genius at work - do not disturb.

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    «vabbbbè» mica tanto, e infatti: «mo' però hai rotto er ca- caaarissima Penders, come va? Tutto bene? Radiosa come al solito, eh! In formissima, mi rakk!» s'era ritrovato a dover correggere il tiro, visto l'arrivo improvviso della caposcuola rosso-oro, davanti alla quale non poteva mica dire parolacce, no? Eppure: «er cazzo, polentò, hai rotto er cazzo» se lo bisbigliava e usava l'italiano poteva ancora scamparsela. Forse; o forse no, ma a Romolo Linguini il rischio sotto sotto piaceva -- almeno quanto gli piaceva stuzzicare Gigio. Senza farsi vedere, aggiunse pure un coppino dietro il collo del minore, mentre con la mano libera continuava a salutare la caposcuola, fingendo nonchalance e un sorrisone che prometteva poco di buono. Una volta che la studentessa ebbe svoltato l'angolo, Lollo ruotò su se stesso e tornò a guardare il cugino. «nun t'accollà. Er turno è er tuo, e te lo copri da solo. Io c'ho da fa.» Ma ti pare che gli chiedeva di coprire il suo turno al Bar dello Sport perché lui non c'aveva voglia di andare?? Assurdo. Cioè, Romolo già non si presentava durante i suoi, di turni, figurarsi se diventava improvvisamente il buon samaritano della situazione e si offriva di passare il pomeriggio al bar con Gin. Mica si chiamava Giacomino! «no davero, nun li fa li scherzi che nun sei capace, nun fai ride» gli diede un'altra spintarella, stavolta con affetto perché dai, alla fine gli voleva bene a quel cazzaro di Gigio. «vatte a mette 'n paio de scarpe che fanno meno cinquanta gradi do vai co' 'e ciavatte» dunque non indossava le ciabatte in quel momento? E vabbè, era 'na metafora, come siete puntigliosi. «però queste me le tengo!» sfilò dalle mani di Gigio (sì, era Gigio e basta, inutile che andava in giro a fare il gaggio presentandosi come JJ) (a' ridicoloooo) il sacchetto di Lupetti Gommosi che il milanese si era portato dietro forse come merce di scambio o forse come snack pomeridiano, al romano (e romanista) non importava: erano buoni infondo, un po' ridondante nel suo caso, considerando che Lollo era un lupetto de core e de fatto, ma non poteva pretendere originalità da tutti, specialmente i cugini: bisognava accontentarsi. «grazie bello de' nonna» e pure se non erano stati pensati per lui, ora erano suoi. E bacino sulla fratta castana dell'altro, con conseguente ulteriore coppino perché non erano mai abbastanza, Lollo si allontanò dal ciabattone milanese.

    Che avesse da fare, poi, non era nemmeno una scusa: aveva davvero dei programmi per quel pomeriggio e un lavoro sacrosanto da ultimare perché oh, gli striscioni e i cori mica si scrivevano da soli! Era il capo della curva per un motivo e OKAY OKAY il vero Capo de Capis era Hailey, ma Romolo non era entrato in squadra per agitare pompom e mettere in mostra le gambe (a quello di solito ci pensava Ciruzzo); no, il compito del romano era quello di far cantare i compagni, inneggiando i giocatori con cori che sarebbero rimasti scolpiti negli annali e sarebbero diventati dei tormentoni come un qualsiasi "poppoppoppopoo" ma con più stile.
    Forse.
    Cioè, ci stava lavorando. Qualche idea gli era venuta, era tutto appuntato un po' sulle note del cellulare, un po' su pergamene vuote, un po' ai bordi dei libri di testo (che tanto non venivano mica utilizzati per studiare) perché quando la fantasia colpiva, Romolo doveva essere pronto a prendere appunti. Ecco perché ultimamente andava in giro con una matita dietro l'orecchio, look che manco Maurizio il capocantiere dei lavori sulla Tiburtina.
    Quindi, armato di suddetta matita e fogli e teli bianchi (le lenzuola di Julian, «oh shhh nun je lo dite però») e bombolette spray introdotte illegalmente nel castello grazie a Gin che le aveva comprate a Londra («grazie Gin») e tanta buona volontà, Romolo si era diretto sulla torre dell'orologio perché dai, chi cazzo ci andava mai alla torre dell'orologio, no? Era uno dei pochi posti tranquilli dove poter dare vita al suo estro creativo senza essere disturbato in continuazione e senza gente tra i piedi. Badate bene: a Lollo piaceva tantissimo avere gente tra i piedi, ma non quando doveva ~creare~: lì necessitava di calma e silenzio, per raggiungere la pace interiore.
    E quel briciolo di fantasia che gli rimaneva.
    «ohmmmmm - me ispiri qualcosa ohmmmm - me incazzo come na iena ohmmmm - mpar de pluffe ohmmmmm» no, niente. Nisba.
    Gettò un'occhiata allo striscione le cui lettere nere si stavano asciugando: era stato facile trovare un'idea per quello, voleva solo qualcosa che facesse capire alla squadra che l'intera casata di Grifondoro era con loro e un semplice "nelle gioie e nei dolori sosterremo i tuoi colori" gli era parsa un'idea decente. Non di certo quello che avrebbe scritto per strotolarlo poi in curva sud ma eh, gli inglesi andavano un po' abituati piano non poteva già tirare fuori l'artiglieria pesante -- pena altro che la daspo, le torture.
    Uno dei lupetti gommosi tentò di mordergli un dito, e Lollo fece svettare un sopracciglio: «fa' er serio no» cioè.......voleva mordere lui. Assurdo. «'o sai come dice er grandissimo? "Tu m'hai provocato, e io te distruggo. Io me te magno!"» e con quella citazione da maestro, infilò in bocca la caramella e tornò a riflettere. Cosa faceva rima con "anello"? «pi»-vello? «pi»-schello? «pi»-nunsepodì, ma rise comunque della sua stessa idiozia, il Linguini. «daje lollè nun è così difficile, sveja er neurone che t'è rimasto e fallo lavorà che tra 'm po' se tira na racchettata sugli zebedei pe' la noia» era il miglior tifoso di se stesso.
    Niente, era meglio passare al prossimo coro: quello sulle note di Laura non c'è. «vabbeh dai questo è facile» iniziò a buttare giù le parole, canticchiando il ritornello di Nek tra sé e sé. Ah, se solo si fosse impegnato in tutte le cose con la stessa dedizione che metteva in quello, sarebbe stato sicuramente (bocciato meno volte) uno studente... Quanto meno discreto, ecco, ora non esageriamo von l'ottimismo.
    E invece era Romolo.
    Pazienza.
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    premio obliviontober: lupetti gommosi 🧡


    Edited by antarctica - 30/11/2021, 11:43
     
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    Casa sua le mancava, avrebbe mentito se avesse detto che non sentiva neanche un pochinoinoino nostalgia dei posti in cui era cresciuta, però aveva appurato (e accettato) ormai da tempo che, nell’ansia di dover scappare e non sapere come avrebbe risolto tutta questa storia – e se si sarebbe risolta –, dei lati positivi c’erano. In fondo, essere Lilac Parker, un ragazzo semplicissimo che non doveva sottostare alle aspettative di altre persone, le aveva permesso di prendere una boccata d’aria e riscoprire le cose che a Pervenche piaceva davvero fare.
    E anche il castello le andava a genio, nonostante rispetto a Beauxbatons si respirasse più… be’, più aria di mangiamorte. Solo quello le faceva storcere il naso, però finiva lì, perché Perv non aveva mai avuto reali intenzioni di diventare una ribelle – e al momento aveva molto altro cui pensare, ecco. Le piaceva la Sala Comune dei Corvonero, tanto per dirne una!! E la grande biblioteca in cui era riuscita persino a ritrovare qualche vecchio tomo in francese, oltre che in inglese: Pervenche adorava la storia e per fortuna anche leggere. Le piaceva l’atmosfera di aperta competitività a serpeggiare tra gli spalti prima di una partita di Quidditch, mentre nella scuola francese erano tutti troppo occupati a fingersi carini e coccolosi per ammettere che le squadre avversarie si sarebbero volentieri ammazzate a vicenda. Le piaceva che alcuni volti fossero divenuti familiari, che avesse iniziato a farsi qualche amico, e le piaceva passare il tempo con Ash che trovava sempre il modo di farla ridere con una delle sue uscite particolari – tralasciando il senso di colpa per tutte le mezze verità sul suo conto che finora gli aveva propinato. Le piaceva trovare il giocatore di scacchi da turno da sfidare, senza ricevere occhiate diffidenti, le piaceva il cortile, Hogsmeade, i Linguini……………
    Fermi tutti. Cosa ci facevano lì i Linguini? Domanda che si era posta mesi prima quando, credendo di essere in preda a qualche effetto collaterale della sua pozione, aveva visto per la prima volta delle facce familiari girovagare per i corridoi di Hogwarts facendo un gran trambusto. Molto, molto familiare.
    Troppo. Pervenche la conosceva già, l’italianissima e rumorosissima famiglia Linguini. Già all’epoca Perv non avrebbe potuto soffrirli di meno, con la loro abitudine di urlare, provocare casini impressionanti, fare guai sempre e comunque e minare la sua tranquillità mentale. Era stata DECISAMENTE felice di lasciarseli alle spalle – convintissima, del resto, che la combriccola sarebbe rimasta in Francia. O insomma, dove pareva a loro, ma certo non si sarebbe mai aspettata di fuggire in Inghilterra e ritrovarseli ad Hogwarts.
    Un incubo vero. Fauteurs de troubles. Non ne voleva sapere niente.
    Così il buon Lilac, che non doveva dare nell’occhio e non aveva alcun motivo per detestare (neanche tanto) cordialmente i Linguini, aveva iniziato a fare zig zag tra le ale del castello, cambiando direzione ogni qual volta che si accorgeva della presenza di uno della combriccola italiana rifilando ad Ash una scusa del tipo accompagnami qui che ho dimenticato un libro. Erano ovunque. Forse sembravano tanti perché erano italiani – semicit –, fatto stava che era iniziata la sua personalissima missione di evitarli tutti come la peste.
    E ci era riuscita egregiamente, ma not today: finì di salire le scale della Torre dell’Orologio, alzò lo sguardo ed eccolo lì, un esemplare selvatico di Linguini intento a fare le sue… cose da Linguini. Si bloccò sul posto, Lilac, troppo esposto per far finta di niente e andarsene. Oh no, era in trappola.
    Ma aveva pur sempre le sembianze di Lilac Parker, e non sarebbe stato coerente se quel ragazzo gentile e solare avesse snobbato Romolo. Ahimè. «Uh, ciao!!!» Ampio sorriso anche se dentro voleva un po’ morire – e chissà se era l’odio genetico tra i due popoli (.) ad avergli fatto accentuare ancora di più il suo accento francese in presenza dell’italiano. «Stai facendo qualcosa di importante?? Io me ne posso pure andare, ero venuto qui solo per rilassarmi, quindi!» Tutti quei mesi passati a essere più sfuggente di un agente dell’fbi magica (cosa? Cosa) buttati via così!!! INCREDIBILE.
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    Il passo da Nek a Bersani era stato breve: una volta finita e aggiustata la rima sulle note del celebre brano degli occhioni più belli dell'industria musicale italiana, Lollo si era lasciato ispirare dalla successiva canzone e ora, soddisfatto, la canticchiava tra sé e sé per sentire se le rime andavano bene o se ci fosse ancora qualcosa da aggiustare.
    «“potrei ma non riescooo a stancarmi da teee” – mh, no, la devo pija più bassa.» fece un segno sul foglio, e riprese a cantare, stavolta rallentando anche il ritmo, ricordandosi di aver preso come spunto la strofa finale, quella dove il pathos si traduceva in un sospiro ripetuto tre volte: rimane la cera e non ci sei più, non ci sei più, non ci sei-. «“rimango a cantare, è solo per te, è solo per te, è solo per -”» le labbra arricciate, e l'espressione di chi è soddisfatto ma non troppo. «manca quarcosa. ma cosa eh già.
    Riprese a cantare, perché per esperienza sapeva che solo cantando avrebbe trovato il problema; una, due, dieci volte, prima di essere distratto a metà strofa da dei passi e una voce. «Stai facendo qualcosa di importante?? Io me ne posso pure andare, ero venuto qui solo per rilassarmi, quindi!» Ci mise un secondo in più del necessario a registrare le parole e la presenza di uno studente, fermo all'ultimo gradino della scala che portava sulla torre, e che era già pronto a levare le tende.
    «Sì.» Certo che era una “cosa importante”, scusa! Che pensava, che il lavoro di capo ultrà era facile? EH?? EHHH??? M'anvedi tu questo. Ci voleva una certa dote artistica per saper fare le rime e trovare le metafore giuste, per far sposare bene la fede giallorossa al ritmo delle canzoni che prendeva in prestico come base. «'na cosa molto importante.» Niente, per quanto si sforzasse (poco.) di non cadere vittima del suo pesante accento, ogni tanto (sempre.) gli sfuggiva e sporcava il suo inglese già di per sé lontano dall'essere perfetto.
    La sua fortuna, era che in quel frangente, aveva a che fare con qualcuno che parlava peggio di lui: un francese. Frenò l'impulso di aggiungere un «oui oui, baguette, sarkozy» così, solo per sfotterlo, e lo squadrò dal basso verso l'alto (ma solo perché era seduto !! NON PER ALTRO!! Un Linguini, semmai, guardava i francesi dall'alto e basta.) E infatti, il secondo dopo si alzò in piedi, studiando ancora il corvonero. Okay, forse poteva ancora esse utile.
    «No, 'ndo vai, vieni qui.» Corse velocemente verso lo striscione, le cui lettere erano ormai quasi asciutte, e ne alzò un lembo. «Aiutame a legà questo. Se asciuga mejo se sta così.» Tanto valeva usare la manovalanza baguettara del castello per qualcosa di utile. C'era qualcosa, però che turbava prepotentemente la quiete (ma quale.) del romano: «'mbeh, da quando i corvosecchia fanno sega*???» *fare sega: dal romano, “marinare la scuola, bigiare le lezioni”. Perché sì, per lui valeva un po' lo stereotipo del corvonero secchioncello -- d'altronde, Lollo stesso ero uno stereotipo ambulante. «e si 'tte beccano?» non poteva assicurare che non avrebbe fatto la spia, pure se l'altro continuava a rivolgergli quel sorrisone da finto cucciolo innocente Romolo Antonio Linguini nun ce cascava: era un mangiacroissant a tradimento e non si fidava.
    Poi un'illuminazione improvvsa.
    «Mortacci -» gli puntò un pennarello indelebile contro la faccia, «sei venuto a spià il lavoro mio, dì la verità.» Seh. Certo.
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    Cosa c’era di peggio di un esemplare di Linguini che faceva cose da Linguini?
    Un esemplare di Linguini che cantava senza azzeccare una nota mentre faceva cose da Linguini. Pervenche era abbastanza sicura di essere finita nel suo personalissimo girone dell’inferno, perché incappare in uno di… quegli ESSERI in un momento in cui avrebbe voluto godersi la solitudine non doveva essere altro che una punizione. Una punizione divina per le menzogne che aveva propinato in giro negli ultimi tempi, con tutte le probabilità.
    Era stata un ninja a evitare l’intera famiglia di scapestrati per tanto tempo, ma razionalmente sapeva che quella fortuna non sarebbe durata in eterno. E be’. C’è la vie. La vie en merde. Ci fu un momento in cui Lilac fissò Lollo e Lollo fissò lui, come due combattenti al Club dei Duellanti poco prima di sferrare un incantesimo, prima che Perv si ricordasse di avere quell’aspetto e dover mettere su un gran sorriso. In quel caso le fossette tornavano utili: il sorriso di Lil sembrava sempre sincero, non importava se avesse la giornata storta, riusciva a nasconderlo quasi alla perfezione. La proposta di (scappare) togliere il disturbo non parve funzionare subito – eh che palle – e, al contrario, il grifondoro ci tenne a sottolineare quanto stesse facendo una cosa importante.
    Lilac si trattenne da lanciare un’occhiata profondamente scettica agli striscioni. Sì, mh, proprio… importantissima, immaginava. Per gli standard del Linguini. Invece, si grattò la nuca con fare da ragazzone impacciato e continuò a sorridere nel vederlo alzarsi. «No, ‘ndo vai, vieni qui.» Gli venne un attacco di prurito a sentire il suo accento, memore di tutte quelle volte in cui a Beauxbatons lo aveva sentito laddove accadeva un guaio irreparabile. Infatti, sottolineamolo, non è che Perv detestasse tutti tutti gli italiani: solo quelli combinaguai, casinisti, poco apprezzabili, senza cervello come una certa famigliola che scorrazzava allegramente per Hogwarts, pronti a farne il loro nuovo regno del terrore.
    Rimpianse di non essere andata in Messico.
    Emise una risatina che equivaleva alla sua morte interiore. «Oh, certo, dammi un secondo.» Sentendosi come se stesse per andare al patibolo per star rendendosi complice di quella cosa da Linguini, con sofferenza, si chinò ad afferrare il lembo del fanatico di Quidditch – okay okay, anche a lei piaceva il Quidditch, ma era il primo e unico punto in comune con lui –, tendendolo fino a legarlo come stava facendo l’altro. Non era così cattiva da fargli il dispetto di far volare via per sbaglio il tessuto, nemmeno Perv arrivava a questo punto, ma per un minuscolo attimo l’idea le balenò in mente. La scacciò con sdegno verso se stessa, se non per il fatto che non si sarebbe mai potuta abbassare a quel livello!!! Era di un certo stampo, Pervenche Roux, non si insultava mettendosi a fare scherzetti da bambini. «Dovrebbe essere fermo.» Voleva dire fissato bene, ma c’erano quelle rare volte in cui non le venivano le parole esatte – ma in fondo stava parlando con un LiNgUiNi, figuriamoci………..
    «'mbeh, da quando i corvosecchia fanno sega???» Soppresse un tic nervoso al sopracciglio, allungando gli angoli delle labbra in un sorrisino adorabilmente colpevole, mentre faceva spallucce. «Eheh.» Ma fatti gli affari tuoi, bestiaccia. Che poi, era andata pure a intuito per quello che l’altro voleva dire: c’era un problema di comunicazione di fondo, era evidente. Sospettava ci fosse stato anche se fossero stati entrambi inglesi, MA! «Posso recuperarle dopo, le lezioni.» In fondo, anche se in salse diverse, aveva già finito la scuola da un pezzo e a pieni voti, per cui aveva già affrontato gli argomenti che stavano insegnando. Era come sentire per l’ennesima volta lo stesso disco – sopportabile all’inizio, ma poi veniva a noia! «Non mi beccano!!!» E anche se l’avessero beccato, Lilac Parker era uno studente modello, non l’avrebbero spedito in quella barbara Sala Torture. unless
    Avrebbe potuto rimarcare come anche Romolo stesse saltando le lezioni, ma sarebbe stato poco elegante – Pervenche era elegante, a differenza dell’italiano. Tsk. Questo, prima che l’esemplare selvatico gli puntasse d’improvviso contro il pennarello, con l’aria di chi aveva carpito i segreti dell’universo – spoiler: no. Alzò le sopracciglia di riflesso, non riuscendo stavolta a trattenere l’espressione perplessa. Ecco perché li evitava sempre. Era proprio STANCANTE, riusciva a stare fermo un attimo??
    Ugh, adolescenti. Era troppo vecchia per queste cose.
    «No no no!» Per l’amor del cielo, la Roux non sarebbe mai stata così idiota di avvicinarsi di sua spontanea volontà. «Ogni tanto vengo qui per stare da solo!» spiegò. In realtà non gli doveva nessuna spiegazione ma va bene, poteva capire in millesima parte le sue paranoie, in fondo un gran tifoso corvonero era appena spuntato durante la sua “cosa importante” (cit) riguardante la sua squadra del cuore. Pervenche era una tipetta molto competitiva, non escludeva che anche a lei potesse venire il dubbio in una situazione simile. Fece ancora spallucce, alzando le mani come a sottolineare non fosse una spia. «Ai corvonero non mancano le idee!!» Vero, verissimo, difendiamo un po’ la nostra squadra che sennò sembra solo gli altri abbiano gli striscioni belli, PFFFF!!! «E poi mi stanno simpatici i grifondoro, sono molto...» Pericolosi. Tossicchiò. «Energici.» Caotici all’ennesima potenza, a partire da Asher fino ad arrivare al capitano, tanto piccola quanto pazza scatenata.
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    La verità è che Romolo Antonio Linguini avrebbe dovuto esser preceduto, ovunque andasse ed ovunque si trovasse, da almeno trenta cartelli luminosi con tanto di frecce e scritte al neon, tutti i trigger che si portava dietro elencati in ordine di importanza, e un sacco di punti esclamativi e triangoli gialli e sirene di kill bill impossibili da ignorare a completare il quadro: perché, la verità, è che Romolo Antonio Linguini non era una persona facile con cui rapportarsi.
    Era stupido, .
    Era caciarone ed era arrogante ed era rumoroso, .
    Era socievole, era espansivo. Sì e sì.
    Era leale, e un grande amico e un alleato prezioso, sì, sì e fottutamente sì.
    Ma era anche difficile da sopportare, era vittima di una realtà che, tutto sommato, non gli dispiaceva affatto ma che aveva reso il suo carattere ciò che era (ingestibile, a dir poco); era eccessivo e il suo vocabolario sembrava prevedere quasi solo ed esclusivamente un linguaggio scurrile decisamente poco adatto all'ambiente scolastico; era il tipo da "picchia prima, fai le domande dopo" perché dalle sue parti non potevi permetterti diversamente; era il cugino che, più di tutti, o lo amavi o lo odiavi - non c'erano mezze misure.
    E andava benissimo così, perché nemmeno a lui piacevano proprio tutti tutti tutti.
    Prendere per esempio Lilac Parker, l'esemplare di Corvonero che Lollo aveva davanti agli occhi proprio in quel momento: non gli piaceva. C'era qualcosa negli occhi grandi e sinceri del ragazzo che non lo convinceva al cento percento, e il sorriso sempre presente sulle sue labbra lo mandava ancora di più ai matti! Nessuno poteva essere sempre così felice, a meno che non ti facevi di amfetamine dalla mattina alla sera (cosa che Lollo non si sentiva di escludere).
    Assottigliò lo sguardo osservando Lilac che armeggiava con l'altro lato dello striscione, uno sguardo che aveva poco di grato o riconoscente. Cioè okay, Lilac non era tenuto a fargli il favore ma lo sapeva pure lui, sotto sotto, di non essere utile a nient'altro (in quanto francese) quindi aver accettato non era stato da parte sua un gesto da buon samaritano - solo una cosa inevitabile.
    «Dovrebbe essere fermo.» «Lo spero per te.» se si fosse rovinata la scritta perché il Corvaccio non sapeva fare una cosa semplice come quella, l'avrebbe tormetato da lì al diploma (di Lilac, quello di Romolo non si vedeva nemmeno col cannocchiale.)
    Tuttavia, doveva ammettere di essere abbastanza curioso sul motivo che aveva spinto Lilac a *gasp* marinare le lezioni per recarsi nella torre dell'orologio. Solo che l'altro sembrava proprio intenzionato a fargli girare le palle - e okay, sì, va bene, magari Lollo partiva prevenuto perché era francese, ma miiiiiinchia. Che c'aveva da ride??? «Eheh.»
    "eHeHEh tu' sorella", pensò; ma ad alta voce disse solo: «pe' curiosità, ma non te fa male la faccia a ride sempre» era qualcosa che proprio non si spiegava, e doveva togliersi il peso di quella domanda dal petto. Le priorità.
    Ovviamente c'era un finale rimasto taciuto, un che cazzo te ridi, a scemo che il grifondoro non pronunció ma che poteva benissimo leggersi nello sguardo scuro che rivolse, con molta arroganza, in direzione del Parker; se quest'ultimo fosse stato un Linguini non avrebbe faticato a leggere quel sottointeso nelle sue parole, ma Lollo supponeva che non ci sarebbe mai arrivato.
    Perciò, dopo poco, rifilò la stessa espressione sorridente a Lilac, quasi scimmiottando l'altro ragazzo.
    Anche perché: «Non mi beccano!!!» dai. Stava proprio chiedendo di essere insultato!!!! «Se lo dici tu...» non c'era una briciola di convinzione nelle parole di Romolo, braccia incrociate al petto e un sopracciglio a svettare di poco verso la fronte.
    Poi finalmente, finalmente!!, un'espressione diversa sembrò passare sul viso del corvonero, così veloce e improvvisa che se Lollo non fosse stato attento avrebbe persino potuto perdere; un'espressione vera e dubbiosa, quasi esasperata, che costrinse il grifondoro a drizzare la schiena e sciogliere le braccia lungo i fianchi.
    Qualsiasi cosa fosse stata, si domandò se c'era di più nascosto nel posto in cui Lilac le rinchiudeva, in favore di quel sorriso da perfetto Ken-doll con tanto di fossette.
    «Ogni tanto vengo qui per stare da solo!» «mhhhh» sguardo affilato, espressione a studiare quella dell'altro ragazzo, pensando che magari, infondo, gli stava dicendo esattamente quello che Lollo voleva sentirsi dire - era un corvo, e in quanto tale c'era da aspettarsi di tutto! «Si, mi hai proprio convinto.» convintissimo, guarda. «Ti credo.» uh, uh. Certo.
    «Ai corvonero non mancano le idee!!»
    Rimase impassibile due secondi, cercando di capire se fosse serio - poi scoppiò a ridere. «Sbeeeeem!! Ecco la cazzata delle,» guardó il polso, ma non aveva l'orologio (se solo si fosse ricordato di averne uno gigante proprio lì, a disposizione nella torre.) «vabbè, del momento.» cioè....ma quali idee???????? Che poi c'avete Emoglobina che canta l'inno della Lazie, ma per favore, BRAVI PROPRIO BRAVI SIETE, OTTIME IDEE.
    «E poi mi stanno simpatici i grifondoro, sono molto... Energici.»
    Ma. Do. Nna.
    (Sì, proprio diviso così.)
    Che falZo. FALZO. Come una banconota da tre euro.
    «No davvero dai, dico sul serio, smettila. Ci sto credendo troppo.» anche se in realtà, in parte, a quell'affermazione cincredeva e trattenersi dal fare un bel WINKWINK a Lilac, con tanto di commento malizioso sul fatto che fosse "bro fra amiketto cucci cucci" con Ash, fu abbastanza difficile per il Linguini. Che poi, perché trattenersi quando la sua nuova missione era quella di portare nuovamente in superficie qualcosa che fosse più autentico di quel sorriso beota e affabile; voleva il Lilac che aveva intravisto per qualche secondo, così velocemente che poteva sul serio esser tutto frutto della sua immaginazione, ma doveva provarci. Infondo era bravo a toccare nervi scoperti delle persone -- o più semplicemente a risultare antipatico, quindi doveva solo comportarsi naturalmente, essere se stesso.
    E quindi: «anche se immagino sia vero........che ci trovi "energici"» con tanto di virgolette in aria, fatte con le dita, «immagino la fatica quando ti "alleni" con Ash.......winkwink» voleva bene ad ash, erano anime gemelle (non solo perché l'aveva detto l'oblinder, ma proprio perché condividevano lo stesso vuoto cosmico nella calotta cranica) ma se doveva prenderlo in giro un po' più del dovuto per far incazzare Lilac, era un sacrificio che Lollo era disposto a compiere.
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    vorrei dire che ho le facoltà per rileggere e sistemare ma guarda....che ora è.......dai correggo eventuali orrori domani CIAO SARETTA BACI E SCUSA
     
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4 replies since 29/11/2021, 22:56   159 views
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