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19 y.o. ravenclaw deatheater to rebel to remember sehyungparkA volte se lo chiedeva davvero, se ci fosse qualcosa lassù. Oltre le stelle, quei puntini luminosi che sembravano fissarlo dall’alto in un silenzio quasi stoico, che pareva dare più enfasi ai rumori che spesso si ritrova ad ignorare. E’ come se la natura, di per sé, fosse atta ad auto-celebrarsi anche nelle più piccole cose, il che era un qualcosa di meraviglioso, nonostante tutto: ed ecco che perfino lo strato lucido che rendeva più limpidi gli occhi di Swing che diventava la duplice assonanza di un suono che non avrebbe mai voluto far passare in sordina. Le dita si mossero, prima che lui stesso potesse notarlo, fino ad asciugare quegli specchi d’acqua che Namseok avrebbe considerato una vergogna, qualcosa di riprovevole. Forse il problema era sempre stato quello. Il fatto che fosse stato costretto perennemente a nascondersi, a celare parti di sé che avrebbero potuto fornire la possibilità, ad altri, di mettere insieme i pezzi di se stesso. E’ così ingiusto. Perché è così ingiusto? Perché la vita gli è sempre sembrata più una condanna che un’opportunità? Ma non fraintendetelo, no, perché Swing ci aveva davvero provato ad affrontare quegli anni con un sorriso sulle labbra, a vedere quanto bello si celasse dietro ogni cosa, e che anche nell’uomo più malvagio poteva celarsi un lampo di bontà; come in quelle stelle, che avrebbe guardato per l’ultima volta. Così sole, così belle e così lontane.
Ed era ironico come quel concetto fosse applicabile al Park stesso; una stella, ecco cos’era stato per la sua intera vita. Un ammasso di particelle mosse per inerzia da chissà quale forza naturale, irraggiungibile ma allo stesso tempo visibile agli occhi di tutti seppur potesse far male, con un'unica destinazione: l'autodistruzione. Quello che nasce, prima o poi dovrà anche morire. E diamine, Swing non si era mai interrogato, non abbastanza, su quanto il vecchio detto andava predicando. Perché avrebbe dovuto? Lo sapeva, l’aveva sempre saputo, che prima o poi anche il suo orologio avrebbe smesso di ticchettare scandendo i secondi, i minuti, le ore. Lo sapeva che il suo tempo sarebbe finito; chi su quel mondo non ne era a conoscenza? E tutti avevano l’assurda convinzione che entro quel momento, quel preciso istante nel quale il proprio cuore avrebbe smesso di battere, si sarebbe stati pronti. Ma Swing era davvero pronto a lasciare quella vita? Come la più luminosa delle stelle avrebbe dato vita ad uno spettacolo paragonabile alle supernove? Energia pura, un’esplosione unica nel suo genere, uno scenario che all’apparenza poteva togliere il respiro per la sua naturale magnificenza ma che non faceva altro che celare la morte di una stella. Era quello che voleva essere Swing? Voleva essere ricordato per quello? Andarsene teatralmente, dare un ultimo spettacolo alla ricerca di un applauso che non ci sarebbe stato; l’auditorium sarebbe stato vuoto, la polvere si sarebbe alzata dal pavimento e Park Swing si sarebbe volatizzata con la stessa con gli ultimi battiti del suo cuore, rimbombando in quello che era stato e che mai sarà più.
E’ facile definire chi sia stato Park Swing; una pedina, prima di tutto. La pedina di un gioco le cui regole erano fatte per essere infrante e lui, anima così pura, a rispettarle comunque. Il fantasma della persona che era prima, sicuramente, la versione acerba di quello che era in Corea. Un manichino modellato da suo padre, una memoria cancellata per permettere al passato di essere celato dietro il drappo rosse del teatro dove Swing e Sehyung sarebbero scomparsi, per sempre. Eppure ci aveva provato a non vivere passivamente la sua vita, in ogni aspetto; aveva iniziato, non appena arrivato ad Hogwarts, ad aiutare gli studenti in infermeria, a migliorarsi chiedendo aiuto a CJ, a proteggere i suoi amici a Salem e nei più recenti avvenimenti. E alla fine poteva ritenersi soddisfatto, Swing, perché ce l’aveva fatta, non completamente, ma la sua morte significava una vita salvata, no?
Più difficile è descrivere chi fosse Sehyung perché perfino lui stesso a stento ricordava il suo nome, scritto nell’acqua. In quell’acqua che di tanto in tanto sembrava volesse raggiungerlo, ma che subito dopo finiva sempre per ritrarsi, come si rendesse conto di non potergli concedere quel contatto. Forse perché temeva di trascinarlo a picco con sé; forse perché essa stessa, a sua volta, aveva paura di finire in un limbo dal quale difficilmente sarebbe potuta uscire, quel vortice in cui non era neanche concesso guardarsi indietro. Orfeo ed Euridice. Sempre la stessa storia, sempre quel finale drammatico che sembrava lasciare in bocca un sapore molto più acre di quanto chiunque fosse disposto ad ammettere. Ci si voltava e tutto svaniva all'improvviso, e da lì a non sentire neanche la consistenza del pavimento sotto i propri piedi equivaleva all'intercalare esistente tra un battito cardiaco ed un altro; un moto d'incertezza e furore che, paradossalmente, diveniva l'unico punto fermo all'interno di quello spazio buio ed angusto. Silenzio. Niente urla, niente rumori. La sola consapevolezza di trovarsi in uno spazio ricavato a sua volta da altro spazio, parassita per eccellenza d'una vita che sembrava nutrirsi di quei riverberi di malinconia che aleggiavano nell'animo. Era quello, Sehyung?
Troppe domande.
Troppo poco tempo.
Sempre una questione di tempo.머물고 싶어
더 꿈꾸고 싶어
그래도 말야
떠날 때가 됐는걸
I ricordi, la memoria. Era la lastra di ghiaccio che separava dall’aria quando si cade nell’acqua e si resta intrappolati in un inferno di gelo che non ha clemenza e spezza i respiri rendendoli stalattiti, che si conficcano nella carne e la bucano, la forano poco alla volta e sempre di più fra i colpi che s’infrangono senza speranza contro quello che non può essere rimosso. Era successo quello a Park Sehyung, il vero Park Sehyung, bloccato chissà dove in Swing come un respiro sospeso, negato, trattenuto, seviziato ed ora rigettato come un conato in un silenzio che si masticava nel bisogno di liberarsi ma si costringeva in uno spazio che implodeva annichilendo ogni lamento in una fossa troppo profonda perché un solo gemito riesca ad innalzarsi in superficie, che non apportava a nulla se non a quella consapevolezza dell’essere in ritardo, di non poter fare nient’altro se non rimuginare in quei ricordi che inconsapevolmente aveva protetto, fino a quel momento.
Ricordava come a dieci anni la sua vita iniziò a trasmutare in qualcosa che non si sarebbe mai aspettato, ma non era quello il suo destino? Era destinato alla morte, Sehyung, e se ne era reso conto troppo tardi; Avrebbe dovuto capirlo quando i suoi occhi ingenui avevano visto la bacchetta del padre alzarsi e privare un uomo di quella lucentezza nelle iridi. Avrebbe dovuto capirlo quando tornato dal parco con sua sorella, lo stesso Namseok con un bicchiere riempito di soju in una mano e la sigaretta nell’altra, avrebbe annunciato l’improvvisa morte di sua moglie, della loro madre. Ed infine, per tutti le divinità della Corea, come non fece a capirlo quando delle persone morirono letteralmente davanti ai suoi occhi in quegli attimi di ribellioni che lo avevano portato a perdere se stesso? E si sentiva ancora in colpa, ora più che mai, Sehyung, per non ricordare nemmeno tutti i nomi dei ribelli che lui stesso aveva arruolato a quella causa. Patetico, patetico, patetico. Processava la libertà ma alla fine non era diverso da chi combatteva. Patetico, patetico, patetico. Con che coraggio avrebbe ripensato a quei sei ragazzi che aveva abbandonato lì, a casa Park? Patetico, patetico, patetico.
Kook Jaeyong, il più piccolo dell’originale HYYH era, la loro colla. Così fragile ma allo stesso tempo così forte a nascondere quella sua stessa consapevolezza dietro la maschera da duro. La vera colla di quello che erano stati, il punto di riferimento e la luce sui cui fare conto quanto era tutto un po’ più buio. Gli doveva molto, Sehyung, per essere sempre così solare, per aver creduto in lui nonostante nemmeno lui stesso lo facesse realmente, per averlo sostenuto fino all’ultimo dei suoi respiri.
Choi Minkyung, la scintilla che aveva appiccato il fuoco della ribellione, assopito dal regime corrente. A lui doveva molto, seppur non lo avesse mai mostrato apertamente; sempre stato un po’ troppo duro con se stesso, Sehyung, troppo concentrato a raggiungere i suoi obiettivi senza capire quanto fosse importante amarsi, concedersi un sorriso. E Minkyung gli aveva insegnato a farlo, gli aveva aperto gli occhi, facendogli capire quanto potesse contare su di loro, e di come le cose andassero affrontante con un sorriso, nonostante tutto.
Tae Hyunjin, lo scudo del loro gruppo. Era cresciuto troppo in fretta, lui, come se il mondo non avesse avuto pietà di un’anima così pura, eppure, nonostante le ginocchia sbucciate e i graffi sul volto, non aveva mai perso la voglia di cambiare le cose, di donare un futuro migliore alle generazioni che sarebbero venute dopo. E li avrebbe difesi ad ogni costo, Tae, dando via anche quel poco che gli era rimasto, ma lo avrebbe fatto, perché aveva l’innata capacità di vedere il buono nelle cose oscure, una vista ampia, un braccio destro su cui Sehyung avrebbe potuto fare appoggio in ogni caso.
Kim Hoseok, il curatore. Ci sarebbe stato molto da dire su di lui, ed anche lui lo sapeva, ma le parole non sarebbero state in grado di descrivere chi fosse realmente per Sehyung, per tutto il gruppo. Se all’apparenza poteva dimostrarsi distaccato nel senso più platonico del termine, in realtà celava una delle anime più sensibili; incompreso, sicuramente, eppure non si sarebbe mai tirato indietro se una persona da lui amata fosse in pericolo. E da lui aveva imparato, così come con Min, quanto l’amore potesse essere importante nelle loro vite, e di come quei sentimento potesse dargli la forza di alzarsi dal letto al mattino.
Kim Joonho, il cervello. Senza di lui non sarebbero potuti andare avanti di qualche metro senza inciampare in qualche situazione pericolosa, o peggio; era oggettivo, JD, una personalità di cui tutti avevano bisogno per non lasciarsi abbandonare agli istinti e perdersi in quella che era sempre stata la loro indole a non ascoltare la ragione. Ma non era solo un cervello, per Sehyung, diamine se non lo era: un fratello, ecco cos’era, quella persona da cui sarebbe sgattaiolato nel bel mezzo della notte per poggiare la testa sulla sua spalla e semplicemente sospirare, lasciando che quella maschera da leader venisse tolta per lasciar fluire tutte le preoccupazioni. E non gli era mai stato abbastanza grato, il Park, per essere stato lì in ogni momento della sua vita, a coprirgli le spalle nonostante lo stesso Sehyung fosse concentrato su quello che erano i suoi obiettivi.
Park Mudeom, il suo destino. Avrebbe potuto dire che fosse una tempesta che non si fermava ma continuava a scorrere perpetua contro il moto stesso del mondo, irrefrenabile nel suo girare e girare e girovagare in un buco infinito e vuoto, ma sarebbe stato tutto inutile perché, per Sehyung, Mudeom non poteva essere paragonato a nulla se non a se stesso. Erano sempre stati capaci di tutto, fra di loro, perché conoscevano anche il più infimo anfratto in cui potevano premere per ergere o distruggere ogni cosa, e non si sarebbero fatti troppe remore nel compiere quelle azioni, finché sapevano che avrebbero potuto trovare ancora di salvezza pico più in là, nelle braccia dell’altro sebbene nessuno dei due avesse voluto ammetterlo ad alta voce. Mudeom, Ritter, Ken, non era semplicemente la persona a cui avrebbe affidato ciecamente la sua vita, non era colui che si era ritrovato ad amare quasi per caso – silenziosamente, così come lo stesso Mudeom si era addentrato inconsapevolmente nel cuore di Sehyung – ma era quella persona il cui destino era indubbiamente intrecciato; era l’unmei no akai ito, il filo rosso del destino.
Chissà se sarebbe mancato a qualcuno, Swing o Sehyung, se qualcuno in Corea si sarebbe domandato se fosse effettivamente in Inghilterra a studiare, o semplicemente qualcuno che aveva conosciuto durante quell’esperienza si sarebbe svegliato al mattino ed avrebbe pensato a quell’asiatico dai capelli color arcobaleno;
Arci, Aiden, Joey
Shia, Ellis,
CJ, Run,
Gemes, Darden,
o chiunque lo avesse semplicemente notato,
sempre così silenzioso, Park Sehyung.Yeah it’s my truth
It’s my truth
온통 상처투성이겠지
But it’s my fate
It’s my fate
그래도 발버둥치고 싶어
E fu un momento, un secondo che si intrecciò, si alzò contro tutti gli anni, ogni movimento diviso, separato, trascorso nella vicinanza e nella distanza che aveva aperto sentieri, che ora crollavano, sotto quell’unico gesto che gli trafigge nell’impossibilità e nella cosa atroce di quelle parole bloccate negli occhi e nella gola. E quando tutto tornò a scorrere come avrebbe dovuto, Sehyung riuscì solamente a sentire il cuore premere in gola come un tamburo che annullò ogni altro rumore, urla e pianti, mentre i respiri si bloccarono e riprendevano nell’affannarsi di lamenti che non si trattenevano più, ma gluivano annebbiando la vista dell’asiatico che ebbe solamente il tempo per voltarsi verso la figura di Mudeom, ora così familiare e vivida, nello sconvolgimento che ancora tremava nel petto. Ed ancora doveva comprendere se quello, quello sentirsi stranamente vivo mentre il cuore scandiva i suoi ultimi battiti a sua insaputa, fosse quello che tutti gli altri stessero provando, un’euforia malinconica che lo avrebbe portato a sussurrare quelle parole:
«미안해, 형.»
Mi dispiace, hyung.Maybe I, I can never fly
저기 저 꽃잎들처럼
날갤 단 것처럼은 안 돼
Maybe I, I can’t touch the sky
그래도 손 뻗고 싶어
달려보고 싶어 조금 더난 대답했어 아니 나는 너무 무서워 그래도 여섯 송이 꽃을 손에 꼭 쥐고 나 난 걷고 있을 뿐이라고prelevi? // i panic at a lot of places besides the disco. -
.human
You don't get
another chance
When your hero
hits the groundandrew
stilinskiHad to let you go, let you goprelevi? // i panic at a lot of places besides the disco
Edited by idk‚ man - 25/6/2019, 02:50. -
.truce
Stay alive
stay alive for me
You will die
but now your life is freechariton
deadmanNow the night is coming to an end
prelevi? // i panic at a lot of places besides the disco. -
.a sky full of songs
Be careful my darling
Be careful of what it takes
What I've seen so far
The good ones always seems to breakfloyd j.
villalobosi couldn't hide from the thunder
prelevi? // i panic at a lot of places besides the disco. -
.heroes
No we won't go quiet tonight
Stand up and shout louder
Oh no we won't be silent
The shadows are calling us outerin
chipmunksWe are heroes, Heroes in the darkest timesprelevi? // i panic at a lot of places besides the disco. -
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† i swear i livedPeople aren't either wicked or noble
They're like chef's salads, with
good things and bad things
mixed together in a vinaigrette
of confusion and conflictheather
morrisonsheetpensieveaestheticheadphonesprelevi? // i panic at a lot of places besides the disco
Edited by mephobia/ - 30/6/2019, 18:11.