"Maybe I Was Just Born Evil Il vento che spostava le foglie, il fruscio da esse generato che colmava l'aria, rendendo l'atmosfera della foresta, già di per sé cupa, ancora più torva e sinistra. I sibili minacciosi che aleggiavano da ogni dove, come se una creatura pericolosa dovesse spuntare da un momento all'altro per colpire e attaccare, puntando alla morte. Ogni cosa nella Foresta Proibita dava l'impressione di voler prendere improvvisamente vita per portare a termine un solo e semplice scopo: uccidere. Difatti, per Killian, quel posto era il massimo. Saltellava dolcemente oltrepassando la foresta. Si immergeva nelle dune infossate generate dalla forza delle radici che si inabissavano nel terreno, per poi saltare rapidamente da una roccia all'altra cominciando a correre a passo lento, temprato, quasi stesse volteggiando in un sogno, il mantello scarlatto che gli avvolgeva le spalle e fluttuava voluttuosamente alle sue spalle, come una colonna di fumo cremisi. Ad ogni suo movimento, l'ampio mantello si gonfiava nell'aria o gli roteava attorno, generando un effetto quasi etereo, innaturalmente sinistro, facendo quasi sembrare Killian uno spettro fatto di sangue. Giù il suo aspetto fisico non aiutava a farlo apparire esattamente vivo. La carnagione pallida, tuttavia candida, i capelli neri come la notte che gli andavano a coprire l'occhio sinistro con elegante disinvoltura. Anche i movimenti dei suoi capelli sembravano manipolati da quell'aura mistica che lo avvolgeva, esattamente come il mantello e la sua ordinaria compostezza era quasi andata a farsi benedire causandogli una versione scarmigliata dal vento e dalla corsa inusuale, della sua classica capigliatura. Cosa stava immaginando questa volta? No. Killian non stava immaginando nulla, sapeva dove si trovava e sapeva anche il perché: era andato a caccia. "Quiiiii bello scoiattolino, vieni fuori piccolo roditore..." Disse, fischiando alla fine della frase, con tono cantilenante, come sempre orchestrato dalle acute note della sua follia, in completa parità dello sguardo totalmente dissennato cerchiato da quelle che, in preda alla sadica estasi della caccia, erano divenute profonde occhiaie peste. Killian aveva un modo tutto suo di cacciare, o divertirsi, a seconda di come gli andava. Quel giorno, per purissima noia, aveva deciso di inoltrarsi nel parco per vedere se poteva trovare qualche soggetto che gli stuzzicasse la fantasia; un piccione, un gufo, un gatto, un roditore qualsiasi...e dopo aver passato una buona mezz'oretta in preda alla ricerca, lo vide. Era bellissimo, uno scoiattolo particolarmente grande, probabilmente maschio, dalla coda pomposa e ritta fieramente alle sue spalle. Il pelo dal colore assolutamente perfetto lasciava intendere che fosse abbastanza giovane e la sicurezza nei suoi occhi scuri, parve brillare intensamente come a voler sfidare Killian, quando i loro sguardi si incrociarono. Nella sua mente instabile, Killian era certo che quell'animaletto lo stesse mettendo alla prova e non se lo fece ripetere due volte, prese ad inseguirlo con la bacchetta sguainata, ferendolo non molto gravemente, ma abbastanza da lasciare delle piccole tracce di sangue che conducevano alla foresta. Dunque il folle ragazzo si addentrò in quello che per lui era forse un secondo Paradiso. Amava quella foresta, così lugubre, spettrale, a suo modo, anche poetica, anche se la apprezzava molto di più quando era coperta dalla coltre della notte, baciata dalla luna. Cercò e cercò ancora. La figura spettrale di Killian si aggirava come uno spettro sanguinario tra i grossi alberi slanciati della foresta, pallidi come lui, snelli e dalle forme intrecciate, irregolari e fuori dal normale. Si fermò per prendere fiato, ormai quasi stufo di stare a cercare, odiava l'attesa e per quanto fosse un gran cacciatore, sapeva di non essersi preso abbastanza cura di sé stesso, facendo una scarsa colazione e restando sprovvisto di energie. Il silenzio assoluto calò nella foresta, attorno a Killian, in quello spiazzo di terriccio oltrepassato dalle radici irregolari che si intelaiavano nel terreno, sollevandolo e frammentandolo in piccole discese. Era sul punto di rinunciare, strisciando le unghie sulla corteccia dell'albero al quale si era poggiato, quando qualcosa richiamò la sua attenzione in un flebile soffio di vento. Lo percepì appena, ma fu sicuro di esserci riuscito. Le sue orecchie parvero rizzarsi e un brivido di intenso piacere gli percorse la schiena. Non era certo di quanto avesse sentito finché la parola non si ripeté, una, due, tre volte. Quella non era una semplice parola, era la sua parola. Gli occhi febbricitanti e il cuore che gli esplodeva nel petto, il quale avvampò generando nuovamente quel fuoco di passionale follia che gli seccava la gola e annebbiava il cervello, mentre correva a perdifiato, cercando di inseguire le fioche eco che si sparpagliavano nell'aria, frammentandosi contro i rami arcuati degli alberi, dissolvendosi nel nulla. Ma lui ne era certo, sicurissimo e più se ne convinceva, più il battito del suo cuore accelerava, aumentando la velocità della sua corsa fino a renderlo un semplice guizzo scarlatto. Alla fine la raggiunse, proprio nel momento più bello. Killian dimenticò tutto. Ogni cosa, non vedeva altro che la punta della bacchetta e il topo in agonia, mentre il resto del mondo veniva risucchiato dall'intensa emozione passionale che gli aveva posseduto l'anima. Ancora, il topo si contorceva in una danza di sofferenza, seguita dagli occhi di Killian ormai divenuti completamente viola a causa dell'emozione, le labbra sottili e pallide increspate in quello che doveva essere un sorriso, anche se di umano non aveva assolutamente nulla. Si strinse nel mantello e a mettere fine al tutto, fu un enorme lampo di luce verde, che inondò la foresta per una frazione di secondo, per poi dissolversi nell'aria come risucchiato dal cielo. Killian si riebbe e sentì che le gambe avevano preso a tremargli quando comprese cosa era effettivamente successo. Due Maledizioni senza Perdono erano state appena eseguite davanti ai suoi occhi e solo allora Killian prese atto del fatto che qualcuno doveva avere in mano la bacchetta. Sollevò lo sguardo, ancora colmo di attonita meraviglia e scoccò un'occhiata alla Strega nerovestita che si era appena guadagnata la sua più totale stima. Non era una brutta donna, sembrava anche lei avere qualche rotella fuori posto, cosa che a Killian la fece piacere ancora di più. Aveva capelli neri e ricci che le ricadevano dietro la schiena in modo scarmigliato, con un tocco di disinvolta follia, forse. occhi scuri, sognanti, anch'essi accennati da due nere occhiaie. Killian sapeva che anche se l'avesse già vista a scuola, non ne avrebbe ugualmente avuto memoria a causa del suo essere costantemente con la testa tra le nuvole. Tuttavia, sentì, in cuor suo, che mai e poi mai avrebbe dimenticato la sua voce mentre pronunciava quella deliziosa e sublime parola, mai e poi mai avrebbe dimenticato quegli occhi e la sua mano stretta attorno alla bacchetta che aveva avuto la fortuna di scaturire uno degli incantesimi più letali del mondo magico. "Chi è lei, tesoro?" Chiese Killian avvicinandosi, la voce che non tradiva il rispetto per quella che, indubbiamente, era un'adulta a tutti gli effetti, mentre le sue mani andavano a stringersi attorno al mantello scarlatto per l'emozione.
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