lock me up inside a cage

«quello lì una volta l’ho rapito, gli ho pure sparato perché mi aveva rotto il cazzo.»
Hm. Inarcò un sopracciglio, studiandolo con la coda dell’occhio. «scegli le prede più temibili.» i bambini, nda. Poi lasciò che il suo sguardo venisse reindirizzato dal ragazzo che pareva avesse sopperito alle fiamme dell’inferno almeno dieci volte prima di decidere che forse suicidarsi in guerra fosse meglio, a quello con la faccetta da schiaffi e l’accento più marcato che avesse mai sentito. Di cui non ricordava mai il nome, perché gli italiani lo confondevano a livelli indescrivibili, ma un Linguini lo si riconosceva a vista d’occhio. Ormai.
E forse un po’ lo capì. Daveth, sottinteso.
«secondo me il codice del buon soldato suggerirebbe di lasciarli fare e godersi lo spettacolo.»
Sbuffò, divertito, e annuì con falsa solennità. «finché non ci va di mezzo la mia pelle, sono d’accordo.»
Un onesto compromesso.
Poi batté la shotgun contro la coscia. Ci rifletté sopra, sulle parole di Daveth che seguirono. Gli sarebbe dispiaciuto, se fossero morti. Un cambio di battuta inaspettato da uno che aveva appena ammesso candidamente di rapire ragazzini nel suo furgoncino pieno di caramelle; e Galen era un deficiente (autodiagnosticato), ma non a tal punto. Si chiese, in automatico, quali sfumature avrebbe dovuto attaccare a quella semplice affermazione. Erano suoi amici? Erano suoi alleati? E cosa significava, alleati, in quel contesto specifico? Qualcosa di legato strettamente al passato, forse. Qualcosa di cui non potevano discutere in quel momento specifico – che forse, a conti fatti, non avrebbero mai potuto nominare davvero. Se il suo vago, azzardato sospetto avesse avuto qualche tipo di fondamenta, d’altronde, non sarebbe di certo stato Galen a spingere la canna della pistola contro la sua nuca e ucciderlo per il volere della patria. Farsi radicalizzare richiedeva un certo livello di sforzo, di attenta riflessione e interesse nei confronti delle questioni politiche che lo riguardavano solo fino a un certo punto, che lui non aveva mai veramente scelto di mettere in atto. Ma era di mentalità aperta, l’Acharya; era una logica che valeva per entrambi i lati. E stringeva le mani con chiunque fosse disposto a discutere di altro che non fosse Il Grande Regime Magnanimo di fronte a una birra. Cos’era, un po’ di sano terrorismo nel grande schema delle cose. Non era forse un gioco alla quale partecipava anche il caro Ministero, con il triplo dell’efferatezza e sempre nel nome di un bene superiore?
«e quindi la nostra strategia è quella di, uh, stancarli.» strinse la lingua contro il palato, il fantasma di un sorriso ancora sul volto. «anche se sono nostri nemici, e ci vogliono chiaramente uccidere.»
Non che gli dispiacesse particolarmente. Voleva evitare il più possibile di sporcarsi le mani col sangue degli altri, dove poteva. Ma era – confuso. Lecito, che lo fosse. Non erano stati nemici anche quelli che avevano affrontato negli scontri precedenti? Loro non meritavano lo stesso sentimento, la stessa pietà?
Silenziosamente, rimise la sicura all’arma. E finalmente guardò il resto dei loro compagni; fronte aggrottata, espressione accigliata. «t’oh, pare che abbiano davvero preso a cuore il nostro consiglio.»
Si era distratto cinque secondi e metà dei bambocci avevano preso a rilasciare mugolii di dolore. Che roba. Che scena. Che vita di merda, Gale.
Batté una mano contro la spalla di Daveth, e fece per voltarsi – ritrovandosi di nuovo la bella donna corvina tra le braccia, perché cos’è la linearità delle azioni. 🙏
«quasi lusingato» però doveva anche smetterla, Cybil, di tentare con quelle tattiche particolari. Strinse il pugno attorno al suo polso, nella speranza che bastasse ad arrestare la sua furia omicida, e la tirò via da sé. Il resto poteva lasciarlo al Silverhand; che lui, purtroppo, aveva di meglio da fare. E non era abbastanza forte da potersi smerciare come un pezzo di pane sulla tavola. Come se i suoi occhi non stessero già cercando Shiloh, ovunque fosse.
Era proprio il caso di dire mannaggialaputtana. Oh, Moka, come ti capisco.
«guarda che non sarò io a dire a Balt che fine hai fatto.» così, giusto per dire. Ironico nel tono, ma la preoccupazione trapelò lo stesso dalle iridi scure. «quindi puoi non» morire. Grazie.
Per un expelliarmus, poi. Non c’era davvero più religione.
Almeno quella breve distrazione gli concesse di notare il trambusto alle sue spalle. Alzò il mento, la bacchetta già puntata contro Chouko per rivolgerle un impedimenta. «e potresti evitare anche tu, Erisha, per dire.» mah. «davanti a te, ore 2.»