo conoscesse, e di conseguenza, tutto potesse essere vero, ma Mood aveva dalla propria parte i fatti, che paradossalmente, coprivano sempre le sue cazzate. Tipo che: erano nella stessa casata da mesi, e non si erano mai parlati. Se Mood fosse stato il genere di persona dipinto dall’altro, l’avrebbero fatto. Avrebbe sentito il suo nome sulla bocca di altri. Ma no, chiunque ricordasse il nome di Mood, si limitava a stringersi nelle spalle. In pochi avevano un’idea su di lui, e se l’avevano, era in positivo.
    Mood Bigh era un bravo ragazzo. Noioso, ma normale.
    Al contrario di qualcun altro.
    Chiaramente un disturbato.
    Perchè nessuna, nessuna, persona sana di mente, avrebbe piazzato, disarmato, entrambe le mani su uno sconosciuto, l’una a bloccarlo sul posto e l’altra… l’altra? Sentì il tocco gentile delle dita sul collo, e fu così assolutamente casuale e diverso dal resto della sibilata conversazione, che superato il primo istante di confusa rabbia, capì quale fosse il punto della situazione. Se fosse stata una minaccia, avrebbe premuto un po’ di più le mani nella carne. Magari non abbastanza da lasciare il segno, ma quel tanto necessario a rompergli i coglioni.
    Invece no. Gli venne da ridere.
    Abbassò il capo, lo sguardo a saettare sul polso del compagno. Cazzate, diceva.
    Beh. Era tutto vero - cit.
    Dara Sunwoo, Ruben, come cazzo si chiamava, non poteva sapere che avrebbe rimpianto di non averlo ucciso quel giorno. Mood era come l’incubo dei ragni: quando ne vedevi uno nella stanza, lo fissavi per timore di quanto sarebbe accaduto una volta perso di vista, e quando immancabilmente accadeva, non potevi fare a meno di domandartene le – assurde; esagerate – conseguenze, iniziando a sentirlo zampettare ovunque. Ecco, lui era quello, eccetto che la minaccia fosse reale e nessuno lo capisse.
    L’audacia di quel gesto, un giorno, gli sarebbe tornata indietro. Il Bigh era un ragazzo paziente, e rancoroso e vendicativo. Non avrebbe reagito in quel momento, non gli piaceva la violenza né scegliersi battaglie che sapeva di non poter vincere. Ma un giorno? Un giorno Mood si sarebbe trovato al posto giusto nel momento giusto, e Dara non avrebbe mai saputo cosa rimpiangere.
    Alzò appena lo sguardo, osservandolo di sottecchi da sotto lunghe ciglia scure. Sapeva cosa l’altro stesse sentendo sotto i polpastrelli, perché il suo stesso cuore a pulsare veloce, Mood poteva sentirlo sulla lingua ed i denti. Poteva leggerci quello che gli pareva – paura, menzogne - ma la verità era che fosse stupore, e rabbia. Una ferocia controllata, non era Check, ma presente sotto la pelle ambrata, appena fuori dalla portata delle dita del compagno.
    Poteva almeno scrollarselo di dosso.
    Cercò gli occhi di Dara, le cui pupille dilatate avevano ormai ingoiato buona parte dell’iride, e privo d’espressione, senza distogliere lo sguardo dal suo, alzò lentamente entrambe le mani – disarmate, al momento - ma non per spingerlo via. Con gesti misurati e intenzionali, fece scivolare le dita sulla cravatta, stringendo il nodo e sistemando una camicia appena scomposto da gesti ruvidi dell’altro. Infilò un dito nel colletto, tirandolo quanto bastava da permettergli di percepire meglio il codice morse del vaffanculo in ogni battito.
    «sento che non sei sincero. E sento dei passi strani, non di scarpe sul pavimento. sento che c'è qualcosa di oscuro, qualcosa di potente. Sento la magia nell'aria fremere. Sento un formicolio addosso come se qualcuno mi stesse osservando. Sento che il Gargoyle king ci vuole. E l'ho visto. siamo a hogwarts. È il posto più pericoloso del mondo: un re dei demoni che passeggia per un corridoio mi pare più che credibile, mi pare probabile. a te no?»
    Chissà se sentiva le sue stesse parole, o se aveva una specie di filtro ad impedirgli di comprendere la quantità di vaneggi che andava blaterando. Soppesò sul palato tutte le risposte che meritava, e le filtrò cercando quelle necessarie. Gliene rimasero comunque un paio poco carine, ma le tenne in tasca. «la tua mancanza di fiducia nei miei confronti mi spezza il cuore» sfuggì dalle labbra di Mood, curvate in un sorriso ironico ed incappucciate dietro sopracciglia corrugate. La normale reazione al fianco di un compagno che chiaramente aveva perso la testa: mostrarsi innocui, e buttarla sul ridere.
    Il fatto che non stesse ridendo, era del tutto relativo.
    «vuoi la mia sincerità? Va bene» Sistemò ancora gli indumenti, passando le mani sulle pieghe della divisa. «penso che tu non sia pienamente nello stato di comprendere cosa sia reale, e cosa no. Sei paranoico. In uno stato alterato di coscienza. E no, non mi pare probabile, ma non lo ritengo neanche impossibile. non implico che stai mentendo: dico che la tua verità, sia diversa dalla mia» alzò un palmo in segno di resa, offrendo un mezzo sorriso solidale. «eppure non ti ho palpato per scoprirlo. Dovrei?» sempre in tono morbido e scherzoso, qualcuno che vorrebbe lasciarsi alle spalle una conversazione andata male.
    Bitch.
    «...d'accordo, andiamo a controllare. Sei prefetto, è tuo dovere farlo. ma tu stai davanti» Bacchetta alla mano, lo spinse in avanti. Mood approfittò di avergli dato le spalle per riservare al vuoto lo sguardo omicida che Dara meritava. Quando si voltò parzialmente verso di lui, invece, lo fece con un’espressione seria e gentile, offrendo il palmo. «vuoi che ti tenga la mano?» Un altro modo per sottolineare che fosse un codardo? sì. Sempre. «non è un problema. Non lo dirò a nessuno» nascose il sorriso nel corridoio che li attendeva, impugnando la bacchetta con l’altra mano.
    Fece un paio di passi verso La Cosa.
    La Cosa continuò a procedere verso di loro, ma senza dar cenno di sentire quanto stesse accadendo – e Mood si limitò a guardare fingendo di non notare nulla. Altri passi. Ma che cazzo era. Non sembrava...senziente. Sembrava un burattino, ma non poteva essere.
    Kedavra aveva i progetti sul computer da dodici anni in merito. Mood non aveva a portata di mano il numero di un buon avvocato.
    Si fermò di scatto, aspirando l’aria e retrocedendo rapidamente. Fu solo un caso che finì contro Dara, vi pare, calpestandogli un piede e tirandogli una gomitata addosso. «oddio» portò le dita al cuore. «scusa, pensavo di aver visto qualcosa.» gli credeva o voleva molestarlo un altro po’? Aveva un sacco di arterie a disposizione.
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    Si sentì quasi in colpa allo sguardo dispiaciuto di quegli occhioni cioccolato, ma la sua espressione non vacillò, nascondendo il disagio dietro la facciata dura.
    «che gente frequenti?»
    «non i prefetti» ammise, non senza un certo risentimento nella voce. Quanto avevano insistito i suoi genitori per spingerlo ad andare a candidarsi con la Queen, quando non era arrivata spontaneamente la lettera che gli avrebbe garantito la spilla; quante litigate a casa Sunwoo dove Darae, ancora, ricordava alzando la voce che non gli interessava "iniziare a costruirsi un buon cv" per andare a lavorare al ministero, perchè al ministero non ci avrebbe mai lavorato. Non era geloso della spilla in sè - figuriamoci!! lui geloso di altri !!!1 ma se era perfetto così com'era stava vivendo his best life!!1 - ma gli ricordava la delusione dei suoi genitori, la loro rabbia nonostante tutti i suoi sforzi per avere dei voti ottimi, e più che mai quell'anno odiava lo stereotipo (spesso veritiero) del prefetto lecchino amicone degli adulti che inculava i suoi compagni, e tutto per un'idea di ordine e equilibrio che lui non condivideva. Sì, ok, anche la metà dei freaks era stata prefetto ai tempi, ed erano stati fighissimi, ma non voleva dire che non fossero loro soltanto le eccezioni, mentre Mood rientrava probabilmente nelle regole.
    Poteva star sbagliando a giudicare il Bigh solo per la sua posizione o i suoi voti discreti? Certo! Era famoso per non giudicare a prima vista o distinguere i suoi problemi personali dalla vita reale? nah. Mood era anonimo, e noioso, probabilmente una cazzo di spia, di quei prefetti che ti tolgono punti se ti beccano nei corridoi al momento sbagliato. Aveva semplicemente quel vibe.
    E snitches get stitches.
    Lasciò cadere la mano quando l'altro gli sistemò il colletto. Not gonna lie, pensava, lì per lì, lo stesse per strozzare, ed era pronto a ricambiare. E invece !!!! meritava mezzo punto per averlo sorpreso ma era ancora on a thin fucking line. Chissà se il suo batticuore era perchè aveva paura del gargoyle, o perchè aveva una cotta per Dara!11 Gay in the closet, aveva anche quell'aspetto il buon ricciolino.
    «la tua mancanza di fiducia nei miei confronti mi spezza il cuore» strinse lo sguardo. Stava ancora mentendo, giusto? Ancora lo prendeva per il culo.
    «vuoi la mia sincerità? Va bene» e un po' (tanto) odiò come, ancora, il Bigh sembrasse innocente. Non nel senso che Dara non pensava non ce l'avesse con lui, ma solo... coerente. Pacato.
    La cosa lo offese: tutta lì la sua reazione? Dara faceva l'edgy e riceveva la risposta da commercialista o boomer? Dove cazzo erano le emozioni dell'altro? Ne aveva?
    «eppure non ti ho palpato per scoprirlo. Dovrei?»
    accondiscendente.
    Di nuovo la sicurezza del sunwoo vacillò.
    Sì, grazie, era in uno stato decisamente paranoico, non aveva bisogno del dottore per arrivarci.
    «vuoi che ti tenga la mano? non è un problema. Non lo dirò a nessuno fu tentato, eh, di dire di sì, giusto perchè era convinto fosse una battuta e sperava di infastidirlo, ma avrebbe avuto una mano occupata in caso di bisogno di difendersi.
    E poi, contro ogni previsione, si avvicinarono al Re.
    Dara già si pentiva di essere caduto nella trappola. Non voleva andare in braccio alla morte, non gli importava così tanto avere ragione («Bigh-») e forse aveva davvero ragione l'altro, forse "la sua verità era diversa" e nessuno dei due stava mentendo.
    Era pronto a far morire Mood, che davvero non vedeva il re dei demoni, solo perchè (dara) era un po' petty?? Non stavano parlando di punti casa, o punizioni, era un pericolo reale. «Bigh ho cambiato idea-»
    Deglutì, spalancando gli occhi verso... l'essere... rosso e bianco e nero e tutti i colori e nessun colore e Dio, come poteva essere Tutto e Niente insieme? Un'energia incomprensibile che gli stava rivoltando lo stomaco?
    Per lo meno era fermo.
    Per ora.
    Allungò una mano per prendere il concasato dalla spalla e tirarlo indietro, per fare retro front. Poteva perdere una scommessa, ok! Aveva perso! Felice? Forse era pazzo, forse era fatto (...aspetta), ma non valeva la pena rischiare- .... «ti credo, ok? Non c'è-»
    Bigh si fermò all'improvviso. Dara gli sbattè contro facendo un gemito spaventato - o dolorante per la gomitata .
    «oddio. scusa, pensavo di aver visto qualcosa.»
    ............. MINCHIAAAA CHE FIGLIO DI PUTTANAAAAA
    Lo spinse in avanti, facendo un grosso respiro. Non poteva gridare perchè duh, demoni, magari il Gargoyle King non era l'unico lì in giro. «vedi che sei uno stronzo? Sei davvero-» fece un verso offeso «trovo un altro passaggio da solo, toglimi i punti o mandami nella sala delle torture, fai cosa cazzo vuoi, non-» si voltò.
    Restò immobile.
    «non c'è più il corridoio.»
    Non c'era più il corridoio.
    Toccò il muro, e- no. Niente, le mani non andavano oltre. La strada da cui provenivano non esisteva più - erano in un vicolo cieco - se non per le porte che non avevano mai attraversato. Tornò a guardare il serpeverde ad occhi spalancati. «sei stato tu?» sibilò, lanciando una rapida occhiata alla luce dalla parte opposta del piano.
    «MooOoooOooD BigHHTtt.... DaaaRaaaEEee SunwOoOooOOOHHHhhh»
    La voce veniva ovattata da nessuna parte e da ovunque.
    Non aveva neanche voglia di chiedere al prefetto se l'aveva sentito, solo per sentirsi dire gngngn no sei pazzo quindi semplicemente
    stette lì
    fermo
    confuso
    bacchetta sguainata senza sapere che farne.
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    «non i prefetti»
    Lo guardò. Lo guardò. E lo guardò ancora, attendendo che capisse di aver confermato le sue implicite tesi sul fatto che frequentasse la gente sbagliata, e che sottolineando tali generi non fossero i prefetti, avesse implicato che potessero possedere margine di dubbio. Non aveva incertezze che non fosse quella l’intenzione, ma l’aveva fatto comunque, e dopo aver aspettato invano che un briciolo di senso sedimentasse negli occhi dell’altro, sospirò il più mellifluo dei sorrisi. «magari dovresti» una lieve stretta di spalle. Magari anche no, e Mood nello specifico avrebbe preferito la seconda opzione, ma non era il caso di entrare nei dettagli.
    Anzichè iniziare a ragionare, al sentire la riflessione del Bigh parve infastidirsi di più, come tutta quella parte di genere umano che avrebbe preferito morire piuttosto che ammettere di avere torto. Quelli che liquidavano l’altrui parere a prescindere, perché gli mancavano tesi concrete per mantenere la propria posizione. Di nuovo, malgrado se lo aspettasse, lo trovava… triste. Non era un gioco divertente, se l’altro giocatore era un barbaro.
    E non sapeva manco incassare una cazzo di gomitata involontaria. I suoi amici dovevano essere proprio alla disperata ricerca di Ben, per essersi preso il ragazzo nelle loro fila, perché non vedeva un quarto di motivazione per la quale l’altro valesse la pena. Forse lo sapeva anche lui, e per quel motivo compensava l’assoluta assenza di una personalità con l’aggressività di un animale selvatico. «vedi che sei uno stronzo? Sei davvero-» Si volse, inspirando profondamente dalle narici. Si ripetè che non fosse Check, e quel genere di rabbia non gli appartenesse. Pensava a lungo raggio; al disegno più grande, uno nel quale l’altro non era neanche una fottuta virgola.
    Però. «no, in effetti non vedo» si allontanò di un passo, osservandolo con cipiglio severo, e sistemò secco le pieghe della camicia. «ma accetto critiche costruttive. Lo terrò a mente» Non l’avrebbe tenuto a mente. «grazie per la tua sincerità» soffiò, morbido come una carezza in velluto, soffocando il verso animalesco del compagno con un vago sorriso sulle labbra. Che cazzo doveva rispondere? Quello era più fuori di sua sorella, ed era tutto dire.
    Passò la lingua sui denti, spostando l’attenzione dall’ennesimo monologo incazzoso (perché ai Serpeverde non bastava Mort Rainey, no, avevano anche bisogno del discepolo.) di Dara, al Re Gargoyle in gita – uh.
    Uh.
    Battè le palpebre, piroettando sul posto per prendere visione della stanza nell’insieme.
    «non c'è più il corridoio.»
    Non c’era più il corridoio.
    Chiuse gli occhi, le dita a massaggiare le palpebre abbassate. Ma che problemi aveva quella scuola di merda. Oltre alle scale, anche ai muri piaceva cambiare? Si allontanò di un paio di passi, poggiandosi alla parete che era sempre stata presente al loro fianco, così da avere almeno un fianco più o meno coperto – per quanto possibile. Assottigliò le palpebre, osservando rapido il loro circondario.
    Non c’era nient’altro di diverso.
    Non aveva sentito alcun tipo di magia.
    Nessun rumore.
    Non era semplicemente possibile.
    Quello sarebbe stato il momento in cui il panico si sarebbe fatto strada anche nel suo respiro, se solo fosse stato almeno in parte un quindicenne normale, ma era Mood. Non era stato normale neanche in fasce. Era incuriosito. Affascinato. Intrigato, perché non ci trovava nulla di diverso dal risolvere un puzzle. In palio c’era la sua vita? Oh, beh. Non era così ogni giorno, ogni minuto, ed ogni fottuto secondo dell’esistere nel loro mondo?
    «sei stato tu?»
    Minchia Dara.
    «a far apparire un muro, laddove c’era un corridoio, e rimanere intrappolato in un’area del castello non vigilata con qualcuno che ha passato gli ultimi dieci minuti a darmi del bastardo e dello stronzo?» Spostò gli occhi bruni sul Serpeverde. Lasciò appeso l’incredulo e sarcastico perchè avrei dovuto, il divertito e come cazzo avrei fatto, limitandosi a sibilare un soffio d’aria al pavimento. «no. Non sono stato io.» dato che non lo credeva in grado di compiere una simile magia, non ricambiò il quesito. Iniziò a slacciare il nodo della cravatta, avanzando di pochi passi nel corridoio deserto. Sapete cosa? Preferiva quando c’era l’apparizione della Madonna, a quello. Non sapere dove fosse il potenziale pericolo, era alquanto seccante. «MooOoooOooD BigHHTtt.... DaaaRaaaEEee SunwOoOooOOOHHHhhh» Reclinò il capo sulla spalla, cercando di capire da dove provenisse la voce.
    No. Non sarebbe andato incontro all’ominous richiamo di qualcuno che sapeva il suo nome.
    «sunwoo, quindi» ovviamente non sapeva il suo cognome. Non era nessuno di particolarmente importante, e quando lo sentiva chiamare in causa, era dai suoi amici. Continuò a parlare senza guardarlo, armeggiando con le dita sulla stoffa, che arrotolò attorno al polso. «ho due possibili teorie. La prima: qualunque cosa abbia preso tu, ha contagiato anche me. Magari l’hai trasmesso con il tocco; magari era sulle carte delle caramelle che ho ancora in tasca. In questo caso, stiamo avendo due allucinazioni completamente diverse. Spiegherebbe perché continui a rispondere a cazzo a qualunque cosa ti si dica» aveva lasciato scivolare l’espressione amichevole, entrando nella quieta zona del professionale - riflessivo, logico. «la seconda: qualcuno ci è entrato nella testa, intrappolandoci in questa specie di… visione concreta.» strinse il nodo con i denti, ed alzò lo sguardo sul compagno. «ora. Puoi continuare a lamentarti e risultare assolutamente inutile sia a me che te stesso, oppure puoi smetterla di fare il cazzo di psicotico uomo alfa, e possiamo collaborare» gli offrì l’altra parte della cravatta.
    Valutò di non offrire alcuna spiegazione perché lo riteneva ovvio, ma aggiunse comunque «questa è per assicurarci che la versione che stiamo vedendo adesso, sia sempre la stessa. Non mi fido particolarmente né di quello che vedo, né di quello che sento, ma modificare questa specifica percezione, mi sembra impegnativo per qualunque tipo di magia» Si vedeva che in un’altra vita era stato un assistente ad Hogwarts, ed aveva svolto più lezioni lui del docente che avrebbe dovuto accompagnare. «non vorrei rischiare di farti accidentalmente del male» Gli rivolse un’occhiata vagamente divertita, ma del tutto sincera. Non era quel tipo di persona, Mood Bigh.
    Voleva farlo di proposito. Neanche la sua nascita era stata accidentale, duh.
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    secrets, tribe society
     
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