[mini q] what we're doing here ain't just scary

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    Sistemando alla bell'e meglio gli occhiali dalla montatura nera sul naso, Eugene Jenkins non riuscì a trattenere un sospiro. Rassegnato, di pura accettazione. Non tanto per i volti dei nuovi arrivati appena illuminati dai lampioni dello zoo, lineamenti che certamente riconosceva in quanto identici ai suoi originali, ma che come la copia di un dipinto valevano giusto il tempo impiegato a riprodurla; contava la loro vita come esseri umani, per il Ribelle, e tanto gli bastava. Non provava nulla per loro, tranne forse una nota di disappunto nell'intravedere tanti ragazzini, alcuni dei quali nemmeno maggiorenni. Tra le file degli alleati e non: avrebbe rispedito a casa a calci in culo un notevole quantitativo di adolescenti dagli ormoni facili con cui spesso aveva a che fare (non faccio nomi perché in realtà non so bene chi frequenta au!euge, fatevi avanti), se solo non si fosse scontrato - inevitabile, con il senno di poi - con un ostacolo lungo il suo percorso di educazione delle giovani menti. «ma non ti avevo detto di stare a casa?» più che altro ci aveva provato, mentre suo figlio di pochi mesi gli giaceva tra le braccia addormentato, un filo di bavetta a colargli dalle labbra tese in un sorriso beato. Ne era nata una discussione breve e accesa, di quelle che l'ex grifondoro era destinato a perdere in partenza: dopotutto, anche Jaden faceva parte di quel gruppo di giovani con cui un adulto difficilmente riesce ad averla vinta, pur provandoci con tutte le forze. A rendere più complicata l'operazione di convincimento e il farsi prendere sul serio quando tentava di far valere la propria opinione contro quella della bionda, c'era che la amava. In quel modo un po' burbero che aveva lui di approcciarsi alle persone, sempre un po' distaccato quando ciò che teneva chiuso dentro minacciava di uscire allo scoperto sotto il tocco gentile di quegli occhi di giada. La amava e non riusciva mai a dirle di no, anche quando una posizione netta di contrasto avrebbe giovato sia a lui che a Jade; impedirle di partecipare a quella missione, tanto per fare un esempio, sarebbe rientrato di diritto nei momenti in cui fare l'uomo e mostrarle chi aveva i pantaloni in casa, ma non c'era stato verso. Con lei non c'era mai. «ma…cavolo pure quella è la bisnonna Jade! UUH c’è pure il bisnonno Euge!!» Un colpo dritto allo stomaco. La mano destra ad irrigidirsi sul lato sinistro del petto, le dita come artigli rapaci a stringere il cuore, con tale foga che per poco dall'alto del suo metro e ottantasei per ottantacinque chili di peso non buttò a terra un ragazzino platinato con un rusatone. Lo avevano chiamato in tanti modi, nel corso degli anni - pignolo, rompipalle, pezzo di l(fr)egno, -, ma dargli del bisnonno no. Come poteva accettarlo? Si teneva in forma, andava giù di corsa e palestra come un dannato, attento a non rovinare gli addominali scolpiti con la pancetta in eccesso che caratterizzava gli amanti della birra dai vent'anni in su, non aveva una ruba nemmeno a pagarla, tutti i suoi bellissimi capelli possedevano il naturale colore del cioccolato e quella ragazzina gli dava del vecchio? [high pitched screem]«RA-GAZ-ZI-NA!» e se chi ben cominciava era a metà dell'opera, potete capire come andranno le cose

    «avete bucato la nostra realtà, ed ora abbiamo bisogno del vostro aiuto.» dopo quello, Barrow non aveva capito più niente. O, meglio, non si era sprecato ad ascoltare. Vivere nel futuro aveva forse modificato in parte la sua percezione del mondo, ma una persona non poteva cambiare del tutto. Non nel profondo. E nel profondo, il corvonero continuava a fregarsene il cazzo di chiunque non rientrasse nella sua cerchia ristretta, perché sapeva di non poterselo permettere; aveva poco da dare, Barry, e quel poco bastava a malapena per chi continuava ad avere il fegato di stargli intorno. Avrebbe compiuto un passo indietro, e un altro ancora, allontanandosi dal volto familiare di Andrew Stilinski fino a non doverlo guardare più, se solo in gioco ci fosse stato altro. Esisteva la remota possibilità che in quella dimensione sapessero come far tornare tutti loro a casa, e Barry aveva compiuto uno sforzo enorme per convincere se stesso che quella fosse una motivazione sufficiente a mettere a tacere il proprio istinto di sopravvivenza, ma si trattava di una messa in scena. Cj, oltre il vetro tremolante di un bagno appartenente all'ennesimo Hamilton dell'universo, lo sapeva. Sersha e Sandy, pur non incrociando il suo sguardo, lo sapevano. Cristo, probabilmente lo sapeva anche Bj, con quelle sue sopracciglia magiche capaci di captare le vibrazioni ormonali nell'aria come un cane da tartufo. L'unico a non rendersi conto dell'ovvio, come era giusto che fosse, era Barrow: dare tutta quell'importanza ad Amalie, regalarle suo malgrado un potere del genere su di sé, permettere al pensiero della ragazza di influenzare le sue scelte, erano tutte conseguenze naturali di un sentimento che chiunque altro avrebbe accettato senza problemi, ma Barry i problemi li aveva nel cervello. E nel cuore. Li dove troppe persone erano entrate calpestando ogni centimetro lasciando solo chiazze di terra bruciata. «cazzone!» sorrise, come non gli capitava da mesi, le palpebre socchiuse per un istante quando le braccia del fratello gli circondarono le spalle e Barry potè quasi nascondere il viso contro il sui collo, dove nessuno rischiava di udire le pulsazioni nelle vene mancare un giro. «smettila di adularmi, sandra, tanto la droga non te la regalo.» ricambiò comunque la stretta, trattenendolo a sè il tempo necessario per ricordare cosa significasse tenere la propria famiglia tra le braccia, in senso generale e non: Sandy e Sersha lo erano in quanto fratelli, sangue dello stesso sangue, ma non solo. Erano Freaks. Questo li aveva legati a doppio filo ancora prima di scoprire le parentele, gli intrecci, le cazzate immonde combinate in un'altra fottuta linea temporale di merda; e così anche Cj, Rosso Malpelo e Ueppa Boy, ciascuno con i suoi pregi e i suoi difetti, cuore e palle e stomaco piuttosto che cervello. Volarono rapidamente insulti conditi da sorrisi aguzzi, e non tanto perché il gruppetto doveva sfogarsi con Barrow in quanto inseguitore accanito della patata - anche per quello -, quanto perchè non sapevano come altro esprimere il loro affetto, da brave piccole teste di cazzo qual erano; erano cresciuti dal fango, persino quando quel fango profumava di soldi e superficiale benessere, e nella melma continuavano a ritrovarsi incapaci di lasciarsi davvero. Erano delle merdine, dal primo all'ultimo, ma almeno si appartenevano.
    Tutto bene, finché il Knowles non iniziò ad accanirsi contro il suo doppio dando spettacolo, una versione alternativa e più pompata di Eugene Jackson per poco non lo fece volare tre metri più a sinistra e... MEEEEOWWW. Un gatto. Uno stramaledettissimo gatto spelacchiato volante colpì il corvonero in piena faccia, gli artigli sguainati a pochi centimetri dalle iridi chiare; si esibì in un secondo miagolio strozzato, prima che Barry potesse afferrarlo per la pelliccia staccandoselo di dosso con il fiato corto, gli occhi sgranati per la sorpresa e un graffio bordeaux a segnargli la punta del naso.«cosa cristo--» succede. Era così che attaccavano i nemici, nell'universo alternativo? Gli special si bullavano dei maghi raccogliendo in giro gatti selvatici per lanciarli addosso ai malcapitati ogni qualvolta giravano l'angolo? Avrebbe risposto con la stessa moneta, rilanciando il felino in direzione del padrone, se solo non avesse individuato la fonte di quel proiettile vivo e selvatico: ne aveva un altro paio sotto entrambe le braccia, Amalie Shepard, e a prima vista sembrava intenzionata ad usarli tutti contro di lui, se solo avesse fatto una mossa falsa. «Sei… » lasciò cadere a terra il gatto, che gli soffiò contro prima di scappare. E la guardò, in silenzio, senza sapere cosa dire. Che certo non si aspettava una parola dolce o un bacio soffiato a mezz'aria, l'ormai ex Cooper. «..uno stronzo » annuì, voltandosi brevemente a cercare gli sguardi degli altri Freaks, quelli non impegnati a pestare a sangue i propri doppioni: nessun aiuto da parte loro, piccoli infami. Lo sapevano, come lo sapeva lui, che Amalie aveva ragione. «avessi potuto decidere, sarei rimasto.» premette le labbra cosi forte da sentire gli incisivi conficcarcisi dentro, incredulo per primo delle parole appena pronunciate ad alta voce. Non aveva giurato a se stesso di smetterla, con certe cazzate? E quando mai aveva mantenuto una promessa, Barrow Skylinski. «non ho.. non abbiamo avuto scelta.» nessuno di loro. Fu a quel punto che la Shepard fece volare via i gatti rimasti, già pronti a graffiare qualche altro sventurato, e corse verso il ragazzino, braccia sottili e calde a stringergli la vita ed il viso premuto contro il petto ed il cuore; erano passati cinque mesi, faceva sempre lo stesso fottuto effetto.
    [gridolini e prese in giro da parte dei freaks eeeee stacco]
    Ad una certa riemerse da quel sogno ad occhi aperti, notando - grazie probabilmente ad un urlo offensivo lanciatogli da Sersha affinché si desse una svegliata - la canna di un fucile rivolta proprio alle sue gambe, una grandissima faccia di merda in parte nascosta dal mirino dell'arma; sapeva che prima o poi, per la legge delle probabilità, qualcuno dei bastardi avrebbe pescato lui dal mucchio con l'intento di mandarlo al creatore, ma Barrow tendeva ancora ad offendersi ogni qual volta ci provavano con tale accanimento. Non avevano proprio nient'altro da fare che rompergli i coglioni in quel modo? «lu--» sporgendosi di lato, sarebbe rotolato a terra, sfregando la pelle esposta contro la nuda roccia del corridoio «--rido figlio di puttana.» Ma mai, mai, lurido quanto Carl. Ora, chiariamoci: quando, ancora a Parigi, Barry aveva rivelato la verità sui suoi natali ad Akelei, la reazione della donna non era stata esattamente carica di phatos e sentimento, amore e coccole; niente lacrime alla C'è Posta per Te, niente sorrisi e abbracci tanto forti da sentirti scricchiolare le ossa. Da una parte, il corvonero gliene era stato grato, perchè ad un tale carico emotivo non sarebbe certo sopravvissuto; dall'altra, in un angolino nascosto del suo essere, quello che ancora ricordava cosa avesse significato crescere con un padre e una madre che lo odiavano, aveva accusato il colpo piegandosi in due, una fitta a trapassargli lo stomaco. Ma non per questo avrebbe permesso al primo coglione di turno di lanciare una freccia contro Akelei Beaumont. «ACCIO FRECCIA» bacchetta alla mano, mosse rapido il polso destro puntando all'arco stretto tra le dita dell'uomo, si spera prima che la freccia venisse scoccata e trafiggesse ake #ripmamma, per richiamare a sé l'arma ed utilizzarla subito dopo; l'avrebbe brandita come un coltellaccio da cucina, l'arma preferita degli assassini in CSI, lanciandosi su Carl senza farsi troppi scrupoli, tentando di conficcargli la freccia in un dannatissimo occhio. «se. la tocchi. ti. sventro.» ad ogni punto un colpo, non si sa mai.

    barrow obi skylinski
    Broke my bones, tasted blood Burned my wings close to the sun But I'll keep on flying I'm too young for dying
    Scraped my knees, bruised my heart It's where you end, not where you start I see them running Cause they see me coming
    2118 ; au!2018
    ravenclaw vs. former gryffindor
    blondie ; grumpy cat
    au: eugene henry jenkins


    barry + elwin per ake: accio sulla freccia
    barry vs. carl: cerca di pugnalarlo con la sua stessa freccia
    barry + elwin per barry: rotola via
     
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    Non era un luogo dove era facile avere speranza, l’upside down. Nemmeno per una ragazza come Amalie Shapherd, che nella speranza ci credeva con tutta se stessa: nel corso della sua vita aveva sempre cercato di trovare il lato positivo in ogni occasione. Anche nel buio più totale, lei la crepa da cui filtrava un filo di luce la trovava sempre. Se la costruiva, se era necessario, ma non si era mai rassegnata.
    Fino a quel momento.
    Perché il primo mese aveva retto: per la ragazza era scontato, che sarebbero tornati.
    Poi però era passato anche il secondo, e non avevano nessuna notizia. Si erano volatilizzati nel nulla, scomparsi da un momento all’altro, e del loro passaggio in quell’universo non rimaneva che il ricordo di loro lasciati indietro.
    Ma era ancora presto, e di speranza la ragazza ne aveva ancora. Ma poi era passato il terzo e non era cambiato nulla. E la calma che la Shapherd aveva tentato di mantenere era svanita gradualmente.
    Inutile dire che, arrivato il quarto, anche la più remota speranza era svanita. Ed era stanca, la ragazza, di fingere che andasse tutto bene.
    Cosa poteva andare peggio, del resto? Aveva compiuto diciotto anni ed a malapena se ne era ricordata. Aveva accolto nella sua stanza ogni gatto trovato per strada, cercando senza nemmeno rendersene conto di colmare il vuoto lasciato dalla lontananza alle persone. Gesù, aveva persino incontrato la sua versione in quella linea temporale, inventandosi la prima cazzata che le era passata per la testa per salvarsi da quella situazione scomoda.
    Si era spacciata per la gemella ucraina, capite? La gemella ucraina! Quel piano era palesemente etichettabile come un sintomo di disturbo post traumatico da quest: i war flashbacks su i russi non avrebbero mai lasciato del tutto in pace la ragazza.
    Però del resto la sua controparte in quel mondo era stata gentile con lei, accettandola persino dopo averle rivelato la verità: non se l’era presa per l’esser stata ingannata dalla Shapherd per settimane. E più la guardava, più Amalie si chiedeva se per anni avesse sbagliato nel cercare di giustificare i suoi genitori ed a volergli bene, nonostante tutto: forse avrebbe vissuto un adolescenza più felice, scappando di casa come aveva fatto la Dallaire.

    «Sei… » aveva così tante cose da dire, Amalie.
    Vivo
    Salvo
    Pensavo seriamente che non ti avrei rivisto mai più, ed invece l’unica cosa che la bionda riuscì ad aggiungere fu -..uno stronzo» Non gli lasciò nemmeno il tempo di controbattere come si deve, o riprendersi dallo probabile shook di essersi appena beccato un gatto dritto in faccia: si avvicinò rapidamente a Barry, allacciò le braccia intorno alla vita del ragazzo, e le sembrò di tornare a respirare dopo mesi in apnea. «avessi potuto decidere, sarei rimasto.» Era sollevata di sapere che stesse bene, egoisticamente felice di sentire il battito del cuore del ragazzo attraverso la stoffa della maglietta ma, allo stesso tempo, non altrettanto del fatto che si trovasse lì: era riuscito ad andarsene una volta da quel posto, e per quanto la solitudine fosse stata dolorosa per la ragazza, preferiva di gran lunga un Barrow Skylinski al sicuro in qualche altro universo che bloccato lì senza la possibilità di andar via. «non ho.. non abbiamo avuto scelta.» Si staccò dall'abbraccio, portando lo sguardo anche sugli altri.
    CJ, Aidan, Sersha, Arci, Joey e Sandy. Per quanto lieta di rivederli, non dovevano essere lì.
    Alcuni di loro non erano stati abbastanza in quell'universo per rendersi davvero conto di qual era la situazione, altri nemmeno ci avevano mai messo piede. Ed Amalie Shapherd era davvero stanca di vedere le persone a cui teneva correre rischi.

    /stacchettoo!/

    In quei mesi, Hogwarts le era mancata da morire. Ed anche erano lì in missione, anche se quella non era effettivamente la scuola frequentata per anni dalla ragazza, quelle mura significavano comunque casa, per la Shapherd, e varcata la soglia del castello si sentì subito più tranquilla. Ma naturalmente quel senso di sicurezza durò ben poco: non era la sua Hogwarts.
    Le era capitato di doverselo ricordare spesso, in quei mesi nell'upside down. Quando vedeva Jade, o Maeve, o qualunque altra persona a cui voleva bene, doveva reprimere l'istinto di andarci a parlare e ogni dannata volta doveva fare in conti con la verità delle cose: non era il suo, quel mondo.
    Ed Amalie, la ragazza che aveva sempre odiato combattere per principio, per un attimo fu felice di tornare all’azione: erano stati mesi ghiacciati, quelli, giornate vuote che passavano una dopo l’altra esattamente allo stesso modo. Per questo la ragazza, anche se non l’avrebbe mai ammesso, neppure a se stessa, era felice di poter fare finalmente qualcosa di concreto. Così, per prima cosa la sua attenzione fu attirata da un tipo con una lama in mano che..aveva un braccio che si allungava?? Amalie, per istinto naturale, avrebbe tentato di evitare ad un ragazzo vicino a lei di venir trafitto afferrandolo per il braccio e dandogli una strattonata per spostarlo dalla traiettoria dell’arma. Poi avrebbe tentato di bloccare l’arrivo di un fulmine contro un altro povero malcapitato lanciando un « electrypus! » con l’intento di creare un capo elettromagnetico come barriera in grado di bloccare la scarica: poteva funzionare? Ki lo sa. Nel dubbio, era giustificata dal fatto che tutto il quadrimestre incentrato sulle lezioni a tema pokemon lei se l’era saltato per cause di forza maggiore.
    [mi sono andata a ricercare lo schemino di chi batte cosa dal post della lezione? Ovvio che sì.]
    Così alla fine Amalie puntò la bacchetta contro la lancia fulmini, ed avrebbe provato, facendo una lieve spirale col polso, a colpirla con una fattura millebolle
    Quanto le sarebbe servito in un occasione simile aver seguito la lezione di suo fratello a scuola: una volta tornata sarebbe stata così triste scoprendo di essersela persa.

    calliope blue beech
    We've been meteoric,
    even before this
    Burns half as long
    when it's twice as bright
    Running out of air
    buried in a sadness
    Want a way out
    of this paralyzing world
    2118 ≫ 2018
    15y/o ≫ 18y/o
    lumokinesis ≫ smartass
    amalie shapherd


    COMBO DIFESA (con Svetlana per Lewis)
    lo strattona via (??)

    COMBO DIFESA (con Svetlana per Neal)
    Lancia un Protego Immotus per provare a contrastare l'arrivo del fulmine

    ATTACCO (su Kenna)
    booolle mille bolle blu Fattura Millebolle
     
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    sheet • 24 • 2118 • Neal Scamander | Margaret Piper • 2018!au • 26 •
    Neal Scamander non esisteva più.
    Tutto ciò che era, tutto ciò che era diventato, era lentamente scivolato via dalle sue mani, risucchiato da quel vortice di autodistruzione che lui stesso aveva creato. Se è vero che ciascuno è artefice del proprio destino, lui aveva fatto in modo che il suo sparisse, annegando se stesso nell’alcool.
    Era successo tutto all’improvviso. La malattia di Vivienne, il rapido decorso, la morte. Non aveva amato nessuno così. Non aveva mai amato prima di incontrarla, di innamorarsi lentamente della bionda Grifondoro. Ci avevano messo anni per unirsi e pochi mesi per dirsi addio. Se n’era andata, il corpo dilaniato da un male incurabile e il volto sereno di chi aveva vissuto a pieno. Lo conosceva, gli aveva detto di andare avanti, di non fermarsi. Perché lui era Neal Scamander e aveva una vita davanti a sé. Una vita senza più progetti da realizzare, senza più sogni comuni, senza Vivienne. La vita di un Guaritore che non era riuscito a proteggere l’unica persona al mondo per cui valesse la pena svegliarsi la mattina, respirare, vivere.
    L’ex Serpeverde aveva preso le distanze dal San Mungo, da una professione che gli ricordava costantemente che aveva fallito in quella che era la sua missione: curare e guarire. Era ritornato in Romania, la sua terra Natale, e aveva lasciato che la Riserva di famiglia e la ţuică lenissero il dolore e che lo aiutassero a dimenticare (soprattutto la seconda). L’ambiente isolato e magicamente protetto, non erano stati sufficienti a tener lontana la presenza più ingombrante della sua vita: Lewis Norwood, il suo miglior amico (se non per meriti, almeno per autoproclamazione). Più Neal voleva restare solo nel suo dolore, più l’ex Corvonero aveva deciso di non dargli pace, inondandolo di lettere, messaggi, foto cartoline, inviti a Parigi. Più voleva scomparire, più Lewis provava a ricordargli che c’era ancora una ragione per vivere, che al San Mungo avevano bisogno di lui. Ciò che non aveva ancora capito, era che il Guaritore non aveva più bisogno di se stesso. Era un guscio vuoto, riempiva le sue giornate di alcol e autocommiserazione fino a quando qualcosa non lo smosse: Lewis voleva andare a trovarlo. Non era un auto-invito, era quasi una minaccia. Se fosse andato in Romania, la gente della Riserva avrebbe parlato. Se avessero parlato, Norwood avrebbe saputo che lui non reagiva più a nessuno stimolo. Se avesse saputo che Neal si stava abbandonando a se stesso (o se ne avesse avuto la conferma), avrebbe provato a risollevargli il morale. E lui non lo voleva. Non voleva nessuno attorno, figuriamoci quel logorroico magizoologo che gli era toccato in sfiga avere come amico. Aveva preso pergamena e piuma e aveva scritto un messaggio breve, tre parole: vengo a Parigi. Aveva perso tutto, le sue battaglie e le sue guerre. Per cos’altro valeva la pena lottare? Avrebbe finto di star bene e Lewis se la sarebbe bevuta, lo avrebbe lasciato finalmente in pace. Perché non lo avrebbe salvato, non quella volta.
    Ecco perché era nella capitale francese, in quel piccolo appartamento in periferia. Doveva portare avanti quel teatrino ancora per qualche giorno. Veniva trascinato in centro quando l’ex Corvonero era libero, lanciava qualche insulto ogni volta che Lewis tornava a casa sfatto e maleodorante (nessuno ha mai detto che fare il magizoologo è un lavoro figo) e quando era solo, o Lewis era nello studio, passava il tempo su una poltrona, una bottiglia di Whiskey Incendiario in una mano – aveva smesso di usare i bicchieri da tempo – e il vuoto nell’altra. La strinse in un pugno per qualche istante, provando a ingoiare il dolore con un altro sorso, prima di scagliare il contenuto dell’altra contro un muro. Il rumore lo ridestò dai suoi pensieri e fu proprio in quel momento che si rese conto di qualcosa, di un movimento sospetto nel palazzo accanto. Per la prima volta, dopo giorni, vide un gruppo di persone entrare nello stabile. Sembravano concitate, chi più, chi meno, e la sua mente formulò un unico pensiero coerente: festa.
    Dove c’era una festa, di solito, c’era anche dell’alcol e, data la sua brillante trovata di poco prima, lui ne aveva bisogno. Si sarebbe confuso tra la folla – nonostante il metro e ottantasette di altezza e la chioma bionda –, avrebbe preso qualche bottiglia come scorta personale e dopo un po’ se ne sarebbe tornato a casa, tanto l’Hobbit era chiuso nel suo studio da quelle che a lui sembravano ore. Non se ne sarebbe neanche accor… La voce di Lewis lo raggiunse nell’esatto momento in cui si era allungato per afferrare la sua giacca di pelle. Se fosse stato veloce, e i suoi riflessi decisamente non lo erano, sarebbe riuscito a uscire senza che l’altro lo seguisse. Peccato che l’altro lo avesse già sorpreso sull’uscio della porta e aveva già iniziato a parlare. Era come se non riuscisse a tenere la bocca chiusa. Si era convinto che, prima o poi, avrebbe smesso e ancora aspettava quel dannato giorno in cui l’amico avrebbe taciuto per sempre.
    Le conseguenze di quel pensiero, però, lo fecero sentire terribilmente in colpa. Si morse l’interno della guancia fino a quando il dolore non lo riportò alla realtà, alla porta spalancata di quell’appartamento che gli avrebbe stravolto la giornata.
    Se Lewis fosse stato zitto, si sarebbe reso conto che qualcosa non andava. Ammesso non fosse un silent party, quel palazzo sembrava troppo silenzioso. Avrebbe percepito qualcosa, pericolo probabilmente, se la sua testa non lo avesse costretto a seguire dei pensieri poco piacevoli. Se non avesse bevuto, probabilmente sarebbe andato a Pigalle e avrebbe trascorso la notte lì, raschiando il fondo della sua solitudine.
    “Sta fuori. Torna a casa.”
    Portò la mano alla bacchetta, più per abitudine che per altro, e cercò in una delle tasche una fialetta contenente un liquido verdognolo. Era per le emergenze e sperava davvero di non doverla usare. Sperava davvero di non dover tornare sobrio. Quel mondo ovattato, non era poi così male…
    Fece qualche passo nell’appartamento e, sì, le persone non erano frutto della sua immaginazione. Erano lì, davanti a degli specchi e…
    Un fischio fendette l’aria, costringendolo a piegarsi su se stesso e a portarsi le mani alle orecchie. Poi… poi riuscì a capire ben poco. Era come se la realtà si fosse contratta per poi esplodere all’improvviso, portandosi dietro non detriti ma uomini. Altri esseri umani. Era confuso, forse era in un dannato trip, eppure sembrava tutto così reale. Stappò la fialetta e iniziò a bere, lasciando che la lucidità si reimpossessasse pian piano del suo corpo.
    Qualcuno aveva bisogno di loro, in un’altra dimensione, e quel qualcuno era appena sbucato nella stanza. Gli stavano offrendo un piano suicida su un piatto d’argento e lui, che non era famoso per il suo altruismo o per la sua bontà d’animo, stava per girare i tacchi quando un dettaglio, detto da qualcuno, non destò la sua attenzione: sarebbero andati cento anni indietro, nel passato.
    Cento anni.
    Indietro.
    Nel passato.
    Restò impalato davanti al portale e mentre gli altri ospiti della casa lo varcavano a uno ad uno, lui prendeva la decisione. Mosse prima un passo, poi un altro, mentre il pensiero più leggero degli ultimi mesi si formava nella sua testa e lo cullava come un mantra, guidando i suoi passi. Se fosse entrato in quel varco temporale, avrebbe potuto salvare quel mondo. Se avesse salvato quel mondo, 75 anni dopo sarebbe potuta nascere una nuova Vivienne. In un universo parallelo, avrebbe potuto darsi la possibilità di un’altra storia con lei. Accarezzò quel pensiero con un sorriso. Se per darle la vita, se per darsi un’altra vita, avrebbe dovuto sacrificare se stesso, lo avrebbe fatto. Era una richiesta folle, suicida, eppure… eppure la possibilità di non far più ritorno nel suo mondo, quello in cui aveva perso l’amore, non era poi così terribile.
    Si fermò un momento davanti allo specchio, voltandosi verso Lewis e, per la prima volta, lo vide davvero, vide l’uomo che era diventato.
    “Non seguirmi. Resta qui e vivi.”
    Vivi la tua vita guardando sempre avanti. Sogna, ama, sbaglia, non ti fermare. Tu… tu puoi ancora farlo.
    Sarebbe stato un addio se… se non fosse che quell’idiota che si era portato appresso non avesse deciso di seguirlo. Lui aveva provato a scollarselo, aveva anche quasi messo su un teatrino con un addio drammatico e Lewis… quel dannato Corvonero doveva sempre, SEMPRE, rovinare tutto. Oltre che rovinargli la vita.
    Imprecò a mezza voce, in modo abbastanza chiaro e udibile – giusto per sottolineare la sua gioia nel dover badare anche a quell’ammasso di parole sconnesse e moleste – e solo in quel momento si rese conto che il viaggio inter dimensionale non era stato così terribile. Era ancora tutto intero e già bastava.
    Riconobbe gli edifici di quella che aveva tutta l’aria di essere la versione beta della loro Hogsmeade, solo più cupa. Decisamente più cupa.

    “Another life, another love
    Another kill, another drug
    Another touch, another taste
    Another night, another war
    Another "what are we fighting for?”


    Queste parole gli rimbombavano nella testa man mano che avanzava, erano di una vecchia canzone babbana, eppure non gli erano mai parse più vere.
    Si muoveva in silenzio, osservando ogni cosa come se fosse la prima volta (ed effettivamente, in quel mondo, lo era). C’era qualcosa di sbagliato in quel posto e no, non era la loro presenza. Quello che doveva essere uno zoo, non aveva l’aria di un posto dove trascorrere la domenica mattina o dove portarci dei bambini. Non era solo il buio a renderlo un luogo tetro, quanto… un bagliore verde attirò la sua attenzione e non c’era dubbio di che incantesimo fosse. Spinse Lewis lontano da quella gabbia, incitandolo a camminare, ad andare più veloce, a non pensare. Zittì il suo istinto da guaritore e tirò dritto, concentrandosi sul calore emanato dal corpo di Lewis, un corpo caldo, vivo. Ancora per il momento.
    Si passò una mano tra i capelli biondi, quasi ad allontanare quel pensiero, iniziando a dubitare della sua scelta.
    Una volta nel quartiere generale, restò in disparte, controllando di sottecchi Lewis. Non perché ci tenesse a lui, sia chiaro, quanto perché era pallido. Pallido e tramante. Ed era lì per colpa sua. Per quanto provasse a negarlo, non riusciva a convincersi del contrario.
    Ascoltò il piano con attenzione e quasi si ritenne fortunato ad essere incluso nel gruppo che sarebbe andato a Hogwarts: aveva trascorso lì quattro anni della sua vita e, se il Castello fosse ancora quello cui era abituato, non sarebbe stato difficile orientarsi lì dentro. Ammesso fossero riusciti ad entrare. Ammesso fossero riusciti a salvare qualcuno. Deglutì a fatica, poggiando la schiena contro la fredda superficie del muro. Alla fine dei conti, si trattava sempre di salvare vite; nonostante qui non fosse richiesta la minimizzazione dei cosiddetti danni collaterali. A quanto pare, avevano la licenza di uccidere.
    Aveva appena finito di indossare dei nuovi abiti e di allacciare le scarpe, quando percepì un paio di occhi fissi su di lui.
    “Piaciuto lo spettacolo?”
    Un ghignò gli illuminò il volto, mentre uno dei kunai, che aveva in mano la giovane donna che lo stava osservando, si piantò nel muro dietro di lui, a un centimetro dal suo viso. Era ancora sotto shock quando la bionda gli rivolse parola: “Te li consiglio. Sono perfetti per il combattimento a distanza e corpo a corpo, qualora la magia non dovesse bastare. Svetlana.”
    Disse poi, allungando la mano. Si presentò di rimando, stringendo quel palmo così piccolo. Era talmente concentrato sugli occhi della sconosciuta, così duri e simili ai suoi, simili a quelli di chi aveva ormai perso tutto, che quasi dimenticò del voto infrangile che stavano sugellando. Furono la presenza di una terza persona e l’apparizione di una fune brillante a ricordargli quello cui andava incontro.
    Era pronto? Decisamente no.
    Sarebbe sopravvissuto? Non era dato saperlo.
    Nonostante tutto, varcò per la seconda volta un portale e, questa volta, non era decisamente preparato a ciò che aveva davanti.
    Pensava che tornare a casa potesse essere rassicurante, non così atroce. Sì, perché non trovava altri modi per definire ciò che lo circondava. Se non avesse passato tre anni in Accademia e due di specialistica al San Mungo, probabilmente non sarebbe rimasto pietrificato alla percezione di quell’odore. Non era semplicemente bruciato, non era semplicemente olezzo. Aveva quella particolare nota che potevi sentire nel reparto ustioni. Se non avessero deciso di dar fuoco a tutte le creature della Foresta Proibita, quelle pire potevano significare solo una cosa.
    Andò avanti stringendo i denti, lasciando che un ringhio basso sfuggisse dalle sue labbra. Erano ribelli, erano bambini, adolescenti… erano innocenti. Il moto di rabbia che montò in lui fu improvviso. Un’epifania. Aveva uno scopo, una missione, un qualcosa che potesse riportarlo nuovamente in vita, anche se per pcoo. Aveva un obiettivo, qualcosa per cui valeva ancora la pena lottare. Non avrebbe rispolverato il suo nome, non sarebbe tornato quello di un tempo, ma avrebbe potuto fare la differenza.
    Si arrestarono davanti a un gruppo di persone che bloccava loro il passaggio. Bastò un attimo, un misero attimo, e tutto mutò.
    Quasi non si rese conto di essere attaccato, troppo preoccupato a voltarsi verso Lewis, a urlargli che poteva ancora tornare indietro, che poteva nascondersi, scappare, fare qualsiasi cosa che potesse allungargli la vita anche di un solo battito. Si sentì trascinare via da una stretta al braccio che, per poco, non lo fece cadere a terra.
    “Per Morgana!”

    Margaret aspettava quella battaglia da quando le avevano strappato ogni singola gioia. Da quando avevano bruciato il Lilum davanti ai suoi occhi inermi, mettendo al rogo i suoi colleghi, i suoi amici, i suoi clienti, immolandoli per un ideale sbagliato, dettato dalla paura, dal terrore.
    Sapeva cosa stavano a significare quelle pire lungo il percorso, sapeva cosa c’era ad attenderli ad Hogwarts. Camminava a testa alta, lo sguardo fiero. Avrebbe buttato a terra quel Regime un corpo alla volta, fin quando non avessero pagato il prezzo per tutte le vite che si erano presi con la forza. Il pensiero di poter vendicarsi era stato il motore che l’aveva portata lì, che l’aveva spinta a superare ogni limite: fisico, etico e morale. Nessun santo aveva mai vinto una guerra e lei non sarebbe stata la prima a voler ribaltare le cose.
    Quando impazzò la battaglia, agì per istinto. Vide Kenna percorsa da un campo elettrico e l’unico incantesimo che saettò nella sua mente, fu di contrastare il fulmine con un Protego Herba. Se fosse andato tutto secondo i piani, se la barriera che Amelie stava provando a innalzare fosse stata infranta, avrebbe evitato al nuovo arrivato di morire folgorato. Se la sua barriera di legno e rami si fosse creata correttamente, essendo materiali isolanti, avrebbero evitato la conduzione di elettricità. Avrebbero preso fuoco, probabilmente, ma sarebbero bastati a proteggere il malcapitato.
    Non fece in tempo a controllare l’effettiva riuscita del suo piano, che le sue labbra si ritrovarono a pronunciare un nuovo incantesimo. Si accorse quasi all’ultimo momento che il biondo con cui aveva stretto il Voto Infrangibile, fosse sotto tiro. Vide la lama puntare la milza dell’uomo e sperò che non fosse troppo tardi.
    “Infirmitatem!”
    Lanciò la maledizione con un doppio intento: quello di paralizzare l’avversario e di lacerarne la pelle.
    Quello che non sapeva, era se fosse in grado di ottenere i risultati sperati, se fosse abbastanza forte e concentrata da colpire il nemico dal braccio allungabile (in primis) e se avesse abbastanza tempo per procurare danni.

    «Hail to the Victor»


    DIFESA PER LEWIS (Svetlana + Amelie): Protego Herba
    Formula: praesidio herba. Genera uno scudo di legno, rami e foglie, intrecciati tra loro in breve tempo in modo fittissimo. Verbale / Non Verbale.
    DIFESA PER NEAL (Svetlana + Amelie): Maledizione Infirmatur
    ATTACCO CONTRO EMIL (Svetlana): Maledizione Infirmaatur

    Formula: infirmitatem. paralizza il nemico impedendogli di difendersi, ed al contempo lacera la pelle creando ferite ed abrasioni. Il colore del fascio di luce è blu.
     
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    LEWIS NORWOOD
    ELWYN HUXLEY
    2118 / 24 ANNI / MAGIZOOLOGO
    2018!au / 27 ANNI / QUIDDITCH
    Se qualcuno avesse provato a raccontargli quello che sarebbe successo di lì a poco, Lewis Norwood avrebbe fatto fatica a prendere sul serio il suo interlocutore. Eppure, era un credulone, lo era sempre stato. Aveva passato la sua infanzia – e adolescenza, ed età adulta, e probabilmente sarebbe stato così per il resto della sua vita – con la testa tra le nuvole, con il viso nascosto tra i volumi presi in prestito dalla libreria del padre e i vispi occhi color nocciola impegnati a scorrere freneticamente lungo le righe di un racconto fantastico. Era cresciuto in questo modo, a muffin di zucca e storie, non senza prevedibili conseguenze: i primi, uniti alla sua totale avversione per lo sport, lo avevano portato ad avere un fisico da giocatore di gobbiglie o di scacchi magici; la lettura, invece, aveva profondamente plasmato il suo carattere, permettendogli di sviluppare una fervida immaginazione, mostrandogli mondi diversi da quello reale e rendendolo un inguaribile ottimista, fin troppo ingenuo talvolta. Ciononostante, neppure lui avrebbe potuto credere a quello che avrebbe visto quel venti aprile, a specchi magici di tale portata, varchi temporali, universi alternativi e morte, dappertutto, più di quanto chiunque dovrebbe poter essere in grado di sopportare; non avrebbe voluto crederci.
    L’unica parte, della cronaca di quella giornata, che avrebbe ascoltato senza battere ciglio sarebbe stata quella relativa alla presenza di Neal Scamander nel suo appartamento. Nell’ultimo mese aveva utilizzato tutti i gufi a sua disposizione per sommergere l'amico con lettere in cui gli chiedeva, con crescente insistenza, di passare qualche settimana in Francia. Ed era riuscito a convincerlo; dopotutto la sua arma migliore consisteva proprio nella capacità di portare il malcapitato allo sfinimento, di spingerlo ben oltre il limite di sopportazione e costringerlo ad accettare qualunque richiesta dell’ex-Corvonero pur di zittirlo o, nel migliore dei casi, di liberarsene. Fortuna che a Neal era stata negata. E da una forzatura, da un tentativo di incastrare due pezzi di un puzzle apparentemente complementari, era nata un’amicizia che per entrambi si era rivelata una necessità. Avevano bisogno l’uno dell’altro, era stato così ad Hogwarts e lo era tutt’ora, a distanza di anni. Lewis c’era stato quando la sua presenza non era minimamente richiesta, quando trovava inconcepibile che qualcuno potesse deliberatamente scegliere di starsene da solo, quando si era prefissato l’obiettivo di smussare il carattere di quello studente appena trasferitosi da Durmstrang, di fargli capire che le parole non avevano un costo e che non avrebbe perso alcun galeone se si fosse sforzato di utilizzarne qualcuna in più in una conversazione. Neal, dal canto suo, aveva tentato di farlo uscire dal mondo ovattato in cui viveva, di renderlo meno puffola pigmea e più uomo, di strapparlo da quello stato di asessualità in cui versava da sempre tempo e fargli capire che ciò che aveva tra le gambe non era un inutile ingombro, ma con buona probabilità l’unica cosa degna di nota – nel suo caso – agli occhi di una donna. C’era stato, soprattutto, quando Lewis aveva visto crollare la relazione con la sola ragazza capace di tollerare la sua logorrea – e con la quale, di conseguenza, aveva già progettato di sposarsi ed avere una cucciolata di Norwood – e si era rintanato in casa a piangere, mangiare, piangere, lamentarsi e ancora piangere per giorni; Neal lo aveva letteralmente trascinato fuori dall’abitazione dei suoi genitori e lo aveva rimesso in sesto, ricordandogli che la vita non poteva certo finire a 17 anni, sforzandosi di ammettere che avrebbe potuto sfruttare i suoi pochi pregi per trovare un’altra persona adatta a lui e arricchendo il suo monologo con insulti, motivazionali a suo dire. E quando era stato l’ex-Serpevede a perdere la persona amata – questa volta per sempre –, Lewis aveva fatto il possibile per evitare che si chiudesse in se stesso, che rinunciasse a vivere e mandasse in fumo tutto quello che aveva conquistato con fatica nel corso degli anni, per ricordargli – seppur con i suoi modi martellanti – che non era solo.
    «Neal! Pensavo che potrei lasciar perdere queste ricerche e farci un giro, che ne dici?» urlò all’amico, sperando di farsi sentire pur essendo chiuso nel suo studio. Si trattava di una stanza in cui nessuno, a parte Lewis, avrebbe potuto mettere piede; non perché fosse protetta da un incantesimo di difesa, ma perché sembrava fosse stato lanciato un bombarda all’interno di quell’ambiente e che tutto fosse rimasto invariato a seguito dell’esplosione: la carta da parati era stata ricoperta da decine di pergamene, immagini, indicazioni e appunti che l’ex-Corvonero era convinto sarebbero tornati utili prima o poi e che, invece, con buona probabilità non avrebbe mai più ritrovato; la libreria e le mensole sembravano volersi arrendere sotto il peso dei volumi accumulati nel corso degli anni; il pavimento mostrava, qua e là, la presenza di strane chiazze di colori diversi, piume e altri oggetti non ben identificati; la scrivania, quel giorno in particolare, era occupata da una fila di provette che, se fossero state maneggiate nel modo sbagliato, avrebbero fatto saltare in aria la sua abitazione. «Non lo so, mangiamo qualcosa, ti faccio vedere la città e… ehi! Stai uscendo? Senza di me?» si affrettò a dire quando, dopo aver raggiunto l’amico in salotto, si accorse che quest’ultimo aveva tutta l’aria di volersela svignare. Non fece in tempo a cambiarsi, a provare a dare una forma ai suoi capelli – non lo aveva mai fatto, in realtà – o a lasciare parte del materiale che gli era rimasto nella giacca; si ritrovò a inseguirlo, senza avere la minima idea di cosa lo stesse guidando. «Non è carino piantare in asso chi ti sta ospitando. Lo so, non sono il massimo della compagnia e non mi piace il genere di locali che frequenti tu, ma avremmo potuto trovare un compromesso. Neal! Mi stai ascoltando?» quando l’ex-Serpeverde si fermò, si ritrovarono all’interno di un appartamento piuttosto affollato e a tutto quello che accadde, da quel momento in poi, Lewis non riuscì a trovare una spiegazione. Non ebbe il tempo di guardarsi attorno che una parete sembrò esplodere verso di loro; si voltò nella direzione opposta, istintivamente, e si rannicchiò per evitare di essere colpito, ma non successe nulla. Quando riaprì gli occhi, riuscì a scorgere tre persone che etichettò come i colpevoli di quel trambusto e sentì parlare di un certo Seth, di Eletti, Indegni, mutande e piani per eliminarlo. «Neal, Neal, ascoltami.» cercò di costringere l’amico a guardarlo negli occhi e notare l’espressione preoccupata sul suo volto. «Non so che gente sia questa, se si tratta di una… di un… di una specie di gioco di ruolo, ma ho un gran brutto presentimento, ok? Andiamo via?» e quello che gli rispose l’amico, di non seguirlo e vivere, lo spiazzò del tutto. Aveva invitato Neal per aiutarlo a rimettere insieme i pezzi della sua vita, non per lasciare che si lanciasse in una missione suicida. Non lo avrebbe permesso. Sapeva, però, che non sarebbe riuscito a fargli cambiare idea e che non avrebbe potuto far altro che seguirlo, e cercare di tenerlo lontano dai guai. «Non dire stupidaggini. Ci andiamo insieme, vediamo di che si tratta e passiamo questa serata alternativa, eh? Tra qualche anno ci rideremo su, me lo sento!» nonostante cercasse di dissimulare il suo stato d’animo, era terrorizzato all’idea di quello che avrebbero trovato oltre il portale davanti a loro. E quella sensazione di angoscia, di paura, di sconforto, non fece che crescere esponenzialmente quando passarono davanti alle gabbie del Carrow’s, quando gli venne detto di scegliere un’arma – che Neal gli impedì di prendere, dato che lo considerava già piuttosto pericoloso con la bacchetta, figurarsi con una pistola tra le mani – e di indossare altri vestiti – a quel punto si accorse di aver portato con sé delle provette, ma non avrebbe mai lasciato in quel posto il lavoro degli ultimi mesi – e quando qualcuno riprese a parlare del piano da portare avanti. Non voleva crederci. Si parlava di uccidere quando lui sprofondava in uno stato di sconforto dopo aver accidentalmente fatto del male ad una creatura magica. Si parlava di togliere la vita ad altri esseri umani. Poco importava chi fossero, che avessero fatto e cosa avrebbero cercato di fare, Lewis non sarebbe mai arrivato a tanto. Si diede degli schiaffi sul viso, sperò, con tutto se stesso, che nulla di quello che avevano visto e sentito fosse reale, che da un momento all’altro si sarebbe svegliato nel suo letto e avrebbe ripreso la sua vita. Tuttavia, non accadde nulla.
    «Ehi, nano.» Elwyn si rivolse all’ex-Corvonero. Lo aveva puntato da quando i nuovi arrivati avevano fatto il loro ingresso nel Quartier Generale e, fin dal primo momento, fin da quando si era accorto che non faceva altro che tremare come una foglia e guardarsi intorno in cerca di una via di fuga, aveva pensato che non avrebbe potuto scegliere candidato migliore per stringere il Voto Infrangibile: non solo era convinto che quel cucciolo d’uomo non sarebbe stato capace di far male ad una mosca – figuriamoci uccidere uno di loro, dei buoni –, ma era certo che sarebbe morto dopo i primi attacchi; e lui si sarebbe tolto davanti il problema di stare attento a non farlo fuori ed infrangere così l’incantesimo. Brutale, ma vero. «Hai sentito che hanno detto, vero? Uno di voi con uno di noi. Non ci si può uccidere a vicenda, altrimenti muori ugualmente. Tutto chiaro? Ehi, fai un cenno con la testa.» non avrebbe potuto accettare che si limitasse a boccheggiare, dopotutto ne andava della sua vita.
    Quando si trovarono davanti ad Hogwarts, davanti a quei roghi, Lewis pensò che sarebbe morto lì, in quel momento, prima ancora di poter anche solo pensare di sollevare la bacchetta. L’aria pesante gli bruciava i polmoni, il cuore sembrava volergli uscire dal petto, le gambe davano segni di cedimento ad ogni passo; si sentiva sopraffatto, avrebbe voluto fermarsi in un punto di quel sentiero e piangere a dirotto. L’unica cosa che gli impediva di farlo era la consapevolezza che avrebbe dovuto proteggere Neal da se stesso, da quell’istinto di autodistruzione che lo aveva portato a buttarsi nel portale. E mentre cercava di dare un senso a ciò che lo circondava, di raccogliere le forze e provare a non crollare, gli studenti, gli insegnanti, gli assistenti posti a difesa di Hogwarts iniziarono ad attaccarli. Fu questione di attimi, di prontezza di riflessi, di cui lui era chiaramente sprovvisto. Vide un bagliore, un lampo, una scarica lanciata nella sua direzione e ancor prima di poter sollevare la mano con cui stringeva la bacchetta, sentì pronunciare due incantesimi che sperava gli avrebbero salvato la vita, o almeno allungata di qualche minuto: il primo avrebbe dovuto creare una barriera elettromagnetica, il secondo avrebbe generato uno scudo di legno, rami e foglie all’interno di quello stesso campo, come una sorta di doppia difesa nel caso in cui il fulmine scagliato dal loro avversario fosse stato in grado di raggiungerli. Si voltò verso Neal, per essere certo che l’amico non fosse in pericolo, e si accorse che l’uomo con cui aveva stretto il Voto Infrangibile era a pochi passi da loro.
    «Orbis!» Elwyn pronunciò la formula augurandosi che il vortice di luce generato dalla sua bacchetta fosse sufficientemente potente da accecare l’avversario e permettere al ragazzo al suo fianco di pugnalarlo. «Puro ignem!» non c’era tempo per pensare, neppure per accertarsi che il primo colpo fosse andato a buon fine. Dovevano ribattere, dovevano aiutarsi e difendere a tutti i costi la loro realtà. Scelse di evocare una barriera di fuoco per poter, da un lato, bruciare i proiettili di un fucile puntato nella loro direzione e, dall’altro, ridurre la visuale del suo avversario ed impedirgli di difendersi prontamente prima del suo contrattacco. Inspirò, sentì la magia scorrere dal suo braccio alla bacchetta e rivolse lo sguardo in direzione dell’uomo davanti a sé. «Incarceramus!»
    "argh, sono già in ritardo per la quest, non ho tempo per la citazione!"
    | 50 shades of grey | code by ms. atelophobia


    Perdonate l'orrore di post che è venuto fuori ç_ç

    Combo difesa #1: Barry + Elwyn per Ake - Orbis, tenta di accecare Carl per permettere - eventualmente - a Barry di pugnalarlo con la freccia che ha tentato di richiamare.

    Combo difesa #2: Barry + Elwyn per Barry - Protego in igne, mentre Barry rotola via, Elwyn evoca una barriera di fuoco per sperare di sciogliere gli eventuali proiettili nella loro direzione.

    Attacco: Elwyn per Barry, contro Oziel - Incarceramus, per sperare di farne un insaccato e menarlo al prossimo giro.
     
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    DIFESA BARRY (barry + elwin) = 6 + 12 = 18 pd (+7 pa)
    ATTACCO SU OZIEL (elwin) = 9 + 7 = 16 pa. DIFESA: 1 pd (-15 ps)
    L'incarceramus è super efficace! Rimane bloccato ansante al suolo, e cadendo prende anche una bella testata su una roccia sporgente dal terreno. Un suo compagno lo libera, ma è decisamente provato.

    DIFESA AKE (barry + elwin) = 9 + 15 = 24 pd (+17 pa)
    ATTACCO su CARL (barry) = 12 + 17 = 29 pa DIFESA: 2 pd (-27 ps)
    Beh. Il rozzo Cooper porta a casa il primo morto della mini quest: Carl grida mentre la freccia gli si conficca nell'occhio, le tue mani sporche di liquido e sangue proveniente dalla ferita inferta a scivolare sul bastone del dardo. Smette di muoversi con un ultimo singulto. E bravo Barry, hai anche guadagnato una balestra!

    DIFESA NEAL (amalie + svetlana) = 12 + 14 = 26 pd (+14 pa)
    ATTACCO SU EMIL (svetlana) = 4 + 14 = 18 pa DIFESA: 2 pd (-16 ps)
    Emil cade a terra gridando, la pelle a spaccarsi in più punti sporcando l'erba di cremisi. Un suo compagno accorre in suo aiuto scagliando il Contro Incantesimo; rimane immobile ancora qualche secondo, soffrendo silente, prima di tornare all'attacco.

    DIFESA LEWIS (amalie + svetlana) = 9 + 14 = 23 pd (+18 pa)
    ATTACCO SU KENNA (amalie) = 1 + 18 = 19 pa DIFESA: 9 pd (-10 ps)
    Le bolle confondono e colpiscono il nemico, che grugnendo si nasconde dentro il proprio mantello.

    BARRY: Oziel non si arrende, e cerca debolmente di farti inciampare mettendoti il fucile sotto i piedi.
    SVETLANA: Emil, ferito nell'orgoglio dalla maledizione, cerca di trafiggerti il ventre con la spada.
    LEWIS: Kenna tenta di ricambiare il tuo favore cercando di legarti come farebbe un cowboy con un vitello
    AKELEI VEDOVA: Jemima, nel dubbio, lancia una granata nella tua direzione.
     
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    Il ragazzino biondo aveva tutta l'aria di uno che voleva morire, e anche se noi sappiamo che non era assolutamente niente di strano per il caro Joseph conosciuto dal team far west come Pepe EunsaccodicognomicheJadenonricordava (anzi, era anche più felice del solito, visti i freaks+amalie+2 super giocatori fiki di quidditch famosi nell'au tutti riuniti), e semplicemente di solito era la vicinanza con Black Barry (Black come il suo kuore) a farlo sembrare un po' più vivo, Jaden era leggermente preoccupata dal suo colorito pallido e l'aura da padella morta con cui si trascinava in giro. Sarà che era da poco diventata mamma, e si sentiva protettiva verso qualunque bambino dai capelli chiari come quelli di suo figlio, sarà che semplicemente non voleva essere responsabile della morte del gemello psycho di un universo alternativo di Winston Jonsten (Jaden aveva un debole per gli studenti casinari che volevano mollare la scuola e per i casi umani in generale, era più forte di lei), ma non poteva fare a meno di chiedergli ogni trenta secondi se avesse bisogno di qualcosa, se preferisse tornare indietro, se volesse farsi portare a spalle (alla quale proposta invece di un apatico no come alle altre, si beccò uno sguardo killer; e dire che lei avrebbe pagato per farsi portare a cavallino, come ripetutamente aveva fatto notare senza successo). «Barbie boy, non vuoi davvero sapere niente sul te qui?» aveva detto ad un certo punto, per fare conversazione visto che Jaden era una di quelle persone moleste che difficilmente riescono a stare in silenzio per più di trenta secondi «Tu mi dici una cosa che sai che sai su di me da te, e io una che so su di te, e via così» ma Joey pareva ancora meno interessato alla faccenda che non al farsi aiutare, e il discorso era finito lì - con grande tristezza della bionda (lei voleva conoscersi, dannazione, non le bastavano le informazioni che Mabel/Amalie si era fatta scappare). Quando lui si era allontanato, raggiungendo i propri amici e spiando un siparietto tra Amalie (o Mabel?) e la versione cocainomane di un suo studente, Jaden non aveva più avuto nessuna scusa per continuare a evitare Eugene. E infatti- «ma non ti avevo detto di stare a casa?»
    Più lentamente dei dovuto, Jaden si girò a fronteggiarlo con un sorriso. Ed eccolo lì, il suo raggio di sole spaccagioie e badass. Era così carino quando faceva il premuroso «l'hai fatto» convenne. «but here we are» Sapeva che il ragazzo non aveva cercato di negarle la missione per cattiveria, ma doveva immaginarlo che Jaden non lo avrebbe ascoltato: c'era metà ribellione, lì (ergo, la sua famiglia allargata), c'erano sua sorella, suo cugino, il Jenkins stesso, e stavano tutti lottando per un futuro migliore, stavano lottando per Elite. Come poteva pensare li avrebbe abbandonati lì? Avevano bisogno di tutto l'aiuto disponibile, e lei non sarebbe rimasta fuori dai giochi per nessuna ragione dal mondo, neanche se la posta in gioco era la propria vita e rendere Elite Rave Jenkins orfano prima ancora dell'anno di vita. Tese le braccia, prendendo fra le dita il volto barbuto di Eugene e accarezzandogli la guancia con il pollice mentre lo guardava con ancora le labbra incurvate. «Sei tenero a preoccuparti, ma sei un vero scassaminchia... ma ti amo così, Jenkins» si alzò in punta dei piedi mentre cercava di tirarlo leggermente verso di sè e dargli un rapido bacio. «E ti prometto che andrà tutto bene e che mentre siamo qui il Satan Sitter Club non darà fuoco a casa come l'ultima volta» Ok, sulla seconda non avrebbe proprio giurato giocandosi un braccio o qualcosa del genere MA E' IL PENSIERO CHE CONTA!!! Avrebbe anche continuato a fargli promesse che non avrebbe potuto davvero mantenere, se solo all'improvviso qualcuno non avesse esclamato che lei, Jaden Beech, era la sua bisbisnonna. SHOKKANTE!!!!1 E qui ci sarebbero tanti complimenti a Callie e occhi a cuoricino nonchè domande sul - suo - futuro ma STACCHETTO ANCHE DA ME!


    «Oh, c'è anche Luther Gregory» mettendo in fuori il labbro come un bambino che fa il broncio, Jaden si portò entrambe le mani a schiacciarsi le guanciotte piene, un'espressione costernata sul musetto. «Ti ho sempre odiato, Martin Lutero. Sarà un vero onore farti il culo veramente invece che limitarmi a usarti come sacca da box in classe» perchè ovviamente Jaden era una di quelle assistenti di Hogwarts che trattano tutti gli studenti allo stesso modo e dà a tutti la stessa opportunità di brillare... però cazzo, quando uno era come Luther Gregory ti faceva uscire le botte dalle mani. Non era neanche sorpresa di trovarlo tra le file dei sostenitori di Seth, Eletto stronzetto. Guardando le altre persone schierate contro di loro, si rese conto che c'erano davvero un sacco di suoi (ex?) colleghi e studenti, e un po' si dispiacque; aveva sinceramente sperato almeno lì gli studenti si sarebbero arresi... ma non si sarebbe fatta troppi scrupoli. Quella notte, finiva il regno del terrore di Seth. Se avessero perso, la sua vita e quella degli altri rivoluzionari sarebbe letteralmente finita.
    Tirò una piccola gomitata al suo amiko au (facendolo irrigidire non poco) quando si accorse dell'assenza di una testina bionda «Guarda, Winston non c'è!» disse allegramente. «Deve essere fra le persone che si sono arrese»
    Lo sguardo di Joseph, rivolto avanti a sè, era neutro, ma Jade notò ugualmente la rapidità con cui infilò le mani a pugno in tasca. «Si chiama Winston?» «Yeppa!» «Ueppa» «Cos-?»
    Niente, non c'era tempo per capire cosa quel verso deadpan stesse a significare, perchè c'erano da salvare un paio (o meglio, più paia) di chiappe. «Senti, Iolao» stessa capigliatura biondo swish, dai «Non farti uccidere e non distrarti a chiedere cose sul Quidditch a Andy e Billie» «Gli ho chiesto solo in che ruolo giocavano!» «Sì sì, ok» no, lo sport non era il suo forte, era sempre stata più ragazza da mascotte o cheerleader ballando le spice girls o britney spears (per un certo periodo era anche stata convinta di essere la sua sorella perduta; non che le dispiacesse essere sorella di mae, ovvio, però... beh, BRITNEY. Lo shock di non scoprirsi una spears sarebbe sempre rimasto nel suo cuore)
    Jaden si umettò le labbra, e grazie alla velocità sovrumana (flaash flaaash cento metri in un flaash) sarebbe corsa verso il sopracitato Luther per tirargli una gomitata in pancia prima che potesse tirare il mitra in faccia al ragazzo uscito da Brokebreak Mountain, per poi afferrarlo per le spalle tenendolo fermo. Un ginocchio in alto, ed ecco un bel colpo ben assestato alle parti intime per impedire che gente come lui potesse ancora riprodursi (ah ah, sempre che fosse sopravvissuto alla serata - ovvero no) e poi, senza controllare i danni, correre di nuovo in un attimo poco lontano, fermando «Cullen!» prima che potesse accoltellare una ragazza, mettendosi in mezzo e bloccandogli il braccio in alto e tentando sfruttando la sorpresa di storcergli il braccio verso il basso. «come puoi notare, ho finito il periodo di maternità. Non mi hai inviato neanche un bigliettino di congratulazioni, stronzetto»
    pepito joseph w. moonarie
    take a breath spit out the blood
    in your mouth and get back up on your feet. you still got a couple of motherfuckers to prove wrong
    Sorry that most of my
    hilarious jokes are borderline inappropriate. And by Sorry
    I mean you're welcome
    2018 vs 2018 au
    please don't
    wizard / light bending
    jaden fucking beech





    - Arci → jade + diana
    Gomitata in pancia a luther

    - attacca → luther
    Lo tiene fermo dalle spalle, e gli tira una ginocchiata all'inguine

    - Ellis → ashley + jade
    corre con la super velocitah fermando Cullen prima che colpisca ellis bloccandogli il braccio a mezz'aria e poi cercando di storcerglielo in basso
     
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    Ellis Drinkwater non era mai stata fortunata nella vita, non che la cosa le importasse poi molto; alla fine secondo la ragazza era questione di come una la voleva vedere. Era cresciuta nonostante non avesse avuto praticamente qualcuno che la crescesse; se l'era cavata abbastanza bene in precedenza, ma iniziava a pensare che in quel caso Il fato bellissimo la fortuna fosse mediamente una bastarda, perché Ellis era riuscita a non far colpire sua madre, ma allo stesso tempo aveva ciccato l'attacco. Ma non importava si sarebbe rifatta immediatamente, Ashley permettendo, perché la donna afferrò le sue spalle e la fece voltare « Ma che ti è saltato in mente?» odiava essere salvata, anche se magari doveva imparare ad accettarlo, date le circostante. « Ma io volevo solo rendermi utile» disse stringendo le mani a pungo, insomma l'aveva protetta, non voleva sentirsi dire grazie, ma neanche farsi trattare in quel modo. « Almeno impara a colpire la gente» continuò la Stewart. Forse la verità era che le dava fastidio il fatto che non avesse colpito il nemico piuttosto che il resto. Come poteva aver sbagliato da così vicino?
    D'altro canto, la ragazzina guardò la madre, ma la stava sgridando perché l'aveva difesa o perché non aveva ucciso la tizia? Poi realizzò una cosa importante: le due giovani donne stavano avendo uno di quei momenti tra genitore e figlia. Non era pronta Julie,lei non era pronta ad una cosa del genere, come doveva comportarsi? Magari doveva piangere o fare l'adolescente ribelle e mandarla al diavolo. Forse quello era il loro primo litigio tra genitore e figlio? Non era chiaro. «Stai per farmi il discorsetto? » disse quasi contenta, sua madre stava per darle il suo insegnamento di vita. E non pensate male, perché per Ellis di sicuro il discorsetto andava ben oltre la storia dell'ape e del fiore, tra l'altro era sicura di aver sentito che erano due le api, ma non era quello il punto perché Ashley stava per dare un importante informazione nella vita. Se lo sentiva, stava per dirle come uccidere una persona. Chi non avrebbe voluto una madre che insegnava alla propria figlia come uccidere o colpire uno sconosciuto? Lei lo avrebbe voluto davvero tanto, piuttosto che crescere come le era capitato. « il cosa?»
    «Niente » disse quasi arrossendo, andiamo voleva solo un momento madre-figlia ma a quanto pareva era più difficile del previsto. Era così assorta nei propri pensieri che non si rese conto che Cullen, quell'adorabile cazzone aveva deciso di attaccare proprio lei, con che coraggio, approfittare di una ragazzina presa a sognare ad occhi aperti. Non si faceva. « ELLIS. E che cazzo. » Ashley si parò davanti alla mora e provò a bloccare Cullen, fermando il tempo. La più piccola guardò ammaliata la madre, che era corsa a proteggerla, si poteva definire anche quello un momento da ricordare, solo l'amore materno l'avrebbe protetta no? Se solo avesse avuto il coraggio di abbracciarla da dietro, magari lo avrebbe fatto o magari no. « Per favore Stai attenta » disse quasi stufa di averla accanto. Ora se la Drinkwater fosse stata permalosa, probabilmente se ne sarebbe andata via borbottando, ma le sorrise e basta, anche perché prima o poi le avrebbe detto la verità e avrebbe voluto averla di sicuro più vicina; perché vi domanderete? È così, una figlia se lo sente nella pelle, quando la propria madre l'ama o meno ( ma cosa sto dicendo?) «sisi » disse come dice una vera figlia ribelle nei confronti di una madre che rompe le scatole sul più bello. « Non fare sisi a me. Signorina » disse seccata dal suo atteggiamento. Se con una mano provò a fermare il tempo su Cullen, con l'altro estrasse la pistola e tese il braccio come Angelina Jolie in Tomb rider e avrebbe sparato in direzione di Walter per farlo cadere dalla scopa. Poi avrebbe afferrato per il braccio Cullen e lo avrebbe spazzato. Odiava essere presa per il culo, specialmente da una ragazzina.


    Ellis Drinkwater

    «Better a temporary disappointment
    than an eternal illusion.»
    «Everything goes,
    but nothing goes away completely.»
    18 y.o // 22 y.o
    2018 (2043) // 2118
    Hogwarts
    Ashey Stewart



    Andy → (billie.) + ashley : spara 1/12
    Ellis → ashley + jade : Blocca il tempo
    Attacco su Cullen: Ashley spezza il braccio
     
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    Will tenne una mano sospeso davanti al naso, la bocca arricciata in un brontolio basso e gutturale. Non si risparmiò di guardare i falò abusivi a lato del sentiero, considerando che non guardarli non li avrebbe resi meno reali: aveva bisogno di sapere, William Yolo Barrow. «avete mandato tutto a puttane» «era già tutto a puttane» Cominciava a comprendere il perché. Inspirò dalla bocca percependo il calore del fumo graffiargli la trachea, e riabbassò il braccio armato lungo il proprio fianco.
    Dio, che situazione del cazzo. Sotto qualunque punto di vista, a voler essere onesti. Si ritrovava in un fottuto mondo alternativo in compagnia dell’Esercito dei Suoi Lombi (letteralmente) ad affrontare l’ennesimo sociopatico razzista che credeva di poter governare un mondo privo di abitanti senza aspettarsi una Rivolta. Una fottuta realtà alternativa in cui tutto era opposto a quel che ricordava, ma soprattutto in cui un altro William Barrow aveva adottato un Ken.
    E l’aveva chiamato Minkia Barrow. C’erano tante, decisamente troppe cose lì che avrebbero potuto lasciare interdetto Will: il ritorno di Rebecca la Bestia moltiplicato all’infinito, la mistica sparizione di Phobetor lo Sniffa Gessi, il ritrovarsi i suoi figli moltiplicati, Akelei sposata e di recente (dal poco che aveva capito) vedova, Mitchell con una famiglia alla Mulino Bianco, ma l’unica cosa del quale non riusciva a capacitarsi, che ancora non comprendeva, era Minkia. Si era sentito perfino più a disagio di quando Barrow Cooper, squadrandolo con quei suoi occhi troppo chiari ed il viso che si sforzava di rimanere impassibile ed apatico, aveva sciorinato l’avventura del 2043, concludendo in bellezza con un ed in tutto ciò, sono tuo figlio. E non sono l’unico. Roba per cui qualunque persona sana di mente avrebbe potuto perderci la testa, ma non William Yolo Barrow: era morto e risorto, Santo Dio; rapito da una cazzo di fedora con manie di protagonismo, sfanculato a cent’anni di distanza dalla sua epoca. Sapere che qualcun altro prima di lui avesse effettivamente viaggiato nel tempo, non lo sconvolgeva – sapere che avesse avuto dei figli, gli dava anche quel briciolo di puttana di speranza del quale si era privato per tutta la vita. In più, venire a conoscenza che i suoi bambini fossero criminali, lievemente sociopatici e fatti ventiquattro ore al giorno come delle merde, non poteva che renderlo orgoglioso e riconoscere in loro la familiarità che vi aveva sempre intravisto: porca vacca, continuava a ripetersi Will squadrandoli di sottecchi, ma come cazzo è possibile che non me ne sia reso conto prima? Gli pareva così ovvio, oramai. Così scontato, come se fosse del tutto normale e giusto. Non aveva neanche avuto cuore di dubitare del biondino ossigenato, limitandosi ad un sorriso sghembo ed una pacca sulle spalle: oh beh, non mi è andata così male - probabilmente non la cosa più opportuna da ammettere con una smorfia storta e palpebre pesanti a chi aveva appena confessato di provenire da un’altra linea temporale, ma indubbiamente la cosa più onesta che potesse scivolare dalle labbra del Barrow. Gli piacevano, quei quattro creaturi che, a quanto pareva, erano la sua eredità. Chiaramente non si aspettava che cominciassero a chiamarlo Babbo e aprissero il loro kwore con sentimento, dopotutto non era davvero il loro padre in quell’annata, ma almeno avrebbero potuto essere…boh, amici? Che cazzo ne sapeva, non era così bravo con i giovani quanto lasciava intendere da dietro la cattedra. Non li aveva cresciuti, Will. Non aveva asciugato loro le bavette alle prime pappe né aveva cambiato, seguendo le istruzioni di wikihow, i loro pannolini: non si sarebbe preso meriti che non aveva, e non millantava alcuna autorità su di loro. Non sapeva sinceramente come comportarsi, ma sicuro come il fatto che Mitchell anche in quella linea temporale preferisse il culo alla vagina (sposato con una donna o meno.), ci avrebbe provato.
    A volte, tanto bastava.
    «severo ma giusto» commentò inarcando un sopracciglio nel vedere Barry accanirsi, con una cazzo di freccia, sull’occhio di uno degli avversari. Alzò distrattamente un pollice nella sua direzione, gli occhi azzurri a scivolare sul Jeremy che gli aveva appena parato il culo («ma siamo cugini anche qua?» «sì?» «okay bella») prima di soffermarsi sul profilo di Mitchell Winston. Solo il santissimo Signore poteva sapere quanto Will avrebbe voluto arrampicarsi su di lui, nascondere la testa sotto la sua maglia e fingere che tutto il resto del mondo non esistesse. L’unico motivo che lo tratteneva da tale neanche troppo sconsiderato gesto, era la presenza dei suoi Pargoli e la possibilità che, una volta finita quella merda, potessero effettivamente tornare a casa, e Will avrebbe riavuto il suo Mitch. Non che rendesse più semplice guardare l’altro Mitch consapevole che avesse vissuto la sua vita con un altro fottuto William. «speravo che almeno in quest’universo avessi sposato me» scosse il capo offeso, labbra piegate verso il basso. Il modo del Barrow di affrontare quella situazione, come sempre, era non farlo affatto. «me la lego al dito, winston.»

    «vedremo» Oh, ma. Vedremo cosa. Billie corrugò le sopracciglia e battè lentamente le ciglia, offeso nel profondo della sua anima. Portò perfino una mano al cuore con tanto di labbra dischiuse per mostrare al Milkobitch quanto un tale affronto fosse stato personale.
    E qualunque cosa era meglio al pensare alle cataste di morti che bruciavano il loro fianco, al fatto che potessero essere loro amici. Loro. fottuti. Amici. «quindi è guerra» sibilò, drizzando la schiena. Adocchiò poco distante Arcibaldo e Domenico, labbra sporte all’infuori in un sentito broncio. Si chiese, per la centesima volta da quando il saltellante cowboy era apparso nelle loro vite, se davvero nel suo universo fossero amici: davvero la Dallaire era riuscita a passare sopra al fatto che qualcuno durante una partita di Quidditch potesse passare il proprio tempo su Instagram piuttosto che a guardare il gioco? Lo trovava improbabile, surreale.
    Ma forse Arcibaldo non era come Domenico – o Arabells non era come Billie. Odiava non comprendere le cose, specialmente se la riguardavano in prima persona. Umettò le labbra e distolse lo sguardo da Palo 1 e 2 per riportarlo sulla situazione - OH, MILKOBITCH, HOW DARE YOU. Assottigliò le palpebre e schioccò la lingua sul palato. Bene, quindi era il momento di giocare duro.
    Arabells Dallaire non diceva mai no ad una sfida. Saltellò sul posto scaldando i muscoli, quindi cominciò a correre in direzione di Andrew. «giù!» avrebbe perfino gridato, lanciandosi su di lui per buttarlo a terra e toglierlo dalla traiettoria del Tipo sulla scopa: eh, grazie Kattivo per avermi offerto su un piatto d’argento questa possibilità, non lo dimenticherò mai xoxo. «ehilà, ciao come butta» e rotolando di lato, avrebbe sollevato il fucile verso il nemico mentre passava, ottimisticamente, sopra di loro. «boom» ed avrebbe fatto fuoco, un po’ a Walter ed un po’ all’ego di Jeremy: ciapa e porta a ca’.

    Nel mentre, un sempre più confuso William, avrebbe adocchiato il (bello. Eh, bisognava dirlo) Poliziotto Hamilton sotto le mire di un improvvisato cantante di Hot Country. Lanciando un’intensa occhiata a Mitchell, spalle strette fra loro ed un sospiro a rotolare sulla lingua, Will si sarebbe scagliato contro tal Kane e, afferrando un po’ di terriccio dal suolo, avrebbe approfittato della bocca aperta a richiamare uccellini di Biancaneve per fargliela ingoiare. «arriva l’aeroplanino, aaaa» forse era un bene che pur essendo padre, non avesse mai avuto la possibilità di esercitare tale professione.

    william yolo barrow
    And if the devil got somethin'
    to sell, I won't ask for change
    I like to mess with the people
    The ones that don't have the ego
    We want to feel good and be bold
    We like the best of the best times
    2118 vs au 2018
    former / ravenclaw
    1993's | 2000's
    upside down: billie dallaire



    (billie) COMBO DIFESA (per andy, con ashley): lo butta a terra
    (billie) ATTACCO (walter): gli spara
    (will) COMBO DIFESA (per leonard, con mitch): riempie la bocca di Kane di terra
     
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    Erano cinque anni (cinque anni!) dacché Mitchell Winston aveva ben deciso di allontanarsi dal mondo magico, e mai, nemmeno per un solo istante, aveva osato pentirsi delle proprie scelte di vita. Okay, magari decidere di sposarsi a vent’anni non era stata la migliore che avesse mai fatto – e guardandosi indietro, quel venti aprile, si rendeva conto che magari avrebbe potuto prendersi un po’ più di tempo per pensare alle proprie azioni in merito -, ma gli aveva permesso di condurre un’esistenza tranquilla fino a quel momento: una casa nella campagna irlandese lontano da tutti, una famiglia benestante, un lavoro da insegnante nella scuola elementare del paese vicino; sebbene fosse a conoscenza di ogni singolo problema del suo mondo, e dalla distanza provasse comunque a rendersi utile per la Resistenza in tutti i modi che gli erano possibili, laggiù lo scalfiva poco e niente.
    Soltanto i pannolini di un neonato ancora in fasce che continuavano ad aumentare a dismisura, una bambina di tre anni che aveva come passatempo quello di pitturare ogni centimetro della carta da parati ed una moglie che non amava e non aiutava nelle faccende di casa – o in qualsiasi altra cosa inerente alla vita di Trevor, se vogliamo essere del tutto sinceri. Ma lo sopportava: lo faceva da un paio d’anni oramai, tanto da averla fatta diventare una meccanica routine senza la quale probabilmente non sarebbe andato avanti. Abitudinario, il Winston: se entrava in un circolo vizioso, era difficile per lui uscirne indenne - o uscirne e basta.
    Quella di prendere parte alla missione strategica della Resistenza, era stato un fulmine a ciel sereno; persino lui era rimasto piacevolmente sorpreso dal suo privo di remora alcuna – quando aveva ricevuto la chiamata alle armi, non aveva esitato un solo secondo. L’unica cosa per la quale gli dispiaceva, era stato lasciare i figli in balia di Meredith; ma contava, ci sperava con tutto il cuore, che sarebbe tornato in tempo per svegliarli la mattina seguente.
    I presagi lasciavano intendere il contrario – ho forse accennato ai falò umani sul sentiero del Castello? -, ma a quello ci avrebbe pensato strada facendo.
    Rimase in disparte il tempo necessario per studiare la situazione, entrambe le mani a saggiare il calcio della revolver mentre lo sguardo celeste guizzava a destra e manca, dai compagni ai nemici. Era via dai campi di battaglia dal duemilatredici, e si era ritrovato con viaggiatori interdimensionali e spazio-temporali, ed uno di questi (un ragazzino!!!) aveva appena ucciso una persona conficcandogli una freccia in un occhio: perdonatelo, se era vagamente turbato – no, non dalla morte, ma dal Cooper; possibile che un sedicenne fosse completamente a proprio agio nell’infilzare il bulbo oculare di qualcuno in quella maniera?? Non aveva avuto un Winston come maestro nell’infanzia, evidentemente: gli avrebbe insegnato dapprincipio che quello era un modo davvero rude di porre fine alla vita di qualcuno.
    O forse no, in effetti: non era il tipo di lezioni che andava professando ai suoi bambini.
    Non ancora - dal giorno seguente, magari sì.
    «speravo che almeno in quest’universo avessi sposato me» sorrise istintivo, piegando la testa in direzione del Barrow (adulto): non era il suo William, lo sapeva perfettamente, eppure… Dio!, era troppo fottutamente uguale. Gli si voleva bene a prescindere, cosa poteva farci. «me la lego al dito, winston.» «eh,» sospirò, alzando la bacchetta verso un tizio a caso munito di spade d’ombra. «- erebus avrebbe esclamato, e così facendo avrebbe cercato di avvolgere la frusta erbacea attorno all’arma improvvisata, tirando poi per togliergliela dalle mani e rendere vano l’attacco contro il Lowell. «l’avrei preferito» commentò pacato e sincero, cogliendo lo sguardo del biondo ad indicare uno dei tipi dal futuro. «petrificus totalus!» un rapido gesto della bacchetta, e in teoria sarebbe riuscito a bloccare l’avanzata dell’urlatore, abbastanza da permettere a Will – non senza che Mitch alzasse un sopracciglio interrogativo nei confronti dell’azione amica – di infilare la sabbia nella bocca dell’uomo: ecco perché aveva nutrito sincera paura, quando il suo Will aveva adottato Minkia. «ma hai sempre avuto dubbi sulla convivenza, sai» avrebbe poi alzato le braccia, e senza esitazione avrebbe poi puntato la pistola contro l’uomo (ipoteticamente parlando) immobilizzato. Mezzo respiro, l’aria a gonfiargli i polmoni – avrebbe sparato, puntando alla testa.
    sunday de thirteenth
    Make no mistake, I live in a prison
    That I built myself, it is my religion
    And they say that I am the sick boy
    Easy to say, when you don't take the risk, boy
    He'd trade his guns for love
    But he's caught in the crossfire
    And he keeps wakin' up
    But it's not to the sound of birds
    1991's | 2000's
    ex raveclaw | gryffindor
    teacher | freak
    upside down: mitchell winston


    DIFESA ALEC (mitch + diana): incantesimo erebus
    DIFESA LEONARD (mitch + will): spara al petto
    ATTACCO KANE (mitch): spara in testa
     
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    Non è stata una buona idea sentì dire dal ragazzo al suo fianco, suo fratello, colui che però veniva da un'altra dimensione e che sembrava troppo dolce per essere suo fratello. Non era il ragazzo scorbutico e freddo a cui era abituata e forse le piaceva questa sua versione benché fosse troppo differente. Si chiese se ci fosse una Diana in grado di amare quel ragazzo, e senza dubbio doveva esserci perché nessun universo poteva essere tanto crudele da averla eliminata. Diana Lowell non si elimina, ogni universo dovrebbe averne una. Ma non aveva cuore di chiedere ad Alec di sua sorella -se esisteva o se la conosceva- non quando non sapeva nulla di quel ragazzo.
    La prossima volta impara a lasciar fare a me disse scuotendo il capo ed aiutando il fratello a fasciare la coscia alla bell'e meglio. Non era un medimago ma almeno le basi le conosceva e la cosa migliore era bloccare l'emorragia, impedendogli di dissanguarsi sotto il suo sguardo ammonitore. Smettila di agitarti come una trottola, sei snervante lo rimproverò, strappandosi una striscia di tessuto dalla maglia bianca ed avvolgendola attorno alla sua gamba, lì dove la punta della freccia era penetrata in profondità scommetto che sei un macellaio lo sentì biascicare a denti stretti e non poté fare a meno di sorridere se vogliamo essere pignoli sono una pozionista, ma che vuoi saperne tu? lo liquidò con un gesto della mano. Il loro nemico, colui che aveva preso di mira una delle persone cui teneva di più, creò una spada dal nulla.
    Ombre.
    Un sorriso le si dipinse in volto, un ghigno ad essere sinceri. È così erano passati all'artiglieria pesante.
    Very well.
    Ora sì che il gioco si fa interessante disse alzando una mano dinnanzi a sè. Dal terreno si sarebbero sollevate le tenebre, dello stesso alcol ore dei suoi capelli, e si sarebbero frapposte tra Alec e la lama nemica. Un muro di tenebre che pareva inghiottire qualunque cosa gli stesse troppo vicina. Anche lei.
    Erano in molti a credere che lei fosse solo una semplice collaboratrice che si occupava di pozioni, filtri d'amore e quant'altro, una semplice ragazza di buona famiglia che sapeva solo obbedire. Ma non era così. Era molto più del suo titolo.
    Ti piacciono i trucchi da mago vero? Guarda caso ne conosco un paio anche io avrebbe commentato plasmando le ombre a proprio piacimento ed astraendo da esse tre carte da gioco, non vi erano dettagli, erano solo nere. Un gesto della mano e le carte da poker sarebbe volate contro il petto del nemico, se voleva giocare duro aveva trovato pane per i propri denti.
    Con ancora il sorriso sulle labbra permise alla frusta di scorrere lungo il braccio fino a quando il suo pugno fosse chiuso attorno all'estremità di essa watch out! urlò notando uno scintillio metallico troppo vicino alla testa dei di uno dei suoi compagni, Arci. Strinse il pugno attorno alla frusta che avrebbe lanciato fino al nemico, ma senza colpirlo. La frusta argentea di sarebbe attorcigliata attorno al mitra e lei con un movimento secco del polso avrebbe levato di mano l'arma dal nemico. Senza quella era più debole, senza quella non poteva riempire di piombo i suoi compagni.
    Stendilo ragazzo!
    alexander "alec" lowell
    Leaving to find my soul
    Told her I had to go
    And I know it ain't pretty
    When our hearts get broke
    Le he contado MI tristeza
    A un par de copas de Ron
    Y me alivia solo un poco mami
    Pero no como tu amor
    1992 • bow and arrow
    1995 • silver whip
    brother & sister in every universe
    upside down: diana lowell


    DIFESA COMBO Alec (con Mitch): muro di tenebre
    DIFESA COMBO Arci (con Jade): toglie di mano il mitra a Luther con la frusta
    ATTACCO Roswell: lancio in petto di carte da poker di ombra
     
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    DIFESA PER ARCI (jade + diana) = 9 + 1 = 10 pd (+9 pa)
    ATTACCO LUTHER (jade) = 11 + 9 = 20 pa. DIFESA: 8 pd (-12 ps)
    Beh dai. Per un po' non avrà rapporti sessuali.

    DIFESA ELLIS (jade + ash): 8 + 1 = 9 pd (+4 pa)
    ATTACCO CULLEN (ash): 9 + 4 = 13 pa DIFESA: 2 pd (-11 ps)
    Eh, il braccio non è rotto ma per un po' preferirà non usarlo.

    DIFESA ANDY (ash + billie): 10 + 9 = 19 pd (+9 pa)
    ATTACCO WALTER (billie): 14 + 9 = 23 pa DIFESA: 3 pd (-20 ps)
    Walter si becca un bel doloroso proiettile alla gamba. è stato bello volare con te

    DIFESA LEONARD (mitch + will): 1 + 15 = 16 pd (+2 pa)
    ATTACCO KANE (mitch): 3 + 2 = 5 pa DIFESA 9 pd.
    Non accade nulla.

    DIFESA ALEC (diana + mitch): 6 + 2 = 8 pd (-2 ps)
    ATTACCO ROWSELL (diana) 6 pa DIFESA: 6 pd
    Non accade nulla pt II

    JADE: Davor offeso cerca di aggrapparsi ai tuoi capelli per imitare Tarzan
    ASHLEY: Cullen nel dubbio cerca di darti un manrovescio con il braccio sano
    BILLIE: Benjamin non approva le tue doti di seduttore e cerca di tirarti un coltellino allo stomaco
    MITCH: Dora tira fuori un righello e cerca di sculacciarti
    DIANA: Roswell entra in scivolata verso le tue gambe sperando di romperti il menisco il fato spera che il menisco sia da quelle parti perchè non ha tempo di googlare
     
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    Forse erano i riflessi che avevano fatto cilecca, forse la sua forma fisica non proprio perfetta, in effetti anche se Raymond non volesse ammetterlo, si stava facendo vecchiotto, ma anche con tutta quell'esperienza sul campo di battaglia, tutto quello che fece non fu abbastanza per schivare il colpo del presunto musogiallo.
    La donna riuscì a colpirlo con quella strana arma provenuta da chissà dove, armi del demonio, armi del futuro, bastardi, gli indiani avevano proprio fatto un bel piano per riuscire a fregarlo.
    Riuscì a vedere la parte colpita arrossarsi per poi indietreggiare urlando, quasi disperato:-Aaaaaaaaah! Non sento più niente, non sento più niente, muoio, muoio, colpa tua Loise, dannata traditrice, sapevo che c'eri tu di mezzo, figli di puttana!!-, probabilmente stava esacerbando la situazione inveendo persino contro sua moglie, ma le immagini di chissà quale guerra erano ben stampate nella sua testa.
    Ancora dolorante e furioso dell'affronto appena ricevuto, decise di cambiare strategia, pose una mano alla sua bocca simulando uno speaker con tanto di interferenze:-Mayday, mayday ccch... bravo, bravo.. cccch, mandati i rinforzi, ccch, musi gialli, musi verdi, spartani... cccch.. mandate l'arma segreta, ippopotamo multicolor, ripeto, ippopotamo multicolor.. ccccchccchhc.-, ma il segretissimo messaggio in codice venne brutalmente interrotto quando la donna ritornò alla carica, avvitandogli il collo con quegli arnesi, i suoi occhi si arrossarono, la sua espressione sempre più disgustata e feroce, ma non poteva nulla, il futuro era forse troppo avanti per lui, lui che aveva vissuto tante di quelle guerre, proprio probabilmente dovette accorgersi di essere un po' datato, ma fu in quel momento che vide la ragazzina rosa avvicinarsi a lui per salvarlo, sperava che lo avrebbe fatto anche se si chiedeva per quale dannatissimo motivo lei avesse ancora quel sorriso ebete incollato sulla faccia.

    Carrie Krueger aveva gli occhi spiritati, l'animo in fiamme e le labbra brillanti grazie al suo fantastico lipstick alla fragola, era decisa a combattere, tutto quello che stava accadendo al suo mondo doveva finire ad ogni costo, il potere di Seth era ineccepibile, nessuno nella sua vita l'aveva mai comandata, era sempre stata free di fare tutto quello che le pareva e non poteva accettare quelle stupide imposizioni, quella becera dittatura senza senso doveva terminare. Non si era mai ribellata prima di allora, sapeva che i rischi erano troppo grandi e dunque aveva sempre trattenuto tutto dentro di sé, ma adesso anche gli altri si erano svegliati e si stavano ribellando, tutti con un unico obiettivo, tutti uniti per far fronte a quell'oltraggio, ognuno con l'intento di far terminare quella semplice eppur stupida legge, basta a quella stupida fascetta fuori moda.
    Era kitsch, passata ed inconcepibile ed oltretutto non c'era nemmeno il colore rosa disponibile, si vergognava profondamente di presenziare alle sfilate con quella cosa addosso o ancora peggio riunirsi con il suo personale sleepover club, per colpa di quella fascia lei era sempre la prima a beccarsi un cuscino in faccia, l'ultima alla quale veniva servito il thé ed ancora peggio, l'ultima che poteva far prevalere le sue tesi quando venivano raccontati i gossip circa le scappatelle con gli altri ragazzi, un mondo crudele insomma, brutale, che la faceva piangere ogni sera, stretta contro il suo cuscino a forma di unicorno.
    Certo era che Carrie Krueger odiava esporsi al pericolo ed era anche vero che persino una goccia di pioggia per lei era qualcosa che metteva gravemente a rischio la sua salute, era un tantino paranoica circa quell'argomento, forse era per quello che era diventata vegetariana, poi vegana, per poi passare a diventare una fruttariana ed infine una proud seguace del respirianesimo, viveva d'aria in sostanza, perché tutto il resto era tossico per il suo organismo; forse era anche per quello che si era specializzata e ne era diventata istruttrice, di corsi di sopravvivenza, sapeva come creare fuoco con una ciocca di capelli, come creare acqua dal nulla e come sopravvivere nuda su di un'isola deserta anche se in effetti rinunciare al suo completino rosa di berhska l'avrebbe portata di sicuro alla pazzia; era anche per quello che aveva riempito la sua casa di scorte alimentari per minimo cinque generazioni ed aveva fatto costruire nel suo seminterrato un rifugio antiatomico, era certo che se ci fosse stato un disastro nucleare, solamente due cose sarebbero sopravvissute al mondo: gli scarafaggi e Carrie Krueger.
    Ma anche se la battaglia infuriava e qualsiasi cosa, in quel momento, era un grande, enorme pericolo per la sua vita, Carrie Krueger avrebbe rischiato il tutto per tutto, solo allora, alla fine della guerra, sarebbe stata davvero al sicuro e sopratutto il mondo della moda aveva bisogno del sua aiuto.
    Fece svolazzare il suo gonnellino rosa smaltato, trottando lungo il campo di battaglia per raggiungere Raymond Jenkins, l'antenato di Lucille, quella povera sfigata, era caduta in depressione dopo essere stata rifiutata da Geordie Shore, ma ad ogni modo le doveva un favore.
    Frugò nella sua borsetta rosa confetto quando vide il vecchio antiquato in grave difficoltà, quelle rughe lo stavano davvero uccidendo, sperava di non dover mai arrivare a quell'età conciata in quel modo, si sarebbe suicidata piuttosto che vedere una ruga sul suo volto (inner Carrie che parla).
    Cercò alla svelta quello che gli poteva servire, scansando una ad una la sua dettagliata collezione di bambole, c'era barbie in costume da spiaggia, barbie trapper, barbie party, barbie cocainomane in piena crisi depressiva e l'immancabile barbie fashonistas, la sua scorta di medicinali era sempre pronta: antidepressivi, pasticche varie, svariati oki, antidolorifici, una cremina miracolosa per il viso, supposte, cerotti, bende, fasciature, mmmh, niente che serviva al momento, forse un delizioso caffè Larrington? Mmmh nah nemmeno quello, per quanto in quel momento ne desiderasse una tazza fumante, non era certo la situazione adatta per fare pubblicità al brand della quale lei era promoter ed inoltre il biondo proprietario la pagava anche una miseria.
    Estrasse infine la sua pistola, quella che le avevano data nella sala dei preparativi che lei aveva ben pensato di rendere più carina attaccandovi sopra degli adesivi di Hello Kitty che portava sempre con sé, ovviamente prima di maneggiarla indossò i suoi guanti di lattice per evitare di essere infettata da germi e batteri.
    Si sarebbe avvicinata alla donna che stava strangolando il vecchio e mirando alla testa, le avrebbe dato un colpo con il calcio della pistola, cercando di farle mollare la presa :-Tranquillo vecchio, alle rughe ci penseremo dopo, conosco un trattamento giapponese che fa mi-ra-co-li!-.
    Poi, cercando di essere utile anche agli altri essere umani lì presenti, avrebbe impugnato la pistola, dapprima avrebbe fatto fuoco contro uno di quegli esseri immondi, tentando di salvare una sua alleata in pericolo, avrebbe mirato alla gamba del suo avversario, cercando di azzopparlo, infine avrebbe ripreso la mira verso l'acerrima nemica di Raymond e mirando accuratamente alla sua testa, avrebbe premuto il grilletto.
    Raymond Jenkins
    War. War never changes
    Pink it´s my new obsession
    1918/ au
    72 yo/ sweet 19
    reduce/ cute
    Carrie Krueger


    combo difesa con ashley x nicole: spara alla gamba
    combo difesa con jeremy x raymond: calcio della pistola in testa
    attacco su dana: spara alla testa
     
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    Ma Ashley aveva avuto una vita normale prima di tutto quello? Non ricordava da quanto tempo non si godeva una tranquilla serata sul divano, mangiando popocorn e guardando un film; non ricordava neanche quale fosse l'ultimo che aveva visto. Che fosse stato Titanic? a no quella era una replica, magari qualcosa di recente lo aveva visto. Peccato che non ricordava proprio. Pensare che sentiva persino la nostalgia di New Hovel, strano ma vero, la ragazza sentiva la mancanza di quel posto; come Londra e di quel suo odore acro e contaminato. Era come una persona che dopo una vacanza trovava buono persino lo smog della propria città.
    Da quando l'ho creata era diventata una special, non c'era stata una volta in cui non si era ritrovata a combattere per la propria vita, prima il labirinto e poi beh altro non ricordava neanche più quante volte aveva lottato per non morire. E ora di nuovo lo stava facendo, solo che doveva persino aiutare una ragazzina, che neanche l'ascoltava, quasi ci si rivedeva anche se in effetti non c'era molto di differenza tra di loro, eppure sentiva qualcosa di strano quando la guardava, somigliava a qualcuno. Se solo avesse avuto il dono della telepatia, avrebbe sentito che la Drinkwaters continuava a pensare di dirle che era sua figlia, ma era una cronocineta e l'unica cosa che sapeva fare, era fermare il tempo e rompere qualche ossa. Ma lo faceva così bene, dato che piegò il braccio di Cullen così forte che quasi glielo aveva rotto. Si voltò verso la maga «così si colpisce e si fa male. Chiaro?» disse soddisfatta per quello che aveva fatto. «Che brava.» disse in risposta la più piccola, stava iniziando a venerare quella donna e a sentirsi davvero fiera di essere sua figlia. Era una donna con le palle. «ci sei?» continuò la Stewart, cercando di scantarla «Ashley devo dirti una cosa» era giunto il momento, doveva dirle di essere sua figlia. Non poteva rimandare, in fondo che mai dovevano fare di così urgente? Non stavano cercando di non morire nono, ma se avesse aspettato poi non lo avrebbe più fatto e lei doveva assolutamente farsi trovare.
    «Ora? Ragazzina non vedi che sono occupata?» rispose senza neanche guardarla perché la madre era presa a difendersi da un attacco di Cullen nei suoi confronti. Era diventata praticamente una questione personale tra i due. Infatti provò ad abbassarsi per non farsi prendere da quel rovescio dato con il braccio sano; in seguito avrebbe persino provato ad afferrarglielo per fare male anche a quello, oramai si stava divertendo a spezzare le ossa. Non amava particolarmente la violenza, ma se doveva usarla non si tirava indietro, aveva imparato negli ultimi anni che in alcune circostanze doveva essere senza cuore e spaccare qualche ossa era inevitabile. Tra l'altro quando riusciva in quello che faceva grazie dadi si fogava ancora di più e si divertiva persino a sentire sotto le sue mani. Nel frattempo, dato che la mossa da Tomb Raider aveva funzionato puntò la pistola verso Anna e sparò verso la donna nella speranza che il fato bellissimo mi voglia bene di aver preso la mira giusta l'avrebbe colpita sulla gamba, giusto per azzopparla, Avrebbe finito l'opera più tardi o magari l'avrebbe lasciata a Nicole.
    «sono tua figlia»
    «Cosa?»
    «cosa?»



    Ellis Drinkwater

    «Better a temporary disappointment
    than an eternal illusion.»
    «Everything goes,
    but nothing goes away completely.»
    18 y.o // 22 y.o
    2018 (2043) // 2118
    Hogwarts
    Ashey Stewart

    carrie + ashley per nicole : spara 2/12
    ashley + arci per ashley : si abbassa
    Attacco su Dominga: prova a rompergli l'altro braccio
     
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    L'attacco con la pala da fornaio non era andato particolarmente bene. Forse Arci aveva sbagliato tutto nella vita, forse avrebbe dovuto prendersi la vanga da barbabietolaio come Shia e di prepotenza andare a tagliare qualche testa; chissà come se la cavava il barbutello con quell'arma di uccisione di massa.
    In ogni caso, a salvare la situa dal nulla era arrivata la splendente assistente di corpo a corpo (anche lì si faceva Eugene?? Insomma, nel mondo reale Jade era un po' la mamma adottiva di Arci - nonostante l'avesse preso a schiaffi quando aveva provato ad accennarglielo), che con un calcio nelle parti intime del kattivo gli tolse il fiato abbastanza da farlo desidestere per un po' dall'attaccare. Arci quasi voleva dargli un'amichevole pacca sulla spalla, sentendosi male per lui... e forse l'avrebbe anche fatto. L'avrebbe anche fatto se solo- se solo
    «Ti stai paccando Maple?» sbattendo le palpebre più volte restando chiaramente di stucco, Arci si avvicinò istintivamente verso il Gallagher (quello vero che non si stava facendo nessuno), ignorando i richiami di Dominique e indicando invece la scenetta «Anche nella realtà-... voi-...?» e signori, stava sorridendo come un ebete. No, non era un sorriso di sfottò, chi era lui giudicare chi si fa il proprio migliore amico (ciao jeremy vero e non copia dei poveri), però-... però era COSI' inaspettato. Chissà se tornati a londra, Aidan e Maple ci sarebbero stati per una cosa a tre... chissà se ci sarebbero stati Aidan e Cillian. Penso sia un lecita fantasia, quella di farsi due gemelli contemporaneamente (o anche farsi se stesso, peccato dominique fosse così cagaminchia) senza contare che già Aidan gli piaceva, ma «Ti dirò, la rudezza di Cillian Lastrange è particolarmente eccitante» date a cesare quel che è di cesare. Sentì uno sbuffo al suo fianco, ma neanche guardò Dominique che lo aveva seguito (divertito? Scocciato??? Se Arci era spesso preso in giro per non avere emozioni o non saperle esprimere, lui era anche peggio); non era certo di voler sapere il rapporto fra lui e il Gallgher, e aveva domande ben più importanti, al momento «Che poi, perchè Cillian Lastrange lanciò una veloce occhiata a Aidan. Cinque mesi passati in quel buco di culo di Bodie, e ancora non sapeva praticamente niente del ragazzo; non gli era mai interessato, pensando che la storia del ragazzo fosse la solita palla, il solito bambino ricco felice e contento della vita, la solita casa enorme con giardino in cui crescere e giocare con i fratelli. Lo dava per scontato quando ci parlava, quando lo vedeva esibirsi nei suoi vestiti inguardabili di Staminchia (Minkia sei anche stilista??)... e anche quando aveva intravisto dell'altro nei suoi occhi, traumi o tristezza, li aveva sempre addossati alla licantropia e poi al 1918. Forse Cillian era il suo secondo nome, come Dominique per Arci. Forse nell'au era stato adottato da (un'altra.) spocchiosissima famiglia di super rikki. Forse era solo un ribelle e si era scelto il nome da solo; lo avrebbe ammirato.

    «tu veux aussi une tasse de thé? pâtisseries?» Dominique roteò gli occhi al cielo. C'era. Una. Fottuta. Guerra. In corso. Davvero Archibald doveva stare a fare conversazione in un momento del genere? Una conversazione del cazzo, poi. Tutto quell'interesse per Cillian era inutile, controproducente, una distrazione. Lestrange non sarebbe mai stato tanto disperato da alzare un dito su un tipo come quel poveraccio, senza contare che l'inglese (dieu, era inglese in quell'altro universo?? Con tanto di accento? Ma perchè, com'era potuto capitare?) aveva già il proprio Cillian; se lo tenesse. Geloso? . Dominique sopportava senza troppi problemi l'atteggiamento puttaniere di Cillian solo perchè lo conosceva da anni, nonostante a volte il rancore o la gelosia fossero troppi, nonostante tutti i giochetti che del ragazzo, Dominique sarebbe sempre tornato da lui come un cagnolino, aspettando solo che l'ultimo giocattolo lo annoiasse per decidere di dedicarsi di nuovo a lui... ma non era certo di poter sopportare l'idea che a lui, un ragazzo tutto sommato interessante, curato, piacente, al limite di una perfezione noiosa in tutto quello che faceva o provava, Cillian potesse preferire la propria versione sbiadita e stupida. Odiava perdere, odiava non avere tutto, odiava non essere il migliore, ed era già abbastanza difficile non poter avere il corvonero ed essergli inevitabilmente sottomesso... non avrebbe mai fottutamente permesso che a rubarglielo fosse niente meno che un altro se stesso.
    Si allontanò leggermente dal siparietto andandosene proprio mentre, a due passi, un tizio di Hogwarts stava per colpire una donna. Dominique tirò fuori la spada dal fodere, e senza pensarci due volte avrebbe cercato di tagliare via la mano dell'uomo.

    Aveva riso di Agatha (ovviamente, come da quando aveva scoperto della sua cotta per Aidan), aveva fatto un'applauso alla magika piroetta e aveva gridato anche «EVVIVA GLI SPOSI!!&&» applaudendo mentre si teneva la pala sotto l'ascella fingendo poi di soffiarsi commosso il naso asciugandosi finte lacrime... ma quando notò quello che stava succedendo, ovvero il terreno farsi instabile ai piedi di Aidan, tornò in mood quest phanes, pronto all'azione (??). Un braccio teso, Arci si sarebbe sbrigato a afferrare la maglietta del Gallagher e tirarlo verso di sè per evitargli una caduta negli inferi (viaggetto interessante, ma era già il prossimo programma delle vacanze dei fani e non voleva spoiler). Niente "tt apposto??" perchè, dopo tutto quel tempo, ormai aveva capito che la pellaccia di Aidan era dura, più di quanto non sembrasse guardandolo, e si limitò a tenere la presa su di lui leggermente più a lungo del necessario, prima di staccarsi e mettersi in posizione da combattimento con la sua super pala e pensare, nel frattempo, che se l'avesse piantata per terra avrebbe potuto improvvisare uno strip club. Chissà se così facendo sarebbe riuscito a riconquistare Jeremy e Lies?? Sperava di si, avrebbe provato
    archibald d. baudelaire leroy
    I love thunderstorms. Why? Because of the chaos. Because sometime nature can't handle the pressure. Because sometimes the sky explodes.
    i'm inspired by the fear of being average. real life sucks losers dry. if you want to fuck with the eagles, you have to learn to fly
    fucked up2
    former slytherin / PAOUNMORT
    wizard / clairvoyance
    au: dominique jean baudelaire



    ellis + dom per ashley / attacco cullen → affetta la mano a cullen

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    Andrew Stilinski osservò a bocca dischiusa l’altro CJ impugnare la motosega contro l’avversario, e tranciargli il ventre quasi si fosse trattato di burro. Il solo fatto che avesse scelto un’arma del genere («houdini.») avrebbe dovuto dargli qualcosa cui pensare, ma Andy aveva (poco) saggiamente deciso di non farci caso - molto male. Serrò le labbra quando si rese conto di non avere nulla che valesse la pena d’essere detto, un passo all’indietro ed una mano a scivolare lungo il fianco. No, invece, avrebbe voluto ribattere. Invece deglutì e retrocedette di un altro passo battendo lentamente le ciglia scure, il cuore ad accelerare la propria corsa nel costato. Sapevi qual era il prezzo, Andy. Ora ti attacchi a ‘sto cazzo.
    Severo, ma giusto.
    «ehi, amico» Con il fatto che fra quelle fila non conoscesse quasi nessuno, ci mise più del necessario per capire che la voce si stesse riferendo a lui. Inarcò un sopracciglio verso Jeremy Milkobitch, gli occhi a scivolare sulla mazza mlml stretta fra le sue mani: avrebbe davvero, davvero dovuto cominciare a smettere di farsi domande sulle scelte di vita altrui, Andy. «quello là ti guarda troppo intensamente. credo ci voglia provare» Seguì la traiettoria dell’improvvisata arma con una scettica occhiata prima di tornare, confuso, a ricambiare l’occhiata del ragazzo. Non che il quasi francese in altro frangenti potesse dubitare di simili intenti, ma in quel caso specifico gli parve…come dire, un ipotesi un po’ azzardata. Umettò le labbra arricciando il naso al poco piacevole suono del legno nella carne, sollevando poi un angolo della bocca in un sorriso sghembo e denso d’ironia. «non sarebbe né il primo né l’ultimo» commentò incerto, decidendo di rimanere nella zona neutrale del ma certo, è perfettamente normale esordire con una frase del genere e prendere a mazzate in faccia la gente. Non fece in tempo (ad ideare una fuga strategica) indietreggiare cercando di trascinarsi dietro CJ e Houdini, che un «giù!» venne gridato nella sua direzione.
    Ovviamente, a chi altri poteva essere riferito se non a lui. Non riuscì a formulare il ma dove sulla punta della lingua, che un (non troppo) dolce peso gli atterrò sul petto strappandogli l’ossigeno dai polmoni, e schiacciandolo al suolo. Riconobbe i peculiari occhi del Dallaire e gli spettinati capelli corvini a solleticargli il mento, un grugnito sbuffato fra i denti sperando di avere ancora tutte le costole integre. «ehilà, ciao come butta» Si schiarì la voce, sopracciglia corrugate. «ahm…bene, grazie?» ??? non comprendeva se a domande del genere fosse opportuno rispondere, o se fossero solo battute di spirito per alleggerire la morte e la perdizione circostante. Non voleva sembrare rude ignorando, ma… insomma. Cercò di scivolare lateralmente togliendosi il peso del Dallaire di dosso, e guarda caso proprio in quel momento, sollevando lo sguardo al cielo in muta richiesta divina di soccorso, Andy avrebbe notato un ragazzo correre, armato e con intenzioni apparentemente poco piacevoli, verso una ragazzina. Cercando di strisciare più velocemente sull’erba di Hogwarts, avrebbe allungato le mani cercando di afferrare la caviglia di Sage per trascinarlo a terra con sé. Non appena l’uomo (ragazzo? Non voleva saperlo) avesse perso l’equilibrio, Andy ne avrebbe approfittato alzarsi. Chiese silentemente scusa prima d’agire, lingua a inumidire nervosa il labbro superiore: avrebbe colpito con un calcio la testa di Sage sperando che perdesse i sensi e cessasse di essere un pericolo per i propri compagni - poteva andare peggio, giusto? decise di giustificarsi, allontanandosi dalla scena del crimine; potevano crivellarlo di colpi o tagliarlo a metà con UNA CAZZO DI MOTOSEGA. Scosse il capo adocchiando in lontananza Hogwarts: l’avevano già evacuata? C’era ancora qualcuno da salvare? Magari avrebbe potuto /abbandonare/ la squad e dirigersi verso il castello, controllare come fosse la situazione… Oppure: «praesidio herba» sarebbe scattato verso la biondina (…che aveva…una…pentola….? okay) e, frapponendosi fra lei e l’arma, avrebbe allungato il braccio di fronte a sé lanciando l’incanto di protezione. Vorrei scrivere una conclusione sensata a questo post con qualcosa d’effetto o qualche riflessione sulla vita, ma qua la gente parla e mi distrae quindi beccatevi ‘ste combo salva vita e ci si becca al prossimo giro, questanti: vorrei dirvi che mi farò perdonare, ma non ci credo abbastanza.

    christopher jeez knowles
    I stand alone
    Can't get much higher
    It's in my bones
    The true survivor
    HANDS TIED, REMEMBER,
    IT'S SUICIDE TO SURRENDER
    THERE ISN'T ANY OTHER WAY,
    THERE ISN'T ANY OTHER WAY
    1918 vs au 2018
    hufflepuff | Egaisson
    2000's | 1997's
    upside down: andy stilinski


    ANDY. COMBO DIFESA (per agatha, con aidan): cerca di prendere il piede di sage per farlo cadere #wat
    ANDY. ATTACCO (sage): fa un rapido segno della croce e lo prende a calci
    ANDY. COMBO DIFESA (per callie, con jeremy): protego herba (lo skudo di piante uau)
     
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217 replies since 6/5/2018, 23:02   5919 views
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