Posts written by shane is howling

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    Shine , if your heart tells you to, Then who are you to question it?
    Shane Icesprite-Howe
    he insisted that stars were people so well loved, they were traced in constellations, to live forever
    Lo sguardo saldo su Shia Hamilton, come un predatore pronto ad azzannare la propria preda al minimo movimento sospetto. Non si scompose minimamente al suo "come dimenticarlo", l'ennesima arruffianata del giovane barbuto. Era talmente abituato alle sue uscite ruffiane che ormai non le contava più, ed anzi, queste gli scivolavano addosso. Non si sentiva tranquillo, l'Howe, come poteva esserlo dopo quel sogno?. E non essendo tranquillo lui per primo, non poteva vivere con tranquillità o semplicità il riavvicinamento di Shia, anche se lo avrebbe voluto, davvero. Era stanco di tenere costantemente alto un muro di ghiaccio tra sè e gli altri, ed alle volte, semplicemente, non reggeva il peso che questo distanziamento sociale (wat) portava con sè: tenere gli altri distanti, era complicato. Lo era ancora di più adesso che il suo potere lo portava a comprendere gli altri, più di quanto avesse mai fatto prima.
    Era stanco di tenere un muro di ghiaccio a separarlo da Shia, lasciando solo di rado che questo si sgretolasse per poi ricostruirsi ancora più forte di prima. Eppure, come poteva non farlo quando sapeva che lui gli stesse nascondendo qualcosa? L'Hamilton sembrava così convinto delle proprie parole, così sicuro di sè, che era impossibile dubitarne, ma non per Shane o , in generale, non per chi aveva imparato a conoscerlo abbastanza: in gran parte, ciò che usciva dalla bocca dell'Hamilton era una ruffianata o una bugia, e discernere queste dalla verità non sempre era facile, al contrario. Ma ancora una volta, quel sogno così reale, gli aveva messo in testa mille interrogativi. Voleva delle risposte oneste, da parte di Shia, le voleva per potersi fidare di lui. Perchè non si poteva costruire un rapporto basato sulla menzogna.
    «e tu eri confuso ma sempre bello» mh mh, davvero?
    Emise un lungo sospiro, accavallando una gamba sull'altra, e poggiando comodamente la schiena sul divanetto, le braccia incrociate sul petto, in attesa di una risposta.
    «Sai che sono uno special no e tu sei come me.» già, e sapeva già dove voleva andare a parare. «Siamo stati entrambi in laboratorio» ecco, infatti. «ci siamo visti lì»
    Affascinante tentativo di sminuire la situazione, bravo l'Hamilton! "Ci siamo visti lì" non era abbastanza. Mosse il piede nervosamente, le braccia ancora strette al petto e lo sguardo che non mollava Shia, nemmeno un attimo. Okay, sì. E poi? Domandò, con apparente pazienza. C'è altro che vuoi dirmi? Non ci voleva un genio per capire che Shane sapesse qualcosa di più, o che, per lo meno, la sospettasse. Ma cosa, di preciso? Impossibile dirlo con certezza. Un altro sospiro, corrugò le sopracciglia, spostando adesso lo sguardo sull'ambiente, perso in un pensiero lontano. Mi chiedo come stia la professoressa Arwen Undòmiel, adesso. E ripuntò lo sguardo verso il giovane che certamente, non avrebbe potuto dimenticarla. Non era stato lui a subire un oblivion, dopotutto. Se penso che poteva finire nella collezione di Roderick. Buttò lì, freddo.
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    Shane Icesprite-Howe
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    Prese posto sul divanetto, cercando di interpretare lo stato d'animo di Shia senza doversi sforzare di leggerlo con i propri poteri. Sarebbe stato fin troppo semplice, levarsi lo sfizio di sondare il suo stato d'animo facendo uso del proprio potere, senza dargli la possibilità di esprimersi di sua spontanea volontà, sarebbe stato meschino da parte sua, ma l'Hamilton poteva scommettere ciò che voleva che Shane lo avrebbe fatto, se si fosse sentito costretto. Voleva dare al ragazzo la possibilità di mostrare ciò che voleva, e per il momento, tutto ciò che Shane riusciva a scorgere dai suoi movimenti, dai suoi sguardi sfuggenti ma sicuri e dalle sue parole, era tutta la spavalderia che lo caratterizzava e che in buona parte era stata costruita saldamente con anni di esercizio, lo sapeva bene. Sollevò un sopracciglio, affatto colpito dalle sue parole carine, "principino", tsk. Lo seguì fino ai divanetti, prendendo posto sopra uno di essi e vedendo Shia prendere posto non troppo lontano da se, giusto il tanto da mettere tra di loro una certa distanza di sicurezza. Accennò un sorriso divertito, percependo quell'aria cauta che adesso lui cercava di camuffare, ma questo blando divertimento sparì subito quando si ricordò cosa avesse voluto chiedergli. Ho fatto un incubo, di recente. Annunciò, e definirlo incubo era forse riduttivo. Sembrava così...reale. Gli premeva da un po' di tempo, un ricordo sbiadito ma presente, qualcosa su cui non aveva mai indagato. Poggiò delicatamente le mani pallide sulle ginocchia incrociate, si inumidì le labbra rosa, spostando lo sguardo sul giovane lì vicino e fissandolo, semplicemente. Non era mai stato un asso nel mettere le persone a proprio agio, al contrario, Shane Howe aveva sempre avuto la capacità di far risultare chiunque fuori posto, sbagliato, di troppo, e poteva scommettere che fosse così anche con Shia, in un certo senso. Voleva che capisse una cosa importante: che non dicesse cazzate. Non doveva mentire. Prese un respiro, avanzando ciò che gli frullava nella testa da tanto. Ricordi quando ci siamo conosciuti al San Mungo, nel mio studio? Domandò, scrutando il suo viso con attenzione. Eri proprio un coglione con quegli occhiali da sole, lo ricordo fin troppo bene. Ma questo non era così importante ai fini del racconto, quel pensiero si accostava ad un altro ben più inquietante: Shia Hamilton lo conosceva prima ancora che Shane potesse indovinare il suo nome. Non aveva mai indagato, non aveva approfondito, lasciando che quella loro conoscenza fosse per lui nuova, senza farsi domande perchè troppo vulnerabile. Ricordi cosa mi dicesti all'epoca? Certamente lo ricordava, e non parlo del prendere un caffè insieme. Dicesti che "se mi fossi ricordato di te", allora non avrei potuto rifiutare il tuo invito. Ci ho pensato molto, e da allora ho una pessima sensazione, Shia. Lo avevo quasi dimenticato, sai? Continuò a guardarlo in volto, sperando che lui ricambiasse il suo sguardo, che non gli mentisse. Chi eri tu per me? Prima di allora? Domandò, alla fine, sperando che il Poisoned fosse abbastanza furbo da non mentirgli.
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    Shia sembrava entusiasta all'idea del locale e, nonostante certamente Shane non scoppiasse di gioia all'apparenza - sorrideva di rado, il serpeverde, ed il suo volto era perennemente serio o corrucciato - dentro di sè era sinceramente felice di vederlo così preso. Sapeva che Shia fosse dolce, ma più che "dolce" Shane avrebbe usato il termine paraculo. Pareva sempre avesse qualcosa da volersi far perdonare, come se si sentisse sempre in colpa nei suoi riguardi, e Shane spesso si era domandato il motivo. Ricordava bene quando si erano conosciuti, al San Mungo. Shia si era recato da lui per una psicanalisi, con tanto di occhiali da sole a coprirgli lo sguardo, e le sue prime parole erano state "Buongiorno dottore, sono pronto, mi psicanalizzi tutto". Era in quel momento che Shane aveva capito che l'Hamilton non aveva tutte le rotelle apposto, e quando poi aveva continuato con un "mi ecciti quanto mi chiami signor Hamilton" aveva definitivamente capito che ci fosse qualcosa sotto. Aveva avuto paura del ragazzo, del suo modo di fare così aperto e così diverso dal suo, ma soprattutto, aveva avuto paura del fatto che, dentro di sè, sapesse di conoscerlo da molto più tempo, nonostante quel loro primo incontro bizzarro. Questo pensiero perseguitava ancora Shane, a distanza di tempo. Non erano bastati universi alternativi o epoche differenti per fargli dimenticare quei dettagli, le sue parole pronunciate forse con troppa leggerenza. E poi, lo aveva conosciuto davvero, quasi dimenticandosi di quel loro primo incontro, quasi dimenticando le sue parole. Shane manteneva delle riserve, nei confronti di Shia, ma gli voleva sinceramente bene, come non volergliene? Da qui a fidarsi di lui, però, di acqua sotto i ponti ne passava parecchia. Spostò lo sguardo dai suoi occhi, all'insegna, di nuovo. Non conosceva The 100 o voleva solo fingere che l'idea fosse completamente sua ed originale? Bè, certo non sarebbe stato Shane ad infrangergli i sogni. Tagliò corto con un vabbè... molto tirato ed un po' freddo. Lasciò che il ragazzo intrecciasse la mano alla propria e lo conducesse dentro il locale, senza opporsi. L'idea del locale gay-friendly era davvero ottima e Shane non aveva davvero niente da dire. Bodie ti ha proprio sconvolto. Commentò, semplicemente, accennando un sorriso. Ma in senso positivo! Avrebbe volentieri partecipato all'apertura del locale. Avrebbe fatto uno sforzo per una giusta causa.
    E quindi, oltre a cercare locali gay a Bodie, passavi le tue giornate a pensare a cosa avresti fatto una volta tornato? Un ottimo modo per impiegare il proprio tempo. Ci ho pensato molto anche io. Aveva pensato, Shane, riflettutto, ragionato, aveva ricordato, tante cose. Troppe.
    Il mio ragazzo? Domandò, ragionevolmente sorpreso, osservandolo negli occhi. Non perchè lui e Shia non fossero vicini, lo erano, tanto, si volevano bene, c'erano l'uno per l'altro ma essere il suo ragazzo era tanta roba, soprattutto perchè Io non mi fido di te, Shia. E non era una novità. Onesto e pungente, con lo sguardo tagliente come una lama. Non voleva smontarlo dopo che lui si era tanto gonfiato di gioia per l'idea del locale, ma... dovevano davvero parlarne. Come poteva fidarsi di lui? C'erano così tante cose da chiarire. Possiamo sederci un attimo e parlare? Ho una cosa da chiederti. Mi preme da tanto tempo. Non c'era mai stata l'occasione, ma adesso il tempo stringeva. Vedeva Shia preso, e per quanto ciò che uscisse dalla bocca dell'Hamilton non sempre fosse sincero, ed al contrario, spesso e volentieri erano solo parole frutto di una manipolazione, Shane credeva che lui in parte fosse onesto in quelle parole. Prima di fare un passo tanto grande, che sinceramente non sapeva nemmeno se ci teneva a fare, voleva sistemare bene ogni tassello, partendo dal principio.
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    Shane Icesprite-Howe
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    Sorrise malizioso, dinnanzi alla sua occhiataccia. Qual'era il problema? Sentire che la povertà gli donava lo urtava? Che sciocco ragazzo, Shia Hamilton. Non sapeva nemmeno accettare un complimento. E' vero. Confermò, velatamente acido. Shit, non gli avrebbe fatto mai più un complimento, MAI. Poi, così come era arrivato, quel fastidio parve passare, o meglio trasformarsi in un'espressione divertita, alle parole che seguirono. A me dona tutto, mio principe.
    Era dannatamente vero, ma piuttosto che dargli il piacere di una conferma - non che l'Hamilton ne avesse bisogno, dato che la sua autostima raggiungeva le stelle - Shane si limitò ad una scrollata di spalle, seguita da un principe? ahah verissimo, Shane era proprio un principino!! I campi ti hanno proprio cambiato, sei davvero dolce. Nah, Shia era sempre stato così tanto ruffiano e Shane lo sapeva, ma perchè non mettere il dito nella piaga quando ne aveva l'occasione?
    Non aveva bisogno di utilizzare il proprio potere per percepire la soddisfazione nell'altro quando gli aveva raccontato delle sue brutte intenzioni e della maleducazione (wat) a Bodie: sapeva che era fiero di lui, perchè per quanto Shia e Shane potessero essere diversi sotto molti aspetti, erano invece le loro somiglianze ad avvicinarli maggiormente: non si facevano scrupoli a schiacciare il prossimo per un proprio torna conto personale. Nessun problema a manipolare gli altri per i propri bisogni, e questo faceva di loro delle brutte persone, forse. Delle serpi pericolose che finalmente si erano ritrovate. Ma doveva riflettere sul fatto che, nonostante tutto, avessero entrambi dei limiti, riguardo questo modo di pensare, e sapeva anche che i loro limiti erano diversi: per esempio Shia era rimasto un coltivatore di barbabietole povero, e Shane si era insidiato in una grossa famiglia con grandi disponibilità economiche. Traete voi le conclusioni.
    Apprese dunque che nemmeno lui avesse concluso niente nel passato e le motivazioni erano piuttosto chiare: erano altri tempi e regnava l'ipocrisia riguardo determinati temi. Nonostante questo Shane non poteva dire di essere dispiaciuto di questo. Accidenti, un vero peccato!!
    Ironico.
    Shia si fermò dinnanzi all'insega di un locale con un siamo arrivati. Ma dove lo aveva portato?
    Le sopracciglia aggrottate mentre osservava l'ingresso e sollevava poi lo sguardo sull'insegna, The 100.
    Spostò gli occhi verde chiaro sul barbuto, ed il suo sguardo animato, convinto, e preso, fecero desistere Shane da qualsiasi critica a priori. Onestamente, era curioso di saperne di più, soprattutto perchè lo vedeva così...ansioso, e quasi innamorato?? di quel locale.
    Sapeva che Shia avrebbe voluto aprire un locale suo, ma nessuno lo aveva mai informato sul fatto che fosse diventata un'idea concreta, ne tanto meno sul nome, per questo quando gli nominò "The 100", pensò che fosse totalmente (impazzito) CAMBIATO! Quando mai Shia Hamilton apriva un locale affibbiandogli il nome di una serie tv? La povertà ti ha reso più nerd! Ammise allora. The 100 ?? Come la serie tv? Ebbene sì, perchè finalmente anche l'Howe si era babbanizzato (non avendo più la magia, aveva dovuto farlo per forza) sono sorpreso e ammirato! Quando aprirai? Ci sarà un menù a tema? Ma come ti è venuta questa idea?
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    Shane Icesprite-Howe
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    Un sorriso compiaciuto sulle labbra sottili, l'Howe non si pose troppi problemi ad ammiccare in direzione di Pit che, dal basso del suo metro tutto fatto di acidità, era sempre stato incapace di cadere ai piedi dell'Hamilton come lui avrebbe voluto. Un elfo degno, protettivo, preciso, maniacale: il suo elfo.
    Recuperata la giacca, poterono uscire. Non aveva risparmiato il suo miglior sguardo freddo quando Shia lo aveva chiamato mio amore, perchè bè dai, era palesemente ruffiano. Ma non aveva davvero bisogno di arruffianarselo per ottenere qualcosa: probabilmente a fine serata glielo avrebbe dato senza che lui si sprecasse troppo in complimenti. Vederlo adoperarsi per compiacerlo, però, era per Shane fonte di 1) vanto; 2) divertimento, per cui non disse niente per evitare che lo facesse, anzi. Camminarono vicini, Shane con le mani dentro le tasche della giacca, mentre la città Londinese, luminosa e non troppo rigida in quel clima primaverile, li accompagnava in quella che era una riscoperta, l'uno dell'altro. Anche lui gli era mancato. Tanto.
    Tranquillo, anche io avevo i cazzi miei da sbrigare. Si voltò appena verso di lui per osservarlo, giudicando che il viaggio a Bodie indietro di cent'anni l'aveva reso se possibile più interessante. Non si potè trattenere dal sorridere, al ricordo di come lo aveva trovato in quel paesino americano, certo non nelle sue migliori condizioni...cos'è che era? un coltivatore di barbabietole? Merlino che ridere. Non che avesse niente contro i coltivatori di barbabietole o i lavori umili in generale, qualcuno doveva pur farli, ma SHIA. la povertà ti dona, comunque. Ed era sincero, da ricco sinceramente pareva meno macho che da poraccio, meno virile, ecco. Però anche meno lui. Rispostò lo sguardo sulla strada dinnanzi a loro, distraendosi ad osservare alcuni passanti, con aria sospetta. Non poteva davvero dirsi tranquillo, Shane, non era nella sua indole quella di rilassarsi, quando intorno a sè vedeva così tante minacce: le persone. E per essere uno psicomago, questo era un pensiero molto grave, o forse lo pensava proprio perchè era uno psicomago ed aveva imparato a conoscere le persone.
    Oh, povera Mary Kelsey, non so come avrà preso la mia scomparsa, ma leggendo le cronache di BodieTM pare si sia risposata dopo circa qualche mese con un riccone. Mi ha dimenticato in fretta. E si lasciò sfuggire una breve risata. In realtà era conscio del fatto che la loro non fosse mai stata una relazione vera: la ragazza era sempre stata soggiogata da Shane e, una volta sparito dalla sua vita, aveva ripreso a vivere davvero, liberamente e senza condizioni esterne.
    A quella domanda così privata, l'Howe risposte con un'occhiata torva, ma al tempo stesso sapeva che fosse in qualche modo... una curiosità legittima. Farci qualcosa? No, povera stella. La povera stella era lui, ma anche Mary Kelsey dai, poverina. Non ci ho proprio pensato, sai che la nostra non era una relazione vera, no? Nel senso, come spiegarglielo. L'ho manipolata per farmi sposare, ovviamente. ovvissimo. Non che fosse così scontato che Shane non potesse trovare una donna che lo amasse davvero, ma ecco, , aveva un po' manipolato le cose per farla cadere ai suoi piedi. E c'è un motivo preciso per cui l'ho fatto. Indovina? L'osservò, con espressione indecifrabile, chissà che cosa ne avrebbe tirato fuori provando ad indovinare quali motivi lo avessero spinto a sposare una ricca giovane di Bodie. Se ci pensava, non erano motivi tanto assurdi, anzi. E tu, invece? Hai fatto conquiste nel nuovo continente? Non temeva di sapere la risposta, dopotutto entrambi erano liberi di farsela con chi volevano, no? Shia per primo, dato che pareva avere esigenze improrogabili. Ma magari no, e comunque Shane non avrebbe mai ammesso che un po' la cosa lo toccava.
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    Shane Icesprite-Howe
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    Per un attimo, rivedere Shia lì alla sua porta, come se niente fosse (ed erano tante cose) lo riportò ai vecchi tempi. A quel periodo fuori da casa sua, Hogwarts, che non ricordava se non a tratti. Spezzoni di immagini che a volte si ripresentavano moleste nella sua testa, prepotenti. Immagini che cozzavano con ciò che lui sapeva di essere, ciò che ricordava.
    Vivere dopo Hogwarts, dopo i laboratori, era stato difficile. Shane si era adattato come un camaleonte, ma non sempre ciò che lo aveva circondato e che lo circondava tutt'ora, gli pareva familiare. Il più delle volte fingeva che lo fosse, per adattarsi a quella realtà. Con Shia non doveva fingere. Vederlo lì, nei suoi atteggiamenti così conosciuti dall'Howe, lo riportò in sè. E se prima dei laboratori Shia non c'era stato (comparendo casualmente nella sua vita solo dopo), a Shane sembrava invece avessero passato insieme una vita. Scosse la testa, mentre il ragazzo parlava con Pit. Inutile che cerchi di corromperlo con i tuoi indumenti...lui è un elfo libero. E nel dirlo, sorrise malizioso e divertito. Però bel tentativo davvero. A volte la lealtà non dipende da un paio di calzini. Poi si sciolse un po', quando il ragazzo lo prese dai fianchi per avvicinarlo a sè. Glielo lasciò fare, semplicemente perchè quel gesto non lo disturbava ed anzi, lo trovava piacevole. Non gli importava nemmeno che Shia fosse stato con (100 uomini) altre persone, nel frattempo. Shane non era un tipo geloso, al contrario. L'Hamilton poteva tranquillamente continuare a strombazzare in giro, l'importante era che poi fosse disponibile quando Shane avesse avuto bisogno di lui, in sostanza. Avvicinò le sue labbra alle sue, sentendo la pelle prudere per i la folta barba del ragazzo. Al contrario di Shia, Shane non aveva fatto crescere la barba, la trovava fastidiosa. Sarebbe passato sopra quel piccolo fastidio solo perchè sapeva quanto l'Hamilton tenesse alla sua barba (quasi fosse una figlia da pettinare ed accudire ogni giorno), solo perchè lo travava terribilmente eccitante, e solo e solamente perchè, Shia Hamilton, aveva davvero un ottimo profumo. Shit. (ed ancora, no, non era la ship tra Shia e Pit, era proprio shit.) Non ho voglia di cambiarmi, ma faccio un'eccezione solo perchè non usciamo insieme da due anni. E un po' mi mancavi. Non in questo universo, per lo meno. Dopotutto, Shane non pretendeva certo di uscire con i pantaloni della tuta e senza maglietta, non quando affianco aveva uno Shia così conciato che lo avrebbe senza dubbio fatto sfigurare. Comunque non mi vesto elegante. Chiarì. Abbandonò Shia e Pit da soli per un po', per farsi una doccia veloce ed indossare abiti...misti tra il casual e l'eleganza, insomma, non era proprio il suo stile, ecco. Shane era un ragazzo dall'abbigliamento semplice. Avrebbe faticato un po' a trovare qualcosa che non fosse stropicciato, dentro il suo armadio, perchè nonostante Pit ce la mettesse tutta per far sì che l'armadio fosse sempre in ordine, Shane era pur sempre Shane, e certe abitudini non potevano cambiare.

    Nel frattempo, Pit sapeva bene come intrattenere gli ospiti di casa Howe. Aveva messo su un po' di musica classica, rilassante, no? Anche perchè sospettava che la serata, di lì in avanti, sarebbe stata tutto meno che relax. Per entrambi i ragazzi. Aveva poi fatto comparire un piccolo vassoio con sopra stuzzichini vari ed un calice di champagne con un cestino in cristallo contenente fragole.

    Indossò un paio di jeans neri ed una camicia dall'aria vagamente elegante, color crema, il tessuto senza dubbio pregiato e - strano ma vero, non era nemmeno stropicciata! - Si sistemò i capelli, asciugandoli con un colpo di phon veloce che li facesse stare in ordine, domandandosi con quale diavolo di pazienza Shia tenesse la folta barba che aveva in faccia. Non era nemmeno un mago da dire che grazie alla magia risolveva tutto in fretta, insomma. COME? Si spruzzò due volte un po' di profumo muschiato e raccolse la giacca per poi avviarsi all'uscita. Andiamo? Si avvicinò a lui, con un mezzo sorriso. Doveva assolutamente apprezzare che fosse un ragazzo veloce. Salutò Pit, prima di uscire. Raccontami qualcosa. Avrebbe chiesto poi, una volta fuori dall'appartamento chiuso.
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    Shane Icesprite-Howe
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    L'esperienza di vita in altri mondi avrebbe dovuto cambiarlo, in qualche modo. Avrebbe dovuto fargli mancare l'aria di casa, le sue conoscenze, le sue amicizie, fargli porre problemi esistenziali di come avrebbe fatto a vivere senza ciò che conosceva, senza i suoi punti fermi e le sue zone di comfort. Ma Shane Howe aveva imparato da un pezzo a contare solo su sè stesso, in qualsiasi circostanza e la sua zona di comfort era sempre stato lui stesso. (Sì, okay, gli era mancata Hope, tantissimo, ma l'aveva sempre saputa al sicuro e questo era ciò che contava, no?) Poteva fidarsi di sè stesso, era fautore del proprio destino e poteva anche trovarsi su Marte: avrebbe trovato comunque il modo di adattarsi e vivere quella realtà a modo proprio. Aveva vissuto nei panni di un Eletto al quale aveva rubato l'identità, poi era stato buttato nel passato ed aveva sposato una donna ricca per sopravvivere e potersi dare delle risposte. Aveva passato gli ultimi tempi nei panni di altre persone meno che nei propri e, alla fine, prima che potesse davvero fottersi il cervello, era tornato al caro vecchio 2019, alla sua vecchia vita, alle sue vecchie conoscenze. Stravolto, e non emotivamente di pietra come avrebbe voluto. Non aveva nemmeno saputo come spiegare ai suoi genitori ciò che gli era accaduto, limitandosi a sintetizzare il tutto con "in un'altra mondo eravate tutti morti, ringraziate che non sia così" della serie, poteva andare peggio, mettiamoci una pietra sopra. In un moto di nostalgia aveva persino scritto a Damian per fargli sapere del proprio ritorno. Quando aveva scoperto che lo zio aveva lasciato la carica al Ministero, per mettersi a controllare la popolazione pinguina dell'Antartide, ne era rimasto sinceramente sorpreso. L'unico punto fermo, in tutta quella storia, era sempre stato uno: lui stesso. Solo lui, con intorno una piccola interferenza rotante a giorni alterni chiamata Shia Hamilton, del quale aveva sinceramente temuto la morte ad un certo punto. Lo aveva cercato come fosse ossigeno in un mondo sommerso, lo aveva cercato fino a perdere le speranze. Avevano passato così tanto tempo separati l'uno dall'altro che Shane temeva non lo avrebbe più riconosciuto, o peggio, più rivisto. Troppo tempo. Troppo tempo. E poi, all'ennesima svolta, lo aveva incontrato, in un mondo che non era il loro, e tutto sembrava essere tornato straordinariamente come ai vecchi tempi. Ma adesso, tornati a casa, Shane voleva solo un po' di tregua. Aveva bisogno di un po' di tempo per pensare e mettere in fila le idee, per chiarire ciò che provava e, soprattutto, ciò che voleva. Non aspettava visite, nessuno andava mai a trovarlo a casa sua senza avvisare (forse solo Shia in effetti), per questo si concedeva spesso di essere in un comodissimo déshabillé maschile (?) fatto di pantalone di tuta e nient'altro. Pit! Guarda chi cazzo è a quest'ora.
    Pit controlla.
    L'elfo domestico si materializzò dinnanzi alla porta d'ingresso, aprendola ed apprendendo, con delusione, di chi si trattasse.
    Padrone Shane non è sicuro di voler sapere chi è.
    Non era una domanda, e per questo Shane sollevò la testa da oltre la poltrona sul quale era comodamente seduto, richiudendo il libro che stava leggendo e poggiando la bottiglia di birra, quasi al termine, sul tavolino. Si avvicinò alla porta, scoprendo che si trattava di Shia. Oh Pit, maleducato. Lo rimproverò. Era consapevole che Pit avesse ottimi motivi per avercela con Shia, dopotutto il suo elfo domestico aveva uno spiccatissimo sesto senso, ma...perchè non sapeva quali fossero i motivi, perchè avercela con lui in quel modo? Sorrise, al ragazzo, non aspettandosi affatto una sua visita. Oh, ciao. Osservò Shia dalla testa ai piedi, notando che era vestito "meglio" di come vestisse di solito - lui vestiva sempre bene, eh, diverso da come Shane concepiva l'eleganza, ma bene - e che era agghindato anche di più con anelli e orologio. Temette di essersi perso un suo messaggio, un invito, o una festa importante. Quindi andò dritto al punto. Che succede? (cit)
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    Shane Icesprite Howe
    "I still remember. Do you?"

    Okay, tutto lo portava a credere che il ragazzo che gli stava dinnanzi fosse davvero Shia, ma se anche non lo fosse stato davvero, lo interpretava fin troppo bene per non crederci. I movimenti, il tono di voce, le parole usate e perfino quell'espressione menefreghista. Qualcosa di nuovo, però, era presente sul suo volto, un cipiglio stanco, forse. Quanto gli era mancato fissare gli occhi nei suoi? Perdersi nei dettagli del suo volto giovane, reso un po' trasandato dalla barba folta che, era sicuro, non veniva impomatata da troppo tempo.
    Chissà se gli mancavano le sue varie cremine, vanitoso com'era. Chissà se, da qualche parte in quel multiverso, esisteva ancora un bagno che ospitava i suoi numerosi cosmetici. A guardarlo, Shane avrebbe detto che aveva zappato per mesi nei campi. Aveva la classica ed orribile abbronzatura da campagnolo, mentre l'Howe poteva vantare la sua solita pelle lattea che davvero non aveva visto un giorno di lavoro. Poteva cambiare l'universo, ma determinate cose rimanevano invariate.

    Eppure gli sorrise, nonostante tutto, nonostante il suo atteggiamento...freddo? Sì, era normale, non si vedevano da troppo tempo. Se lo ripetè a mente come un mantra, mentre la brutta sensazione che Shia non fosse più Shia, nonostante fosse Shia (?) rischiava di mandarlo nel panico. Magari lo aveva dimenticato, sebbene fosse conscio che questo fosse impossibile per loro. Conosceva bene i loro trascorsi, sapeva cosa avevano passato, ed era sicuro che nonostante non si vedessero da troppo tempo, il loro legame era ancora solido.
    Inarcò un sopracciglio, quando il ragazzo gli domandò "cosa ci facesse lì"
    Oh, che benvenuto caloroso. Ti stavi divertendo senza di me? Hai fatto bene. Ma non troppo.
    Certo anche il suo approccio non era stato dei migliori, ma lui era Shane Howe, non era mai stato la parte calorosa della coppia, lo sapevano entrambi.
    La voglia di abbracciarlo sfiorava l'assurdo, eppure non lo faceva, rimaneva fermo lì davanti a lui come se il divario di quegli anni li avesse separati davvero. Aspettava che fosse Shia il primo a compiere quel passo, come succedeva spesso tra di loro. Shane era fin troppo impacciato - ancora - per riuscire a vivere una vita di "coppia" normale. A proposito, potevano ancora dirsi una coppia? Anche se...lui era sposato con Mary Kelsey adesso? E chi stava tradendo dei due, nel caso? Troppe domande.
    Ma poi, ancora prima che Shane potesse convincersi del suo cambiamento, Shia esplose in un abbraccio, prendendolo tra le braccia. E Shane rispose a quel gesto, portando le proprie a stringergli la schiena, appena più mucolosa rispetto all'ultima volta che l'aveva percepita sotto le dita. Si sentiva completo, quando Shia lo abbracciava.
    Quanto gli era mancato il suo calore, le sue effusioni, la sua sfacciataggine ed il suo fascino innato, tutto, troppo. La sua domanda rimase a frullare nella testa, tornando a martellarlo solo quando quell'abbracciò finì, lentamente. Cosa ci faceva lì? Ah, non ne aveva idea, davvero.
    Forse dovrei fingerne di saperne qualcosa, sfugge anche alla player invece non ho la minima idea di come io sia finito qui, ma ci sono da qualche mese e...si allontanò piano da lui, di un passo, il tanto da portare la mano munita di fede nuziale ben in vista, ad accarezzare superficialmente il braccio di Shia, coperto dalla giacca.
    Magari è un brutto sogno, presto mi sveglierò a casa mia, nel mio letto.
    Ma Shane era fin troppo realista per credere alle sue stesse fantasie. Di quella realtà non c'erano tracce oniriche, era un incubo ad occhi aperti.
    Dobbiamo raccontarci troppe cose...entriamo qui o vuoi andare da un'altra parte? Domandò, lanciando uno sguardo all'ingresso della bettola che affacciava su quel vicolo buio. Da quando faceva decidere a lui cosa fare?




    21 y.o.
    empathic but bitch
    1918.


    tumblr_m7w2o3N94I1r6o8v2
    made in china — I'm here at the beginning of the end
  9. .
    What started out
    as a simple altercation,
    Turned into
    a real sticky situation
    Era da due anni, ormai, che Shania aveva smesso di battere le strade, preferendo il leggermente più discreto il lavoro della ballerina a luci rosse. Da più anni aveva conosciuto Shia Hamilton che, dall'alto del suo status di "Eletto", l'aveva sempre fatta sentire inferiore a lui, ed al tempo stesso, però, l'aveva aiutata. Da un po' di mesi la bionda era sofferente a tal punto da non sapere cosa rimproverargli di più, tra le due cose. Era nervosa, Shania, come se fosse perennemente immersa nel suo periodo. Un po' a causa del fatto che vivere in un mondo che non conosceva le aveva scombussolato la vita, ed un po' perchè, bè...aveva cercato per anni un'indipendenza da suo zio, trovandola dopo lunghe battaglie domiciliari e non poche fughe dalla finestra della sua camera ed adesso non voleva ricaderci con Shia. Aveva lottato da sola, si era fatta il culo da sola - e letteralmente - per comprarsi un potere che non la facesse sentire uno scarto di società, perchè alla fine, ciò che Shania voleva di più dal mondo era farne parte.
    Dopo aver trovato una semi stabilità da sola, vivendo in un monolocale e mangiando cibi in scatola, aveva conosciuto l'affascinante Shia Hamilton che non aveva esitato un attimo a provarci con lei, destabilizzandola, facendola ricadere in una gabbia più grande rispetto a quella in cui era nata, ma pur sempre una gabbia.

    Sorrise, Shania, dinnanzi agli occhi limpidi di Idem Withpotatoes, quel giorno terapista di coppia (?). Non sapeva cosa l'avesse convinta a provarci, ma voleva farlo, giusto per non avere rimpianti in futuro, quando le cose tra di loro sarebbero andate a puttane per forza. Dopotutto era sicura che sarebbe andata così. Non si sentiva intimidita dalla terapista, nè dal compagno in silenzio al suo fianco.
    Siamo sposati da due anni. Iniziò, dando libero spazio ad un timbro vocale decisamente grave, basso ed in generale, grosso. Chiunque avesse avuto l'occasione di trovarsela dinnanzi, in silenzio, non avrebbe mai potuto immaginare che la sua voce fosse così. Non aveva l'aspetto di una persona con quella voce. Tant'è che, tutti, ma davvero tutti, quando prendevano un po' di confidenza con lei le ponevano la fatidica domanda: da quanto tempo hai scoperto di essere una donna? Come se fosse ovvio che fosse nata uomo ed avesse deciso di cambiare sesso. Nonostante fosse abituata alle domande moleste sul suo sesso, ed abituata al proprio timbro di voce, Shania se ne sorprendeva ogni giorno.
    Eppure non...abbiamo mai consumato. Questa è una tra le tante cose, potrei chiedere tranquillamente il divorzio, ammetto che non so nemmeno io cosa mi stia frenando dal farlo. E, lanciò uno sguardo torvo a Shia.
    Non sono così disperata da elemosinare un rapporto sessuale, eh, solo che...non capisco. E' mio marito! Come mi sento io? Domandò, alla terapista. Rifiutata. Come ti sentiresti a stare con un uomo che ti evita sempre in quelle situazioni? Non capiva, più che altro. Non capiva se Shia fosse asessuale - diceva di no, ma allora...che problemi aveva? - non sapeva se fosse gay - ma, ancora una volta, negava - e ancora meno riusciva a comprendere sè il problema, semplicemente, fosse lei. Se così era, perchè non voleva lasciarla?
    Ma questo non è certo il colmo, nè la parte peggiore della storia. Sollevò in alto le mani con i palmi aperti. Il fatto era che Shania sapeva stare benissimo anche da sola, anzi, lei cercava da sempre l'indipendenza e stando con Shia, nel mondo canon, l'aveva persa. Perchè nel canon erano l'uno il punto di riferimento dell'altra e questa situazione le stava stretta.
    Lui non vuole divorziare. Ha paura di essere lasciato, il bambino. Nemmeno lei sapeva cosa la trattenesse dallo scappare, fuggire da lui e basta. Si mise con le braccia conserte al petto, ricercando con lo sguardo un cameriere in quella graziosa bettola in cui erano stati portati per la terapia. E adesso ho proprio bisogno di un bicchiere di whiskey. CAMERIERE? Sentiva di essere la voce più maschia del Piede di porco. E questo la faceva sentire incredibilmente potente.
    Shania
    (Shane Icesprite Howe)
    Icesprite

    26 y.o ✖ scelta (moltiplicazione) ✖ dancer
    upside
    down
    prelevi? // i panic at a lot of places besides the disco
  10. .

    Shane Icesprite Howe
    "I still remember. Do you?"

    Aveva sperato, Shane, che la notizia del matrimonio di una fanciulla così in vista balzasse subito di bocca in bocca tra gli abitanti di Bodie. Era convinto, inoltre, che i giornali cittadini ne avrebbero parlato per giorni, nella migliore delle ipotesi. Il suo scopo non era certo accasarsi, ne rendere felice una fanciulla per la quale non provava niente se non un del tutto personale senso del rispetto – vogliamo chiamarlo così? Il suo scopo, ovviamente, era quello di far arrivare la notizia alle orecchie di Shia Hamilton, nella speranza che, se avesse letto i giornali, avrebbe saputo dove trovarlo. Non era da lui immaginare scene tipo film che vedevano Shia irrompere nella chiesa durante la cerimonia gridando “Mi oppongo!”, ma doveva ammettere, almeno a sé stesso, che ci aveva pensato, e quel pensiero lo aveva fatto sorridere.
    Tacito, nel suo metro e ottantadue di puro disagio, stava immobile sull’altare in attesa dell’arrivo di Mary Kelsey Blanchard, presto in Howe. Aveva evitato di posare lo sguardo sulla sala della chiesa di Bodie gremita di persone dell’alta società dell’epoca, perché sapeva che se questo fosse accaduto, avrebbe voltato i tacchi abbandonando la sua posizione e ...non poteva permetterselo. Aveva faticato tanto per arrivare dentro quella chiesa. Era piuttosto sicuro che nessuno, all’interno di quella sala, gradisse la sua presenza lì e, se la sposa poteva vantare di avere un nutrito gruppo di presenti dalla sua, Shane invece era completamente solo. Si stava sposando e nessuno era lì a gioirne. Certo era che era un matrimonio fasullo, almeno per lui, e non solo perché non era il primo dei credenti, anzi era del tutto ateo, ma proprio perché, la sua sposa, era stata spudoratamente ingannata.
    Era da tempo che non viveva quella realtà come un gioco, aveva imparato presto a coglierne gioie e dolori come se quella vita gli appartenesse davvero, come se lui fosse parte integrante di quell’epoca e non un intruso. Londra degli anni duemila sembrava ormai un ricordo lontano, ma sopravviveva, Shane, aggrappandosi a quella nuova realtà e provando a viverla attraverso qualsiasi mezzo possibile. E Mary Kelsey aveva rappresentato per lui un mezzo più che soddisfacente, era ricca e gli consentiva di muoversi più liberamente che se fosse stato povero.
    Finalmente era arrivata, l’aveva osservata a lungo, dispiacendosi del fatto che avrebbe meritato un fidanzato che l’ammirasse davvero, non certo che la osservava con quello sguardo freddo che madre natura gli aveva gentilmente donato.
    Aveva taciuto dinnanzi alla consapevolezza che, per molti, la sua nuova moglie pareva una prostituta d’alto borgo, avvolta in un vestito da sposa troppo stretto e che lasciava poco spazio all’immaginazione, ma aveva sorriso per non darle un dispiacere. Era una ragazza avanti per l’epoca e questo glielo doveva riconoscere, ma...non ne era affezionato e, nonostante non le avrebbe mai fatto del male, – tranne darle un matrimonio senza amore, quello sì – era probabile che presto o tardi lei lo avrebbe visto sparire senza più fare ritorno.
    Si stava sposando, ed il suo pensiero non era certo concentrato sulla bionda americana che presto si sarebbe detta sua. Pensava al padre di lei, invece.

    « Mary Kelsey! Chi è costui? »
    Aveva tuonato Sir Francis Blanchard qualche giorno prima, ignaro del fatto che Shane si trovasse a pochi passi dalla sala ed avrebbe potuto udire ogni discorso.
    « Si chiama Shane Howe! Io lo amo, padre! Voglio sposarlo! »
    Gesù, era finito in una di quelle soap opera che tanto odiava, e che invece erano molto care ad Hope. Chissà se negli anni duemila avevano già organizzato il suo funerale, a proposito.
    Si era soffermato ad osservare gli oggetti di antichissima fattura posizionati sopra un mobile a ridosso dell’ingresso della Villa dei Blanchard, combattendo contro la volontà di prenderne uno, per rivenderlo nel caso in cui la sua proposta di matrimonio non fosse andata propriamente bene. I Blanchard erano una delle famiglie più ambite di...dov’è che si trovavano? Bodie? Tra una chiacchierata ed un’altra dentro i bar, alla ricerca di Shia, si era fatto una cultura sulle famiglie più abbienti della zona. Confondere e sedurre Mary Kelsey era stato semplice, la ragazza aveva una volontà fragile, minata dalla più forte presenza di suo padre, non era stato difficile raggirarla, facendola innamorare di lui a tal punto da volerlo sposare. Ma Sir Francis... lui era l’osso duro della famiglia e Shane aveva dubitato fino all’ultimo che sarebbe stato così fortunato da riuscire a convincere anche lui, almeno non del tutto. Ma alla fine era andato tutto bene.

    Inutile dire che nessuno si era opposto al matrimonio, quella mattina di sabato e che alla fine si era sposato davvero. La prima notte di nozze fu...strana. Era riuscito a far addormentare Kelsey senza pretendere da lei doveri coniugali, ci mancava solo che vivesse con addosso il fardello di averla corrotta fino a quel punto.
    I giorni seguenti aveva atteso notizie di Shia, ma niente, nonostante i giornali avessero citato quella notizia più volte con tanto di nome e cognome, sembrava che il giovane non leggesse i quotidiani – e Shane, sinceramente, non ne era sorpreso, aveva persino il dubbio che il ragazzo sapesse leggere, per cui… -
    Stava per perdere le speranze quando, nei pressi di un bordello al quale si era avvicinato per pura curiosità – ed anche perché conoscendo le attitudini sessuali di Shia, Shane aveva bazzicato sempre in posti poco raccomandabili dove sapeva ci sarebbe stata più possibilità di incontrarlo – vide la sua familiare figura. Era lui, non c’era nessun dubbio. Nascosto da un cappuccio nero, rimase fermo nella sua posizione, riflettendo per qualche istante su ciò che stava accadendo. L’istinto l’avrebbe costretto a fiondarglisi addosso, abbracciarlo, dirgli che gli era mancato, ma quello parlò per primo, mettendolo a tacere.
    « Ehi. E’ tanto che mi aspetti? » La voce, era davvero la sua voce.
    Se stava tentando di abbordarlo, aveva sbagliato la tattica. E poi, se era davvero Shia, lo sapeva che avrebbe trovato solo donne in quel bordello? E poi chi stava aspettando?! Rimase del tutto freddo, a quelle parole.
    Aspirò il fumo della sua sigaretta alla cannella, regalo del suocero. Avrebbe voluto giocarci un po’, e lo avrebbe fatto se non fosse che erano mesi che non lo vedeva e non voleva aspettare ancora. Ci avrebbe scherzato, se non fosse stato che temeva di vederlo svanire nel nulla, e soprattutto, una piccola parte di lui temeva che quello non fosse davvero Shia Hamilton. In un mondo pieno di maghi e special e con strappi temporali, quel tipo avrebbe potuto essere davvero chiunque. « Davvero un pessimo approccio. Picche. » Okay, era pur sempre Shane Howe. Senza attendere oltre si levò il cappuccio mostrando la capigliatura rossiccia ed osservando il giovane. « Come faccio ad essere sicuro che...sei tu? » Buttò a terra la sigaretta, pestandola con la suola della scarpa e si avvicinò di qualche passo a lui, rimanendo però ancora a debita distanza. Il suo sguardo tradiva sofferenza e nostalgia.
    Voleva abbracciarlo, era un desiderio fortissimo, ma qualcosa, dentro di lui, era ancora più forte e lo frenava.




    21 y.o.
    empathic but bitch
    1918.


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    made in china — I'm here at the beginning of the end
  11. .
    Arriverà la fine, ma non sarà la fine.

    Eccomi qui, a scrivere ciò che ho rimandato per mesi credendo di poter continuare a far finta di niente e vivermela come viene, un giorno alla volta senza decidermi a mettere un punto alla situazione. Un tempo dicevamo "io non potrei mai abbandonare l'Oblivion" io stessa ne ero convinta, credevo sarei arrivata a trent'anni ancora con gli stessi pg, che avrei vissuto con loro, sarei cresciuta con loro seguendone le storie. Poi le cose sono andate un po' diversamente. Ma, non voglio scrivere che lascio o abbandono, perché non lascio l'Oblivion, l'Oblivion siete voi, la mia famiglia e io non lascio voi, prendo solo una pausa dai miei pg, dalla storia del forum in generale.

    Da quando ho iniziato a lavorare non ho più avuto la mente libera per potermi dedicare a ciò che amo come avrei voluto. Ho iniziato ad essere sopraffatta dall'ansia e dalla paura di non riuscire a fare ciò che volevo fare, l'ispirazione è venuta a mancare sempre di più e di conseguenza le role si sono accumulate.
    Ho iniziato a non piacermi, ad avere troppe idee e progetti che non vedevano la luce o la vedevano per poco tempo per poi essere interrotti. Ho iniziato ad essere un muro pieno di crepe e buchi. Ho iniziato a rendermi conto che non ce la facevo, che ero stressata, con la voglia di fare qualcosa, ma stressata. Mi sono resa conto che aprendo la pagina di word per scrivere un post, quella pagina rimaneva bianca finché non mi convincevo a spegnere il computer. E questo è successo troppe volte, finché non ho pensato di disattivare alcuni pg per capire se avendone meno sarei riuscita a gestirmi meglio, ho provato a ricercare ispirazione in pg nuovi ma mi rendo conto che il problema non risiede in loro ma in me che li muovo, e che non riesco a farlo se ho l'ansia addosso e molti altri pensieri che riguardano il lavoro.

    Vorrei prendermi un periodo di pausa, sperando di tornare più avanti quando, magari, l'ansia per il lavoro sarà diminuita e questo permetterà alla mia creatività di essere più libera. Perché, lo ammetto, i bei tempi mi mancano tanto. Quelli in cui riuscivo a fare tanti post, a concludere delle role senza lasciar passare dei mesi, a seguire tutta una lezione essendo fiera del mio pg e di me stessa, ad essere attiva in una quest dall'inizio alla fine, a non sentirmi un'estranea in casa mia. L'Oblivion è stata la mia casa, voi la mia famiglia, e sentirmi fuori dai giochi come spesso succede mi fa molto male.

    Quando mi sono presentata qui, ben 4 anni fa, non ero ancora nemmeno laureata ma mi mancava poco, avevo un po' più di tempo per me, perché finalmente stavo per raggiungere un traguardo, che poi ho raggiunto, e mi meritavo un bel po' di riposo. Quel tempo idilliaco è poi finito due anni fa quando ho iniziato a lavorare in un posto molto simile ad un inferno, delle volte. Ma meno male che il lavoro c'è, e che mi permette di pagarmi una casa fisica che potrò considerare mia.

    Mi trovo a scrivere in questo topic alla soglia di una mini quest nella quale mi sono iscritta, ma che so che condurrei a fatica e male. Avrei voluto partecipare, esserci, leggere tutti i vostri post e commentarli insieme. Ma so che questo non avverrà, so che mi troverò sempre sull'orlo della scadenza a lanciarvi contro post senza sentimenti e molto forzati. Non come vorrei. Spero solo di non aver rovinato qualche schema numerico con la mia assenza improvvisa.

    D'altra parte ci siete voi, coloro con cui ho iniziato questa esperienza ed anche quelli che sono arrivati dopo ma con cui mi sono trovata bene da subito, come se fossero stati da sempre parte della famiglia. Ne abbiamo passate tante insieme, tra screzi vari, utenti strani, risate, film di gruppo. E mi dispiace che da un po' di tempo a questa parte io non sia più riuscita ad essere parte del gruppo. È da un po' che non parlo in privato con molti di voi, e sembra quasi che come mi sia lentamente allontanata dal gioco, così mi sia allontanata da voi. Ma non voglio che sia così, vorrei che rimanessimo in contatto, come si suol dire. Sempre se avete piacere.
    Ho tanti bei ricordi di questo percorso all'interno dell'Oblivion, dei raduni a cui se vorrete ci sarò ancora. Spero di costruire altri bei ricordi in futuro perché, come ho già detto, voglio tornare più avanti.

    Scrivere tutto questo mi fa sentire un po' più sola, ed ho paura.

    Vi voglio bene, a voi con cui ho condiviso tanto, ed anche a coloro con cui non ho condiviso molto. Grazie di tutto,
    Betta.
  12. .
    boh speriamo sia giusto

    ➝ nome pg (principale): Arthur Zed Howe (1918)
    ➝ nome pg (bonus): William Percival Icesprite (AU)
    ➝ gruppo: 1
    ➝ armi: Enfield Revolver
    ➝ sei pronto ad accettare le conseguenze? speriamo #wat
    ➝ incoraggia i tuoi compagni: tanto sono già morti




    Edited by shane is howling - 2/5/2018, 23:37
  13. .
    Risposta da Judas: no (?)
  14. .
    No...e ci sei quasi.



    CITAZIONE
    non avrebbe mai dato il culo ad uno sconosciuto, non lo aveva mai dato neanche a Dakota, figuriamoci a lui.

    non dovrebbero farmi così ridere certe volgarità. #culioggetti

    Verginellah



    Che Jason fosse una persona complicata, Shane l’aveva sempre saputo. Ma non ricordava che fosse così difficile averci a che fare, probabilmente perché era da tanto che non si rapportava a lui come avrebbe fatto uno sconosciuto, e Jason lo trattava con sufficienza anche per questo. Certo, non si aspettava che gli facesse le feste per avergli salvato il culo. In fondo loro erano molto simili: orgogliosi, testardi e schivi. Possibilmente non avrebbero dato soddisfazione a nessuno che non fossero loro stessi. Non aveva idea se Ehrmantraut conoscesse davvero Jason nel loro universo, né poteva sapere se questo Jess esistesse davvero nel loro, magari era già morto o, peggio, non era mai nato.
    Si allarmò, quando Jason gli disse che stava andando nella sua stessa direzione, il Ministero. Le cose si sarebbero complicate se fossero andati entrambi lì, perché non avrebbe potuto fare le sue ricerche senza farsi scoprire. Si domandò perché dovevano continuamente sbattere l’uno contro l’altro anche quando non si trovavano su una linea nemica, anche quando avrebbero dovuto essere alleati ed aiutarsi l’un l’altro. Si rese conto che, sé davvero avesse voluto andarsene da lì, avrebbe dovuto avere la strada spianata il più possibile.
    Così, semplicemente, ancora prima di rispondere qualcosa al ragazzo si assicurò che nel vicolo non ci fosse anima viva e, lentamente, riprese la sua forma originale. L’altezza era quasi la stessa, persino lo sguardo era simile, sebbene quello di Shane apparisse più tagliente e più chiaro di quello di Ehrmantraut.
    Quindi sei diventato fedele? Domandò, appena ripreso del tutto il suo aspetto. Ma a chi vuoi darla a bere.
    Forse avrebbe dovuto dargli delle spiegazioni, ma mica era il suo insegnante wat
    Allora stiamo andando nella stessa direzione.
    Shane Howe
    S.H., undercover 21 psychowizard indegno
    Ma un fiore prima o poi arriva, che questa vita dicono non è cattiva
    code by psiche


    domanda per Hope: sei mangiamorte?
  15. .
    Sono bellissimi Ari *-*
4027 replies since 9/3/2012
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